RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
311 - Testo della trasmissione di sabato 6 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
Convegno
alla Radio Vaticana sul tema del fidanzamento: ce ne parla mons. Elio Sgreccia
CHIESA E SOCIETA’:
La Chiesa in Spagna lancia una campagna
informativa su matrimoni omosessuali ed eutanasia
Nato
in Messico il Consiglio di bioetica
Iraq in fiamme: attacco multiplo a Samarra con oltre 35 morti. La guerriglia colpisce anche a Ramadi e Baghdad. Polemiche tra Allawi e Annan sui bombardamenti americani a Falluja
Ridda di voci sullo
stato di salute di Arafat. Il premier palestinese Abu Ala in visita nella Striscia
di Gaza, per colloqui su un nuovo governo
6 novembre 2004
IL PAPA RICEVE I DIRIGENTI DELLA BANCA DI CREDITO
COOPERATIVO DI ROMA,
NATA 50 ANNI FA
PER SOSTENERE LA GENTE SEMPLICE E DIFENDERE I CITTADINI DALL’USURA, E LI
ESORTA A RAFFORZARE L’OFFERTA DI SERVIZI DI SOLIDARIETA’
- A cura di Roberta
Gisotti -
“In ogni tempo ma specialmente in questa nostra epoca, occorre che i cristiani
siano in ogni campo fermento di autentico rinnovamento sociale e lievito di
speranza evangelica”: cosi il Papa ricevendo stamane dirigenti e soci con i
loro familiari della Banca di Credito Cooperativo di Roma, nel cinquantesimo di
fondazione dell’istituto bancario. Giovanni Paolo II ha quindi auspicato che
“le esigenze del bene comune” restino al centro delle tante iniziative di
questa Banca, per restare fedele allo spirito dei suoi fondatori di “rendere
alla società un servizio di solidarietà”, ispirandosi ai principi e agli
insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa. Il Santo Padre ha quindi
elogiato l’attenzione che l’Istituto di credito - che opera nel Lazio e in
Abruzzo - pone alle comunità ecclesiali, alle parrocchie, specie quelle rurali
e alle opere di promozione umana gestite da enti ecclesiastici o da comunità
religiose.
La Banca di Credito Cooperativo di Roma, nasce nel 1954 con un unico
sportello a Finocchio, alla periferia della città, con il nome di Cassa Rurale
Artigiana dell’Agro romano, per sostenere la gente semplice, diffondere il
diritto al credito e difendere i cittadini dall’usura, come tante altre piccole
cooperative di credito sorte in Italia dalla fine dell’800. Nel 1975 diviene
Cassa Rurale ed artigiana di Roma e poi ancora nel 1995 assume il nome odierno.
Oggi conta circa 13 mila soci e 85 Agenzie e Sportelli.
UN “LAICO CRISTIANO TUTTO D’UN PEZZO”: COSI’
GIOVANNI PAOLO II
RENDE OMAGGIO ALLA FIGURA DI GIORGIO LA PIRA,
IN UN MESSAGGIO NEL CENTENARIO DELLA SUA NASCITA
Giorgio La Pira, “figura
esemplare di laico cristiano”. In occasione del centenario della sua nascita e
delle commemorazioni a Firenze, dove fu “stimato Sindaco”, Giovanni Paolo ha
inviato al cardinale Ennio Antonelli, arcivescovo della città, un messaggio per
sottolineare la grande eredità spirituale lasciata da La Pira alla Chiesa
fiorentina e all’intera comunità ecclesiale. Il servizio di Roberta Gisotti:
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“In apparenza
fragile”, ma “dotato di grandi energie intellettuali e morali, potenziate e affinate”
con “lo studio”, “la riflessione”, “l’ascesi”, “la preghiera”. Giovanni Paolo
II ricorda Giorgio La Pira come un “laico cristiano tutto d’un pezzo”, frutto
di quella “feconda tensione” tra “contemplazione” e “azione”, che accompagnò
tutta la sua vita, dedita “alla tante esigenze del prossimo in difficoltà”. La
sua spiritualità – sottolinea il Papa – è infatti ‘immanente’ all’attività
quotidiana: “dalla comunione eucaristica, alla meditazione, all’impegno
culturale, all’azione sociale e politica, non v’era per lui soluzione di continuità.
“ Per questo gli fu congeniale il motto ‘contemplata aliis tradere’,
ovvero predicare quanto contemplato, che La Pira apprese da
Tommaso d’Aquino e dalla scuola domenicana, che tanto influirono nella sua
formazione. E cosi egli “cercava luce e ispirazione per la sua orazione e la
sua vita in Gesù risorto, Signore della storia, appoggiandosi alla Chiesa Corpo
di Cristo, sotto la protezione materna di Maria”. La sua mente “illuminata
dalla fede – osserva il Santo Padre – fu capace di intuizioni premonitrici”
sulla Chiesa e sul mondo, come la “necessità della pace tra i popoli ed il
superamento delle ideologie atee e materialiste”. “Ebbe il senso della laicità
autentica e della giusta autonomia dei fedeli nell’ambito delle realtà secolari”
ed anche “intese la funzione pubblica come servizio al bene comune, sottratto
ai condizionamenti del potere ed alla ricerca del prestigio o dell’interesse
personale.”
Che “il suo esempio – conclude
Giovanni Paolo II – stimoli ed incoraggi quanti si sforzano di testimoniare con
la loro esistenza il Vangelo nell’odierna società e si pongono al servizio
degli altri.”
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LE NUOVE GENERAZIONI MANTENGANO INTATTO IL
PATRIMONIO DEI VALORI CRISTIANI: COSI’ IL PAPA NEL MESSAGGIO AL CARDINALE DE
GIORGI,
ARCIVESCOVO
DI PALERMO,
IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI IN SICILIA
PER IL 150.MO ANNIVERSARIO DEL DOGMA
DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE
- Servizio di Alessandro Gisotti -
“In mezzo alle gioie e alle
attese, alle tristezze e alle angosce della vita, Maria è segno di consolazione
e di sicura speranza”. E’ quanto sottolineato da Giovanni Paolo II in un
messaggio al cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo di Palermo, in
occasione delle celebrazioni in terra siciliana per il 150.mo anniversario
della proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine
Maria. Evento, rileva il Papa, che ha suscitato nella Chiesa della Sicilia “una
fervida e corale adesione”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“La Sicilia di oggi è molto
cambiata, come del resto l’intera società italiana, ma è quanto mai importante
che le nuove generazioni sappiano conservare intatto quel patrimonio di valori
che ha reso illustre la storia dell’isola”. Giovanni Paolo II evidenzia così la
sua viva soddisfazione nel sapere che i fedeli siciliani, a un secolo e mezzo
di distanza, si radunano per celebrare il Dogma dell’Immacolata e approfondirne
i significati. “In un mondo che rapidamente cambia – avverte – vi sono alcune
cose che non devono mutare”. Tra queste, afferma, c’è “sicuramente il legame
d’amore filiale tra i membri della Chiesa” e Maria.
Soffermandosi, quindi, sul
patrimonio di valori della Sicilia, il Pontefice indica che “parte cospicua di
questo nobile patrimonio è certamente costituita dalle tradizioni religiose fiorite
sul ceppo antico della fede cristiana”. Tra queste, scrive ancora, “un posto di
primo piano occupano le manifestazioni della devozione alla Vergine”. Il Papa
riconosce infine l’impegno della Chiesa siciliana “nel riproporre al Popolo di
Dio le profonde radici storiche che la devozione all’Immacolata può vantare” in
Sicilia.
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LA POLONIA E’ DEBITRICE DI SAN BENEDETTO DA
BENEVENTO,
SUO
EVANGELIZZATORE: COSI’ IL PAPA NELLA LETTERA AL CARDINALE GROCHOLEWSKI, INVIATO
SPECIALE DEL SANTO PADRE ALLE CELEBRAZIONI PER I MILLE ANNI
DAL
MARTIRIO DEL SANTO, IN PROGRAMMA IL 13 E 14 NOVEMBRE PROSSIMO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
La Polonia è profondamente
debitrice al suo evangelizzatore San Benedetto da Benevento. E’ quanto
sottolineato da Giovanni Paolo II nella lettera al cardinale Zenon Grocholewski,
prefetto della Congregazione per
l'Educazione Cattolica, Inviato Speciale del Santo Padre alle celebrazioni conclusive per i mille anni dal martirio di San Benedetto. Celebrazioni che avranno luogo il 13 ed il 14 novembre
prossimo.
Nella
lettera, il Papa ricorda come San Benedetto - assieme a quattro suoi compagni monaci
- sacrificarono la propria vita nell’adempimento della missione
evangelizzatrice in terra polacca. Con quel memorabile evento, sottolinea il
Pontefice, “la mia carissima terra natia” e quella beneventana si sono unite
nel vincolo della fede e della carità.
ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel corso
della mattina il Papa ha ricevuto in successive udienze il cardinale Jozef Tomko, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici
Internazionali, l’arcivescovo Domenico De
Luca, nunzio apostolico, e il cardinale
Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i
vescovi.
Il
Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi di Cabanatuan, nelle Filippine,
mons. Sofronio Aguirre Bancud, della Congregazione del Santissimo Sacramento,
finora vescovo titolare di Bida ed ausiliare della medesima sede.
Il
Papa ha quindi nominato amministratore apostolico “sede plena et donec aliter
provideatur” della diocesi di Litomeřice nella Repubblica Ceca mons. Dominík
Duka, domenicano, vescovo della diocesi di Hradec Králové.
Infine il Santo Padre ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Bambari nella
Repubblica Centroafricana, presentata da mons. Jean-Claude Rembanga, in conformità
al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons. Edouard Mathos,
finora vescovo titolare di Giufi e ausiliare dell’arcidiocesi di Bangui.
INIZIATA
IN VATICANO LA PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE:
SI PARLERA’ ANCHE DI COPERNICO E GALILEO
- Intervista con mons. Marcelo Sanchez Sorondo -
E’ iniziata ieri in Vaticano la
sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze sul tema “Percorsi
di scoperta”. Si parlerà tra l’altro di Galileo e Copernico. L’Accademia, creata nel 1603 e rifondata col
nome attuale nel 1936, è composta da oltre 80 scienziati provenienti da tutto
il mondo, e ha per scopo di onorare la scienza pura, assicurarne la libertà e
favorirne le ricerche. Ma sugli obiettivi di questa plenaria ascoltiamo il vescovo
Marcelo Sanchez Sorondo, segretario della Pontificia Accademia delle Scienze,
intervistato da Giovanni Peduto:
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R. – L’obiettivo è quello di
esaminare i percorsi della creatività nella scienza. Tutti i nostri accademici
sono persone che hanno portato creatività. E’ noto che nella nostra Accademia
ci sono più di 30 Premi Nobel, quindi indubbiamente si tratta di persone di
qualità elevata. Ognuno dirà la sua. Ma si farà anche un’analisi dei grandi
personaggi come Galileo, Einstein, Mendel, per mostrare che cosa è stata
nell’Occidente, la scienza, e quale sia stato il suo progetto, quale la sua
realizzazione oggi: è un cammino dal quale non si può tornare indietro.
D. – Dove sta andando oggi la
scienza?
R. – La scienza va per conto
suo, cioè da quanto la scienza è iniziata con i greci, passando per il
Rinascimento con le diverse rivoluzioni scientifiche, va nella ricerca della
verità della natura, cioè quello che i Padri della Chiesa chiamavano “il libro
primo che Dio ha scritto, che è il libro della Creazione”.
D. – C’è il rischio che
l’utilitarismo porti la scienza a distinguere tra esseri umani degni e meno
degni di vivere?
R. – Sempre la scienza ha corso
tanti rischi, ma questo è un problema spurio perché non spetta alla scienza
determinare quale sia l’essere umano meno degno e quale quello più degno.
Questi sono problemi dell’etica e della politica.
D. – Molti si chiedono come sia
possibile oggi, nel Terzo Millenio, con l’attuale progresso scientifico, che
esistano ancora centinaia di milioni di persone che muoiono di fame o di
malattie assolutamente curabili…
R. – Questa è una domanda più
che giusta. La scienza scopre la verità della natura e scopre anche, in qualche
modo aiutata dalla tecnologia, il modo di poter arrivare a tutti. Il problema,
qui, non è tanto delle scienze come la fisica, la biochimica, la chimica ecc.,
ma il problema è piuttosto qui delle scienze sociali, cioè un problema di
giustizia, e questo problema della giustizia è un problema fondamentale, oggi,
come ha detto il Santo Padre, di solidarietà e giustizia. Oggi bisogna
globalizzare la giustizia e la solidarietà, se vogliamo uscire da questa crisi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’Iraq con un articolo dal titolo “Un popolo dilaniato”:
Samarra è stata investita da attentati dinamitardi, da attacchi contro posti di
polizia e da scontri tra forze USA ed insorti. Nel frattempo, il segretario
generale dell’ONU ha ammonito che una massiccia offensiva su Falluja rischia di
compromettere le elezioni generali di gennaio.
Nelle
vaticane, nel discorso a dirigenti e soci della Banca di Credito Cooperativo di
Roma, Giovanni Paolo II ha esortato a rendere alla società un servizio di
solidarietà e di mutualità, ispirandosi ai principi e agli insegnamenti della
dottrina sociale della Chiesa.
La
lettera di Giovanni Paolo II al cardinale Zenon Grocholewski per la nomina a
Inviato Speciale alle celebrazioni conclusive del X centenario del martirio di
San Benedetto da Benevento e compagni, evangelizzatori della Polonia.
Un
articolo di Piotr Tisler sulla figura di mons. Kostantyn Dominik, l’apostolo
del “mistero di presenza”.
Nelle
estere, Medio Oriente: triste e composta reazione dei palestinesi alle notizie
sulle condizioni del presidente Arafat.
Nella
pagina culturale, un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo “E un posto
per Andromaca?”: gli incontri su “Il mito e la donna”.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema del fisco.
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6
novembre 2004
A CASTEL GANDOLFO CONVEGNO SULL’INFORMAZIONE
PROMOSSO DAI FOCOLARI:
APPELLO AI COMUNICATORI PERCHE’ DIFFONDANO LA
VERITA’ SENZA DISTORSIONI CONTRIBUENDO AD AFFRATELLARE I POPOLI DI TUTTO IL MONDO
- Intervista con Michele Zanzucchi -
Si è aperto ieri a Castel
Gandolfo un convegno sulla comunicazione promosso da NETone, un’agenzia
d’informazione che si ispira alla spiritualità dal Movimento dei Focolari.
Circa un migliaio i partecipanti tra giornalisti, registi, sceneggiatori e
informatici, provenienti da 41 Paesi. Dall’incontro giunge un appello ai
comunicatori perché sappiano diffondere la verità senza distorsioni e in uno
spirito di dialogo, contribuendo all’unità della famiglia umana. Ma sentiamo,
al microfono di Adriana Masotti, Michele Zanzucchi, caporedattore della rivista
dei Focolari “Città Nuova”:
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R. – Il tema di questo convegno
è “Il silenzio, la parola, la luce”. Il modello che viene proposto è quello di
Maria: Maria, che facendo silenzio, ha permesso che la Parola, il Figlio Suo
Gesù, si esprimesse. La comunicazione che nasce da questo modello è una
comunicazione che è per l’uomo, una comunicazione che risulta come qualcosa di
essenziale per la vita in società. E’ una comunicazione in positivo, è una
comunicazione che cerca di essere all’ascolto dell’altro e di andare verso
l’altro.
D. – Il convegno di Castel
Gandolfo è un punto di arrivo ma anche un punto di partenza. NETone è ormai una
realtà che vuol crescere, ma in quale direzione?
R. – Noi vogliamo andare semplicemente
nella direzione di una comunicazione che sia al servizio della unità del genere
umano. La comunicazione è sempre di più un elemento di divisione. Noi vorremmo
invece che fosse veramente un elemento di coesione. Certamente c’è una buona
dose di utopia in quello che noi proponiamo, ma nello stesso tempo l’utopia è
un qualcosa di concreto se due o più persone si mettono a viverlo. Siamo pochi,
è vero, ma saremo sempre un migliaio in questo convegno di comunicatori che
sono convinti che la comunicazione
abbia bisogno di ritrovare dei punti di riferimento in un momento in cui
il relativismo etico e la frammentazione del sapere portano ad una “babele
planetaria” piuttosto che ad una unità planetaria.
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CONVEGNO ALLA RADIO VATICANA SUL TEMA DEL
FIDANZAMENTO
- Intervista con Elio Sgreccia -
“Un periodo prezioso di
preparazione, conoscenza e cambiamento nella prospettiva sacramentale del
matrimonio”. Questo, il fidanzamento secondo mons. Elio Sgreccia, vice
presidente della Pontificia Accademia per la Vita, nel discorso introduttivo al
Convegno dal titolo: “Il fidanzamento oggi”. All’iniziativa, svoltasi stamani
nella sede della nostra emittente, hanno preso parte teologi, biologi e
psicologi per mettere in luce presupposti e dinamiche del tempo di preparazione
al matrimonio nella società attuale. Ma in che cosa consiste concretamente il
‘fidanzamento cristiano’? Al microfono di Roberta Moretti, ascoltiamo mons.
Sgreccia:
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R. – Tradizionalmente, queste
caratteristiche sono la possibilità di conoscere il carattere, il temperamento,
di verificare la profondità dei sentimenti. Ci dev’essere oggi, soprattutto nel
pluralismo della società, una capacità di identificare in prospettiva i valori
che si vogliono perseguire insieme, e poi ci dev’essere un periodo di
preparazione teologica, perché il matrimonio cristiano è sacramento. Oggi,
molto spesso si intende il matrimonio cristiano come cerimonia, mentre i
contenuti di fede sono stati resi evanescenti nella società.
D. – Come è vissuto il fidanzamento
nella società attuale?
R. – Oggi pensiamo che questo
periodo subisca dei rischi, nel senso che molto spesso non c’è fidanzamento:
sono decisioni rapide, emotive, addirittura di convivenza prima del matrimonio
come prova per vedere se si è compatibili. C’è anche una maggiore
superficialità di conoscenze: le conoscenze sono occasionali nei momenti di
vita collettiva nelle discoteche o nelle scuole; non c’è un contatto profondo
tra famiglia di provenienza e famiglia di colui o di colei che intende
stabilire una comunione di vita ...
D. – La castità nel fidanzamento
è sempre più messa in dubbio in questa società secolarizzata ...
R. – Sì, è vero che è messa in
dubbio o addirittura qualche volta irrisa; però, si sta riscoprendo. Sono
tornato proprio ieri dall’America Latina: ho visto delle associazioni che si
impegnano solennemente, con una funzione in chiesa, a vivere la castità durante
il fidanzamento e portano addirittura anche un distintivo nel quale è scritto:
“El verdadero amor espera” – il vero amore sa aspettare. Quindi, la castità è
un valore che arricchisce, non depaupera; è anche un valore che fa verificare
l’autenticità dei sentimenti!
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Domani, 7 novembre, 32ma
Domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci propone il dialogo tra Gesù e i
Sadducei che negavano la risurrezione. Gesù risponde:
“Che i morti risorgono, lo ha
indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di
Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe.
Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui”.
Su queste parole, ascoltiamo il
commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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I Sadducei negavano la
risurrezione dei morti, perciò volevano mettere in imbarazzo Cristo ponendogli
la domanda: “Di chi sarà la moglie che aveva avuto sette mariti, morti uno dopo
l’altro?”. Cristo risponde che la vita nella risurrezione è da comprendere con
categorie molto diverse da quelle di quaggiù, e accenna che si vivrà come Figli
di Dio. L’amore del Padre sarà tutto. Cristo fa da spartiacque: la fede che Lui
annuncia non la si può vivere senza un’appartenenza totale, perché Dio non è un
dio qualsiasi, è il Padre, è suo Padre. Perciò, o si accoglie la sua venuta
come grazia che fa diventare anche noi figli, oppure si rimane chiusi nei
propri ragionamenti ma allora i misteri di Dio Padre e del suo amore rimangono
preclusi. Abramo, Isacco, Giacobbe hanno lottato con Dio, hanno discusso con
Lui ma si sono poi affidati a Lui e Lo hanno accettato come priorità assoluta.
Perciò vivono in Lui, e Cristo può dire che il loro Dio è il Dio dei vivi.
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6
novembre 2004
LA RISPOSTA DELLA CHIESA
IN SPAGNA DINANZI AI TEMI SOCIALI
PIU’ ATTUALI NEL PAESE.
MILIONI DI VOLANTINI, SU EUTANASIA, DIVORZIO
E MATRIMONI GAY,
VERRANNO DISTRIBUITI IN TUTTE LE PARROCCHIE
PER “MOBILITARE LE
COSCIENZE CRISTIANE”
MADRID.
= La Conferenza episcopale spagnola lancia una campagna informativa sui temi
sociali più attuali nel Paese iberico. In un momento di polemiche e radicali
cambiamenti legislativi, la Chiesa locale ha realizzato dei volantini che
“aiutino i fedeli a comprendere i problemi che preoccupano l’opinione
pubblica”. Le recenti riforme del governo di Zapatero, infatti, dal divorzio
veloce ai matrimoni omosessuali, hanno scosso la società spagnola. “L’obiettivo
principale – ha spiegato il portavoce della Conferenza, Juan Antonio Martínez
Camino – sono i cattolici”, ma è chiaro che il progetto “avrà una ripercussione
pubblica”. “I dibattiti della vita pubblica – ha proseguito – si convertono in
un’occasione affinché i cattolici siano sicuri della propria fede”.
L’iniziativa, composta da quattro distinti passi, prende il via con il tema
spinoso dell’eutanasia. Questo fine settimana, verranno distribuiti 7 milioni
di volantini, intitolati: “ Tutta una vita… per essere vissuta”. La Chiesa
spagnola ricorda così che la legalizzazione dell’eutanasia potrebbe causare
“gravi conseguenze sociali”, lasciando senza difese i deboli, gli anziani e i
malati. La vita, sottolineano ancora i presuli, “non è a nostra disposizione
come fosse un terreno o un conto bancario”. In una società sempre più
secolarizzata, si identifica facilmente dignità e qualità della vita, ma
secondo questa visione “la vita debole, malata o sofferente non potrebbe in
alcun modo essere una vita con qualità”. Parlare di “morte veramente degna”, ha
concluso il portavoce della Conferenza spagnola, “è un eufemismo: si tratta di
togliere la vita ad una persona”. (B.C.)
NATO IN MESSICO IL
CONSIGLIO DI BIOETICA, CON L’OBIETTIVO DI ILLUMINARE
ATTRAVERSO IL VANGELO LE
SFIDE ODIERNE DELLE SCIENZE BIOMEDICHE. L’ISTITUZIONE
DIPENDERA’ DALLA COMMISSIONE EPISCOPALE DELLA PASTORALE FAMILIARE
CITTA’ DEL MESSICO. = La
Conferenza Episcopale Messicana (CEM) ha istituito un Consiglio di Bioetica per
ricordare gli insegnamenti del Vangelo di fronte al rapido sviluppo delle
scienze biomediche e delle tecnologie applicate alla vita e alla salute.
L’istituzione dipenderà dalla Commissione Episcopale della Pastorale Familiare,
sotto la diretta supervisione del Dipartimento della Vita, a carico del vescovo
di Toluca, mons. Francisco Javier Chavolla Ramos. Il Consiglio, presentato in
settimana a Città del Messico, è formato da 24 accademici di varie discipline,
in qualità di membri permanenti, e da 10 prestigiosi esperti di bioetica di
varie nazionalità, in qualità di membri onorari. Obiettivi del Consiglio di
Bioetica: promuovere un’indagine interdisciplinare sulle questioni bioetiche;
rimanere in contatto permanente con altri centri di riflessione bioetica civili
o religiosi, nazionali e internazionali; promuovere, conformemente alle linee
guida della Chiesa cattolica, una “cultura della vita”. “Stiamo lavorando con
spirito di Chiesa e piena disponibilità – ha sottolineato mons. Aguilar
Martínez, presidente del Consiglio – per affrontare una cultura scientifica
lontana dalla morale e dal rispetto per la vita e in una spiritualità di
comunione che ci costruisce e ci rafforza”. (B.C.)
“NESSUN CONFLITTO È SUFFICIENTEMENTE REMOTO DA NON
DANNEGGIARE
IL
NOSTRO AMBIENTE”: COSI’ IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU ANNAN,
IN
OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE PER LA PREVENZIONE DELLO
SFRUTTAMENTO
DELL’AMBIENTE IN TEMPO DI GUERRA
NEW
YORK. = “Da quando esiste la guerra, l’ambiente e le risorse naturali ne sono
state le vittime silenziose: raccolti incendiati, pozzi inquinati, foreste rase
al suolo, terreni avvelenati, animali uccisi”. Lo sottolinea, in un messaggio,
il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, in occasione della
Giornata mondiale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in tempo
di guerra. Denunciando la pratica, volta a creare “un vantaggio strategico,
demoralizzare le popolazioni locali, vincere la resistenza”, il capo del
Palazzo di Vetro ricorda esempi lampanti di tale scempio. “Durante la guerra
del Golfo del 1991 – scrive – i pozzi di petrolio in Kuwait vennero incendiati
deliberatamente e milioni di litri di petrolio furono scaricati nei sistemi di
condotta delle acque. In Cambogia, il 35% del patrimonio forestale è stato
distrutto nel corso di due decenni di guerra civile e di disordini. Durante il
conflitto in Angola, il numero di animali allo stato brado diminuì del 90%, e
nella guerra del Vietnam milioni di tonnellate di erbicidi tossici furono
scaricati sulla giungla, distruggendo la vegetazione in aree molto vaste,
alcune delle quali sono ancora oggi per questo inadatte alla coltivazione”. Il
problema di fondo, dinanzi a tutto questo, è “la mancanza è un sistema di
meccanismi che permettano di applicare le convenzioni”. Esistono, infatti,
strumenti giuridici per proteggere l’ambiente in tempo di guerra. Basti
pensare, ad esempio, alla “Convenzione sul divieto di utilizzo di tecniche di
alterazione dell’ambiente a fini militari o comunque ostili (1976)”; alla
“Convenzione sulle armi chimiche e la Convenzione sulla proibizione delle mine
antipersonali (1997)”; o al “primo Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di
Ginevra”, che proibisce l’uso di “metodi o mezzi di guerra ideati con il fine
di causare, o dai quali ci si possa aspettare che possano causare, danni
estesi, durevoli e gravi per l’ambiente naturale”. A livello pratico,
sottolinea ancora Annan, “le Nazioni Unite reagiscono in modo sempre più attivo
a forme di degrado ambientale che scaturiscono da eventi bellici, valutando i
danni provocati, bonificando le zone contaminate, aiutando gli stati a dotarsi
di mezzi propri che permettano di gestire l’ambiente in un contesto
post-bellico”. Pensando alle tecnologie belliche e gli armamenti moderni, che
continuano a svilupparsi rapidamente, con potenziali conseguenze catastrofiche
per l’ambiente, conclude il segretario generale ONU, bisogna riconoscere che
“nessun conflitto è sufficientemente remoto da non danneggiare il nostro
ambiente, dovunque noi viviamo”. (B.C.)
SEMPRE CRITICA LA SITUAZIONE
DELLA CENSURA IN CINA.
IERI UNA NUOVA DENUNCIA DELL’ORGANIZZAZIONE
INTERNAZIONALE
“REPORTER SENZA FRONTIERE”
ROMA. =
“Gli ultimi mesi del 2002 sono stati un periodo nero per la libertà di espressione
in Internet. Da allora, il regime cinese ha ulteriormente rafforzato la censura
del Net ed ha aumentato la pressione sugli internauti”. La notizia è stata
diffusa ieri da “Reporter senza frontiere”, che ha così nuovamente denunciato
la detenzione di sette cyberdissidenti cinesi. L’organizzazione internazionale
per la difesa della libertà di stampa ha richiamato l’attenzione sul tema in
coincidenza dell’inizio del terzo anno di detenzione del cyberdissidente cinese
He Depu, arrestato dalla polizia locale il 4 novembre 2002 nel suo domicilio di
Pechino. Nelle settimane successive altri sei dissidenti finirono in manette
insieme con lui. I sette erano stati fermati dalla polizia perché firmatari di
una lettera aperta indirizzata al Partito comunista cinese, diffusa su
Internet, nella quale reclamavano maggiore democrazia. Attualmente, riferisce
ancora l’organizzazione “Reporter senza Frontiere”, sono 62 le persone finite
nelle prigioni cinesi per aver creato siti Internet di informazione
indipendenti o per aver diffuso nel Web materiale che critica il regime. (B.C.)
GRANDE GIOIA IERI PER I
SAVERIANI NEL MONDO. I MISSIONARI HANNO CELEBRATO
LA FESTA LITURGICA DEL LORO FONDATORE, IL BEATO
GUIDO MARIA CONFORTI
PARMA. = I missionari
Saveriani hanno celebrato ieri in tutto il mondo, con diverse iniziative di
spiritualità, di preghiera e di riflessione sulla missione ‘ad gentes’, la
festa liturgica del loro fondatore, il beato Guido Maria Conforti. Il centro
ideale di tutto il fervore mondiale, tuttavia, riferisce l’agenzia Misna, è
stata la Casa Madre di Parma, dove il beato è vissuto e ha formato i suoi primi
missionari e dove è custodita l’urna con le sue spoglie. Per prepararsi alla
festa del beato Conforti, i Saveriani si sono riuniti lo scorso 4 novembre per
una giornata di spiritualità. A guidare la riflessione nella Casa Madre è stato
padre Gabriele Ferrari, sul tema “L’Eucaristia e la Missione”, accostando il
discorso che il Conforti aveva fatto al Congresso eucaristico nazionale di
Palermo, nel 1924, e la lettera del Papa per l’Anno dell’Eucaristia, “Rimani
con noi, Signore”. La celebrazioni di ieri hanno preso il via con la preghiera
delle Lodi e la presentazione della Lettera che la Direzione generale dell’Istituto
ha emanato, delineando il cammino compiuto negli ultimi tre anni di guida e
prospettando gli obiettivi più importanti da perseguire nel prossimo triennio. (B.C.)
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6 novembre 2004
- A cura
di Salvatore Sabatino -
Una giornata di violenze in Iraq, l’ennesima, concentrate
soprattutto a Samarra. Quattro le autobombe esplose nel centro della città, con
un bilancio pesantissimo: oltre 35 morti, ed una cinquantina di feriti. Ma
attacchi della guerriglia sono avvenuti anche a Kufa, Baghdad e Ramadi, mentre
l’esercito statunitense insiste con i bombardamenti sulla roccaforte sunnita
Fallujah. La città è al centro di roventi polemiche tra il premier iracheno ad
interim Allawi ed il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan. Il nostro
servizio:
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L’escalation di violenza a Samarra è iniziata
intorno alle 9,30 di questa mattina, quando una vettura imbottita di esplosivo
ha seminato la morte davanti alla sede dell'amministrazione locale. Immediati i
primi soccorsi, con decine di persone accorse per dare una mano ai feriti. Dopo
qualche minuto, però, una seconda autobomba, che ha provocato un’altra strage
nel medesimo luogo. Una mezz'ora più tardi la terza vettura, scoppiata davanti
ad una Scuola di formazione. Decine, anche in questo caso i feriti. A seguire,
a distanza di un’ora, la quarta forte esplosione: ad essere preso di mira, questa
volta, un gruppo di agenti di polizia; in dieci hanno perso la vita.
Stessa modalità di attacco anche a Kufa, dove
un’autobomba ha ucciso il capo della sicurezza della città sciita. A Baghdad,
invece, un proiettile di mortaio ha colpito la sede del ministero dell'interno,
ferendo due impiegati. Attacco pure sulla strada per l’aeroporto. Quattordici
marines, secondo un portavoce americano, sono rimasti feriti a Ramadi. A Falluja, invece, i violentissimi
bombardamenti statunitensi della notte - i più duri degli ultimi mesi - fanno
pensare che l'assalto finale alla città sia cominciato. E proprio su Falluja
c’è uno stato di tensione anche a livello diplomatico. Il premier iracheno ad
interim Iyad Allawi, in un’intervista alla BBC, rilasciata durante la sua
trasferta di ieri a Bruxelles, ha definito “confuso” il messaggio in cui Kofi
Annan, segretario generale dell’Onu, indica che un attacco contro la roccaforte
sunnita potrebbe esasperare la rabbia degli iracheni e minare la prospettiva di
elezioni a gennaio in Iraq. Il numero uno del Palazzo di Vetro lo aveva scritto
in 3 missive indirizzate, domenica scorsa, al presidente americano George W.
Bush, al premier britannico Tony Blair e allo stesso premier iracheno.
Prosegue, inoltre, la guerra mediatica. In un comunicato apparso su un sito
internet, firmato da 26 ulema sauditi, si incita il popolo iracheno a resistere
contro gli invasori, definendo la Jihad un “diritto legittimo” e un “dovere
dettato dalla Sharia”. E mentre il gruppo del terrorista Al-Zarqawi, sempre in
un messaggio internet, ha chiesto la liberazione dell’operatrice umanitaria
Margaret Hassan, ma ha pure rivendicato l’uccisione di tre soldati britannici.
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Sono iniziati in Afghanistan i
colloqui tra rappresentanti del governo di Kabul e dell'Onu con i miliziani che
tengono in ostaggio i tre operatori stranieri delle Nazioni Unite, sequestrati
il 28 ottobre scorso. Il leader dei rapitori si sta incontrando in queste ore
con i delegati internazionali per giungere ad un rilascio dei tre. I
sequestratori chiedono come contropartita la liberazione di detenuti di
al-Qaeda e talebani rinchiusi nelle carceri afghane e nella base americana di
Guantanamo. E proprio sul rispetto dei diritti umani nella base statunitense a
Cuba, Eugenio Bonanata ha sentito Marco Bertotto presidente della sezione
italiana di Amnesty International:
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R. – Ci sono sicuramente violazioni
del diritto internazionale a Guantanamo. Oggi abbiamo 549 detenuti provenienti
da 40 Paesi, che sostanzialmente non hanno alcun diritto legale, non hanno
diritto alla difesa. Alcuni sono detenuti da quasi tre anni, senza conoscere le
motivazioni della loro detenzione.
D. – Come operano le commissioni
militari, chiamate a giudicare i detenuti?
R. – Le commissioni militari sono state recentemente
costituite, anche se sono appena stati rimossi tre giudici militari, di cui è
stata messa in dubbio l’imparzialità. Ci sono attualmente due casi sotto
processo. Dal nostro punto di vista, si tratta di un sistema di giustizia di
seconda classe, che non consente diritto di difesa agli imputati, e che non è
coerente e conforme con quelle che sono le indicazioni del diritto internazionale.
D. – In che modo Amnesty
International e altre organizzazioni non governative hanno accesso alla realtà
di Guantanamo?
R. – Amnesty International ha
più volte richiesto di accedere a Guantanamo e di verificare di persona le condizioni
di trattamento dei detenuti. Non è mai avvenuto per un’assenza di risposta da
parte delle autorità americane. Sostanzialmente c’è una completa impossibilità
di penetrare quello che è il limbo legale di Guantanamo.
D. – Le denunce di abusi e di
maltrattamenti subiti potranno modificare le condizioni di detenzione?
R. – Noi ce lo auguriamo e
crediamo che sia indispensabile istituire quanto prima una commissione di
inchiesta che sappia accertare le politiche del governo americano sul
trattamento dei detenuti, anche con riferimento alle denunce di tortura, non
soltanto a Guantanamo ma ad Abu Ghraib in Iraq, piuttosto che a Baghram, in
Afghanistan. C’è un problema in generale di amministrazione della giustizia,
successivamente all’11 settembre 2001. L’amministrazione americana ancora non
ha fatto quanto doveva per affrontarlo.
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Anche oggi prosegue la ridda di
voci sulle condizioni di salute di Yasser Arafat. Stamani è stata diffusa la
notizia sul presunto risveglio dal coma del presidente palestinese, il quale
avrebbe conversato con i medici e si sarebbe mosso. Nessuna conferma in merito,
soprattutto dopo che ieri pomeriggio Arafat – era stato detto – veniva tenuto
in vita artificialmente. Il servizio è di Massimiliano Menichetti:
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Le condizioni di Yasser Arafat
rimangono “critiche” e “non c'è stato alcun cambiamento”. Così Nabil Abu
Rudeina, principale collaboratore del presidente dell'Autorità nazionale
palestinese, da Parigi dove è ricoverato da una settimana il rais. Secondo il
quotidiano israeliano Yediot Ahronoth, però, questa mattina Arafat avrebbe
aperto gli occhi e comunicato con i medici. Solo due giorni fa fonti francesi
avevano indicato lo stato di “morte cerebrale”, ovvero uno stato di coma
irreversibile, condizione, questa, smentita dai vertici palestinesi. E oggi il
numero due dell'Olp Abu Mazen, da Ramallah, ha rimarcato che le condizioni di
Arafat sono stabili. Comunque, mentre si cerca di fare chiarezza sulla salute
del leader palestinese, sul fronte politico il premier Abu Ala si è recato oggi
a Gaza dove ha incontrato i rappresentanti di 13 organizzazioni palestinesi che
gli hanno chiesto di formare un governo congiunto. E sul terreno non
diminuiscono le violenze: un adolescente palestinese è stato ucciso questa
mattina nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania da tiri israeliani.
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Proseguono i lavori
del “Gruppo di Rio”, l’organismo
di consultazione permanente composto da 19 Paesi latino-americani, riunito in
questi giorni nella metropoli carioca. In agenda la delicata situazione
ad Haiti. Il presidente venezuelano Hugo Chavez, in risposta alla richiesta di
aiuto del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, ha suggerito
“un’invasione umanitaria” dell'isola caraibica, sottolineando anche la necessità
di contribuire all'elezione di una assemblea costituente per superare la crisi
del Paese.
Sono “complicati e molto difficili” i negoziati sul nucleare che
l'Iran ha in corso con Francia, Germania e Gran Bretagna. Lo ha detto oggi il
ministro degli esteri di Teheran, Kharrazi, aggiungendo che l'Iran “è pronto a
trovare qualsiasi meccanismo che dia garanzie” sul fatto che non intende dotarsi
di armamenti nucleari, ma allo stesso tempo “è determinato a fare uso della tecnologia”
atomica per scopi pacifici.
Continuano le
violenze in Kashmir, la regione contesa da
India e Pakistan. Un gruppo di separatisti islamici ha attaccato, oggi,
un campo militare indiano nella città di Sopore. Due persone sono rimaste
uccise, altre ferite. Nella regione è arrivato
per una visita di tre giorni Shivraj Patil, ministro dell'interno
dell’India. Non è la prima volta che l’arrivo in Kashmir di un politico viene
preceduto da un attentato.
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