RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 52 - Testo della
Trasmissione di sabato 21 febbraio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Il commento al Vangelo di domani di padre Marko
Ivan Rupnik.
CHIESA E SOCIETA’:
Il
governatore della California ordina la fine dei matrimoni tra omosessuali
Scoperta
in Amazzonia la “molecola della pioggia”
E’
nato in Brasile il primo vitello clonato da mucca clonata
Proibito
in Bangladesh il nuovo libro di Taslima Nasrin, per “commenti gravi e opinabili
sull’islam”
In Iran la
vittoria annunciata dei conservatori
La Croce rossa visita Saddam Hussein
L’Onu nominerà un inviato speciale per Haiti
21 febbraio 2004
PROMUOVERE IL DIRITTO INTERNAZIONALE PER COSTRUIRE
LA PACE MONDIALE:
COSI’ GIOVANNI PAOLO II NEL DISCORSO AL NUOVO
AMBASCIATORE DELLA TURCHIA PRESSO LA SANTA SEDE, OSMAN DURAK, RICEVUTO PER LE
LETTERE CREDENZIALI.
IL
PONTEFICE HA AUSPICATO UNA RAPIDA RIUNIFICAZIONE
E
PACIFICAZIONE DELL’ISOLA DI CIPRO
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Il
diritto internazionale sia lo strumento primario per costruire la pace
mondiale: è quanto ribadito stamani da Giovanni Paolo II nel discorso al nuovo
ambasciatore turco presso la Santa Sede, Osman Durak, ricevuto in Vaticano per
la presentazione delle lettere credenziali.
Il Papa
ha parlato anche del rafforzamento del sistema delle Nazioni Unite e della
delicata questione di Cipro, auspicando una rapida riunificazione dell’Isola.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
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La comunità internazionale ha il “compito speciale di
promuovere la dignità umana” e la “libertà dei popoli”, preparando “culture ed
istituzioni alla costruzione della pace”. Nel discorso all’ambasciatore della
Turchia, il Papa ha sottolineato come il “diritto internazionale” sia chiamato
oggi ad “essere sempre più una legge di pace nella giustizia e nella solidarietà”,
al fine di rendere “sicuro l’ordine mondiale”. Il Pontefice ha messo l’accento
sul ruolo dell’Onu, che - pur necessitando di una riforma - rappresenta tuttora
l’organismo più adatto ad “affrontare le gravi sfide che la famiglia umana ha
davanti a sé in questo 21.mo secolo”, a partire dal “flagello del terrorismo”. Il
diritto internazionale, ha avvertito, deve “sviluppare gli strumenti del
multilateralismo capaci di contrastare e prevenire questo crimine odioso”. E
qui ha espresso solidarietà alla popolazione turca, colpita da recenti attacchi
terroristici.
Si è poi soffermato sulla questione di Cipro. Il Papa ha
preso atto con soddisfazione “dei progressi compiuti sulla via di una giusta
soluzione” ed ha incoraggiato le parti coinvolte a “non risparmiare alcuno
sforzo per accelerare la riunificazione e pacificazione dell’isola”. Quindi,
riecheggiando l’Enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII, ha ribadito
che la ricerca della pace non può essere separata dalla dignità umana. Per
questo, ha proseguito, l’armonia tra i popoli e gli Stati richiede un
“esercizio sempre più inclusivo dell’autorità politica” ed “una grande
trasparenza e senso di responsabilità ad ogni livello della vita pubblica”.
D’altro canto, Giovanni Paolo II non ha mancato di
evidenziare l’importanza dello stato di diritto a garanzia dell’eguaglianza di
trattamento di tutti cittadini. “La chiara distinzione tra la sfera religiosa e
quella civile – ha rilevato – permette ad entrambi di esercitare in modo
efficace le proprie responsabilità”, in completa libertà di coscienza. Per
questo, ha auspicato il riconoscimento dello “status giuridico della Chiesa” da
parte delle autorità turche. I cattolici, ha aggiunto, non cercano “speciali
privilegi” ma chiedono solo il rispetto dei “propri diritti fondamentali”.
Stato e Chiesa, ha detto ancora, non sono rivali ma partner, giacché con un
“sano dialogo possono incoraggiare lo sviluppo integrale dell’uomo e l’armonia
sociale”.
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Sposato, un figlio, l’ambasciatore Osman Durak è nato 57
anni fa a Izmit. Ha intrapreso la carriera diplomatica nel 1976. Tra gli
incarichi ricoperti: console ad Amburgo e ad Aleppo, consigliere di ambasciata
a Roma ed ambasciatore in Arabia Saudita.
NELL’UDIENZA
AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA,
IL PAPA INCORAGGIA LA RICERCA PER
IL SUPERAMENTO NATURALE
DELLA STERILITÀ
- Servizio di Amedeo Lomonaco -
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L’alta responsabilità nella
bioetica e l’impegno nel contrastare condotte aberranti e leggi ingiuste per la
dignità della persona. E’ questo il duplice ruolo indicato dal Papa nel messaggio
di ieri e ribadito stamani nel discorso rivolto all’Assemblea generale della Pontificia
Accademia per la Vita, in occasione del suo decennale di fondazione.
Sul fondamentale tema della
vita, Giovanni Paolo II sottolinea “i valori essenziali non solo per il fedele
cristiano ma anche per l’essere umano come tale”.
“Sempre
di più emerge l’imprescindibile legame della procreazione di una nuova creatura
con l'unione sponsale”.
“Questo disegno del Creatore – spiega il Santo Padre - è
inscritto nella natura stessa fisica e spirituale dell’uomo e della donna e,
come tale, ha valore universale”. “L’atto in cui lo sposo e la sposa diventano
padre e madre attraverso il reciproco dono totale – dice il Papa - li rende
cooperatori del Creatore nel mettere al mondo un nuovo essere umano”.
“Un
gesto così ricco che trascende la stessa vita dei genitori, non può essere sostituito
da un mero intervento tecnologico”.
“Compito
dello scienziato – ricorda Giovanni Paolo II - è piuttosto quello di investigare
sulle cause della infertilità maschile e femminile”.
“Proprio
per questo desidero incoraggiare le ricerche scientifiche volte al superamento
naturale della sterilità nei coniugi”.
Il
Papa esprime infine l’auspicio che la comunità scientifica possa ottenere confortanti
progressi sulla strada della vera prevenzione e dell’autentica terapia.
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Sulle
tematiche dibattute ai lavori assembleari Giovanni Peduto ha intervistato il
prof. Domenico Di Virgilio, presidente nazionale dei medici cattolici italiani,
nonché membro della Pontificia Accademia per la Vita:
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D. – Al
centro del dibattito è la dignità della procreazione umana e le tecnologie
riproduttive. Ma che tipo di concezione si sta imponendo oggi nella nostra
società riguardo alla procreazione?
R. –
Oggi, purtroppo, aumenta sempre di più la sterilità e l’infertilità ed assistiamo,
nell’epoca tecnologica più avanzata, ad un grandissimo divario, tra il
desiderio di avere un figlio, assolutamente, e l’aborto – che è legalizzato ed
anche clandestino – che permette l’eliminazione delle vite. Questo è un contrasto
veramente incredibile che dovrebbe far pensare. Questo desiderio, che non è un
diritto ma un desiderio legittimo ma non è un diritto assoluto quello di avere
un figlio, porta quando non si può per vie naturali alla ricerca di qualsiasi
tecnologia che permetta di raggiungere questo obiettivo.
D. –
Chi vuole avere un figlio a tutti i costi, afferma sinceramente di farlo per
amore e non vede quindi che male possa esserci…
R. – Io
voglio pensare che tutti lo facciano ovviamente per amore, perché – ripeto – avere
un figlio è un completamento della famiglia, come l’ha pensata Nostro Signore.
Però un figlio a tutti i costi – questo è il nocciolo – non può essere
accettato e non solo da un punto di vista confessionale o cattolico ma non può
essere accettato da un punto di vista anche di etica naturale. A tutti i costi
significa che io sono disponibile, pur di soddisfare questo mio desiderio, a
qualsiasi tecnica e non soltanto ad un sacrificio - perché bisogna riconoscere
che è un sacrificio della donna - ma affinché questo obiettivo si raggiunga non
mi interessa più con quale sistema. Si tratta quindi di una vita che ormai
nasce in laboratorio e non nasce più per vie naturali. Anche in laboratorio,
però, ci sono delle norme da osservare e dei percorsi che non siano contro
natura.
D. – A
suo avviso, perché è così difficile far prendere coscienza della dignità
dell’embrione umano?
R. –
Questa rappresenta un’altra riflessione profonda, di vario ordine: antropologico,
filosofico. Io credo che ci sia un po’ di ignoranza, intesa come ignorare o
meglio non conoscere profondamente il problema. Quello che vediamo e tocchiamo
è per noi più facilmente razionale e quindi ce ne rendiamo conto. Oggi non è la
Chiesa, non è il Magistero che ci dice che la vita inizia nel momento della
fecondazione. Questa è ormai un’acquisizione scientifica, che i laicisti, gli
increduli, gli agnostici non possono negare, perché signifa non saper guardare
all’interno di un microscopio. Qualsiasi persona che mette un occhio obiettivo
nel microscopio vede che quella cellula, una volta fecondata, è soggetta a
delle trasformazioni incredibili e meravigliose. Si deve quindi pensare che
qualcosa lì è successo. Noi diciamo che inizia la vita e fin dal primo momento,
il momento in cui si ha la fecondazione dell’ovulo e quindi si forma lo zigote,
da una o due cellule o quattro e così via, qualcosa deve essere successo. Siamo
di fronte a qualcosa di meraviglioso che tutti dobbiamo chiamare vita; dobbiamo
far conoscere e chiarire che scientificamente dal momento che quella cellula è
stata feconda inizia un qualcosa.
D. – Prof. Di Vigirlio, con
amarezza dobbiamo constatare che si va sempre più allargando il divario tra
ricerca scientifica ed etica?
R. – Questo è verissimo ma
dipende da un fatto che possiamo osservare. Nelle nostre Università, mentre si
assiste ad un miglioramento notevole di quelle che sono le cognizioni che si
danno ai giovani studenti in Medicina riguardo al progresso scientifico e tecnologico,
non altrettanto avviene per la messa a disposizione di questi studenti delle
cognizioni di tipo etico. E ripeto parliamo di etica naturale, non parliamo di
etica confessionale. Per fortuna, almeno in Italia, cominciamo a vedere che
sorgono delle cattedre di etica e nel caso specifico di bioetica e di etica
applicata alla vita. Questo gap va colmato e dipende anche da chi dà
questo insegnamento, dalla sua formazione. Bisogna allora sviluppare
all’interno delle scuole di Medicina ma anche nelle scuole per infermieri professionali
– che sono dei professionisti laureati – un insegnamento che è quello
dell’etico e che ci dice quale sia il buon comportamento e quali i limiti che
la scienza e la tecnologia debbono osservare. Il progresso deve esserci ma deve
essere tutto orientato al servizio dell’uomo. Bisogna che il progresso
scientifico sia sempre a misura d’uomo, a servizio dell’uomo da qualsiasi parte
esso venga.
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LA COMUNITÀ DEL SEMINARIO ROMANO MAGGIORE IN UDIENZA, STAMANI, DAL
PAPA. PRESENTI ANCHE RAPPRESENTANTI
DEGLI ALTRI QUATTRO SEMINARI DELLA
DIOCESI DI ROMA
- Intervista con il
rettore, mons. Giovanni Tani -
Il
Papa incontrerà oggi pomeriggio la Comunità del seminario romano maggiore in
occasione della Festa della Madonna della Fiducia. Saranno presenti anche
rappresentanti degli altri quattro seminari della diocesi: il Capranica, il
Redemptoris Mater, quello degli Oblati del Divino Amore e il Minore. In passato
Giovanni Paolo II si recava a far visita al Seminario Maggiore a San Giovanni
in Laterano; quest’anno, per la seconda volta, è invece la Comunità del
Seminario - composta da 125 studenti di cui quasi un centinaio italiani - che
rende visita al Papa. Sulla risposta dei giovani alla vocazione sacerdotale Giovanni
Peduto ha intervistato il rettore, mons. Giovanni Tani:
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R. – Come primo momento spirituale, c’è un grande senso di
pienezza per il significato di vita che sperimentano in Gesù. Poi, un desiderio
di apostolato. Questi due piani a volte sono connessi in maniera molto buona,
altre volte no: cioè altre volte si passa in maniera troppo veloce
dall’esperienza spirituale al capire di essere chiamati al sacerdozio, il che
non è detto; quindi bisogna fare un grosso lavoro, un serio lavoro di
discernimento per capire veramente se l’esperienza battesimale dell’incontro
con Cristo si deve anche sviluppare nell’apostolato.
D. – Quali sono, oggi, le difficoltà che incontrano i
seminaristi?
R. – Devo dire che la comunità procede abbastanza serena e
impegnata. Se devo dire una difficoltà oggettiva, quella che vedo io, o meglio,
un obiettivo non sempre facile da raggiungere, è quello di sapere aiutare
questi giovani a costruirsi come persone forti, capaci di camminare con le loro
gambe, capaci di affrontare in modo robusto le problematiche molto serie che ci
circondano; personalità capaci di dare senza cercare una risposta gratificante
immediata: questo è un po’ un problema, il clima diffuso che viviamo. La capacità
di costruirsi pensieri forti, che reggano l’intelligenza, che reggano il modo
di affrontare la propria vita, quella degli altri, quella del mondo, ecco.
Questa forza interiore, spirituale, intellettuale, questo credo che sia il
grosso lavoro da compiere.
D. – Cosa direbbe lei, mons. Tani, ad un giovane che pensa
di avere la vocazione?
R. – Direi, prima cosa di parlare con un sacerdote, di
confrontarsi subito con un sacerdote, di aprirsi con lui, di rimanere collegato
con un’esperienza di Chiesa – la parrocchia o qualche comunità – nella quale si
possa portare avanti, in comunione con gli altri, l’impegno di preghiera,
l’impegno anche di carità, e poi di pregare. Se tutto questo porta frutti
buoni, in un secondo tempo sarà il sacerdote stesso a indirizzare al Seminario
questo giovane.
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NOMINA IN ARGENTINA
Il
Santo Padre ha nominato quest’oggi vescovo di San Nicolás de los Arro-yos in
Argentina, mons. Héctor Sabatino Cardelli, finora vescovo di Concordia.
SPERANZE CONCRETE DI DIALOGO COSTRUTTIVO TRA LA
CHIESA CATTOLICA
E LA CHIESA ORTODOSSA RUSSA:
PROSEGUE LA VISITA A MOSCA DEL CARDINALE WALTER KASPER
La Santa Sede desidera “mantenere e rafforzare ulteriormente relazioni positive con le Chiese ortodosse”:
lo ribadito stamane in un comunicato pubblico il cardinale Walter Kasper,
presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei Cristiani, da martedì
scorso in visita a Mosca, su invito dei presuli cattolici della Federazione
russa. Nuove speranze di dialogo costruttivo sono dunque emerse nell’incontro,
giovedì, del porporato con il metropolita di Smolensk e Kaliningrad, Kirill, in
particolare sulla questione della possibile istituzione di un patriarcato
greco-cattolico in Ucraina, che è stata contestata da tutte le Chiese
ortodosse. E grande attesa si annuncia per il colloquio in programma lunedì prossimo
con il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II. Ma ascoltiamo dallo
stesso cardinale Kasper le sue impressioni su questa visita fruttuosa nel
cammino ecumenico. L’intervista è di Gabriele Verbeek.
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R. – Importante è l’incontro come tale, non soltanto i risultati
concreti. Gli incontri sono stati molto amichevoli, franchi ed aperti. Sono
molto contento. I risultati di questi incontri sono la costituzione di una
commissione mista che deve verificare le accuse o lamentele, trovare soluzioni
per il futuro, forse un certo codice di comportamento ... Abbiamo anche parlato
della situazione in Ucraina. Ho potuto rassicurare che noi prendiamo in seria
considerazione gli argomenti che ci sono stati inviati la settimana scorsa, che
noi non vogliamo interrompere i nostri rapporti con le Chiese ortodosse, ma
anzi, vogliamo rafforzarli e vogliamo andare avanti su questa strada. Ho
l’impressione che abbiamo voltato pagina: ora possiamo entrare nel futuro, e
sarà un futuro migliore. E questa è stata anche l’impressione da parte
ortodossa: anche loro sembrano essere molto contenti dei nostri incontri.
D. – Molto atteso è il suo incontro con il Patriarca
Alessio II. Con quali sentimenti lei affronta questo appuntamento?
R. – Sono molto ottimista. Dopo gli incontri avuti con il
metropolita Kirill e ieri all’Accademia di Mosca, io desidero rassicurare il
Patriarca che noi vogliamo avere buoni rapporti con la Chiesa ortodossa russa,
che abbiamo alta stima per questa Chiesa, per la sua tradizione culturale e
spirituale e che vogliamo fare di tutto per collaborare, soprattutto in Europa,
per rafforzare le radici cristiane in Europa.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
“Sempre più emerge l'imprescindibile legame della procreazione di una nuova
creatura con l'unione sponsale, secondo il disegno del Creatore”, in
riferimento al discorso di Giovanni Paolo II alla Pontificia Accademia per la
Vita, in occasione del decimo anniversario di fondazione.
Nelle vaticane, nel discorso al
nuovo Ambasciatore della Turchia, il Papa ha sottolineato quanto segue: “Mentre
la Turchia si prepara ad instaurare rapporti nuovi con l’Europa, mi unisco alla
popolazione cattolica nell’ansiosa attesa del riconoscimento dello ‘status’ giuridico
della Chiesa nel vostro Paese”.
Nelle estere, in evidenza
l’Iraq: Bremer afferma che le elezioni potranno tenersi tra non meno di un
anno; la Germania ribadisce che non invierà soldati; allo studio
dell’Amministrazione Usa l’ipotesi di un “super-Governo provvisorio” da istituire
entro il 30 giugno.
Nella pagina culturale, un
articolo di Agnese Pellegrini sull'opera “Le Dionisiache” di Nonno da Panopoli.
Una riflessione di Angelo
Marchesi dal titolo “Televisione in Italia: c’è da sperare in una ripresa ‘di
saggezza e di onestà’?”.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la vicenda Cirio: indagati a Roma alti dirigenti di banca.
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21 febbraio 2004
AUMENTANO LE FAMIGLIE POVERE IN EUROPA ALLE PRESE
NON
SOLO CON PROBLEMI ECONOMICI MA ANCHE DI ESCLUSIONE SOCIALE
Per la terza volta quest’anno la Caritas Europa ha posto
sul tavolo delle Istituzioni e dei governi europei la sua analisi sulla
situazione delle fasce più deboli in 42 Paesi dell’Unione. E’ accaduto a
Bruxelles nei giorni scorsi nella sede dell’Europarlamento. Si tratta di un
rapporto a 360 gradi sull’impegno delle Caritas nazionali per contrastare il fenomeno
della povertà, multiforme e in crescita a danno soprattutto dei nuclei
familiari. I particolari sulla situazione europea li spiega Roberto Rambaldi di
Caritas Europa al microfono di Gabriella Ceraso.
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R. – Emerge una situazione ovviamente estremamente
eterogenea, ma va detto subito che una delle note importanti, ribadita da
questo Rapporto, è che anche nei Paesi cosiddetti più ricchi ci sono delle
fasce di bisogno, che vanno dai bisogni più tradizionali – quelli economici – a
quelli più nuovi – l’esclusione sociale – in una spirale che vede con molta
fatica delle vie d’uscita. Diversa, più grave, sia dal punto di vista
qualitativo che quantitativo, la situazione nei Paesi dell’Est con alcuni
bisogni che toccano anche i minori, il complesso contesto del mondo del lavoro,
per arrivare a situazioni come quelle dei senza fissa dimora, il tema della
malattia mentale, piuttosto che il tema dell’assistenza sanitaria primaria. Insomma,
uno spaccato dove una volta di più emerge l’importanza che il mondo europeo
ponga davvero come priorità nella costruzione di questa cosiddetta casa comune,
il tema delle persone in difficoltà.
D. – Quest’anno la Caritas ha posto la sua attenzione sul
contesto specifico della famiglia. Quali le situazioni più a rischio e quali i
suggerimenti?
R. – Ci sono alcune situazioni tipiche di famiglie che
vivono gravi difficoltà, a cominciare da quelle con un solo genitore, soprattutto
le madri singole, ma anche le famiglie con molti bambini, con uno o più membri
in situazioni di malattia, di disabilità, di tossicodipendenza o di alcolismo;
il tema del ricongiungimento familiare per i profughi o per i rifugiati. Ed
infine l’incrocio che c’è rispetto alla famiglia nel contesto del mondo del
lavoro. L’invito è a prendere in considerazione, quando si elaborano delle
normative, quanto e quale impatto possano avere nel breve, ma anche nel medio
termine, sulle fasce più deboli delle popolazioni. L’esperienza insegna come
dei piccoli correttivi possano prevenire delle situazioni di disagio per
recuperare le quali ci si affanna in studi, ricerche superiori per quanto
sarebbe stato necessario con alcune piccole attenzioni, in fase di elaborazione
di una normativa.
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, VII Domenica del Tempo
Ordinario, la liturgia presenta attraverso san Luca una delle pagine più
esigenti del Vangelo, là dove Gesù dice:
“Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi
odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi
maltrattano”.
Su
queste parole ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan
Rupnik:
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San
Simeone, il Nuovo Teologo (mistico bizantino dell’XI secolo), scrive che lo
Spirito Santo esiste di sicuro perché lui si è trovato ad essere molto buono
con la persona che gli ha fatto molto male.
Solo
l’amore di Dio Padre è capace di amare i nemici ed è lo Spirito Santo che ci
dona questo amore. Il Vangelo non è un’idea da vivere, ma una Persona che, accolta,
ci trasforma a Sua immagine. Senza essere redenti noi non possiamo vivere da
redenti. Il nostro sforzo d’ascesi porta frutti se cresce dall’amore con cui
siamo stati amati dal nostro Salvatore.
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21 febbraio 2004
IL
GOVERNATORE DELLA CALIFORNIA
ORDINA LA FINE DEI MATRIMONI TRA
OMOSESSUALI. “L’ATTUALE SITUAZIONE
HA SPIERGATO L’EX ATTORE
SCHWARZANEGGER - PONE UN RISCHIO IMMINENTE
PER L’ORDINE CIVILE”. CELEBRATE IN
UNA SETTIMANA CIRCA 3000 UNIONI GAY
SAN
FRANCISCO. = Infuria in California la polemica sulle unioni tra coppie
omosessuali. Il governatore, Arnold Schwarzenegger, ha ordinato ieri al
ministro della Giustizia dello Stato, Bill Lockyer, di avviare tutte le azioni
legali per impedire alla municipalità di San Francisco di celebrare matrimoni
tra coppie dello stesso sesso. Tale iniziativa, ha spiegato l’ex attore,
costituisce “un rischio per l’ordine civile”. Di segno opposto, invece, la
decisione presa sempre ieri da un giudice californiano, Ronald Evans Quidachay.
Quest’ultimo ha rifiutato la richiesta di un’organizzazione per la tutela della
famiglia (Campaign for California Families) di imporre un blocco
immediato a queste unioni. Secondo la Campaign for California Families,
le unioni gay rappresentano un danno immediato per tutti i californiani, che
nel 2000 hanno votato una legge che definisce il matrimonio come unione tra un
uomo e una donna. La città di San Francisco ha celebrato in una settimana circa
3 mila unioni tra coppie omosessuali, contravvenendo alla legge dello Stato che
proibisce matrimoni tra persone dello stesso sesso. (B.C.)
SCOPERTA IN AMAZZONIA LA “MOLECOLA
DELLA PIOGGIA”.
UN COMPOSTO PRODOTTO DALLA
VEGETAZIONE LOCALE CAUSA
ABBONDANTI PRECIPITAZIONI NELLA
REGIONE
SAN
PAOLO. = Un composto prodotto dalla vegetazione amazzonica è alla base delle
grandi piogge che cadono sull’enorme regione sudamericana. Lo hanno annunciato
ieri alcuni scienziati brasiliani. Le regole naturali dell’evaporazione
conosciute fino ad oggi, infatti, non giustificavano più del 10 per cento del
tasso pluviometrico nella regione. Gli scienziati, invece, hanno dimostrato che
è la stessa particolare vegetazione del bacino amazzonico a produrre con
l’atmosfera equatoriale un composto che mescola due varianti della sostanza
2-metiltetrolo (C5 H7 O4), in grado da sola di produrre le particelle
necessarie per la formazione delle nuvole e della pioggia. I dati della ricerca
sono stati raccolti in Brasile, nei pressi del lago artificiale di Balbina. La
scoperta avrà sicuramente forti ripercussioni a livello ecologico. La
distruzione della foresta amazzonica, infatti, potrebbe portare a diminuzioni
delle precipitazioni molto più accentuate di quello che si temeva sino ad oggi.
(B.C.)
NUOVO ANNUNCIO
IN CAMPO GENETICO SU UN TEMA FORTEMENTE CONTROVERSO
COME LA
CLONAZIONE ANIMALE, CHE SOLLEVA GRANDI INTERROGATIVI ETICI.
IL GOVERNO
DEL BRASILE HA VANTATO LA NASCITA
DEL PRIMO
VITELLO CLONATO DI UNA MUCCA CLONATA
SAN PAOLO. = Dal Brasile nuovo annuncio shock nel campo
della clonazione animale, un tema controverso che solleva grandi interrogativi
etici. Scienziati brasiliani, infatti, hanno ottenuto il primo vitello nato da
una mucca a sua volta clonata. Ad annunciare la riuscita dell’esperimento, il
ministro dell’Agricoltura brasiliano, Roberto Rodrigues, che ha illustrato la
volontà del governo di incentivare questi esperimenti per migliorare il
patrimonio genetico dei propri allevamenti di bestiame o per salvare la fauna
selvatica. Vitoriosa, il vitello femmina clonato da Vitoria, è nata in realtà
lo scorso 5 febbraio, ma l’evento è stato annunciata solo giovedì, quando era
ormai chiaro che sarebbe sopravissuta, al contrario di altre, morte subito dopo
il parto. Vitoriosa è stata ottenuta clonando cellule dell’orecchio di Vitoria
già adulta, una tecnica molto più complessa di quella necessaria per clonare un
animale da un embrione. Gli scienziati dell’Embrapa, il laboratorio statale di
ricerca agricola brasiliano, hanno prodotto in tutto 35 embrioni dalle cellule
dell’orecchio di Vitoria, impiantandoli in 17 mucche. (B.C.)
KOFI
ANNAN, SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE,
HA
NOMINATO NUOVO ALTO COMMISSARIO DIRITTI UMANI ONU
LA GIURISTA CANADESE LOUISE ARBOUR
NEW YORK. = Louise Arbour,
giudice della Corte Suprema canadese, è il nuovo Alto Commissario delle Nazioni
Unite per i diritti umani. A rendere nota la scelta, compiuta dal segretario
generale dell’Onu, Kofi Annan, sono state ieri fonti del Palazzo di Vetro.
Arbour prenderà il posto di Sergio Vieira de Mello, il diplomatico brasiliano
inviato in Iraq a guidare la missione Onu e morto il 19 agosto in un gravissimo
attentato a Baghdad. La futura responsabile dell’agenzia delle Nazioni
Unite ha già una vasta esperienza in istituzioni internazionali: è stata
procuratore capo del Tribunale penale per i crimini commessi nell’ex Jugoslavia
e di quello per il genocidio del Rwanda. (B.C.)
LA
STRUTTURA DEL XI SECOLO RAPPRESENTA UN ARMONIOSO PUNTO DI INCONTRO
TRA LA CULTURA CRISTIANA E QUELLA ISLAMICA
DEIR
MAR MUSA EL-HABASCI. = Nel deserto siriano ha ripreso a vivere il monastero di
San Mosè l’Abissino (Deir Mar Musa
el-Habasci) e intorno ad esso si è ricostituita una comunità cristiana. Il
monastero risale all’XI secolo ed aveva tra le sue finalità quella di dare
ospitalità alle popolazioni nomadi che attraversavano il deserto. Oggi il
monastero, restaurato completamente, è un punto di incontro tra la cultura
cristiana e la cultura islamica, come ha spiegato padre Paolo Dall’Oglio, in un
recente incontro a Roma presso l’Università Gregoriana. Il religioso ha
precisato che il monastero vuole realizzare una sorta di “formula teologica, quella
di chiesa islamo-cristiana, solidale e radicata con i destini delle popolazioni
musulmane”. “La nostra intenzione - ha precisato padre Dall’Oglio - non è
connessa con un progetto di proselitismo”, ma alle finalità stesse per cui
nacque il monastero di San Mosè l’Abissino. (A.M.)
PROIBITO
IN BANGLADESH IL NUOVO LIBRO DI TASLIMA NASRIN,
PER
“COMMENTI GRAVI E OPINABILI SULL’ISLAM”.
LA
SCRITTRICE E’ DA TEMPO PERSEGUITATA DALLE AUTORITA’ DI DHAKA
DHAKA. = Nuovamente messo al
bando in Bangladesh un libro della scrittrice Taslima Nasrin, da tempo
residente all’estero perché perseguitata dalle autorità del Paese islamico. Il
governo di Dhaka ha, infatti, annunciato nei giorni scorsi di aver proibito la
stampa, la ristampa e la vendita di ‘Shai Sob’ (Quei giorni oscuri), pubblicato
il mese scorso nello Stato indiano del Bengala occidentale. Il testo, hanno
spiegato le autorità, contiene “commenti gravi e opinabili sull’Islam e sul
profeta Mohammad” e può, quindi, suscitare “sentimenti di odio a livello
sociale”. Nata nel 1962 a Mymensingh, l’autrice suscitò le ire delle autorità
bangladesi nel 1993, anno di uscita della sua opera ‘Lajjaa’ (La vergogna),
dedicata alle persecuzioni dei musulmani contro gli indù. Il testo fu
dichiarato fuorilegge, le fu confiscato il passaporto e nel maggio 1994 fu
emanata contro di lei una ‘fatwa’ (provvedimento religioso a carattere
giuridico). Nel 1999 il governo di Dhaka mise al bando ‘Amar Meyebela’ (I
giorni della mia infanzia); mentre nel 2002 toccò a ‘Utal Hawa’ (Vento forte),
sequestrato perché esprimeva “sentimenti non islamici”. Al momento l’autrice
sta compiendo studi sull’emancipazione delle donne nei Paesi islamici presso la
Harward University. (B.C.)
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21 febbraio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
Il controllo del Parlamento iraniano – il settimo, nella
storia della Repubblica islamica – passa nelle mani dei conservatori. Lo
conferma lo scrutinio parziale delle elezioni legislative di ieri, boicottate
dai riformisti e stravinte dallo schieramento vicino agli ayatollah. Il
servizio di Andrea Sarubbi:
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La
vittoria netta dei conservatori – trovatisi senza avversari per la bocciatura
di 2.500 candidature ed il ritiro di altre 800 – non era mai stata in
discussione. Né può stupire il crollo
dei riformisti, scesi ad un’ottantina di seggi sui 289 in palio. “Ne avremmo
avuti 200, se le elezioni fossero state libere”, ha commentato a caldo Mostafa
Tajzadeh, tra i leader del Fronte di partecipazione dell’Iran islamico. Il suo
schieramento paga invece il prezzo del boicottaggio, che ha fatto crollare il
numero di votanti: nel 2000 erano più di due terzi degli aventi diritto, ieri
sono stati meno della metà. Con una punta negativa a Teheran, sede delle università
principali e laboratorio della protesta, dove sono rimasti a casa 7 elettori su
10. La radio di Stato, controllata dai conservatori, minimizza l’astensionismo
e parla di un’affluenza al 60 per cento; il governo – guidato da un Khatami in
equilibrio, pallida copia dell’uomo che quattro anni fa aveva infiammato le speranze
riformiste – fa lo stesso e riferisce di essere stato costretto “dall’affluenza
massiccia” a rinviare per due volte la chiusura delle urne. Le polemiche non
mancano – il ministero dell’Interno è accusato, tra l’altro, di avere stampato
due milioni di certificati elettorali falsi e di aver cancellato dalle liste
tre milioni di persone – ma non intaccano la soddisfazione del Consiglio dei
guardiani, che proprio stamattina – dopo aver ringraziato il popolo,
“coraggioso e rivoluzionario” – ha annunciato il programma della nuova
legislatura: “proteggere l’Islam, far crescere la moralità e la spiritualità
nella vita sociale, lottare contro ogni forma di corruzione e di peccato”.
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Difficile, dunque, sapere quale siano state le reali
scelte della popolazione in queste sofferte elezioni. Una percezione della
complessità della situazione la offre la testimonianza, raccolta ieri al
momento del voto da Luca Collodi, del giornalista Luigi Geninazzi, inviato del
quotidiano Avvenire:
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Nelle zone più povere a sud di Teheran, nella grande
periferia di questa megalopoli, c’è stata – l’ho vista con i miei occhi – una
grande affluenza, mentre invece nella zona a nord di Teheran, quella sulla
collina, che sta sulle montagne innevate dove sta la classe più abbiente, mi è
sembrato di cogliere molta più disaffezione, i seggi erano praticamente deserti
o con pochissimi votanti. Non so se questo può essere un’indicazione ma è
chiaro che esprime bene la spaccatura che esiste oggi in Iran fra quella
società che vuole liberarsi da certi impacci e da certe briglie che sono state
imposte con questo regime e, invece, la grande massa, ancora tradizionalista,
che va a votare seguendo gli appelli della guida suprema.
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Violenze e tensioni continuano
a segnare il cammino dell’Iraq verso la stabilità. Ma il capo
dell’amministrazione provvisoria, lo statunitense Bremer, ha fatto già sapere
che il voto slitterà più del previsto. Il servizio di Alessandro Guarasci:
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Bisognerà attendere almeno un anno, forse anche 15 mesi,
prima di vedere gli iracheni alle urne. “Problemi tecnici”, fa sapere Bremer:
cioè mancanza di una legge elettorale, di una regolamentazione dei partiti, di
liste dei cittadini con diritto di voto, di un vero censimento negli ultimi 20
anni, di una mappa dei distretti. Gli Stati Uniti intanto pensano di allargare
il Consiglio provvisorio da 25 a 50 ministri, per cercare di coinvolgervi il
maggior numero possibile di gruppi. Ma l’ayatollah Al Sistani, leader della
crescente protesta, non sembra disponibile ad aspettare: “Gli americani – ha
ribadito – si limitino all’ordinaria amministrazione. Sul futuro del Paese
decidiamo noi”. Sul terreno intanto è sempre lo stesso scenario. Due auto, del
tipo usate dai collaboratori civili degli americani, sono state attaccate
stamani con armi automatiche a Haswa, 30 km a sudovest di Baghdad. Una persona
è rimasta uccisa, pare un interprete delle forze americane, e un soldato statunitense
è rimasto ferito.
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Un palestinese è stato ucciso nella notte dall'esercito israeliano
presso uno dei varchi di sicurezza tra la striscia di Gaza e Israele. Un
portavoce militare israeliano ha confermato la notizia, anticipata dalla Tv
commerciale, dell’inizio, nelle prossime ore, della rimozione di un tratto di otto
chilometri della barriera di separazione con la Cisgiordania, divenuto
superfluo. La decisione giunge alla vigilia della riunione, la settimana
prossima, della Corte internazionale di Giustizia dell'Aja dedicata proprio al
controverso progetto. La necessità che la regione Mediorientale “diventi una
priorità politica per l’Europa” è stata ribadita, ieri pomeriggio, dal ministro
tedesco degli esteri, Fisher, intervenuto ad una conferenza sull’Europa
organizzata alla Camera dei deputati italiana. Nel conflitto israelo-palestinese,
l’Europa può avere un “ruolo importante”, ha detto Fisher ricordando che c’è
già una ‘Strategia comune per il XXI secolo’, preparata dall’Alto
rappresentante per la politica estera dell’Ue, Solana, che, però, deve essere
tradotta in azione politica.
Oltre 2500 tra agenti di polizia e
militari della guardia della repubblica sono stati schierati a Tirana in vista
della grande manifestazione di protesta convocata dall’opposizione di
centrodestra guidata dall’ex presidente
Sali Berisha. Il ministero dell'interno ha predisposto un imponente servizio
d'ordine per evitare il ripetersi degli incidenti del 7 febbraio scorso quando
un gruppo di manifestanti tentò di assaltare il palazzo di governo e la polizia
messa a sua difesa sparò in aria per respingere la folla. Da parte sua, il
leader dell’opposizione ha ribadito che la protesta si svolgerà in modo
pacifico.
Il segretario generale dell'Onu,
Kofi Annan, nominerà un inviato speciale per Haiti alla luce della situazione
“preoccupante e molto pericolosa” nell'isola. Lo ha riferito il responsabile
degli affari politici dell’Onu, Prendergast, nel corso di una sessione speciale
dell’Assemblea generale. La situazione di contrasto tra l’opposizione e il
presidente Jean-Bertrand Aristide sta degenerando in scontri sempre più
violenti e sta provocando una crisi umanitaria. Gli ultimi aggiornamenti nel
servizio da Port-au-Prince di Barbara Schiavulli:
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Notte di paura a Port-au-Prince,
capitale di Haiti, dopo la violenza che ha colpito la manifestazione pacifica
di studenti caduti in un’imboscata delle Chimere, la banda armata che sostiene
Aristide e che è arrivata brandendo i machete contro i giovani e le migliaia di
persone che si erano unite alla protesta contro il presidente. Decine di feriti
tra cui un fotografo inglese colpito alla testa e immediatamente soccorso dalla
Croce Rossa. Durante la notte, è calato un coprifuoco ufficioso per gli
stranieri: le strade si sono svuotate, i negozi sono rimasti chiusi per paura
che potesse accadere qualcosa, nonostante in lontananza arrivasse la musica per
i festeggiamenti del Carnevale. Intanto, continuano i negoziati per risolvere
la crisi. E’ arrivato il team di esperti mandato dall’amministrazione Bush che
si è già incontrato con il presidente. Nel Nord prosegue senza sosta
l’evacuazione del personale delle Ong e dei missionari.
Barbara Schiavulli da
Port-au-Prince per la Radio Vaticana.
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Dopo che il Parlamento della
Lituania ha aperto l’altro ieri il processo di impeachment per il
presidente Paksas quest’ultimo non ha rilasciato altre dichiarazioni. Sembra confermata,
dunque, la sua intenzione a non dimettersi di fronte alle accuse di aver
violato la Costituzione del Paese baltico e di aver intrecciato legami con la
mafia russa. Un voto finale sulla sorte di Paksas è atteso in parlamento per
metà aprile, pochi giorni prima che la Lituania entri ufficialmente a fare
parte dell'Ue. Ascoltiamo come spiega la vicenda Giuseppe D’Amato:
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Adesso tocca alla Corte
costituzionale che, entro un paio di mesi, dovrà emettere un suo verdetto, dopo
di ché inizierà un vero e proprio processo in cui il presidente, Paksas, potrà
far valere le proprie ragioni. Giovedì sera il Parlamento lituano ha approvato
la decisione di mettere in stato d’accusa Paksas dopo aver sentito la
conclusione della commissione speciale d’inchiesta secondo la quale il
presidente ha violato il giuramento della Costituzione in sei punti. Ieri vi è
stato poi il successivo passaggio degli atti alla Corte costituzionale e
l’inizio speciale del procedimento di impeachment. Il presidente potrà
essere destituito se verrà riconosciuto colpevole anche di uno solo dei sei
capi d’accusa, con 85 voti a scrutinio segreto su 137 deputati. La Commissione
d’inchiesta è stata formata lo scorso autunno dopo che i servizi di sicurezza
lituani hanno reso noti i legami dell’amministrazione presidenziale con gruppi
criminali russi. Paksas si è sempre dichiarato estraneo ai fatti.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe
D’Amato.
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I negoziati di pace tra il governo
filippino e il movimento separatista musulmano più importante del Paese, il
Fronte Moro islamico di liberazione, riprenderanno ad aprile: lo ha annunciato
il ministro malaysiano degli Esteri, Syed Hamid Albar. Il responsabile ha aggiunto
che gli incontri si terranno in Malaysia, Paese che sta giocando un ruolo di
mediazione nel conflitto. Il Fronte Moro, forte di 12 mila uomini, lotta da
circa 30 anni per la creazione di uno stato islamico nel sud delle Filippine,
paese a maggioranza cattolico. La presidente Gloria Arroyo aveva sospeso i
negoziati nel maggio scorso, dopo una serie di attentati attribuiti al Fronte
sull’isola di Mindanao.
In Italia, è in vigore da oggi la
cosiddetta legge-Marzano, che ha convertito il decreto legge varato il 23
dicembre scorso dal Consiglio dei Ministri su iniziativa del ministro delle
Attività Produttive, finalizzato a fronteggiare l'emergenza del caso Parmalat,
ma più in generale destinato ad intervenire nelle situazioni di crisi dei
grandi gruppi. Il provvedimento, fra l'altro, comporta che il commissario straordinario,
nell'ambito del programma di ristrutturazione, possa “prevedere la soddisfazione
dei creditori”.
Gli Stati Uniti hanno deciso di revocare dalla prossima
settimana le restrizioni sui voli per la Libia, che risalgono a più di 20 anni
fa. Lo hanno reso noto fonti del Dipartimento di Stato. Si tratta di un nuovo
passo per ricompensare la scelta fatta dal governo di Gheddafi di rinunciare a
qualsiasi arma di distruzione di massa e di far ispezionare il proprio
programma nucleare. Dall'annuncio dell'accordo con Tripoli, lo scorso dicembre,
gli Stati Uniti hanno già ristabilito una presenza diplomatica nella capitale
libica. Intanto, giungono conferme del fatto che la Libia si è lanciata negli
anni scorsi in una serie di attività finalizzate alla produzione di armi
nucleari. Secondo un rapporto distribuito ieri a Vienna ai membri del Consiglio
dei governatori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, Aiea,
infatti, il Paese di Gheddafi ha segretamente prodotto una piccola quantità di
plutonio e ha importato uranio arricchito.
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