RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 204 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 23 luglio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
L’uccisione dei due figli
di Saddam Hussein annunciata dagli Usa: intervista con Guido Olimpio.
CHIESA E SOCIETA’:
Due religiosi cattolici
premiati in Nepal per il valido contributo prestato nel campo educativo.
Inaugurato
in Cile un sito internet sulla spiritualità ignaziana.
Conclusa in Toscana
l’Assemblea generale delle Missionarie comboniane.
Nello Zambia nuova edizione del “Tonga music festival”. Per valorizzare la cultura africana.
Nuovo messaggio di Saddam Hussein che incita alla resistenza il popolo iracheno.
In Medio Oriente, ancora un nulla di fatto sulla liberazione di 350 detenuti palestinesi.
Continuano senza sosta gli scontri armati in Liberia.
23 luglio 2003
LA SOLLECITUDINE PATERNA DI DIO VERSO GLI UMILI E I
POVERI
E LA
SUA FERMEZZA CONTRO I POTENTI CHE DIRIGONO CON ARROGANZA I DESTINI DELL’UOMO.
COSI’
IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE DA CASTEL GANDOLFO
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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Dio,
Signore della storia e del creato, “ignora l’orgoglio e l’arroganza del potere”
e si oppone all’“imperversare dei prepotenti” che “sfidano il cielo con la loro
superbia”. Sono alcune delle affermazioni forti pronunciate stamattina da
Giovanni Paolo II all’udienza generale di Castel Gandolfo. Nell’analizzare la
struttura del Salmo 146, oggetto della sua catechesi, il Papa ne ha messo in
evidenza i “due movimenti poetici e spirituali” che lo caratterizzano,
spiegandoli alle circa 2.500 persone radunatesi nel cortile del Palazzo
apostolico.
La
prima parte del Salmo mostra sia l’azione storica compiuta da Dio nei confronti
del popolo ebreo, sia la sua paternità che lo mostra mentre si china a sanare i
cuori spezzati e a circondare di tenerezza i poveri. Un volto premuroso ma sul
quale si coglie la fermezza della giustizia quando, ha detto il Papa, “si erge
come giudice severo nei confronti degli empi”. Il Signore della storia, ha
scandito il Pontefice, “non è indifferente davanti all’imperversare dei prepotenti
che credono di essere gli unici arbitri delle vicende umane: Dio abbassa nella
polvere della terra coloro che sfidano il cielo con la loro superbia”.
Ma Dio
è anche “re del creato”, ha proseguito Giovanni Paolo II, “e l’universo intero
risponde all’appello del suo Creatore”. Una considerazione che introduce al
secondo momento del Salmo. La natura e gli animali ricevono acqua e cibo dal
Padre celeste, così come l’uomo che ottiene attenzione dall’alto se “giusto e
umile”. E qui, ha commentato il Papa, ritorna l’immagine del Dio giusto che “ignora
l’orgoglio e l’arroganza del potere, ma si schiera dalla parte di chi è fedele
e spera nella sua grazia, cioè si abbandona alla guida di Dio nel suo agire e
nel suo pensare, nel suo progettare e nel suo stesso vivere quotidiano”:
“Noi
non siamo abbandonati a noi stessi o alle energie cosmiche, ma siamo sempre
nelle mani del Signore per il suo progetto di salvezza”.
Al
momento dei saluti, pronunciati in nove lingue, Giovanni Paolo II ha augurato a
tutti di riprendere le forze durante le vacanze e a quanti non possono partire
di trascorrere la pausa estiva “in serenità e gioia” circondati dalla famiglia
e dagli amici. Il saluto del Pontefice ha anche raggiunto, tra gli altri, i
Padri Scolopi riuniti in Capitolo generale:
“Carissimi,
vi ringrazio per la testimonianza e il servizio che il vostro Ordine rende alla
Chiesa e alla società. Affido i frutti dell’Assemblea capitolare
all’intercessione di Maria Santissima e
di san Giuseppe Calasanzio, vostro fondatore”.
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DUE SECOLI DI STORIA DEI RAPPORTI CHIESA-STATO
IN UN
“ENCHIRIDION DEI CONCORDATI” EDITO DAI DEHONIANI DI BOLOGNA,
CON LA
PREFAZIONE DEL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO ANGELO SODANO
- A cura di Giovanni Peduto -
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Il volume, di 2.300 pagine per un costo di 85 euro, offre
in ordine cronologico il testo originale - con versione italiana a fronte - di
tutti gli accordi conclusi dalla Santa Sede con gli Stati negli ultimi due
secoli, a partire da quello tra Pio VII e Napoleone Bonaparte. Le mutazioni
interne ai vari Paesi consigliarono talora aggiornamenti o trattative che
sfociarono in nuovi concordati: un
indice alfabetico per Nazione mostra l’evolversi dei rapporti tra la Santa Sede
e un singolo Stato. Infine, l’indice tematico permette di comparare le
soluzioni adottate bilateralmente su singoli argomenti di particolare
interesse.
In passato, gli studiosi di diritto avevano a disposizione
la grande collezione di Concordati, compilata ed edita dal sacerdote Angelo
Mercati nel 1919 e pubblicata poi in una elegante edizione nel 1954. E’ la nota
Raccolta di Concordati su materie ecclesiastiche tra la Santa Sede e
le Autorità Civili, della Tipografia Poliglotta Vaticana, scritti nel
millennio trascorso: nel primo volume figurano quelli del periodo dal 1098 al
1914 e nel secondo quelli del quarantennio che va dal 1915 al 1954. Accanto
alla Raccolta del Mercati, videro la luce, in Italia e in altri Paesi, varie
collezioni di documenti pattizi.
Ora, le Edizioni Dehoniane di Bologna hanno voluto
preparare questo Enchiridion dei Concordati che abbraccia gli ultimi due
secoli e il cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, si congratula nella
prefazione con i promotori dell’iniziativa e si augura “che la nuova opera
contribuisca a far conoscere sempre meglio l’impegno della Santa Sede nel
promuovere vie nuove di collaborazione con le autorità civili, dando così a
Cesare ciò che è di Cesare e chiedendo pure a Cesare di dare a Dio ciò che è di
Dio”.
La nuova raccolta offre in particolare tutti i testi dei
recenti Accordi, stipulati fra la Santa Sede e gli Stati dell’Europa centrale
ed orientale, che dopo il 1990 sono rinati alla libertà. E’ stata una nuova
pagina dell’impegno sempre vigile della Sede Apostolica, inteso ad accompagnare
i responsabili delle nazioni nello stabilire norme, di volta in volta più
attuali, di cooperazione tra Chiesa e Stato nei grandi campi della vita e
dell’attività umana: la promozione della persona umana e della famiglia, la
difesa della libertà della Chiesa, l’educazione della gioventù, l’assistenza
religiosa a varie categorie di persone (malati, carcerati, soldati), le opere
di assistenza e di carità.
Risale a tempi antichi la prassi della Santa Sede di
stipulare convenzioni con gli Stati o altre società politiche. Molte volte
queste convenzioni segnarono il superamento di periodi di non facile convivenza
della Chiesa con i responsabili degli Stati e rappresentarono il
riconoscimento, da parte di questi ultimi, degli spazi di libertà concessi alla
Chiesa per l’adempimento della sua missione. Si è discusso molto in passato
sulla natura e l’opportunità di queste convenzioni. Il Concilio Ecumenico
Vaticano II (1962-1965), senza pronunciarsi per questa o quella forma, ha
ribadito il principio che la comunità politica e la Chiesa, indipendenti e
autonome ciascuna nel proprio campo, tanto più svolgeranno il loro servizio a
vantaggio di tutti quanto meglio coltiveranno una sana collaborazione tra loro,
secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo.
La Santa Sede intrattiene oggi relazioni diplomatiche con
174 Stati, e anche con l’Unione Europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta
(SMOM). Ha relazioni di natura speciale con la Federazione russa e con
l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e partecipa a
differenti organizzazioni e organismi intergovernativi, sia internazionali sia
regionali. Questi patti internazionali testimoniano il riconoscimento
internazionale e sopranazionale del ruolo morale, culturale, sociale, oltre che
religioso che la Chiesa cattolica svolge nel mondo e nei singoli ordinamenti
civili. L’alto numero di concordati del Pontificato di Giovanni Paolo II
dimostra come questo nostro tempo stia vivendo un’epoca feconda di relazioni
fra la Chiesa cattolica e gli Stati.
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Apre il giornale, in riferimento alla catechesi
dell’udienza generale, il titolo “La logica del Signore ignora l’orgoglio e
l’arroganza del potere, ma si schiera dalla parte di chi è fedele”.
Nelle vaticane, un dettagliato articolo sull’attività
missionaria della diocesi di Oria in Albania: “nel luogo consacrato dal sangue
dei martiri e suggellato dalla fede dei giovani”.
Nelle pagine estere, riguardo all’Iraq, l’uccisione di due
figli di Saddam Hussein durante un raid Usa a Mossul.
Liberia: di ora in ora più drammatica la condizione delle
popolazioni; appello dei vescovi alla comunità internazionale.
Il commosso saluto dei fedeli brasiliani al missionario
ucciso a Imperatriz.
Nella pagina culturale, un approfondito contributo di
Marco Impagliazzo sugli Atti del Convegno dedicati ai cinquant’anni della
“Rivista di storia della Chiesa d’Italia”.
Nella cronaca di Roma, in evidenza la notizia di un altro
anziano trovato morto dopo giorni. Il titolo all’articolo è “Il dovere morale e
civile di fare di più per chi è solo”.
Nelle pagine italiane, tra i temi in rilievo, la questione
legata al conflitto d’interessi.
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23 luglio 2003
IL TASSO REALE DI MORTALITA’ INFANTILE IN ASIA
PIU’
ELEVATO DELLE CIFRE FORNITE DAGLI STATI.
LO
RIVELA UN RAPPORTO DELL’UNICEF
-
Intervista con Carol Bellamy -
I
bambini muoiono in tutto il mondo e spesso nessuno conosce le vere dimensioni della
tragedia che li ha resi vittime. Secondo un nuovo rapporto presentato a Roma
dall’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, nei Paesi dell’Europa
centrale e della Comunità degli Stati indipendenti i tassi di mortalità
infantile sono molto superiori alle cifre rese note dai governi. Nonostante
questo, secondo i dati ufficiali del 2001, nella regione presa in esame
dall’Unicef sono morti 60 mila bambini entro il primo anno di età. Stefano
Leszczynski ha intervistato Carol Bellamy, direttore generale dell’Unicef.
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R. – IN PART OF THIS REGION …
In
un’ampia parte della regione, presa in esame dal rapporto dell’Unicef,
soprattutto nel Caucaso e in Asia Centrale, il problema della mortalità
infantile entro un anno di vita è molto grave, anche se non viene riportato
correttamente nelle statistiche ufficiali. Quindi, la situazione che hanno
evidenziato i nostri studi riguarda una forte sottovalutazione del problema.
Nella realtà, i tassi di mortalità infantile, in questi Paesi, sono cinque
volte maggiori che in quelli limitrofi e dodici volte più alti che nei Paesi
occidentali. Questo significa che i bambini muoiono in un numero che è
assolutamente inaccettabile.
D. –
Quali sono state le reazioni nei Paesi che avete osservato?
R. – THERE
ARE SEVERAL REASONS FOR THIS …
Ci sono diverse ragioni alla base di questi problemi.
Innanzitutto, l’assenza di standard statistici comuni, cosa che impedisce di
rendersi conto della reale portata di fenomeni come la mortalità infantile. Ad
esempio, non esiste un criterio comune di definizione per i nati vivi ed i nati
morti. Oggi, molti di questi Paesi hanno accettato di adottare gli standard
ufficiali. In secondo luogo, molti Paesi hanno compreso le ragioni del
deterioramento dei loro standard sanitari di maternità e di cura dell’infanzia
e tutti hanno accettato di migliorarli. Il nocciolo della questione è nel
divenire consapevoli di quelle che sono le condizioni reali del proprio Paese,
perché se non ci si rende conto che esiste un problema, non si ha alcun motivo
di trovare una soluzione. Noi speriamo che questo rapporto aiuti ad acquistare
coscienza del problema dell’altissima mortalità infantile in questi Paesi.
D. – In concreto, cosa si può fare nel breve termine per
aiutarli a migliorare la propria situazione?
R. –
NUMBER ONE: GOING BACK TO INFORMATION …
Anzitutto,
avere coscienza che il problema della mortalità infantile è molto più grande di
quanto si pensasse. Ciò dovrebbe servire a sensibilizzare per primi gli
operatori sanitari. Secondo, comprendere che gli investimenti devono essere
diretti soprattutto nei settori della maternità e della cura dell’infanzia.
Queste non sono cose che richiedano alta tecnologia, ma l’applicazione di
semplici regole sanitarie e un bassissimo costo di formazione.
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L’UCCISIONE DEI FIGLI DI SADDAM HUSSEIN,
UN DURO COLPO PER LA GUERRIGLIA CHE SI OPPONE ALLE TRUPPE USA IN IRAQ
- Intervista con Guido Olimpio -
Uday ed Qusay,
i due figli di Saddam Hussein uccisi ieri dalle truppe statunitensi a Mossul,
dove si erano rifugiati, erano utilizzati dal rais iracheno come i guardiani
del decaduto regime. Per le forze americane, erano rispettivamente “l’asso di
cuori” e “l’asso di fiori” del mazzo di carte con i volti dei 55 gerarchi
iracheni super ricercati. Ma per la guerriglia che i fedelissimi di Saddam
Hussein stanno riorganizzando contro le truppe statunitensi, cosa rappresenta
l’uccisione di Uday e Qusay? Roberto Piermarini lo ha chiesto all’esperto nella
regione del Corriere della Sera, Guido Olimpio:
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R. –
Certamente può essere un colpo al morale di chi si sta battendo contro gli
americani. In secondo luogo, è un colpo anche al prestigio ormai ridotto di
Saddam Hussein, anche perché i due figli hanno rappresentato una buona parte
del regime e l’aspetto peggiore del regime di Saddam Hussein. Sono stati
accusati di violenze, di nefandezze di ogni tipo. Qusay Hussein, in
particolare, era l’uomo della sicurezza. Quindi, è possibile che avesse ancora
dei rapporti con i suoi seguaci. Anche se alla fine sono morti come dei
banditi, assediati in una casa, ciò fa pensare in realtà che la resistenza
irachena sia più “scollata”, un po’ più episodica, che organizzata.
D. – Il fatto che siano stati uccisi proprio a Mossul,
quindi in Iraq, non contraddice la versione americana che i gerarchi iracheni
sarebbero in Siria e in Iran?
R. – Una notizia sulla presenza dei due figli e di altri
dirigenti iracheni in Siria è venuta da una fonte non sospetta che era il
segretario di Saddam Hussein il quale, una volta catturato, ha dichiarato che
per un certo periodo i due si erano recati in Siria e poi erano tornati
indietro. Secondo me, è possibile che alcuni gerarchi siano nascosti in Siria,
ma dopo questa vicenda - l’uccisione dei due figli e, ad esempio, il ritorno della
famiglia di Saddam – è evidente che non abbiano poi molti posti dove andare.
Quindi, lentamente, quasi tutti rientrano in Iraq, pensando che forse, alla
fine, possano trovare una sistemazione o una soluzione adatta a loro. Si era
anche parlato di un possibile accordo tra loro e gli Stati Uniti: in
definitiva, la cosa che sorprende di più è che il regime iracheno non si sia
preparato una via di fuga, una via d’uscita più confortevole, visto che gli
americani stavano arrivando.
D. – Il prossimo obiettivo ora è Saddam Hussein…
R. – Non c’è dubbio sia inevitabile che gli americani
cerchino di catturare Saddam Hussein a tutti i costi perché, finché è vivo, la
resistenza contro gli americani avrà maggiore forza. Ma ritengo che essa
continuerà anche dopo la morte di Saddam Hussein. Questo perché la resistenza
usa Saddam come pretesto, ma non mi risulta che questi gruppi si firmino “Figli
di Saddam” o “Gruppo con Saddam”. In realtà, c’è uno scontento generale nei
confronti della presenza americana, di quello che sta avvenendo nel cosiddetto
dopoguerra, e quindi anche l’uccisione di Saddam non servirà a ridimensionare
la situazione. Molto dipenderà da quello che faranno gli americani dopo, cioè
se crescerà questo governo, se interverranno sulla vita civile e se veramente
soddisferanno i bisogni della popolazione.
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ALTA TENSIONE IN AFGHANISTAN, DOPO L’ATTENTATO
CONTRO
I PEACEKEEPER ITALIANI. LA DIFFICILE RICOSTRUZIONE
DI UN
PAESE PROVATO DA ANNI DI CONFLITTI
- Con
noi, il maggiore Simone Schiavoni -
Permane
difficile la situazione in Afghanistan a tre giorni dall’attentato, che ha
provocato quattro feriti tra i paracadutisti italiani impegnati nell’operazione
Enduring Freedom. Un soldato olandese dell’Isaf, la Forza multinazionale
di pace, è stato ferito a Kabul da un
ordigno esplosivo, mentre è sempre alta l’allerta per possibili nuovi
attentati. Intanto, l’Ana, il nuovo esercito afgano addestrato dalle forze
della coalizione, ha dato il via alla sua prima operazione nella provincia
meridionale di Paktia. L’ Ana è stato costituito in base agli accordi
inter-afgani di Bonn della fine del 2001, per permettere al legittimo governo
di assicurare la sua autorità in tutte le province. Ma come stanno vivendo
questo momento di particolare tensione i soldati italiani che operano in
territorio afgano? Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente a Bagram,
nel nord dell’Afghanistan, il maggiore Simone Schiavoni, portavoce del
contingente di pace italiano:
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R. – Per noi, per la nostra missione, non è cambiato
niente. Il livello di attenzione era già elevato prima e adesso continua a
permanere a livelli tali da consentire di continuare ad operare nella piena
sicurezza.
D. – Quali sono e difficoltà più insidiose che gli uomini
della missione italiana stanno affrontando in Afghanistan?
R. – Il territorio è senz’altro particolare. La regione di
nostra responsabilità, in cui si muove il nostro contingente, ha una catena
montuosa e, pertanto, è difficile muoversi su questo terreno ed è difficile
mantenerne il controllo.
D. - Qual è la risposta della popolazione afgana alla
presenza dei peacekeeper italiani?
R. – Credo che, forse grazie alle nostre modalità di
approccio, la popolazione ci sia nettamente favorevole, almeno segnali positivi
vanno in questa direzione. Non dimentichiamo che due grandi depositi illegali
di armi e munizioni sono stati ritrovati la settimana scorsa proprio su
segnalazione della popolazione, che quindi collabora concretamente con i nostri
ragazzi. I militari italiani si muovono, sono continuamente presenti nei
villaggi anche per un’attività di cooperazione civile e umanitaria, e prestano
assistenza medica dove necessario.
D. – Accanto al problema della sicurezza, quali sono le
altre emergenze che potete riscontrare nel vostro lavoro quotidiano?
R. – La popolazione dell’Afghanistan ha un livello
socio-economico abbastanza basso. Questa nazione ha avuto una guerra di quasi
25 anni. Ci sono degli equilibri particolari. Poi purtroppo, esistono le fasce
più deboli - i bambini e gli anziani - che sono esposte alle malattie, a volte
anche endemiche, come l’esmaniosi, portata dalle zanzare. Le condizioni
igienico-sanitarie, inoltre, non sono buone.
D. – Negli ultimi mesi avete visto dei miglioramenti nella
situazione della sicurezza e delle
altre emergenze, che la popolazione dell’Afghanistan deve affrontare?
R. – Molto è stato fatto ma è ancora lunga la strada da
percorrere. Ci sono segnali di ripresa, ci sono segnali di apertura, ma
sicuramente ancora molto resta da fare. Posso dire onestamente di aver visto
diminuire quella iniziale diffidenza che un popolo fiero ed orgoglioso, come
quello afgano, ha da sempre nei confronti degli stranieri.
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SI VOLGERA’ TRA CATANIA E SIRACUSA LA 55.MA EDIZIONE DEL
PRIX ITALIA.
IERI
LA PRESENTAZIONE DEL PREMIO, CON CENTINAIA DI PROGRAMMI INTERNAZIONALI IN
CONCORSO TRA RADIO, TV E WEB
-
Servizio di Dorotea Gambardella -
Premiare
programmi radio, tv e web di elevata qualità: è questo da sempre il fine del
“Prix Italia”. La 55.esima edizione del più antico concorso internazionale del
settore mediatico, istituito dalla Rai, si svolgerà tra Catania e Siracusa dal
13 al 20 settembre. Gli eventi che caratterizzeranno la manifestazione di
quest’anno sono stati illustrati ieri nel corso della conferenza stampa
svoltasi nella sede Rai di viale Mazzini. Erano presenti, tra gli altri, il
direttore generale dell’azienda, Flavio Cattaneo, il presidente della Regione
Sicilia, Salvatore Cuffaro e il segretario del “Prix Italia”, Carlo Sartori. Il
servizio è di Dorotea Gambardella.
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Duecentoventiquattro programmi in concorso nelle sezioni
Radio, Televisione e Web, provenienti da oltre 40 Paesi del mondo. Sono i
numeri a parlare per il Prix Italia, la manifestazione istituita dalla Rai a
Capri nel 1948, che da 55 anni premia solo programmi di elevata qualità. Ma
cosa significa Televisione di qualità? Lo abbiamo chiesto a Carlo Sartori,
segretario generale del Prix:
R. – La qualità non è una formula matematica. La qualità è
una tensione, è un qualcosa che si cerca sempre di raggiungere nella
produzione. Però ci vogliono tutta una serie di elementi che fanno la qualità.
Il concetto, dunque, è che non esiste solo la qualità dei contenuti, esiste
anche la qualità dell’assemblaggio dei contenuti, per esempio dei palinsesti.
Esiste la qualità dell’organizzazione che produce programmi di qualità o non di
qualità. Ci sono tutta una serie di gradini, rispettando i quali si ha poi un
prodotto di qualità.
D. – Don Giuseppe Costa, sulle pagine dell’Osservatore
Romano diceva che la televisione deve sfuggire all’influenza politica e deve
investire sulla sperimentazione. Che ne pensa?
R. – La qualità è anche certamente indipendenza ed è anche
sperimentazione, non c’è dubbio. Anzi, la sperimentazione è il motore continuo
che rimette in gioco la sedimentazione che tendenzialmente si riscontra dei
programmi televisivi: la televisione, in sostanza, è talmente onnivora che
tende poi a ripetere se stessa, sempre. Ecco, quindi, che l’innovazione deve
servire ogni volta a riaccendere il motore della creatività e quindi della
qualità.
Tante le novità della 55.ma edizione, la cui giornata
iniziale, il 13 settembre, coincide con il Consiglio informale dei ministri
europei della cultura e dell’audiovisivo, che parteciperanno anche alla
cerimonia inaugurale. Quindi, ci sarà la riunione dei vertici delle televisioni
europee del Mediterraneo, al fine di costruire uno spazio comune di
comunicazione che non penalizzi, però, le peculiarità dio ciascuna etnia. Ed
ancora, nell’Anno della disabilità, è prevista una giornata intera dedicata
alle persone diversamente abili, in cui verrà presentato anche il cartone
animato “Storie di Anna”che ha per protagonista una bambina con disabilità motorie. Sentiamo ancora il prof. Sartori:
R. – Tra i compiti del servizio pubblico c’è certamente
quello di occuparsi della fasce più deboli, marginali e marginalizzate della
società. Quindi il Diversity Day è stato per noi l’occasione di mettere
assieme ancora una volta tutto un ambito internazionale che dibatterà di questi
problemi. E insieme verificheremo cosa si stia facendo in Europa, e non solo in
Italia, a proposito di questo problema.
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23 luglio 2003
GRANDE FOLLA DI FEDELI AI FUNERALI DI PADRE
TADDEO GABRIELI,
IL MISSIONARIO BERGAMASCO UCCISO IN BRASILE
SABATO SCORSO.
“TRASMETTEVA
IL MESSAGGIO DI FRATERNITÁ E GIUSTIZIA DEL VANGELO”,
COSI’, IL PROVINCIALE CAPPUCCINO DELLA
LOMBARDIA
IMPERATRIZ.
= “Era un religioso appassionato dell’uomo, attento agli ultimi e ai bisognosi,
capace di trasmettere, nel servizio che svolgeva, il messaggio di fraternità e
giustizia del Vangelo”: così padre Eugenio Bollani, ministro provinciale
cappuccino della Lombardia, ricorda all’agenzia Fides padre Taddeo Gabrieli, missionario
bergamasco di 73 anni, ucciso sabato 19 luglio nella cittadina di Imperatriz,
nello stato di Maranhao, nel Nord est del Brasile. I funerali del religioso
sono stati celebrati lunedì pomeriggio nel convento dove padre Taddeo risiedeva,
dal ministro provinciale del Brasile, padre Daurival Miranda, alla presenza di
una grande folla di fedeli radunatisi per rendere omaggio e pregare per padre
Taddeo. Il frate era molto conosciuto e amato nella zona, per il suo impegno
nel servizio ai poveri. Giunto in Brasile nel 1962, dopo sei anni di missione
in Eritrea, aveva sempre lavorato per i contadini del luogo, iniziando e
incoraggiando progetti di sviluppo e cooperative. Per il suo carattere semplice
e la sua dedizione al lavoro, veniva chiamato “il frate con la tuta”, indumento
che indossava sempre e per il quale era ormai riconoscibile. I confratelli in
Brasile sono rimasti molto scossi da questa morte violenta. Secondo la
ricostruzione dell’omicidio, intorno alle 21.30 del 19 luglio, ora locale,
padre Taddeo stava tornando in convento in automobile dopo aver celebrato
l’Eucaristia in una zona periferica della città. Nei pressi del convento
avrebbe incrociato un uomo in bicicletta, visibilmente ubriaco, che sarebbe
caduto davanti alla sua auto. Il religioso si sarebbe fermato per aiutarlo ma
l’uomo, per motivi ancora poco chiari, gli si è avventato contro e gli ha
inferto due coltellate. Padre Taddeo ha percorso ancora cento metri dirigendosi
verso il convento, ma è morto dissanguato. La Provincia cappuccina di Maranhao
è nata come missione dei frati della Lombardia. Oggi, dopo la sua erezione a
circoscrizione indipendente, vi operano ancora come missionari 30 frati cappuccini
lombardi. (M.D.)
RELIGIOSI CATTOLICI PREMIATI IN NEPAL PER IL SERVIZIO
OFFERTO AL PAESE NEL CAMPO DELL’ EDUCAZIONE.
SONO
PADRE EUGENE WATRIN E SUOR MARGARET MARY,
CHE
HANNO RICEVUTO IL PREMIO DALLE MANI DEL RE GYANENDRA
KATMANDU.
= La comunità cattolica nepalese festeggia un importante riconoscimento: due
missionari, il gesuita padre Eugene L. Watrin e Suor Margaret Mary hanno
ricevuto il premio “Gorkha Dakshin Bahu”, uno dei più alti riconoscimenti
civili del Paese, conferito dal re Gyanendra in persona in occasione del suo
57.mo compleanno. La motivazione del premio per i due missionari è il
contributo da loro offerto alla crescita civile e morale del Paese nel settore
dell’educazione. Padre Watrin, cittadino americano, lavora in Nepal da metà
degli anni ‘50 e ha da poco compiuto il 60.mo anno di appartenenza alla
Compagnia di Gesù. E’ impegnato nell’insegnamento all’istituto “St. Francis
Xavier” e in diversi progetti sociali nei quali ha coinvolto numerosi ex
studenti della scuola. Suor Margaret è nata in India e risiede in Nepal da
alcun anni, dove è stata preside della “St. Mary School” a Gorkha ed ora guida
un istituto di Katmandu, frequentato da oltre 2 mila alunni dalle classi
elementari fino alle superiori. In passato altri due religiosi avevano ricevuto
il premio: i gesuiti padre Casper Miller e padre Lawrence Maniyar, ex preside
dell’Istituto “St. Francis Xavier” a Kathmandu. Il riconoscimento è significativo
per la Chiesa cattolica, che gestisce 23 scuole in Nepal frequentate anche da
alunni non cristiani, oltre a provvedere all’istruzione di oltre 35 mila rifugiati
del Bhutan, stanziati nei campi profughi della zona orientale del Paese e
assistiti sin dal 1993 grazie all’impegno del Jesuit Refugees Service. Negli
ultimi anni, però, non sono mancati anche i problemi, dovuti particolarmente
alle attività della guerriglia maoista. Tre scuole cattoliche in distretti di
montagna, sottoposte a minacce, hanno dovuto chiudere per due anni. Dopo
l’insistenza dei genitori e le richiese degli studenti, gli istituti hanno
riaperto, sebbene la situazione non sia ancora del tutto pacificata. Dopo
l’inizio dei negoziati nel febbraio 2003, le trattative tra governo e ribelli
sono attualmente in una fase di stallo. “Attualmente siamo abbastanza
preoccupati per il nostro personale, che lavora nelle scuole e in istituti
assistenziali senza alcuna protezione: la situazione potrebbe degenerare con
una ripresa delle ostilità”, spiega all’agenzia Fides padre Pius Perumana,
pro-prefetto apostolico in Nepal. Attualmente nel Paese vivono circa 6 mila
cattolici. La missione del Nepal è stata istituita nel 1983, ed è stata
affidata ai gesuiti. Nel 1996 è stata elevata a prefettura apostolica. (M.D.)
INAUGURATO IN CILE UN SITO
INTERNET SULLA SPIRITUALITÁ IGNAZIANA.
ALL’INTERNO
LETTURE, DOCUMENTI E PREGHIERE, MA ANCHE COLLEGAMENTI
AD
ATTIVITÁ SOCIALI E UMANITARIE PROMOSSE DAI GESUITI
SANTIAGO DEL CILE. = Un sito
internet dedicato a giovani e adulti di luoghi diversi, che svolgono attività e
hanno esperienze differenti, ma che si sentono attirati o si riconoscono nella
spiritualità ignaziana. Questo lo scopo del portale, inaugurato in questi
giorni, www.laicosignacianos.cl,
dedicato ai laici ignaziani del Cile. Sarà l’occasione per dare vita ad un
punto di incontro virtuale finalizzato a promuovere la crescita spirituale e
personale attraverso le diverse opportunità di formazione e le attività
apostoliche offerte dalle opere gesuitiche, per creare così una rete di persone
legate alla spiritualità del santo fondatore della Compagnia di Gesù. L'idea e
la gestione del sito è affidata ad un comitato direttivo di cui fanno parte
docenti universitari delle università della Compagnia, i responsabili delle
associazioni umanitarie gestite dalla congregazione, il direttore della rivista
“Mensaje” Antonio Delfau. Nel sito si trovano le letture liturgiche del giorno,
gli orari delle messe celebrate dai gesuiti, documenti, riflessioni, preghiere.
Sono presenti anche un elenco di attività o di istituzioni a cui partecipa la
Compagnia di Gesù, nonché vari links ad altre attività sociali ed umanitarie.
(M.D.)
CONCLUSA A LUCCA
L’ASSEMBLEA GENERALE DELLE MISSIONARIE COMBONIANE.
RIBADITO
L’IMPEGNO A RILEGGERE LA PROPRIA VOCAZIONE GUARDANDO
AL
FONDATORE DANIELE COMBONI
CARRAIA.
= L’Istituto secolare delle missionarie comboniane ha appena concluso, nella
sede centrale di Carraia (Lucca), la settima assemblea generale.
L’appuntamento, che si realizza ogni sei anni per rivedere e programmare la
vita dell’Istituto e il proprio servizio missionario, è servito anche per
rinnovarne il consiglio centrale. Per questo motivo sono intervenute le
delegazioni dell’Istituto provenienti da Italia, Portogallo, Spagna, Egitto,
Colombia, Ecuador e Costarica, Paesi nei quali operano le missionarie.
L’Istituto, sorto sul solco della spiritualità del beato Daniele Comboni, ha
visto come provvidenziale la coincidenza, in questo stesso anno 2003, fra la
celebrazione della settima assemblea generale e l’evento della canonizzazione
del beato Comboni, previsto per il prossimo 5 ottobre. Proprio con questo
spirito l’assemblea si è aperta con una visita-pellegrinaggio a Limone sul
Garda, luogo natale di Daniele Comboni. Tra le priorità indicate per i prossimi
sei anni è emersa la necessità di rileggere il senso della vocazione secolare
missionaria per una maggiore incisività negli ambiti sociali di attività.
(M.D.)
MUSICA E CULTURA
AFRICANA. A CHIKUNI, NELLA ZAMBIA, TORNA IL “TONGA MUSIC
FESTIVAL”. LA TRADIZIONE COME PUNTO DI RIFERIMENTO
PER I GIOVANI
CHIKUNI. = La musica è sempre
stata un elemento imprescindibile per la cultura africana. Proprio per
valorizzare questo patrimonio verrà riproposto a Chikuni, nel sud della Zambia,
il ‘Tonga music festival’, la manifestazione che nelle sue quattro edizioni ha
cercato di promuovere la cultura dell’etnia Ba Tonga, originaria di quella regione.
Il festival, previsto per il 29 e 30 agosto, è nato nel 2000 attraverso
l’iniziativa dell’emittente cattolica Radio Chikuni, le cui prime trasmissioni
presero il via in quello stesso anno. Il tema che accompagnerà le esibizioni
dei gruppi musicali di questa quarta edizione sarà “Condividere attraverso la
musica”, una definizione che rimanda all’esigenza di salvaguardare una cultura
come importante punto di riferimento per i più giovani. Nell’impegno degli
organizzatori c’è la convinzione che un patrimonio culturale rimanga l’elemento
di forza di qualsiasi società solo se preservato da una collettiva perdita di
memoria storica. Con questo spirito anche quest’anno migliaia di persone e
decine di musicisti si daranno nuovamente appuntamento a Chikuni. (M.D.)
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23 luglio 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
I corpi di Uday
e di Qusay, i figli di
Saddam Hussein uccisi ieri nel corso di un’operazione militare statunitense
a Mossul, nel Nord dell’Iraq, sono stati trasferiti all’aeroporto internazionale di Baghdad. Il segretario di Saddam
Hussein, Mahmud al-Tikriti, avrebbe riconosciuto, secondo la radio pubblica
nazionale americana, i cadaveri dei figli dell’ex rais. Sulla loro identità, anche il comandante delle forze di coalizione schierate nel
Paese, il generale Ricardo Sanchez, non ha dubbi: “Le condizioni dei corpi ne
permettono l'identificazione - ha dichiarato ieri sera - e fonti multiple ci
confermano che sono proprio loro”. Il
presidente americano, George Bush, ed il primo ministro britannico, Tony Blair,
non hanno nascosto la loro soddisfazione per la morte di Uday e Qusay. “L’uccisione dei due figli di Saddam - ha dichiarato Tony
Blair - segna un grande giorno per il nuovo Iraq”. Secondo Ahmed Chalabi, uno dei leader del Consiglio provvisorio iracheno, l’uscita
di scena di due tra i massimi rappresentanti dell’ex regime iracheno, “ridurrà
la pressione sulle forze americane presenti nel Golfo Perisco”. Ma nel Paese arabo, invece, non sembra interrompersi la
lunga, drammatica sequela di violenze. Due sanguinosi attacchi antiamericani
compiuti oggi, presso le città di Mossul e Ramadi, hanno causato la morte di
due soldati statunitensi ed il ferimento di altri otto. Episodi, questi, che
sembrerebbero purtroppo seguire l’esortazione di un nuovo messaggio audio trasmesso oggi dalla rete
televisiva araba Al Arabiya, nel quale Saddam Hussein ha chiesto alla guardia
presidenziale irachena “di intensificare gli attacchi contro le forze di
occupazione”. Il servizio di Elena Molinari:
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I figli di Saddam Hussein, temuti in tutto il Paese per la
loro ferocia, sono stati sorpresi nella villa di un uomo d’affari, presa
d’assalto ieri all’alba. La soffiata era arrivata il giorno prima da una fonte
irachena che si è così aggiudicata i 30 milioni di dollari di taglia sui due. I
combattimenti sono durati sei ore e alla fine sono rimasti sul luogo quattro
corpi carbonizzati ma non irriconoscibili. Importante anche il fatto che fra i
cadaveri ci fosse quello di un ragazzino, il figlio 14.enne da cui Qusai non si
separava mai. La quarta vittima era invece una guardia del corpo. Washington
spera che l’uccisione dei due spezzi la resistenza dei fedelissimi del regime
che sta costando vite americane ogni giorno.
Da New York, Elena Molinari, per la Radio Vaticana.
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Si è svolta ieri, al Palazzo di vetro, la prima riunione
del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione in Iraq. Il
segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha evidenziato l’esigenza di un piano
di ripristino della sovranità irachena attraverso l’insediamento di un governo
democratico.
Il primo ministro britannico, Tony Blair, sul cui governo
si è abbattuta una bufera in seguito alla morte dello scienziato David Kelly,
ha anticipato la propria partenza da Hong Kong, ultima tappa del suo viaggio in
Asia. L’imminente arrivo del tifone “Imbudo” ha infatti costretto il premier
inglese a partire un giorno prima dalla penisola cinese.
La questione della liberazione dei prigionieri palestinesi
sembra attraversare una fase di stasi nel processo di pace in Medio Oriente.
Dopo le divergenze politiche tra i due premier, Sharon ed Abu Mazen, oggi la
radio israeliana ha rivelato che lo Stato ebraico rilascerà 350 detenuti
palestinesi, ma tra questi non ci sarà nessun militante della Jihad islamica o
di Hamas. La commissione interministeriale, che si è riunita questa mattina, ha
autorizzato infatti la liberazione solo dei detenuti inseriti nella lista
fornita dallo Shin Beth, il servizio segreto interno israeliano. Ce ne parla
Graziano Motta:
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Esiguo il numero di coloro che Israele è disposto a
scarcerare, mentre le organizzazioni della rivolta hanno proclamato la tregua a
condizione che vengano liberati tutti. Così, la questione sarà affrontata nelle
riunioni che la Casa Bianca e il presidente Bush avrà venerdì con Abu Mazen, e
martedì della settimana ventura con Ariel Sharon. Abu Mazen, che incontra oggi
ad Amman re Abdallah di Giordania, arriverà nella notte a Washington e domani
sarà ascoltato dalla commissione esteri del Congresso. Nella capitale americana
si trova già il ministro degli Esteri israeliano, Shalom, che oggi sarà
ricevuto dal vice presidente Cheney, dal segretario di Stato Powell e dalla
consigliera per la sicurezza, Condoleeza Rice. Sul terreno, intanto proseguono
ancora le violenze. Ieri, presso Taibe, i militari israeliani hanno ucciso un
palestinese e ne hanno ferito un altro - erronea la segnalazione che fossero terroristi
- ed è scomparso un soldato israeliano che rientrava a Nazareth per una breve
licenza: potrebbe essere stato rapito.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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“Entro il fine settimana la crisi sarà risolta”. Così si è
espresso ieri il leader della Giunta militare di salvezza nazionale, Fernando
Pereira, che mercoledì scorso ha preso il potere nell’arcipelago di São Tomé e
Principe. La mediazione internazionale è portata avanti, in modo coordinato,
dalla Comunità dei Paesi di lingua portoghese e la Comunità economica degli
Stati dell’Africa Centrale, con l’appoggio di Onu, Stati Uniti e Portogallo.
Sarebbero più di 600 le persone morte, secondo il governo
di Monrovia, nei combattimenti che da cinque giorni stanno purtroppo
martoriando la capitale. Nessun progresso sembra provenire dal fronte
diplomatico: i ribelli hanno infatti respinto il piano di pace della Comunità
degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas). Sono stati intanto bloccati, in
Svizzera, circa 1,3 milioni di euro su conti appartenenti a due persone vicine
al presidente liberiano, Charles Taylor. Il servizio di Giulio Albanese:
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I guerriglieri del Lurd, i Liberiani Uniti per la
riconciliazione e la democrazia, stringono ormai d’assedio il presidente
Charles Taylor, asserragliato nei palazzi del potere con le truppe lealiste.
Ieri sera, avrebbero dichiarato un cessate il fuoco, ma l’ipotesi di una
soluzione pacifica senza una forza d’interposizione è a dir poco impensabile.
In un appello congiunto, l’arcivescovo di Monrovia, mons. Michael Francis, e i
vescovi di Makeni e di Kenema, George Biguzzi e Patrick Daniel Koroma, hanno
sollecitato ieri gli Stati Uniti e la comunità internazionale perché
s’impegnino a riportare al più presto la pace in Liberia. E mentre si
moltiplicano gli appelli delle organizzazioni umanitarie, l’allestimento di una
forza di peacekeeping è ancora di là da venire.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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La giornalista
iraniano-canadese, Zahara Kazemi, della quale il Canada chiedeva le spoglie, è
stata sepolta oggi a Shiraz, in Iran, a due settimane dalla sua controversa
morte, avvenuta a Teheran. Era stata arrestata e sottoposta ad brutale
interrogatorio con l’accusa di aver scattato fotografie davanti alla prigione
della capitale.
La giunta militare al potere in Birmania ha liberato oggi
91 prigionieri politici, arrestati a seguito degli scontri tra i sostenitori
della leader della Lega nazionale per la democrazia (Lnd), Aung San Suu Kyi, e
i militanti filogovernativi.
Per timore di un
attentato, il primo ministro delle Isole Salomone, Allan Kemakeza, ha lasciato
la capitale insieme alla sua famiglia per raggiungere una destinazione segreta.
Il premier farà ritorno ad Honiara domani per accogliere il primo scaglione
della forza multinazionale che dovrà riportare l'ordine sull'isola lacerata da
quattro anni di guerra civile.
Circa 40 immigrati di nazionalità africana, tra cui due
donne ed un bambino, sono stati trasbordati poco fa dal gommone sul quale si
trovavano, al largo di Lampedusa, sulla motovedetta della Guardia costiera
italiana che li ha soccorsi.
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