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La Radio Vaticana e le onde elettromagnetiche

 

Dal Quaderno 3560 della "Civiltà Cattolica" del 15 settembre 2001
(Civ. Catt. 2001 III 480-491)

EXTRATERRITORIALITÀ E RADIO VATICANA
Paolo Ferrari da Passano S.I.


Dopo aver ricordato il regime di extraterritorialità previsto dai Patti Lateranensi per lo Stato della Città del Vaticano (d'ora in poi SCV) e gli altri luoghi di competenza della Santa Sede - tra cui il territorio sito in località Santa Maria di Galeria, sede degli impianti della Radio Vaticana -, cercheremo di mettere in luce come questa normativa si applichi ai mezzi di radiodiffusione utilizzati dal Vaticano nel quadro più generale delle tendenze normative che si registrano in campo internazionale su questo argomento.

La nozione di extraterritorialità
Il regime giuridico delle radiotelediffusioni
Caratteri principali dello Stato della Città del Vaticano
Extraterritorialità e diritto ecclesiastico
La Radio Vaticana e la sua estensione a Santa Maria di Galeria

Osservazioni conclusive
Note

 

La nozione di extraterritorialità

Fino al secolo scorso vigeva la teoria secondo la quale ogni membro della società internazionale è tenuto ad astenersi da qualsiasi esercizio della propria potestà giurisdizionale nei confronti di altri membri della medesima società. Una simile teoria si reggeva soprattutto sin tanto che la posizione del singolo Stato veniva identificata con quella del sovrano e sin tanto che la posizione del sovrano fu intesa e concepita come una posizione di sovraordinazione rispetto al diritto 1. Da quando però lo Stato si è trovato coinvolto in attività commerciali e di ogni genere che hanno varcato i confini del suo territorio, si è man mano superata l'impressione che fosse offesa alla dignità di uno Stato il dover rispondere di tale attività dinanzi a tribunali di un altro Stato. Si sono così andate costruendo regole che specificano quando possa darsi giurisdizione di uno Stato su un altro in determinati settori o per determinate attività. Gli ambiti maggiormente interessati a questa problematica sono quello degli scambi commerciali e quello dei rapporti di lavoro.

A volte torna utile la distinzione tra atti sovrani o pubblici o iure imperii, e atti privati o iure gestionis: soltanto in rapporto a situazioni createsi all'estero in virtù di atti del primo tipo potrebbe sostenersi ancora l'esenzione dalla giurisdizione dello Stato straniero. Un altro criterio può essere quello della natura dell'atto indipendentemente dal proposito per il quale uno Stato lo pone in essere.

Nel diritto internazionale sembrano essere in vigore pure altre regole, anche se applicate non come universalmente cogenti: lo Stato ospitante una missione o rappresentanza diplomatica esenta dalla giurisdizione dei propri tribunali lo Stato estero nella misura in cui l'esercizio di siffatta giurisdizione violi l'indipendente esercizio delle loro funzioni 2; i giudici dello Stato ospitante non hanno la competenza nelle cause che riguardano la validità o efficacia di atti di governo emanati da uno Stato straniero entro la propria sfera territoriale 3 ("teoria dell'atto di Stato").

Il regime giuridico delle radiotelediffusioni

Tra le attività umane che oggi con frequenza sempre maggiore trovano origine nel territorio di uno Stato e producono i loro effetti in quello di un altro, certamente vi sono le radiotelediffusioni 4. Qui vorremmo almeno accennare alle linee di sviluppo della disciplina internazionale.
Innanzitutto notiamo che, in questo settore, la legislazione internazionale ha preceduto quella nazionale. E non si tratta solamente di una precedenza cronologica, ma di un tacito riconoscimento che la globalizzazione di questi scambi e gli sviluppi tecnologici comportano necessariamente, prima, una disciplina internazionale e, solamente poi, l'intervento di quella nazionale a dettaglio della prima, per disciplinare eventuali specificità nazionali, ma senza poter più ormai minimamente contrastare un fenomeno non più interamente gestibile dalla sovranità dei singoli Stati.
In secondo luogo, la moderna sensibilità conduce verso la massima liberalizzazione della produzione e della fruizione 5, anche se rimane aperto il problema di conciliare il libero flusso delle comunicazioni col principio del consenso del ricevente.
In terzo luogo, il valore sociale di questo genere di attività umana è cresciuto nell'opinione pubblica come del resto tutto ciò che concerne i diritti umani così detti di terza generazione, categoria alla quale possiamo ascrivere il diritto a comunicare, assieme ad altri diritti come quello all'ambiente, allo sviluppo, alla pace ecc 6.

Caratteri principali dello Stato della Città del Vaticano

Per comprendere meglio il regime di extraterritorialità proprio dello SCV dobbiamo richiamarne sommariamente gli elementi fondamentali. Il diritto costituzionale identifica nel popolo, nel territorio e nella sovranità gli elementi costitutivi dell'entità statuale. A differenza di quanto accade per gli altri Stati, per lo SCV il territorio 7 è un elemento, per certi versi, più importante del popolo 8.
L' art. 3 del Trattato del Laterano dice: "L'Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà e la esclusiva e assoluta potestà e giurisdizione sovrana sul Vaticano, com'è attualmente costituito, con tutte le sue pertinenze e dotazioni, creandosi per tal modo la Città del Vaticano per gli speciali fini e con le modalità di cui al presente Trattato […]".
L'art. 4 aggiunge: "La sovranità e la giurisdizione esclusiva, che l'Italia riconosce alla Santa Sede sulla Città del Vaticano, importa che nella medesima non possa esplicarsi alcuna ingerenza da parte del Governo italiano e che non vi sia altra autorità che quella della Santa Sede".

Come vedremo più avanti, il Trattato prevede poi regimi speciali e differenziati per altri luoghi che non fanno fisicamente parte dello SCV ma si trovano geograficamente in territorio italiano 9; piazza san Pietro ha un regime speciale. Siccome poi il territorio del nuovo Stato risulta tutto circondato dal territorio italiano - una vera e propria enclave - lo Stato italiano si impegna (artt. 6 e 20) a garantire acque, ferrovie, telefono e quant'altro serve per rompere l'isolamento geografico, e (art. 7) inoltre a "non permettere nuove costruzioni, che costituiscano introspetto, ed a provvedere, per lo stesso fine, alla parziale demolizione di quelle già esistenti da Porta Cavalleggeri e lungo la via Aurelia e il Viale Vaticano. In conformità alle norme di diritto internazionale, è vietato agli aeromobili di qualsiasi specie di trasvolare sul territorio del Vaticano".

La sovranità sullo SCV appartiene alla Santa Sede (art. 3 del Trattato): si tratta di una vera e propria sovranità politico-temporale, ma caratterizzata dal fatto di essere in funzione di una ben più importante sovranità, questa volta spirituale, da esercitare sul mondo intero, da intendersi nel senso di un alto magistero morale.

In conclusione, la particolare configurazione dello SCV, che, da un lato, lo fa somigliante a qualsiasi altro Stato, ma, dall'altro, mostra anche aspetti che ne sottolineano una certa specificità, rivela come esso debba essere considerato alla stregua di uno strumento per garantire l'autonomia e indipendenza della Chiesa per fini che vanno ben al di là del territorio e della popolazione dello SCV.

Questa natura ne marca la differenza dall'antico potere temporale dei Papi. Per usare le parole di Giovanni Paolo II, possiamo dire: "Lo Stato della Città del Vaticano è sovrano, ma non possiede tutte le ordinarie caratteristiche di una comunità politica. Si tratta di uno Stato atipico: esso esiste a conveniente garanzia dell'esercizio della spirituale libertà della Sede Apostolica, e cioè come mezzo per assicurare l'indipendenza reale e visibile della medesima nella sua attività di governo a favore della Chiesa universale, come pure della sua opera pastorale rivolta a tutto il genere umano; esso non possiede una propria società per il cui servizio sia stato costituito e neppure si basa sulle forme di azione sociale che determinano solitamente la struttura e l'organizzazione di ogni altro Stato" 10.

Extraterritorialità e diritto ecclesiastico

Per quanto riguarda i rapporti tra lo Stato italiano e la Santa Sede, la questione che lato sensu potremmo ricondurre al tema della extraterritorialità è assai complessa. Dobbiamo infatti accennare sia allo statuto giuridico di alcuni luoghi, sia a quello di alcuni rapporti, sia a quello di alcuni enti.

In particolare, cominciamo col dire che si usa parlare di diversi gradi di extraterritorialità. Per dovere di precisione - come si vedrà - soltanto nel primo grado (SCV) si può parlare di vera e propria condizione di extraterritorialità. Negli altri gradi si tratta piuttosto di immunità, che di volta in volta vanno precisate in base all'interpretazione delle fonti (per lo più il Trattato, uno dei testi che fanno parte dei Patti Lateranensi del 1929).

I gradi dunque sono i seguenti:

a) Lo Stato Città del Vaticano considerato a tutti gli effetti territorio di uno Stato estero (art. 3 e 4 del Trattato). Poiché si tratta di una enclave, lo stesso Trattato che lo ha costituito ha altresì previsto oneri per l'Italia affinché ne sia garantita la sussistenza e i rapporti con l'esterno (cfr artt. 5, 6, 7, 19 e 20 del Trattato).

b) Piazza San Pietro: fa parte dello Stato Città del Vaticano, normalmente aperta al pubblico, soggetta ai poteri della polizia italiana 11.

c) Alcuni edifici della Santa Sede in territorio italiano indicati negli artt. 13, 14 e 15 e altri in cui in futuro la Santa Sede crederà di sistemare altri suoi dicasteri: piena proprietà alla Santa Sede, godranno delle immunità riconosciute agli agenti diplomatici di Stati esteri (art. 15).

d) Chiese in cui si celebrino, a porte chiuse, funzioni con l'intervento del Papa (art. 15, § 2): le stesse immunità di cui sopra.

e) Altri edifici, in qualche modo collegati con la Santa Sede e situati in territorio italiano, per i quali sono previste alcune immunità di cui all'art. 16 del Trattato: non sono assoggettati a vincoli o a espropriazioni per causa di pubblica utilità; esenti da tributi sia ordinari sia straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente; esenti da autorizzazioni o consensi da parte di autorità governative per quanto riguarda l'assetto da dare a detti edifici.

Va poi menzionata l'esenzione fiscale di cui all'art. 17 del Trattato. Questo articolo del Trattato aggiunge una ulteriore immunità: "Le retribuzioni di qualsiasi natura, dovute dalla Santa Sede, dagli enti centrali della Chiesa Cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma, a dignitari, impiegati e salariati, anche non stabili, saranno nel territorio italiano esenti, a decorrere dal 1° gennaio 1929, da qualsiasi tributo tanto verso lo Stato quanto verso ogni altro ente". Il Ministero delle Finanze, con circolare 28 luglio 1930, ha redatto un elenco degli enti che rientrano nella previsione delle esenzioni tributarie di cui all'art. 17.

Vi sono poi alcune categorie di enti da menzionare. Innanzitutto quella degli "enti centrali della Chiesa cattolica". Questa definizione è stata usata per la prima volta negli artt. 11 e 17 del Trattato del Laterano. Proprio perché questa espressione non si trova nel diritto canonico non è molto agevole determinare a quali enti ci si voglia riferire. Si dovrebbe trattare di enti che, anche privi di personalità giuridica, si possano ritenere "centrali". Per determinarli si può fare riferimento all'elenco di cui alla circolare ministeriale esplicativa dell'art. 17 o ai due elenchi di persone - allegati A e B al Protocollo del 6 settembre 1932 reso esecutivo con r. d. 27 ottobre 1932 n. 1422 - con i quali si è inteso individuare i soggetti beneficiari delle esenzioni di cui all'art. 10. Di questa categoria di enti fanno parte tutti gli uffici ed enti della Curia Romana che appunto svolgono il ruolo centrale di organi che servono al governo della Chiesa 12. Da essi vanno distinti quegli uffici che, pur essendo situati nello SCV, non appartengono alla Curia Romana.

Altra categoria è quella degli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede, prevista dall'art. 17 del Trattato per quanto riguarda l'esenzione dai tributi in materia di lavoro. La libertà da qualsiasi ingerenza da parte dello Stato italiano per questi enti era prevista dall'art. 27 del Concordato del 1929, oggi parzialmente abrogato. L'art. 2 del Protocollo 15 novembre 1984 (L. 20 maggio 1985 n. 206) afferma che alla Santa Sede e ai suoi organi non si applicano le norme sugli enti ecclesiastici. La dottrina ritiene che nulla sia innovato e che la Santa Sede abbia conservato la libertà di cui sin qui ha goduto nella gestione degli enti da essa direttamente amministrati ed esistenti in Italia.

Altra categoria, individuata dalla dottrina, ma non contemplata dalle norme pattizie, è quella degli enti creati e gestiti dalla Santa Sede ma che o non fanno parte della Curia Romana o non hanno sede in Italia, bensì nello SCV o in altri edifici immuni. Tali enti - detti semplicemente "enti vaticani" - si considerano a tutti gli effetti enti stranieri la cui attività in Italia è regolata dalle norme del diritto internazionale privato.

La Radio Vaticana sino al 1986 costituiva una Direzione Generale del Governatorato dello SCV; è poi divenuta una Amministrazione Palatina e quindi, a norma della Costituzione apostolica Pastor Bonus del 28 giugno 1988, "Istituzione collegata con la Santa Sede". Con il 1° ottobre 1995 entra in vigore il nuovo Statuto che definisce così la Radio Vaticana: "È l'emittente radiofonica della Santa Sede, giuridicamente riconosciuta presso le istanze internazionali, ed è strumento di comunicazione e di evangelizzazione al servizio del ministero petrino. La Radio Vaticana ha personalità giuridica e ha sede nello Stato della Città del Vaticano. Scopo essenziale della Radio Vaticana è quello di annunciare con libertà, fedeltà ed efficacia il messaggio cristiano e collegare il centro della cattolicità con i diversi paesi del mondo […]" (art. 1). Poi si specifica che la Radio Vaticana "è una istituzione della Santa Sede" (art. 2), "fa capo alla Segreteria di Stato, la cui Prima Sezione, d'intesa con la Seconda, esercita la vigilanza sull'Emittente, la quale è tenuta a seguire con cura le direttive che le sono impartite" (art. 2.1). Si aggiunge però che la Radio Vaticana "non è organo ufficiale della Santa Sede" (art. 2.2).

La Radio Vaticana e la sua estensione a Santa Maria di Galeria

Fin dall'origine dello SCV sorse l'idea di una stazione radio vaticana che garantisse la più ampia diffusione del ministero che da Roma si doveva esercitare verso il mondo intero. La materia delle comunicazioni comportò una stipula supplementare ai Patti. Così il 18 novembre 1929 fu sottoscritta un'altra Convenzione 13. Come ricorderà poi - nel decennale della installazione - il p. Filippo Soccorsi, secondo direttore della Radio Vaticana, "essendo stipulato un Accordo tra la Santa Sede e il Governo italiano si dava da parte dell'Italia alla Santa Sede la possibilità di congiungersi per filo con le stazioni radio italiane e si decideva l'erezione di una stazione a onde corte nella stessa Città del Vaticano" 14.
Durante la direzione del p. Soccorsi fu previsto di dotare la Radio Vaticana di altri due centri radio, uno trasmittente e uno ricevente, fuori dello Stato Città del Vaticano. In una udienza del 19 maggio del 1950 il Papa stesso, a riguardo di questo progetto, affermava che esso tendeva "a un radicale ammodernamento e potenziamento della Radio Vaticana, allo scopo di garantire alla voce di Roma cristiana, nelle attuali e gigantesche competizioni dello spirito, una forza di penetrazione e una eco adeguata, le quali corrispondono ai crescenti compiti della suprema missione pastorale a noi affidata" 15.
Per poter realizzare questo progetto fu necessario un altro Accordo con lo Stato Italiano, che fu siglato dalle Parti l'8 ottobre 1951 16 con il quale erano estesi al territorio di Santa Maria di Galeria i privilegi specificati negli artt. 15 e 16 del Trattato del Laterano, cioè le immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici degli Stati esteri.

Una speciale Commissione 17, istituita dal Papa nel 1951, si mise all'opera per dare istruzioni su come dovevano essere svolti i lavori. Inizialmente i costi furono affrontati con la colletta raccolta durante l'Anno Santo del 1950 e con un contributo dello stesso Papa di 700 milioni.
I lavori, iniziati nel 1954, furono ultimati nel 1957 18, e il Papa Pio XII, il 27 ottobre di quell'anno, poté inaugurare di persona gli impianti di Santa Maria di Galeria, in un terreno dieci volte più grande dello SCV (440 ettari).
In quell'occasione il Papa disse: "Abbiamo deciso di allestire una più potente stazione radio che ci dia la possibilità di fare intendere la nostra voce al mondo intero, per comunicare i nostri moniti, le nostre esortazioni e i nostri voti all'intera comunità cristiana". Oltre a questo centro trasmittente, fu creato anche quello ricevente di Castel Romano.

Da parte italiana, la questione venne studiata dalla II Commissione permanente della Camera. Il 22 marzo 1952 l'on. Gaspare Ambrosini riferiva alla Camera: "La ragione fondamentale è questa, che gli impianti radio costruiti nel territorio dello Stato della Città del Vaticano dopo la conclusione dei Patti Lateranensi sono diventati ormai assolutamente inadeguati di fronte al meraviglioso progresso realizzato dalla scienza negli ultimi tempi e che, pertanto, essi abbisognano di ampliamento e trasformazione.
Ma il territorio della Città del Vaticano è così ristretto che non può consentire la costruzione di nuovi e più efficienti impianti: il che, peraltro, non sarebbe possibile perché causerebbe disturbi al funzionamento dei centri radiofonici italiani, e ne riceverebbe. Né tali impianti possono costruirsi negli immobili vaticani extraterritoriali, non essendo questi a ciò adatti per motivi tecnici, tra cui il principale quello riguardante le antenne direttive, le quali esigono località ampie, pianeggianti e senza ostacoli. Orbene, data l'impossibilità di procedere a nuove costruzioni di centri radio nel territorio della Città del Vaticano o su aree vaticane extraterritoriali, non vi era altra soluzione che quella di ricorrere ad altre aree […].

Durante la discussione in Commissione circa l'approvazione dell'accordo, fu sollevata l'obiezione relativamente all'estensione dei privilegi della cosiddetta "extraterritorialità" [.…] Ma è evidente che, dal momento che è riconosciuto alla Santa Sede il diritto di comunicare direttamente e liberamente col mondo cattolico e con tutti gli Stati, sarebbe non conforme a questo principio il diniego del privilegio della "extraterritorialità" agli impianti radio che alla Santa Sede occorrono per l'esercizio di quel diritto. Non è ammissibile che il Governo possa esercitare alcuna ingerenza o alcun controllo sul funzionamento delle stazioni radio di cui la Santa Sede ha bisogno di servirsi per la esplicazione della sua missione nel mondo" 19.

Osservazioni conclusive

La recente vicenda della presunta nocività delle onde elettromagnetiche emesse dalla sede della Radio Vaticana di Santa Maria di Galeria è a tutti nota e ne abbiamo dato resoconto anche noi recentemente 20.
A conclusione di questa rievocazione dei dati giuridici concernenti l'extraterritorialità dello SCV e il regime giuridico delle teleradiodiffusioni, proponiamo qui di seguito alcune indicazioni che consentano di inquadrare correttamente il problema.

Innanzitutto, quando si vuole regolare un fenomeno, e conoscere quale norma applicare, è buona cosa misurare le dimensioni della relazione che si vuol disciplinare, verificare cioè a quale livello dell'esperienza giuridica si colloca. Ora, gli elementi che lo possono indicare sono sostanzialmente i soggetti implicati e la natura della relazione. Sia gli uni sia gli altri inducono a collocare la relazione a livello del diritto internazionale piuttosto che a quello del diritto interno italiano. Come abbiamo visto, all'origine della costruzione della sede di Santa Maria di Galeria, c'è un Accordo internazionale tra soggetti parimenti di diritto internazionale in ordine a un'attività, quella delle radiodiffusioni, che - come abbiamo visto sopra - è generalmente oggetto di disciplina internazionale.

E, se questo è il livello che ha dato origine al rapporto, non si vede perché non ci si debba mantenere a questo livello per tutto quanto possa verificarsi nel corso del rapporto. In altre parole ciò significa che una Commissione bilaterale investita del compito di studiare i problemi insorti e di proporre le adeguate soluzioni ci sembra essere stato lo strumento più adatto. E il compito delicato della Commissione è stato proprio quello di cercare di conciliare sia le esigenze dell'emittente vaticana come riconosciute nei documenti originari, sia le esigenze di protezione della salute della popolazione come codificate nella legislazione italiana. Tuttavia quest'ultima, proprio per la dimensione della relazione in questione, che oltrepassa i limiti del contesto giuridico italiano e si colloca a un livello superiore, non può, a nostro avviso, essere automaticamente applicata, ma la sua ratio e le esigenze di tutela che essa intende esprimere restano assorbite nel livello giuridico superiore, quello appunto ove agisce la Commissione. Per questo, dallo scorso 1° settembre, la legislazione italiana è stata applicata, ma unicamente in virtù degli accordi raggiunti tra le Parti in seno alla Commissione.

A questo livello e con queste modalità si possono - e si devono - proporre le legittime attese della collettività residente nei dintorni degli impianti della Radio Vaticana circa l'applicazione della legge italiana al caso concreto. La popolazione della zona rivendica la protezione giuridica del proprio diritto alla salute. La legislazione italiana non è direttamente applicabile, perché l'attività dalla quale si sospetta possa derivare il danno non è svolta da soggetto appartenente all'ordinamento dello Stato italiano né, pur non appartenendovi, riveste i caratteri di attività privata esercitata da soggetto straniero all'interno del nostro ordinamento. È per questo - fra l'altro - che ci pare affetta da ragionevole dubbio di mancanza di giurisdizione anche l'incriminazione dei responsabili della Radio Vaticana citati in giudizio davanti al giudice italiano.

Ma tutto questo non significa che il medesimo obiettivo della difesa della salute della popolazione, che la legge italiana intende raggiungere, non possa e non debba essere perseguito per altra via. Che è appunto quella della Commissione paritetica. E proprio per lo stesso ordine di considerazioni, potremmo aggiungere che, ove se ne presentasse l'opportunità, per quanto riguarda la protezione della salute, la Commissione non deve limitarsi agli obiettivi specifici di quella determinata legge italiana. Inoltre essa deve farsi carico di ogni altro aspetto che si ritenga necessario prendere in considerazione per conciliarlo con le altre esigenze in questione, cioè quelle della radiodiffusione vaticana. Ovviamente la gestione di istanze complesse e non facili come questa può produrre risultati rapidi e soddisfacenti per tutti anche a condizione che i lavori possano procedere sereni, cioè lontano da inutili e speciose polemiche.


Note

1 Cfr M. GIULIANO - T. SCOVAZZI - T. TREVES, Diritto internazionale, vol. II, Milano, Giuffrè, 1983, 544.

2 Cfr ivi, 562.

3 Ivi, 568.

4 È necessario tener presente la distinzione tra: a) radiocomunicazioni o telecomunicazioni: comunicazioni per mezzo di onde elettromagnetiche destinate a utenti determinati; b) radiodiffusioni o telediffusioni: il segnale, trasmesso attraverso le onde hertziane, è destinato a raggiungere il pubblico in generale.

5 Già la Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950 (art. 10) e la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 (art. 19) dichiarano che la libertà di espressione - che costituisce il versante esterno della libertà di coscienza e di pensiero - comprende quella di cercare, ricevere e diffondere informazioni. In ambito europeo si è andati verso la liberalizzazione sia all'interno della UE con la cosiddetta "direttiva sulla TV senza frontiere" del 3 ottobre 1989, sia in seno al Consiglio d'Europa che, a sua volta, ha adottato la "Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera" il 15 marzo 1989. All'art. 4 è sancito il principio della libertà di ricezione e di ritrasmissione, per cui sono illegittimi tutti gli ostacoli posti alla ricezione e alla ritrasmissione sui territori delle parti contraenti nei rispettivi territori. L'Atto Unico Europeo entrato in vigore il 1° luglio 1987 prevedeva che dal 1993 vi fosse uno spazio senza frontiere per la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali, e le teleradiodiffusioni indubbiamente vi rientrano.

6 Questa categoria di diritti - a differenza delle prime due - è caratterizzata da genericità dell'oggetto non chiaramente identificabile, per l'opponibilità difficilmente definibile (non devono essere rivendicati solamente nei confronti dello Stato) e per la titolarità che non spetta soltanto all'individuo ma può competere anche a una collettività (cfr G. MAGI, La radio e la televisione nell'organizzazione europea, Padova, CEDAM, 1990, 67).

7 Esso misura 44 ettari (cfr allegato I del Trattato, che è una delle parti di cui si compongono i Patti Lateranensi del 1929).

8 Qui infatti il popolo giuridicamente inteso è per lo più costituito da persone che godono della cittadinanza vaticana in virtù del servizio che svolgono a favore di quello che potremmo dire essere il vero popolo di questo particolare Stato: quello che costituisce il popolo dei fedeli cattolici sparsi nel mondo intero.

9 Si tratta degli edifici elencati negli artt. 13, 14 comma 1 e 2, 15 e allegato II.

10 GIOVANNI PAOLO II, Lettera al Cardinale Segretario di Stato sulla comunità che lavora al servizio della Sede Apostolica (23 novembre 1982), in ID., Insegnamenti V/3 1982, Città del Vaticano, Libr. Ed. Vaticana, 1983, 1.423 s.

11 Art. 3, comma 2 e 3: "[…] la piazza San Pietro, pur facendo parte della Città del Vaticano, continuerà ad essere normalmente aperta al pubblico e soggetta ai poteri di polizia delle autorità italiane; le quali si arresteranno ai piedi della scalinata della Basilica, sebbene questa continui ad essere destinata al culto pubblico, e si asterranno perciò dal montare ed accedere alla detta Basilica, salvo che siano invitate a intervenire dall'autorità competente".
"Quando la Santa Sede, in vista di particolari funzioni, credesse di sottrarre temporaneamente la piazza San Pietro al libero transito del pubblico, le autorità italiane, a meno che non fossero invitate dall'autorità competente a rimanere, si ritireranno al di là delle linee esterne del colonnato berniniano e del loro prolungamento".

12 Per comprendere la vera portata della garanzia prevista per gli enti centrali dall'art. 11 del Trattato, la dottrina lo pone in riferimento alla norma che questo articolo ha inteso sostituire e, cioè, l'art. 8 della legge delle guarentigie del 1871, che si limitava a escludere per le Congregazioni e gli altri uffici della Santa Sede, quando fossero rivestiti di attribuzioni meramente spirituali, visite ispettive, perquisizioni e sequestri di carte, documenti, libri o registri. La norma del Trattato è più ampia perché coprirebbe ogni attività di tali enti. Ma non sarebbe esclusa la giurisdizione italiana per quelle attività non istituzionali di diritto privato destinate a produrre effetti nell'ordinamento italiano. Così interpretata la norma riserverebbe agli enti centrali il medesimo trattamento riservato agli Stati stranieri che agiscono in Italia. La giurisdizione italiana deve altresì ritenersi sussistente quando l'attività in Italia di tali enti configura un reato.

13 Art. 16: "In esecuzione del terzo comma dell'art. 6 del Trattato 11 febbraio 1929, in ordine ai servizi radiotelegrafici e radiotelefonici tra lo Stato della Città del Vaticano e lo Stato italiano, si conviene quanto appresso: a) il Governo italiano provvederà subito a sue spese al collegamento della Città del Vaticano con la stazione radioelettrica di San Paolo, ed in seguito con le nuove costruende stazioni di Santa Palomba e della Cecchignoletta; b) la Città del Vaticano provvederà alla costruzione sul suo territorio di un impianto autonomo radiotelegrafico e radiotelefonico. La Città del Vaticano e il Governo italiano osserveranno le norme internazionali [il corsivo è nostro] che regolano i servizi radiotelegrafici e radiotelefonici, e prenderanno tutte le disposizioni atte a evitare che sia disturbato l'esercizio degli impianti viciniori dei due Stati; c) tale impianto sarà eseguito ad esclusiva cura dello Stato Città del Vaticano e a spese del medesimo, concorrendosi dallo Stato italiano soltanto la somma di lire cinquecentomila (L. 500.000) da pagarsi alla Città del Vaticano non oltre il 31 dicembre corrente anno 1929".

14 F. SOCCORSI, "La Radio Vaticana e Guglielmo Marconi", in Rivista di fisica, matematica e scienze naturali 12 (Serie II) (1937) 61-66.

15 PIO XII, Discorso del 19 maggio 1950 nell'udienza ai cattolici olandesi, promotori dell'iniziativa di donare un grande trasmettitore a onde corte destinato alla Radio Vaticana.

16 Cfr L. 13 giugno 1952 n. 680, in Gazzetta Ufficiale, 1° luglio 1952 n. 150; cfr anche A. MERCATI (ed.), Raccolta di concordati su materie ecclesiastiche tra la Santa Sede e le Autorità civili, vol. II: 1915-1954, Città del Vaticano, Poliglotta Vaticana, 1954, 269-271.

17 La Commissione era così composta: card. Nicola Canali (presidente), mons. Sergio Guerri (segretario), mons. Angelo Dell'Acqua, avv. don Carlo Pacelli, ing. Enrico Galeazzi, padre Filippo Soccorsi S.I., ing. Tullio Gorio.

18 L'8 settembre 1957 fu pubblicata l'enciclica Miranda prorsus che definiva la radio "una meraviglia dell'intelligenza a servizio dell'uomo".

19 Atti parlamentari della Camera dei Deputati, Ciclostilato n. 10, 23 marzo 1952, citato da F. BEA, Qui Radio Vaticana. Mezzo secolo della radio del Papa, Città del Vaticano, Radio Vaticana, 1981, 182.

20 Cfr V. FANTUZZI, "I 70 anni della Radio Vaticana", in Civ. Catt. 2001 II 272-283.






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