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Sommario del 22/04/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Via Crucis al Colosseo. Il Papa: nell'ora delle tenebre, quando s'insinua la tentazione della fuga, ripetiamo: "Tu solo hai parole di vita eterna"
  • Nella Basilica di San Pietro la celebrazione della Passione presieduta dal Papa
  • Messa in Coena Domini. Il Papa: l’amore di Cristo trasforma il mondo e sorregge la Chiesa attaccata da Satana
  • Preghiera e solidarietà del Papa per le vittime delle alluvioni in Colombia
  • Domande su Gesù: il Papa risponde in Tv sui temi cruciali del cristianesimo
  • Benedetto XVI in collegamento con la Stazione spaziale internazionale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia: l'ex candidato Usa alle presidenziali McCain in visita a Bengasi
  • Siria: le proteste si estendono nel Paese
  • Giornata di preghiera per le vittime della violenza in Colombia
  • Venerdì Santo a Gerusalemme: la commozione dei fedeli nel ripercorrere la “via dolorosa”
  • Via Crucis promossa dalla Caritas di Roma nel carcere di Rebibbia
  • Terra Santa: 900 ebrei ieri alla Domus Galilaeae per la sinfonia-catechetica “Getsemani” di Kiko Argüello
  • Chiesa e Società

  • Pasqua in Medio Oriente tra speranze di pace e paure per l’instabilità politica
  • Il patriarca di Antiochia: necessaria nuova visione per le speranze del mondo arabo
  • Libia: per mons. Martinelli a Tripoli è un "Venerdì Santo nell'angoscia"
  • Libia: arrivata a Misurata nave dell’Unicef con aiuti per 25mila persone
  • Il vescovo di Mosul: “Sospese le celebrazioni pasquali per il coprifuoco”
  • Padre Pizzaballa: “Guerra e crisi economica non fermino l'aiuto ai cristiani di Terra Santa”
  • Pasqua in Pakistan. Mons. Saldanha: “festeggiamenti discreti, ma carichi di gioia”
  • Rowan Williams: la verità della Risurrezione per affrontare le sofferenze del mondo
  • Brasile: al via nel 2012 la formazione a distanza per le Comunità ecclesiali di base
  • Alla Plenaria dei vescovi cechi l'Anno Santo di Sant'Agnese, 14 beatificazioni e la situazione nelle carceri
  • Roma: Amnesty International chiede di fermare gli sgomberi forzati dei rom
  • Osservatore Romano: speciale in sette lingue per la beatificazione di Papa Wojtyla
  • Sabato Santo: nella Basilica Santa Maria Maggiore si celebra l’Ora della Madre
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuove manifestazioni antigovernative in Yemen: in piazza anche sostenitori di Saleh
  • Il Papa e la Santa Sede



    Via Crucis al Colosseo. Il Papa: nell'ora delle tenebre, quando s'insinua la tentazione della fuga, ripetiamo: "Tu solo hai parole di vita eterna"

    ◊   Benedetto XVI presiederà questa sera, alle 21.15 al Colosseo, il pio esercizio della Via Crucis. I testi di meditazione per le 14 Stazioni sono stati composti, per incarico del Papa, dalla Madre agostiniana Maria Rita Piccione. Il servizio di Sergio Centofanti:

    La Via Crucis di quest'anno ha una novità: saranno due bambini, due fratelli, Diletta di 10 anni e Michele di 12, a leggere i sottotitoli delle 14 Stazioni. A portare la Croce, saranno il cardinale vicario Agostino Vallini, una famiglia romana, una dell’Etiopia, due monache agostiniane, un francescano e una ragazza egiziani, un malato in carrozzella accompagnato da un barelliere e una sorella assistente dell'Unitalsi, due frati francescani della Custodia di Terra Santa. Al termine della Via Crucis, il Pontefice rivolgerà la sua parola ai fedeli. Nella preghiera iniziale, si legge nel libretto dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche, il Papa, rivolgendosi al Signore, riconosce che nell’ora delle tenebre, "quando le varie maschere della menzogna deridono la verità e le lusinghe del successo soffocano l'intimo richiamo dell'onestà; quando il vuoto di senso e di valori annulla l'opera educativa e il disordine del cuore sfregia l'ingenutà dei piccoli e dei deboli", in quest'ora delle tenebre - dice - “s’insinua la tentazione della fuga, il sentimento dello sgomento e dell’angoscia, mentre il tarlo del dubbio rode la mente e il sipario del buio cala sull'anima”. Allora risuonano le parole di Gesù ai Dodici: "Volete andarvene anche voi?". Ma noi, afferma il Papa, “non possiamo e non vogliamo andare via, perché ‘tu solo hai parole di vita eterna’” e "la tua Croce è la sola 'chiave che ci apre ai segreti della verità e della vita'. 'Noi ti seguiremo ovunque tu andrai!'".

    Al Mistero della morte di Gesù, il Papa ha dedicato un intenso capitolo della seconda parte del libro su Gesù di Nazaret, pubblicato il 10 marzo scorso. Ripercorriamo alcuni passaggi delle riflessioni del Papa nel servizio di Alessandro Gisotti:

    (Musica - The Passion)

    “La prima parola di Gesù sulla croce”, scrive Benedetto XVI, “è la richiesta del perdono” per i suoi carnefici: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. “Ciò che il Signore ha predicato nel discorso della montagna – sottolinea il Papa – lo compie qui personalmente. Egli non conosce alcun odio. Non grida vendetta. Implora il perdono per quanti lo mettono in croce”. Joseph Ratzinger si sofferma sul motivo di questa richiesta al Padre: “Non sanno quello che fanno”. Dunque, “l’ignoranza riduce la colpa – lascia aperta la via verso la conversione”. “Ma – avverte il Papa – non è semplicemente una scusante, perché rivela al tempo stesso un’ottusità del cuore, un’ottusità che resiste all’appello della verità”:

    “A maggior ragione rimane una consolazione per tutti i tempi e per tutti gli uomini il fatto che il Signore, a riguardo sia di coloro che veramente non sapevano – i carnefici – sia di coloro che sapevano e lo avevano condannato, pone l’ignoranza quale motivo della richiesta di perdono – la vede come porta che può aprirci alla conversione”.

    Benedetto XVI si sofferma dunque sul grido di abbandono di Gesù sulla Croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Secondo gli evangelisti, si legge nel libro, le persone circostanti “non hanno compreso l’esclamazione di Gesù, ma l’hanno interpretata come un grido verso Elia”. “Solo la comunità credente – spiega il Papa – ha compreso l’esclamazione di Gesù, non capita e fraintesa dai circostanti, come l’inizio del Salmo 22 e, in base a ciò, ha potuto intenderlo come grido veramente messianico”:

    “Non è un qualsiasi grido di abbandono. Gesù recita il grande Salmo dell’Israele sofferente e assume così in sé tutto il tormento non solo di Israele, ma di tutti gli uomini che soffrono in questo mondo per il nascondimento di Dio. Egli porta davanti al cuore di Dio stesso il grido d’angoscia del mondo tormentato dall’assenza di Dio. Si identifica con l’Israele sofferente, con l’umanità che soffre a causa del ‘buio di Dio’, assume in sé il suo grido, il suo tormento, tutto il suo bisogno di aiuto e con ciò, al contempo, li trasforma”.

    Ecco dunque la trasformazione che porta la morte di Gesù: “Riconciliazione, espiazione e salvezza”. “La Chiesa nascente, sotto la guida dello Spirito Santo”, afferma il Papa, è “lentamente penetrata nella verità più profonda della croce, mossa dal desiderio di capire almeno da lontano il motivo e lo scopo di essa”. I primi cristiani, soggiunge, comprendono che “con la croce di Cristo, gli antichi sacrifici del tempio erano definitivamente superati. Era accaduto qualcosa di nuovo”:

    “Nella passione di Gesù, tutto lo sporco del mondo viene a contatto con l’immensamente Puro, con l’anima di Gesù Cristo e così con lo stesso Figlio di Dio. Se di solito la cosa impura mediante il contatto contagia ed inquina la cosa pura, qui abbiamo il contrario: dove il mondo, con tutta la sua ingiustizia e con le sue crudeltà che lo inquinano viene a contatto con l’immensamente Puro – là, Egli, il Puro, si rivela al contempo il più forte. In questo contatto, lo sporco del mondo viene realmente assorbito, annullato, trasformato mediante il dolore dell’amore infinito”.

    (Musica - The Passion)

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    Nella Basilica di San Pietro la celebrazione della Passione presieduta dal Papa

    ◊   Alle ore 17 di oggi, Benedetto XVI presiede, nella Basilica Vaticana, la celebrazione della Passione del Signore. All’inizio del rito il Santo Padre si inginocchia alcuni minuti davanti alla Croce. Durante la Liturgia della Parola, viene riascoltato il racconto della Passione secondo Giovanni; quindi il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, tiene l’omelia. La Liturgia della Passione prosegue con la Preghiera universale e l’adorazione della Santa Croce e si conclude con la Santa Comunione.

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    Messa in Coena Domini. Il Papa: l’amore di Cristo trasforma il mondo e sorregge la Chiesa attaccata da Satana

    ◊   La donazione totale di Cristo trasforma il mondo: è questo, in sintesi, quanto ha affermato Benedetto XVI ieri pomeriggio nella Basilica di San Giovanni in Laterano durante la Messa in Coena Domini, inizio del Triduo Pasquale. Il Papa ha parlato degli attacchi di Satana contro la Chiesa, che è sempre di nuovo sorretta dalla mano del Signore. Quindi, ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a dodici sacerdoti della diocesi di Roma. Al momento dell’offertorio, la colletta è stata dedicata alle vittime del terremoto e dello tsunami in Giappone. Massimiliano Menichetti:

    Il totale affidamento a Cristo, la centralità dell’Eucaristia, la preghiera per l’unità dei cristiani e l’invito alla conversione del cuore. Sono i pilastri tracciati dal Papa nella sua Omelia durante la Messa in Coena Domini. E’ partendo dalla donazione di Cristo “sotto le specie del pane e del vino”, istituzione della Santa Eucarestia capace di trasformare il mondo, che il Papa ha posto l’accento sull’amore di Dio “per gli uomini”, “un amore in attesa”. Gesù ha desiderio di noi, ha rimarcato il Papa, chiedendosi se c’è risposta a questo amore oppure indifferenza e distrazione. Ha parlato del rifiuto e disinteresse dell’uomo di oggi per Cristo proprio in quei Paesi – ha detto - ai quali Egli aveva manifestato la sua vicinanza particolare. E guardando ad una fede fondata sull’abitudine, senza amore ha ribadito:

    “La comunione eucaristica richiede la fede, ma la fede richiede l’amore, altrimenti è morta anche come fede”.

    “Da tutti e quattro i Vangeli - ha poi sottolineato - sappiamo che l’ultimo convito di Gesù prima della Passione fu anche un luogo di annuncio”:

    “Gesù ha proposto ancora una volta con insistenza gli elementi portanti del suo messaggio. Parola e Sacramento, messaggio e dono stanno inscindibilmente insieme. Ma durante l’ultimo convito, Gesù ha soprattutto pregato”.

    Quindi ha sottolineato la centralità della preghiera di Cristo che trasforma la sua Passione in “offerta al Padre per gli uomini”:

    “Questa trasformazione della sua sofferenza in amore possiede una forza trasformatrice per i doni, nei quali ora Egli dà se stesso. Egli li dà a noi affinché noi e il mondo siamo trasformati. Lo scopo proprio e ultimo della trasformazione eucaristica è la nostra stessa trasformazione nella comunione con Cristo. L’Eucaristia ha di mira l’uomo nuovo, il mondo nuovo così come esso può nascere soltanto a partire da Dio mediante l’opera del Servo di Dio”.

    Poi riferendosi alla supplica che Gesù ha ripetuto quattro volte nella sua Preghiera sacerdotale, ha aggiunto:

    “Essa rimane continuamente la sua preghiera al Padre per noi: è la preghiera per l’unità. Gesù dice esplicitamente che tale supplica non vale soltanto per i discepoli allora presenti, ma ha di mira tutti coloro che crederanno in Lui (cfr Gv 17,20). Chiede che tutti diventino una sola cosa ‘come tu, Padre, sei in me e io in te … perché il mondo creda’”.

    “L’unità dei cristiani può esserci - ha indicato il Papa - soltanto se i cristiani sono intimamente uniti a Cristo”:

    “Fede e amore per Gesù, fede nel suo essere uno col Padre e apertura all’unità con Lui sono essenziali. Questa unità non è dunque una cosa soltanto interiore, mistica. Deve diventare visibile, così visibile da costituire per il mondo la prova della missione di Gesù da parte del Padre”.

    Una preghiera – ha proseguito – che ha “un nascosto senso eucaristico”. “Con l’Eucaristia nasce la Chiesa”. Il Corpo del Signore apre ciascuno al di là di se stesso. “L’Eucarestia – ha precisato Benedetto XVI - è l’incontro personalissimo con il Signore e, tuttavia, non è mai soltanto un atto di devozione individuale”:

    “L’Eucaristia è il mistero dell’intima vicinanza e comunione di ogni singolo col Signore. Ed è, al tempo stesso, l’unione visibile tra tutti. L’Eucaristia è Sacramento dell’unità. Essa giunge fin nel mistero trinitario, e crea così al contempo l’unità visibile”.

    Il Papa ha inoltre evidenziato che in ogni comunità vi è il Signore in modo totale:

    “Egli è uno solo in tutte le comunità. Per questo, della Preghiera eucaristica della Chiesa fanno necessariamente parte le parole: ‘una cum Papa nostro et cum Episcopo nostro’. Questa non è un’aggiunta esteriore a ciò che avviene interiormente, bensì espressione necessaria della realtà eucaristica stessa. E menzioniamo il Papa e il Vescovo per nome: l’unità è del tutto concreta, ha dei nomi. Così l’unità diventa visibile, diventa segno per il mondo e stabilisce per noi stessi un criterio concreto”.

    Poi l’invito a seguire le orme di Pietro per l’affidamento a Cristo, alla conversione, sulla scia di “quel bisogno dell’umiltà del discepolo che segue la volontà del Maestro”:

    “Oggi constatiamo con dolore nuovamente che a Satana è stato concesso di vagliare i discepoli visibilmente davanti a tutto il mondo. E sappiamo che Gesù prega per la fede di Pietro e dei suoi successori. Sappiamo che Pietro, che attraverso le acque agitate della storia va incontro al Signore ed è in pericolo di affondare, viene sempre di nuovo sorretto dalla mano del Signore e guidato sulle acque”.

    Tutti - ha sottolineato - dobbiamo sempre di nuovo imparare ad accettare Dio e Gesù Cristo così come Egli è, e non come noi vorremmo che fosse. Anche noi ci nascondiamo dietro pretesti, quando l’appartenenza a Lui ci diventa troppo costosa e troppo pericolosa:

    “Pietro, il convertito, è chiamato a confermare i suoi fratelli. Non è un fatto esteriore che questo compito gli venga affidato nel cenacolo. Il servizio dell’unità ha il suo luogo visibile nella celebrazione della santa Eucaristia”.

    "Cari amici - ha detto - è un grande conforto per il Papa sapere che in ogni Celebrazione eucaristica tutti pregano per lui; che la nostra preghiera si unisce alla preghiera del Signore per Pietro". Quindi la preghiera a Gesù: "rafforzaci nell’unità con te e tra di noi. Dona alla tua Chiesa l’unità, perché il mondo creda".

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    Preghiera e solidarietà del Papa per le vittime delle alluvioni in Colombia

    ◊   Il Papa, attraverso un comunicato reso noto dall’Ambasciata di Colombia presso la Santa Sede, ha espresso “il proprio dolore e preoccupazione” ai colombiani, quasi tre milioni, che sono stati colpiti dalle alluvioni: negli ultimi 12 mesi oltre 400 persone hanno perso la vita a causa del maltempo. Benedetto XVI ha lanciato un appello alla solidarietà nell’assistenza e ha avuto parole di incoraggiamento per quanti sono impegnati negli aiuti, in particolare la Croce Rossa Internazionale e le organizzazioni della Chiesa cattolica. Il Papa ha assicurato la propria preghiera, che si unisce a quella promossa in occasione dell’odierna Giornata dedicata alle vittime della violenza sempre in Colombia.

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    Domande su Gesù: il Papa risponde in Tv sui temi cruciali del cristianesimo

    ◊   Tre risposte sul coraggio della fede, davanti al dolore e alla persecuzione. E quattro risposte sulle verità della fede, quelle che toccano il cielo e sfuggono ai sensi di chi è sulla terra. A darle, in una cornice inconsueta, è stato Benedetto XVI, protagonista dell’odierna puntata della trasmissione religiosa di Raiuno “A sua immagine”, intitolata “Domande su Gesù”. Il Papa ha accettato di rispondere a sette domande dei telespettatori, scelte tra le numerosissime arrivate in redazione. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    L’ordinario per un Papa – parlare della vita cristiana – trasferito nell’inconsueto: farlo in un programma televisivo, in un dialogo a distanza con bambini e mamme, giovani e meno giovani. Un inedito dal sapore antico: come quelle vecchie trasmissioni che portavano con semplicità il Vangelo dallo schermo alle famiglie, che hanno fatto la storia e la coscienza italiane, ma potendo contare questa volta sul “catechista” più accreditato, il Papa.

    Con il garbo sapiente che caratterizza i suoi discorsi spontanei, Benedetto XVI ha risposto per prima a Elena, una bimba giapponese di sette anni, scioccata dal recente sisma che ha devastato il suo Paese e turbata dalla scoperta del dolore in un’età che non dovrebbe conoscerlo. Il Papa le ha detto che risposte alla sofferenza non ci sono, ma c’è la certezza di Gesù che ha sofferto “da innocente” e questo rassicura sul fatto che, “anche se rimane la tristezza”, Dio – le ha detto – “sta dalla vostra parte”:

    “In questo momento mi sembra importante che sappiate: ‘Dio mi ama', anche se sembra che non mi conosca (…) Ed essere consapevoli che, un giorno, io capirò che questa sofferenza non era vuota, non era invano, ma che dietro di essa c’è un progetto buono, un progetto di amore. Non è un caso. Stai sicura, noi siamo con te, con tutti i bambini giapponesi che soffrono, vogliamo aiutarvi con la preghiera, con i nostri atti e siate sicuri che Dio vi aiuta”.

    Dopo un calvario collettivo, un calvario privato. Sul video è apparso il volto di una madre e accanto a lei il figlio, Francesco, in stato vegetativo dal giorno di Pasqua del 2009. Al dubbio della donna se l’anima abbia “abbandonato” il corpo del figlio, Benedetto XVI ha risposto:

    “Certamente l’anima è ancora presente nel corpo (...) Io sono anche sicuro che quest’anima nascosta sente in profondità il vostro amore, anche se non capisce i dettagli, le parole ... ma la presenza di un amore la sente. E perciò questa vostra presenza, cari genitori, cara mamma, accanto a lui, ore ed ore ogni giorno, è un atto vero di amore di grande valore (…) il vostro atto è, quindi, anche una testimonianza di fede in Dio (…) di rispetto per la vita umana, anche nelle situazioni più tristi”.

    A parlare poi a Benedetto XVI, dal dramma che da troppi anni vive Baghdad, sono stati sette ragazzi cristiani iracheni, stretti tra la morsa della persecuzione e il desiderio della fuga. In quella “terra di martirio” – come l’ha definita il conduttore della trasmissione, Rosario Carello – è importante, ha detto il Papa, fare il possibile per aiutare i cristiani dell’Iraq a non abbandonare la loro terra:

    “Noi siamo vicini a voi, cari fratelli in Iraq, che noi vogliamo aiutarvi, anche quando venite, ricevervi realmente come fratelli. E naturalmente, le istituzioni, tutti coloro che hanno realmente una possibilità di fare qualcosa in Iraq per voi, devono farlo. La Santa Sede è in permanente contatto con le diverse comunità, non solo con le comunità cattoliche, con le altre comunità cristiane, ma anche con i fratelli musulmani, sia sciiti, sia sunniti. E vogliamo fare un lavoro di riconciliazione, di comprensione, anche con il governo, aiutarlo in questo cammino difficile di ricomporre una società lacerata”.

    La quarta domanda ha portato il Pontefice a contatto un altro inferno di guerra, quello della Costa d’Avorio. Una donna islamica ha testimoniato al Papa il crollo dell’armonia sempre esistita nel suo Paese tra cristiani e musulmani per via – ha detto – di una “crisi causata dalla politica”. Benedetto XVI ha risposto indicando la sola strada che costruisce e non distrugge, il dialogo:

    “Invito fortemente tutte le parti a rinunciare alla violenza, a cercare le vie della pace. Non potete servire la ricomposizione del vostro popolo con mezzi di violenza, anche se pensate di avere ragione. L’unica via è rinunciare alla violenza, ricominciare con il dialogo, con tentativi di trovare insieme la pace, con la nuova attenzione l’uno per l’altro, con la nuova disponibilità ad aprirsi l’uno all’altro”.

    Chiamando di volta in volta a un mini-dibattito sulle risposte di Benedetto XVI i tre ospiti in studio – padre Ugo Sartorio, direttore del Messaggero di Sant’Antonio, Chiara Amirante, fondatrice della Comunità “Nuovi Orizzonti”, e lo scrittore Davide Rondoni – Rosario Carello ha poi introdotto la serie di domande più dottrinali, di quelle che si agitano nell’anima di qualsiasi credente. Cosa succede all’anima dopo la morte: scenderà agli “inferi” come Gesù prima di salire al cielo? Il Papa ha replicato spiegando la profondità di questo “viaggio dell’anima”:

    “Questa parola della discesa del Signore agli Inferi vuol soprattutto dire che anche il passato è raggiunto da Gesù, che l’efficacia della Redenzione non comincia nell’anno zero o trenta, ma va anche al passato, abbraccia il passato, tutti gli uomini di tutti i tempi (...) e non si applica a noi. La nostra vita è diversa, noi siamo già redenti dal Signore e noi arriviamo davanti al volto del Giudice, dopo la nostra morte, sotto lo sguardo di Gesù, e questo sguardo da una parte sarà purificante: penso che tutti noi, in maggiore o minore misura, avremo bisogno di purificazione".

    È toccato quindi a un medico italiano, a contatto per professione con il corpo e le sue sofferenze, porgere una domanda al Pontefice sul significato del “corpo glorioso”, quello che ogni persona avrà dopo la Risurrezione. Non è possibile definirlo, ha osservato Benedetto XVI, “perché è oltre le nostre esperienze”. Ma con la Risurrezione di Gesù la fede insegna una certezza:

    “Gesù non muore più, cioè sta sopra le leggi della biologia, della fisica, perché sottomesso a queste uno muore. Quindi c’è una condizione nuova, diversa, che noi non conosciamo, ma che si mostra nel fatto di Gesù, ed è la grande promessa per noi tutti che c’è un mondo nuovo, una vita nuova, verso la quale noi siamo in cammino”.

    L’ultima domanda, la settima, ha riguardato la Madonna nel momento in cui il Figlio dalla Croce la affida al discepolo Giovanni. “Un atto molto umano” nei riguardi di una donna sola nell’Oriente del tempo, l’ha definito Benedetto XVI. Ma c’è di più. Cristo affida l’umanità di tutti i tempi a sua Madre, che diventa così Madre di ogni persona:

    “Non possiamo essere cristiani da soli, con un cristianesimo costruito secondo la mia idea. La Madre è immagine della Chiesa, della Madre Chiesa, e affidandoci a Maria dobbiamo anche affidarci alla Chiesa, vivere la Chiesa, essere la Chiesa con Maria”.

    E sulla possibilità di fare un nuovo atto di affidamento dell’umanità a Maria all’inizio del Millennio – sulla scia di Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II – Benedetto XVI ha affermato:

    “Io penso che adesso sia importante di interiorizzare questo atto, di lasciarci penetrare, di realizzarlo in noi stessi (…) Quindi, al momento non avrei l’intenzione di un nuovo pubblico affidamento, ma tanto più vorrei invitare ad entrare in questo affidamento già fatto, perché sia realtà vissuta da noi ogni giorno e cresca così una Chiesa realmente mariana, che è Madre e Sposa e Figlia di Gesù”.

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    Benedetto XVI in collegamento con la Stazione spaziale internazionale

    ◊   Il prossimo 4 maggio, alle 17.30, Benedetto XVI avrà un collegamento satellitare con la Stazione spaziale internazionale in occasione dell’ultima missione dello Shuttle Endeavour. Ne dà notizia la Prefettura della Casa Pontificia. Il lancio dell'Endeavour, con a bordo sei astronauti, fra cui l'italiano Roberto Vittori - che porterà la medaglia d’argento, dono del Papa - è previsto venerdì 29 aprile dal Centro spaziale Kennedy di Cape Canaveral, in Florida per una missione di 14 giorni. Scopo principale di questo volo è la consegna alla Stazione Spaziale Internazionale dell'Ams, l'Alpha Magnetic Spectrometer, di uno strumento italiano 'cacciatore' di antimateria. Sulla Stazione si trova già un altro astronauta italiano, Paolo Nespoli.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Tradizione cristiana e comunicazione: in prima pagina, un editoriale del direttore in merito all’intervista (pubblicata nell’informazione vaticana) a Benedetto XVI trasmessa nel programma di Rai Uno “A sua immagine”.

    Senza l’amore la fede è morta: il Papa celebra la Messa “nella Cena del Signore” a San Giovanni in Laterano.

    Tanti legni per una Croce: nell’informazione religiosa, a proposito di un’opera d’arte e di fede nata per iniziativa di Villa San Francesco.

    2011 fuga dal dollaro: nell’informazione internazionale, in rilievo il trend negativo del biglietto verde.

    Trasfigurazione di uno strumento di morte: in cultura, Giovanni Carrù sulla parabola della croce da patibolo a simbolo di resurrezione.

    Un articolo di Alessandro Scafi dal titolo “Una scena sempre nuova”: come è cambiato nella storia dell’arte il modo di raffigurare la morte di Gesù.

    A lezione da re Lear: Giuseppe Fiorentino sulla politica contemporanea letta attraverso i personaggi del Bardo.

    Abbado all’Isola dei famosi: Marcello Filotei su grande musica e presenzialismo all'Accademia di Santa Cecilia.

    Un articolo di Raffaele Alessandrini dal titolo “Se la guerra è un solleone che continua a bruciare”: una lezione per il 25 aprile.

    I funerali di Arcangelo Paglialunga, decano dei vaticanisti, morto a Roma mercoledì.

    Su “Avvenire”, don Mazzolari e la parrocchiana Greta Garbo.

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    Oggi in Primo Piano



    Libia: l'ex candidato Usa alle presidenziali McCain in visita a Bengasi

    ◊   La battaglia in Libia è in una fase di stallo, nonostante gli attacchi della Nato abbiano ridotto le truppe di Gheddafi del 30-40%. Così il capo di stato maggiore americano Mullen, all’indomani della decisione della Casa Bianca di impiegare droni nel Paese africano. Oggi, intanto, a Bengasi è arrivato il senatore Usa, John McCain, avversario di Obama alle ultime presidenziali. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    E’ il politico americano di più alto rango ad arrivare nella roccaforte dei ribelli dall’inizio del conflitto con l’obiettivo di incontrare i dirigenti del Consiglio nazionale di transizione. Giunto a Bengasi - in lutto per la morte dei due fotoreporter americano e britannico avvenuta nei giorni scorsi a Misurata - è stato acclamato da decine di persone che inneggiavano slogan pro-Usa. Tuttavia non ha rilasciato alcuna dichiarazione e si è diretto subito al quartier generale degli insorti. Nessuna ulteriore precisazione, dunque, circa l’utilizzo degli aerei senza pilota autorizzato ieri dall’amministrazione statunitense: secondo le informazioni diffuse dalla Casa Bianca i velivoli – che sarebbero dovuti entrare in azione già ieri - saranno capaci di colpire obiettivi con maggiore precisione, non cambieranno la natura della missione Usa e serviranno per ragioni umanitarie. I ribelli apprezzano la decisione statunitense ma hanno chiarito che non vogliono truppe straniere al loro fianco. L’ipotesi, suggerita anche dall’invio di addestratori da Italia, Francia e Gran Bretagna, è stata smentita dalle cancellerie europee e non piace affatto alla Russia, che, stamattina, assieme alla Grecia, ha offerto la propria mediazione nel conflitto. Gheddafi, invece, teme l’invasione di terra e sta armando i civili in molte città. La tv di Stato, stamattina, ha lamentato la morte di almeno nove civili in un raid aereo della Nato avvenuto la notte scorsa sulla città di Sirte. L’offensiva dei ribelli prosegue sul fronte occidentale, verso la tunisia: sono almeno 100 i soldati governativi, tra cui una decina di ufficiali, che nelle ultime ore hanno deposto le armi e hanno varcato il confine per consegnarsi alle autorità di Tunisi. Sul versante umanitario una nave carica di aiuti dell’Unicef è arrivata nel porto di Misurata da dove ieri è partita un’imbarcazione turca che ha portato 900 profughi a Bengasi.

    Potrebbe, dunque, cambiare volto la guerra in Libia, con l’arrivo di istruttori militari da Italia, Gran Bretagna e Francia e l’invio di droni statunitensi. Su questa nuova fase militare in atto, Salvatore Sabatino ha intervistato Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali, ed autore del libro: “Un mondo in bilico”, dedicato in parte anche alle crisi in Nord Africa:

    R. - Per quanto attiene all’invio degli istruttori militari, se i numeri saranno confermati e quindi poche decine di persone, ritengo che non cambieranno assolutamente gli scenari di conflitto in quell’area e questo proprio perché è un gesto politico: non è un’operazione massiccia. Si è parlato anche di dare le armi agli insorti, ma per quante gliene possano dare di moderne, se poi non le sanno usare, il problema continua a non essere risolvibile... Cosa completamente diversa, invece, sono i drone armati americani perché sono velivoli senza pilota, studiati essenzialmente per eliminare le leadership: sono stati utilizzati e continuano ad essere utilizzati con grande efficacia nel conflitto afghano contro i leader di al Qaeda. Questo potrebbe prevedere un’“operazione di decapitazione” - così si dice in termini militari - della leadership libica e allora lo scenario, a quel punto, sarebbe davvero diverso.

    D. - Eppure i drone sono stati al centro delle polemiche, proprio in Afghanistan, per i numerosi civili colpiti per sbaglio. Perché allora portarli anche in Libia?

    R. - Proprio perché sono strumenti che vengono guidati dai più alti vertici: c’è una sorta di “target list” delle persone da colpire e sono selettivamente individuate dai vertici politico-militari degli Stati Uniti. Se così fosse anche nello scenario libico, vorrebbe dire che gli Stati Uniti, perlomeno, non andrebbero più a caccia dei singoli carri armati, ma andrebbero a caccia di chi dirigere la resistenza contro gli insorti.

    D. - Dall’inizio della missione internazionale in Libia, gli Stati Uniti hanno sempre voluto mantenere un ruolo di secondo piano: stanno cambiando le cose?

    R. - Direi che in realtà no. Per gli americani, il Mediterraneo è un teatro periferico; per gli Stati Uniti quello che conta è l’ambito del Pacifico, la zona centroasiatica e il Medio Oriente: il Nord Africa e il Mediterraneo è soprattutto considerato - da loro - un contesto europeo e il fatto che non abbiano neanche rischiarato una portaerei durante questa crisi, lascia vedere come gli assetti più pregiati li riservino per altri ambiti operativi. (mg)

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    Siria: le proteste si estendono nel Paese

    ◊   Nonostante la decisione del regime siriano di revocare la legge d’emergenza in vigore da oltre mezzo secolo, i movimenti di opposizione hanno proclamato per oggi nuove manifestazioni di protesta contro il presidente Assad. Le proteste nel Paese vanno avanti ormai ininterrottamente dal 15 marzo e - partite dalle aree meridionali - si sono estese fino ai sobborghi di Damasco. La repressione da parte delle forze di sicurezza ha provocato ad oggi oltre 200 morti. Sull’evoluzione della crisi siriana Stefano Leszczynski ha intervistato Eric Salerno, esperto di Medio Oriente del quotidiano Il Messaggero.

    R. – La revoca della legge sull’emergenza lascia spazio alla repressione, perché se il regime vuole reprimere trova altri sistemi, che sono leggi normali di controllo delle dimostrazioni pubbliche. Cambia, quindi, il nome, ma non cambia la sostanza. Non basta ai siriani, questo è evidente, perché ci sono anche altre questioni legate più alla vita quotidiana, all’economia, alla gestione delle minoranze o delle maggioranze, qualche volta, visto che il regime siriano è un regime di minoranza e non di maggioranza nel Paese.

    D. – C’è il rischio che la situazione siriana evolva sulla scia di quella libica?

    R. – Sì, certo, perché sia la Libia che la Siria hanno delle componenti tribali molto importanti. Io dico tribali per dire anche nazionali, perché in Siria abbiamo i curdi da una parte e abbiamo le popolazioni del Sud che non si riconoscono per certi versi nelle popolazioni del Nord. Il rischio per la Siria è che le tensioni diventino tensioni locali, che scoppino a prescindere da quello che sta succedendo a Damasco, da quello che dice di voler cambiare Assad.

    D. – L’Occidente distratto dalla situazione in Libia si sta occupando poco della Siria. Sta commettendo un nuovo errore in Medio Oriente?

    R. – Io credo che l’Occidente si stia occupando della Libia per non occuparsi di altro. Ha trovato il modo di interessarsi ad una cosa che piace alla Francia, che piace all’Inghilterra, che ha trascinato dentro tutti – compresi gli americani – e questo dà l’alibi di essere impegnati a difesa dei diritti civili, dei diritti dei libici, evitando in qualche modo di occuparsi di quello che sta succedendo nel resto dell’area, che è un’area che potrebbe esplodere.

    D. – Anche Israele però ha parlato poco, è intervenuto poco sulla questione. Come mai?

    R. – Perché Israele, tutto sommato, vuole Assad. E’ vero che la Siria con Assad ha fatto la guerra, però è vero anche che la Siria, dopo che ha perso le alture del Golan e si è arrivati ad un armistizio, non ha più agito direttamente contro Israele. Una parte dei patti erano validi e soprattutto i siriani hanno rispettato un rapporto di forza che per Israele ha funzionato. Preferiscono Assad a tutto quello che di incognito potrebbe arrivare al suo posto. (ap)

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    Giornata di preghiera per le vittime della violenza in Colombia

    ◊   La Colombia celebra la Giornata di preghiera per le vittime della violenza. Domenica scorsa all’Angelus Benedetto XVI ha lanciato un appello per la riconciliazione e la pace e ha invitato tutti i colombiani a partecipare a tale appuntamento promosso dai vescovi locali. La violenza, nelle sue varie manifestazioni, è stata una costante della storia politica e sociale della Colombia. Fausta Speranza ne ha parlato con il collega ispanoamericano Luis Badilla:

    R. – Le vittime della violenza non sono soltanto i milioni di colombiani di oggi, di cui basta dire che sono quattro milioni gli sfollati che non possono vivere nelle loro case, perché devono fuggire da tante violenze. E’ anche una violenza che riguarda moltissime generazioni, perché questo Paese, da oltre 100 anni vive in questo modo. Subito dopo l’indipendenza, i due partiti storici – liberale e conservatore – usavano la guerra civile per risolvere i loro problemi. Poi sono arrivate le violenze per così dire nuove, quelle di oggi: i sequestri, la violenza sessuale, che è un fenomeno terribile in Colombia, la violenza dei paramilitari di destra, la violenza delle guerriglie di sinistra, la violenza del narcotraffico, la violenza della microcriminalità, la violenza del racket. Dal 1973, in cui si contavano cinquemila, seimila omicidi, siamo passati oggi a 30 mila omicidi l’anno. Allora la Chiesa, mobilitandosi in favore delle vittime, - e ha avuto molto ascolto in questi giorni preparatori della Giornata – vuole anche smuovere le coscienze dei colombiani, perché è vero che la Colombia ha bisogno di molti aiuti esterni – e in questo senso l’appello del Papa è stato accolto con un grande sostegno – ma il fulcro della soluzione sono i colombiani.

    D. – Venticinque anni fa la visita di Giovanni Paolo II in Colombia. Che cosa è rimasto di quel seme gettato da Papa Wojtyla?

    R. – Moltissimo e i vescovi si ispirano anche a quegli appelli drammatici che fece Giovanni Paolo II, indirizzati a tutti i protagonisti delle diverse forme di violenza. Ci sono stati progressi, molti progressi: una parte importante dei paramilitari – oltre 30 mila - si è smobilitata; non ci sono stati successi invece con le guerriglie di sinistra, con i due principali gruppi della sinistra armata. In ogni caso, la Chiesa oggi, sulla scia, sull’eredità di Giovanni Paolo II, è impegnata a parlare con tutti, senza escludere nessuno, perché ritiene che, solo parlando con tutti, il Paese possa trovare nel consenso, nel negoziato, nel dialogo, il modo di uscire da questa cultura della morte, dell’omicidio, delle violenze incrociate che si prolungano da oltre un secolo.

    D. – Benedetto XVI ha dato impulso a questa giornata voluta dai vescovi in Colombia per la pace...

    R. – Il Papa si è associato a questa giornata voluta dai vescovi, e questo, come dicevo prima, ha avuto una grande eco in Colombia; è stato molto sottolineato, anche perché non se lo aspettavano. Le parole del Papa, poi, così solenni nell’Angelus della Domenica delle Palme, sono state molto chiare, molto precise. Che cosa aspetta la gente o vuole dalla Chiesa o è disposta a dare rispondendo all’appello della Chiesa? La gente vorrebbe in qualche modo – lo leggevo proprio sulla stampa colombiana, in queste ultime ore – che l’intera comunità internazionale, non solo con mezzi concreti, risorse, strumenti e opinioni autorevoli, accompagnasse questo popolo, nel quale è subentrata la rassegnazione, a sperare. Si tende a pensare invece che ormai questa violenza cronica è destinata a consumare il Paese.

    D. – Alcune cifre sul narcotraffico...

    R. – Cifre, per quanto riguarda il narcotraffico, sarebbe difficile darle, perché per natura sono molto segrete. Ma c’è da riportare la denuncia recente dell’Organizzazione degli Stati americani, l’Osa: il narcotraffico, da tre a quattro anni a questa parte, incomincia a reclutare massicciamente per i suoi crimini non solo adolescenti ma soprattutto bambini. Spesso per sfruttare il bambino per i traffici lo fa diventare prima un tossicodipendente. Noi troviamo situazioni drammatiche soprattutto nell’area di Medellin: bambini già tossicodipendenti a sette, otto, nove anni. (ap)

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    Venerdì Santo a Gerusalemme: la commozione dei fedeli nel ripercorrere la “via dolorosa”

    ◊   In coincidenza con il Venerdì Santo, la Chiesa universale osserva oggi una Giornata dedicata alla Terra Santa, in cui viene promossa una Colletta per le comunità cristiane di quei luoghi. A tale finalità, lo scorso 21 marzo la Congregazione per le Chiese Orientali ha rivolto un messaggio ai vescovi di tutto il mondo. Per una testimonianza su come la comunità cristiana della Terra Santa e i pellegrini stiano vivendo il Venerdì Santo ascoltiamo, dal Franciscan Media Center della Custodia di Terra Santa di Gerusalemme, il servizio di Stefania Sboarina:

    Un’assemblea orante e itinerante che si sposta continuamente da un luogo all’altro, per pregare e celebrare in quegli stessi luoghi che furono la scena della Passione di Gesù: è questa l’immagine che danno i tantissimi pellegrini giunti a Gerusalemme per la Settimana Santa. Oggi, Venerdì Santo, è la Basilica del Santo Sepolcro (che custodisce anche il luogo del Calvario), a diventare più che mai il cuore della Gerusalemme cristiana. Sin dall’alba gruppi di fedeli si sono radunati nel piazzale antistante in attesa di entrare per partecipare alla Liturgia della Passione presso l’altare del Golgota e cioè accanto a quella roccia sulla quale fu posta la Croce di Cristo.

    In tarda mattinata poi, nonostante il tempo quest’anno poco favorevole, la città vecchia si è animata di fedeli. Tutti con il desiderio di percorrere il tortuoso tracciato della più famosa strada di Gerusalemme, quella segnata per sempre e in tutte le lingue “Via Dolorosa”, perché percorsa un giorno da Gesù carico della Croce. Quel pio esercizio che i Francescani guidano lungo questa via ogni venerdì si è naturalmente ripetuto oggi: un flusso continuo di pellegrini si è snodato nel suk arabo della città vecchia, ripercorrendo quel tragitto che Gesù compi dal pretorio di Pilato fino al Calvario per dire come la narrazione evangelica si radica in una concretezza storico geografica. Il Patriarca latino e il suo clero, il Custode di Terra Santa, con Francescani e pellegrini, i parrocchiani della Chiesa latina e quelli di tutte le altre Chiese cattoliche e ortodosse e i tanti altri gruppi di fedeli provenienti da ogni parte del mondo, praticamente tutti i cristiani che si trovano a Gerusalemme oggi, hanno voluto camminare su questa via.

    Ma era già cominciata ieri sera, Giovedì Santo, la commemorazione delle ore più difficili della vita di Cristo: alla Basilica del Getsemani si è svolta una coinvolgente celebrazione presieduta dal Custode di Terra Santa e trasmessa in diretta da numerose emittenti cattoliche televisive. Tra canti e letture dei Vangeli della Passione, in tutte le lingue, i numerosissimi pellegrini hanno vissuto nel silenzio e nell'adorazione, quei fatti del Vangelo che narrano la Veglia, l'angoscia, l'arresto del Redentore, e la sua preghiera al Padre, nel luogo stesso in cui essi accaddero e cioè accanto all’Orto degli Ulivi e proprio davanti alla roccia che fu testimone del sudore di sangue del Signore.

    Dopo il momento di preghiera al Getsemani, i fedeli hanno ripercorso la valle del Cedron in processione e con le fiaccole accese fino ad arrivare alla Chiesa del Gallicantu, il luogo probabile della casa di Caifa, laddove Pietro rinnegò. Qui come al Getsemani in molti hanno sostato commossi. Qualcuno vi ha trascorso la notte in preghiera.

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    Via Crucis promossa dalla Caritas di Roma nel carcere di Rebibbia

    ◊   Facendosi ultimo tra gli ultimi, Gesù ha scelto di abbracciare ogni uomo e rivelargli che la morte, anche quella spirituale, è stata vinta. Può essere sintetizzato così il messaggio che ha animato la Via Crucis organizzata nei giorni scorsi dalla Caritas di Roma per i detenuti del Carcere di Rebibbia. Oltre 400 i partecipanti tra reclusi, agenti della polizia penitenziaria, personale amministrativo e volontari della Caritas. Ma cosa rappresenta per i carcerati la contemplazione delle quattordici stazioni della Passione di Cristo? Paolo Ondarza lo ha chiesto al cappellano di Rebibbia don Pier Sandro Spriano:

    R. - Per le persone detenute che sono qui - e questo me lo dicono francamente - si tratta di un momento per ripercorrere la propria esperienza dolorosa di arresto, di giudizio e di condanna.

    D. - Cristo è stato carcerato: questo aspetto della vita di Gesù tocca i detenuti?

    R. - Sicuramente sì! Quando ti trovi in un posto, dove ti viene tolto un po’ tutto, nonostante si tratti di un carcere dove si vive decentemente, la mancanza di libertà, di affetti, di sessualità… ti fa andare all’essenziale. Sicuramente il messaggio di Gesù non lascia insensibili..

    D. - Cristo è Risorto, ha spezzato le catene: quanto questa Buona Novella è recepita come reale, concreta, dai detenuti?

    R. - Qui in carcere ci sono alcuni segni sempre visibili di questa Risurrezione:ad esempio pensiamo ai colloqui quotidiani con i volontari: la loro presenza consente di uscire idealmente dalle mura per poter ritornare a parlare di cose diverse dal carcere. Il carcere è un ambiente dove vieni costretto a pensare solo a te stesso, alla tua sopravvivenza, ai tuoi problemi e dimentichi le tue responsabilità. I segni di Risurrezione sono gli incontri con i volontari, sono i momenti di preghiera comune, sono i momenti di catechesi. Se io in Chiesa annuncio la parola “libertà”, mi chiedono: “Dimmi come posso fare a fare un passo verso la libertà”. Questo significa che concretamente possiamo fare qualcosa di importante qui: certo si tratta di piccole cose, ma che possono portare verso questa Risurrezione.

    D. - Quando sui giornali si parla di carcere lo si fa per denunciare il sovraffollamento degli istituti o l’aumento dei suicidi tra i detenuti: sono queste le tematiche che fanno più “rumore” al di là delle sbarre?

    R. - Sono quelle che fanno più rumore, ma non rappresentano i veri problemi del carcere: è chiaro che il sovraffollamento è un problema, come quando io vado su un treno affollato e devo restare in piedi… I problemi ci sono perché in carcere vengono rinchiuse tante persone fragilissime, con problemi psichici, con problemi familiari. Questa situazione in una persona normale non significa molto, mentre in una persona fragile produce gravi conseguenze. I suicidi, dunque, non li collego necessariamente con la vita del carcere.

    D. - Per questi casi di fragilità psichica a cui faceva riferimento, bisognerebbe pensare ad altre soluzioni, alternative al carcere?

    R. - E’ ora di pensare a pene che non siano solo la carcerazione: questo è l’extrema ratio, dice la nostra Costituzione. Dobbiamo pensare a pene alternative, che siano più capaci di far pensare alla responsabilità del proprio reato. Invece qui in carcere la responsabilità ti viene tolta: non pensi più al tuo reato, perché hai bisogno di sopravvivere. Ci vorrebbero pene capaci di riconciliarsi con le vittime: la vittima qui invece te la dimentichi perché tu non vieni chiamato a restituire nulla. Occorrerebbero pene capaci di poter consentire il reinserimento in società: perché più si è chiusi in una gabbia, più si diventa cattivi.

    D. - Arriva l’estate, arriva il caldo e la situazione nelle carceri diventa ancora più difficile…

    R. - Assolutamente sì. Siamo nella situazione in cui le istituzioni hanno abbandonato il mondo penitenziario, dal punto di vista economico e dal punto di vista delle risorse umane. Ogni tanto devo andare a celebrare la Messa, portandomi la lampadina in tasca, perché non ci sono i soldi per cambiare una lampadina; non ci sono i soldi per dare la carta igienica ai detenuti… Questo è un problema di politica.

    D. - Non ci sono soldi o ci si dimentica del carcere?

    R. - Non c’è volontà, non ci sono soldi e c’è il falso annuncio che “più carcere uguale più sicurezza”: è esattamente il contrario! (mg)

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    Terra Santa: 900 ebrei ieri alla Domus Galilaeae per la sinfonia-catechetica “Getsemani” di Kiko Argüello

    ◊   Ieri alla Domus Galilaeae di Gerusalemme, 900 ebrei per la sinfonia-catechetica “Getsemani” di Kiko Argüello. Il servizio di Roberto Piermarini:

    (musica)

    Ieri pomeriggio alla Domus Galilaeae, il Centro internazionale del Cammino neocatecumenale in Terra Santa sul lago di Tiberiade, si è tenuta una celebrazione “sinfonico-catechetica” davanti a 900 ebrei giunti da tutto Israele, dove è stata eseguita la sinfonia “Getsemani”, scritta dall’iniziatore del Cammino Kiko Arguello ed eseguita da 120 musicisti e coristi provenienti da Spagna, Italia e Polonia. Come ha detto Kiko, “queste celebrazioni sinfonico-catechetiche” – come quella presentata martedì sera ai cristiani di terra Santa – "vogliono portare con la Parola di Dio e la musica, un messaggio che tocchi profondamente l’anima dell’uomo contemporaneo”. Al concerto di ieri erano presenti tra l’altro cinque rabbini, il direttore della Fondazione ebraica che sta realizzando il Parco Memoriale Giovanni Paolo II e la direttrice del Conservatorio di Gerusalemme. Ma come è stato accolto dagli ebrei presenti l'evento di ieri? Ci risponde il responsabile della Domus Galilaeae, don Rino Rossi:

    R. - Molto, molto bene sia dai rabbini che dalla gente. E’ stata anzi - possiamo dirlo - una sorpresa. Alcuni ci dicevano, come ad esempio la stessa direttrice del Conservatorio di Gerusalemme, ma anche tanti altri ebrei, che sono soliti andare ai concerti, ma qui hanno visto una novità: “Questo è qualcosa di diverso, perché non siamo andati ad un concerto, siamo stati ad una celebrazione. C’è stata un’azione dentro di noi…” Questo lo ha sottolineato anche il rabbino Leskovic, dicendo quanto fosse rimasto colpito: “Avete veramente espresso i sentimenti che proviamo noi ebrei. Ce li avete tirati fuori… Ci avete commosso!”. Poi ha aggiunto una cosa bellissima: “Il Messia ci sta guardando. Siamo nei tempi del Messia”. E questo lo diceva veramente con il tutto il cuore, visti anche tutti gli avvenimento che si stanno verificando nella storia. Uscendo, poi, un anziano mi si è avvicinato e mi ha detto: “Guardi, la mia vita è stata una profonda tristezza, perché ho sofferto tanto, ma oggi mi avete aperto il cuore ed avete aperto un orizzonte nuovo. Ho sentito veramente l’amore attraverso questa sinfonia”.

    D. - Qual è il rapporto della “Domus Galilaeae” con il mondo ebraico e come è nato questo rapporto, don Rino?

    R. - Da quanto è stata aperta la casa, nel 2003, molti ebrei hanno cominciato a visitarci: solamente l’anno scorso ne sono venuti qui alla Domus più di 120 mila. Noi vogliamo cercare di realizzare quello che ha detto Giovanni Paolo II prima di morire, in una Lettera che ci ha inviato nel 2005, quando abbiamo inaugurato la Biblioteca. In questa lettera, Giovanni Paolo II ci esortava a realizzare in questa casa una serie di iniziative per un più profondo dialogo tra la Chiesa cattolica e il mondo ebraico. Sulle parole del Papa Giovanni Paolo II, stiamo svolgendo questo servizio di accoglienza, accogliendoli come fratelli maggiori e servendoli. Loro sentono che questa è un’accoglienza da fratelli. Anche il fatto che abbiamo dei seminaristi che parlano l’ebraico e che spiegano loro un poco che cos’è questa casa e qual sia la missione di questa casa, cosa stiamo facendo: ci rivolgono un sacco di domande e abbiamo vissuto delle esperienze molto belle al riguardo.

    D. - A che punto è il progetto per il Parco Memoriale Giovanni Paolo II, che verrà realizzato accanto alla Domus Galilaeae?

    R. - Alla fine dell’incontro di ieri, il presidente mondiale della FondazioneKeren Kaieme”, il dottor Stenshler, ha annunciato a tutti gli ebrei presenti che presto si comincerà la realizzazione del Parco Memoriale Giovanni Paolo II, che sarà realizzato accanto alla “Domus Galilaeae”. Per questa realizzazione hanno voluto anche l’intervento di Kiko Argüello, che è stato l’ideatore e l’esecutore di questa casa “Domus Galilaeae”, affinché ci fosse una unità architettonica nel Parco: ci sarà una bellissima statua, ci saranno degli archi, delle fontane. Sarà una cosa molto bella. Quindi il dottor Stenshler ha dato la notizia che presto si comincerà la realizzazione. Il motivo della decisione di realizzare questo Parco è il desiderio di voler manifestare, come ebrei, la loro gratitudine a Giovanni Paolo II, che durante il suo Pontificato ha manifestato un grande amore per il popolo ebraico. Ha voluto fare l’annuncio della realizzazione di questo Parco proprio in relazione alla imminente Beatificazione del prossimo 1° maggio. (mg)

    (musica)

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    Chiesa e Società



    Pasqua in Medio Oriente tra speranze di pace e paure per l’instabilità politica

    ◊   Le comunità cristiane mediorientali si apprestano a vivere una Pasqua nel segno della preghiera e del rispetto per tutti coloro che hanno perso la vita nelle manifestazioni di piazza nei diversi Paesi del mondo arabo. Da Gerusalemme all’Iraq, passando per Gaza, dall’Egitto al Libano, dalla Siria alla Giordania, da Cipro alla Turchia fino al Kuwait, la minoranza cristiana mostra tutta la sua vitalità come ci raccontano le testimonianze raccolte dall'agenzia Sir. In Giordania, afferma il vicario patriarcale, mons. Selim Sayegh, “pregheremo per il nostro Paese, per il bene del suo popolo, per il Re ed il Governo, affinché assumano le giuste decisioni politiche. Pasqua ci offre la possibilità di pregare con la mente rivolta al bene spirituale e materiale di tutti, nessuno escluso”. In Egitto il patriarca copto-cattolico di Alessandria, cardinale Antonios Naguib, parla di “risurrezione di un popolo che era immerso nella paura e nell’incapacità di dire ciò che sente e vede, e ora non è più addormentato ma vive e parla”. “Questa Pasqua – dichiara all'agenzia Sir – viene in un tempo particolare, ci trova in mezzo a speranze miste a preoccupazioni e ci annuncia serenità e vera Pace”. Clima tranquillo in Libano come spiega il vicario apostolico dei latini di Beirut, mons. Paul Dahdah. “Tutto dovrebbe svolgersi senza problemi grazie anche a una situazione di tranquillità e di calma sociale” anche se si guarda con attenzione a ciò che accade nei Paesi vicini. Di sicurezza avrebbe bisogno l’Iraq dove, nonostante tutto, i cristiani hanno affollato le chiese già dalla domenica delle Palme: “Se la situazione dovesse permanere così, con una relativa calma, potremo vivere una Pasqua tranquilla e ricca di frutti” spiega il vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni. “La maggioranza delle chiese ha visto un grande afflusso di gente. Ora possiamo guardare ai prossimi riti con più fiducia. L’esercito e la polizia, con i nostri custodi, stanno presidiando in forze le chiese anche se le notizie di autobomba continuano a impensierirci”. I riti risentiranno di orari anticipati di qualche ora rispetto agli anni passati per motivi di sicurezza. Lo stesso a Gaza dove il parroco padre Jorge Hernandez non vuole mettere a repentaglio la sicurezza della minuscola comunità locale, solo 250 persone. A Cipro e in Kuwait a fare festa saranno le numerose comunità etniche, immigrate, che sono la maggior parte cattoliche. Veglia e Domenica di Pasqua plurilingue a Nicosia, che accoglie parrocchiani di 50 Paesi e in Kuwait dove si celebra in ben 5 riti e 12 lingue. (M.G.)

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    Il patriarca di Antiochia: necessaria nuova visione per le speranze del mondo arabo

    ◊   “La resurrezione deve essere il frutto delle sofferenze, del sangue, della fame e della sete, delle ferite e delle tante vittime” del mondo arabo scosso da mesi da manifestazioni di piazza. E’ quanto scrive Gregorio III Laham, patriarca di Antiochia dei greco-melkiti, nel suo messaggio per la Pasqua ripreso dall'agenzia Sir. “Ciò che la nostra società ha urgenza di ricostruire, rinnovare, guarire per rialzarsi – si legge nel testo - è Dio. L’uomo ha bisogno della Parola di Dio ma anche del pane materiale che significa scuole, medicine, lavoro, sicurezza sociale, accoglienza dei disabili, ambiente sano. Queste sono condizioni indispensabili per la sua dignità”. Ma, avverte il patriarca, “altre opportunità vanno trovate nella capacità da parte delle persone di mettersi in relazione con i loro concittadini per cooperare ad un mondo migliore”. Il patriarca avverte poi che anche le Chiese “devono contribuire al progetto economico, sociale e politico dei loro Paesi attraverso gli sforzi dei fedeli tra i quali ci sono anche economisti, politici e uomini d’affari”. “Vorremmo che la Lega Araba e l’Organizzazione della Conferenza islamica abbiano a che fare con questa rivoluzione nel mondo arabo – prosegue Gregorio III - sviluppando insieme un nuovo programma per un nuovo Medio Oriente arabo in cui ci siano le condizioni ideali per tutti i cittadini arabi, musulmani e cristiani”. “Oggi più che mai – conclude il patriarca – c’è bisogno di una visione cristiano-islamica di grandi orizzonti e l’elemento significativo per realizzare queste speranze è la pace”. (M.G.)

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    Libia: per mons. Martinelli a Tripoli è un "Venerdì Santo nell'angoscia"

    ◊   E’ un Venerdì Santo in cui “la Chiesa libica ripete il grido di Gesù ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’”: a parlare oggi all'agenzia Sir, con grande commozione, è mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, dopo aver celebrato nella mattinata il rito del Venerdì Santo (nel pomeriggio la gente ha paura di uscire) con la chiesa stracolma di fedeli filippini e africani. “Viviamo nell’angoscia – dice -, senza avere il diritto di un dialogo per cercare di capire le possibilità di pace che potevano esserci. Le bombe cadono, ma a soffrire sono i deboli”. Mons. Martinelli ricorda che giorni fa sono andate da lui due gruppi di donne a denunciare violenze sessuali e mutilazioni nella città di Misurata. “E’ la prima volta che mi capita, le donne musulmane non vengono mai in chiesa – precisa -. Io posso solo parlare per conto loro, non ho avuto altri riscontri sulle violenze. Purtroppo la zona di Misurata è isolata. Prima andavamo quasi ogni settimana, ora non possiamo più. Però c’è ancora un gruppo di infermiere filippine che lavora nell’ospedale”. Le donne hanno chiesto di intercedere per un intervento del Papa: “Io ho detto loro che il Papa è già intervenuto per chiedere un cessate-il-fuoco e una trattativa – precisa il vescovo -, ma i grandi della terra non lo ascoltano”. Mons. Martinelli riferisce che, oltre agli immigrati, “tanti libici stanno lasciando il Paese con enorme dolore, perché pensano di non poter più tornare”. Sull’intensificarsi dei raid aerei della Nato su Tripoli il vescovo dice solo di “aver sentito ieri sera voli di aerei, e bombe in lontananza. Nella nostra zona siamo abbastanza tranquilli, ma altrove il conflitto è forte”. “La mia speranza è che il grido di Gesù sia un grido di speranza verso la resurrezione – conclude -. Ci auguriamo che la Resurrezione di Gesù possa vincere il male che uccide”. (R.P.)

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    Libia: arrivata a Misurata nave dell’Unicef con aiuti per 25mila persone

    ◊   Kit di pronto soccorso, acqua potabile, tavolette per la depurazione dell'acqua, kit igienici e ricreativi per i bambini. È solo parte del materiale trasportato dalla nave con aiuti salva-vita dell’Unicef che ha raggiunto il porto di Misurata, in Libia. “I bambini hanno urgente bisogno di protezione a Misurata - ha detto all'agenzia Sir Shahida Azfar, direttore regionale Unicef per il Medio Oriente e Nord Africa -. Con questi nuovi aiuti si potrà provvedere ai loro bisogni di base, ma il loro recupero a lungo termine inizierà soltanto quando finiranno i combattimenti”. Si stima che a beneficiare del carico dell’agenzia delle Nazioni Unite saranno tra 15.000 e le 25.000 persone. Questa partita di aiuti fa seguito a quella distribuita due settimane fa dall’Unicef sempre a Misurata e alla distribuzione avvenuta anche al confine tunisino ed egiziano. Ad oggi però resta drammatica, si stima che oltre 500.000 persone siano fuggite dalla Libia verso i Paesi vicini. La maggior parte sono lavoratori migranti, anche se sono sempre più numerosi i libici che attraversano le frontiere in cerca di sicurezza. A Misurata ed in altre aree colpite dai combattimenti in Libia – denuncia l’Unicef – “l'accesso umanitario resta una delle principali preoccupazioni”. L’organizzazione delle Nazioni Unite ha lanciato una raccolta fondi pari a 13 milioni di dollari per rispondere ai bisogni immediati di donne e bambini. (M.G.)

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    Il vescovo di Mosul: “Sospese le celebrazioni pasquali per il coprifuoco”

    ◊   Sarà una Pasqua segnata dalle misure speciali contro il rischio attentati quella che si appresta a celebrare la comunità cristiana di Mosul, nel nord dell’Iraq. Tutti i riti pasquali sono stati sospesi, infatti, a causa dell'entrata in vigore del coprifuoco nella città, imposto dalle autorità. L’annuncio è stato dato dal vescovo caldeo di Mosul, mons. Emil Shamoun Noona: “Lo sciopero e la manifestazione che si è tenuta ieri in città contro il governo - spiega il prelato - ha indotto le autorità militari che controllano la sicurezza a imporre il coprifuoco a Mosul. Questo ha bloccato di fatto il programma di iniziative e celebrazioni organizzate in occasione delle festività pasquali”. Mons. Noona ha auspicato che la situazione in possa cambiare presto, perché "ad esempio, la Messa che si e' tenuta ieri nelle chiesa cittadina e' stata celebrata di fretta, per il timore che sopraggiungesse l'orario del coprifuoco, e vi hanno partecipato solo i fedeli che abitano vicino al luogo di culto, che possono ritornare a casa a piedi". Il presule, comunque, ha voluto precisare che i cristiani non sono stati coinvolti negli scontri avvenuti ieri in città e la comunità non ha ricevuto di recente minacce particolari: “Le tensioni che si registrano in città sono per questioni amministrative che non riguardano i cristiani”. (M.G.)

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    Padre Pizzaballa: “Guerra e crisi economica non fermino l'aiuto ai cristiani di Terra Santa”

    ◊   “Il sostegno alla Chiesa madre di Gerusalemme, alle opere della Custodia e alla tutela e alla salvaguardia dei santuari cristiani, ci riguarda tutti da vicino”, così il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, parlando all'agenzia Sir, esorta le Chiese di tutto il mondo a celebrare con grande partecipazione la tradizionale Colletta di Terra Santa del Venerdì Santo. “La Colletta – spiega il Custode - nasce dalla volontà dei Papi di mantenere forte il legame tra tutti i cristiani del mondo e i Luoghi Santi e per ricordare alla Chiesa un impegno che risale all'epoca apostolica”. In questi anni, prosegue padre Pizzaballa, “tanto è stato fatto ma molto resta da fare. Alcune Chiese dovrebbero promuovere questa Colletta che è anche uno strumento di conoscenza della Chiesa in Terra Santa, delle sue comunità, della difficile realtà sociale, economica e religiosa in cui si trovano a vivere e a operare”. “Non è un mistero, infatti - aggiunge il religioso -, che a causa di tanti problemi legati anche al conflitto israelo-palestinese i cristiani stanno lasciando la Terra Santa". Qualche preoccupazione arriva anche dalla crisi economica i cui “effetti si stanno facendo sentire già da un po'”. Tuttavia padre Pizzaballa si dice certo che, anche in questa congiuntura negativa, “i cristiani non faranno mancare il loro sostegno alla Terra Santa e alle comunità cristiane locali”. (M.G.)

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    Pasqua in Pakistan. Mons. Saldanha: “festeggiamenti discreti, ma carichi di gioia”

    ◊   “Grandissima gioia e speranza pur fra misure di sicurezza rigorose”. In questo modo i cristiani del Pakistan celebreranno i riti e le festività della Pasqua, secondo quanto riferisce all'agenzia AsiaNews mons. Lawrence John Saldanha, arcivescovo emerito di Lahore ed ex presidente della Conferenza episcopale pakistana, impegnato nelle celebrazioni del triduo pasquale. Il prelato spiega inoltre che “l’alto costo della vita” e gli stipendi bassi spingono la gente a festeggiare senza grandi fasti, in modo “discreto, ma carico di gioia”. I cristiani in Pakistan si avvicinano alla Pasqua desiderosi di partecipare alle celebrazioni, pur fra difficoltà e paure di nuove violenze. Il crescente fondamentalismo è causa di discriminazioni e persecuzioni verso la minoranza, cui si aggiunge una situazione di crisi generale attraversata dal Paese. Tuttavia il prelato sottolinea che i fedeli “metteranno da parte tutte le paure e si uniranno alle gioiose celebrazioni” legate alle festività. L'arcivescovo di Lahore aggiunge inoltre che “certamente, le misure di sicurezza saranno rigorose e ci auguriamo che non avvengano attacchi violenti” contro obiettivi cristiani. Secondo mons. Saldanha i cristiani vivranno la risurrezione di Cristo in modo “discreto ma carico di gioia”, vissuto soprattutto “all’interno della cerchia familiare”. (M.G.)

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    Rowan Williams: la verità della Risurrezione per affrontare le sofferenze del mondo

    ◊   La vittoria di Cristo sulla morte ci esorta a guardare con fiduciosa speranza alla difficile realtà del mondo. È questo il cuore del messaggio della tradizionale lettera pasquale rivolta ai fedeli dal primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams. Nel testo, di cui ci riferisce l’Osservatore Romano, il primate sottolinea che “non esiste una formula semplice per fermare le sofferenze, ma che quanto è accaduto nella vita, morte e resurrezione di Cristo fa emergere una verità che nessun potere può soggiogare e nessuna circostanza può vanificare”. In particolare, l’arcivescovo di Canterbury ricorda le sofferenze delle popolazioni per le calamità naturali e le discriminazioni. Di fronte a queste realtà, il primate invita pertanto “a restare ancorati all’amore di Dio, che non ci protegge dalla rabbia e dal dolore del mondo, ma che ci assicura semplicemente che non vi può essere competizione tra il suo amore e le forze della disgregazione che agiscono nel mondo e nello spirito umano”. Nel concludere il messaggio, l’arcivescovo di Canterbury indica poi la necessità di rendere testimonianza concreta di questo amore anche “con i più piccoli atti di umanità e compassione”. Questo “costituisce il fondamento della nostra fiducia e speranza ed è quello che dobbiamo praticare, con la nostra volontà di fare anche piccoli gesti di umanità e di pietà”. (M.G.)

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    Brasile: al via nel 2012 la formazione a distanza per le Comunità ecclesiali di base

    ◊   Sarà intitolata a mons. Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador ucciso nel 1980, la scuola di formazione a distanza per le Comunità ecclesiali di base (Ceb) promossa dalla Conferenza episcopale brasiliana. Una realtà, quella delle Ceb, molto attiva nelle 272 diocesi brasiliane. E proprio per approfondire la conoscenza teologica e biblica da parte degli animatori delle comunità, non solo in Brasile, ma in tutta l’America Latina, i vescovi hanno deciso di promuovere la scuola a distanza. La formazione, che sarà accessibile tramite Internet, sarà in lingua spagnola ed avrà inizio nel gennaio 2012, proseguendo poi per tre anni. “Il nostro obiettivo – spiega padre Nelito Dornelas, consigliere della Conferenza episcopale brasiliana e membro della Rete allargata delle Ceb, una struttura di coordinamento tra le comunità – è di offrire informazioni di base per la riflessione teologica, ideologica, ecclesiale, pastorale e biblica, in modo da mantenere vivo il patrimonio delle Ceb in tutto il continente”. Di fronte al contesto attuale, dominato da un flusso continuo di informazioni, continua il religioso, una formazione permanente e di qualità è indispensabile per rafforzare e dare nuovo slancio i valori delle comunità. Largo spazio, naturalmente, sarà riservato ai giovani: “Le Ceb accolgono le nuove generazioni – continua padre Dornelas – ed è quindi molto importante non limitarsi a perpetuare valori già consolidati, ma anche annunciarne di nuovi, guardando al contesto attuale”. Ed in effetti, l’uso di mass media virtuali ed in particolare dei social network è stato pensato proprio per le generazioni più giovani. Padre Dornelas si sofferma poi sul ruolo centrale delle comunità di base, non solo per la fede, ma anche per la sfera sociale: “L’impegno a livello sociale – spiega – è la conseguenza della maturità della fede e del rispetto dell’altro”. Tanto più che oggi le Ceb si trovano davanti a sfide diverse da quelle del passato: “Prima – conclude il religioso – il nemico era rappresentato dallo Stato, attraverso le dittature che hanno segnato il continente latinoamericano. Oggi, di fronte alla crescita economica ed all’ampliarsi della classe media, i nemici sono altri e più diversificati. Oggi, l’oppressione è più profonda e può assumere molti aspetti, come la discriminazione femminile, la violenza, il traffico di esseri umani, l’esclusione sociale o condizioni di lavoro pari alla schiavitù”. (I.P.)

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    Alla Plenaria dei vescovi cechi l'Anno Santo di Sant'Agnese, 14 beatificazioni e la situazione nelle carceri

    ◊   L'Anno Santo di S. Agnese di Boemia; la preparazione della beatificazione dei 14 martiri francescani di Praga; la pastorale penitenziaria nelle carceri ceche. Questi i punti all'ordine del giorno dell'Assemblea plenaria di aprile della Conferenza episcopale ceca, che si è svolta la settimana scorsa. Secondo quanto riferisce l’agenzia Sir, il suo presidente, mons. Dominik Duka, ha sottolineato la necessaria partecipazione della Chiesa cattolica al dibattito a livello nazionale e internazionale sulle questioni relative all'islam e ai rapporti fra cristiani e musulmani. I vescovi hanno anche espresso la loro soddisfazione per l'interesse dimostrato dalla società ceca nei confronti dell'Anno Santo di sant'Agnese di Boemia, ricordando l'800° anniversario della sua nascita. Una mostra intitolata "Sant'Agnese di Boemia - principessa e suora" verrà inaugurata il prossimo 25 novembre, in occasione della chiusura dell'Anno Santo. I prelati hanno poi trattato dell'imminente beatificazione dei 14 martiri francescani di Praga, uccisi nel 1611 per la loro fede. Dopo essere stata ufficialmente approvata dal Vaticano il 5 marzo scorso, si ritiene che la beatificazione di Bedrich Bachstein e dei suoi compagni potrebbe avere luogo nel 2012. Uno degli argomenti discussi nella plenaria è stata la pastorale penitenziaria nelle carceri ceche, della quale beneficiano attualmente fra il 5 e il 12 % dei carcerati. Secondo le statistiche più recenti, 203 fra sacerdoti e pastori appartenenti a 13 chiese cristiane offrono una guida spirituale in 36 istituti penitenziari nel Paese. La prossima sessione plenaria della Conferenza episcopale ceca si svolgerà nei giorni 16-18 giugno a Prachatice e coinciderà con il pellegrinaggio in onore di san Giovanni Nepomuceno Neumann. (L.Z.)

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    Roma: Amnesty International chiede di fermare gli sgomberi forzati dei rom

    ◊   Il Segretariato Internazionale di Amnesty International ha lanciato oggi un’azione urgente per chiedere al prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, di fermare immediatamente tutti gli sgomberi forzati degli insediamenti rom di Roma. Dall’inizio di aprile almeno 30 insediamenti non autorizzati sarebbero stati oggetto di sgomberi forzati e c’e’ il timore che altri insediamenti siano a rischio d’imminente sgombero forzato. Il 18 aprile, sono state sgomberate le famiglie rom residenti nell’insediamento di via Severini e quelle che vivevano nell’ex stabilimento abbandonato della Mira Lanza. Il 20 aprile e’ stata la volta dell’insediamento di via del Flauto. Oggi, 22 aprile, e’ iniziato lo sgombero del campo di via dei Cluniacensi, abitato da circa 300 persone rom di nazionalita’ romena, il 65% delle quali costituito da minori. Il 6 aprile il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, riferendosi alla nuova ondata di sgomberi, aveva affermato che dovevano essere eseguiti con urgenza per evitare che i migranti irregolari in arrivo dalla Tunisia trovassero rifugio nei campi non autorizzati. Secondo quanto riferito ad Amnesty dalle Organizzazioni non governative locali, gli sgomberi sono stati eseguiti senza previa notifica o consultazione delle comunità interessate. Solo alle donne e ai bambini e’ stata provvisoriamente offerta una sistemazione alternativa nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto, rifiutata in quasi tutti i casi in quanto le famiglie non vogliono essere divise. Al termine dell’ultimo sgombero, oltre 1000 persone, comprese donne incinte e molti bambini, saranno state lasciate senza un tetto. “Di fronte alla mancanza di sicurezza e alle condizioni di vita inadeguate nei campi, la soluzione non puo’ essere costituita dagli sgomberi forzati – afferma Amnesty -, che lasciano le comunita’ interessate in condizioni abitative e di vita peggiori”. Nell’azione urgente, i cui appelli vengono inviati per conoscenza anche al sindaco di Roma Gianni Alemanno e al ministro dell’Interno Roberto Maroni, Amnesty chiede inoltre al prefetto Pecoraro di “assicurare che gli sgomberi saranno considerati solo come la soluzione estrema ed eseguiti in pieno accordo con le garanzie previste dagli standard europei e internazionali sui diritti umani”. (R.P.)


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    Osservatore Romano: speciale in sette lingue per la beatificazione di Papa Wojtyla

    ◊   Un numero speciale per la beatificazione del 1° maggio. È l’omaggio dedicato a Karol Wojtyła da parte dell’Osservatore Romano. La pubblicazione di cento pagine interamente a colori sarà disponibile in sette lingue (italiano, polacco, inglese, spagnolo, tedesco, francese, portoghese), la rivista viene inoltre stampata in sette Paesi di quattro continenti: Australia, Brasile, Canada, India, Italia, Regno Unito e Spagna, con una tiratura complessiva di circa quattrocentomila copie. In particolare, in Italia lo speciale sarà in edicola dal 27 aprile e viene stampato e diffuso anche da tre storiche testate del gruppo Quotidiano Nazionale: “Il Resto del Carlino” di Bologna, “La Nazione” di Firenze e “Il Giorno” di Milano. Oltre al testamento di Giovanni Paolo II e all’omelia funebre tenuta dal cardinale Joseph Ratzinger, la rivista raccoglie le omelie di Benedetto XVI in ricordo del suo predecessore, testi di Karol Wojtyła, articoli, interviste e una dettagliata cronologia. Pensato come tributo a un cristiano esemplare e a un grande vescovo di Roma protagonista di un pontificato che è già consegnato alla storia, lo speciale è un vero e proprio numero da collezione, illustrato da bellissime e rare fotografie. (M.G.)

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    Sabato Santo: nella Basilica Santa Maria Maggiore si celebra l’Ora della Madre

    ◊   Rivivere la fede suprema di Maria nell’attesa della risurrezione del Signore. Con questo spirito sarà vissuta la speciale celebrazione mariana “L’Ora della Madre” che si terrà domani, Sabato Santo, dalle ore 10.30 alle ore 11.30 nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore in Roma. Presiederà il cardinale Bernard Francis Law, arciprete della basilica. Il termine “ora” scandisce nei Vangeli l’evento di Gesù e della salvezza, dalle nozze di Cana al Venerdì Santo. In particolare l’Ora della Madre arriva nel Sabato Santo quando morendo, Gesù consegna a Maria i suoi discepoli e gli uomini redenti: “Donna ecco il tuo figlio. E da quell’Ora il discepolo la prese con sé”. La celebrazione Mariana che si tiene in tante parti del mondo la mattina del Sabato Santo, attinge alla tradizione della liturgia bizantina che canta i lamenti della Madre sul Figlio ucciso e la sua ansia di vederlo tornare dai morti. Infatti le speranze del mondo in quell’Ora si raccolsero tutte nel cuore della Madonna: è la Chiesa che crede contro ogni umana evidenza. L’Ora della Madre è dunque la più adatta e significativa preparazione alla grande Veglia del Signore morto e risorto. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nuove manifestazioni antigovernative in Yemen: in piazza anche sostenitori di Saleh

    ◊   “Nessun dialogo”: questo lo slogan della nuova manifestazione antigovernativa a Sanaa, la capitale dello Yemen, intitolata ‘il venerdì dell’ultima possibilità’. Decine di migliaia di persone si sono radunate nel centro della città, rifiutando il negoziato con la leadership al potere proposto dai Paesi del Golfo. A pochi chilometri di distanza, invece, si svolge ‘il venerdì della riconciliazione’, la dimostrazione indetta dai sostenitori del presidente Saleh il quale oggi è tornato a ribadire il suo appoggio al piano di transizione purché – ha precisato – avvenga nel quadro della Costituzione. Intanto ieri nel sud del Paese almeno otto persone, tra cui sei militari, sono rimaste uccise in scontri fra soldati yemeniti e milizie di una tribù locale.

    Bahrein
    Attacchi sistematici contro ospedali in Bahrein nelll'ambito della repressione delle rivolte antigovernative delle settimane scorse. E’ la denuncia di Physicians for Human Rights, Ong con sede negli Stati Uniti, che ha chiesto una “immediata inchiesta internazionale” sulla vicenda. Ieri Amnesty International ha reso noto l’arresto di 500 persone, per lo più sciiti. Molti sarebbero stati torturati, mentre quattro avrebbero perso la vita in prigione.

    Egitto
    In Egitto prolungata di altri 15 giorni la detenzione dell’ex presidente Mubarak, indagato per corruzione e per la repressione contro i manifestanti che ne chiedevano le dimissioni. Le autorità hanno spiegato che la decisione serve per “il lavoro dell’inchiesta”. Alcuni inquirenti si sono recati all’ospedale di Sharm el Sheik, dove dal 12 aprile si trova ricoverato Mubarak, per continuare l’interrogatorio.

    Russia-Onu
    La situazione in Nord Africa, assieme alle altre crisi internazionali, è al centro della visita in Russia del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. In queste ore l’incontro con il leader del Cremlino, Medvedev. Prima del vertice il numero uno del Palazzo di Vetro ha auspicato il sostegno di Mosca per un suo eventuale secondo mandato alla guida dell’organismo.

    Cecenia
    In Cecenia le forze di sicurezza russe hanno ucciso un alto rappresentante di Al Qaeda. Secondo media di Mosca, si tratta di un saudita morto assieme ad altri due combattenti jihadisti in un'operazione condotta ieri nel distretto orientale di Shali.

    Anp-Francia
    Il presidente francese Sarkozy sostiene gli sforzi per la riconciliazione tra i palestinesi in vista delle prossime elezioni a Gaza. Questo il messaggio rivolto dal capo dell’Eliseo al presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, durante la sua ieri visita a Parigi. Al vertice si è discusso della possibile formazione di un governo tecnico nella Striscia e della disponibilità della Francia ad organizzare a giugno una conferenza dei Paesi donatori per la Palestina. Intanto, al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, le diplomazie europee, con in prima linea la Francia, pensano di avviare una discussione per il riconoscimento ufficiale di uno Stato Palestinese.

    Gaza
    Almeno tre feriti gravi oggi nella Striscia di Gaza per un’esplosione alla frontiera con Israele nei pressi del valico di Karni. Secondo media ebraici i feriti farebbero parte del personale locale delle Nazioni Unite, che sarebbero stati centrati da un colpo di mortaio difettoso sparato da estremisti islamici verso il territorio israeliano. Diversa la ricostruzione fornita da fonti palestinesi che parlano di una cannonata da parte dei soldati israeliani.

    Somalia: pirateria all'attacco
    Naviga verso le coste somale la motonave italiana Rosalia D'Amato, sequestrata ieri da un gruppo di pirati a largo delle coste dell'Oman. A bordo 22 membri di equipaggio, 15 filippini e sei italiani. Nessuna notizia invece dell’altra nave italiana, la Savina Caylyn, nelle mani dei pirati dall’8 febbraio scorso. Dall’inizio dell’anno sono 28 le navi sequestrate, quasi 600 gli ostaggi. In questo scenario gli armatori chiedono che il Parlamento approvi leggi che consentano l’imbarco di militari o di guardie private. Massimiliano Menichetti ha intervistato Nicolò Carnimeo, docente di diritto della navigazione all’Università degli Studi di Bari ed autore del libro “Nei mari dei pirati” (edito da Longanesi):

    R. – I pirati in Somalia sono gli stessi 'signori della guerra' che organizzano anche altri traffici illeciti, come quello delle armi o quello delle persone, che però hanno trovato nella pirateria un’attività molto florida e che non si sta arrestando. Nei primi tre mesi di quest’anno ci sono stati 96 attacchi, 35 in più rispetto all’anno precedente: sono morte sette persone, uccise dai pirati, 40 sono state ferite e almeno un’ottantina torturate. Il livello di conflitto, di scontro, si sta alzando.

    D. – Anche l’Unione Europea è impegnata nelle missioni internazionali di pattugliamento, che però non riescono ad avere esiti soddisfacenti...

    R. – Si spiega nel fatto che la missione Atalanta, di cui fa parte anche l’Italia, pattuglia solamente il Golfo di Aden. Infatti, nel Golfo di Aden gli attacchi sono diminuiti e quasi non ce ne sono più. Invece oggi vengono portati, come nell’ultimo caso della Rosalia, nel Mare Arabico e soprattutto nell’Oceano Indiano. I pirati sono arrivati fino alle isole Andamane.

    D. – In sostanza lo specchio di mare non può essere monitorato costantemente nella sua globalità?

    R. – No, assolutamente.

    D. – Alcuni ritengono che nella regione settentrionale semi autonoma del Putland ci sia la base dei pirati nella città di Eyl. Perché non si interviene lì?

    R. – Eyl è la base storica dei pirati. Poi però ci sono altre basi, anche a Nord di Mogadiscio ve ne sono diverse, quante sono le gang di pirati. Ma i pirati non sono solo in Somalia, adesso operano anche nel Mar Rosso e hanno delle basi nello Yemen. Si sono molto ramificati, soprattutto hanno delle basi nelle piccole isole dell’Oceano Indiano.

    D. – La pirateria di fronte alle acque somale è il riflesso di un governo che non c’è, ma è diventato anche un affare a sé stante?

    R. – Ci sono investitori africani e arabi, da Dubai, che investono nelle attività di abbordaggio. L’auspicio è che in realtà ovviamente si cerchi di risolvere la situazione somala, ma non c’è, anche dal punto di vista internazionale, una repressione forte, anche dal punto di vista normativo, della repressione. Pensate che nei giorni scorsi erano stati arrestati sedici pirati e li hanno liberati, perché nessuno voleva processarli. (ap)

    Nigeria
    In Nigeria si aggrava il bilancio delle violenze post elettorali: fonti della Croce Rossa Internazionale riferiscono di oltre 60 mila persone in fuga dagli scontri tra sostenitori del presidente rieletto Jonathano Goodluck e del rivale Buhari. I morti accertati sono più di 200: le autorità hanno imposto il coprifuoco in molte città mentre la Commissione elettorale nazionale ha posticipato di due giorni, al 28 aprile, le elezioni amministrative in due Stati del nord.

    Costa D’Avorio
    L’Unione Africana ha deciso di sollevare le sanzioni imposte alla Costa d’Avorio lo scorso mese di dicembre, in seguito ai disordini post elettorali segnati da sanguinosi scontri tra le forze fedeli al presidente Ouattara, riconosciuto dalla Comunità internazionale, e le milizie del rivale Gbagbo. La Francia, intanto, ha inviato 25 tonnellate di aiuti medici a bordo di un aereo partito oggi alla volta di Abidjan.

    Thailandia-Cambogia
    Nuove tensioni tra Thailandia e Cambogia. Al centro degli scontri armati, ripresi oggi, il conteso tempio indù di Preah Vihear che si trova al confine tra i due Paesi. Almeno sette i soldati sui due fronti rimasti uccisi. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Un conflitto mai sopito e mai risolto del tutto, nonostante i negoziati che hanno portato alla recente tregua, raggiunti dopo i cruenti scontri e le 11 vittime del febbraio scorso. Questa volta non si sa quale dei due eserciti abbia infranto per primo il cessate-il-fuoco, dato che ambedue si accusano di aver utilizzato le armi, leggere e pesanti, affermando di aver sparato solo in risposta al fuoco avversario. Il conflitto odierno è iniziato all’alba ed è durato per diverse ore in una zona, in territorio thailandese, nelle vicinanze del tempio khmer conteso. La disputa è in corso dal 1962, quando la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ha attribuito alla Cambogia il controllo delle rovine di Preah Vihear, risalenti al XII secolo, ma nelle vicinanze vi sono vasti pendii che la Thailandia considera sotto la propria sovranità. La particolare morfologia del territorio, inoltre, costringe i pellegrini dei due Paesi a varcare varie volte il confine per giungere sul sito. La disputa si è riaccesa in modo particolare nel 2008, quando l’Unesco ha inserito il tempio nella lista dei “beni-patrimonio mondiale dell’umanità”, imponendo a Bangkok di consentirne l’accesso attraverso il suo territorio.

    Haiti
    Scontri e disordini ad Haiti dopo l’annuncio dei risultati ufficiali delle elezioni presidenziali, vinte dal cantante Michel Martelly. Al momento si segnalano due morti e numerosi feriti. Il neo capo di Stato - che assumerà l'incarico presidenziale ufficialmente il 14 maggio - ha intanto incontrato il capo della diplomazia Usa, Hillary Clinton, che ha promesso il “pieno appoggio” di Washington all’isola caraibica, colpita a gennaio dell’anno scorso dal terribile terremoto, seguito l’autunno scorso da una violenta epidemia di colera.

    Giappone
    In Giappone il governo ha esteso l’ordine di evacuazione per altre 5 città che si trovano fuori dal raggio di 20 kilometri dalla centrale di Fukushima. Tokyo, inoltre, ha stanziato altri fondi: circa 34 miliardi di euro per la ricostruzione. La Tepco, la società che gestisce gli impianti nucleari, ha annunciato la costruzione di barriere di protezione al sito di Niigata per prevenire i danni di uno tsunami come quello dell’11 marzo scorso. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 112

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.