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Sommario del 05/08/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



I ministranti tedeschi dal Papa: liberi di fare il bene

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Cinquantamila ministranti di lingua tedesca incontreranno, oggi alle 18, Papa Francesco in Piazza San Pietro, in occasione del loro pellegrinaggio a Roma. L’iniziativa ha come motto “Liberi! Perché è lecito fare del bene” ed è stata presentata ieri con una conferenza stampa nella sala Marconi della Radio Vaticana. Il servizio di Davide Maggiore: 

Hanno tra i 13 e i 27 anni, arrivano dalla Germania ma anche dall’Austria e dalla Svizzera, li accomunano la fede in Cristo, l’entusiasmo della gioventù e l’attesa per l’incontro con il Santo Padre. Un sentimento così riassunto da mons. Karl Heinz Wiesemann, presidente della Commissione per i giovani della Conferenza episcopale tedesca, che accompagna il pellegrinaggio:

“C’è grande attesa per il Papa. Qualcuno ha già vissuto l’esperienza di vederlo a Rio de Janeiro, l’anno scorso, ma tanti lo vedono per la prima volta e sentono la comunità universale della Chiesa e della fede”.

E proprio “comunità” è il termine che più ricorre nelle parole dei ragazzi arrivati a Roma, in rappresentanza degli oltre 430 mila bambini, adolescenti e giovani impegnati – nella sola Germania – nel servizio all’altare:

(Parole in tedesco)
“Sono ministrante da quando ho ricevuto l’Eucaristia”, racconta Eva, 13 anni. Per lei svolgere questo servizio è far parte di una comunità immensa, quella della Chiesa, che si aspetta di conoscere ancora meglio dopo questo incontro.

(Parole in tedesco)
“Essere parte della Chiesa e sostenerla” è invece il significato che Jacob, 13 anni, dà all’essere ministrante. Un sostegno che, dice a sua volta mons. Wiesemann, si esprime anche nell’apertura continua della comunità ai nuovi arrivati: i più grandi sono invitati a preoccuparsi dei più piccoli, in modo che, continua il presule, possano “crescere nella responsabilità l’uno per l’altro”. Altro elemento cardine è quello espresso dal motto del pellegrinaggio, “Liberi! Perché è lecito fare del bene”, tratto dal dodicesimo capitolo del Vangelo secondo Matteo. Mons. Wiesemann spiega la ragione di questa scelta:

“Liberi in Cristo, per fare il bene. Loro, cioè, vivono in un mondo libero, ma spesso senza il senso di cosa fare con la libertà. Allora, noi proponiamo il cammino di Cristo, il Vangelo: tu sei libero in Cristo per fare del bene, per la sequela di Cristo”.

Questa sequela, continua il presule, si esprime soprattutto nella pratica della virtù della misericordia, di cui è esempio Gesù che, nel tempio di Gerusalemme, guarisce di sabato la mano paralizzata di un malato:

 “La misericordia è il nucleo del Vangelo di Cristo. Essere misericordioso è comprendere la logica del Vangelo. Non pensare solo a se stessi, ma guardare al prossimo, soprattutto quello bisognoso”.

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Papa, tweet: accumulare ricchezze come tesoro ruba l'anima

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Papa Francesco ha lanciato oggi un tweet dal suo account @Pontifex. Questo il testo: “Se accumuli le ricchezze come un tesoro, esse ti rubano l’anima”.

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5 agosto, "Miracolo della neve" a S. Maria Maggiore

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Una “neve” di fiori per ricordare il prodigio da cui scaturì l’edificazione del più antico santuario mariano d'Occidente. È quanto avviene oggi a Santa Maria Maggiore, dove stamattina il cardinale Santos Abril y Castelló ha celebrato una Messa per ricordare la Dedicazione della Basilica. Nel pomeriggio, in programma anche la solenne celebrazione dei Vespri. Il servizio di Alessandro De Carolis

Sullo sfondo di un’estate che l’ha fin qui vista bagnata da innumerevoli piogge, Roma vive un altro eccezionale evento “meteo” fuori stagione, concentrato su uno dei luoghi che meglio racconta il cuore sacro della città.

È “il miracolo della neve”, che ogni 5 agosto attira una folla di fedeli, turisti, curiosi, che rivivono in maniera simbolica la straordinaria scena che, secondo la tradizione, lasciò di stucco Papa Liberio il 5 agosto del 358 e con lui un patrizio romano di nome Giovanni. La notte precedente, avevano sognato la Vergine che chiedeva a entrambi di costruirle una chiesa sul luogo dove l’indomani avessero trovato neve fresca. Teatro del prodigio fu il colle Esquilino dove qualche decennio dopo sorgerà quella che a oggi è la più antica basilica della cristianità, Santa Maria Maggiore, le cui fattezze odierne risalgono al tempio voluto da Sisto III nel 431.

Ed è qui che, simulando l’antico miracolo, la Basilica si copre di petali di fiori, caduti sulle persone presenti alla Messa e ai Vespri. Anche in questa circostanza, il pensiero corre a Papa Francesco, che in Santa Maria Maggiore ha posto in certo modo la “prima pietra” del suo ministero, inginocchiandosi subito dopo l’elezione e ogni volta possibile davanti all’icona della Salus Populi Romani.

Dopo le liturgie solenni in Basilica, il “miracolo” tornerà anche all’esterno, sulla facciata di Santa Maria Maggiore, con lo spettacolo di luci multicolori ideato dall'architetto Cesare Esposito e con le macchine spara-neve che imbiancheranno la piazza come nell’agosto di 1650 anni fa. La neve, afferma l’architetto, “scenderà come messaggio di pace e di speranza”, la stessa che Papa Francesco – al quale la scenografia è dedicata – ha portato “all’umanità” commuovendo “il mondo” con la sua difesa degli “umili”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, un editoriale del direttore, sul cinquantesimo anniversario dell'Ecclesiam suam, dal titolo "Più di un'enciclica".

Il cardinale Loris Capovilla sull'amicizia tra Roncalli e Montini che il 6 agosto 1978 moriva a Castel Gandolfo.

Israele si ritira da Gaza.

Il premier sciita iracheno in aiuto dei curdi.

Uno sceneggiatore chiamato Shakespeare: Emilio Ranzato sul Bardo e il grande schermo da Akira Kurosawa a Baz Luhrmann, e Giuseppe Fiorentino sulla drammaturgia del poeta di Stratford-upon-Avon e il palcoscenico.

Sul monte testimoni del Signore: Manuel Nin sulla Trasfigurazione nella tradizione bizantina.

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Oggi in Primo Piano



Gaza: regge la tregua. Padre Pizzaballa: ora ricostruire i rapporti

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Da tregua umanitaria di 72 ore a cessate-il-fuoco permanente: è questo che il mondo spera oggi per il conflitto in Medio Oriente che prosegue da un mese. Per ora, lo stop scattato questa mattina alle 8, ora locale, sembra reggere su entrambi i fronti e anche le dichiarazioni politiche sono incoraggianti. L’Egitto conferma che al Cairo si punta a tre giorni di colloqui per una soluzione duratura. Il servizio di Gabriella Ceraso

Israele ha annunciato il totale ritiro dalla Striscia Gaza. Le forze di terra, come previsto dalla tregua in corso, hanno completato la distruzione dei tunnel scavati dalla guerriglia palestinese e si sono ridispiegate oltre confine su posizioni difensive. In un mese, stando a Tel Aviv, sono stati uccisi 900 "operativi" di Hamas, jihad e fazioni terroristiche e colpiti 4.800 obiettivi, con oltre 1.860 morti, tra cui circa 400 bambini, secondo l’Unicef. Oggi l’alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Navi Pillay, ha nuovamente chiesto a Israele che si assuma la responsabilità per "le crescenti prove di crimini di guerra a Gaza”. Ma ora le speranze sono sui colloqui previsti al Cairo e sulla proposta egiziana cui sembra non ci siano alternative. Un’opportunità reale, dicono gli Stati Uniti, che stanziano altri 225 milioni di dollari per il sistema antimissile d'Israele e incitano Hamas ad un impegno serio e intanto.

Abbiamo chiesto al custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, con quali speranze la comunità vive queste ore di tregua:

R. – Noi abbiamo l’impressione che ormai il peggio – mi riferisco alla violenza – sia passato e che si vada verso una tregua, non dico permanente, ma stabile per molto tempo. La situazione rimane molto tesa, perché questa violenza non è soltanto fisica, ma ha influito molto anche nelle relazioni tra israeliani e palestinesi. Ci auguriamo che, passata questa ondata terribile, si possa poco alla volta ricominciare a ritessere nuovamente le fila di queste relazioni, cosa che comunque resta necessaria e imprescindibile per entrambi.

D. – Una smilitarizzazione della Striscia di Gaza da una parte e dall’altra e la serenità per un popolo che non vuole più tunnel e aggressioni: è questa la realtà geopolitica cui andiamo incontro? Qual è la sua sensazione?

R. – La mia sensazione è che non ci saranno grossi cambiamenti. Non credo che la Striscia di Gaza sarà improvvisamente smilitarizzata. Penso che questa situazione resterà ambigua come lo è ora, per ancora molto tempo. 

D. – L’impatto catastrofico, a livello di vite umane e di feriti, dall’una e dall’altra parte – certo con un’ampia sproporzione – rimarrà una ferita. Come si può superare e andare avanti?

R. – Innanzitutto, bisogna pregare. Poi, altra cosa, dobbiamo lavorare nella società. Proprio la Lettura di oggi, del Profeta Geremia, parla di una ferita inguaribile, che però il Signore ha sanato. Ecco, noi dobbiamo partire da lì. Anche le cose che sembrano impossibili, sono possibili se le vogliamo fare.

D. – Tutti noi ricordiamo il suo cammino a Gerusalemme a fianco del Papa durante la visita del maggio scorso. Che cosa ha insegnato alla vostra terra e al mondo, in questa occasione, quella presenza?

R. – lI ricordo di quella visita è ancora molto fresco, perché sono passati solo pochi mesi e ci dice che è possibile dire la verità, nel rispetto l’uno dell’altro. E' possibile parlarsi, senza negarsi, è possibile, anche come religiosi, continuare a dialogare l’uno con l’altro, basta volerlo fare. Ci ha dimostrato che, se si vuole, è possibile.

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Domani preghiera di pace per l'Iraq. Mons. Sako: il Paese brucia

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Macabro ritrovamento nel nord dell’Iraq. I corpi di 40 bambini appartenenti alla minoranza yazidi sono stati rinvenuti nella regione di Sinjar, teatro di violenze da parte dei jihadisti. Il Paese vive una fase tormentata e per questo domani, nella Festa della Trasfigurazione, si celebrerà la Giornata di preghiera per la pace in Iraq, promossa da "Aiuto alla Chiesa che Soffre" assieme al Patriarca di Babilonia dei Caldei, mons. Louis Raphael I Sako. Benedetta Capelli lo ha intervistato: 

R. - Noi contiamo veramente molto sulla preghiera, sulla solidarietà, sulla fraternità perché la situazione è molto grave. Ieri a Sinjar hanno ucciso 70 yazidi. L’Isis ha preso le donne, i cristiani sono scappati, grazie a Dio, verso le montagne. Sempre ieri, nel pomeriggio è stato bombardato il villaggio di Tul Kef, a 20 km a nord di Mosul, mentre un gruppo di giovani assieme a un prete stava andando via. Hanno ucciso un cristiano. Quindi, c’è anarchia un po’ ovunque. Noi oggi siamo un bersaglio, perché siamo cristiani, ma ci sono anche altri bersagli.

D. - Domani che cosa accadrà? Quali sono le iniziative in programma che avete organizzato per questa Giornata?

R. - Noi cominceremo stasera. Cristiani e musulmani si raduneranno nella chiesa di San Giorgio per pregare insieme per la pace e soprattutto per i cristiani che hanno lasciato la città di Mosul, ma ora anche la Piana di Ninive è minacciata. È un gesto di solidarietà comune.

D. - Questa giornata cade nella festività della Trasfigurazione: che significato ha?

R. - La data è simbolica perché Gesù aveva già parlato della sua sofferenza e della sua morte. Dunque, ha dato una grande speranza ai discepoli, e tutti noi preghiamo e speriamo per una soluzione pacifica.

D. - Mons. Sako, lei per l’occasione ha scritto una preghiera: cosa chiedere al Signore attraverso questa preghiera?

R. - Ho pensato ai Salmi, quando il popolo era in difficoltà, in crisi… Anche noi qui abbiamo tante difficoltà a tenere e incoraggiare la gente, il dolore è molto profondo. Non c’è una prospettiva per il futuro. Tutto sta bruciando in Medio Oriente, in Libano, in Palestina. Dove andiamo allora? Diciamo al Signore: “Signore, basta! Basta, siamo stanchi… aiutaci!”. La gente ha paura: una persona viene rapita, una famiglia viene minacciata… Anche qui, a Baghdad, ci sono situazioni di questo tipo. Cerco di fare il possibile per liberare le persone rapite e aiutare le famiglie minacciate. Dunque, penso di essere per loro, insieme ad altre persone, come un padre, un sostegno.

D. - Che appello si può lanciare proprio in occasione di questa Giornata di preghiera e di riflessione per la pace?

R. - A dire la verità, questa mattina ho indirizzato una lettera al Santo Padre, ai patriarchi del Medio Oriente per mobilitare l’opinione internazionale a fare pressione sui capi di Stato perché diano aiuto e facciano pressione sui Paesi che finanziano questi gruppi terroristici o estremisti. Chiedo inoltre una pressione sulle autorità musulmane che condannino gli attacchi contro i cristiani o contro qualsiasi persona che non è musulmana. Siamo una famiglia a livello umano.

D. - Papa Francesco negli ultimi tempi vi è stato vicino, ha lanciato più volte degli appelli, degli inviti perché si lavori proprio per una pacificazione dell’Iraq. Avete sentito questa sua vicinanza?

R. - Sì, lo so. Mi ha telefonato e incoraggiato a non arrenderci, a tener salda la fede, la speranza e anche il morale.

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Libano in allarme per l'avanzata dei gruppi jihadisti

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Il Libano teme l’esplosine della violenza. Da sabato gruppi di jihadisti hanno sconfinato dalla Sira e combattono contro l’esercito regolare. A Damasco, si scontrano con gli oppositori del regime Assad e le truppe regolari e la loro presenza impedisce la stabilizzazione della Libia. Massimiliano Menichetti

E’ una guerra sottotraccia quella dei jihadisti dello Stato Islamico, quasi non raccontata dalla stampa internazionale impegnata a dar conto di quanto accade tra israeliani e palestinesi. Ibrahim Abu Bakr al-Baghdadi dall’Iraq, nei giorni scorsi, ha annunciato di voler ripristinare il Califfato vigente al tempo degli Omàyyadi, ovvero un’area estesa dal Pakistan alla Spagna. I miliziani fondamentalisti sunniti lottano senza quartiere perseguitando minoranze in Iraq e Siria: hanno sconfinato nel vicino Libano, hanno parte nella destabilizzazione della Libia e Somalia. Sono una galassia indistinta, ottengono consensi dai gruppi autonomi, dai terroristi organizzati e improvvisati. Ai nostri microfoni,  Matteo Pizzigallo, ordinario di Relazioni internazionali all’Università Federico II di Napoli: 

R. – Separerei innanzitutto i riferimenti storici oggettivi dalle aspirazioni e dalle pulsioni di questi gruppi, perché l’idea del Califfato ha una grandissima presa sul piano propagandistico. Va ricordato, appunto, che storicamente il Califfato fu abolito da Kemal Ataturk, nel 1924. Ciò detto va sottolineato che bisogna guardare l'insieme di ciò che sta accedendo e non le singole crisi: tutto il Mediterraneo orientale, in Mediterraneo allargato, ribolle in maniera drammatica, fino all’Iraq.

D. – C’è il rischio, a breve termine, che si possa instaurare il Califfato di al-Baghdadi?

R. – Ci dovrebbero essere una serie di vittorie militari sul campo... Non mi pare che ora ci sia la possibilità di imporlo con la forza delle armi in un territorio così vasto.

D. – La questione siriana è tutt’altro che risolta e anzi ci sono gli sconfinamenti in Libano, un Paese chiave per quest’area…

R. – In Libano tutto si regge con un equilibrio fragilissimo, che tiene insieme sunniti, sciiti e cristiano maroniti. Non bisogna dimenticare poi che in Libano ci sono gli Hezbollah, che sono una componente ben armata e ben attrezzata e sono coloro che l’anno scorso diedero una mano determinante alle truppe regolari di Assad contro i ribelli. Quindi, ci sono una serie di vasi comunicanti: il rischio è che un piccolo incidente dia fuoco alle polveri. Mi auguro che la diplomazia internazionale possa svolgere un ruolo di pacificazione. Non si risolve nulla, se prima non tacciono le armi. E in Libano noi italiani dobbiamo essere molto, molto attenti, perché nella zona di interposizione tra il Libano meridionale ed Israele – che in questo momento ha in atto questa offensiva contro Gaza – sono schierati in militari italiani dell’operazione "Unifil 2" come forza di interposizione.

D. – La forza di interposizione tra Israele e Hezbollah…

R. – Si, perché c’era il pericolo nel 2006 che anche gli Hezbollah tirassero missili contro Israele. Fu creata una posizione, a guida italiana, che doveva evitare la minaccia di Hezbollah per Israele dal lato della frontiera del nord. Da allora, grazie alla presenza del contingente di pace italiano - realmente di pace – che si è conquistato la fiducia di tutti, non ci sono stati problemi da quel lato. Però, è un equilibrio molto, molto precario!

D. – La comunità internazionale sembra, in questo momento, immobile di fronte all’avanzata dei gruppi jihadisti…

R. – La comunità internazionale deve – se consideriamo il suo "soft power" – convincere le parti a muoversi e a dialogare.

D. – Anche se nello sforzo di mediazione, in questo momento, non c’è alcun interlocutore da parte jihadista…

R. – E né ci può essere. E’ la rivoluzione diffusa in tutto il territorio: ciascuno si appropria del marchio del terrore, che può essere al-Qaeda, che può essere un movimento radicale islamico, e ciascuno opera in questo.

D. – Quindi, chi è l’interlocutore con cui bisogna costruire e intessere la pace?

R. – Territorio per territorio. Gli interlocutori devono essere anzitutto la comunità internazionale – intesa come Nazioni Unite, Unione Europea – e i Paesi dell’area regionale, gli attori statuali e quindi i governi di Iran, Turchia, Qatar, Arabia Saudita, che hanno rapporti diretti con alcuni delle parti in conflitto e devono muoversi per una conferenza internazionale regionalizzata senza esclusioni, coinvolgendo i settori più rappresentativi delle opposizioni, Paese per Paese.

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In Africa ebola fa paura: oltre 1600 casi e quasi 900 morti

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Continua a creare allarme nel mondo l’epidemia di ebola in corso nell’Africa occidentale. Secondo la Cnn, il medico e la missionaria statunitense che hanno contratto il virus in Liberia sarebbero stati trattati con un siero segreto, per ora sperimentato solo sulle scimmie, e le loro condizioni starebbero migliorando. Intanto, nel summit convocato a Washington sull’argomento si è deciso che la Banca mondiale stanzierà 200 milioni di dollari per aiutare i Paesi più colpiti. La comunità internazionale finalmente si sta muovendo e i media hanno acceso i riflettori su ebola, come rileva Moira Monicelli, coordinatrice regionale dell’Africa occidentale per Caritas Italiana, raggiunta al telefono da Federico Piana: 

R. – Sicuramente è una notizia molto importante, che testimonia la gravità e l’importanza di questa situazione e dell’escalation della gravità di questa situazione. Già nel marzo del 2014 era scattato l’allarme nei Paesi dell’Africa Occidentale. Oggi, tutti i media, tutti i mezzi di comunicazione italiani, europei e mondiali ne parlano.

D. – Cosa sta capitando in Africa occidentale? So che ci sono tanti morti…

R. – L’ultimo dato è proprio di ieri, dà 1.603 casi tra probabili, confermati da test di laboratorio e sospetti e 887 decessi: sono numeri unici per il virus ebola. È il virus più grave nella storia dal punto di vista di ebola per numero di casi e per estensione territoriale.

D. – Quali sono i Paesi più colpiti?

R. – Sono Guinea, che è il Paese che è stato primo focolaio del virus, Sierra Leone e Liberia. È notizia degli ultimi giorni nuovi casi sospetti in Nigeria e alto l’allarme e l’attenzione anche in Ghana, in Togo e in tutti i Paesi limitrofi e confinanti dell’Africa occidentale.

D. – Come mai questa recrudescenza di questo virus?

R. – Sicuramente, all’inizio potrebbero essere stati sottovalutati o non compresi i primi casi. Bisogna anche dire che questa epidemia è scoppiata in alcuni dei Paesi più poveri del mondo, Paesi dove l’analfabetismo è molto elevato, dove già il tasso di mortalità è molto elevato e le condizioni di salute – sia dei bambini, sia degli adulti – sono spesso condizioni di fragilità e di malnutrizione.

D. – Veniamo all’appello della Caritas Italiana, perché è un appello molto importante che noi dovremmo seguire…

R. – L’appello di Caritas Italiana è che è necessario agire subito! Noi siamo in contatto e in collaborazione con le Caritas locali, che sono operative sul terreno fin dall’inizio dell’emergenza. Facciamo un appello per aiutare queste popolazioni in difficoltà soprattutto su due punti: la sensibilizzazione delle popolazioni per dare loro, attraverso animatori locali, le raccomandazioni igienico-sanitarie, mentre il secondo punto si focalizza sulla distribuzione di sapone e di cloro nelle famiglie e nei luoghi pubblici. Questi sono i due punti fondamentali. Bisogna agire nelle comunità per poter sconfiggere o fermare, quantomeno, la catena di contagio di questo virus.

D. – Mi pare di capire che in alcuni casi se non c’è la Caritas, non c’è nessuno che aiuta…

R. – Sono molte le organizzazioni e anche i volontari che vogliono lavorare e che vogliono offrire il loro servizio. Bisogna agire e andare sin nei villaggi più remoti. E in questo la Caritas è favorita, perché conosce già il territorio ed è estesa in modo capillare.

D. – Ci racconta come si può fare per sostenere Caritas Italiana?

R. – Attraverso Caritas Italiana si possono fare donazioni per gli appelli di emergenza lanciati dalla Rete Caritas. All’appello Caritas si può rispondere sia attraverso conto corrente postale, sia con donazioni on line o con bonifico bancario con causale: “Africa Epidemia ebola”.

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Gioco d’azzardo e adolescenti, iniziativa per tutelarli

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“L’azzardo non è un gioco”, titola la campagna lanciata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza per contrastare l’uso e il consumo tra ragazzi e bambini di slot e videopoker, gratta e vinci, scommesse sportive e alla roulette, on line, nelle sale da gioco, in bar e ritrovi pubblici. Una ricerca commissionata all’Istituto Swg fa il punto un’abitudine allarmante. Roberta Gisotti ha intervistato Stefania Pizzolla, funzionaria dell’Autorità dedicata a tutelare i diritti dei minori: 

Una ricerca su mille ragazzini, tra i 14 e i 15 anni, che offre uno spaccato che deve preoccupare istituzioni e famiglie. Uno su due degli intervistati dichiara infatti di avere giocato almeno una volta, l’8% almeno una volta al mese. Giocano per avere più soldi da spendere e sentirsi più grandi. Del resto, la pubblicità del gioco d’azzardo è ovunque e 3 ragazzi su 4 hanno un luogo di gioco “a portata di mano”, quasi il 70%, vicino casa o scuola, l'11% al centro sportivo, il 7% all’oratorio.

Stefania Pizzolla, una ricerca che fotografa una realtà sotto gli occhi di tutti ma che tutti forse evitiamo di mettere a fuoco, è così?

R. – Assolutamente sì, è un problema chiave del quale sono consapevoli prima di tutto i ragazzi che, infatti, nel 41% dei casi lo avvicinano ad altri tipi di dipendenze, come le droghe o l’alcool. E’ un problema col quale dobbiamo fare i conti, che deve essere affrontato in maniera estremamente seria, sotto una molteplicità di punti di vista.

D. – Dalla ricerca emerge che massima parte dei ragazzi hanno conosciuto i giochi attraverso la pubblicità in televisione...

R. – Sì, la cosa però che poi accentua la gravità è che i luoghi in cui possono giocare, oltre a Internet, sono moltissimi. Hanno un accesso abbastanza semplice – nonostante il gioco d’azzardo, come sappiamo, sia vietato ai minori di 18 anni – a posti sia vicino casa che vicino scuola e molto spesso è uno strumento di aggregazione.

D. – Sull’argomento è intervenuta di recente anche la Commissione europea?

R. – E’ intervenuta con una raccomandazione del 14 luglio rivolta a tutti gli Stati membri, che dava indicazioni specifiche per prevenire l’accesso dei minorenni al gioco d’azzardo. Ci sono alcuni elementi chiave, che risultano particolarmente interessanti. Prima di tutto, la Commissione accentua non tanto di rendere noto il fatto che sia vietato, ma soprattutto di rendere più difficile l’accesso ai servizi di gioco d’azzardo sia online che fisici. E per quanto riguarda la pubblicità dei giochi d’azzardo, la Commissione raccomanda che la pubblicità non metta in evidenza cose che possano essere di "appeal" per i giovani, come per esempio che il gioco d’azzardo possa segnare il passaggio tra l’età dell’adolescenza e l’età adulta, oppure di considerare il gioco d’azzardo come un elemento naturale delle varie attività ricreative. Di questo i ragazzi sono in realtà molto consapevoli, ma la Commissione sollecita i governi soprattutto ad intervenire in maniera chiara.

D. – In Italia, in particolare, abbiamo assistito al dilagare delle sale da gioco. Ci sono state anche molte proteste, prese di posizione. A che punto siamo?

R. – La normativa è estremamente chiara. Gli stessi ragazzi ci dicono che una delle difficoltà che incontrano nell’accesso è proprio quella dei gestori, che gli impediscono di entrare nelle sale gioco. Il problema è che molto spesso ci sono degli strumenti che sembrano più semplici, più innocui – parlo dei “gratta e vinci”, per esempio – che hanno caratteristiche molto più soft e sembrano quasi un gioco normale, come la cartella della tombola, ma che poi col tempo possono portare a una dipendenza vera e propria o alla facilità nel sognare di diventare ricchi.

D. – La prima difesa, quindi, deve essere della famiglia?

R. – Così, infatti, è, come ci raccontano i ragazzi in questo sondaggio. Ovviamente, però, il governo, e anche le amministrazioni locali possono fare molto per ridurre l’accesso o il rischio di accesso dei ragazzi ai luoghi di gioco.

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Roma festeggia il bimillenario di Augusto. Da settembre nuovi percorsi

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Percorsi archeologici, mostre e convegni. E’ molto ricco il programma per le celebrazioni del bimillenario della morte dell’imperatore Augusto, che partiranno a settembre, presentato questa mattina in conferenza stampa a Roma. Per l’occasione, saranno riaperte al pubblico aree restaurate sia del foro Romano che del Palatino. Ascoltiamo Maria Rosaria Barbera, soprintendente per i Beni archeologici di Roma, al microfono di Marina Tomarro: 

R. - Noi abbiamo privilegiato delle iniziative durature e di natura, direi, strutturale. Quindi, accanto a una mostra abbiamo avviato - e realizzeremo entro settembre - soprattutto iniziative di restauro, di riapertura al pubblico, di ampliamento della fruizione. Ci siamo dedicati soprattutto a rafforzare e restaurare il nostro patrimonio, che nel caso delle iniziative di Augusto affonda le radici soprattutto sul Colle Palatino, il colle prima di Romolo e poi di Augusto. Quindi, siamo intervenuti riallestendo e rinnovando il Museo Palatino, ci siamo poi estesi alle vicine case di Augusto e di Livia sul Palatino, che sono il nucleo fondamentale di quello che poi diventerà il grande sistema delle residenze imperiali, riaprendone ampi settori - in parte mai visti prima - al pubblico. Anche qui, abbiamo voluto realizzare delle cose durature. Ci siamo poi estesi al Foro Romano, alla Basilica Giulia e qui abbiamo restaurato quello che resta della Basilica. Ci siamo estesi alle Terme di Diocleziano, dove abbiamo non soltanto riallestito una parte consistente di questo complesso, ma anche - per ritornare ad Augusto - allestito in forma stabile dei materiali e delle collezioni fondamentali dei riti religiosi dell’età augustea.

D. - Ma chi era Augusto?

R. - E’ un personaggio che, nel mantenere la forma della Repubblica, è anche quello che di fatto ha creato una struttura nuova. E’ colui che ha governato il tempo. E’ anche un grande conquistatore: non era un imperatore guerriero, ma un imperatore che ha molto combattuto e soprattutto ha fatto molta politica. Era un personaggio chiuso, freddo. Aveva pochissimi amori, tra questi Livia e la sua discendenza di sangue. Questo non impedì di mandare la sua unica figlia al confino. Quindi è un personaggio gigante, direi, della storia. Mi piace pensare che sia il plasmatore della prima idea dell’Europa. E’ in questo senso che noi ci riconosciamo ancora eredi e discendenti di Augusto.

D. - Moltissimi saranno i visitatori di questi eventi, naturalmente Qual è il messaggio di Augusto che ci arriva praticamente duemila anni dopo?

R. - Augusto è un imperatore che non ha smesso di esercitare il suo fascino nel Medio Evo, nel Rinascimento. Augusto è quello che ha costituito nell’immaginario collettivo l’“Imperatore romano”, quindi la sua eredità è nell’aver lasciato un segno indelebile. Non soltanto colui che - come dice Svetonio - “trovò una città di mattoni e la lasciò di marmo”, ma trovò una società che era una Repubblica assolutamente agonizzante, che veniva da guerre civili sanguinosissime, e ne fece una società che definirono l’età dell’oro: era la "Pax Augustea". La "Pax Augustea" ha regnato a Roma per quasi 40 anni. Quindi, è stato un imperatore che ha saggiamente dosato conservazione, innovazione: guerra e pace, vorrei dire.

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Focolari: 52 vescovi a Cadine per meditare sull’Eucarestia

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Fino a venerdì prossimo, 52 vescovi da tutti i continenti, amici del Movimento dei focolari, sono riuniti al Centro Mariapoli di Cadine per il convegno annuale itinerante, inaugurato nel 1977 per iniziativa del teologo Klaus Hemmerle, vescovo di Aquisgrana. Il tema sul quale si stanno confrontando è “L’Eucarestia, mistero di comunione”, partendo proprio dall’eredità spirituale di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari e nativa proprio di Trento. Paolo Giacosa ha intervistato Mons.Brendan Leahy, vescovo di Limerick, in Irlanda, per capire come si sta svolgendo questo incontro: 

R. – Siamo 52 vescovi e ci troviamo per il nostro incontro annuale di preghiera e riflessione. Quest’anno, abbiamo deciso di tornare a Trento, dove è nato il Movimento dei focolari, attorno alla fondatrice, Chiara Lubich. Quest’anno, in particolare, abbiamo voluto approfondire la spiritualità dell’unità, che nasce dal dono dell’Eucaristia, che fa nascere l’unità della Chiesa, trovandoci qui insieme, vivendo l’esperienza dell’unità fraterna fra noi vescovi e immergendoci nella luce della spiritualità vissuta insieme, per capire meglio come servire la Chiesa, come andare verso le periferie, come dice Papa Francesco. E’ un’esperienza molto bella e molto ricca, perché veniamo da tutti i continenti.

D. – Come viene declinato il tema “L’Eucarestia, mistero di comunione”?

R. – Un punto centrale della spiritualità dell’unità è l’Eucarestia, ed è ovvio, perché già Sant’Agostino aveva messo in rilievo come la Chiesa stessa nascesse dall’Eucarestia. Lo abbiamo scelto perché l’anno scorso abbiamo approfondito l’amore reciproco, quel comandamento nuovo che Gesù ha dato proprio agli Apostoli, la notte prima della sua morte, e proprio quella stessa notte ha istituito l’Eucarestia. C’è, quindi, una certa logica divina, se così possiamo dire. Noi, che vogliamo vivere la fraternità, l’unità, la reciprocità della Chiesa, dobbiamo andare alla radice, che è l’Eucarestia.

D. – Lei ha citato la spiritualità dell’unità: l’idea di comunione alla base del Convegno richiama fortemente il messaggio di Chiara Lubich?

R. – E’ stato il suo punto forte, che ha dato vita al Movimento. Ma come lei stessa ha detto: “Non è che avessi grandi idee di fondare un movimento”. Ha semplicemente cercato di vivere il Vangelo. Vivendo il Vangelo durante la Seconda Guerra Mondiale, hanno scoperto quella pagina del Vangelo di San Giovanni dove Gesù prega il Padre, chiedendo l’unità. Questa rimane per noi, successori degli Apostoli, una frase chiave per guidare la nostra missione, anche nella Chiesa.

D. – Secondo lei, il carisma del Movimento dei focolari continua a essere attuale per la società odierna?

R. – Come dice Papa Francesco: dobbiamo andare tutti fuori oggi. Una Chiesa in uscita verso tutti. Infatti, domani celebreremo il 50.mo della pubblicazione dell’enciclica "Ecclesiam Suam", che ha messo molto in rilievo il dialogo della Chiesa tra noi e con altri cristiani, con le grandi religioni. E noi sentiamo fortemente questo appello al dialogo, con la spiritualità dell’unità.

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Nella Chiesa e nel mondo



I vescovi inglesi: no alla persecuzione dei cristiani in Iraq

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Un appello a pregare per “la fine della violenta persecuzione che minaccia di estinguere l’antica comunità cristiana in Iraq”. A lanciarlo è mons. Declan Lang, vescovo di Clifton e presidente del dipartimento per gli Affari internazionali della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles. In una nota, il presule ricorda “i disastrosi avvenimenti” delle ultime settimane in Iraq: “I cristiani sono stati sistematicamente cacciati da Mosul e una comunità che contava 60 mila persone prima del 2003, ora è ridotta praticamente a zero, tanto che per la prima volta in 1600 anni, non vengono celebrate Messe a Mosul”.

“Siamo testimoni – continua mons. Lang – di una pulizia etnica e religiosa contro i cristiani e contro molte altre comunità, perché gli estremisti spingono le popolazioni lontane da quelle terre in cui hanno trovato casa per migliaia di anni”. E ancora, il presule punta il dito contro “alcune Chiese che sono state convertite in moschee, gli antichi monasteri che giacciono abbandonati e le abitazioni dei cristiani che sono state imbrattate con segni specifici, per trasformarle in obiettivo degli estremisti”.

Quindi, mons. Lang lancia un appello al governo britannico e a tutti gli Stati affinché decidano di agire urgentemente “per salvare i cristiani e altre comunità perseguitate in Iraq e offrire loro l’aiuto ed il supporto di cui hanno urgentemente bisogno”. Invitando, poi, i fedeli a sostenere l’opera degli organismi caritativi ecclesiali, come la Caritas e Aiuto alla Chiesa che Soffre, il vescovo di Clifton chiede “preghiere per la popolazione irachena”, per una “terra biblica che è stata la culla della civiltà”. “Possa la fede aiutare gli iracheni in difficoltà – conclude il presule – così che possano ricevere cure e compassione”. (I.P.)

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Appello dei vescovi olandesi per la pace in Medio Oriente

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Un appello alla pace in Medio Oriente ed una condanna, forte e ferma, di ogni forma di antisemitismo: è quanto scrivono i vescovi cattolici dei Paesi Bassi, in una nota diffusa a firma del card. Willem Jacobus Eijk, presidente della Conferenza episcopale, e di mons. Hermanus Woorts, responsabile del Dipartimento dei vescovi per i rapporti con l’ebraismo. “Dentro e fuori la società olandese – scrivono i presuli – come conseguenza del conflitto in corso tra Hamas ed Israele, si riscontrano sempre più atteggiamenti di odio contro gli ebrei”. “I vescovi cattolici dei Paesi Bassi – si legge quindi nella nota – denunciano categoricamente tali episodi e si sentono in dovere di condannare con fermezza, ancora una volta, tutte le forme di antisemitismo”. “Non è possibile – ribadisce la Chiesa olandese – che persone che per tanti secoli sono state una parte inalienabile della nostra società, ora si sentano in pericolo ed indesiderate”, tanto più che “l’incomprensibile e spaventosa tragedia dell’Olocausto durante la seconda Guerra Mondiale ha dimostrato chiaramente a cosa può portare l’odio contro gli ebrei”.

“Per noi cristiani – affermano i vescovi olandesi – gli ebrei sono i nostri fratelli e sorelle maggiori nella fede in un unico Dio, Padre e Creatore di tutti gli uomini; il legame della nostra Chiesa con gli ebrei e l’ebraismo è indistruttibile e non può essere abbandonato”, perché “noi cristiani deriviamo dal popolo ebraico e come ha detto recentemente Papa Francesco, in un’intervista al giornale spagnolo “La Vanguardia”, ‘non si può essere un vero cristiano, se non si riconoscono le proprie radici ebraiche”. Quindi, i presuli auspicano la soluzione di due popoli e due Stati per il conflitto isrealo-palestinese e chiede alle parti in causa di “porre fine ai combattimenti per cominciare a costruire nazioni che possano vivere in pace l’una con l’altra”. Infine, i presuli pregano per “la pace in Terra Santa, in Medio Oriente e nel resto del mondo”, sperando che “ogni persona possa sentirsi al sicuro e benvoluta in tutte le nazioni del globo”, perché “tutti noi – ebrei, cristiani, musulmani – tutti siamo creature di Dio, da Lui chiamati alla vita, per amore, per vivere insieme come Suoi figli”. (I.P.)

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Inaugurato sito ufficiale della visita del Papa nelle Filippine

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Sono stati lanciati ufficialmente il 28 luglio scorso il sito del viaggio Apostolico di Papa Francesco nelle Filippine, in programma dal 15 al 19 gennaio 2015 (http://papalvisit.ph) e la rispettiva pagina Facebook, raggiungibile al link https://www.facebook.com/papalvisitph2015. Il motto del viaggio del Pontefice nell’arcipelago sarà “Misericordia e compassione”. Il Santo Padre arriverà a 20 anni esatti dall’ultimo viaggio di Papa Giovanni Paolo II nelle Isole, nel 1995, quando presiedette l’allora decima Giornata mondiale della gioventù, sul tema “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”.

Nei giorni scorsi, presentando il viaggio apostolico, l’arcivescovo di Manila, il cardinale Louis Tagle, ha dichiarato che l’arrivo di Papa Francesco sarà “come un tifone di rinnovamento spirituale” per tutto il Paese, facendo così riferimento alle famiglie colpite dal tifone Yolanda nel 2013 e a coloro che ancora oggi piangono la morte dei loro cari. Sul portale ufficiale, intanto, sono già state pubblicate la preghiera ufficiale e la lettera pastorale di mons. Socrates Villegas, arcivescovo di Lingayen Dagupan, presidente della Conferenza episcopale filippina.

Secondo quanto riferisce l’ultima edizione dell’Annuario statistico della Chiesa cattolica, le Filippine hanno una popolazione di oltre 95 milioni di abitanti, di cui 79 milioni sono cattolici, pari a circa l’80 %. Papa Francesco sarà il terzo pontefice a visitare le Filippine, dopo i due viaggi di Giovanni Paolo, nel 1995 e nel 1981, e la visita di Paolo VI nel 1970. (R.B.)

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L’arcidiocesi di Concepción dà lavoro ai giovani Down

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“Lavanderia Industriale 21”: si chiama così la piccola impresa lanciata dall’arcidiocesi di Concepción, in Cile, e destinata a giovani affetti dalla Sindrome di Down. Prima, e finora unica iniziativa con simili caratteristiche in America del Sud, la lavanderia ha un nome che richiama la Sindrome di Down, causata da un’alterazione del cromosoma 21.

Dieci i giovani tra i 21 ed i 30 anni che, dopo un opportuno periodo di formazione, sono entrati nella turnazione della lavanderia, divenendo parte della catena di produzione e ricevendo ciascuno uno stipendio. Le infrastrutture, invece, sono fornite gratuitamente da alcune imprese e donatori locali.

“Abbiamo compiuto un miracolo – spiega l’arcivescovo di Concepción, mons. Fernando Chomali – non solo perché la lavanderia funziona bene, ma soprattutto perché evidenzia chiaramente che quando si offrono opportunità alle persone, allora si va avanti”. “Imprese simili – continua il presule – hanno l’unica finalità di dimostrare che quando c’è lavoro, fatica, dedizione e perseveranza, la società si sviluppa”.

Di qui la sottolineatura che fa l’arcivescovo cileno: “Costruire un mondo migliore è responsabilità di tutti, dando il meglio di se stessi. Ed è proprio l’obiettivo che vogliamo raggiungere con la Lavanderia 21”. Se, infatti, il progetto dovesse fallire, “allora sarà la società stessa a fallire – spiega il presule – se l’indifferenza sarà più grande di tutti i nostri sforzi, allora vorrà dire che la società ha preso tutta un’altra strada”.

Situata accanto alla parrocchia della Sacra Famiglia, la Lavanderia 21 è fornita di quattro lavatrici e quattro essiccatrici industriali e conta di poter lavare circa 800 kg di indumenti al giorno. Per questo, si stanno prendendo contatti con numerosi alberghi della città che necessitano del lavaggio di grosse quantità di lenzuola, tovaglie e asciugamani. (I.P.)

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Alle Antille la XXIII Assemblea degli insegnanti cattolici

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Gli educatori cattolici nei Caraibi, con il bagaglio di valori di cui dovrebbero essere portatori, possono essere agenti attivi di trasformazione sociale e morale nelle loro società. Questa la comune convinzione emersa dalla XXIII Assemblea biennale dell’Associazione degli insegnanti cattolici dei Caraibi  (Cact) che ha visto riuniti nei giorni scorsi a Georgetown, in Guyana, 27 delegati dai diversi Paesi della regione, con al centro il tema “Educatori cattolici attori di cambiamento nei Caraibi".

Ad accoglierli, il vescovo della capitale, mons. Francis Alleyne, che all’apertura dei lavori ha sottolineato come gli educatori cattolici siano le persone più indicate per portare una speranza di cambiamento, anche se spesso si sentono sopraffatti dalla difficoltà e dalla grandezza dell’impresa. Nel suo intervento, il presule ha citato come esempio la lotta alla corruzione, causa del sottosviluppo e della mancata crescita dei territori della regione: “L’antidodo alla corruzione è l’integrità morale. Ma l’amore, la pace, il perdono, la gratitudine - ha detto - non sono valori che si insegnano come una qualsiasi materia curricolare. Si tratta piuttosto di creare un clima e di dare un esempio che arrivi alla coscienza dei nostri giovani".

Di qui, l’esigenza di insegnanti più consapevoli della loro identità cattolica. Un’identità che sta diventando sempre più tiepida oggi, come ha evidenziato mons. Gabriel Malzaire, delegato della Conferenza episcopale delle Antille per i rapporti con la Cact.  “L'insegnante cattolico, per la natura stessa della sua vocazione, non può interessarsi solo della formazione intellettuale. Ha una spiritualità da cui non deve separarsi ed è questa la svolta da intraprendere nelle nostre scuole e nella nostra vita cristiana in generale", ha affermato il vescovo.

Un giudizio condiviso dalla presidente dell’Associazione, la professoressa Joan Walker di Trinidad e Tobago, che ha esortato i docenti cattolici dei Caraibi a “uscire dalla comodità” e a diventare dei modelli per educare gli studenti ai valori del Vangelo:  “Questo  permetterà ai giovani di capire e assimilare i valori dell’onestà, del lavoro, dell’amore e del rispetto degli altri. Solo così gli insegnanti diventeranno agenti di cambiamento per migliorare la società”. (A.T.)

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Il Bicentenario di Don Bosco “evento d’interesse nazionale”

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“Evento di interesse nazionale”: questo il riconoscimento onorifico assegnato al Bicentenario della nascita di don Bosco - che ricorre nel 2015 - dal Comitato storico-scientifico italiano per gli anniversari di interesse nazionale. Lo rende noto l’agenzia salesiana Ans. Grande, naturalmente, la gioia e la soddisfazione della Congregazione fondata proprio dal Santo torinese. In una nota, il rettore maggiore, don Ángel Fernández Artime, spiega che con tale onorificenza “si vuole riconoscere in questa terra che don Bosco è uno dei figli prediletti, e una figura di speciale rilievo“.

“Realmente – continua il rettore maggiore – il nostro amato don Bosco è un dono dello Spirito per tutta la Chiesa e, nella sua dimensione di educatore e padre della gioventù, è patrimonio di tutto il mondo, ‘patrimonio umano’ per tutta l’Umanità”. “Quindi – sottolinea ancora – non intendiamo la celebrazione del bicentenario come un insieme di festeggiamenti, ma come un’opportunità per fare più vivo e attuale il carisma di don Bosco, in particolare per giovani”, fulcro del suo sistema educativo, definito “preventivo”, perché mirato a far sì che i ragazzi, da soli, decidano di non infrangere le regole, grazie all’aiuto paziente e amorevole dei formatori.

Intanto, è iniziato il conto alla rovescia per l’inizio delle celebrazioni del Bicentenario, che sarà incentrato sul tema “La missione di don Bosco con i giovani e per i giovani”. L’apertura ufficiale è prevista per il16 agosto a Colle Don Bosco, vicino Torino, mentre la prima celebrazione nazionale si terrà il 24 gennaio 2015, nel capoluogo piemontese. In calendario, nell’agosto del prossimo anno, sempre a Torino, anche un Congresso internazionale di Maria Ausiliatrice, particolarmente cara alla Famiglia salesiana.

Senza dimenticare, naturalmente, l’Ostensione della Sindone che la diocesi di Torino ha voluto proprio in concomitanza del Bicentenario salesiano. L'Ostensione si terrà da domenica 19 aprile a mercoledì 24 giugno 2015, festa di San Giovanni Battista patrono di Torino e onomastico di don Bosco. E grande è la speranza di vedere anche Papa Francesco rendere omaggio al Sacro Lino.

Infine, i Salesiani saranno presenti anche all’Expo 2015, in programma a Milano dal primo maggio al 31 ottobre, sul tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Un evento che non è estraneo all’ambiente salesiano sia per motivi storici – perché don Bosco partecipò all’esposizione generale di scienza e arte tenutasi a Torino nel 1884 – sia per motivi educativi e culturali: il tema dell’Expo, infatti, è particolarmente importante per la formazione dei giovani, fulcro del carisma salesiano. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 217

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.