RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 310 - Testo della trasmissione di venerdì 5 novembre 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Consolidare l’identità cristiana nel continente americano: è l’esortazione del Papa al Consiglio post-sinodale della segreteria generale del Sinodo dei vescovi per l’Assemblea speciale per l’America

 

Agli Agostiniani Recolletti Giovanni Paolo II afferma che bisogna ripartire da Cristo per fare chiarezza sui valori supremi nella confusione di un mondo globalizzato

 

Testimoniare il Vangelo sui grandi temi della società contemporanea: così il Papa ai dirigenti del centro culturale americano “Pope John Paul II”

 

Il messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso al mondo islamico per la fine del Ramadan: cristiani e musulmani uniscano gli sforzi per difendere i diritti dei bambini.  Intervista con l’arcivescovo Michael Fitzgerald

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Sempre gravissime le condizioni di Arafat. Ai nostri microfoni Nemer Hammad e mons. Tommaso Valentinetti

 

Le Ong fuggono dall’Iraq. Ce ne parla Fabio Alberti

 

CHIESA E SOCIETA’:

E’ stato liberato padre Mattew Ojara, vicario episcopale di Kitgum, nel nord dell’Uganda, arrestato lunedì notte in un’operazione di esercito e polizia

 

Cambia in Italia la formula del matrimonio a partire dal 28 novembre

 

All’apertura dei lavori del “Gruppo di Rio”, il presidente venezuelano Hugo Chavez parla della difficile situazione ad Haiti

 

L’arcivescovo argentino di Resistencia, mons. Giaquinta parla dell’esigenza di evangelizzare nuovamente il mondo nell’era della globalizzazione

 

L’arcivescovo di San Salvador, mons. Fernando Saenz Lacalle interviene sulla riforma fiscale, sottolineando che deve essere più equa

 

Eletta ieri a Roma la nuova madre generale della Congregazione delle suore di Santa Elisabetta

 

24 ORE NEL MONDO:

Con la firma, oggi, del presidente russo Putin al protocollo di Kyoto per contrastare il riscaldamento del pianeta,  l’accordo diventa vincolante a livello internazionale

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

5 novembre 2004

 

 

CONSOLIDARE L’IDENTITA’ CRISTIANA NEL CONTINENTE AMERICANO:

E’ L’ESORTAZIONE DEL PAPA AI PARTECIPANTI DELLA NONA RIUNIONE DEL CONSIGLIO

POST SINODALE DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO

DEI VESCOVI PER L’ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AMERICA, RICEVUTI IN VATICANO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

C’è ancora molto da fare “per consolidare l’identità cristiana del continente” americano. E’ il forte richiamo di Giovanni Paolo II ai partecipanti della nona riunione del consiglio post sinodale della segreteria generale del Sinodo dei vescovi per l’assemblea speciale per l’America, ricevuti stamani in Vaticano. Un Sinodo, ricordiamo, svoltosi nel 1997 a cui seguì due anni dopo la pubblicazione dell’Esortazione Ecclesia in America. Su un miliardo e 70 milioni di cattolici nel mondo, la metà - ovvero circa 535 milioni - vivono nelle Americhe. Ma torniamo all’incontro di stamani, con il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Per “consolidare l’identità cristiana” sono molte ed impegnative le sfide che la Chiesa deve affrontare in America. Il Papa ha indicato innanzitutto l’azione nefasta delle sette, le conseguenze negative della globalizzazione “quando attribuisce valore assoluto all’economia”. Il Pontefice si è poi soffermato sul problema della crescente “urbanizzazione con l’inevitabile sradicamento culturale”. E ancora, le ideologie che “ritengono superato il concetto di famiglia fondata sul matrimonio”, il progressivo “aumento del divario tra ricchi e poveri”, la droga, la violazione dei diritti umani e la violenza scatenata dalla guerriglia e dal terrorismo.

 

Tuttavia, ha tenuto a sottolineare, sono molte anche le risorse su cui può contare il popolo cristiano in America per “continuare con rinnovata speranza la sua missione”. Ha così messo l’accento sulla fede, che “non solo ha formato l’identità cristiana del Continente, ma, lungo la storia, si è manifestato nei principi e negli ideali morali che hanno alimentato la cultura dei suoi popoli”. Un altro grande dono, che la grazia divina ha suscitato in America, ha proseguito, “è la pietà popolare, profondamente radicata nelle sue diverse nazioni”. Questa “peculiare caratteristica del popolo americano”, se “purificata e arricchita con gli elementi genuini della dottrina cattolica”, potrà essere un “utile strumento per aiutare i credenti ad affrontare in modo adeguato le sfide della secolarizzazione”. Infine, ha ricordato come la Chiesa in America sia stata arricchita con “il dono di una peculiare sensibilità sociale, specialmente verso i poveri, che si manifesta in una profonda solidarietà tra le persone e tra i popoli”.

 

Il Papa non ha mancato di rivolgere un’esortazione ai presuli americani sul fronte dell’ecumenismo. Se il cattolicesimo predomina in America Latina, ha constatato, negli altri Paesi del continente è più consistente la presenza di altre confessioni cristiane. “Tale diversità – ha evidenziato - se vissuta nella carità che affratella, sarà stimolo al dialogo ecumenico”.

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RIPARTIRE DA CRISTO PER FARE CHIAREZZA SUI VALORI SUPREMI

 NELLA CONFUSIONE DI UN MONDO GLOBALIZZATO:

COSI’ IL PAPA AI PADRI AGOSTINIANI RECOLLETTI,

RIUNITI A ROMA PER IL CAPITOLO GENERALE

 

“Ripartire da Cristo” in ogni programma spirituale e pastorale: è l’esortazione di Giovanni Paolo II agli Agostiniani Recolletti, ricevuti stamane in Vaticano, in occasione del loro 53mo Capitolo generale, che si celebra in questi giorni a Roma. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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 “La profonda vita spirituale – ha sottolineato il Papa ai 40 padri capitolari - cosi vincolata nella vostra tradizione all’osservanza e alla contemplazione, all’interiorità e alla ricerca instancabile di Dio, sia sempre il punto di partenza di un autentico rinnovamento e anima di ogni iniziativa apostolica”. Specialmente – ha raccomandato il Santo Padre - “all’inizio del terzo Millennio, facendo chiarezza nella confusione che può generare un mondo sempre più globalizzato, irradiando pace e speranza in tante situazioni convulse, manifestando la bellezza ineffabile di Dio davanti alla carenza di valori supremi e dando mostra del suo amore per ogni essere umano, creato a sua immagine, benché tante volte sfigurato e sottomesso ad una mentalità distruttrice, non solidale ed escludente.”

 

L’Ordine degli Agostiniani Recolletti, nasce nel 1588 in Spagna ed è  presente oggi in 19 Paesi in America, Europa, Asia ed Africa, e vede il progressivo aumento di religiosi - in tutto 1200 - di diverse nazionalità. “Questa è certamente una sfida – ha osservato il Santo Padre – ma anche una stupenda opportunità per approfondire le radice del sentimento comunitario, che non si basa su affinità umane ma s’ispira al mistero della Trinità.” In questo sentimento, la vita condivisa fraternamente nelle comunità è come una verifica continua della comunione che, dall’alto, sa coniugare armoniosamente le diversità dei caratteri personali e delle tradizioni proprie di ogni Paese. “In effetti, – ha concluso Giovanni Paolo II – Cristo essendo la ‘verità completa’, contiene tutte le varietà delle forme nelle quali la sua luce si riflette nella molteplicità della realtà umana.”

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TESTIMONIARE IL VANGELO SUI GRANDI TEMI DELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA:

COSI’ IL PAPA AI DIRIGENTI DEL CENTRO CULTURALE AMERICANO

“POPE JOHN PAUL II”, RICEVUTI STAMANI IN VATICANO

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Sui grandi temi che “modellano la società” bisogna testimoniare “la verità del Vangelo e la saggezza della tradizione della Chiesa”. E’ questa l’esortazione rivolta da Giovanni Paolo II ai dirigenti del Pope John Paul II Cultural Center, ricevuti stamani in udienza nella Sala del Concistoro. Il Papa ha lodato il centro culturale americano per il suo impegno “nella promozione del dialogo tra le fedi e le culture del mondo”. Quindi il Pontefice ha impartito la sua benedizione apostolica auspicando che si rafforzi sempre più il legame tra il centro intitolato a Papa Wojtyla e la Chiesa.

 

L’udienza in Vaticano è stato il momento culminante del pellegrinaggio annuale a Roma da parte dei membri dell’istituzione culturale che ha sede a Washington.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto anche mons. Franc Rodé, arcivescovo emerito di Ljubljana, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, con il segretario del medesimo dicastero mons. Piergiorgio Silvano Nesti, arcivescovo emerito di Camerino-San Severino Marche.

 


Ieri il Santo Padre ha nominato vescovo di Alexandria, negli Stati Uniti, mons. Ronald Paul Herzog, del clero della diocesi di Biloxi, parroco della “Immaculate Conception Parish  a Laurel. Mons. Ronald Paul Herzog è nato il 22 aprile 1942 in Akron (Ohio), nella diocesi di Cleveland, ed è stato ordinato sacerdote  il 1° giugno 1968. Oltre al ministero parrocchiale, mons. Herzog ha svolto anche l’apostolato come Cappellano militare della Guardia Nazionale e si è recentemente ritirato dal servizio militare col grado di Brigadiere Generale. E’ Prelato d’Onore di Sua Santità dal 20 novembre 1987.

 

 

IL MESSAGGIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

AL MONDO ISLAMICO PER LA FINE DEL RAMADAN:

CRISTIANI E MUSULMANI UNISCANO GLI SFORZI

PER DIFENDERE I DIRITTI DEI BAMBINI

- Intervista con l’arcivescovo Michael Fitzgerald -

 

Il dialogo tra le religioni passa anche attraverso la difesa dei diritti dei più piccoli. E’ quanto si rileva dal consueto messaggio inviato ai musulmani come ogni anno dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, in occasione della festa dell’Id al-Fitr, prevista tra sabato e domenica, che chiude il Ramadan, il mese islamico del digiuno. Nel messaggio, reso noto oggi, l’arcivescovo Michael Fitzgerald, presidente del dicastero, salutando i “cari amici musulmani”, li invita a cooperare con i cristiani affinché siano tutelati nel mondo i diritti dei bambini, a partire dal diritto alla vita. “Dobbiamo unire i nostri sforzi – ha scritto il presule – denunciando senza tregua tutto ciò che degrada il bambino e lottando con tutte le nostre forze” contro quelle “strutture di peccato” che colpendo l’infanzia mettono in pericolo il futuro stesso dell’umanità.  Ma ascoltiamo mons. Fitzgerald  al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Abbiamo fatto riferimento in questo messaggio ai bambini che sono costretti a lavori gravosi, ai minorenni che devono lavorare nelle fabbriche, anche per produrre per il mondo occidentale, purtroppo. Abbiamo fatto accenno anche ai bambini che sono arruolati negli eserciti, ai bambini malati di Aids. Questi fenomeni si trovano in alcuni Paesi a maggioranza musulmana, ma non solo. Ci sono anche altri Paesi, che non sono islamici, che hanno questi problemi, ma crediamo che la situazione dei bambini nel mondo sia qualcosa che preoccupa tutti e che sia un campo dove cristiani e musulmani possano collaborare.

 

D. – In che modo cristiani e musulmani possono sviluppare una cooperazione a favore dei bambini?

 

R. – Per esempio, in Uganda c’è un Consiglio dei capi religiosi, cristiani e musulmani essenzialmente, che si sono uniti per combattere l’Aids tramite l’educazione, tramite la cura degli orfani, etc. Questo è un esempio della collaborazione interreligiosa, in modo molto pratico. C’è anche un network delle religioni in favore dei bambini, che è una Fondazione, un’iniziativa buddista, alla quale aderiscono sia cristiani che musulmani. Ci sono allora campi dell’educazione, della ricerca, dei valori dove persone di diverse religioni possono cooperare.

 

D. – Come vengono accolti questi messaggi nel mondo musulmano?

 

R. – E’ una domanda che viene fatta spesso. Noi cristiani inviamo un messaggio ai musulmani, e loro rispondono? In questi ultimi anni abbiamo ricevuto un maggior numero di risposte da parte dei governi, perché inviamo questo messaggio tramite i nunzi ai ministri dei diversi Paesi, alle ambasciate, ma anche ai privati, a persone che sono in dialogo con i cristiani e che rispondono. Sappiamo poi che a livello locale, quando questo messaggio è portato alla comunità islamica, forse non subito, ma dopo qualche tempo risponde e fa gli auguri per la festa della Pasqua o del Natale e così via. Credo che ci sia una buona risposta a questo messaggio.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'udienza di Giovanni Paolo II al Primo Ministro iracheno Iyad Allawi: "Difendere i diritti di tutti nel pieno rispetto della diversità etnica e religiosa". Il Papa assicura il Premier della sua costante vicinanza al popolo iracheno così dolorosamente provato dalle tragiche sofferenze degli anni recenti. 

Sempre in prima, la notizia della liberazione, in Uganda, del Vicario Episcopale di Kitgum.

 

Nelle vaticane, l'udienza del Papa a fedeli provenienti da varie Diocesi della Polonia. Messaggio del Santo Padre all'Arcivescovo di Lanciano-Ortona in occasione dell'Anno eucaristico-mariano indetto nel centenario della dedicazione della rinnovata Cattedrale.

Il discorso del Papa ai partecipanti alla IX Riunione del Consiglio post-sinodale della Segreteria Generale del Sinodo dei vescovi per l'Assemblea Speciale per l'America: "Molto rimane ancora da fare per consolidare l'identità cristiana del Continente americano".

Il saluto di Giovanni Paolo II ai Dirigenti del "Pope John Paul II Cultural Center" di Washington. 

L'udienza del Santo Padre al Capitolo Generale degli Agostiniani Recolletti.

 

Nelle estere, Medio Oriente: stato di massima allerta in Israele e nei Territori; i responsabili della sicurezza temono disordini in caso di morte di Arafat.

 

Nella pagina culturale, un contributo critico di Anna Bujatti in merito alle icone e agli oggetti liturgici del Monastero di santa Caterina sul Monte Sinai esposti alla Fondazione Gianadda di Martigny.

 

Nelle pagine italiane, Governo: rimpasto condizionato dall'accordo sulle tasse; Frattini Commissario designato all'Ue.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

5 novembre 2004

 

 

CONTINUA L’INCERTEZZA SULLA SALUTE DI ARAFAT.

LE CONDIZIONI DEL LEADER PALESTINESE SAREBBERO COMUNQUE GRAVISSIME

- Servizio di Giancarlo La Vella -

 

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Da ieri è un rincorrersi di voci e smentite sulla salute di Yasser Arafat, ricoverato nell’ospedale militare di Percy, a Parigi, da quando le sue condizioni sono drammaticamente peggiorate. Morte cerebrale, improvvisi miglioramenti, ricovero in terapia intensiva, ma soprattutto nessun chiarimento sul male oscuro che ha colpito il presidente palestinese. Queste le notizie che continuano ad essere diffuse dalle agenzie. Il suo stesso popolo segue con trepidazione, ora dopo ora, l’evolversi della situazione nella speranza di una buona notizia, ma sembra che si aspetti da un momento all’altro il peggio. Lo testimoniano le febbrili consultazioni dei vertici palestinesi, come se, pur nel dolore dell’imminente addio all’uomo simbolo della causa palestinese, non si possa trascurare il momento del passaggio di consegne. Ma come negli ambienti palestinesi si sta vivendo questo momento. Ci risponde Nemer Hammad, delegato palestinese in Italia:

 

R. – Siamo sicuramente tutti molto tristi e siamo in attesa di sapere come si svilupperà la situazione riguardo alla salute del presidente. Certamente sappiamo che si trova in difficoltà, ma rimane sempre la speranza. Anche se è ovviamente molto difficile pensare di rivedere quel leader coraggioso, emozionante, umano che si trova ora in difficoltà a causa della malattia.

 

D. – E’ comunque importante che l’Autorità nazionale palestinese pensi ad un sostituto in questo momento?

 

R. – Visto il ruolo centrale del presidente Arafat è molto difficile immaginare che qualcuno possa sostituirlo. Il nostro problema non riguarda la mancanza di una leadership; il nostro problema rimane l’occupazione. Se gli israeliani pensano di poter trovare un palestinese che possa accettare meno di uno Stato palestinese indipendente in Cisgiordania e Gaza, compresa Gerusalemme Est, allora si sbagliano.

 

In queste ore la comunità internazionale avverte il timore che le notizie contraddittorie sulle condizioni di salute del presidente palestinese possano avere effetti negativi sul processo di pace in Medio Oriente. Che cosa auspicare affinché gli eventi non interrompano il dialogo tra israeliani e palestinesi? Lo abbiamo chiesto al vescovo Tommaso Valentinetti, presidente di Pax Christi Italia:

 

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R. – Ci auspichiamo indubbiamente che tutti mantengano i nervi molto saldi e soprattutto che si faccia ancora una volta appello al principio del dialogo. Ci si potrebbe aspettare sviluppi negativi che naturalmente noi vorremmo scongiurare. Però ci si potrebbe anche aspettare una rinnovata volontà di sedere ulteriormente ai tavoli del dialogo e della pace.

 

D. - In queste ore difficili per Yasser Arafat si sono creati due partiti: quello dei critici e coloro, invece, che esaltano la sua figura. Secondo lei qual è prevalente?

 

R. – Chiunque al limitare della sua esistenza è degno di rispetto. La vita di ogni uomo porta con sé elementi positivi ed elementi negativi. Yasser Arafat indubbiamente ha incarnato tutto questo e soprattutto in questo ultimo momento è stato l’elemento di unione del popolo palestinese.

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LE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE LASCINO L’IRAQ

- Intervista con Fabio Alberti -

 

In Iraq il clima sempre più teso non consente la permanenza degli operatori umanitari. Dopo l’annuncio di Medici Senza Frontiere di lasciare l’Iraq anche altre ONG fanno sapere di attendere il miglioramento della situazione per riprendere i propri progetti. Ma sull’importanza delle operazioni umanitarie nel paese Eugenio Bonanata ha sentito Fabio Alberti, presidente della ONG “Un Ponte Per…”:

 

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R. – Il coordinamento delle organizzazioni non governative copriva, nel suo complesso, quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana; ovviamente, la gran parte degli interventi sono sulla garanzia dell’acqua, sugli aspetti sanitari, sull’educazione e sulla sicurezza dei bambini. Accanto a questo, si sta incominciando un lavoro che noi riteniamo molto importante che è un lavoro di sostegno soprattutto alle organizzazioni non governative locali, che sono molte, che lavorano molto spesso in silenzio, senza notorietà, che sono un po’ la speranza del futuro dell’Iraq. Quando la gente si rimbocca le maniche e affronta i problemi, la speranza aumenta. Hanno bisogno, però, di sostegno.

 

D. – Ma in questo momento, qual è la preoccupazione maggiore per la popolazione civile?

 

R. – La preoccupazione maggiore per tutti è ancora la sicurezza. Ma la sicurezza non solo dal punto di vista della resistenza alla guerra, dei bombardamenti e degli attentati, ma anche la sicurezza nella vita quotidiana; purtroppo, la scelta fatta a suo tempo di sciogliere la polizia ha lasciato i quartieri e la gente, la vita comune, senza protezione. La seconda preoccupazione è la disoccupazione. Voglio dire, certo, mancano medicine, manca acqua, manca l’elettricità, ma la cosa più grave è che manca l’occupazione, manca il lavoro, manca lo sviluppo economico. Purtroppo, quest’ultimo anno, sia per la guerra, sia per la scelta di affidare la ricostruzione a imprese non irachene, a imprese estere, non ha permesso la ripresa di uno sviluppo economico e attraverso questo anche un miglioramento delle condizioni di vita. Purtroppo, da ultimo c’è la incertezza sul futuro.

 

D. – Ora è diminuita anche la presenza dei giornalisti nel territorio iracheno ...

 

R. – Non c’è dubbio. Esistono formazioni terroristiche in Iraq che non fanno distinzioni e che operano sequestri nei confronti di tutti gli occidentali presenti, anche di coloro, come i giornalisti, che non sono lì per partecipare ad una guerra, ma caso mai per documentare le condizioni della gente. Questo è un grave danno, così come è un grave danno il fatto che gli operatori abbiano dovuto lasciare il Paese per le stesse preoccupazioni di sicurezza.

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CHIESA E SOCIETA’

5 novembre 2004

 

 

E’ STATO LIBERATO PADRE MATTEW OJARA, VICARIO EPISCOPALE DI KITGUM,

NEL NORD DELL’UGANDA, ARRESTATO LUNEDI’ NOTTE

IN UN’OPERAZIONE DI ESERCITO E POLIZIA.

PER LE AUTORITA’ RELIGIOSE SI E’ TRATTATO DI UN ATTO DI INTIMIDAZIONE

 

GULU.= “Mons. Matthew Ojiam è libero”. Lo ha dichiarato all'Agenzia Fides mons. John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu, precisando, però, che “l'indagine che lo vede coinvolto va avanti”. Il religioso, vicario episcopale di Kitgum, era stato arrestato presso la casa parrocchiale della Chiesa di Cristo Re a Kitgum nella sera del primo novembre, insieme ad altri due sacerdoti che sono stati rilasciati dopo breve tempo. Il sacerdote sarebbe accusato di aver avuto contatti con la guerriglia dell’Esercito di resistenza del signore. Per il momento non rientrerà nell'arcidiocesi in attesa di un chiarimento della sua posizione. Tra le prove portate contro il vicario ci sarebbe la registrazione di un colloquio radiofonico avvenuto domenica 31 ottobre a Kitgum tra un ribelle e padre Ojara. Secondo la versione dei militari, nella conversazione il religioso avrebbe consigliato ai ribelli di non partecipare ai colloqui di pace organizzati dal governo. Fonti religiose, invece, sottolineano l’infondatezza della prova, visto che il 31 ottobre padre Ojara non si trovava a Kitgum, luogo della registrazione della conversazione incriminata, bensì a Gulu, ovvero a un centinaio di chilometri di distanza, dove è rimasto fino al 2 ottobre. L’arresto di Ojara, secondo le autorità religiose locali, sarebbe dunque un segnale intimidatorio nei confronti dei leader religiosi della zona, che da tempo cercano una soluzione negoziata al conflitto del nord Uganda, ritenendo che le azioni dei ribelli dell’Lra possano essere fermate non con operazioni militari ma con la persuasione del dialogo. (S.S.)

 

 

NUMEROSI I CAMBIAMENTI NEL RITO DEL MATRIMONIO,

A COMINCIARE DALLA FORMULA PRONUNCIATA DAGLI SPOSI.

LE NOVITA’ SONO STATE ILLUSTRATE NEL CORSO DI UN CONVEGNO

ORGANIZZATO DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA A GROSSETO

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

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GROSSETO.= Non più: “Io prendo te”, ma “Io accolgo te”: questa la nuova formula che gli sposi pronunceranno in occasione delle nozze. E’ quanto prevedono le modifiche al rito del matrimonio che entreranno in vigore a partire dalla prima Domenica di Avvento. Se ne discute in questi giorni a Grosseto nel corso di un convegno organizzato dalla Conferenza episcopale italiana. La Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti ha infatti approvato lo scorso 29 aprile la traduzione italiana dell’edizione latina del rito del matrimonio. Ma non si tratta di una semplice traduzione del testo originale latino, bensì di un suo adattamento alla realtà italiana, tenendo conto delle diverse situazioni di coloro che chiedono di celebrare il matrimonio cattolico. “L’inserimento del verbo ‘accogliere’ nella nuova formula per lo scambio del consenso tra gli sposi vuole sottolineare la dimensione del dono”, spiega il direttore dell’Ufficio catechistico don Walter Ruspi. E’ stato aggiunto, inoltre, un esplicito riferimento alla grazia di Cristo ed è stato arricchito il lezionario per la scelta delle letture nella celebrazione. Tra le altre novità, la possibilità di collocare la benedizione degli sposi dopo lo scambio degli anelli, e una nuova formula di benedizione sugli sposi che accentua il riferimento alla Santissima Trinità, “affinché – dice la nuova formula – gli sposi, segnati con il fuoco dello Spirito, diventino Vangelo vivo tra gli uomini”. E’ previsto anche un rito particolare nel caso in cui uno dei contraenti non sia battezzato. Il nuovo testo liturgico per il rito delle nozze – ha spiegato il segretario generale della CEI, mons. Giuseppe Betori – non si esaurisce nella celebrazione, ma offre contenuti e percorsi di riflessione anche per la preparazione al matrimonio”.

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ALL’APERTURA DEI LAVORI DEL “GRUPPO DI RIO”,

IL PRESIDENTE VENEZUELANO HUGO CHAVEZ PARLA DELLA DIFFICILE

 SITUAZIONE AD HAITI, PROPONENDO UN’ASSEMBLEA COSTITUENTE

 

RIO DE JANEIRO. = La difficile questione di Haiti al centro della prima sessione del “Gruppo di Rio” - l’organismo di consultazione permanente composto da 19 Paesi latino-americani- riunito in questi giorni nella metropoli carioca. Ad introdurre il tema, il presidente venezuelano Hugo Chavez, il quale ha parlato della necessità di un’Assemblea costituente per sostituire l’attuale governo. A nove mesi dai disordini che hanno portato all’uscita di scena del presidente Jean-Bertrand Aristide, la situazione nell’isola caraibica resta di estrema insicurezza. Recentemente la Commissione interamericana dei diritti umani ha espresso “forte preoccupazione” per gli incidenti che si susseguono ormai dalla fine di settembre, denunciando anche “arresti e detenzioni arbitrari e minacce e intimidazioni contro gli attivisti per i diritti umani”. Con l’arrivo del terzo contingente di soldati dal Guatemala, saranno oltre 4.000 i caschi blu della missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti. (S.S.)

 

 

L’ARCIVESCOVO ARGENTINO DI RESISTENCIA, MONS. CARMELO GIAQUINTA

 PARLA DELL’ESIGENZA DI EVANGELIZZARE NUOVAMENTE IL MONDO

NELL’ERA DELLA GLOBALIZZAZIONE.

IMPORTANZA PRIMARIA ALLA FORMAZIONE DI CHI ANDRA’

AD ANNUNCIARE LA PAROLA DI DIO

 

BUENOS AIRES. = L’esigenza di “evangelizzare gli spazi fisici, ma soprattutto quelli umani. E per raggiungere tali obiettivi è importante la formazione permanente di chi andrà ad annunciare la parola di Dio”. A riferirlo l’arcivescovo di Resistencia, mons. Carmelo Giaquinta, il quale parla di un mondo globalizzato, nel quale “il Vangelo deve essere nuovamente annunciato”. Il presule si dice convinto che: “la globalizzazione consente l’acquisizione di criteri, di mode e di forme di pensiero che vengono dall’altro capo del mondo e sulle quali non abbiamo alcun controllo. Sono per lo più attacchi feroci ai valori che hanno segnato la storia dell’uomo da millenni”. Da criticare, dunque, stili e modi “imposti dal mercato, luogo dove solo l’utile e il profitto ha un valore, mentre il buono e il vero vengono ignorati”. “Nelle parrocchie si sta facendo molto per far crescere adeguatamente i catechisti” - evidenzia mons. Giaquinta - “ma bisogna impegnarsi di più e meglio. Soprattutto a livello di arcidiocesi. Gli agenti pastorali devono diventare veri e propri professionisti, perché non basta distribuire viveri o aiuti ai bisognosi, ma è necessario conoscere la cause che generano povertà  e saper suscitare nel povero la voglia di diventare protagonista per superare, un domani, da solo il problema che lo affligge”. (S.S.)

 

 

L’ARCIVESCOVO DI SAN SALVADOR, MONS. SAENZ LA CALLE

CHIEDE CHE LA RIFORMA FISCALE SIA EQUA

 

SAN SALVADOR. = “La nuova riforma fiscale dovrà arrecare benefici a tutta la popolazione, non solo ad alcuni settori”. L’arcivescovo di San Salvador, mons. Fernando Saenz Lacalle, interviene sulla norma che prevede sensibili ritocchi alla finanziaria, segnalando che: “Pagare le tasse è un dovere, ma ogni cittadino, senza distinzione alcuna, deve poterne trarre profitto. Non si possono avvantaggiare solo alcune parti”. Agli imprenditori, che hanno espresso le loro perplessità sulla riforma, il presule ha precisato che: “Chi ha di più, deve dare di più”, e ha concluso dicendo: “Solo se si arriva ad una equa ripartizione dei ricavi, si potrà realmente dire che si è raggiunti una importante meta in materia fiscale”. (D.D.)

 

 

ELETTA IERI A ROMA LA NUOVA MADRE GENERALE DELLA CONGREGAZIONE DELLE SUORE DI SANTA ELISABETTA.

E’ LA POLACCA SUOR MARIA SAMUELA WERBINSKA

 

ROMA. - Suor Maria Samuela Werbinska, polacca di 45 anni, è la nuova Madre generale della Congregazione delle suore di Santa Elisabetta. L'elezione è avvenuta ieri a Roma nel corso del capitolo generale della congregazione. Oggi è prevista l'elezione delle consigliere generali. Al capitolo, che durerà fino al 28 novembre, partecipano 43 delegate di 10 province e 9 osservatrici dai Paesi di missione. Le Suore di Santa Elisabetta sono attualmente 1800 e svolgono attività caritativa ed apostolica in Brasile, Danimarca, Lituania, Germania, Israele, Italia, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca, Russia, Svezia ed Ucraina. Il carisma principale della congregazione sta nell'assistenza ai malati nelle proprie case e negli ospedali. Le religiose, inoltre, assistono le persone anziane, abbandonate, i bambini portatori di handicap. Ai bambini e alla gioventù le suore di Santa Elisabetta offrono anche educazione generale e religiosa. (A.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

5 novembre 2004

 

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

La fitta agenda politica del premier iracheno Iyad Allawi a Bruxelles, il dramma di nuovi attentati, la liberazione di tre ostaggi ed un nuovo comunicato di Al Qaeda. Sono questi gli ultimi sviluppi della situazione irachena sulla quale ci riferisce Amedeo Lomonaco:

 

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“L’Unione Europea ricominci da zero e apra un nuovo capitolo sull’Iraq”: è questo l’invito lanciato stamani a Bruxelles dal primo ministro iracheno, Iyad Allawi, al termine di un incontro bilaterale con il premier britannico Tony Blair. Il leader iracheno, parlando al Consiglio Atlantico, ha anche dichiarato di apprezzare il lavoro svolto dalla Nato per il Paese arabo. Allawi ha annunciato, inoltre, che il partito Baath, al potere durante il regime di Saddam Hussein, sarà escluso dalle elezioni. E il vice presidente iracheno ha detto che la consultazione si terrà il 27 gennaio. Sul terreno, intanto, due bambini di 3 e 12 anni sono morti, nei pressi di Moqdadiya, quando un colpo di mortaio ha colpito la loro abitazione. Due marines, inoltre, sono stati uccisi ed altri quattro feriti nella provincia di Al Anbar, ad ovest di Baghdad. Un altro soldato è morto in seguito allo scoppio di una bomba vicino a Balad. Lo ha riferito un portavoce militare americano, aggiungendo che questi episodi sono avvenuti ieri. E l’aviazione statunitense ha nuovamente colpito, nelle ultime ore, postazioni e depositi di armi dei ribelli a Falluja, dove i militari americani hanno bloccato tutte le vie di accesso. Secondo fonti ospedaliere, le incursioni aeree compiute nella notte nella città sunnita sono costate la vita ad almeno tre persone. Sul versante ostaggi, sono stati rilasciati due libanesi sequestrati all’inizio di ottobre e un cittadino nepalese rapito la scorsa settimana con un americano, un filippino e tre iracheni, due dei quali successivamente liberati. Un gruppo islamico legato ad Al Qaeda ha minacciato, infine, gli americani con un nuovo comunicato diffuso su Internet. “Ci sarà una violenta rappresaglia, un inferno intollerabile – si legge nel testo – in seguito alla rielezione del presidente americano, George Bush”.

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E nella sua prima conferenza stampa dopo la rielezione, il presidente statunitense George Bush ha anche delineato come la sua amministrazione veda il futuro dell’Iraq. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Bush ha detto che l’Iraq resta comunque una priorità ed ha ripetuto di essere convinto di poter affermare la democrazia. Il capo della Casa Bianca ha dichiarato che chi si oppone alle elezioni e alla nascita di un Paese libero deve essere sconfitto e sta lavorando col premier Allawi a questo scopo, puntando poi sull’addestramento delle forze locali per stabilizzare la situazione. Il presidente ha aggiunto che vincere la guerra al terrorismo è un dovere, sottolineando che è nell’interesse di tutti i Paesi civili e ha quindi manifestato la volontà di aumentare la collaborazione con gli alleati, segnalando l’intenzione di superare gli attriti del primo mandato. Il presidente ha commentato il forte sostegno ricevuto dagli elettori che vanno in Chiesa, dicendo di essere contento che molta gente di fede lo abbia votato. Poi ha aggiunto che non cercherà di imporre il suo credo sulla società, perché uno degli elementi coesivi degli Stati Uniti è la libertà di culto.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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“Forte sostegno al processo politico in corso in Iraq e al governo provvisorio di Baghdad”. Così si sono espressi stamani i leader europei durante il Vertice del consiglio europeo che si concluderà oggi pomeriggio a Bruxelles. Risolta, intanto, la crisi politica all’interno della Commissione europea. Sarà il ministro italiano Franco Frattini a prendere il posto del contestato Rocco Buttiglione. La notizia è stata data ieri dal presidente designato della Commissione, Barroso, mentre in Italia il dicastero degli Esteri, lasciato da Frattini, potrebbe andare a Gianfranco Fini, vicepresidente del Consiglio.

 

Nel primo discorso ufficiale alla nazione, il presidente dell’Afghanistan, Hamid Karzai, ha accettato il mandato presidenziale, sottolineando la vittoria sui suoi rivali e affermando di voler servire tutto il popolo e non soltanto chi ha votato per lui. Karzai ha anche dichiarato di voler rafforzare le istituzioni governative, di voler eliminare le milizie private dei “signori della guerra” e di combattere i narcotrafficanti.

 

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha firmato il Protocollo di Kyoto, il trattato che punta a frenare il surriscaldamento del pianeta e a ridurre le emissioni di gas nocivi. Mosca ha così completato la procedura di ratifica del documento, già peraltro approvato in ottobre dai due rami del Parlamento. Il ‘sì’ della Russia è decisivo per l’entrata in vigore del Protocollo, per la quale era necessaria l'adesione dei Paesi che emettono il 55 per cento dei gas-serra. Finora il trattato era stato ratificato da 126 Paesi, responsabili del 44,3 per cento dei gas incriminati: con la ratifica della Russia – che produce il 17,4 per cento del totale di queste emissioni – il protocollo può entrare in vigore. Ma come può essere giudicato il passo compiuto oggi dal Cremlino? Giada Aquilino lo ha chiesto al prof. Vittorio Strada, storico della cultura russa:

 

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R. – E’ una decisione che va accolta con favore, pensando anche che la Russia attuale - erede dell’Unione Sovietica - ha una situazione ecologica tra le più disastrate e pericolose al mondo. Non a caso, la catastrofe ecologica più grave è stata quella di Chernobyl. La situazione russa è poi particolarmente difficile per gli ingenti residui di armi chimiche e batteriologiche accumulate durante il periodo sovietico. Gli addetti allo smantellamento di questo enorme arsenale fanno presente come il compito loro affidato comporti difficoltà enormi sia di carattere finanziario, sia di carattere tecnico, operativo e scientifico.

 

D. – Quali contropartite avrà la Russia da questa ratifica?

 

R. – Una prima contropartita, come per qualunque Stato che approvi tale ratifica, è una questione di immagine. Si tratterà poi di vedere quali richieste o contributi ci possano essere da parte di organismi internazionali affinché questa situazione insana e compromessa possa essere sanata. Non c’è da dimenticare che l’industria chimica ha prodotto danni quasi irreparabili sulla salute della popolazione e sull’ambiente. Quindi c’è tutta una serie di problemi tecnico-finanziari e politici aperti e da risolvere anche a livello internazionale.

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In Cina è di almeno 15 morti il drammatico bilancio dell’esplosione di gas avvenuta questa mattina in una miniera di carbone nella provincia di Shanxi. Secondo quanto riferito dai media locali, una persona è ancora sepolta nella miniera e le squadre di soccorso sono al lavoro per cercare di recuperarne il corpo.

Dieci persone sono morte in Marocco per un crollo in una moschea a Fez, 200 chilometri a est di Rabat. Secondo le prime ricostruzioni dell’incidente, avvenuto ieri sera, sarebbe stato il crollo di una casa che sovrasta la moschea d'Ain Al-Khail, nella città vecchia di Fez, a provocare a sua volta il cedimento parziale dell'edificio religioso.

 

In Costa d’Avorio l’aviazione militare di Abidjan ha bombardato ieri le città di Bouakè e Korhogò, a nord del Paese, nella regione sotto il controllo dei ribelli. Almeno 3 i morti, una quarantina i feriti. Intanto, l’Onu ha annunciato la sospensione delle proprie attività nel Paese africano in seguito alla ripresa dei combattimenti. Come ci spiega da Bouakè il missionario padre Giovanni De Franceschi, i raid sono stati ordinati dal presidente Gbagbo dopo la decisione della guerriglia di non deporre le armi e di non partecipare alle riunioni del governo, contravvenendo così agli accordi di pace di Accra. Ascoltiamo la testimonianza del religioso nell’intervista di Roberto Piermarini:

 

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R. – Vedendo che la comunità internazionale non interveniva per spingere o obbligare l’ex ribellione a partecipare alle riunioni del governo, credo che Gbagbo abbia deciso di compiere questi raid di bombardamenti su Bouaké e su Kurogo per obbligare la comunità internazionale ad intervenire e a dire all’ex ribellione: “Incominciate a partecipare alle riunioni del governo e i bombardamenti cesseranno”. Parlando con la gente, ieri, dicevano che i bombardamenti erano un po’ per tastare la reazione della comunità internazionale: se sarebbe intervenuta, in che modo sarebbe intervenuta, e poi avrebbe continuato o avrebbe cessato.

 

D. – Come sta vivendo la popolazione civile questa situazione, che ormai si trascina da mesi?

 

R. – Nella paura: ieri le strade erano completamente vuote. Soprattutto dopo il secondo e il terzo bombardamento. La gente vive nella paura. Poi, c’è il fatto che adesso i ribelli dettano la loro legge ...

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Sempre più difficile la situazione nel Darfur, la regione del Sudan occidentale teatro di una sanguinosa guerra civile. I ribelli hanno accettato di firmare l’accordo su questioni legate alla sicurezza proposto dall’Unione africana (UA). Ma il governo di Khartoum si è rifiutato di sottoscriverlo, giudicandolo squilibrato. E a Bruxelles, intanto, i leader dell’Unione Europea hanno espresso “gravi preoccupazioni” sulla situazione della regione e hanno lanciato un appello al governo di Khartoum affinchè rispetti le richieste della comunità internazionale in fatto di sicurezza e diritti umani.

 

 L’Etiopia è uscita dalla lista dei Paesi africani più colpiti dal virus della poliomelite, grazie all’intensa campagna di vaccinazione che ha interessato oltre 750.000 bambini. Lo hanno riferito le autorità sanitarie di Addis Abeba, precisando che la campagna era stata lanciata dopo aver registrato nuovi casi di diffusione del virus lungo il confine con il Sudan.

 

Almeno duemila persone hanno abbandonato la località congolese di Bweremana, dove da cinque giorni sono in corso scontri fra miliziani forze dell’esercito. Lo hanno reso noto le autorità congolesi.

 

 

 

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