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Sommario del 07/09/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: guardarsi da devozioni e rivelazioni che non portano a Cristo, il centro sia sempre Gesù
  • Udienze di Papa Francesco
  • Tweet del Papa: pregate per la pace!
  • Veglia per la pace. Mons. Zenari: siriani grati e incoraggiati da Papa Francesco, l'unica arma è il dialogo
  • Siria. Suore trappiste: unite alla Veglia di Roma, follia risolvere guerra con guerra
  • Veglia pace. Mons Penna: il digiuno cristiano è la preghiera del corpo
  • Movimento dei Focolari in Medio Oriente e Nord Africa conferma impegno per la pace
  • Rovigo. Beatificata la mistica Maria Bolognesi, povera e serva dei poveri
  • In Vaticano, giornata di riflessione per un'industria mineraria più vicina all'uomo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: Obama parla di “azione limitata”. Ue chiede "risposta forte" ad attacco chimico
  • Brasile. Giornata del "Grido degli esclusi", da 19 anni la Chiesa dà voce agli ultimi
  • Festival di Venezia. Il film "Philomena" grande pereferito dai premi cattolici
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Veglia con il Papa, ancora adesioni di massa dal mondo
  • Siria: il patricarca Gregorio III Laham ai leader del G20: "Siate costruttori di pace"
  • Libano: carenza di fondi, a rischio gli aiuti internazionali ai rifugiati siriani
  • Nigeria: offensiva dell'esercito contro Boko Haram, 50 morti
  • Sette talebani afghani scarcerati dal Pakistan per favorire la pacificazione
  • Somalia: bombe contro un ristorante a Mogadiscio, almeno 15 morti
  • Fukushima: cresce preoccupazione, Corea estende il bando su importazioni dall'area
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: guardarsi da devozioni e rivelazioni che non portano a Cristo, il centro sia sempre Gesù

    ◊   Il cristiano non deve mai dimenticare che il centro della sua vita è Gesù Cristo: è quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha affermato che dobbiamo vincere la tentazione di essere “cristiani senza Gesù” o cristiani che “cercano soltanto devozioni, ma Gesù non c’è”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Papa Francesco ha dedicato tutta la sua omelia alla centralità di Gesù nella vita del cristiano. “Gesù – ha detto – è il centro. Gesù è il Signore”. Eppure, ha constatato, questa parola non sempre la capiamo bene, “non si capisce tanto facilmente”. Gesù, ha affermato, “non è un signore tale o quale” ma “il Signore, l’unico Signore”. Ed è Lui il centro che “ci rigenera e ci fonda”, questo è il Signore: “il centro”. I farisei di cui ci parla il Vangelo odierno, ha quindi osservato, mettevano “il centro della loro religiosità in tanti comandamenti”. E anche oggi, “se non c’è Gesù al centro, ci saranno altre cose”. Ed ecco che allora “incontriamo tanti cristiani senza Cristo, senza Gesù”:

    “Per esempio, quelli che hanno la malattia dei farisei e sono cristiani che mettono la loro fede, la loro religiosità in tanti comandamenti: in tanti … ‘Ah, devo fare questo, devo fare questo, devo fare questo…’. Cristiani di atteggiamento … ‘Ma perché fai questo?’ – ‘No: si deve fare!’. ‘Ma perché?’ – ‘Ah, non so, ma si deve fare’. E Gesù, dov’è? Un comandamento è valido se viene da Gesù: io faccio questo perché il Signore vuole che io faccia questo. Ma siccome io sono un cristiano senza Cristo, faccio questo e non so perché lo devo fare”.

    Ci sono, ha aggiunto, “altri cristiani senza Cristo: quelli che soltanto cercano devozioni”, “ma Gesù non c’è”. “Se le tue devozioni ti portano a Gesù – ha detto il Papa - quello va bene. Ma se tu rimani lì, qualcosa non va”. C’è poi, ha proseguito, “un altro gruppo di cristiani senza Cristo: quelli che cercano cose un po’ rare, un po’ speciali, che vanno dietro a delle rivelazioni private”, mentre la Rivelazione si è conclusa con il Nuovo Testamento. Il Papa ha avvertito in questi cristiani la voglia di andare “allo spettacolo della rivelazione, a sentire delle cose nuove”. “Ma – è l’esortazione rivolta loro dal Papa - prendi il Vangelo!”:

    “Ma, padre, qual è la regola per essere cristiano con Cristo, e non diventare cristiani senza Cristo? E qual è il segno che una persona è un cristiano con Cristo?”. La regola è semplice: soltanto è valido quello che ti porta a Gesù, e soltanto è valido quello che viene da Gesù. Gesù è il centro, il Signore, come Lui stesso dice. Questo ti porta a Gesù? Vai avanti. Questo comandamento, questo atteggiamento viene da Gesù? Vai avanti. Ma se non ti porta a Gesù e se non viene da Gesù, ma … non si sa, è un po’ pericoloso”.

    E ancora, si chiede il Papa: “Qual è il segno che io sono cristiano con Gesù?”. Il segno, ha detto, è semplice: è quello del cieco nato che si prostra davanti a Gesù per adorarlo:

    “Ma se tu non riesci ad adorare Gesù, qualcosa ti manca. Una regola, un segno. La regola è: sono un buon cristiano, sono sulla strada del buon cristiano se faccio quello che viene da Gesù e faccio quello che mi porta a Gesù, perché Lui è il centro. Il segno è: sono capace di adorare; l’adorazione. Questa preghiera di adorazione davanti a Gesù. Il Signore ci faccia capire che soltanto Lui è il Signore, è l’unico Signore. E ci dia anche la grazia di amarLo tanto, di seguirLo, di andare sulla strada che Lui ci ha insegnato”.

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    Udienze di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto stamani il signor Peter Sopko, ambasciatore della Repubblica Slovacca, per la presentazione delle Lettere Credenziali. Successivamente, il Papa ha ricevuto con il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi. Ieri, il Papa ha ricevuto in udienza il cardinale Lluis Martínez Sistach, arcivescovo di Barcellona. Sempre ieri, il Santo Padre ha ricevuto in udienza mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

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    Tweet del Papa: pregate per la pace!

    ◊   “Pregate per la pace!”: è il tweet lanciato oggi da Papa Francesco sul suo account in 9 lingue @Pontifex, seguito da oltre 9 milioni di follower. A poche ore dall’inizio della Veglia per la pace in Piazza San Pietro, il tweet del Papa indica anche la pagina facebook del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali (www.facebook.com/news.va.it), dove si trovano diversi contenuti su questa giornata di pace. Il tweet del Papa si conclude con l’hashtag che contraddistingue questa giornata su Twitter: #prayforpeace.

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    Veglia per la pace. Mons. Zenari: siriani grati e incoraggiati da Papa Francesco, l'unica arma è il dialogo

    ◊   L’odierna Giornata di digiuno e preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero vedrà anche il Papa emerito, Benedetto XVI, unirsi in preghiera con tutta la Chiesa, quando stasera alle 19 avrà inizio la veglia in Piazza San Pietro, alla quale continuano ad aderire decine di organizzazioni religiose e laiche. Dalle 16.30, si potrà entrare nella piazza, dove, secondo la volontà del Papa , almeno 50 sacerdoti dispenseranno il Sacramento della Confessione. Alle 19, poi, l’arrivo del Pontefice e, dopo il canto del “Veni Creator”, la recita del Rosario, di fronte all’icona mariana della Salus Populi Romani. Ma come si sta vivendo proprio in Siria questa giornata fortemente voluta dal Papa? Al microfono di Giancarlo La Vella, la risposta dell'arcivescovo Mario Zenari, nunzio apostolico nel Paese:

    R. – C’è un grande sentimento di riconoscenza da parte mia e di tutti i siriani cristiani, cattolici e musulmani, che hanno tutti accolto molto favorevolmente questa iniziativa di preghiera e di digiuno per la pace in Siria e nel mondo. Tutti si uniscono a questo invito del Santo Padre a formare questa catena di impegno, di solidarietà per la pace.

    D. – È un momento, questa giornata, anche in cui le varie espressioni della società mondiali sono chiamate a dialogare…

    R. – Direi di sì. Bisogna ripristinare “l’arma” del dialogo, è quella che rende più di tutte. Anche se questo dialogo si inceppa spesso e deve percorrere vie molto tortuose, molto irte …

    D. – Anche se le notizie che giungono, sia dal terreno, che dalla diplomazia internazionale non sembrano positive, una giornata come questa, può far rinascer la speranza di pace, soprattutto nel popolo siriano?

    R. – Direi di sì. Questo incoraggiamento e questo sentimento di solidarietà mondiale si percepiscono. Direi che quasi quasi si respira, anche se, purtroppo, mentre sto parlando, con un orecchio sento la vostra voce e con l’altro - come tutti i giorni - il rimbombo dell’artiglieria. Però, certamente la giornata di oggi e questa iniziativa del Santo Padre è stata molto opportuna. Vorrei aggiungere che è stato molto opportuno l’aver abbinato la preghiera al digiuno. Il digiuno, sia nella tradizione cristiana che in quella musulmana, è sentito come un grande valore ed è quindi qualcosa che ci accomuna. Poi, non bisogna dimenticare che milioni di persone da due anni vivono in un digiuno forzato. Se pensiamo che la fame si fa sentire anche qui attorno, perché non c’è più lavoro, quindi non ci sono salari, i prezzi dei generi di prima necessità, anche elementari, sono saliti enormemente… Anche i bambini sono accumunati in questo digiuno forzato. Quindi, direi che il digiuno che noi facciamo volontariamente per la durata di una giornata ci fa pensare di essere solidali con tutta questa gente, anche con i bambini che vivono un digiuno forzato da mesi e mesi.

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    Siria. Suore trappiste: unite alla Veglia di Roma, follia risolvere guerra con guerra

    ◊   La solidarietà di Papa Francesco è un sostegno concreto che ci incoraggia. Siamo contrarie a una soluzione armata. Così si esprimono le religiose italiane di un monastero trappista in Siria, a poche ore dall’inizio della Veglia di pace voluta dal Papa. Fabio Colagrande ne ha parlato con una di loro, suor Marta:

    R. – Sicuramente, con grande gioia come tutti qui, non solo cristiani ma anche non cristiani. C’è una grandissima attenzione. Ci siamo sentiti molto sostenuti e abbiamo sentito il Papa veramente molto vicino. Noi ci stiamo preparando e stiamo cercando di fare qualcosa con il villaggio. Naturalmente non lo faremo in contemporanea, perché la sera è pericoloso, ma avremo un momento di preghiera. Stiamo organizzando con i giovani del villaggio e ci uniremo a tutti quelli che in quel momento pregheranno.

    D. – E ora che si parla di un possibile intervento militare da parte di forze occidentali per risolvere questa guerra. Quali sono le vostre riflessioni?

    R. – Beh, evidentemente, siamo completamente contrarie. Sarebbe una pura follia pensare di risolvere una situazione che ormai è degenerata in violenza molto forte,con altra violenza. Diciamo che è una resa. Se s’interviene con le armi, è sicuramente una dimostrazione di incapacità e di impotenza di risolvere invece con il lavoro faticoso e paziente di un dialogo, di una comprensione una situazione che è molto complessa. E, soprattutto, c’è una grande paura anche da parte della gente, perché non è solo la paura del missile, che può arrivare, ma è una situazione di destabilizzazione ancora maggiore. In Siria, ormai Al Qaeda, le componenti salafite ed estremiste sono presenti, sono attive, sono forti. Quindi, per esempio, nella nostra zona, potrebbe certo scoppiare un deposito di missili, potrebbe scoppiare una riserva di sostanze chimiche, ma nel momento in cui venisse dichiarato un attacco alla Siria, sicuramente le bande armate avrebbero via libera e la gente ha soprattutto paura di questo.

    D. – Com’è stata accolta questa iniziativa spirituale diplomatica del Papa e della Santa Sede per scongiurare un attacco alla Siria?

    R. – Sicuramente, con grande favore. Tutti hanno aderito di cuore. Noi abbiamo operai non solo cristiani, ma anche musulmani – sia alawiti sia sunniti – e tutti hanno accolto davvero con grande gioia, con grande speranza questo gesto, proprio perché in Siria adesso la grossa divisione è tra chi desidera una convivenza, chi rifiuta una violenza e chi invece vuole perseguire una strada di terrore. E’ una grossa divisione. Questi due gruppi raccolgono persone da ogni parte: non si può parlare solo di sunniti, sciiti, alawiti e cristiani. No. C’è chi vuole una via di convivenza e di dialogo e chi non la vuole. E direi che la maggioranza la vuole. Le parole del Papa, quindi, e il gesto del Papa, hanno aperto il cuore a tanti.

    D. – Esiste la possibilità di trovare una soluzione del dialogo e del negoziato alla crisi siriana, secondo lei?

    R. – Certo, la possibilità esiste. Sappiamo che l’ostacolo non è nel cuore della gente, l’ostacolo è nella volontà politica e negli interessi politici ed economici. Gli interessi politici ed economici non sono un assoluto. Se vogliamo dimenticarli e vogliamo davvero cercare il bene di una popolazione, certo che si può fare e si può fare da oggi, ma a prezzo di rinunciare a una volontà di potenza e di dominio.

    D. – Come religiose cattoliche in Siria, quale appello lanciate nella giornata di preghiera e digiuno per la pace, voluta da Papa Francesco?

    R. – Penso che la parola sia quella di cercare davvero di vivere tutto con la misericordia del cuore di Dio. Penso dobbiamo metterci davvero con umiltà e con semplicità davanti a Dio, con la fraternità anche di sapere che siamo tutti suoi figli e tutte sue creature. Questa è la cosa più grande che possiamo fare, per trovare poi come vivere insieme in fraternità.

    D. – E se poteste dire qualcosa oggi a Papa Francesco, cosa direste?

    R. – Beh, un grande grazie, e chiediamo anche la sua forza nella Chiesa, proprio per continuare, non solo oggi con questo intervento per la Siria, ma anche per un cammino che riguarda tante situazioni. Pensiamo davvero che sia un momento cruciale nella storia dell’uomo, in cui l’umanità deve ritrovare se stessa. Al Papa, quindi, chiediamo di continuare a sostenerci tutti, non solo ai cristiani, ma anche ai non cristiani, in questo cammino di verità e di ricerca del bene.

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    Veglia pace. Mons Penna: il digiuno cristiano è la preghiera del corpo

    ◊   Nell’appello di Papa Francesco a vivere la Giornata per la pace in Siria e in Medio Oriente c’è l’invito alla preghiera e al digiuno. Di quest'ultimo in particolare, Fausta Speranza ha parlato con mons. Romano Penna, biblista della Lateranense:

    R. – Il digiuno, come prassi religiosa, nasce nel giudaismo non nel cristianesimo. Nel giudaismo il giorno del Kippur è il giorno dell’espiazione e del digiuno. Abbiamo degli autori antichi che invece di chiamarlo giorno dell’espiazione lo chiamavano proprio giorno del digiuno. Questo, resta tutt’ora valido per i nostri fratelli ebrei. Siccome il cristianesimo è nato in ambito giudaico, ne ha preso alcuni elementi, a partire da Gesù stesso che nel racconto dei Vangeli sinottici si è ritirato nel deserto per digiunare. Anche se questo, bisogna dire, è stato un momento iniziale della sua vita e non la sua vita come lo era invece per Giovanni Battista.

    D. – Questo è molto interessante: guardare al digiuno come momento inserito in una vita…

    R. – Va inserito in una vita che non è una vita di digiuno, è una vita normale. Il digiuno è un momento di una particolare esperienza religiosa e anche di particolare affermazione di una certa identità di fronte agli altri. Nel caso dell’iniziativa di Papa Francesco, c’è proprio questa dimensione, di un momento “ufficiale” che esprime una presa di posizione in una determinata situazione storica a favore di un determinato tema.

    D. – In questo caso, c’è anche il valore di fare questo digiuno insieme, in tanti…

    R. – Quando viene condiviso, allora diventa un’esperienza comunitaria – non dico ecclesiale perché in questo caso hanno aderito anche persone fuori dalla Chiesa – però un’esperienza comunitaria di insieme che, tra l’altro, esprime una certa concordanza e questo è un fatto molto positivo. Una concordanza di vedute, di intenti, sperando che questi vengano raggiunti.

    D. – Digiuno unito alla preghiera. Il Papa ha chiesto tutti e due…

    R. – Questo è molto importante. Un digiuno da solo cosa sarebbe? Sarebbe un momento dietetico... Mentre la preghiera da sola, ha comunque senso. Quando invece il digiuno è unito alla preghiera è come se lo stesso digiuno diventasse preghiera. Quindi è un momento non solo di comunione a livello orizzontale tra coloro che lo praticano, ma di comunione con il Signore in forma di preghiera, di orazione, di tensione verso di lui. É questo poi che conta: non è l’affermazione di sé e delle proprie capacità di digiunatori, ma è la dimostrazione al Signore della capacità di fare qualche rinuncia e di farla tutti insieme alla sua luce, alla luce di Dio. Naturalmente, i cristiani hanno del Signore un certo concetto. Se si uniscono anche i musulmani, ne hanno un altro. Quindi, la comunione resta proprio sul piano pratico, effettivo, prassistico. Quindi, si è stabilita comunque questa comunione, questa comunitarietà di cui si parlava prima e che è un valore positivo.

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    Movimento dei Focolari in Medio Oriente e Nord Africa conferma impegno per la pace

    ◊   Sta per concludersi la visita in Giordania della presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce, e del copresidente, Giancarlo Faletti, per incontrare delegazioni del Movimento del Medioriente e del Nord Africa. Ad Amman, sono arrivati membri delle comunità di Turchia, Cipro, Libano, Iraq, Egitto, Algeria, Marocco, Tunisia e Terra Santa, oltre che dalla stessa Giordania. Presenti anche alcuni siriani. Durante gli incontri, si è parlato della situazione nei loro Paesi, del rapporto tra le diverse chiese cristiane con le persone di altre religioni e poi ancora del futuro delle loro famiglie e comunità, in un momento in cui tanti cercano di emigrare. In particolare, cosa hanno raccontato le persone provenienti dalla Siria? Adriana Masotti lo ha chiesto a Roberto Catalano, responsabile del Centro per il dialogo interreligioso dei Focolari, in questo momento in Giordania:

    R. – Dalla Siria, chi è arrivato è arrivato o da Damasco o da zone molto vicine al confine. Chi si trova ad Aleppo, infatti, non può uscire in questo momento: praticamente, Aleppo è circondata, di fatto è sotto assedio per via della presenza dei ribelli. Bisogna dire che la situazione è tragica e in generale in questo momento non si vede una via d’uscita a una situazione che è ulteriormente aggravata dalla minaccia di questo attacco dall’esterno. A parte quello che loro stanno vivendo – per esempio, il prezzo del pane ormai è a livelli parossistici, e quindi veramente in alcune zone sono ridotti alla fame – sentono che l’Occidente percepisce tutto il problema in un modo completamente diverso rispetto a ciò che loro vivono, e questo di fatto li fa sentire abbandonati a se stessi. Loro hanno scritto una lettera a Maria Voce e a tutti i presenti, che è stata letta all’inizio dell’incontro, e in questa lettera dicono che nonostante tutto quello che sta succedendo, continuano a vivere per la pace e per la fratellanza universale, nonostante che rischino la vita momento dopo momento. Ovviamente, per loro incontrare membri di un Movimento ecclesiale con il quale condividono una spiritualità è stato un momento per riuscire a respirare nuovamente e a trovare la forza per tornare da dove sono venuti e continuare questa vera Via Crucis.

    D. – Vorrei capire meglio questo aspetto: la percezione che l’Occidente non capisce o legge in maniera diversa ciò che sta succedendo: che cosa vuol dire?

    R. – Questa è una percezione che hanno un po’ tutti i Paesi dell’area mediorientale. Si avverte una fortissima manipolazione dei media, vedendo il mondo da questo punto. E’ la stessa percezione che si è avuta qui, di questo potenziale attacco militare che potrà esserci, qui si è avuta l’impressione che ci siano delle lobby della stampa e dei media che hanno esercitato una pressione molto forte nei confronti di Stati Uniti e di altri Paesi europei, perché in effetti questo attacco ci sia. Mentre invece sul posto le persone sono assolutamente, tutte, contrarie a questo attacco.

    D. – Incontrarsi tra le comunità dei diversi Paesi dell’area mediorientale è stato importante. Sono nate anche iniziative di solidarietà, di comunione, tra loro?

    R. – Sì, per esempio, la Caritas giordana, dove il Movimento dei Focolari è presente a livello del direttore, poi di molti degli impiegati e ancora di più dei volontari, sta lavorando moltissimo con i rifugiati che arrivano dalla Siria. Si calcola che in questo momento stiano assistendo circa 120 mila rifugiati. Ed è un’opera capillare, perché non è a livello di campi profughi: è piuttosto una ricerca che si fa palmo a palmo sul territorio per rintracciare queste persone che sono arrivate in Giordania, che magari vivono in condizioni precarie, ma non nei campi profughi.

    D. – In Siria è cambiato il rapporto, lo stile di convivenza tra cristiani e musulmani da quando è iniziato questo conflitto?

    R. – A noi raccontavano questo: che prima del conflitto vivevano nello stesso quartiere, andavano a scuola insieme, erano vicini di casa che si scambiavano la vita quotidiana senza nessun problema. La guerra ha messo in moto dei meccanismi per cui non c’è più la fiducia reciproca. Alcuni hanno scoperto che i vicini di casa erano armati, ci sono stati atti di violenza nei confronti di vicini di casa cristiani, ci sono stati atti di violenza anche tra musulmani. Ecco: non c’è più quella fiducia reciproca, e mancando la fiducia non è più possibile stabilire rapporti di vicinanza. E sottolineo: questo non è soltanto tra cristiani e musulmani, ma anche all’interno della comunità musulmana sono stati messi in moto meccanismi di questo tipo. Senz’altro è in atto – come ben sappiamo – un grosso processo di evoluzione, di sviluppo all’interno dell’Islam, che non è assolutamente indolore, e di questo fanno le spese anche i cristiani. D’altra parte, le situazioni nei Paesi dell’area sono molto diverse, anche se poi possono essere legate tra di loro. La gente, qui, ha l’impressione che ci sia una strategia globale che cerca di destabilizzare la situazione del Vicino Oriente. Però, è molto difficile – come tante volte siamo tentati di fare in Europa, e lo facciamo – tirare conclusioni immediate. E’ un mondo che sta evolvendosi anche a costo di vite umane. L’islam probabilmente sta vivendo un momento di svolta fondamentale. Forse, ci vorrebbe un po’ più di silenzio da parte nostra, in Occidente, e di capacità di osservazione e di ascolto di ciò che sta veramente succedendo in questi Paesi. Sono sviluppi storici, che senz’altro andranno avanti ancora per lungo tempo, non possono essere risolti in tempi brevi.

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    Rovigo. Beatificata la mistica Maria Bolognesi, povera e serva dei poveri

    ◊   Piazza XX settembre a Rovigo è stata teatro stamattina della solenne cerimonia di Beatificazione di Maria Bolognesi, la mistica laica – spentasi nel 1980 – fu una apostola della carità per tanti indigenti e testimoniò con autentico eroismo le virtù cristiane. A presiedere l’elevazione agli altari della nuova Beata è stato il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Povero, della povertà più nera. È questo l’ambiente in cui nasce Maria Bolognesi nel 1924. Famiglia di contadini ai limiti dell’indigenza, il cognome che la futura Beata porta è per di più quello del patrigno e non del papà, poiché lei è figlia di una ragazza madre, così la sua infanzia già misera è segnata costantemente dal marchio di essere una figlia illegittima, alimentato dalle dicerie del suo piccolo paese, Bosaro, come ha ricordato la stessa Bolognesi citata dal cardinale Angelo Amato:

    " Spesso i bambini non mi volevano a giocare con loro perché ero figlia di N.N.. Da sola andavo nell'orto della nonna per vedere se potevo prendere qualche farfallina. Oh! Se Gesù avesse messo anche a me le alette, quando i bambini non mi vogliono con loro, volerei via più in fretta”.

    La campagna è il banco di scuola della giovane Maria, che per 26 anni farà la bracciante agricola – e talvolta anche il muratore – lavorando moltissimo e senza mai godere di agi. Inoltre, la madre si dimostra tutt’altro che materna e così Maria deve essere affidata ad altre famiglie. Eppure, privazioni che spezzerebbero la fibra umana più solida non sembrano scalfire la sua tenacia e soprattutto il suo buon cuore. Racconta il cardinale Amato:

    “I suoi molti carismi mistici non le impedirono di spendersi nella carità verso il prossimo soprattutto verso i bambini, per i quali si fece factotum, calzolaio, sarta, falegname e anche questuante. Erano frequenti le sue visite ai malati e l'assistenza notturna ospedaliera. Raccoglieva denaro e generi di prima necessità per le famiglie indigenti”.

    I “molti carismi mistici” di cui parla il cardinale Amato sono l’altro aspetto della vita della nuova Beata. Prima di mostrasi alla ragazza ormai ventenne, Dio permette che Maria Bolognesi viva una sua durissima battaglia contro una possessione demoniaca. Per anni malanni fisici, anche molto gravi, la tormentano e lei stessa avverte una repulsione ogniqualvolta si trova nei pressi di un edificio sacro. Ma ancora una volta, la sua fede resta incrollabile e un segno miracoloso sancisce la fine della possessione. E nonostante un fisico ormai minato, la carità di Maria Bolgonesi è una fiamma che non si spegne. La sua ultima idea, rimasta incompiuta per il sopravvenire della morte, il 30 gennaio 1980, è di aprire una casa per convalescenti. Ma qualunque forma di povertà, lei che ben la conosceva, suscita attenzione e amore:

    “Fu vicina agli orfani, ai quali trovò buone sistemazioni presso famiglie generose o presso istituti. La sua carità si estendeva dal corpo allo spirito, diventando saggia consigliera per chi era nel dubbio, nell'ignoranza, nella tristezza. Aiutava tutti con la preghiera incessante e con la sofferenza. È questo il messaggio che ella ci lascia oggi”.

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    In Vaticano, giornata di riflessione per un'industria mineraria più vicina all'uomo

    ◊   Sono riuniti oggi in Vaticano, a Palazzo San Callisto, 25 dirigenti delle compagnie minerarie più importanti nel mondo. L’incontro tenuto in occasione della Giornata di riflessione per l’industria mineraria, è stato promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Obiettivo dei partecipanti è promuovere una maggiore collaborazione e vicinanza tra le compagnie minerarie e i territori che le ospitano. Marina Tomarro ha intervistato Tebaldo Vinciguerra, ufficiale responsabile delle questioni ambientali per il pontificio consiglio.

    R. – L’industria mineraria è chiamata nei prossimi anni a rafforzarsi sicuramente, a sviluppare numerose attività di estrazione di risorse, notoriamente in Africa. Ma oggi, nonostante alcune buone pratiche avanzate da alcuni gruppi minerari, che sono particolarmente avanti, rimane un’industria con molte sfide. Sono numerose le violenze, gli scioperi, gli atti di disperazione in Sud America, in Africa ed anche in altre parti del mondo. C’è veramente, comunque, la volontà di riflettere su cosa dobbiamo fare per cambiare l’industria mineraria e fra le principali domande che emergono c’è quella di come relazionarci al meglio con le comunità locali.

    D. – Le miniere sono fonte di grandi ricchezze per le multinazionali, perché poi, alla fine, resta così poco nelle tasche dei lavoratori?

    R. – Il perché resti così poco è una domanda frequente. Molto spesso la disconnessione fra miniera, governo ai vari livelli – dal nazionale al locale – e comunità locale è evidenziata. Una grande parte di quello che una compagnia mineraria lascia come soldi va direttamente al governo, in tasse, e spesso la miniera, i responsabili della miniera non hanno poi una gestione di questi soldi. Chiaramente, dunque, c’è una responsabilità dei governi su come ricevere queste entrate e come riuscire ad adoperarle al meglio per le popolazioni locali, per le comunità locali. D’altra parte, il livello di vita garantito ai minatori, alle comunità è anche certamente una fonte di riflessione, di preoccupazione. L’importante è passare da un’ottica in cui la ricchezza generata dalle miniere sia condivisa fra tutti gli attori coinvolti.

    D. – Cosa può fare la Chiesa di concreto, per aiutare la situazione dei minatori nei Paesi più poveri?

    R. – L’aiuto concreto è sicuramente, innanzitutto, un aiuto all’umanità: aiuto nel senso di formazione, di educazione, di come riuscire a negoziare, come inserirsi in una logica di preparazione di un contratto, come farsi rappresentare. Sono tutta una serie di attività che richiedono formazione, professionisti speciali che la Chiesa, a livello locale, offre alle comunità di minatori. La Chiesa ha anche un lavoro dal punto di vista tecnico-economico e tecnico-ambientale molto importante. Sono numerosi i documenti di Conferenze episcopali che hanno lavorato su queste questioni. Le attività di Caritas a livello locale contribuiscono anche ad una migliore comprensione delle esigenze delle comunità da parte dei rappresentanti delle miniere.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina ampio spazio viene dedicato alla Veglia per la pace in piazza San Pietro: “Preghiera e digiuno per ottenere la pace. E in tutto il mondo si leva la voce degli uomini di buona volontà sui silenzi dei potenti e sul fragore delle armi” si legge nel titolo dell'articolo di apertura.

    Nella pagina della cultura, Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, ricorda la Pacem in terris, mentre l'arcivescovo di Monreale Michele Pennisi riflette sull'importanza della formazione di una coscienza collettiva nell'articolo intitolato “Globalizzazione e comunità di popoli”.

    Un filo ideale, si legge nella pagina seguente, lega Damasco a Roma; un’intensa celebrazione di preghiera e digiuno per la pace si è tenuta infatti alle 13 di sabato 7 settembre nella grande moschea degli Omayyadi. L’evento è stato voluto e presieduto dal Gran Muftì di Siria, Ahmad Badreddin Hassou, leader spirituale sunnita, alla presenza di capi religiosi musulmani sunniti, sciiti, alawiti, ismaeliti, drusi e anche di rappresentanti di altre religioni, come ebrei e cristiani.

    Padre Manuel Nin, a pagina 6, cita le omelie di Andrea di Creta per la Natività della Madre di Dio, “Colei che generò la Parola eterna fattasi carne”, mentre nell'articolo “Non c’è cristiano senza Gesù” viene riassunta l'omelia della Messa a Santa Marta, in cui Papa Francesco ha proseguito la riflessione su Gesù sposo della Chiesa.

    Di Siria si continua a parlare a pagina 7: il cardinale Robert Sarah, presidente di Cor Unum, parla della sua visita ai campi i profughi, nel febbraio scorso, per portare la solidarietà del Papa, mentre Nicola Gori intervista suor Marta Luisa Fagnani, la superiora delle trappiste italiane che otto anni fa, lasciando il loro monastero di Valserena in Toscana, hanno scelto per la loro vita contemplativa un piccolo villaggio siriano vicino al confine con il Libano.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: Obama parla di “azione limitata”. Ue chiede "risposta forte" ad attacco chimico

    ◊   All’indomani della spaccatura del G20 sull’intervento in Siria, con la posizione di Mosca che fornirà armi a Damasco in caso di attacco statunitense, Obama si rivolge agli americani: “Noi siamo gli Stati Uniti e non possiamo chiudere gli occhi”. E mentre prosegue l’azione per dare una copertura diplomatica all’attacco, le divisioni si riflettono anche sui ribelli spaccati fra pro e contro l’intervento internazionale. Intanto, i ministri degli Esteri dell'Unione Europea, riuniti a Vilnius, hanno sollecitato una "risposta chiara e forte" all'attacco chimico in Siria del mese scorso di cui è ritenuto responsabile il regime di Assad. Lo ha detto l'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Catherine Ashton. Il servizio di Marco Guerra:

    “Il regime di Assad è responsabile del peggior attacco con armi chimiche del 21.mo secolo. Siamo gli Stati Uniti non possiamo chiudere gli occhi”. Nel consueto discorso del sabato alla nazione, Obama spiega i motivi dell’intervento contro Damasco che, sostiene lo stesso l’inquilino della Casa Bianca, avrà un'azione limitata senza truppe di terra, insomma “non sarà un altro Iraq o Afghanistan”. Il fronte che sostiene gli Stati Uniti resta comunque troppo debole senza un mandato Onu, anche se l'Arabia Saudita sta lavorando ad una bozza di risoluzione da proporre all'Assemblea Generale che fornisca una qualche copertura ad un'azione militare. Le spaccature in seno alla comunità internazionale si riflettono anche sul fronte dei ribelli: il capo dell'Esercito siriano libero, il generale Salim Idriss, ha rivolto un appello al Congresso Usa affinché autorizzi l'intervento militare promosso da Obama, mentre il Fronte islamico Siriano afferma via Facebook che l’attacco Usa non sarebbe utile alla causa.

    E sulle divisioni e la situazione che hanno preso corpo dopo il G20 di San Pietroburgo sentiamo Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali:

    R. - Uno scenario politico molto netto: la Russia non vuole assolutamente abdicare al proprio ruolo di superpotenza globale e la presenza in Siria le consente di rimanere nel Mediterraneo e per questa ragione – non tanto per la Siria, ma soprattutto per gli interessi russi in tutta l’area – Mosca non potrà fare passi indietro.

    D. – Queste posizioni come si rifletteranno sul terreno? Chi ne trarrà più vantaggio: i ribelli o il regime di Damasco?

    R. – I ribelli sicuramente trarranno vantaggio da un’eventuale operazione di supporto, fatta da una coalizione più o meno ancora da definire. D’altra parte, Damasco – da quanto dichiarato da Putin – continuerà a ricevere armamenti convenzionali per poter arginare e contenere l’offensiva dei gruppi che si oppongono al regime di Damasco.

    D. – In Libia i bombardamenti Nato consentirono alle milizie ribelli di avere la meglio sulle truppe di Gheddafi: si spera di ottenere lo stesso risultato contro le truppe lealiste di Assad?

    R. – Prima di tutto c’era un mandato internazionale profondamente diverso. Contestualmente la campagna aerea e missilistica in Libia tese al rovesciamento di un regime: qua, in questa fase, si parla ancora di un ridefinire gli scenari operativi sul terreno, ponendo in essere una serie di azioni che dovrebbero diminuire la forza militare di Assad. Non si parla ancora di un’operazione militare che, invece, dovrebbe rovesciarlo.

    D. – Quindi, in realtà, non si vuole rovesciare Assad, ma si vuole limitarlo per colpire anche l’Iran e Hezbollah…

    R. – Questa mi pare l’ipotesi – in questo momento – più forte, anche perché se gli americani parlano di un’operazione estremamente limitata nel tempo di pochissimi giorni, è difficile immaginare come il regime di Assad possa implodere.

    D. – L’Europa sembra guardare dalla finestra, ma dobbiamo aspettarci che dopo l’intervento degli Usa, alcuni si uniranno alla cosiddetta “coalizione di volenterosi”?

    R. – E’ possibile, ma è anche l’ennesima dimostrazione della pochezza politica dell’Europa. Di fronte a scelte di politica internazionale molto forti, ogni nazione si muove in ordine sparso secondo quello che è il proprio interesse. Siamo lontani, lontanissimi da un’Europa politica!

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    Brasile. Giornata del "Grido degli esclusi", da 19 anni la Chiesa dà voce agli ultimi

    ◊   Come ogni 7 settembre, giorno dell’indipendenza del Brasile, si rinnova nel grande Paese latinoamericano l’iniziativa del “Grido degli Esclusi”, sostenuto dalla Conferenza episcopale brasiliana, per dare voce a tutti coloro che, in Brasile, soffrono o sono emarginati. Il servizio di Davide Pagnanelli:

    Il popolo brasiliano scende in piazza per l’annuale manifestazione del “Grido degli esclusi”, che vuole ricordare quel 20% della popolazione ancora sotto la soglia della povertà. Sull’iniziativa ascoltiamo mons. Pedro Luiz Stringhini, vescovo della diocesi di Mogi das Cruzes e presidente della Commissione episcopale Giustizia e Pace:

    “Il 'Grido degli esclusi' è già arrivato alla sua diciannovesima edizione, come una risposta popolare e profetica della Chiesa che vuole annunciare la giustizia, una società più conforme alla volontà di Dio e al Vangelo.”

    Il presule lega poi questa iniziativa alle manifestazioni politiche che quest’anno hanno infiammato il Paese chiedendo una riforma politica che includa le classi meno agiate e riduca l’enorme divario tra ricchi e poveri mettendo fine alla corruzione:

    "Queste manifestazioni che si sono svolte in Brasile, continueranno ancora di più se le cose non cambieranno; chiedono che i politici non siano così lontani dalla vita della nazione, che la politica nazionale non sia staccata dalla vita della gente".

    Commentando anche la ripresa, da parte della popolazione, di un interesse politico attivo, mons. Stringhini ha aggiunto:

    "C’era l’impressione che la gente non volesse più partecipare perché le cose sono migliorate economicamente. No, le manifestazioni hanno detto che la gente vuole partecipare, che ci sono tante cose che non vanno bene: c’è la violenza, l’esclusione, e ancora tanti problemi".

    E nel paese, che ancora respira l’aria della giornata mondiale della gioventù, il vescovo conclude:

    "I giovani sono sempre i più colpiti da ciò che non va bene nel paese, cioè la mancanza di prospettive. Chi è che non ha speranza oggi? Sopratutto i giovani".

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    Festival di Venezia. Il film "Philomena" grande pereferito dai premi cattolici

    ◊   Assegnati questa mattina i premi di area cattolica alla Mostra del Cinema di Venezia. "Philomena" di Stephen Frears è il titolo sul quale concordano tutte le diverse Giurie: un segnale di maturità critica, di apertura, che riconosce le qualità artistiche e narrative di un film valutando con discrezione e obiettività i fatti storici e considerando il percorso umano e cristiano della protagonista. Il servizio di Luca Pellegrini:

    "Philomena": un film dalla dimensione religiosa e cristiana. Stephen Frears - e sicuramente il regista anglosassone, insieme alla straordinaria Judi Dench che interpreta il personaggio principale, che avrà accolto la notizia con una punta di soddisfazione inaspettata - ha ricevuto il Premio Signis dell’Associazione cattolica mondiale per la comunicazione, con una motivazione pienamente cristiana, come conferma il presidente della Giuria, il messicano Luis García Orso:

    “Hemos encontrado grandes valores humanos y cristianos en este film…
    Abbiamo trovato grandi valori umani e cristiani in questo film, ‘Philomena’ di Stephen Frear, della Gran Bretagna. Si tratta soprattutto di una donna che va oltre tutte le difficoltà, oltre tutti gli ostacoli per superarli con grande speranza ed una grande fede. Questa fede la porta ad incontrare il perdono e la riconciliazione. Lei offre sempre alla fine il perdono, perché la sua interiorità ed il suo cuore sono pieni di fede cristiana, come ci ha insegnato Gesù nel Vangelo”.

    Concorda sui valori cristiani del film anche il Premio "Padre Nazareno Taddei", in memoria del gesuita studioso di cinema, la cui Giuria, presieduta da Piera Detassis, sottolinea come esso sia capace “di esaltare la forza di un amore materno e filiale che supera tutti gli ostacoli e tutte le difficoltà, persino la morte, esaltando dei valori - amore e perdono - che sono universali”. Sempre al film di Frears è riconosciuta anche la capacità di promozione del dialogo e per questo riceve il "Premio per la Promozione del Dialogo Interreligioso" assegnato dalla Giuria Internazionale di Interfilm, i cui membri sono rappresentanti delle Chiese evangeliche.

    Il Premio “Civitas Vitae”, che cerca nei film la loro capacità di veicolare un’immagine al di fuori degli schemi di una persona longeva, non poteva che essere assegnato al bellissimo “Still Life” di Uberto Pasolini. La scrittrice e presidente di Giuria, Antonia Arslan, mette in luce le motivazioni di questa scelta:

    “Glielo abbiamo dato volentieri, perché è un film che affronta questo grande problema della vita, della morte e della memoria. Questa necessità di avere anche un certo decoro, un certo accompagnamento verso la morte. La storia di questi poveri che rimangono praticamente soli, sia nella vita che poi nella morte, è affrontata però – e questo tengo molto a dirlo – con uno spirito inglese: con un certo pizzico di ironia, senza quella acrimonia che spesso si ha in certi film anche italiani. C’è una denuncia, ma è una denuncia che penetra nel profondo, proprio perché arriva attraverso la dimensione del racconto, del raccontare una storia e di una certa ironia affettuosa”.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella 23.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù chiede a chi lo vuole seguire un taglio netto, radicale, dai legami familiari e anche dalla propria vita. Quindi, dice:

    «Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Le folle stanno a cuore al Signore: ne prova compassione, fa miracoli, le riempie di doni, ma non vuole che, ingannate, vadano dietro a ciò che non è vero. A coloro che lo seguono, forse a cuore leggero, dice una parola molto dura, ma fondamentale per ogni discepolo. L’originale greco dice letteralmente: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”; dove l’“odiare” non ha nulla a che fare con la vendetta: sta piuttosto ad indicare, nella più genuina tradizione biblica, il taglio netto, radicale; un “o” “o”: non si può servire una cosa e l’altra. La nuova traduzione della CEI alleggerisce il peso della parola e fa dire al Signore: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli…”. L’evangelista Luca, diversamente da Matteo, scrive per un contesto pagano, dove l’autorità del padre e i rapporti familiari erano decisivi all’interno della famiglia e spesso ostacolo alla sequela del Signore. La parola: Chi non “odia” questo rapporto, non può diventare discepolo del Signore, era fondamentale e rimane essenziale per ogni autentica sequela di Cristo e va annunciato così com’è. Anzi, a questa vanno aggiunte altre due parole scandalose del Signore: “Colui che non porta la propria croce dietro a me non può essere mio discepolo”, e ancora: “Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”. Lasciamo che questa parola ci scuota, ci sconvolga e ci porti ad avere un incontro radicale con il Signore. Ne vale la pena!

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Veglia con il Papa, ancora adesioni di massa dal mondo

    ◊   Senza distinzioni religiose o di confini, continuano ad arrivare da ogni parte del globo le adesioni all’appello di Papa Francesco al digiuno e alla preghiera per la pace in Siria e nel mondo. Molte, naturalmente, le voci dal Medio Oriente: i vescovi maroniti del Libano, dopo l’incontro mensile presieduto dal card. Boutros Bechara Rai, invitano nuovamente a cercare “il dono della pace di Dio” e ad impegnarsi a “diffonderlo” nel mondo. E nella stessa Siria, a Damasco, è in corso una celebrazione nella moschea degli Omayyadi, alla presenza anche di esponenti di altre fedi: a presiederla è il Gran Muftì del Paese, che già nei giorni scorsi aveva scritto al Pontefice e che ha invitato al digiuno i fedeli musulmani “anche in solidarietà con i fatti di Maalula”, il villaggio cristiano già oggetto di un grave attacco. Molte le iniziative anche in Europa: in Spagna tutti i sacerdoti sono stati invitati a includere le intenzioni del Papa nella preghiera dei fedeli di oggi e, nella capitale Madrid, il cardinale Antonio Maria Rouco Varela celebrerà domani sera una Messa nella cattedrale della Almudena. In Italia, i bambini e i ragazzi dell’Azione cattolica – accompagnati dai loro educatori – sono già giunti a Roma per rispondere all’invito del Santo Padre, mentre la Chiesa di Assisi, Nocera Umbra e Gualdo Tadino ha rilanciato l’appello alla pace. “Confidiamo nell’aiuto di Dio, che è l’unico capace di toccare i cuori”, si legge in una nota della diocesi, che oggi si riunirà attorno al suo vescovo, mons. Domenico Sorrentino, nella basilica di Santa Maria degli Angeli. Oltreoceano, la Conferenza episcopale di Cuba ha invitato tutti i fedeli ad unirsi alla preghiera del Papa, mentre la Chiesa argentina ha organizzato iniziative in tutto il Paese: le principali si terranno a Buenos Aires nella cattedrale metropolitana e “di fronte - precisa l’arcidiocesi - all’ulivo segno della pace nel mondo, che l’allora arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Bergoglio, piantò in Plaza de Mayo assieme ai rappresentanti di tutte le religioni e le confessioni cristiane”. (D.M.)

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    Siria: il patricarca Gregorio III Laham ai leader del G20: "Siate costruttori di pace"

    ◊   Il patriarca melkita Gregorio III Laham, ha rivolto un accorato appello per la Siria ai leader del mondo: “Il nostro è un grido alla coscienza dei leader del G20 riuniti in Russia” recita il messaggio, inviato all’Agenzia Fides, in cui Gregorio III chiede di fermare i gruppi armati, di invitare governo e opposizione a Ginevra e di non “colpire militarmente la Siria”. Il patriarca avanza la sua richiesta “in nome della fede cristiana” e si appella ai leader: “Non siate portatori di guerra, ma costruttori di pace!”. “Dove ci porterà l’odio?”, si chiede poi Gregorio III, ricordando il recente attacco a Maaloula e quelli che avvengono in molti altri luoghi della Siria. Il messaggio ribadisce poi l’urgenza di “una pace giusta in Siria, basata sulla riconciliazione” e ricorda che questa sera, 7 settembre, il patriarca presiederà una veglia di preghiera per la pace nella cattedrale greco-cattolica dell’Assunzione a Damasco. (D.M.)

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    Libano: carenza di fondi, a rischio gli aiuti internazionali ai rifugiati siriani

    ◊   A rischio gli aiuti alimentari ai campi profughi in Libano. Secondo l'Acnur, l'agenzia Onu per i rifugiati, i fondi per il 2013 sono insufficienti a coprire tutto il bilancio. Per questo, almeno 200 mila profughi vedranno ridotta l'assistenza. Fra questi, vi sono anche molti siriani fuggiti in Libano a causa della guerra fra l’esercito fedele a Bashar al-Assad e i ribelli. Dal prossimo ottobre, l'Acnur offrirà una "assistenza mirata": il 70% dei profughi riceverà aiuti alimentari, mentre quelli più vulnerabili riceveranno anche aiuti medici e scolastici. "A causa della carenza di fondi - ha affermato la portavoce Roberta Russo - siamo costretti a tagliare alcuni dei nostri finanziamenti diretti". "Se non vi sarà un aumento dei finanziamenti - ha continuato - presto non potremmo più aiutare le famiglie bisognose di cui ci siamo occupati finora, per non parlare delle nuove ondate di profughi che potrebbero arrivare se la lotta si intensifica." E la situazione è resa più difficile dalla possibilità di un attacco militare conto Damasco: fonti dell’agenzia AsiaNews affermano che il ventilato attacco militare contro la Siria, ha subito generato un aumento del flusso dei profughi in Libano. In pochi giorni, esso è salito da alcune migliaia al giorno a oltre 12 mila al giorno. (D.M.)

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    Nigeria: offensiva dell'esercito contro Boko Haram, 50 morti

    ◊   Continuano nella Nigeria settentrionale le operazioni delle forze di sicurezza locali contro i miliziani fondamentalisti di Boko Haram: 50 combattenti del movimento fondamentalista sono morti in uno scontro a fuoco iniziato dopo che l’esercito, appoggiato dalle forze aeree, aveva localizzato l’accampamento dei militanti, ritenuti responsabili degli attacchi dei giorni scorsi in alcune località vicino a Maiduguri, costati la vita a circa 20 persone. Da maggio scorso, il governo nigeriano ha dichiarato lo stato di emergenza e iniziato una vasta offensiva militare in tre aree del nordest del Paese: in una di queste, lo stato di Borno, la presenza delle forze di sicurezza è stata rafforzata ulteriormente nell’ultimo mese, con l’invio di un’ulteriore divisione dell’esercito. (D.M.)

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    Sette talebani afghani scarcerati dal Pakistan per favorire la pacificazione

    ◊   Sette militanti talebani di nazionalità afghana sono stati scarcerati dalle autorità pakistane per favorire la riconciliazione nel Paese confinante. Lo ha reso noto il Ministero degli esteri di Islamabad. Allo steso scopo, lo scorso anno il governo aveva scarcerato altri 26 militanti, ma di rango inferiore rispetto ai sette liberati nelle ultime ore. La decisione è arrivata a meno di quindici giorni dalla visita in Pakistan del presidente afghano, Hamid Karzai, volta a discutere il futuro della pacificazione dopo il ritiro delle truppe internazionali e il coinvolgimento delle autorità pakistane nei negoziati con i ribelli islamici. (D.M.)

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    Somalia: bombe contro un ristorante a Mogadiscio, almeno 15 morti

    ◊   Almeno 15 persone sono morte nell’esplosione di due bombe presso un ristorante a Mogadiscio, capitale della Somalia. Circa venti persone sono rimaste, inoltre, ferite durante l’attacco al locale, che è frequentato da numerosi funzionari dei vicini uffici governativi. Secondo quanto reso noto, l’attacco ha coinvolto un’autobomba e un attentatore suicida. I sospetti delle autorità si concentrano sul gruppo fondamentalista islamico al-Shabaab, che già aveva attaccato il ristorante, “The Village”, nello scorso novembre, provocando la morte di una guardia di sicurezza. (D.M.)

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    Fukushima: cresce preoccupazione, Corea estende il bando su importazioni dall'area

    ◊   Nonostante l’annuncio di investimenti per un valore pari a 350 milioni di euro, per risolvere la crisi nella centrale nucleare di Fukushima, e le informazioni rassicuranti rispetto alla radioattività nell’acqua di raffreddamento all’interno della centrale, cresce la preoccupazione nei partner economici del Giappone e tra i Paesi vicini per la possibile contaminazione dei prodotti importati. Secondo la Misna, oggi la Corea del Sud ha deciso di estendere il blocco all’importazione di prodotti ittici e ha accusato Tokyo di non fornire informazioni sufficienti sulla crisi in corso. La decisione è dovuta anche al crollo del consumo di pesce importato sul mercato sudcoreano nelle ultime settimane, quando è apparsa con maggiore chiarezza l’estensione della contaminazione dovuta alla fuoriuscita di acqua contaminata da alcuni serbatoi della centrale. Il nuovo bando estende e aggrava quello imposto in precedenza su decine di prodotti provenienti dalla regione di Fukushima, tra la più produttive del Paese prima del terremoto e dello tsunami che misero in ginocchio la centrale l’11 marzo 2011. Immediata la reazione di Tokyo che, attraverso il segretario di gabinetto, Yoshihide Suga, ha chiesto al governo sudcoreano di fornire “prove scientifiche” dei rischi. “Stiamo applicando un sistema di stretto controllo dei prodotti – ha detto Suga – basato su standard internazionali”. (D.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 250

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.