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LA
STORICA VISITA DI GIOVANNI PAOLO II AL PARLAMENTO ITALIANO
Roma - 14 novembre 2002
Giovanni
Paolo II accogliendo l'invito rinnovatogli nel giugno 2002 dal Presidente
della Camera,
Pier Ferdinanado Casini, ha compiuto oggi, giovedì 14 novembre,
la visita al Parlamento Italiano in seduta pubblica comune, dove
è stato accolto dal Presidente della Camera On. Pier Ferdinando
Casini e dal Presidente del Senato On. Marcello Pera.
E'
la prima volta che accade, dall'unità d'Italia ad oggi, che
un Papa entri in un'aula parlamentare italiana.Levento si
è svolto nellAula di Palazzo Montecitorio, alla presenza
dei deputati, dei senatori, delle massime autorità istituzionali
e dei rappresentanti delle autonomie.
Raggiunto
il Transatlantico, il Papa ha ricevuto il saluto del Presidente
della Repubblica S.E. Carlo Azeglio Ciampi e del Presidente del
Consiglio On. Silvio Berlusconi.
Nell'Aula, Giovanni Paolo II, con i Presidenti di Camera e Senato,
ha preso posto al Banco di Presidenza.
Quindi, alle ore 11.30, introdotto dagli indirizzi di omaggio
del Presidente della Camera, On. Pier Ferdinando Casini, e dal Presidente
del Senato, On. Marcello Pera, ha rivolto ai parlamentari italiani
un discorso più volte accompagnato dagli applausi:
Signor
Presidente della Repubblica Italiana,
Onorevoli Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato,
Signor Presidente del Consiglio dei Ministri,
Onorevoli Deputati e Senatori!
1.
Mi sento profondamente onorato per la solenne accoglienza che mi
viene oggi tributata in questa sede prestigiosa, nella quale l'intero
popolo italiano è da voi degnamente rappresentato. A tutti
ed a ciascuno rivolgo il mio saluto deferente e cordiale, ben consapevole
del forte significato della presenza del Successore di Pietro nel
Parlamento Italiano.
Ringrazio il Signor Presidente della Camera dei Deputati ed il Signor
Presidente del Senato della Repubblica per le nobili parole con
cui hanno interpretato i comuni sentimenti, dando voce anche ai
milioni di cittadini del cui affetto ho quotidiane attestazioni
nelle molte occasioni in cui mi è dato di incontrarli. È
un affetto che mi ha accompagnato sempre, fin dai primi mesi della
mia elezione alla sede di Pietro. Per esso voglio esprimere a tutti
gli italiani, anche in questa circostanza, la mia viva gratitudine.
Già negli anni degli studi a Roma e poi nelle periodiche
visite che facevo in Italia come Vescovo, specialmente durante il
Concilio Ecumenico Vaticano II, è venuta crescendo nel mio
animo l'ammirazione per un Paese in cui l'annuncio evangelico, qui
giunto fin dai tempi apostolici, ha suscitato una civiltà
ricca di valori universali ed una fioritura di mirabili opere d'arte,
nelle quali i misteri della fede hanno trovato espressione in immagini
di bellezza incomparabile. Quante volte ho toccato, per così
dire, con mano le tracce gloriose che la religione cristiana ha
impresso nel costume e nella cultura del popolo italiano, concretandosi
anche in tante figure di Santi e di Sante il cui carisma ha esercitato
un influsso straordinario sulle popolazioni d'Europa e del mondo.
Basti pensare a San Francesco d'Assisi ed a Santa Caterina da Siena,
Patroni d'Italia.
2.
Davvero profondo è il legame esistente fra la Santa Sede
e l'Italia! Ben sappiamo che esso è passato attraverso fasi
e vicende tra loro assai diverse, non sfuggendo alle vicissitudini
e alle contraddizioni della storia. Ma dobbiamo al tempo stesso
riconoscere che, proprio nel susseguirsi a volte tumultuoso degli
eventi, esso ha suscitato impulsi altamente positivi sia per la
Chiesa di Roma, e quindi per la Chiesa Cattolica, sia per la diletta
Nazione italiana.
A quest'opera di avvicinamento e di collaborazione, nel rispetto
della reciproca indipendenza e autonomia, hanno molto contribuito
i grandi Papi che l'Italia ha dato alla Chiesa ed al mondo nel secolo
scorso: basti pensare a Pio XI, il Papa della Conciliazione, ed
a Pio XII, il Papa della salvezza di Roma, e, più vicini
a noi, ai Papi Giovanni XXIII e Paolo VI, dei quali io stesso, come
Giovanni Paolo I, ho voluto assumere il nome.
3.
Tentando di gettare uno sguardo sintetico sulla storia dei secoli
trascorsi, potremmo dire che l'identità sociale e culturale
dell'Italia e la missione di civiltà che essa ha adempiuto
ed adempie in Europa e nel mondo ben difficilmente si potrebbero
comprendere al di fuori di quella linfa vitale che è costituita
dal cristianesimo.
Mi sia pertanto consentito di invitare rispettosamente voi, eletti
Rappresentanti di questa Nazione, e con voi tutto il popolo italiano,
a nutrire una convinta e meditata fiducia nel patrimonio di virtù
e di valori trasmesso dagli avi. È sulla base di una simile
fiducia che si possono affrontare con lucidità i problemi,
pur complessi e difficili, del momento presente, e spingere anzi
audacemente lo sguardo verso il futuro, interrogandosi sul contributo
che l'Italia può dare agli sviluppi della civiltà
umana.
Alla luce della straordinaria esperienza giuridica maturata nel
corso dei secoli a partire dalla Roma pagana, come non sentire l'impegno,
ad esempio, di continuare ad offrire al mondo il fondamentale messaggio
secondo cui, al centro di ogni giusto ordine civile, deve esservi
il rispetto per l'uomo, per la sua dignità e per i suoi inalienabili
diritti? A ragione già l'antico adagio sentenziava: Hominum
causa omne ius constitutum est. È implicita, in tale affermazione,
la convinzione che esista una "verità sull'uomo",
che si impone al di là delle barriere di lingue e culture
diverse.
In questa prospettiva, parlando davanti all'Assemblea delle Nazioni
Unite nel 50° anniversario di fondazione, ho ricordato che vi
sono diritti umani universali, radicati nella natura della persona,
nei quali si rispecchiano le esigenze oggettive di una legge morale
universale. Ed aggiungevo: "Ben lungi dall'essere affermazioni
astratte, questi diritti ci dicono anzi qualcosa di importante riguardo
alla vita concreta di ogni uomo e di ogni gruppo sociale. Ci ricordano
che non viviamo in un mondo irrazionale o privo di senso, ma che,
al contrario, vi è una logica morale che illumina l'esistenza
umana e rende possibile il dialogo tra gli uomini e tra i popoli"
(Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XVIII/2, 1995, p. 732).
4.
Seguendo con attenzione amica il cammino di questa grande Nazione,
sono indotto inoltre a ritenere che, per meglio esprimere le sue
doti caratteristiche, essa abbia bisogno di incrementare la sua
solidarietà e coesione interna. Per le ricchezze della sua
lunga storia, come per la molteplicità e vivacità
delle presenze e iniziative sociali, culturali ed economiche che
variamente configurano le sue genti e il suo territorio, la realtà
dell'Italia è certamente assai complessa e sarebbe impoverita
e mortificata da forzate uniformità.
La via che consente di mantenere e valorizzare le differenze, senza
che queste diventino motivi di contrapposizione ed ostacoli al comune
progresso, è quella di una sincera e leale solidarietà.
Essa ha profonde radici nell'animo e nei costumi del popolo italiano
e attualmente si esprime, tra l'altro, in numerose e benemerite
forme di volontariato. Ma di essa si avverte il bisogno anche nei
rapporti tra le molteplici componenti sociali della popolazione
e le diverse aree geografiche in cui essa è distribuita.
Voi stessi, come responsabili politici e rappresentanti delle Istituzioni,
potete dare su questo terreno un esempio particolarmente importante
ed efficace, tanto più significativo quanto più la
dialettica dei rapporti politici spinge invece ad evidenziare i
contrasti. La vostra attività, infatti, si qualifica in tutta
la sua nobiltà nella misura in cui si rivela mossa da un
autentico spirito di servizio ai cittadini.
5.
Decisiva è, in questa prospettiva, la presenza nell'animo
di ciascuno di una viva sensibilità per il bene comune. L'insegnamento
del Concilio Vaticano II in materia è molto chiaro: "La
comunità politica esiste (...) in funzione di quel bene comune
nel quale essa trova significato e piena giustificazione e dal quale
ricava il suo ordinamento giuridico, originario e proprio"
(Gaudium et spes, 74).
Le sfide che stanno davanti ad uno Stato democratico esigono da
tutti gli uomini e le donne di buona volontà, indipendentemente
dall'opzione politica di ciascuno, una cooperazione solidale e generosa
all'edificazione del bene comune della Nazione. Tale cooperazione,
peraltro, non può prescindere dal riferimento ai fondamentali
valori etici iscritti nella natura stessa dell'essere umano. Al
riguardo, nella Lettera enciclica Veritatis splendor mettevo in
guardia dal "rischio dell'alleanza fra democrazia e relativismo
etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento
morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della
verità" (n. 101). Infatti, se non esiste nessuna verità
ultima che guidi e orienti l'azione politica, annotavo in un'altra
Lettera enciclica, la Centesimus annus, "le idee e le convinzioni
possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una
democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo
aperto oppure subdolo, come dimostra la storia" (n. 46).
6.
Non posso sottacere, in una così solenne circostanza, un'altra
grave minaccia che pesa sul futuro di questo Paese, condizionando
già oggi la sua vita e le sue possibilità di sviluppo.
Mi riferisco alla crisi delle nascite, al declino demografico e
all'invecchiamento della popolazione. La cruda evidenza delle cifre
costringe a prendere atto dei problemi umani, sociali ed economici
che questa crisi inevitabilmente porrà all'Italia nei prossimi
decenni, ma soprattutto stimola - anzi, oso dire, obbliga - i cittadini
ad un impegno responsabile e convergente, per favorire una netta
inversione di tendenza.
L'azione pastorale a favore della famiglia e dell'accoglienza della
vita, e più in generale di un'esistenza aperta alla logica
del dono di sé, sono il contributo che la Chiesa offre alla
costruzione di una mentalità e di una cultura all'interno
delle quali questa inversione di tendenza diventi possibile. Ma
sono grandi anche gli spazi per un'iniziativa politica che, mantenendo
fermo il riconoscimento dei diritti della famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio, secondo il dettato della stessa
Costituzione della Repubblica Italiana (cfr art. 29), renda socialmente
ed economicamente meno onerose la generazione e l'educazione dei
figli.
7.
In un tempo di cambiamenti spesso radicali, nel quale sembrano diventare
irrilevanti le esperienze del passato, aumenta la necessità
di una solida formazione della persona. Anche questo, illustri Rappresentanti
del popolo italiano, è un campo nel quale è richiesta
la più ampia collaborazione, affinché le responsabilità
primarie dei genitori trovino adeguati sostegni. La formazione intellettuale
e l'educazione morale dei giovani rimangono le due vie fondamentali
attraverso le quali, negli anni decisivi della crescita, ciascuno
può mettere alla prova se stesso, allargare gli orizzonti
della mente e prepararsi ad affrontare la realtà della vita.
L'uomo vive di un'esistenza autenticamente umana grazie alla cultura.
È mediante la cultura che l'uomo diventa più uomo,
accede più intensamente all'"essere" che gli è
proprio. È chiaro, peraltro, all'occhio del saggio che l'uomo
conta come uomo per ciò che è più che per ciò
che ha. Il valore umano della persona è in diretta ed essenziale
relazione con l'essere, non con l'avere. Proprio per questo una
Nazione sollecita del proprio futuro favorisce lo sviluppo della
scuola in un sano clima di libertà, e non lesina gli sforzi
per migliorarne la qualità, in stretta connessione con le
famiglie e con tutte le componenti sociali, così come del
resto avviene nella maggior parte dei Paesi europei.
Non meno importante, per la formazione della persona, è poi
il clima morale che predomina nei rapporti sociali e che attualmente
trova una massiccia e condizionante espressione nei mezzi di comunicazione:
è questa una sfida che chiama in causa ogni persona e famiglia,
ma che interpella a titolo peculiare chi ha maggiori responsabilità
politiche e istituzionali. La Chiesa, per parte sua, non si stancherà
di svolgere, anche in questo campo, quella missione educativa che
appartiene alla sua stessa natura.
8.
Il carattere realmente umanistico di un corpo sociale si manifesta
particolarmente nell'attenzione che esso riesce ad esprimere verso
le sue membra più deboli. Guardando al cammino percorso dall'Italia
in questi quasi sessant'anni dalle rovine della seconda guerra mondiale,
non si possono non ammirare gli ingenti progressi compiuti verso
una società nella quale siano assicurate a tutti accettabili
condizioni di vita. Ma è altrettanto inevitabile riconoscere
la tuttora grave crisi dell'occupazione soprattutto giovanile e
le molte povertà, miserie ed emarginazioni, antiche e nuove,
che affliggono numerose persone e famiglie italiane o immigrate
in questo Paese. È grande, quindi, il bisogno di una solidarietà
spontanea e capillare, alla quale la Chiesa è con ogni impegno
protesa a dare di cuore il proprio contributo.
Tale solidarietà, tuttavia, non può non contare soprattutto
sulla costante sollecitudine delle pubbliche Istituzioni. In questa
prospettiva, e senza compromettere la necessaria tutela della sicurezza
dei cittadini, merita attenzione la situazione delle carceri, nelle
quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento.
Un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della
pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità,
che non mancherebbe di stimolarne l'impegno di personale ricupero
in vista di un positivo reinserimento nella società.
9.
Un'Italia fiduciosa di sé e internamente coesa costituisce
una grande ricchezza per le altre Nazioni d'Europa e del mondo.
Desidero condividere con voi questa convinzione nel momento in cui
si stanno definendo i profili istituzionali dell'Unione Europea
e sembra ormai alle porte il suo allargamento a molti Paesi dell'Europa
centro-orientale, quasi a suggellare il superamento di una innaturale
divisione. Coltivo la fiducia che, anche per merito dell'Italia,
alle nuove fondamenta della "casa comune" europea non
manchi il "cemento" di quella straordinaria eredità
religiosa, culturale e civile che ha reso grande l'Europa nei secoli.
È quindi necessario stare in guardia da una visione del Continente
che ne consideri soltanto gli aspetti economici e politici o che
indulga in modo acritico a modelli di vita ispirati ad un consumismo
indifferente ai valori dello spirito. Se si vuole dare durevole
stabilità alla nuova unità europea, è necessario
impegnarsi perché essa poggi su quei fondamenti etici che
ne furono un tempo alla base, facendo al tempo stesso spazio alla
ricchezza e alla diversità delle culture e delle tradizioni
che caratterizzano le singole nazioni. Vorrei anche in questo nobile
Consesso rinnovare l'appello che in questi anni ho rivolto ai vari
Popoli del Continente: "Europa, all'inizio di un nuovo millennio,
apri ancora le tue porte a Cristo!".
10.
Il nuovo secolo da poco iniziato porta con sé un crescente
bisogno di concordia, di solidarietà e di pace tra le Nazioni:
è questa infatti l'esigenza ineludibile di un mondo sempre
più interdipendente e tenuto insieme da una rete globale
di scambi e di comunicazioni, in cui tuttavia spaventose disuguaglianze
continuano a sussistere. Purtroppo le speranze di pace sono brutalmente
contraddette dall'inasprirsi di cronici conflitti, a cominciare
da quello che insanguina la Terra Santa. A ciò s'aggiunge
il terrorismo internazionale con la nuova e terribile dimensione
che ha assunto, chiamando in causa in maniera totalmente distorta
anche le grandi religioni. Proprio in una tale situazione le religioni
sono invece stimolate a far emergere tutto il loro potenziale di
pace, orientando e quasi "convertendo" verso la reciproca
comprensione le culture e le civiltà che da esse traggono
ispirazione.
Per questa grande impresa, dai cui esiti dipenderanno nei prossimi
decenni le sorti del genere umano, il cristianesimo ha un'attitudine
e una responsabilità del tutto peculiari: annunciando il
Dio dell'amore, esso si propone come la religione del reciproco
rispetto, del perdono e della riconciliazione. L'Italia e le altre
Nazioni che hanno la loro matrice storica nella fede cristiana sono
quasi intrinsecamente preparate ad aprire all'umanità nuovi
cammini di pace, non ignorando la pericolosità delle minacce
attuali, ma nemmeno lasciandosi imprigionare da una logica di scontro
che sarebbe senza soluzioni.
Illustri Rappresentanti del Popolo italiano, dal mio cuore sgorga
spontanea una preghiera: da questa antichissima e gloriosa Città
- da questa "Roma onde Cristo è Romano", secondo
la ben nota definizione di Dante (Purg. 32, 102) -chiedo al Redentore
dell'uomo di far sì che l'amata Nazione italiana possa continuare,
nel presente e nel futuro, a vivere secondo la sua luminosa tradizione,
sapendo ricavare da essa nuovi e abbondanti frutti di civiltà,
per il progresso materiale e spirituale del mondo intero.
Dio benedica l'Italia!
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