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Sommario del 17/05/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco alle Pom: non siate evangelizzatori tristi ma impazienti di portare la gioia di Cristo
  • Papa Francesco: il problema non è essere peccatori, ma non lasciarsi trasformare dall'amore di Cristo
  • Il Papa ai vescovi sardi: forti mie parole sul denaro, ma vanno dette. Visita a Cagliari il 22 settembre
  • Flavio Felice: il Papa ci esorta a relativizzare il denaro per il bene della persona
  • Appello di Papa Francesco per la libertà religiosa
  • Altre udienze e nomine di Papa Francesco
  • Pubblicato il calendario delle celebrazioni presiedute dal Papa fino a luglio
  • Papa Francesco riceve Napolitano l’8 giugno
  • La domanda del Papa via Twitter: "La nostra vita è veramente animata da Dio?"
  • Alla vigilia dell'incontro con Papa Francesco, la gioia e l'attesa di movimenti, associazioni e aggregazioni laicali
  • Mons. Chullikat: la lotta al traffico di esseri umani sia una priorità per tutti
  • Vaticano. Mostra in onore del Papa: "Argentina - Il Gaucho, tradizione, arte e fede"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: faccia a faccia tra Ban Ki-moon e Putin. Acnur: in aumento il numero di profughi
  • Nigeria: è guerra contro "Boko Haram", la testimonianza di una missionaria
  • Sri Lanka: quattro anni fa la fine della guerra civile tra cingalesi e tamil
  • Malawi: dall'idea di un missionario una cooperativa dà lavoro e assiste 700 persone
  • Tav, i sindacati: non prendere di mira gli operai. Il vescovo di Susa invita alla calma
  • A Milano tappa del tour mondiale de “I Promessi Sposi”
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Vienna: dichiarazione del Consiglio europeo delle religioni per la pace
  • Usa: no dei vescovi ad ogni forma di clonazione umana dopo l’esperimento dell’Oregon
  • Cei: dal 20 maggio l'Assemblea generale. Il 23, celebrazione con il Papa
  • Istanbul. Il patriarca Bartolomeo I: "Anche se perseguitata la Chiesa è viva"
  • Padre Adolfo Nicolás è il nuovo presidente dell’Unione dei Superiori Generali
  • Congo. A Benio nel Nord Kivu calma precaria. I ribelli alle porte
  • Terra Santa. Caritas Gerusalemme: "Aiutateci a camminare da soli"
  • Brasile. Sr Dorothy Stang: annullata condanna ad un mandante
  • Argentina: morto l'ex dittatore Videla
  • Albania: appello dei vescovi per le elezioni del 23 giugno
  • Al Festival del cinema di Cannes la violenza di una società che cambia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco alle Pom: non siate evangelizzatori tristi ma impazienti di portare la gioia di Cristo

    ◊   “Mi siete particolarmente cari” perché mi aiutate a tenere vivo l’impegno dell’evangelizzazione nel mondo. È l’apprezzamento che Papa Francesco ha rivolto alle Pontificie Opere Missionarie, i cui responsabili – presenti a Roma per l’annuale Assemblea generale – sono stati ricevuti questa mattina in udienza in Vaticano. Per la Chiesa, ha detto il Papa, portare Cristo ovunque “non è una missione facoltativa ma essenziale”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Annunciare il Vangelo è un “onore”, una “responsabilità” e un “dovere”. Tra i confini di queste tre parole Paolo VI tracciò circa 50 anni fa il campo d’azione delle Pontificie opere Missionarie (Pom). Papa Francesco, ricordando questa convinzione di Papa Montini, ribadisce di tenere in particolare considerazione il lavoro apostolico svolto dalle Pom a tutte le latitudini. “Mi siete particolarmente cari – spiega – perché mi aiutate a tenere sempre viva l’attività di evangelizzazione, paradigma di ogni opera della Chiesa”:

    “La missionarietà è paradigma di ogni opera della Chiesa; è un atteggiamento paradigmatico. In effetti, il Vescovo di Roma è chiamato ad essere Pastore non solo della sua Chiesa particolare, ma anche di tutte le Chiese, affinché il Vangelo sia annunciato sino agli estremi confini della terra. E in questo compito, le Pontificie Opere Missionarie sono uno strumento privilegiato nelle mani del Papa, il quale è principio e segno dell’unità e dell’universalità della Chiesa”.

    L’imperativo di annunciare Cristo a chi non lo conosce resta tale in ogni epoca della Chiesa. Missione “entusiasmante” e anche “difficile”, riconosce Papa Francesco, ma il “coraggio” di portarla avanti “viene da Dio”, perché non va mai dimenticato che la forza dell’evangelizzazione “appartiene a Lui”:

    “Noi siamo chiamati ad aprirci sempre di più all’azione dello Spirito Santo, ad offrire tutta la nostra disponibilità per essere strumenti della misericordia di Dio, della sua tenerezza, del suo amore per ogni uomo e per ogni donna, soprattutto per i poveri, gli esclusi, i lontani. E questa per ogni cristiano, per tutta la Chiesa, non è una missione facoltativa, non è una missione facoltativa, ma essenziale”.

    Ai responsabili sacerdoti, religiosi, suore e laici delle Pontificie Opere Missionarie Papa Francesco rinnova l’invito a tenere vivo il fuoco delle origini, “educare ogni cristiano, fin dall’infanzia, ad uno spirito veramente universale e missionario” e insieme “animare e formare le Chiese aprendole ad una dimensione ampia della missione evangelizzatrice”:

    “Di fronte alla tentazione delle comunità di chiudersi in se stesse - è una tentazione più frequente, più frequente chiudersi in se stesse -, preoccupate dei propri problemi, il vostro compito è di richiamare la ‘missio ad gentes’, di testimoniare profeticamente che la vita della Chiesa e delle Chiese è missione, ed è missione universale”.

    E insistendo sulla necessità per le comunità cristiane di avere ciascuna il cuore aperto sulle altre, Papa Francesco soggiunge:

    “In questo contesto, vi invito ad avere un’attenzione particolare per le giovani Chiese, che non di rado operano in un clima di difficoltà, di discriminazione e di persecuzione, perché siano sostenute ed aiutate nel testimoniare con la parola e con le opere il Vangelo”.

    Vibrante di cordialità e di simpatia il saluto dedicato inizialmente da Papa Francesco al cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che gli aveva presentato le Pom:

    “Il cardinale Filoni ha un lavoro in più in questo tempo: lui è professore. Viene da me per ‘insegnarmi la Chiesa’. Sì, viene e mi dice: questa diocesi è così, così e così… Io conosco la Chiesa grazie alla sue lezioni. Sono lezioni non a pagamento, lo fa gratuitamente” (applausi).

    Concludendo l’udienza, Papa Francesco torna sulle parole di Paolo VI che, osserva, sono così attuali che sembrano “scritte ieri”:

    Possa il mondo del nostro tempo, che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza, ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo, la cui vita irradii fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo, e accettino di mettere in gioco la propria vita affinché il Regno sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo”. (applausi)

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    Papa Francesco: il problema non è essere peccatori, ma non lasciarsi trasformare dall'amore di Cristo

    ◊   Il problema non è essere peccatori, il problema è non lasciarsi trasformare nell'amore dall’incontro con Cristo: è questo, in sintesi, quanto ha detto il Papa nell’omelia presieduta stamani a Santa Marta. Hanno partecipato alla celebrazione alcuni dipendenti dei Musei Vaticani. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Al centro dell’omelia, il Vangelo odierno in cui Gesù risorto per tre volte chiede a Pietro se lo ama. “E’ un dialogo d’amore, fra il Signore e il suo discepolo”, spiega Papa Francesco che ripercorre la storia degli incontri di Pietro con Gesù: da quel primo “Seguimi” al nome nuovo “Ti chiamerai Cefa, Pietra”, ovvero la sua missione e – sottolinea - anche se “Pietro non aveva capito niente … la missione c’era”. Poi, quando Pietro lo riconosce come il Cristo e subito dopo dice no alla via della croce, con Gesù che risponde: “Allontanati, Satana!” e “lui accetta questa umiliazione”. Pietro – afferma il Papa – spesso “credeva di essere uno bravo”, nel Getsemani è “focoso” e “prende la spada” per difendere Gesù, ma poi lo rinnega tre volte. E quando Gesù lo fissa con quello sguardo “tanto bello” - nota il Papa - Pietro piange. “Gesù in questi incontri va come maturando l’anima di Pietro, il cuore di Pietro”, lo matura nell’amore. Così Pietro quando sente che Gesù per tre volte gli chiede: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”, si vergogna, perché si ricorda di quando per tre volte ha detto di non conoscerlo:

    “Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse ‘Mi vuoi bene?'. Questo dolore, questa vergogna … Un uomo grande, questo Pietro ... peccatore, peccatore. Ma il Signore gli fa sentire, a lui e anche a noi, che tutti siamo peccatori. Il problema non è essere peccatori: il problema è non pentirsi del peccato, non avere vergogna di quello che abbiamo fatto. Quello è il problema. E Pietro ha questa vergogna, questa umiltà, no? Il peccato, il peccato di Pietro, è un fatto che con il cuore grande che aveva Pietro, lo porta ad un incontro nuovo con Gesù, alla gioia del perdono”.

    Il Signore non abbandona la sua promessa, quando gli aveva detto “Tu sei pietra”, e ora gli dice: “Pasci il mio gregge” e “consegna il suo gregge ad un peccatore”:

    “Ma Pietro era peccatore, ma non corrotto, eh? Peccatori, sì, tutti: corrotti, no. Una volta ho saputo di un prete, un buon parroco che lavorava bene; è stato nominato vescovo, e lui aveva vergogna perché non si sentiva degno, aveva un tormento spirituale. E se n’è andato dal confessore. Il confessore lo ha sentito e gli ha detto: ‘Ma non ti spaventare. Se con quella grossa che ha fatto Pietro, lo hanno fatto Papa, tu vai avanti!’. E’ che il Signore è così. Il Signore è così. Il Signore ci fa maturare con tanti incontri con Lui, anche con le nostre debolezze, quando le riconosciamo, con i nostri peccati …”.

    Pietro “si è lasciato proprio modellare” dai “tanti incontri con Gesù” e questo - afferma il Papa – “serve a tutti noi, perché noi siamo sulla stessa strada”. “Pietro è un grande” – ribadisce – non “perché sia uno bravo” ma perché “è un nobile, ha un cuore nobile, e questa nobiltà lo porta al pianto, lo porta a questo dolore, a questa vergogna e anche a prendere il suo lavoro di pascere il gregge”:

    “Chiediamo al Signore, oggi, che questo esempio della vita di un uomo che si incontra continuamente con il Signore e il Signore lo purifica, lo fa più maturo con questi incontri, ci aiuti a noi ad andare avanti, cercando il Signore e incontrandolo, facendo un incontro con Lui. Ma più di questo è importante lasciarci incontrare dal Signore: Lui sempre ci cerca, Lui è sempre vicino a noi. Ma tante volte, noi guardiamo dall’altra parte perché non abbiamo voglia di parlare con il Signore o di lasciarci incontrare con il Signore. Incontrare il Signore, ma più importante è lasciarci incontrare dal Signore: questa è una grazia. Ecco la grazia che ci insegna Pietro. Chiediamo oggi questa grazia. Così sia”.

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    Il Papa ai vescovi sardi: forti mie parole sul denaro, ma vanno dette. Visita a Cagliari il 22 settembre

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani i vescovi della Conferenza episcopale della Sardegna in visita “ad Limina”, guidati da mons. Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari. Sergio Centofanti gli ha chiesto come sia andato l’incontro col Pontefice:

    R. - Dire bene è dire troppo poco. Ci siamo intrattenuti con il Santo Padre per un’ora e venti minuti. Ha voluto ascoltare tutti i vescovi: quindi, dopo una piccola presentazione generale, ogni vescovo ha presentato le particolarità della sua diocesi. Il Papa ha ascoltato con molto interesse, ha fatto alcune domande e alla fine ci ha fatto alcune sottolineature, alcune raccomandazioni, tra cui due in particolare: un impegno per le vocazioni sacerdotali e poi ha ripreso quanto aveva detto ieri sul denaro, persona, lavoro, dicendo che sono parole forse un po’ forti, ma sono quelle che vanno dette. Noi abbiamo parlato, appunto, della situazione del mondo del lavoro, della disoccupazione: i problemi della Sardegna. Quindi lui ha ripreso questo concetto che già ieri aveva detto in altra occasione, che era stato ampiamente pubblicato. Poi abbiamo parlato della prossima visita in Sardegna. Allora avevamo alcune date, alcune proposte: tra queste date c’era il 22 settembre, che era una data che era già circolata insieme alle altre, e il Papa ci ha chiesto se per noi andava bene il 22. E’ interessante: invece di chiedere noi a lui se andava bene per lui, lui ha chiesto se andava bene per noi! Abbiamo fissato e il 22 settembre sarà la giornata di Papa Francesco a Cagliari.

    D. - Quindi la Sardegna attende con grande gioia questa visita di Papa Francesco…

    R. - Con grande gioia, perché è una primizia: il motivo che ha suscitato questa visita è il legame tra il Santuario di Bonaria e Buenos Aires, ma c’è gioia soprattutto per una regione così provata e così povera. Questo è un gesto di un’attenzione, di una delicatezza indicibili da parte del Papa verso tutto il Paese, perché è un gesto verso l’Italia, non solo verso la Sardegna.

    D. - Che cosa vi ha più colpito di questo incontro?

    R. - Il desiderio di ascoltare del Papa. Ci ha detto esplicitamente che lui vuole e ha bisogno di ascoltare: questi incontri con i vescovi gli fanno molto bene. Lo aiutano a capire. Ci ha colpito la cordialità. Ogni tanto una risata schietta, un sorriso bellissimo e una grande attenzione nell’ascolto!

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    Flavio Felice: il Papa ci esorta a relativizzare il denaro per il bene della persona

    ◊   “Il denaro deve servire, non governare”: è uno dei passaggi forti del discorso che il Papa ha rivolto ieri a un gruppo di nuovi ambasciatori. Un intervento che, assieme a quello rivolto sempre ieri alla Caritas Internationalis, ha offerto numerosi spunti di riflessione sul magistero sociale della Chiesa. Papa Francesco ha anche evidenziato che l’etica dà fastidio, perché relativizza il denaro. Proprio da quest’ultima riflessione, muove il ragionamento dell’economista della Lateranense, Flavio Felice, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. – Mi sembra che sia il tema fondamentale, oltretutto, della prospettiva antropologica cristiana. In questo caso è il denaro che relativizza l’uomo. Di conseguenza, il cristianesimo, che pone al centro l’uomo, relativizza tutto ciò che può minacciare la dignità della persona umana. Questo è un tema fondamentale. Si pensi a quanto il cristianesimo abbia contribuito nella storia a relativizzare gli assoluti terrestri, il faraone: il cristianesimo “ammazza lo spirito faraonico”, diceva lo storico Guglielmo Ferrero. Il cristianesimo ha dato questo grande contributo alla storia delle idee e delle istituzioni e Bergoglio, nell’affermare che l’etica richiama e relativizza il denaro, si colloca esattamente in questa scia e ci dice che al centro c’è la persona.

    D. - Papa Francesco in un altro passaggio quasi con la forza di un Padre della Chiesa ha detto anche: "non condividere i beni con i poveri è come derubarli"…

    R. – Questo probabilmente è uno dei passaggi più forti, non solo dei due discorsi di ieri, ma del suo Pontificato, benché breve. Affermare che non condividere significa derubare significa che la natura ci offre beni che dobbiamo necessariamente condividere per essere pienamente umani. Può essere non condiviso da chi ovviamente si riconosce in un’altra antropologia ma se siamo figli di Dio siamo fratelli tra di noi e tra fratelli si condivide! La condivisione è allora un modo per essere se stessi, per migliorare la propria condizione sulla terra. E’ un modo, in definitiva, per essere più uomo.

    D. – Parlando alla Caritas internationalis il Papa ha affermato: la crisi non è solo economica, anzi a dire il vero, è culturale, antropologica…

    R. - Ci dice Papa Francesco che in realtà sono le scelte degli uomini che fanno le leggi del mercato, che non sono leggi per tutta la realtà dell’uomo ma sono leggi che hanno a che fare con una particolare dimensione. Fare di questa particolare dimensione la dimensione dell’umanità, dell’uomo a tutto tondo, è un errore ma è un errore soprattutto economico, perché il mercato non ha bisogno di persone che, ad ogni costo e ad ogni prezzo, perseguono i propri obiettivi a scapito di altri. Il mercato ha bisogno di persone oneste.

    D. - Si vede che questo Papa ha toccato con mano il dramma della povertà, in particolare nel suo Paese in Argentina, dopo la gravissima crisi economica del 2001…

    R. – Sì, è una crisi che ha coinvolto l’Argentina, che lentamente si sta riprendendo. Quindi possiamo dire che è anche un dono che ci fa Papa Francesco: quello di offrirci una pastorale sociale al massimo livello, che è la pastorale sociale del Papa, con l’esperienza di un uomo che ha conosciuto il dramma di quella crisi. Possiamo dire che in questo Papa Francesco è in continuità con gli altri Papi ma, nello stesso tempo, ci "mette del suo" grazie appunto alla sua esperienza.

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    Appello di Papa Francesco per la libertà religiosa

    ◊   Un appello alle autorità civili perché sia rispettato il diritto dei credenti a vivere la propria fede liberamente e un invito a tutti gli europei perché siano consapevoli del ruolo del cristianesimo nel continente. E’ contenuto nel messaggio che Papa Francesco rivolge alle due delegazioni rappresentanti le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica del continente europeo oggi a Istanbul per un seminario di studio su “La libertà religiosa oggi. L’editto di Milano dell’imperatore Costantino: 1700 anni dopo”. L’incontro è promosso dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli in collaborazione con il Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee). Con un messaggio del Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, Papa Francesco ha inviato i suoi "fraterni auguri a Sua Santità Bartolomeo, arcivescovo della città fondata da Costantino stesso", esprimendo la sua “speranza” di vedere presto “il giorno in cui le divisioni del secondo millennio verranno definitivamente consegnate al passato”. Riguardo al tema del Seminario, Papa Francesco richiama le “autorità civili a rispettare ovunque, alla luce dello storico decreto di Costantino, il diritto dei credenti a vivere liberamente il proprio culto e ad esprimere pubblicamente la loro fede”. “Allo stesso tempo”, prosegue il messaggio, il Papa “invita tutti i cittadini europei a riconoscere il ruolo che il cristianesimo ha avuto nel formare la nostra cultura, e a rimanere aperti al contributo continuo che i credenti cristiani possono dare in questo senso”. Aprendo i lavori del seminario di studio, questa mattina a Istanbul, il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I ha affermato che la Chiesa “vive”, “non è scomparsa” dalla vita pubblica, anzi permea con “il Vangelo di Gesù e il sangue dei martiri” le società e le istituzioni anche quando “vive, esiste e duramente soffre in cattività, anche quando la Chiesa è perseguitata”. Nel suo saluto il patriarca - giunto ieri sera a Istanbul dopo una intensa tre-giorni di incontri e momenti di preghiera a Milano - ha sottolineato come “lo spirito del Vangelo e la cristianità” sono “l’unico modo per assicurare il progresso e preservare la pace”. Questa mattina, gli interventi del metropolita Emmanuel di Francia e del cardinale Péter Erdő, presidente del Ccee il quale si è soffermato sulla situazione dei cristiani in Europa. “Un primo elemento della cultura attuale, così presente in Europa - ha detto il porporato - è il rifiuto pratico di Dio, considerato spesso come un qualcosa di astratto e lontano. In questo contesto è quasi naturale considerare la religione e il rapporto con Dio come opinioni soggettive, aspetti che non possono avere un carattere sociale ma devono essere relegati alla sfera privata dell’individuo”. Con l’aiuto di esperti, i partecipanti affrontano il tema della libertà religiosa a partire da tre prospettive: la libertà religiosa dal punto di vista delle comunità religiose, con interventi di rappresentanti della comunità ebraica, musulmana, ortodossa e cattolica; la realtà della libertà religiosa nel mondo e il rapporto tra religione, politica e società.

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    Altre udienze e nomine di Papa Francesco

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani in udienza il card. Domenico Calcagno, Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Il Santo Padre riceverà questo pomeriggio in udienza il Card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    In Spagna, il Santo Padre ha nominato Vescovo di Tortosa Mons. Enrique Benavent Vidal, finora Vescovo titolare di Rotdon ed Ausiliare di Valencia.

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    Pubblicato il calendario delle celebrazioni presiedute dal Papa fino a luglio

    ◊   Pubblicato oggi il calendario delle celebrazioni presiedute dal Papa dopo Pentecoste fino a luglio. Giovedì 23 maggio alle 18.00 nella Basilica Vaticana si svolge la Professione di fede con i vescovi della Conferenza episcopale italiana. Domenica 26 maggio, Solennità della Santissima Trinità, il Papa si reca in visita pastorale alla Parrocchia romana dei “Santi Elisabetta e Zaccaria”; la Messa inizia alle 9.30. Giovedì 30 maggio, Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, Papa Francesco presiede alle 19.00 la Messa in Piazza San Giovanni in Laterano, con Processione a Santa Maria Maggiore e Benedizione Eucaristica. Domenica 2 giugno alle 18.00 nella Basilica Vaticana, presiede l’Adorazione Eucaristica in contemporanea mondiale. Domenica 16 giugno celebra in Piazza San Pietro, alle 10.30, la Santa Messa per la Giornata “Evangelium Vitæ”. Sabato 29 giugno, Solennità dei Santi Pietro e Paolo, presiede alle 9.30 nella Basilica Vaticana, la Santa Messa con imposizione del Pallio ai nuovi Metropoliti. Domenica 7 luglio celebra nella Basilica Vaticana, alle 9.30, la Santa Messa con i seminaristi, i novizi e le novizie. Lunedì 22 luglio, Papa Francesco inizia il viaggio apostolico in Brasile in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù. Il 29 luglio il rientro in Vaticano.

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    Papa Francesco riceve Napolitano l’8 giugno

    ◊   Il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, sarà ricevuto in Vaticano da Papa Francesco il prossimo 8 giugno, per un incontro ufficiale. Lo comunica il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il Pontefice e Napolitano si erano già incontrati il 19 marzo scorso nella Basilica Vaticana, a conclusione della Messa per l’inizio del ministero petrino.

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    La domanda del Papa via Twitter: "La nostra vita è veramente animata da Dio?"

    ◊   Papa Francesco ha scritto anche oggi su Twitter: sul suo account @Pontifex in nove lingue pone due domande: “La nostra vita è veramente animata da Dio? Quante cose metto prima di Dio ogni giorno?”.

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    Alla vigilia dell'incontro con Papa Francesco, la gioia e l'attesa di movimenti, associazioni e aggregazioni laicali

    ◊   Gioia e attesa nei movimenti, associazioni e aggregazioni laicali per l’incontro di domani e domenica con il Papa, in Piazza San Pietro. Un evento promosso nell’ambito dell’Anno della Fede e un momento di comunione tra tante realtà ecclesiali italiane e internazionali impegnate nella costruzione di un mondo più fraterno e solidale e nella diffusione del Vangelo. Tra i partecipanti anche l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Adriana Masotti ha chiesto al presidente, Giovanni Ramonda, quale clima si vive in questi giorni nella sua Comunità:

    R. - Sì, è un clima di festa e di gioia, perché incontrare il Santo Padre in questa Veglia di Pentecoste - com’era stato con Giovanni Paolo II, con Benedetto XVI - per noi è un rinsaldare la nostra fede nel Signore Gesù, nella comunione con la Chiesa, nel camminare insieme con tutti gli altri movimenti e le associazioni, per dire il nostro “sì” pieno per una nuova evangelizzazione e soprattutto per portare il nostro contributo per la condivisione con i piccoli, con i poveri: così come proprio Papa Francesco raccomanda di uscire ed andare incontro alla povera gente, laddove si trova, laddove vive e che purtroppo non raggiunge più la Chiesa nei nostri posti, nelle nostre contrade. Quindi vogliamo essere lì per dire un grazie al Signore e un grazie anche a questo Papa che ci vuole così bene a tutti quanti.

    D. - Qual è il frutto di tanti anni di impegno? Qual è la caratteristica che voi portate e offrirete al Papa e a quanti saranno lì, in quella piazza?

    R. - Noi vogliamo portare l’apertura delle nostre famiglie, delle nostre case-famiglia, che già cercano di accogliere i bambini gravemente disabili, i bambini con delle disabilità mentali, che non hanno più nessuno: come ho visto in questi giorni in Nepal o qualche mese fa in Iraq, dove ci chiedono di aprire delle case-famiglia. Vogliamo essere al servizio della Chiesa universale, di cui il Papa è il pastore e dire “sì” all’amore di Dio che si riversa sui piccoli e sui poveri.

    D. - Vi occupate di bambini senza famiglia, ma anche di ragazze costrette alla prostituzione…

    R. - Sì, tant’è che sabato e domenica saremo in piazza - penso alcune migliaia di noi, della comunità - con le nostre mamme e papà di vocazione; con i tanti figli anche con disabilità, in carrozzina che faranno festa; con le ragazze schiavizzate, che sono state liberate dall’incontro con loro sulla strada; con tanti uomini e giovani che erano in carcere e che stanno scontando la pena alternativa da noi; anche con i giovani che fanno il cammino di recupero dalla droga nelle nostre comunità terapeutiche. Saremo tutti lì a fare festa, aperti all’azione dello Spirito Santo, che soffia di nuovo in modo forte sulla Chiesa.

    D. - Che cosa c’entra tutto questo vostro lavoro di solidarietà, di aiuto, di sostegno ai più poveri con l’evangelizzazione?

    R. - L’evangelizzazione per noi è portare soprattutto i giovani a fare un incontro simpatico con Cristo, come ci ricordava sovente il nostro indimenticabile fondatore, don Oreste Benzi, e cioè non lasciare più nessuno soffrire da solo. Ma sono oggi i giovani che hanno questa sete di Dio, questa sete di giustizia, questa sete di verità. Noi sentiamo che dobbiamo incontrare loro affichè in questo incontro tra i giovani e i poveri, anche chi è lontano dalla fede si apra al mistero di Dio e al mistero del credere. Papa Francesco è un esempio luminoso, è un faro in questo tempo di crisi, che ci orienta decisamente alla bellezza del vivere il Vangelo.


    Anche il Sermig, Servizio Missionario Giovani, gruppo nato a Torino e ora diffuso in diversi Paesi del mondo con opere sociali e centri di dialogo, sarà presente in Piazza San Pietro. Adriana Masotti ha chiesto al fondatore Ernesto Olivero, con quali sentimenti il Sermig si sta preparando all’incontro:

    R. - Di gioia, perché questo Papa è proprio un regalo dello Spirito Santo, quindi sin dal primo momento siamo entrati in sintonia con lo Spirito Santo che ci ha fatto questo regalo: questo Papa venuto apparentemente da lontano, però lo Spirito Santo è sempre vicino e quindi evidentemente sapeva che un Papa del genere era proprio il Papa giusto per questo momento, come è già capitato tante volte nella storia. Quindi ci stiamo preparando con gioia, con la preghiera e con un po’ di trepidazione, perché l’incontro con il Santo Padre sarà veramente qualcosa di molto particolare.

    D. - Ogni associazione e movimento ha una sua storia, ha una sua attività specifica: voi che cosa portate al Papa?

    R. - Noi portiamo la nostra storia, che è partita dal Terzo Mondo lontano per arrivare al Terzo Mondo vicino. Abbiamo iniziato la nostra storia per lavorare contro la fame nel mondo per essere al servizio dell’umanità e della Chiesa. Quindi, inizialmente avevano soltanto questa caratteristica missionaria. Poi, attraverso tutta una serie di appuntamenti con la storia, abbiamo "incrociato" Paolo VI e Giorgio La Pira che ci hanno fatto innamorare di Isaia, “tramutare le armi in strumenti di lavoro”. E quando abbiamo scoperto che a Torino c’era un arsenale militare, abbiamo pregato parecchio tempo perché quella sede diventasse la nostra casa. Dopo anni di lotta, di preghiera, c’è stata data e quindi abbiamo trasformato un arsenale militare in un arsenale di pace, in un monastero di preghiera. Poi abbiamo scoperto le difficoltà dei giovani di oggi, abbiamo scoperto la realtà degli immigrati, abbiamo scoperto le persone che vogliono uscire da giri immondi, per cui la nostra esperienza è diventata anche una risposta a tante esigenze della nostra città, Torino. In Brasile, ad esempio, accogliamo ogni notte più di mille persone che non sanno dove andare a dormire; in Giordania abbiamo inventato l’“Arsenale dell’incontro”, un lavoro con i musulmani e cristiani, come segno di speranza attraverso il sostegno di bambini disabili musulmani e cristiani.

    D. – E’ proprio nell’ambito dell’Anno della fede che si colloca questo incontro, ma è anche un riconoscimento dell’efficacia dei movimenti per la nuova evangelizzazione, secondo lei?

    R. - Io ho sempre pensato una cosa: quando i cristiani si incontrano insieme i movimenti spariscono. Siamo tutti cristiani singoli davanti a Dio e davanti al Papa. Questo dovrebbe essere proprio una caratteristica di tutti quanti, per vivere insieme un momento col Santo Padre da cristiani che aspettano qualche indicazioni per migliorare ognuno la propria vita spirituale e migliorando ognuno la propria vita spirituale si aumenta anche la vita spirituale del movimento, della fraternità, della parrocchia, della diocesi a cui si appartiene.

    D. - Tutti Chiesa, però anche nella varietà: il Papa lo ha sottolineato già in diverse occasioni…

    R. - La varietà è una grande ricchezza!

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    Mons. Chullikat: la lotta al traffico di esseri umani sia una priorità per tutti

    ◊   “Combattere il traffico di esseri umani deve essere una delle priorità della comunità internazionale”. E’ l’appello lanciato, in questi giorni, al Palazzo di Vetro da mons. Francis Chullikat, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Nel suo intervento all'Onu, mons. Chullikat ha sottolineato che il traffico di esseri umani è una “ripugnante forma di schiavitù contemporanea” che trova terreno fertile nelle condizioni di estrema povertà. Per troppe persone, è stata la sua denuncia, “la realtà della migrazione non è più un qualcosa che riguarda la libera scelta, ma è diventata piuttosto una necessità”. E questo senso di disperazione, ha detto ancora, fornisce ai trafficanti l’opportunità di sfruttare gli immigrati. Ecco perché, ha affermato mons. Chullikat, servono degli strumenti politici, sociali e giuridici per mettere fine a questo “commercio abominevole”. Tuttavia, ha aggiunto, questo non basta giacché bisogna affrontare “i fattori sociali che favoriscono quell’ambiente in cui il traffico di essere umani diventa possibile”. Il diplomatico vaticano ha denunciato, inoltre, la “mercificazione delle persone” che, in particolare nel caso delle donne, favorisce la prostituzione e altre forme di sfruttamento. Il presule ha, quindi, concluso il suo discorso ribadendo l’impegno della Chiesa cattolica, attraverso le sue istituzioni, nel combattere il traffico di esseri umani e nel dare sostegno alle vittime di questa piaga.

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    Vaticano. Mostra in onore del Papa: "Argentina - Il Gaucho, tradizione, arte e fede"

    ◊   Per la prima volta, in Vaticano e in Italia,si potrà conoscere con una grande mostra il patrimonio di cultura e storia del popolo argentino. “Argentina – Il Gaucho, tradizione, arte e fede”: è il titolo dell’esposizione organizzata da Artifex e visitabile fino al 16 giugno presso il Braccio di Carlo Magno. Composta da oltre 200 opere fra dipinti, antichi tessuti e documenti storici, la mostra vuole essere un omaggio a Papa Francesco, alla sua Argentina e alle sue origini italiane. Alla presentazione stamani a Roma c’era per noi Debora Donnini:

    Una mostra per entrare nel vivo della cultura argentina avvicinandosi alla figura del gaucho, il mandriano cavallerizzo delle pampas argentine. La sua figura evocativa della storia dell’Argentina viene raccontata con pitture e foto che lo ritraggono a cavallo con il cappello, con oggetti quali alcuni mate in argento con cui sorseggiava la tradizionale bevanda argentina, con alcuni esemplari di poncho lungo, realizzati in lana di agnello o cotone. Ma a essere mostrata è anche la storia del suo avvicinarsi sempre più alla fede cattolica. Come si vede questo? Lo abbiamo chiesto al curatore della mostra, Roberto Vega Andersen:

    "Lo encuentras, por ejemplo, en las ornamentaciones...
    Lo ritroviamo, per esempio, negli ornamenti, negli ornamenti degli oggetti, negli elementi che li decorano. Si può trovare, per esempio, la figura dell’angelo e la figura del viso dell’angelo. E’ un angelo cesellato, ad esempio, sul mate; cesellato sul coltello; cesellato sulla 'rastra', che è la fibbia della cintura. Già lì si esprimeva la religiosità, perché il gaucho faceva realizzare i suoi oggetti in un laboratorio orafo e indicava quali dettagli farci realizzare”.

    Una sezione della mostra riguarda poi il sacerdote Josè Gabriel del Rosario Brochero, che portò il Vangelo fra i guachos della provincia di Cordova. Nel 2012, Benedetto XVI ha firmato il decreto per la sua beatificazione. Ancora Roberto Vega Andersen:

    "El Cura Brochero no tenía riquezas materiales: su riqueza era espiritual…
    Il Cura Brochero non aveva ricchezze materiali: la sua ricchezza era spirituale! In quest'esposizione abbiamo cercato di presentarlo attraverso la sua ricchezza spirituale. Fu un sacerdote che lavorò nelle zone rurali della provincia argentina di Cordova, dal 1860 - forse un poco prima - fino al 1914, alla sua morte. La cosa interessante è che riuscì ad avvicinare tutti gli uomini del campo alla Chiesa cattolica. Portò avanti una pratica incredibile, che fu quella di realizzare una casa per gli esercizi spirituali, dove far fare al gaucho gli esercizi spirituali per una settimana. Il Cura Brochero riuscì a riunire più di mille gauchos nella stessa dimora, che era stata costruita con lo sforzo della gente, e a convertire alla religione tutti questi gauchos indomabili, perseguiti per legge, condannati… Il Cura Brochero si incaricava di andare a cercarli e cambiar loro la vita”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Sino agli estremi confini della terra: il vescovo di Roma incoraggia le Pontificie opere missionarie a sostenere le comunità in difficoltà.

    La vergogna di Pietro: Messa del Pontefice a Santa Marta.

    Una scienza che non si pone scrupoli: in prima pagina, un editoriale di Augusto Pessina sulla tecnica per creare in vitro embrioni umani.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il comune impegno di Washington e Ankara per la pace in Siria.

    Borges e i ragazzi del classico: in cultura, l'introduzione scritta nel 2006 dal cardinale Jorge Mario Bergoglio per il libro di Jorge Milia "De la edad feliz".

    Ancora manca la chiesa che faccia da modello: Antonio Paolucci critica i nuovi edifici di culto.

    Le leggi di Tarde: Oddone Camerana sul grande classico, tradotto in italiano, della sociologia ottocentesca in tema di imitazione.

    E Beowulf fu tradito (come Gesù): culture barbariche e cristianità secondo Bruno Luiselli.

    Muri di librerie e cassetti della memoria per Lady Lou: Sandro Barbagallo a proposito della mostra, a Roma, dedicata alla scultrice americana.

    Il diritto di esprimere la fede: nell'informazione religiosa, messaggio pontificio al seminario di Istanbul sulla libertà religiosa.

    Come mendicanti della fede: Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, sull'incontro di Papa Francesco con i movimenti ecclesiali.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: faccia a faccia tra Ban Ki-moon e Putin. Acnur: in aumento il numero di profughi

    ◊   Incontro sulla Siria oggi a Sochi, in Russia, tra il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e il presidente russo, Vladimir Putin. Ban si è detto d’accordo nel sostenere l'idea russa di un’egida delle Nazioni Unite per la Conferenza internazionale di pace sulla Siria, in programma a giugno a Ginevra. Intanto, Mosca ha chiesto la partecipazione di Iran e Arabia Saudita al summit svizzero, mentre il numero uno dell’Onu ha sollecitato Damasco a far entrare nel Paese entro pochi giorni gli esperti delle Nazioni Unite sulle armi chimiche. Intanto, l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati ha reso noto che il numero dei profughi siriani registrati o in attesa di registrazione è di oltre un milione e mezzo di persone. Tra i Paesi più colpiti dall’ondata di rifugiati, c’è sicuramente il Libano, con oltre un milione di persone giunte dalla Siria. Salvatore Sabatino ha intervistato mons. Mansour Hobeika, vescovo di Zahleh dei Maroniti:

    R. – Io vivo in una città che si chiama Zahleh, è una città a circa 20 km dalla frontiera con la Siria, abbastanza vicina a Damasco. I profughi vengono con molta facilità a causa della vicinanza e a causa della mancanza di regolamenti scritti per le frontiere. Vengono con facilità e si installano nella città o nelle vicinanze.

    D. – Come vengono accolti dalla popolazione locale?

    R. - Quelli che vengono nella città sono cristiani. Ci sono circa 600 famiglie, sono state molto bene accolte e aiutate sia dalla Caritas, che da altri enti o dalla Chiesa locale, per quello che è nelle nostre possibilità.

    D. – Quali difficoltà si riscontrano nella quotidianità?

    R. - Primo, i bisogni finanziari per le spese quotidiane di una famiglia: per mangiare, per i medicinali, per trovare alloggio e beni di prima necessità.

    D. - C’è un senso di solidarietà da parte dei libanesi?

    R. – Molto. E' questo che aiuta in primo luogo: sono i cittadini che aiutano i profughi. Poi anche gli organismi come la Caritas, che lavora bene, e altri enti come il "Catholic Relief Service".

    D. – Ci sono polemiche per quanto riguarda invece gli aiuti da parte dello Stato. Sappiamo che il governo libanese in questo momento è dimissionario. Chi si sta occupando di questo problema in maniera istituzionale?

    R. – Il governo aiuta poco, non perché sia dimissionario ma perché non ha abbastanza soldi. E’ un piccolo Paese, in uno stato economico debole. Il governo non smette di chiedere aiuti internazionali. Ci sono promesse, ma poche realizzazioni. Gli aiuti non arrivano in maniera sufficiente. Il governo non può aiutare di più. Già aiuta alcuni ospedali che accolgono gratuitamente i malati e i feriti di guerra in arrivo dalla Siria. Il pane che si vende sul mercato ai libanesi, ai siriani, è un pane sostenuto dallo Stato. Dunque, lo Stato spende molti soldi. Il petrolio anche, e così altro. Sono aiuti indiretti e insufficienti, ma lo Stato non può fare meglio.

    D. – Abbiamo visto, tanti gli appelli alla comunità internazionale, anche se gli aiuti non stanno arrivando. Qual è il suo personale appello in questo momento?

    R. – Almeno per quello che riguarda gli enti cristiani, dovrebbero essere aiutati meglio perché possano lavorare di più e guardare ai bisogni più forti. In questo grande numero di profughi, circa un milione, ci sono forse 100 mila persone, 200 mila persone in grande difficoltà e queste devono essere specialmente conosciute e aiutate, se no avranno fame e potrebbero morire di malattie.

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    Nigeria: è guerra contro "Boko Haram", la testimonianza di una missionaria

    ◊   In Nigeria è partita l’offensiva dell’esercito contro la setta fondamentalista "Boko Haram". L'aviazione nigeriana ha compiuto dei raid aerei contro postazioni di “Boko Haram” nel nord-est del Paese causando un numero imprecisato di vittime. L’arcivescovo di Jos, mons. Kaigama, ha espresso perplessità sull’efficacia di questa operazione. Il servizio di Giulio Albanese:

    L'esercito nigeriano è dunque passato all’attacco con l’intento dichiarato di scovare i famigerati terroristi islamici Boko Haram. I problemi comunque sul tappeto sono tanti, a partire dal fatto che si tratta di una guerra contro cellule eversive che è difficile snidare, in un contesto dove le complicità sul terreno sono tante. A partire proprio dalle amministrazioni locali, alcune delle quali sono antagoniste rispetto al governo centrale di Abuja. E come se non bastasse, anche all’interno dell’esercito nigeriano vi sono forti componenti che non condividono il pugno di ferro contro i terroristi che agiscono ormai da anni, con l’obiettivo di destabilizzare il gigante nigeriano. Va poi ricordato che la contrapposizione tra Nord e Sud ha anche una forte valenza sociale e la mancanza di riforme, da parte dell’esecutivo di Abuja, ha fatto sì che i terroristi riscuotessero simpatie tra i ceti meno abbienti che rappresentano la maggioranza soprattutto nelle aree più depresse del Paese. Sta di fatto che l’affermazione dello Stato di diritto non può prescindere da iniziative politiche che l’attuale leadership non sembra essere in grado di sostenere pe divisioni interne ai palazzi del potere.


    Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente in Nigeria una suora missionaria alla quale per ragioni di sicurezza garantiamo l’anonimato:

    R. – C’è crisi dappertutto. Mischiano politica e religione; hanno ucciso cento poliziotti a Nasarawa, però non si trovano i corpi; lo stesso in tanti altri posti ci sono queste uccisioni e i corpi spariscono. "Boko Haram" ha adottato un’altra strategia, cioè quella di uccidere in questa maniera.

    D. – Nel senso che "Boko Haram" ha cambiato: adesso non mette più le bombe, ma uccide le persone e poi le fa sparire?

    R. – E’ così. È terribile.

    D. – Voi come comunità cristiana che cosa fate in questa situazione? Per la popolazione cosa fate?

    R. – La popolazione grida, protesta e noi cerchiamo di incoraggiarla a non avere paura perché è questo che vogliono quelli di "Boko Haram".

    D. – Il governo centrale comunque cerca di tenere sotto controllo la situazione …

    R. – Il presidente ha detto che tutte le forze devono mettercela tutta, che bisogna stare all’erta e che questa situazione deve finire. Comunque, si parla, si parla… e poi, per esempio, un governatore è scappato da Abuja quando ha visto che ammazzavano ...

    D. – Il presidente Jonathan ha intensificato le misure di sicurezza...

    R. – Ci sono tanti posti di blocco: ogni cento metri, posti di blocco, controlli e controlli. Non serve a niente, perché alcune nostre suore tornavano dalle vacanze e le hanno fermate proprio al posto di blocco ma quelli non erano poliziotti veri: erano banditi travestiti, perché poliziotti veri non c’erano proprio, quel giorno. Hanno rubato, hanno tolto loro tutto e sono rimaste sulla strada; per fortuna non le hanno toccate, hanno solamente preso tutto ciò che avevano.

    D. – Ora è stato rafforzato anche l’esercito…

    R. – I soldati sono dappertutto, tutta la Nigeria è piena; l’allarme è per tutta la Nigeria!

    D. – Però, non c’è sicurezza…

    R. – Non c’è sicurezza, certo, non c’è sicurezza; e non possono fare niente. Solo Dio può mettere fine a tutto questo e far migliorare la situazione. Stiamo pregando lo Spirito Santo, ora, con la Pentecoste – stiamo già alla vigilia – che illumini le menti perché inizi un’era nuova.

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    Sri Lanka: quattro anni fa la fine della guerra civile tra cingalesi e tamil

    ◊   Quattro anni fa, terminava la cruenta guerra civile che per 25 anni ha insanguinato lo Sri Lanka, provocando decine di migliaia di morti. L’esercito della maggioranza cingalese e le milizie della minoranza tamil, che rivendicava diritti civili per la propria etnia, ma anche l’indipendenza del nord dell’isola, si affrontarono duramente, fino a quando un imponente blitz dell’esercito concluse nel sangue il conflitto. Che cosa questa guerra ha rappresentato per lo Sri Lanka? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Marzia Casolari, docente di Storia dell’Asia all’Università di Torino:

    R. – E’ stata una guerra lacerante, un conflitto violentissimo. Le motivazioni sono motivazioni molto lontane nel tempo: nel 1948, l’isola è diventata indipendente e la maggioranza cingalese ha iniziato una politica sempre più discriminatoria nei confronti della minoranza tamil. Questo è stato rappresentato fondamentalmente da due atti: primo, la legge sulla cittadinanza, che stabiliva che potevano acquisire la cittadinanza cingalese soltanto i tamil in grado di dimostrare di risiedere sull’isola da un certo numero di generazioni. E quindi questa legge discriminava questa parte della popolazione. L’altra legge che ha creato uno sconquasso è stata la legge sulla lingua, che riconosceva come lingua ufficiale soltanto il cingalese. Quindi, per tutta la documentazione amministrativa e burocratica l’unica lingua che si poteva usare era il cingalese. E questo penalizzava molto i tamil di più recente arrivo sull’isola, i quali non parlavano il cingalese in maniera così fluida.

    D. – Questioni del genere, sfociate in una guerra così lunga e sanguinosa, possono aver lasciato uno strascico fino ad oggi?

    R. – Sì, sicuramente il processo di pacificazione non sarà facile. E’ vero però che forse ciò che aiuta in questo contesto è il carattere della popolazione, perché nonostante questa guerra così cruenta, io credo che la gran parte della popolazione dell’isola sia rimasta sostanzialmente estranea a questi equilibri. Questa contrapposizione armata in realtà ha riguardato molto di più le formazioni politiche e quindi io credo che questo scontro abbia lasciato abbastanza indifferente la popolazione civile: l’ipotesi di una ripresa della contrapposizione armata, l’ipotesi di una ripresa del terrorismo, credo sia piuttosto lontana. E credo che lo Sri Lanka sia destinato a un processo di pacificazione definitiva.

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    Malawi: dall'idea di un missionario una cooperativa dà lavoro e assiste 700 persone

    ◊   A Balaka, nel Malawi centromeridionale, una cooperativa fondata dai Missionari monfortani è diventata una delle più estese iniziative avviate nella zona, con una lunga serie di attività. Il servizio di Chiara Merico:

    Il nome del progetto invita all'azione: la Cooperativa "Andiamo", che porta la "firma" dei Padri monfortani, è una delle più importanti realtà nate negli ultimi anni in Malawi. Tutto è partito trentacinque anni fa dalla passione di un missionario, padre Mario Pacifici, per la musica: la sua "Alleluya Band" è presto diventata uno dei gruppi musicali più richiesti del Malawi. Vivere di musica è però molto difficile: così i missionari hanno dato il via a una serie di altri progetti, per cercare di offrire concrete prospettive di sviluppo alla popolazione.

    Oggi, "Andiamo" è una realtà solida e multiforme, che dà lavoro a circa 700 persone. La sua attività si basa su quattro pilastri: educazione, salute, sviluppo sociale, sport e cultura. Nel dettaglio, la cooperativa ospita una scuola secondaria e una serie di corsi, dalla meccanica alla sartoria, dalle riparazioni elettriche alla falegnameria, con un campus per gli studenti fuori sede. Sul fronte sanitario, sono attive una clinica pediatrica e una ostetrica e un terzo presidio aprirà a luglio. C'è poi l'attività agricola, con i contadini che lavorano in cooperativa: un sistema che garantisce loro, oltre al salario, una rete di assistenza in caso di necessità. Non ultimo, l'impegno culturale: "Andiamo" ospita un laboratorio di calzoleria, un atelier di pittura e soprattutto l'"Alleluya Band", che dai tempi dei concerti nei villaggi è cresciuta e ora gira il mondo. La prossima estate sarà in tour in Italia e porterà i suoni del Malawi fino al lontanissimo Brasile, per la Giornata mondiale della gioventù.

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    Tav, i sindacati: non prendere di mira gli operai. Il vescovo di Susa invita alla calma

    ◊   Il governatore del Piemonte, Roberto Cota, difende la Tav Torino-Lione e ribadisce che è utile continuare a spiegare le ragioni di quest'opera. Intanto non si placa la tensione in Val di Susa dopo le minacce ad alcuni operai nei giorni scorsi. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Nel disinnescare la tensione, un compito fondamentale lo avrà la task force che ieri si è insediata al ministero dei Trasporti. Ne faranno parte il Ministero e gli enti locali. Sul web circolano accuse agli operai che lavorano sui cantieri, chiamati crumiri: alcuni di loro temono per la loro sicurezza. I "no tav" definisco azioni non violente tagliare le reti e sabotare i macchinari. Preoccupazione nelle parole del segretario Cisl Torino e Canavese, Mimmo Lo Bianco:

    "Bisogna mettere in campo anche iniziative, un maggiore coinvolgimento delle comunità al fine di sensibilizzare un po' sul tema delle grandi opere, sicuramente sul rispetto dell'ambiente, ma anche difendere il diritto al lavoro".

    E il vescovo di Susa, mons. Alfonso Badini Confalonieri, invita tutti alla calma:

    "La riflessione dev'essere specialmente sulla democrazia e sulla libertà, perché qui in Italia non si può più essere liberi di portare avanti le cose - sia da parte del governo, sia da parte degli enti pubblici, sia da parte dei privati - che si ritenga giusto fare".

    Fatto sta che parte della popolazione locale non vuole quell’opera, giudicata dannosa per il territorio. Per Lo Bianco lo scontento però nasconde qualcosa di più:

    "Anche per avere una visibilità che nasconda una crisi politica, morale, etica, l'emergenza lavoro, il welfare... Posso dire una cosa: su 8 miliardi di euro, il 5% dell'intera opera è devoluta a opere di compensazione".

    Le opere compensative, a questo punto, saranno fondamentali per evitare che la tensione salga ancora di più.

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    A Milano tappa del tour mondiale de “I Promessi Sposi”

    ◊   Il tour mondiale de “I Promessi Sposi”, iniziato nel 2011 negli Stati Uniti, farà tappa oggi a Milano, nella Chiesa di San Marco. Lo spettacolo sarà in ricordo di Alessandro Manzoni e Giuseppe Verdi, in occasione del bicentenario della nascita del compositore. La rappresentazione avrà musiche verdiane perché, proprio nella stessa chiesa, Verdi ha diretto la “Messa da Requiem” ad un anno dalla scomparsa di Manzoni. A descrivere questa esperienza di letteratura, musica e danza è il direttore e interprete Massimiliano Finazzer Flory, intervistato da Elisa Sartarelli:

    R. – Innanzitutto, abbiamo preso alla lettera l'indicazione di quel novembre del 1628, in cui un curato di campagna percorre una stradicciola. Questa scena, naturalmente, mette insieme il paesaggio della natura dell’uomo col paesaggio della natura del mondo. E poi lo sguardo non poteva che essere quello shakespeariano, perché proprio in quel periodo Manzoni guardava in particolare a Macbeth per cercare di caricare di dubbi, di domande, di interrogativi i personaggi.

    D. – Possiamo dire che l’"Addio ai monti", per esempio, potrebbe essere un addio alle nostre certezze. Oppure, che la morte di Cecilia sia un po’ la morte dei bambini… Quindi, possiamo parlare anche di simbologie legate alla nostra vita di tutti i giorni?

    R. – L’opera manzoniana, come tutti i capolavori, prosegue il suo cammino a prescindere dal suo autore e parla di noi oggi, come parlerà domani ai nostri figli e così si avvia a diventare sempre universale. E’ una storia universale, perché lavora antropologicamente su categorie che sono iscritte nell’uomo. Allora ogni capitolo, per forza, diventa una situazione simbolica per la mia messa in scena. La “rivolta del pane” che cos’è oggi se non la rivolta da parte dei giovani che chiedono conoscenza per nutrire la propria anima e cercare di capire se stessi e il rapporto con gli altri. La morte di Cecilia è la morte di tutti i bambini, in nome dei quali noi dobbiamo recuperare un senso non solo di pietà, ma anche di tutela nei loro confronti... E al tempo stesso l’“Addio ai monti” è l’addio a quelle montagne dentro di noi che spesso sono, invece, montagne ideologiche: quei paesaggi che pensiamo come immutabili ma che invece, con noi, ci devono accompagnare lungo il percorso. E che dire ancora dell’Innominato? Si chiama in questo modo, perché il male c’è, non ha nome… La battaglia contro il male ad personam è sbagliata. Il bene ha nome e cognome, il male c’è e noi dobbiamo attraversarlo e sconfiggerlo attraverso l’amore e in nome dell’amore. E ancora Renzo e Lucia, questi umili, questo popolo è ancora tra di noi. In un’epoca di crisi, stiamo riscoprendo la categoria dell’umiltà che non significa essere senza ambizione – perché questi due umili hanno un’ambizione – ma quella di diventare un’unica cosa. E questo succede.

    D. – Dalle coreografie alle musiche, ai costumi, tutto è rigorosamente italiano…

    R. – Questo è uno spettacolo che, dal 2011 ad oggi, ha fatto praticamente il giro del mondo. Siamo stati in Nord America, in Sud America, in Europa, in Mongola, in Asia e poi in giugno la Cina, il Giappone con dieci spettacoli. Ma questo perché la lingua è naturalmente una lingua che, in qualche modo, ci offre la possibilità di parlare di noi stessi, di interrogare noi stessi, di capire che soprattutto l’Italia ha una cultura che trascende la sua dimensione geografica: è una cultura universale e, in qualche modo mi viene da dire, laicamente ecumenica. Proprio per questo, fuori questa lingua viene vissuta come un capolavoro, come un’opera d’arte. Del resto, è noto che il linguaggio sia una delle cose più misteriose e magiche iscritte nella nostra esperienza umana.

    D. – Tra le numerose rappresentazioni in giro per il mondo, ce ne è una che le è rimasta nel cuore?

    R. – Sì, la Mongolia, perché in quell’occasione addirittura, mentre io recitavo, avevo una duplice traduzione in cirillico e in cinese e quindi era un momento in cui la nostra internazionalità teneva insieme due, forse tre mondi. Questa certamente è stata una grande emozione. L’altra, complessivamente, gli Stati Uniti, dove debuttammo, perché gli Stati Uniti sono ancora un popolo e un Paese che crede nel racconto, nella narrazione, che si innamora dei romanzi storici e che fa sì che questi romanzi storici possano diventare anche dei romanzi di formazione di un Paese.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Vienna: dichiarazione del Consiglio europeo delle religioni per la pace

    ◊   “Nessuna pace duratura è possibile senza il pieno riconoscimento della dignità umana da cui ogni libertà, compresa la libertà religiosa, deriva”. Lo scrivono i leader religiosi d’Europa riuniti nel Consiglio europeo delle religioni per la pace (Ecrl) nella “Dichiarazione di Vienna” che è stata diffusa oggi al termine di un incontro che si è svolto il 7 e 8 maggio nella capitale austriaca. A sottoscrivere la Dichiarazione ci sono i rappresentanti delle Chiese cattolica, ortodossa, protestante, ed esponenti dell’Islam, delle comunità ebraiche nonché delle religioni hindu, buddista, zoroastriana, sikh presenti nel nostro continente. Per la Chiesa cattolica erano presenti l’arcivescovo di Trento Luigi Bressan, il vescovo inglese William Kenney e padre Patrick H. Daly, segretario generale della Comece, la Commissione che riunisce le conferenze episcopali dell’Unione europea. L’incontro di Vienna - nel corso del quale è stata redatta la Dichiarazione finale - è stato ospitato dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) ed è stato dedicato al tema della “Libertà religiosa: diritti e impegni”. “Come abbiamo visto nel corso della storia - si legge nella Dichiarazione - la libertà di religione o di credo, in particolare delle minoranze, è stata limitata da parte dello Stato, o minacciato da individui o gruppi sia laici che religiosi. Uniamo pertanto le nostre forze per combattere ogni forma di minaccia al pieno godimento della libertà religiosa. Come leader religiosi riconosciamo un obbligo particolare di denunciare le minacce alla libertà religiosa degli altri quando esse provengono dalle nostre comunità”. La Dichiarazione trascrive una serie di impegni che i leader intendono prendereribadendo anche una serie di diritti, tra cui quello di “dare e ricevere educazione religiosa nella lingua scelta”, “la libertà dei genitori di assicurare l’educazione religiosa e morale ai propri figni in conformità alle proprie convinzioni e il diritto dei fedeli e delle comunità di acquisire, possedere e usare testi sacri e pubblicazioni religiose nelle proprie lingue. “Ci impegniamo - si conclude così la Dichiarazione - a cooperare tra di noi e con altri gruppi religiosi, istituzioni governative e inter-governative, nel promuovere la comprensione, il rispetto e la cooperazione tra tutte le comunità religiose per la pace e il benessere di tutti”. (R.P.)

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    Usa: no dei vescovi ad ogni forma di clonazione umana dopo l’esperimento dell’Oregon

    ◊   “Una notizia molto inquietante da diversi punti di vista”. Questo il giudizio dei vescovi americani sull’esperimento con cui un gruppo di scienziati dell’Università dell’Oregon è riuscito a clonare cellule embrionali umane, partendo da cellule della pelle. “Un progresso tecnico nella clonazione di esseri umani non è un progresso per l’umanità, ma il suo esatto contrario", afferma in una nota il card. Sean O’Malley, Presidente della Commissione per le attività pro-vita della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. Secondo i vescovi, a dispetto del grande interesse con cui è stata accolta la notizia, la sperimentazione pubblicata su 'Cell' presenta diverse zone d’ombra sul piano etico. Per la realizzazione dell’esperimento sono stati infatti creati e distrutti più di 120 embrioni umani, sottoponendo diverse donne a pesanti trattamenti che hanno messo a repentaglio la loro fertilità. “Creare nuove vite umane in laboratorio al solo scopo di distruggerle – rileva la nota del card. O’Malley - è un abuso denunciato anche da chi non condivide le convinzioni della Chiesa sulla vita umana”. Inoltre questa tecnica apre la strada anche a chi vuole clonare bambini. “Indipendentemente dallo scopo perseguito – ribadisce quindi in conclusione la nota – la clonazione tratta l’essere umano come un prodotto di consumo di massa al servizio della volontà di altre persone e questo è in contrasto con il dovere morale di trattare ogni membro della famiglia umana come un dono unico dI Dio e come una persona con una sua intrinseca dignità”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Cei: dal 20 maggio l'Assemblea generale. Il 23, celebrazione con il Papa

    ◊   Si svolgerà dal 20 al 24 maggio in Vaticano, nell’Aula del Sinodo, la 65ª Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. Giovedì 23 maggio, alle 18, i vescovi si recheranno in pellegrinaggio in Basilica, alla Tomba di San Pietro, per la celebrazione della professio fidei, presieduta dal Santo Padre. Ne dà notizia l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei con una nota ripresa dall'agenzia Sir, in cui s’informa che l’Assemblea si aprirà lunedì 20, alle 17, con la prolusione del cardinale presidente Angelo Bagnasco. “In continuità con la riflessione programmatica alla luce degli Orientamenti pastorali del decennio - si legge nella nota - il tema principale dell’Assemblea riguarderà la figura degli educatori nella comunità cristiana, puntando a mettere a fuoco criteri di scelta e percorsi di formazione. Il confronto tra i vescovi verterà, quindi, sul titolo e le modalità di preparazione al Convegno ecclesiale nazionale del 2015, in programma a Firenze. A livello di approfondimento culturale, verrà dedicato un congruo spazio a una riflessione sul tema: "Umanesimo e umanesimi: quale società?’”. Nel contesto dell’Assemblea generale, informa ancora l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, “verranno fornite alcune comunicazioni, concernenti il Motu proprio Intima Ecclesiae natura sul servizio della carità, la 47ª Settimana Sociale dei cattolici italiani (Torino, 12-15 settembre 2013), un Seminario di studio per nuovi vescovi (Roma, 11-13 novembre 2013), la situazione dei settimanali diocesani e un’iniziativa nazionale sulla scuola. Verranno date alcune informazioni sulla Giornata per la carità del Papa, sulla Giornata mondiale della gioventù e sulle iniziative nell’Anno della fede”. All’ordine del giorno vi è, infine, “una serie di adempimenti amministrativi, legati tra l’altro all’approvazione del bilancio della Cei e alla ripartizione dei fondi dell’otto per mille”. (R.P.)

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    Istanbul. Il patriarca Bartolomeo I: "Anche se perseguitata la Chiesa è viva"

    ◊   La Chiesa “vive”, “non è scomparsa” dalla vita pubblica, anzi permea con “il Vangelo di Gesù e il sangue dei martiri” le società e le istituzioni anche quando “vive, esiste e duramente soffre in cattività, anche quando la Chiesa è perseguitata”. E’ un messaggio di speranza il saluto che questa mattina il patriarca ecumenico di Costantinopoli ha rivolto a Istanbul ai partecipanti al seminario di studio su “La libertà religiosa oggi. L’editto di Milano dell’imperatore Costantino: 1700 anni dopo”. Giunto ieri sera a Istanbul - riporta l'agenzia Sir - dopo una intensa tre-giorni di incontri e momenti di preghiera a Milano, il patriarca si è fatto promotore di una simile iniziativa di dialogo sulla libertà religiosa chiedendo la collaborazione del Consiglio delle Conferenze episcopali europee e invitando delegazioni delle Chiese ortodosse e della Chiesa cattolica del continente europeo. Questa mattina, dopo gli interventi del metropolita Emmanuel di Francia e del cardinale Péter Erdő, presidente del Ccee, con l’aiuto di esperti, i partecipanti si confronteranno sul tema della libertà religiosa a partire da tre prospettive: la libertà religiosa dal punto di vista delle comunità religiose, con interventi di rappresentanti della comunità ebraica, musulmana, ortodossa e cattolica; la realtà della libertà religiosa nel mondo e il rapporto tra religione, politica e società. Nel suo saluto il patriarca ha sottolineato come “lo spirito del Vangelo e la cristianità” sono “l’unico modo per assicurare il progresso e preservare la pace”. (R.P.)

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    Padre Adolfo Nicolás è il nuovo presidente dell’Unione dei Superiori Generali

    ◊   Padre Adolfo Nicolás, preposito generale della Compagnia di Gesù, è il nuovo presidente dell’Usg, l’Unione dei Superiori Generali. Lo rende noto un comunicato dell’Usg. Padre Nicolás, che finora era vicepresidente dell’organismo, succede a mons. José Rodriguez Carballo, dell’Ordine dei Frati Minori, nominato da Papa Francesco segretario della Congregazione per gli istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, e al quale l’Usg esprime i suoi auguri. Per il nuovo vicepresidente si attendono le votazioni che si terranno nell’assemblea generale del prossimo novembre.

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    Congo. A Benio nel Nord Kivu calma precaria. I ribelli alle porte

    ◊   “Le attività commerciali sono riprese regolarmente e i bambini hanno cominciato a ritornare a scuola. In apparenza tutto è normale ma in realtà viviamo in una situazione di calma precaria. I ribelli sono alle porte della città e al centro alcuni circolano vestiti da civili”: lo dicono all'agenzia Misna fonti missionarie contattate a Beni, località del Nord Kivu sull’altopiano del monte Ruwenzori, non lontano del Parco nazionale del Virunga. Due giorni fa un gruppo di miliziani Mayi Mayi ha cercato di prendere il controllo della città, scontrandosi per diverse ore con le Forze armate della Repubblica democratica del Congo (Fardc). L’emittente locale ‘Radio Okapi’ ha riferito che gli scontri hanno causato almeno 40 morti, di cui 32 ribelli e otto soldati regolari. Un precedente bilancio faceva riferimento a 26 vittime. “Viviamo nel timore di nuovi attacchi. L’annuncio da parte dell’Onu del prossimo dispiegamento della brigata speciale sta spingendo i ribelli a riorganizzarsi e ad agire. Il loro obiettivo è quello di prendere il controllo di porzioni di un territorio ricco di risorse naturali. L’assalto a Beni rientra in questa logica” prosegue la fonte locale. Dall’inizio del mese i combattenti Mayi Mayi hanno messo a segno diverse incursioni nel territorio del Nord Kivu, tra cui un fallito tentativo di uccisione del sindaco di Beni, Nyonyi Bwanakawa e violenze ai danni dei civili a Kabasha, una località che dista 20 chilometri da Beni. Da diversi mesi fonti locali della società civile e operatori umanitari denunciano una crescente insicurezza alimentata da gruppi Mayi Mayi in lotta tra di loro e con le Fardc. “La situazione sul terreno si sta deteriorando. Per evitare sgradevoli sorprese l’esercito congolese e la missione Onu (Monusco) devono stare in allerta e rafforzare il dispositivo di sicurezza”: l’appello è stato lanciato pochi giorni fa da Omar Kavota, vice-presidente della società civile della turbolenta provincia mineraria dell’est del Congo. Dalla nascita della ribellione del Movimento del 23 marzo (M23), nell’aprile 2012, le truppe regolari congolesi sono state dirottate verso le roccaforti dell’M23, lasciando scoperte ampie porzioni di una vasta regione contesa da una miriade di milizie armate. A breve nel Nord Kivu, confinante con il Rwanda e l’Uganda, verrà dispiegata una brigata di intervento dell’Onu con un mandato offensivo. (R.P.)

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    Terra Santa. Caritas Gerusalemme: "Aiutateci a camminare da soli"

    ◊   “Chiediamo alle Caritas del mondo di aiutarci a camminare da soli. Soffriamo delle conseguenze dell’occupazione israeliana che ci piega le gambe in ogni ambito di vita. Vogliamo rialzare la testa e darci da fare per la giustizia e il diritto e per restare nella nostra terra da uomini liberi”. E’ l’appello che, attraverso l'agenzia Sir, don Raed Abusahliah, da due mesi nuovo Segretario generale di Caritas Gerusalemme, lancia per aiutare i cristiani, e non solo loro, “a vivere in Terra Santa”. “From charity to development, dalla carità allo sviluppo”: è questo, per il segretario generale, “il piano per il futuro. Se non faremo così resteremo mendicanti con licenza per sempre. E noi non vogliamo elemosinare per l’eternità”. Al Sir padre Abusahliah racconta l’impegno della Caritas Gerusalemme a Gaza, nei Territori Palestinesi e a Gerusalemme, denunciando emergenze quali, povertà, lavoro, droga, mancanza di case e salute. Sullo sfondo l’occupazione israeliana e l’emigrazione cristiana da arrestare. “Dare lavoro, fornire una casa e favorire il matrimonio” sono le tre parole chiave che, per il sacerdote, vanno tenute presenti “se si vuole mantenere la presenza cristiana in Terra Santa”. (R.P.)

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    Brasile. Sr Dorothy Stang: annullata condanna ad un mandante

    ◊   Una decisione che “legittima una manovra orchestrata dagli avvocati della difesa del ‘fazendeiro’ (latifondista) Bida, che voleva impedire lo svolgimento del processo”. Così la Commissione pastorale della terra (Cpt) dello Stato amazzonico settentrionale del Pará ha accolto il pronunciamento del Supremo tribunale federale (Stf) del Brasile che ha annullato il giudizio a carico di Vitalmiro Bastos de Moura, detto Bida, celebrato nell’aprile 2010 e concluso con una condanna a 30 anni di carcere per quello che è ritenuto uno dei mandanti dell’uccisione di suor Dorothy Stang il 12 febbraio 2005 ad Anapu. Secondo l’Alta Corte - riferisce l'agenzia Misna - la difesa non ebbe tempo sufficiente a studiare gli incartamenti e garantire adeguata tutela legale a Bida. La Cpt ricorda però che a fronte della mancanza di un legale a Bida fu assegnato un difensore d’ufficio che ebbe 12 giorni per lavorare al processo. “Decisioni come questa – scrive la Cpt – aumentano solo la sfiducia della società nei confronti del potere giudiziario. Rinforzano inoltre lo scenario di impunità che prevale sui crimini contro i lavoratori rurali e i loro dirigenti per mano dei latifondisti ”. Ora occorrerà attendere la data del nuovo processo per Bida. Suor Dorothy, religiosa statunitense naturalizzata brasiliana, appartenente alla congregazione delle Sorelle di Nostra Signora di Namur, fu uccisa con sei colpi di pistola mentre si stava recando insieme a un collaboratore all’insediamento ‘Esperança’, dove dal 1999 lavorava a un ‘Progetto di sviluppo sostenibile’. Una “utopia” estranea agli interessi di ‘fazendeiros’ e ‘madereiros’ (commercianti di legname) per consentire a 400 famiglie di contadini indios, meticci e immigrati di vivere in un’area di 1400 chilometri quadrati nel rispetto della natura grazie ad un’agricoltura a bassa intensità e ai prodotti della foresta. (R.P.)

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    Argentina: morto l'ex dittatore Videla

    ◊   E' morto in un carcere di Buenos Aires all'età di 87 anni Jorge Rafael Videla, l'ex comandante dell'esercito che depose Isabelita Peron e guidò l'Argentina durante la dittatura militare tra il 1976 e il 1981. Videla era rinchiuso nel penitenziario di Marcos Paz dove stava scontando due condanne all'ergastolo e una a 50 anni per crimini contro l'umanità. All’ex comandante dell’esercito erano imputati l'assassinio e la tortura di 30 mila persone nonché il "furto di neonati" nell'ambito della tragedia dei 'desaparecidos'. Videla è spirato nel sonno. La notizia è stata diffusa dalla moglie secondo la quale l’ex dittatore aveva avuto un malore ieri sera.

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    Albania: appello dei vescovi per le elezioni del 23 giugno

    ◊   Un appello a “prendere parte alle elezioni come occasione di partecipazione attiva alla vita pubblica del Paese”. Lo rivolgono i vescovi albanesi “ai cattolici e a tutti gli uomini di buona volontà”, in un messaggio in occasione delle votazioni generali che si svolgeranno nel Paese il 23 giugno. Nel documento i vescovi non rinnegano “i passi importanti compiuti precedentemente”. Tuttavia, osservano, “non possiamo non evidenziare alcuni fenomeni negativi che possono danneggiare pesantemente il processo elettivo in queste votazioni e, quindi, citandoli vogliamo ricordarli a tutti affinché il processo elettorale proceda quanto meglio possibile”. In primo luogo: la “compra-vendita del voto”. In molte zone dell’Albania, denunciano i vescovi, “il voto si vende, si compera o si carpisce con minaccia. Amati fratelli, la compra-vendita del voto è la compra-vendita della libertà”. Per l’episcopato, “oltre al voto comperato un altro grave fenomeno è il voto sotto minaccia, legato soprattutto alla promessa di un posto di lavoro: questa è un’aperta violazione ai diritti dell’uomo e dei lavoratori che con questo lavoro sostengono la propria famiglia”. I vescovi invitano, poi, “le forze politiche e i candidati a fare una campagna elettorale positiva senza abbassarsi a livello di offese, d’insulti, di umiliazioni di carattere personale o familiare come spesse volte si è verificato in questi ultimi anni da parte d’individui o gruppi di persone”. Inoltre, “è più che necessaria un’amministrazione regolare del processo delle elezioni in tutti i suoi singoli passaggi. Negli ultimi tempi, purtroppo, si sono verificate tendenze alla manipolazione in questo processo da parte dei partiti politici”. I presuli sottolineano anche l’importanza di conoscere “i risultati delle votazioni e la loro accettazione da parte di tutte le componenti e il contributo a un processo quanto più democratico per avere un Parlamento e un Governo legittimi ed efficaci. Non dimentichiamo che durante la legislatura che ora si chiude non è stato possibile ottenere lo status di candidato all’Unione europea”. Un “insuccesso”, per l’episcopato, convinto che “il futuro dell’Albania è quello europeo. Quindi la riuscita di questo processo è molto significativo per il futuro”. Ai fedeli, infine, i vescovi ricordano che “il voto deve andare lì dove la coscienza dice e per quei programmi che promuovono i valori umani più elevati: i diritti inviolabili della vita, la famiglia e la morale, pietra fondamentale per una società sana”. (R.P.)

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    Al Festival del cinema di Cannes la violenza di una società che cambia

    ◊   Alla 66.ma edizione del Festival di Cannes, dopo la proiezione de “Il grande Gatsby” di Baz Luhrmann, che mette in scena una realtà romanzata trasponendo il celebre testo di Scott Fitzgerald secondo un dispositivo pressoché fumettistico, i film della selezione ufficiale prendono spunto da fatti di cronaca e intendono restare piuttosto fedeli alla realtà. Ora, questa realtà ci dice che, sotto il cielo, il disordine è veramente grande. Lo vediamo in “Heli” di Amat Escalante, che racconta in maniera secca e antispettacolare l’implacabile cerchio della violenza che affligge il Messico contemporaneo. I suoi protagonisti sono un giovane operaio, sua sorella dodicenne e un poliziotto adolescente, autori di una tragica bravata sullo sfondo della cruenta guerra di posizione fra i narcotrafficanti e le forze dell’ordine. L’orrore freddo delle azioni umane talvolta prende alla gola, ma una scena, come una folgorante chiave di lettura, apre il cuore alla compassione. Il giovane operaio che si aggira nella notte in preda alla furia vendicativa, arriva a un altopiano desertico. La macchina da presa lo inquadra da molto lontano e piano piano sale al cielo, coperto di stelle. Di fronte alla vastità del creato che posto hanno l’uomo e le sue passioni? “Jeune & Jolie” di François Ozon sprofonda invece gli spettatori nelle turbe adolescenziali di una giovane parigina che sceglie di prostituirsi come supremo atto di trasgressione e di sfida. Qui il tema è delicato e spesso la macchina da presa rischia l’osceno, ma il cineasta è bravo nel mettere in scena la torpida indifferenza della sua protagonista. Fino alla magnifica scena dell’incontro fra la ragazza e la moglie di un anziano cliente morto fra le sua braccia, dove la tenerezza di un gesto compie il miracolo di una coscienza ritrovata. Ma è la Cina, rappresentata dal regista Jia Zhangke in “A Touch of Sin”, a darci il senso più profondo della mutazione del mondo contemporaneo, laddove il perverso intreccio fra una burocrazia post-comunista e un abbraccio globale al sistema capitalistico hanno reso gli esseri umani schiavi di un gioco al massacro. Quattro personaggi disegnano la scacchiera del nuovo territorio sociale, un minatore esasperato dalla corruzione, un emigrato col gusto delle armi, una giovane addetta a una sauna perseguitata da un ricco cliente, un operaio segnato da lavori sempre più degradanti. Le loro storie s’innestano l’una nell’altra come nel più classico gioco delle scatole cinesi. La continuità è data dall’umiliazione, dalla liquidazione della memoria, dall’irresistibile impulso di farsi giustizia da sé. Il cineasta è bravissimo a costruire gli spazi e i tempi delle azioni, gli attori entrano perfettamente nei panni dei personaggi, lo spettatore guarda e pensa al mondo che verrà. (Da Cannes, Luciano Barisone)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 137

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