RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
310 - Testo della trasmissione di venerdì 5 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
Le Ong
fuggono dall’Iraq. Ce ne parla Fabio Alberti
CHIESA E SOCIETA’:
Cambia in Italia la formula del matrimonio a partire
dal 28 novembre
Eletta
ieri a Roma la nuova madre generale della Congregazione delle suore di Santa
Elisabetta
Con la firma, oggi, del
presidente russo Putin al protocollo di Kyoto per contrastare il riscaldamento
del pianeta, l’accordo diventa
vincolante a livello internazionale
5
novembre 2004
CONSOLIDARE L’IDENTITA’
CRISTIANA NEL CONTINENTE AMERICANO:
E’ L’ESORTAZIONE DEL
PAPA AI PARTECIPANTI DELLA NONA RIUNIONE DEL CONSIGLIO
POST SINODALE DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO
DEI VESCOVI PER L’ASSEMBLEA SPECIALE PER
L’AMERICA, RICEVUTI IN VATICANO
- Servizio di Alessandro Gisotti -
C’è ancora molto da
fare “per consolidare l’identità cristiana del continente” americano. E’ il
forte richiamo di Giovanni Paolo II ai partecipanti della nona riunione del consiglio
post sinodale della segreteria generale del Sinodo dei vescovi per l’assemblea
speciale per l’America, ricevuti stamani in Vaticano. Un Sinodo, ricordiamo,
svoltosi nel 1997 a cui seguì due anni dopo la pubblicazione dell’Esortazione Ecclesia
in America. Su un miliardo e 70 milioni di cattolici nel mondo, la metà - ovvero
circa 535 milioni - vivono nelle Americhe. Ma torniamo all’incontro di stamani,
con il servizio di Alessandro Gisotti:
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Per “consolidare l’identità cristiana” sono molte ed
impegnative le sfide che la Chiesa deve affrontare in America. Il Papa ha
indicato innanzitutto l’azione nefasta delle sette, le conseguenze negative della
globalizzazione “quando attribuisce valore assoluto all’economia”. Il Pontefice
si è poi soffermato sul problema della crescente “urbanizzazione con
l’inevitabile sradicamento culturale”. E ancora, le ideologie che “ritengono
superato il concetto di famiglia fondata sul matrimonio”, il progressivo
“aumento del divario tra ricchi e poveri”, la droga, la violazione dei diritti
umani e la violenza scatenata dalla guerriglia e dal terrorismo.
Tuttavia, ha tenuto a
sottolineare, sono molte anche le risorse su cui può contare il popolo
cristiano in America per “continuare con rinnovata speranza la sua missione”.
Ha così messo l’accento sulla fede, che “non solo ha formato l’identità
cristiana del Continente, ma, lungo la storia, si è manifestato nei principi e
negli ideali morali che hanno alimentato la cultura dei suoi popoli”. Un altro
grande dono, che la grazia divina ha suscitato in America, ha proseguito, “è la
pietà popolare, profondamente radicata nelle sue diverse nazioni”. Questa “peculiare
caratteristica del popolo americano”, se “purificata e arricchita con gli elementi
genuini della dottrina cattolica”, potrà essere un “utile strumento per aiutare
i credenti ad affrontare in modo adeguato le sfide della secolarizzazione”. Infine,
ha ricordato come la Chiesa in America sia stata arricchita con “il dono di una
peculiare sensibilità sociale, specialmente verso i poveri, che si manifesta in
una profonda solidarietà tra le persone e tra i popoli”.
Il Papa non ha mancato di
rivolgere un’esortazione ai presuli americani sul fronte dell’ecumenismo. Se il
cattolicesimo predomina in America Latina, ha constatato, negli altri Paesi del
continente è più consistente la presenza di altre confessioni cristiane. “Tale
diversità – ha evidenziato - se vissuta nella carità che affratella, sarà
stimolo al dialogo ecumenico”.
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RIPARTIRE
DA CRISTO PER FARE CHIAREZZA SUI VALORI SUPREMI
NELLA CONFUSIONE DI UN MONDO GLOBALIZZATO:
COSI’ IL PAPA AI PADRI
AGOSTINIANI RECOLLETTI,
RIUNITI A ROMA PER IL
CAPITOLO GENERALE
“Ripartire da Cristo” in ogni programma spirituale e pastorale: è
l’esortazione di Giovanni Paolo II agli Agostiniani Recolletti, ricevuti
stamane in Vaticano, in occasione del loro 53mo Capitolo generale, che si
celebra in questi giorni a Roma. Il servizio di Roberta Gisotti.
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“La profonda vita spirituale – ha
sottolineato il Papa ai 40 padri capitolari - cosi vincolata nella vostra
tradizione all’osservanza e alla contemplazione, all’interiorità e alla ricerca
instancabile di Dio, sia sempre il punto di partenza di un autentico rinnovamento
e anima di ogni iniziativa apostolica”. Specialmente – ha raccomandato il Santo
Padre - “all’inizio del terzo Millennio, facendo chiarezza nella confusione che
può generare un mondo sempre più globalizzato, irradiando pace e speranza in
tante situazioni convulse, manifestando la bellezza ineffabile di Dio davanti
alla carenza di valori supremi e dando mostra del suo amore per ogni essere
umano, creato a sua immagine, benché tante volte sfigurato e sottomesso ad una
mentalità distruttrice, non solidale ed escludente.”
L’Ordine degli Agostiniani Recolletti, nasce nel 1588 in Spagna ed è presente oggi in 19 Paesi in America,
Europa, Asia ed Africa, e vede il progressivo aumento di religiosi - in tutto
1200 - di diverse nazionalità. “Questa è certamente una sfida – ha osservato il
Santo Padre – ma anche una stupenda opportunità per approfondire le radice del
sentimento comunitario, che non si basa su affinità umane ma s’ispira al
mistero della Trinità.” In questo sentimento, la vita condivisa fraternamente
nelle comunità è come una verifica continua della comunione che, dall’alto, sa
coniugare armoniosamente le diversità dei caratteri personali e delle
tradizioni proprie di ogni Paese. “In effetti, – ha concluso Giovanni Paolo II
– Cristo essendo la ‘verità completa’, contiene tutte le varietà delle forme
nelle quali la sua luce si riflette nella molteplicità della realtà umana.”
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TESTIMONIARE IL VANGELO SUI GRANDI TEMI DELLA
SOCIETA’ CONTEMPORANEA:
COSI’ IL PAPA AI DIRIGENTI DEL CENTRO CULTURALE
AMERICANO
“POPE JOHN PAUL II”, RICEVUTI STAMANI IN VATICANO
- A cura di Alessandro Gisotti -
Sui grandi temi che “modellano
la società” bisogna testimoniare “la verità del Vangelo e la saggezza della
tradizione della Chiesa”. E’ questa l’esortazione rivolta da Giovanni Paolo II
ai dirigenti del Pope John Paul II Cultural Center, ricevuti stamani in udienza
nella Sala del Concistoro. Il Papa ha lodato il centro culturale americano per
il suo impegno “nella promozione del dialogo tra le fedi e le culture del
mondo”. Quindi il Pontefice ha impartito la sua benedizione apostolica
auspicando che si rafforzi sempre più il legame tra il centro intitolato a Papa
Wojtyla e la Chiesa.
L’udienza in Vaticano è stato il
momento culminante del pellegrinaggio annuale a Roma da parte dei membri
dell’istituzione culturale che ha sede a Washington.
ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel corso della mattina il Papa
ha ricevuto anche mons. Franc Rodé, arcivescovo emerito di Ljubljana, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, con il segretario del medesimo dicastero
mons. Piergiorgio Silvano Nesti, arcivescovo
emerito di Camerino-San Severino Marche.
Ieri il Santo Padre ha nominato
vescovo di Alexandria, negli Stati Uniti, mons. Ronald Paul Herzog, del clero
della diocesi di Biloxi, parroco della “Immaculate Conception Parish” a Laurel. Mons. Ronald Paul Herzog è nato il
22 aprile 1942 in Akron (Ohio), nella diocesi di Cleveland, ed è stato ordinato
sacerdote il 1° giugno 1968. Oltre al
ministero parrocchiale, mons. Herzog ha svolto anche l’apostolato come
Cappellano militare della Guardia Nazionale e si è recentemente ritirato dal
servizio militare col grado di Brigadiere Generale. E’ Prelato d’Onore di Sua
Santità dal 20 novembre 1987.
IL MESSAGGIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL
DIALOGO INTERRELIGIOSO
AL
MONDO ISLAMICO PER LA FINE DEL RAMADAN:
CRISTIANI
E MUSULMANI UNISCANO GLI SFORZI
PER
DIFENDERE I DIRITTI DEI BAMBINI
- Intervista con l’arcivescovo Michael Fitzgerald
-
Il dialogo tra le religioni passa anche attraverso la difesa dei diritti
dei più piccoli. E’ quanto si rileva dal consueto messaggio inviato ai
musulmani come ogni anno dal Pontificio Consiglio per il Dialogo
interreligioso, in occasione della festa dell’Id al-Fitr, prevista tra sabato e
domenica, che chiude il Ramadan, il mese islamico del digiuno. Nel messaggio,
reso noto oggi, l’arcivescovo Michael Fitzgerald, presidente del dicastero,
salutando i “cari amici musulmani”, li invita a cooperare con i cristiani
affinché siano tutelati nel mondo i diritti dei bambini, a partire dal diritto
alla vita. “Dobbiamo unire i nostri sforzi – ha scritto il presule – denunciando
senza tregua tutto ciò che degrada il bambino e lottando con tutte le nostre
forze” contro quelle “strutture di peccato” che colpendo l’infanzia mettono in
pericolo il futuro stesso dell’umanità.
Ma ascoltiamo mons. Fitzgerald
al microfono di Giovanni Peduto:
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R. – Abbiamo fatto riferimento
in questo messaggio ai bambini che sono costretti a lavori gravosi, ai
minorenni che devono lavorare nelle fabbriche, anche per produrre per il mondo
occidentale, purtroppo. Abbiamo fatto accenno anche ai bambini che sono
arruolati negli eserciti, ai bambini malati di Aids. Questi fenomeni si trovano
in alcuni Paesi a maggioranza musulmana, ma non solo. Ci sono anche altri
Paesi, che non sono islamici, che hanno questi problemi, ma crediamo che la
situazione dei bambini nel mondo sia qualcosa che preoccupa tutti e che sia un
campo dove cristiani e musulmani possano collaborare.
D. – In che modo cristiani e
musulmani possono sviluppare una cooperazione a favore dei bambini?
R. – Per esempio, in Uganda c’è
un Consiglio dei capi religiosi, cristiani e musulmani essenzialmente, che si
sono uniti per combattere l’Aids tramite l’educazione, tramite la cura degli
orfani, etc. Questo è un esempio della collaborazione interreligiosa, in modo
molto pratico. C’è anche un network delle religioni in favore dei bambini, che
è una Fondazione, un’iniziativa buddista, alla quale aderiscono sia cristiani
che musulmani. Ci sono allora campi dell’educazione, della ricerca, dei valori
dove persone di diverse religioni possono cooperare.
D. – Come vengono accolti questi
messaggi nel mondo musulmano?
R. – E’ una domanda che
viene fatta spesso. Noi cristiani inviamo un messaggio ai musulmani, e loro
rispondono? In questi ultimi anni abbiamo ricevuto un maggior numero di
risposte da parte dei governi, perché inviamo questo messaggio tramite i nunzi
ai ministri dei diversi Paesi, alle ambasciate, ma anche ai privati, a persone
che sono in dialogo con i cristiani e che rispondono. Sappiamo poi che a
livello locale, quando questo messaggio è portato alla comunità islamica, forse
non subito, ma dopo qualche tempo risponde e fa gli auguri per la festa della
Pasqua o del Natale e così via. Credo che ci sia una buona risposta a questo
messaggio.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la
prima pagina l'udienza di Giovanni Paolo II al Primo Ministro iracheno Iyad
Allawi: "Difendere i diritti di tutti nel pieno rispetto della diversità
etnica e religiosa". Il Papa assicura il Premier della sua costante
vicinanza al popolo iracheno così dolorosamente provato dalle tragiche
sofferenze degli anni recenti.
Sempre in prima, la notizia
della liberazione, in Uganda, del Vicario Episcopale di Kitgum.
Nelle
vaticane, l'udienza del Papa a fedeli provenienti da varie Diocesi della Polonia.
Messaggio del Santo Padre all'Arcivescovo di Lanciano-Ortona in occasione
dell'Anno eucaristico-mariano indetto nel centenario della dedicazione della rinnovata
Cattedrale.
Il
discorso del Papa ai partecipanti alla IX Riunione del Consiglio post-sinodale
della Segreteria Generale del Sinodo dei vescovi per l'Assemblea Speciale per
l'America: "Molto rimane ancora da fare per consolidare l'identità
cristiana del Continente americano".
Il
saluto di Giovanni Paolo II ai Dirigenti del "Pope John Paul II
Cultural Center" di Washington.
L'udienza del Santo Padre al
Capitolo Generale degli Agostiniani Recolletti.
Nelle
estere, Medio Oriente: stato di massima allerta in Israele e nei Territori; i
responsabili della sicurezza temono disordini in caso di morte di Arafat.
Nella
pagina culturale, un contributo critico di Anna Bujatti in merito alle icone e
agli oggetti liturgici del Monastero di santa Caterina sul Monte Sinai esposti
alla Fondazione Gianadda di Martigny.
Nelle
pagine italiane, Governo: rimpasto condizionato dall'accordo sulle tasse;
Frattini Commissario designato all'Ue.
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5
novembre 2004
CONTINUA L’INCERTEZZA SULLA SALUTE DI ARAFAT.
LE CONDIZIONI DEL LEADER PALESTINESE SAREBBERO
COMUNQUE GRAVISSIME
- Servizio di Giancarlo La
Vella -
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Da ieri è un rincorrersi di voci
e smentite sulla salute di Yasser Arafat, ricoverato nell’ospedale militare di
Percy, a Parigi, da quando le sue condizioni sono drammaticamente peggiorate.
Morte cerebrale, improvvisi miglioramenti, ricovero in terapia intensiva, ma
soprattutto nessun chiarimento sul male oscuro che ha colpito il presidente palestinese.
Queste le notizie che continuano ad essere diffuse dalle agenzie. Il suo stesso
popolo segue con trepidazione, ora dopo ora, l’evolversi della situazione nella
speranza di una buona notizia, ma sembra che si aspetti da un momento all’altro
il peggio. Lo testimoniano le febbrili consultazioni dei vertici palestinesi,
come se, pur nel dolore dell’imminente addio all’uomo simbolo della causa
palestinese, non si possa trascurare il momento del passaggio di consegne. Ma
come negli ambienti palestinesi si sta vivendo questo momento. Ci risponde
Nemer Hammad, delegato palestinese in Italia:
R. – Siamo sicuramente tutti
molto tristi e siamo in attesa di sapere come si svilupperà la situazione
riguardo alla salute del presidente. Certamente sappiamo che si trova in difficoltà,
ma rimane sempre la speranza. Anche se è ovviamente molto difficile pensare di
rivedere quel leader coraggioso, emozionante, umano che si trova ora in
difficoltà a causa della malattia.
D. – E’ comunque importante che l’Autorità nazionale palestinese pensi ad
un sostituto in questo momento?
R. – Visto il ruolo centrale del
presidente Arafat è molto difficile immaginare che qualcuno possa sostituirlo.
Il nostro problema non riguarda la mancanza di una leadership; il nostro
problema rimane l’occupazione. Se gli israeliani pensano di poter trovare un
palestinese che possa accettare meno di uno Stato palestinese indipendente in
Cisgiordania e Gaza, compresa Gerusalemme Est, allora si sbagliano.
In queste ore la comunità
internazionale avverte il timore che le notizie contraddittorie sulle
condizioni di salute del presidente palestinese possano avere effetti negativi
sul processo di pace in Medio Oriente. Che cosa auspicare affinché gli eventi
non interrompano il dialogo tra israeliani e palestinesi? Lo abbiamo chiesto al
vescovo Tommaso Valentinetti, presidente di Pax Christi Italia:
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R. – Ci auspichiamo indubbiamente
che tutti mantengano i nervi molto saldi e soprattutto che si faccia ancora una
volta appello al principio del dialogo. Ci si potrebbe aspettare sviluppi
negativi che naturalmente noi vorremmo scongiurare. Però ci si potrebbe anche
aspettare una rinnovata volontà di sedere ulteriormente ai tavoli del dialogo e
della pace.
D. - In queste ore difficili per
Yasser Arafat si sono creati due partiti: quello dei critici e coloro, invece,
che esaltano la sua figura. Secondo lei qual è prevalente?
R. – Chiunque al limitare della
sua esistenza è degno di rispetto. La vita di ogni uomo porta con sé elementi
positivi ed elementi negativi. Yasser Arafat indubbiamente ha incarnato tutto
questo e soprattutto in questo ultimo momento è stato l’elemento di unione del
popolo palestinese.
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LE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE
LASCINO L’IRAQ
- Intervista con Fabio Alberti -
In Iraq
il clima sempre più teso non consente la permanenza degli operatori umanitari.
Dopo l’annuncio di Medici Senza Frontiere di lasciare l’Iraq anche altre ONG
fanno sapere di attendere il miglioramento della situazione per riprendere i
propri progetti. Ma sull’importanza delle operazioni umanitarie nel paese
Eugenio Bonanata ha sentito Fabio Alberti, presidente della ONG “Un Ponte
Per…”:
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R. – Il coordinamento delle
organizzazioni non governative copriva, nel suo complesso, quasi tutti gli
aspetti della vita quotidiana; ovviamente, la gran parte degli interventi sono
sulla garanzia dell’acqua, sugli aspetti sanitari, sull’educazione e sulla
sicurezza dei bambini. Accanto a questo, si sta incominciando un lavoro che noi
riteniamo molto importante che è un lavoro di sostegno soprattutto alle
organizzazioni non governative locali, che sono molte, che lavorano molto
spesso in silenzio, senza notorietà, che sono un po’ la speranza del futuro
dell’Iraq. Quando la gente si rimbocca le maniche e affronta i problemi, la
speranza aumenta. Hanno bisogno, però, di sostegno.
D. – Ma in questo momento, qual
è la preoccupazione maggiore per la popolazione civile?
R. – La preoccupazione maggiore
per tutti è ancora la sicurezza. Ma la sicurezza non solo dal punto di vista
della resistenza alla guerra, dei bombardamenti e degli attentati, ma anche la
sicurezza nella vita quotidiana; purtroppo, la scelta fatta a suo tempo di sciogliere
la polizia ha lasciato i quartieri e la gente, la vita comune, senza
protezione. La seconda preoccupazione è la disoccupazione. Voglio dire, certo,
mancano medicine, manca acqua, manca l’elettricità, ma la cosa più grave è che
manca l’occupazione, manca il lavoro, manca lo sviluppo economico. Purtroppo,
quest’ultimo anno, sia per la guerra, sia per la scelta di affidare la
ricostruzione a imprese non irachene, a imprese estere, non ha permesso la
ripresa di uno sviluppo economico e attraverso questo anche un miglioramento
delle condizioni di vita. Purtroppo, da ultimo c’è la incertezza sul futuro.
D. – Ora è diminuita anche la
presenza dei giornalisti nel territorio iracheno ...
R. – Non c’è dubbio. Esistono formazioni
terroristiche in Iraq che non fanno distinzioni e che operano sequestri nei
confronti di tutti gli occidentali presenti, anche di coloro, come i
giornalisti, che non sono lì per partecipare ad una guerra, ma caso mai per
documentare le condizioni della gente. Questo è un grave danno, così come è un
grave danno il fatto che gli operatori abbiano dovuto lasciare il Paese per le
stesse preoccupazioni di sicurezza.
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5
novembre 2004
E’ STATO LIBERATO PADRE MATTEW OJARA,
VICARIO EPISCOPALE DI KITGUM,
NEL NORD DELL’UGANDA, ARRESTATO LUNEDI’ NOTTE
IN UN’OPERAZIONE DI ESERCITO E POLIZIA.
PER LE AUTORITA’ RELIGIOSE SI E’ TRATTATO DI UN
ATTO DI INTIMIDAZIONE
GULU.=
“Mons. Matthew Ojiam è libero”. Lo ha dichiarato all'Agenzia Fides mons. John
Baptist Odama, arcivescovo di Gulu, precisando, però, che “l'indagine che lo
vede coinvolto va avanti”. Il religioso, vicario episcopale di Kitgum, era
stato arrestato presso la casa parrocchiale della Chiesa di Cristo Re a Kitgum
nella sera del primo novembre, insieme ad altri due sacerdoti che sono stati
rilasciati dopo breve tempo. Il sacerdote sarebbe accusato di aver avuto
contatti con la guerriglia dell’Esercito di resistenza del signore. Per il
momento non rientrerà nell'arcidiocesi in attesa di un chiarimento della sua
posizione. Tra le prove portate contro il vicario ci sarebbe la registrazione
di un colloquio radiofonico avvenuto domenica 31 ottobre a Kitgum tra un
ribelle e padre Ojara. Secondo la versione dei militari, nella conversazione il
religioso avrebbe consigliato ai ribelli di non partecipare ai colloqui di pace
organizzati dal governo. Fonti religiose, invece, sottolineano l’infondatezza
della prova, visto che il 31 ottobre padre Ojara non si trovava a Kitgum, luogo
della registrazione della conversazione incriminata, bensì a Gulu, ovvero a un
centinaio di chilometri di distanza, dove è rimasto fino al 2 ottobre.
L’arresto di Ojara, secondo le autorità religiose locali, sarebbe dunque un
segnale intimidatorio nei confronti dei leader religiosi della zona, che da tempo
cercano una soluzione negoziata al conflitto del nord Uganda, ritenendo che le azioni
dei ribelli dell’Lra possano essere fermate non con operazioni militari ma con
la persuasione del dialogo. (S.S.)
NUMEROSI I CAMBIAMENTI NEL RITO DEL MATRIMONIO,
A COMINCIARE DALLA FORMULA PRONUNCIATA DAGLI
SPOSI.
LE NOVITA’ SONO STATE ILLUSTRATE NEL CORSO DI UN
CONVEGNO
ORGANIZZATO DALLA CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA A GROSSETO
- A cura di Ignazio Ingrao -
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GROSSETO.=
Non più: “Io prendo te”, ma “Io accolgo te”: questa la nuova formula che gli sposi
pronunceranno in occasione delle nozze. E’ quanto prevedono le modifiche al
rito del matrimonio che entreranno in vigore a partire dalla prima Domenica di
Avvento. Se ne discute in questi giorni a Grosseto nel corso di un convegno
organizzato dalla Conferenza episcopale italiana. La Congregazione per il Culto
divino e la Disciplina dei sacramenti ha infatti approvato lo scorso 29 aprile
la traduzione italiana dell’edizione latina del rito del matrimonio. Ma non si
tratta di una semplice traduzione del testo originale latino, bensì di un suo
adattamento alla realtà italiana, tenendo conto delle diverse situazioni di
coloro che chiedono di celebrare il matrimonio cattolico. “L’inserimento del
verbo ‘accogliere’ nella nuova formula per lo scambio del consenso tra gli
sposi vuole sottolineare la dimensione del dono”, spiega il direttore
dell’Ufficio catechistico don Walter Ruspi. E’ stato aggiunto, inoltre, un
esplicito riferimento alla grazia di Cristo ed è stato arricchito il lezionario
per la scelta delle letture nella celebrazione. Tra le altre novità, la
possibilità di collocare la benedizione degli sposi dopo lo scambio degli
anelli, e una nuova formula di benedizione sugli sposi che accentua il riferimento
alla Santissima Trinità, “affinché – dice la nuova formula – gli sposi, segnati
con il fuoco dello Spirito, diventino Vangelo vivo tra gli uomini”. E’ previsto
anche un rito particolare nel caso in cui uno dei contraenti non sia
battezzato. Il nuovo testo liturgico per il rito delle nozze – ha spiegato il
segretario generale della CEI, mons. Giuseppe Betori – non si esaurisce nella
celebrazione, ma offre contenuti e percorsi di riflessione anche per la
preparazione al matrimonio”.
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ALL’APERTURA
DEI LAVORI DEL “GRUPPO DI RIO”,
IL
PRESIDENTE VENEZUELANO HUGO CHAVEZ PARLA DELLA DIFFICILE
SITUAZIONE AD HAITI, PROPONENDO UN’ASSEMBLEA
COSTITUENTE
RIO DE
JANEIRO. = La difficile questione di Haiti al centro della prima sessione del
“Gruppo di Rio” - l’organismo di consultazione permanente composto da 19 Paesi
latino-americani- riunito in questi giorni nella metropoli carioca. Ad introdurre
il tema, il presidente venezuelano Hugo Chavez, il quale ha parlato della
necessità di un’Assemblea costituente per sostituire l’attuale governo. A nove
mesi dai disordini che hanno portato all’uscita di scena del presidente
Jean-Bertrand Aristide, la situazione nell’isola caraibica resta di estrema
insicurezza. Recentemente la Commissione interamericana dei diritti umani ha
espresso “forte preoccupazione” per gli incidenti che si susseguono ormai dalla
fine di settembre, denunciando anche “arresti e detenzioni arbitrari e minacce
e intimidazioni contro gli attivisti per i diritti umani”. Con l’arrivo del
terzo contingente di soldati dal Guatemala, saranno oltre 4.000 i caschi blu
della missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti. (S.S.)
L’ARCIVESCOVO ARGENTINO DI RESISTENCIA, MONS.
CARMELO GIAQUINTA
PARLA
DELL’ESIGENZA DI EVANGELIZZARE NUOVAMENTE IL MONDO
NELL’ERA DELLA GLOBALIZZAZIONE.
IMPORTANZA PRIMARIA ALLA FORMAZIONE DI CHI ANDRA’
AD ANNUNCIARE LA PAROLA DI DIO
BUENOS
AIRES. = L’esigenza di “evangelizzare gli spazi fisici, ma soprattutto quelli
umani. E per raggiungere tali obiettivi è importante la formazione permanente
di chi andrà ad annunciare la parola di Dio”. A riferirlo l’arcivescovo di
Resistencia, mons. Carmelo Giaquinta, il quale parla di un mondo globalizzato,
nel quale “il Vangelo deve essere nuovamente annunciato”. Il presule si dice
convinto che: “la globalizzazione consente l’acquisizione di criteri, di mode e
di forme di pensiero che vengono dall’altro capo del mondo e sulle quali non
abbiamo alcun controllo. Sono per lo più attacchi feroci ai valori che hanno
segnato la storia dell’uomo da millenni”. Da criticare, dunque, stili e modi “imposti
dal mercato, luogo dove solo l’utile e il profitto ha un valore, mentre il
buono e il vero vengono ignorati”. “Nelle parrocchie si sta facendo molto per
far crescere adeguatamente i catechisti” - evidenzia mons. Giaquinta - “ma
bisogna impegnarsi di più e meglio. Soprattutto a livello di arcidiocesi. Gli
agenti pastorali devono diventare veri e propri professionisti, perché non basta
distribuire viveri o aiuti ai bisognosi, ma è necessario conoscere la cause che
generano povertà e saper suscitare nel
povero la voglia di diventare protagonista per superare, un domani, da solo il
problema che lo affligge”. (S.S.)
L’ARCIVESCOVO DI SAN SALVADOR, MONS. SAENZ LA CALLE
CHIEDE
CHE LA RIFORMA FISCALE SIA EQUA
SAN
SALVADOR. = “La nuova riforma fiscale dovrà arrecare benefici a tutta la
popolazione, non solo ad alcuni settori”. L’arcivescovo di San Salvador, mons.
Fernando Saenz Lacalle, interviene sulla norma che prevede sensibili ritocchi
alla finanziaria, segnalando che: “Pagare le tasse è un dovere, ma ogni
cittadino, senza distinzione alcuna, deve poterne trarre profitto. Non si
possono avvantaggiare solo alcune parti”. Agli imprenditori, che hanno espresso
le loro perplessità sulla riforma, il presule ha precisato che: “Chi ha di più,
deve dare di più”, e ha concluso dicendo: “Solo se si arriva ad una equa
ripartizione dei ricavi, si potrà realmente dire che si è raggiunti una importante
meta in materia fiscale”. (D.D.)
ELETTA
IERI A ROMA LA NUOVA MADRE GENERALE DELLA CONGREGAZIONE DELLE
SUORE DI SANTA ELISABETTA.
E’ LA
POLACCA SUOR MARIA SAMUELA WERBINSKA
ROMA. - Suor Maria Samuela Werbinska,
polacca di 45 anni, è la nuova Madre generale della Congregazione delle suore
di Santa Elisabetta. L'elezione è avvenuta ieri a Roma nel corso del capitolo
generale della congregazione. Oggi è prevista l'elezione delle consigliere
generali. Al capitolo, che durerà fino al 28 novembre, partecipano 43 delegate
di 10 province e 9 osservatrici dai Paesi di missione. Le Suore di Santa
Elisabetta sono attualmente 1800 e svolgono attività caritativa ed apostolica
in Brasile, Danimarca, Lituania, Germania, Israele, Italia, Norvegia, Polonia,
Repubblica Ceca, Russia, Svezia ed Ucraina. Il carisma principale della
congregazione sta nell'assistenza ai malati nelle proprie case e negli
ospedali. Le religiose, inoltre, assistono le persone anziane, abbandonate, i
bambini portatori di handicap. Ai bambini e alla gioventù le suore di Santa
Elisabetta offrono anche educazione generale e religiosa. (A.M.)
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5 novembre 2004
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
La fitta agenda politica del premier iracheno
Iyad Allawi a Bruxelles, il dramma di nuovi attentati, la liberazione di tre
ostaggi ed un nuovo comunicato di Al Qaeda. Sono questi gli ultimi sviluppi
della situazione irachena sulla quale ci riferisce Amedeo Lomonaco:
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“L’Unione Europea ricominci da zero e apra un
nuovo capitolo sull’Iraq”: è questo l’invito lanciato stamani a Bruxelles dal
primo ministro iracheno, Iyad Allawi, al termine di un incontro bilaterale con
il premier britannico Tony Blair. Il leader iracheno, parlando al Consiglio
Atlantico, ha anche dichiarato di apprezzare il lavoro svolto dalla Nato per il
Paese arabo. Allawi ha annunciato, inoltre, che il
partito Baath, al potere durante il regime di Saddam Hussein, sarà escluso
dalle elezioni. E il vice presidente iracheno ha detto che la consultazione si
terrà il 27 gennaio. Sul terreno, intanto, due bambini di 3
e 12 anni sono morti, nei pressi di Moqdadiya, quando un colpo di mortaio ha
colpito la loro abitazione. Due marines, inoltre, sono
stati uccisi ed altri quattro feriti nella provincia di Al
Anbar, ad ovest di Baghdad. Un altro
soldato è morto in seguito allo scoppio di una bomba vicino a Balad. Lo
ha riferito un portavoce militare americano, aggiungendo che questi episodi
sono avvenuti ieri. E l’aviazione
statunitense ha nuovamente colpito,
nelle ultime ore, postazioni e depositi di armi dei ribelli a Falluja, dove i militari americani hanno bloccato tutte le vie di accesso. Secondo fonti ospedaliere, le
incursioni aeree compiute nella notte nella città sunnita sono costate la vita
ad almeno tre persone. Sul
versante ostaggi, sono stati rilasciati due libanesi sequestrati all’inizio di
ottobre e un cittadino nepalese rapito la scorsa settimana con un americano, un filippino e tre iracheni, due dei
quali successivamente liberati. Un gruppo islamico legato ad Al Qaeda ha minacciato, infine, gli
americani con un nuovo comunicato diffuso su Internet. “Ci sarà una violenta rappresaglia, un inferno
intollerabile – si legge nel testo – in seguito alla rielezione del
presidente americano, George Bush”.
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E
nella sua prima conferenza stampa dopo la rielezione, il presidente
statunitense George Bush ha anche delineato come la sua amministrazione veda il
futuro dell’Iraq. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
**********
Bush ha detto che l’Iraq resta
comunque una priorità ed ha ripetuto di essere convinto di poter affermare la
democrazia. Il capo della Casa Bianca ha dichiarato che chi si oppone alle
elezioni e alla nascita di un Paese libero deve essere sconfitto e sta
lavorando col premier Allawi a questo scopo, puntando poi sull’addestramento
delle forze locali per stabilizzare la situazione. Il presidente ha aggiunto
che vincere la guerra al terrorismo è un dovere, sottolineando che è
nell’interesse di tutti i Paesi civili e ha quindi manifestato la volontà di
aumentare la collaborazione con gli alleati, segnalando l’intenzione di
superare gli attriti del primo mandato. Il presidente ha commentato il forte
sostegno ricevuto dagli elettori che vanno in Chiesa, dicendo di essere
contento che molta gente di fede lo abbia votato. Poi ha aggiunto che non
cercherà di imporre il suo credo sulla società, perché uno degli elementi
coesivi degli Stati Uniti è la libertà di culto.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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“Forte sostegno al processo politico in corso in Iraq e al governo
provvisorio di Baghdad”. Così si sono espressi stamani i leader europei durante
il Vertice del consiglio europeo che si concluderà oggi pomeriggio a Bruxelles.
Risolta, intanto, la crisi politica all’interno
della Commissione europea. Sarà il ministro italiano
Franco Frattini a prendere il posto del contestato Rocco Buttiglione. La
notizia è stata data ieri dal presidente designato della Commissione, Barroso,
mentre in Italia il dicastero degli Esteri, lasciato da Frattini, potrebbe
andare a Gianfranco Fini, vicepresidente del Consiglio.
Nel primo discorso ufficiale alla
nazione, il presidente dell’Afghanistan, Hamid Karzai, ha accettato il mandato
presidenziale, sottolineando la vittoria sui suoi rivali e affermando di voler
servire tutto il popolo e non soltanto chi ha votato per lui. Karzai ha anche
dichiarato di voler rafforzare le istituzioni governative, di voler eliminare
le milizie private dei “signori della guerra” e di combattere i narcotrafficanti.
Il presidente russo, Vladimir Putin, ha firmato il Protocollo di
Kyoto, il trattato che punta a frenare il surriscaldamento del pianeta e a
ridurre le emissioni di gas nocivi. Mosca ha così completato la procedura di
ratifica del documento, già peraltro approvato in ottobre dai due rami del
Parlamento. Il ‘sì’ della
Russia è decisivo per l’entrata in vigore
del Protocollo, per la quale era necessaria l'adesione dei Paesi che emettono
il 55 per cento dei gas-serra. Finora il trattato era stato ratificato da 126
Paesi, responsabili del 44,3 per cento dei gas incriminati: con la ratifica
della Russia – che produce il 17,4 per cento del totale di queste emissioni –
il protocollo può entrare in vigore. Ma come può essere giudicato il passo compiuto
oggi dal Cremlino? Giada Aquilino lo ha chiesto al prof. Vittorio Strada, storico
della cultura russa:
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R. – E’ una decisione che va
accolta con favore, pensando anche che la Russia attuale - erede dell’Unione
Sovietica - ha una situazione ecologica tra le più disastrate e pericolose al
mondo. Non a caso, la catastrofe ecologica più grave è stata quella di
Chernobyl. La situazione russa è poi particolarmente difficile per gli ingenti
residui di armi chimiche e batteriologiche accumulate durante il periodo
sovietico. Gli addetti allo smantellamento di questo enorme arsenale fanno
presente come il compito loro affidato comporti difficoltà enormi sia di
carattere finanziario, sia di carattere tecnico, operativo e scientifico.
D. – Quali contropartite avrà la
Russia da questa ratifica?
R. – Una prima contropartita,
come per qualunque Stato che approvi tale ratifica, è una questione di
immagine. Si tratterà poi di vedere quali richieste o contributi ci possano
essere da parte di organismi internazionali affinché questa situazione insana e
compromessa possa essere sanata. Non c’è da dimenticare che l’industria chimica
ha prodotto danni quasi irreparabili sulla salute della popolazione e
sull’ambiente. Quindi c’è tutta una serie di problemi tecnico-finanziari e
politici aperti e da risolvere anche a livello internazionale.
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In Cina è di almeno 15 morti il
drammatico bilancio dell’esplosione di gas avvenuta questa mattina in una
miniera di carbone nella provincia di Shanxi. Secondo quanto riferito dai media
locali, una persona è ancora sepolta nella miniera e le squadre di soccorso
sono al lavoro per cercare di recuperarne il corpo.
Dieci persone sono morte in
Marocco per un crollo in una moschea a Fez, 200 chilometri a est di Rabat.
Secondo le prime ricostruzioni dell’incidente, avvenuto ieri sera, sarebbe
stato il crollo di una casa che sovrasta la moschea d'Ain Al-Khail, nella città
vecchia di Fez, a provocare a sua volta il cedimento parziale dell'edificio
religioso.
In Costa d’Avorio l’aviazione militare
di Abidjan ha bombardato ieri le città di Bouakè e Korhogò, a nord del Paese,
nella regione sotto il controllo dei ribelli. Almeno 3 i morti, una quarantina
i feriti. Intanto, l’Onu ha annunciato la sospensione delle proprie attività
nel Paese africano in seguito alla ripresa dei combattimenti. Come ci spiega da
Bouakè il missionario padre Giovanni De Franceschi, i raid sono stati ordinati
dal presidente Gbagbo dopo la decisione della guerriglia di non deporre le armi
e di non partecipare alle riunioni del governo, contravvenendo così agli
accordi di pace di Accra. Ascoltiamo la testimonianza del religioso
nell’intervista di Roberto Piermarini:
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R. – Vedendo che la
comunità internazionale non interveniva per spingere o obbligare l’ex ribellione
a partecipare alle riunioni del governo, credo che Gbagbo abbia deciso di
compiere questi raid di bombardamenti su Bouaké e su Kurogo per obbligare la
comunità internazionale ad intervenire e a dire all’ex ribellione:
“Incominciate a partecipare alle riunioni del governo e i bombardamenti cesseranno”.
Parlando con la gente, ieri, dicevano che i bombardamenti erano un po’ per
tastare la reazione della comunità internazionale: se sarebbe intervenuta, in
che modo sarebbe intervenuta, e poi avrebbe continuato o avrebbe cessato.
D. – Come sta
vivendo la popolazione civile questa situazione, che ormai si trascina da mesi?
R. – Nella paura:
ieri le strade erano completamente vuote. Soprattutto dopo il secondo e il
terzo bombardamento. La gente vive nella paura. Poi, c’è il fatto che adesso
i ribelli dettano la loro legge ...
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Sempre
più difficile la situazione nel Darfur, la regione del Sudan occidentale teatro
di una sanguinosa guerra civile. I ribelli hanno accettato di firmare l’accordo
su questioni legate alla sicurezza proposto dall’Unione africana (UA). Ma il
governo di Khartoum si è rifiutato di sottoscriverlo, giudicandolo squilibrato.
E a Bruxelles, intanto, i leader dell’Unione Europea hanno espresso “gravi
preoccupazioni” sulla situazione della regione e hanno lanciato un appello al
governo di Khartoum affinchè rispetti le richieste della comunità
internazionale in fatto di sicurezza e diritti umani.
L’Etiopia è uscita dalla lista
dei Paesi africani più colpiti dal virus della poliomelite, grazie all’intensa
campagna di vaccinazione che ha interessato oltre 750.000 bambini. Lo hanno
riferito le autorità sanitarie di Addis Abeba, precisando che la campagna era
stata lanciata dopo aver registrato nuovi casi di diffusione del virus lungo il
confine con il Sudan.
Almeno duemila persone hanno
abbandonato la località congolese di Bweremana, dove da cinque giorni sono in
corso scontri fra miliziani forze dell’esercito. Lo hanno reso noto le autorità
congolesi.
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