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Sommario del 07/08/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Accorato appello del Papa in favore dei cristiani perseguitati in Iraq

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Cristiani in fuga in Iraq. I jihadisti del cosiddetto Stato islamico cacciano dalle città conquistate chi non si converte all’islam. Disperata la situazione dei profughi. Forte appello del Papa. Ne ha parlato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il servizio di Sergio Centofanti

Il Papa “segue con viva preoccupazione le drammatiche notizie che giungono dal nord dell'Iraq e che interessano popolazioni inermi. Particolarmente colpite – riferisce padre Lombardi - sono le Comunità cristiane: è un Popolo in fuga dai propri villaggi a causa della violenza che in questi giorni sta imperversando e sconvolgendo la regione”.

Padre Lombardi ricorda l'Angelus, del 20 luglio scorso, quando Papa Francesco aveva esclamato con dolore: “i nostri fratelli sono perseguitati, sono cacciati via, devono lasciare le loro case senza avere la possibilità di portare niente con loro. A queste famiglie e a queste persone voglio esprimere la mia vicinanza e la mia costante preghiera. Carissimi fratelli e sorelle tanto perseguitati, io so quanto soffrite, io so che siete spogliati di tutto. Sono con voi nella fede in Colui che ha vinto il male!”.

“Alla luce degli angosciosi eventi, il Santo Padre rinnova la sua vicinanza spirituale a quanti stanno attraversando questa dolorosissima prova e si unisce agli appelli accorati dei Vescovi locali, chiedendo, insieme a loro e per le loro Comunità tribolate, che salga incessante da tutta la Chiesa una preghiera corale per invocare dallo Spirito Santo il dono della pace. Sua Santità rivolge inoltre il suo pressante appello alla Comunità Internazionale, affinché, attivandosi per porre fine al dramma umanitario in atto, ci si adoperi per proteggere quanti sono interessati o minacciati dalla violenza e per assicurare gli aiuti necessari, soprattutto quelli più urgenti, a così tanti sfollati, la cui sorte dipende dalla solidarietà altrui”.

Il Papa – ha proseguito padre lombardi - fa appello alla coscienza di tutti e ad ogni credente egli ripete: “Il Dio della pace susciti in tutti un autentico desiderio di dialogo e di riconciliazione. La violenza non si vince con la violenza. La violenza si vince con la pace! Preghiamo in silenzio, chiedendo la pace; tutti, in silenzio.... Maria Regina della pace, prega per noi!”(Angelus del 20 luglio 2014).

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Iraq: cristiani in fuga. Il patriarca Sako: si rischia il genocidio

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La Chiesa dell’Iraq parla di “ catastrofe umanitaria “ e " di rischio reale di genocidio" nel nord del Paese, dove l’avanzata violenta dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico sta costringendo cristiani e altre minoranze a scappare a piedi e senza protezione vesro il nord turco e curdo. L’allarme è scattato nella notte. La cronaca nel servizio di Gabriella Ceraso: 

Non regge l’alleanza curda creatasi tra Iraq Siria e Turchia per respingere l'avanzata dei jihadisti dello Stato islamico nel nord del Paese. Dopo Mosul e Sinjar gli estremisti nella notte hanno infatti conquistato i principali centri cristiani settentrionali da Qaraqosh, a Tal Kayf a Bartella e Karamlesh. Salva per ora la diga di Mossul dicono i curdi, ma nelle città, gli estremisti hanno divelto croci, occupato chiese e seminato distruzione costringendo centinaia di migliaia di civili  alla fuga. I profughi a Kirkuk sono stati colpiti da un attentato kamikaze che ha causato almeno 6 morti. La minoranza yazida è riuscita a raggiungere il sud della Turchia, mentre oltre 100mila cristiani si sono incamminati verso il Kurdistan. “La loro situazione è disperata” ha detto stamani il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli, e lo ha ribadito anche il Patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Raphaël I Sako che in un comunicato ufficiale ha parlato di un "rischio reale di genocidio". Ma sentiamo le parole di Sako al microfono di Marie Duhamel:

R- Aujourd’hui il y a un vide, un vide...
Oggi c’è un vuoto, un vuoto. Il governo non ha le forze per controllare il Paese, ora ci sono anche le elezioni del Parlamento e non ci sono le forze per attaccare, non c’è un vero esercito, a differenza della Siria dove le forze armate possono attaccare. Qui i curdi si stanno ritirando, hanno solo armi leggere. Oggi ci sono migliaia di persone in cammino lungo la strada, anche da tre quattro ore. Sono donne, anziani, bambini: occorre mobilitare l’opinione pubblica e le società di tutti i Paesi, questa è una catastrofe umanitaria!

Molte famiglie cristiane intanto sono arrivate nell’area tra Duhok e Amadiya, come racconta ai nostri microfoni mons. Rabban Al-Qas, vescovo caldeo di Amadiya, in Kurdistan:

“Ieri abbiamo ricevuto in gran parte famiglie; sono più di duemila famiglie. I villaggi sono pieni e riceviamo queste persone con cordialità. Facciamo quello che è possibile per loro. Sono veramente molto stanchi. Hanno lasciato tutto. Vediamo la morte; vediamo ciò che fanno i terroristi. I villaggi sono vuoti ma il mondo non sente e non vede la nostra situazione. Non basta pensare a dare il pane per aiutare, ma bisogna risolvere i problemi che hanno creato i grandi Paesi e il terrorismo”.

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Il Papa ai Cavalieri di Colombo: nessuno confini la Chiesa nel privato

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“La fede ci insegna che la Chiesa è chiamata ad essere una comunità di fratelli e sorelle che si accettano e si prendono cura l'uno dell'altro e servono da lievito di riconciliazione e unità per l'intera famiglia umana”. Lo ricorda Papa Francesco nel Messaggio a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, rivolto alla 132.ma Convention annuale dell’Ordine dei Cavalieri di Colombo, che si è conclusa oggi a Orlando, negli Stati Uniti, dopo due giorni di lavori. Il Papa sottolinea in particolare l’impegno dell’Ordine a favore dei più poveri e delle famiglie. Il tema scelto quest’anno è “Sarete tutti fratelli: la nostra vocazione alla fratellanza”. Una vocazione che - sottolinea il Messaggio - l’organizzazione ha saputo ben incarnare sin dalle sue alle sue origini, alla fine del XIX secolo. Il servizio di Lisa Zengarini: 

La fedeltà dei Cavalieri agli “ideali di fede, fratellanza e servizio” - si legge nel messaggio - “non solo ha assicurato la continua vitalità” dell’Ordine, “ma ha anche contribuito, e continua a contribuire, alla missione della Chiesa a tutti i livelli e, in particolare, al ministero universale della Sede Apostolica”.

La lettera elogia in particolare l’impegno attivo dei Cavalieri “per contrastare i tentativi di limitare la religione alla sfera puramente personale, per difendere il ruolo che le è proprio nell’arena pubblica e incoraggiare i fedeli laici nella loro missione di plasmare una società che rifletta la verità di Cristo”. Come ha chiarito Papa Francesco nella Esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’, "la terra è la nostra casa comune, e tutti siamo fratelli e sorelle" e di conseguenza “nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini”.

Grande apprezzamento viene infine espresso per il sostegno dato dai Cavalieri al prossimo Sinodo straordinario sulla famiglia a ottobre e all’incontro mondiale per le famiglie, previsto a Filadelfia nel 2015. “La famiglia, infatti, è la prima maestra di quella fratellanza che unisce e costruisce la società sulle solide fondamenta del rispetto reciproco, della giustizia, della misericordia e della verità”.

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Padre Lombardi presenta il viaggio del Papa in Corea

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Presentato in Sala Stampa vaticana dal direttore, padre Federico Lombardi, il terzo viaggio internazionale di  Papa Francesco: dal  13 al 18 agosto, avrà come meta la Repubblica di Corea in occasione della sesta giornata della gioventù asiatica. Il servizio è di Paolo Ondarza

Il successore di Pietro torna in Asia. Non accadeva dal 1999 quando Giovanni Paolo II si recò a New Delhi. Anche per questo motivo il viaggio in Corea costituisce per Francesco una priorità. Tre i temi centrali: la Giornata asiatica della gioventù che vedrà riuniti circa 2mila giovani in rappresentanza di 23 Paesi asiatici; la Beatificazione di 124 martiri coreani, fondatori della Chiesa in Corea; la riconciliazione e la pace in un Paese diviso tra nord e sud. Oltre 11 ore la durata del volo aereo e 7 ore di fuso orario. 11 i discorsi, 4 in inglese, gli altri in italiano. Il Papa, come è sua abitudine, saluterà più volte i fedeli dalla papamobile. Molte le domande rivolte dai giornalisti sui rapporti tra Sud e Nord Corea. A proposito del rifiuto delle autorità di Pyongyang di partecipare alla Messa del 18 agosto, padre Lombardi ha riportato quanto saputo direttamente dal comitato organizzatore sudcoreano:

“C’è stata una risposta negativa all’invito: e ci fermiamo qui senza chiudere porte ad altre eventuali iniziative e possibilità che i coreani sapranno fare meglio di noi”.

Non è previsto inoltre che il Papa si rechi al confine con il Nord:

“Il pensiero al problema della divisione c’è; c’è una Messa dedicata alla pace, alla riconciliazione. La presenza e l’attenzione spirituale sono più che evidenti senza altri atti particolari”.

A chi gli ha chiesto se il Vaticano intenda intervenire sui rapporti tra Chiesa sudcoreana e Corea del Nord, padre Lombardi ha risposto:

“Il cardinale di Seoul è anche il vicario apostolico di Pyongyang quindi è l’autorità ecclesiastica competente per quest’area di per sé. Quindi non ci vuole un intervento vaticano per dire cosa bisogna fare a Pyongyang”.

A margine degli incontri ufficiali il Papa vedrà i superstiti e i familiari delle vittime della tragedia del traghetto Sewol nell’aprile scorso. Prevista inoltre la presenza alla Messa conclusiva di una delegazione di “comfort women”, le donne abusate dai giapponesi durante la guerra:

“Il fatto che siano presenti è già un riconoscimento, mi sembra piuttosto significativo, e questo è stato quello che hanno anche proposto gli organizzatori locali; queste iniziative non provengono da Vaticano, si risponde a proposte e si accettano volentieri”.

Sulle polemiche sollevate in Corea circa la visita del Papa, il 16 agosto, alla comunità per disabili di Kkottongnae, struttura accusata da alcuni di essere più attenta al marketing che alla carità, padre Lombardi ha precisato:

“Quando è stato studiato il programma del viaggio, la Conferenza episcopale ha dato il suo parere favorevole al fatto che il Papa ci andasse. Siamo consapevoli che c’è una discussione. Anche se ci sono delle accuse di illegalità nell’amministrazione, non mi pare che siano risultate assolutamente fondate”.

Durante il volo Francesco sorvolerà la Cina. Sulla possibilità che possa inviare, come da tradizione durante i viaggi internazionali, un telegramma alle autorità di Pechino, questa la risposta di padre Lombardi:

“Noi abbiamo sempre dato i testi dei telegrammi: se c’è un telegramma per la Cina vedrete cosa dice. Questo è l’unica cosa che ora posso dire”.

Il direttore della Sala Stampa vaticana smentisce che al momento si stia lavorando ad un viaggio di Papa Francesco in Giappone:

“Attualmente in preparazione concreta c’è Tirana, Sri Lanka e Filippine. Stop. Per il resto non è stata avviata l’organizzazione di viaggi. Ci saranno? Bene, ne prenderemo atto e collaboreremo, ma non posso fantasticare”.

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Tweet del Papa: il cristiano è uno che sa abbassarsi perché il Signore cresca

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Il Papa ha lanciato un nuovo tweet sull’account @Pontifex: “Il cristiano è uno che sa abbassarsi perché il Signore cresca, nel proprio cuore e nel cuore degli altri”.

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Nomina

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Papa Francesco ha nominato Vescovo di Saint Josaphat in Parma degli Ucraini (USA), il Rev.do Sacerdote Bohdan Danylo, del clero di Stamford degli Ucraini, al presente Rettore del Seminario di S. Basilio nella medesima circoscrizione. Il Rev.do Sac. Bohdan Danylo è nato il 27 maggio 1971 a Giżycko, nella provincia di Suwałki in Polonia. Dopo gli studi filosofici a Lublino, trasferitosi negli USA, ha ricevuto la formazione teologica all’Università Cattolica di Washington ed è stato ordinato presbitero per l’Eparchia di Stamford il 1° ottobre 1996.

Dopo un anno di servizio come viceparroco nella parrocchia di S. Michele a Hartford è stato nominato Vice Rettore del Seminario di S. Basilio a Stamford. Ha proseguito gli studi all’Accademia Teologica di S. Vladimiro a Crestwood (NY) e poi alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino a Roma, dove nel 2005 ha conseguito la Licenza in Teologia. Parla inglese, ucraino, polacco e russo. Dal 2005 ricopre l’incarico di Rettore del Seminario di S. Basilio a Stamford ed è animatore vocazionale a livello eparchiale.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Migliaia i cristiani iracheni in fuga: pressante appello del Papa alla comunità internazionale.

Un articolo di Giuliano Zanchi dal titolo "Se il contemporaneo incontra il sacro": primi segnali di una nuova amicizia.

Tra i vicoli bui delle tecnoscienze: Lucetta Scaraffia sulle coraggiose tematiche scelta da Emilia Costantini per i suoi romanzi.

Un articolo di Ugo Sartorio dal titolo "Piedi e testa": senso, ragione e direzione del pellegrinaggio contemporaneo.

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Oggi in Primo Piano



Siria, mons. Zenari: avanzata jihadisti pericolo per tutti

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La Siria continua ad essere sconvolta dalla guerra: la situazione è complicata dall’avanzata degli jihadisti che vogliono ripristinare il Califfato islamico su tutto il territorio. Almeno 27 i militari uccisi oggi in un attacco jihadista contro una base dell'esercito nella provincia settentrionale siriana di al Raqqa. Il quadro peggiora con il rapimento di due cooperanti italiane: da inizio agosto, infatti, non si hanno più notizie di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, rispettivamente 21 e 20 anni, fondatrici del Progetto Horryaty, che si occupa di attività nel settore sanitario. Roberto Andervill, il terzo responsabile dell’iniziativa, ha chiesto di rispettare il silenzio stampa voluto dalla Farnesina. Mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, ha delineato le criticità del Paese al microfono di Paolo Giacosa, evidenziando come ci siano pericoli non solo per i cristiani ma anche per tutte le altre minoranze religiose: 

R. - Le situazioni relative alla sicurezza e al piano umanitario rimangono sempre molto critiche in certe zone più che in altre: in questa ultima settimana con bombardamenti nei dintorni di Damasco, ieri sera ancora tre mortai molto vicini alla nunziatura apostolica. Poi ci sono delle zone particolarmente critiche come il Nord, Aleppo… La zona è ancora molto insicura per non parlare del nord-est, dove si è installato questo Stato islamico.

D. - Le minoranze religiose possono correre pericoli con l’avanzata del Califfato islamico?

R. - Come altre volte ho ricordato, durante il primo anno di questa rivolta non si vedevano particolari problemi. I problemi sono arrivati l’anno seguente ed il terzo anno, con la venuta di elementi estremisti ultraradicali provenienti da fuori. Se si estendesse – speriamo di no – questo movimento dello Stato islamico, allora la situazione diverrà certamente molto seria, molto critica sia per i cristiani sia per gli altri perché stanno facendo saltare in aria anche alcune moschee. Questo conflitto è andato evolvendosi in una maniera impensabile; non si sa ancora come si evolverà: sta appiccando il fuoco in Libano, in Iraq …

D. - I conflitti causano la fuga di molte famiglie. Dove vanno a rifugiarsi? Gli aiuti umanitari riescono ad intervenire con efficacia?

R. - Per quanto riguarda l’esodo quotidiano della gente, ogni minuto una famiglia è costretta a lasciare la propria casa, magari andando verso la costa mediterranea o addirittura in Libano. I cristiani vivono nella stessa barca di tutti. In qualche caso hanno sofferto in modo particolare con l’avanzata di estremisti in alcuni villaggi come Maalula, Sadat, Kassab …

D. - Come può uscire la Siria da una situazione in cui nel conflitto si è inserito un terzo elemento?

R. - Tutta la Comunità internazionale deve prendere seriamente questi problemi che - come si vede - sconfinano facilmente nei vari Paesi dell’area.

D. - La Siria è tornata alle cronache dopo il rapimento delle due volontarie italiane. L'attenzione della stampa al Paese può incentivare anche una risoluzione internazionale?

R. - Si è aggiunta una disgrazia in più alla Siria che deve già fare i conti con questo conflitto sanguinoso e terribile che sta per essere dimenticato per varie cause, non da ultimo perché è anche difficile venire per i giornalisti. È molto rischioso, bisognerebbe tenere vivo il problema di questa situazione che la gente sta vivendo.

D. - Si hanno notizie dal territorio delle due italiane rapite?

R. - È difficile averne perché è una zona remota: è molto difficile entrarvi; ci sono vari gruppi a volte in lotta gli uni contro gli altri. È una situazione molto complicata.

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Il card. Scola: cristiani perseguitati tra il disinteresse generale

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Questa sera alle 21 la Diocesi di Milano organizza a Milano e a Desio una veglia di preghiera per la pace in Terra Santa; a promuoverla i gruppi giovanili. In un messaggio per l’occasione, il cardinale arcivescovo di Milano Angelo Scola ha invitato i giovani ad estendere la preghiera alle “migliaia di cristiani che nel mondo subiscono persecuzione tra il disinteresse generale”. Come sta accadendo in Iraq, afferma il porporato: “In troppi Paesi professare la fede in Gesù Cristo significa mettere a repentaglio la vita, quella della propria famiglia e condannarsi ad essere considerati cittadini di rango inferiore”. “Questa persecuzione, più feroce di quella subita dai cristiani nell’epoca apostolica – conclude il cardinale Scola - deve provocare e scuotere tutti noi che crediamo troppo tiepidamente e siamo poco coraggiosi nell’impegnare la vita seriamente sul Vangelo. Il martirio di questi fratelli cristiani, cari giovani, dia forza e consapevolezza della vostra fede. Vivetela sul serio: ogni giorno c'è chi paga con la vita la fedeltà a Cristo”. Sulla veglia di preghiera, Antonio Elia Migliozzi ha intervistato mons. PierantonioTremolada, vescovo ausiliare di Milano: 

R. - L’iniziativa nasce dal desiderio di lanciare un segnale molto preciso su due fronti. Il primo: la convinzione dell’importanza della preghiera soprattutto quando si ha a che fare con la pace, una grande necessità e allo stesso tempo un grande compito. Abbiamo, a volte, un po’ tutti l’impressione che sia molto difficile, un senso di impotenza un po’ ci prende; siamo convinti del valore della preghiera e per questo ci affidiamo alla potenza di Dio. Il secondo segnale va nella linea di un convincimento: la strada della contrapposizione, della violenza non è mai quella che conduce alla soluzione dei contrasti, non porta là dove si vorrebbe arrivare. Questo ci sembra importante comunicarlo a partire da quella che è la visione degli stessi giovani che hanno di fronte a loro il futuro.

D. - Significativo l’impegno di Papa Francesco per la costruzione della pace. Quanto sentite forte questo invito?

R. - Noi ci poniamo proprio nella scia di Papa Francesco. Ci ha molto colpito, siamo rimasti molto segnati dall’evento della preghiera che lui ha proposto e guidato. Vorremmo proprio porci nel solco che lui ha aperto, perché crediamo che questa sia la strada e ci fa davvero piacere poter dire che siamo in piena comunione ed in piena sintonia con lui.

D. - Il suo augurio per i giovani riuniti in preghiera?

R. - L’augurio è duplice: che noi riusciamo innanzitutto ad accogliere - dico noi perché anch’io mi sento una cosa sola con loro - quello che è il messaggio straordinariamente efficace e profondo del Vangelo, che si concentra - per quanto riguarda la pace - nella Beatitudine che Gesù ha proclamato. Beati gli operatori di pace ma anche beati i miti: noi crediamo che la comunione di coloro che operano per la pace alla fine offrirà il risultato giusto. Dall’altra parte l’augurio è che mentre tutto questo noi lo viviamo insieme, si possa realizzare il sogno che altri lo facciano, perché quando ci si pone in questa prospettiva crediamo che la parte migliore di ogni uomo diventa sensibile.

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Nigeria, per i cristiani incubo kamikaze. Card. Onaijekan: cresce la paura

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Nuovo attacco nel nord-est della Nigeria ad opera degli estremisti islamici di Boko Haram. Decine di persone sono rimaste uccise nella città di Gwoza e molte persone sono state costrette a fuggire verso il Camerun. Intanto, in queste settimane, nuovi attacchi alle comunità cristiane, il più grave dei quali è avvenuto domenica 27 luglio, quando una ragazza si è fatta esplodere nella parrocchia di San Carlo a Kano, uccidendo quattro persone. Si tratta di un nuovo e terribile modus operandi per i terroristi, come spiega al microfono di Michele Raviart, il cardinale John Onaijekan, arcivescovo di Abuja: 

R. - Gli attentati da parte di Boko Haram e dei loro sicari, quelli che mettono le bombe nelle macchine e le fanno esplodere, li abbiamo sempre avuti; ma attacchi suicidi con ragazze che sotto gli abiti lunghi portano le bombe è la prima volta. Ed è preoccupante, anche perché lì tutti indossano abiti lunghi.

D. - In generale, qual è la situazione per i cristiani, in questo momento in cui Boko Haram pare che si stia espandendo nel Nord?

R. - Non andiamo in giro con la paura di essere cristiani. Sappiamo che le Chiese sono prese di mira e facciamo il possibile per proteggerle, ma non sempre ci si riesce. Per esempio, non potevamo immaginarci che una ragazza davanti a una Chiesa potesse avere dell’esplosivo con sé; adesso lo sappiamo e dobbiamo prendere nuovi provvedimenti con qualsiasi persona che passa, con tutti gli inconvenienti che questo può comportare. Ho sempre detto che noi cristiani in Nigeria siamo parte integrante della Comunità nazionale che subisce questi attacchi: non siamo solo noi; vengono attaccati anche i mercati, le istituzioni governative – non solo chiese - ed è questo il contesto in cui ci troviamo anche noi cristiani.

D. - Boko Haram vi sembra più forte in questo momento?

R. - Il nostro governo dice sempre che stanno vincendo la guerra con Boko Haram, ma dai risultati che vediamo non sembra, perché continuano ad avere la possibilità di colpire. Tutti sanno che quando si colpisce una chiesa si fa “notizia”, ma questo non succede quando vengono colpiti i villaggi nel nord-est. Dopo quasi più di un anno di regime di emergenza, mi meraviglia che resistano ancora e che continuino a seminare disordine e tragedie. Noi dobbiamo essere sicuri che il governo sia veramente all’altezza della situazione, ma purtroppo sembra avere tante altre preoccupazioni a livello politico: l’anno prossimo ci saranno le elezioni. Sui giornali le notizie di Boko Haram sono solo di poche righe all’interno del giornale; le notizie di prima pagina, scritte a caratteri grossi, sono notizie di politica.

D. - Si parla anche di un “esodo” dalla Nigeria al Camerun per le violenze di Boko Haram…

R. - Questo è il risultato del disordine che divampa nella regione frontaliera del nord-est, quasi tutta controllata da questi terroristi che agiscono liberamente. Sembra che la povera gente trovi maggior difesa da parte delle forze dell’ordine camerunensi che non dalle nostre forze dell’ordine nigeriane. Per questo motivo attraversano le frontiere, che sono solo politiche perché la gente è della stessa etnia. Anche senza Boko Haram si muovono liberamente tra i due Paesi, ma adesso colgono l’occasione per trasferirsi in Camerun perchè sperano di avere più difesa rispetto ai villaggi sperduti della Nigeria che le forze dell’ordine nigeriane sembrano non riuscire a controllare.

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Cambogia: ergastolo a due ex leader dei Khmer Rossi

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Il Tribunale misto dell’Onu, a Phnom Penh, ha condannato all’ergastolo due ex leader dei Khmer Rossi, il regime maoista al potere in Cambogia negli anni ’70, responsabile del massacro di circa due milioni di persone, pari a un quarto della popolazione. Si tratta di Nuon Chea, vice del sanguinario leader, Pol Pot, e Khieu Samphan, ex capo di Stato. I due esponenti, ormai quasi 90enni e malati, sono stati riconosciuti colpevoli di crimini contro l’umanità. Ancor oggi la Cambogia mostra le ferite di quelle atrocità. Ma come fu possibile l’instaurazione di quel regime? Giancarlo La Vella ne ha parlato con padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia Asia News: 

R. - E’ stato possibile perché c’era una grande confusione nel sud-est asiatico, causata dalla guerra del Vietnam e in Cambogia c’era un governo militare che appoggiava gli Stati Uniti. Allora, la pressione del Nord Vietnam, la pressione della Cina e della Russia ha portato all’instaurazione di questa ideologia comunista, portata all’estremo limite, che era quella di Pol Pot: tutta la società doveva ritornare al punto zero, distruggere tutto quello che c’era stato fino ad allora e costruire una società utopistica agricola, mandando a lavorare nei campi chiunque - per produrre riso, per produrre da mangiare – eliminando tutti i nemici del regime, cioè intellettuali, che sapevano le lingue, persone istruite; addirittura, chi aveva gli occhiali era considerato un intellettuale e quindi doveva essere eliminato. Tra questi, oltretutto, c’è stata l’eliminazione indiretta, portando a lavorare con ritmi frenetici e terribili, tantissimi cristiani, sacerdoti ed anche il vescovo di Phnom Penh, monsignor Joseph Chhmar Salas.

D. - Fu la follia di un solo uomo, Pol Pot, oppure intorno a lui si creò un movimento che lo appoggiava?

R. - Questo è il problema, secondo me, anche del tribunale internazionale: Pol Pot era l’ideologo, il capo, però attorno a lui c’erano gruppi di consiglieri. Di fatto, c’è stata una parte di cambogiani – soprattutto intellettuali, oltretutto istruiti nelle università occidentali – che hanno portato a questa attuazione del comunismo “puro e duro”, senza guardare in faccia nessuno.

D. - Quali conseguenze la Cambogia porta oggi di quel periodo?

R. - Diciamo che l’economia cambogiana è stata segnata dalla miseria creata dai Khmer Rossi e si sta rialzando adesso con l’aiuto della Cina e della Thailandia. Però, poi ci sono tutte le ferite spirituali, interiori: penso che non ci sia nessun cambogiano che non abbia avuto qualche familiare ucciso. Tutto questo porta con difficoltà alla riconciliazione. Anche la Chiesa, che era stata azzerata durante il periodo di Pol Pot, sta riemergendo lentamente da queste ceneri insieme a piccoli gruppi di cristiani; credo siano poche migliaia i cattolici cambogiani. Quindi, deve fare i conti con tutto lo stuolo di martiri che ha avuto, ma anche con l’estrema povertà della sua vita.

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Crisi ucraina: la Russia decide l'embargo per i prodotti Ue e Usa

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Braccio di ferro tra la Russia e l’Unione Europea. Mosca ha risposto alle sanzioni dell’Ue con un embargo totale di prodotti alimentari e agricoli. Sempre più caldo il fronte ucraino dopo l’allarme della Nato per un possibile attacco russo. Il servizio di Benedetta Capelli

La decisione del presidente russo Putin potrà avere pesanti ripercussioni sull’economia di Europa e Stati Uniti e non solo. Dopo le sanzioni imposte dall’Ue, Mosca ha deciso per un embargo totale di un anno di prodotti alimentari e agricoli: carne, latticini, frutta e verdura nono solo proveniente da Usa e Ue ma anche Norvegia, Canada e Australia. Decisione – ha detto il premier russo Medvedev – che favorirà l’agricoltura locale. Una decisione – rimarcano fonti europee – chiaramente politica, “legata all’annessione illegale della Crimea e alla destabilizzazione dell'Ucraina”. Per l’Italia si potrebbe trattare di una perdita pari a più di 700milioni di euro. La minaccia russa riguarda anche i cieli: si sta valutando il bando ai voli americani ed europei lungo la rotta trans-siberiana sempre in risposta alle sanzioni per il ruolo di Mosca nella crisi ucraina. Vietato il sorvolo sul proprio territorio alle compagnie aeree ucraine che operano voli diretti in Azerbaigian, Armenia, Georgia, e Turchia. Oggi a Kiev è giunto il segretario generale della Nato, Rasmussen, dopo l’allarme dell’Alleanza Atlantica per un possibile attacco di Mosca all’Ucraina. Intanto un ospedale nel centro di Donetsk, roccaforte dei separatisti filorussi, è stato colpito da tiri di mortaio, che hanno causato un morto e due feriti. Sospeso il cessate il fuoco nella zona dove, alcune settimane fa, è precipitato il boeing malese con quasi 300 vittime.

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Ebola, emergenza in Liberia. Rimpatriato in Spagna missionario contagiato

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Il dilagare dell’epidemia del virus dell’ebola, che ha provocato ormai quasi mille morti, ha spinto la Liberia, dopo la Sierra Leone, a dichiarare lo stato di emergenza. Intanto, è stato rimpatriato il missionario spagnolo che ha contratto il virus. Si tratta del primo caso di ebola presente in Europa. Caterina Gaeta:

 

È la Liberia in ordine di tempo l’ultimo Paese ad aver decretato lo stato di emergenza per 90 giorni nel tentativo di arginare il dilagare del virus ebola che, dall’inizio dell’epidemia, ha provocato secondo dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, almeno 930 morti in tutta l’Africa occidentale.

Anche in Nigeria si contano intanto i primi casi di contagio e il locale Ministero della Sanità ha richiesto alle autorità sanitarie statunitensi di poter utilizzare il trattamento sperimentale somministrato in questi giorni a due pazienti americani – un medico e un missionario di una Ong - rimpatriati dalla Liberia. Nonostante le incertezze le autorità sanitarie americane hanno segnalato alcuni riscontri positivi nella terapia ma per il momento la Casa Bianca ha giudicato prematuro il ricorso al siero sperimentale. L’ultima parola spetterà tuttavia agli specialisti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che per il momento hanno annunciato la formazione di un comitato etico per valutare l’eventuale utilizzo del trattamento su ampia scala. Crescono, intanto le preoccupazioni da parte delle autorità sanitarie internazionali che stanno valutando le misure d’emergenza da applicare su scala globale e per meglio rispondere all’epidemia hanno spostato l’allerta sanitaria al livello più elevato, caso unico dopo l’epidemia di influenza aviaria del 2009.

In questo contesto è giunto oggi a Madrid il primo cittadino europeo colpito dal virus ebola. Si tratta di padre Miguel Pajares Martin, missionario spagnolo di 75 anni rimasto contagiato in Liberia dove vive da 50 anni, prestando la propria opera alla cura dei malati nell’ospedale San Giuseppe di Monrovia con altre persone dell’ordine religioso di San Giovanni di Dio.

Nel tentativo di arginare l’epidemia l’Unione Africana ha sospeso, per il momento, il ritiro dalla Somalia del contingente militare della Sierra Leone. Una prudenza dettata anche dal mistero sulle cause di morte di un cittadino saudita rientrato in patria proprio dalla Sierra Leone.

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Gesuiti: 200 anni fa la rifondazione. Intervista con p. Danieluk

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200 anni fa, il 7 agosto del 1814, veniva restaurata - ovvero rifondata - da Pio VII la Compagnia di Gesù, che era stata soppressa 41 anni prima da Clemente XIV, due secoli dopo il riconoscimento ufficiale dell’Ordine sacerdotale e missionario fondato da Ignazio di Loyola da parte di Paolo III nel 1540. Un anniversario che cade l’anno seguente l’elezione al soglio pontificio, per la prima volta nella storia della Chiesa, di un Gesuita, Jorge Mario Bergoglio. Roberta Gisotti ha intervistato padre Robert Danieluk, archivista presso la Curia generalizia dei Gesuiti a Roma: 

D. - La storia della Compagnia di Gesù è scorsa strettamente legata alle vicende del Papato. C’è un motivo?

R. - La storia della Compagnia di Gesù è stata da sempre, sin dall’inizio, legata al vescovo di Roma soprattutto da questo voto particolare che il nostro fondatore, Sant’Ignazio di Loyola, voleva dall’inizio che caratterizzasse la Compagnia di Gesù, e cioè obbedire al Papa in tutto ciò che riguarda le missioni. Alcuni Gesuiti  fanno questo ultimo voto e vengono chiamati i ‘professi’, quindi: oltre ai tre voti di povertà, castità e obbedienza che caratterizzano ogni religioso nella Chiesa cattolica, con questo quarto voto si legano in un modo ancora più particolare con il Santo Padre.

D. - Quali ragioni gravi convinsero Clemente XIV a sopprimere la Compagnia di Gesù?

R. - Gli storici distinguono varie ragioni politiche, ideologiche, economiche. Il Papa Clemente XIV era stato sottoposto durante gli anni ad una fortissima pressione esercitata dalle potenze cattoliche dell’epoca, soprattutto dalle Corti spagnola e francese, con l’appoggio del Portogallo. Le potenze cattoliche più importanti dell’epoca hanno voluto la ‘morte’ dei Gesuiti. La Compagnia era infatti considerata da loro come un ostacolo alla potenza dei re, all’ordine sociale che credevano essere il migliore nel mondo di allora, inspirato dagli ideali dell’Illuminismo, dove la Chiesa doveva far parte del sistema, completamente dipendente dal potere civile. La Chiesa non poteva essere libera ma doveva obbedire al proprio re e questo ordine delle cose - giustificato in vari modi dagli intellettuali dell’epoca - spinse poi i re e gli altri rappresentanti politici dell’epoca ad esigere in un modo molto forte - al limite dell’ultimatum dato al Papa - di sopprimere la Compagnia di Gesù perché era considerata da loro un ostacolo nella realizzazione dei loro ideali sociali, politici ed anche ecclesiastici ispirati da questa filosofia dell’Illuminismo.

D. - Dopo 41 anni il ripensamento e la riabilitazione…

R. - Non è avvenuto a caso. Infatti, tra la soppressione ed il ristabilimento della Compagnia molte cose cambiarono nel mondo; molte cose di ordine politico ed anche intellettuale. Soprattutto lo scoppio della Rivoluzione francese e le sue conseguenze, il terrore, la ghigliottina, il cambio delle cose dell’ordine politico e sociale, le guerre napoleoniche, portarono gli stessi re o i successori a ripensare la loro politica. Non c’era più la stessa pressione sul Papa. Il Papato, in modo paradossale, è stato liberato da queste difficili circostanze, dalla tutela delle potenze cattoliche e così liberato, ha riconsiderato la sua politica riguardo la Compagnia di Gesù. Questo Papato, nella persona di Pio VII, fece proclamare che la Compagnia di Gesù poteva esistere in tutto il mondo come ordine religioso, lo stesso fondato da Ignazio di Loyola.

D. - Oggi, nel terzo millennio della Chiesa, abbiamo un Papa gesuita che sta meravigliando tutti per lo stile di vita sobrio, la semplicità di parola ma anche la schiettezza della predicazione. Quanto della sua personalità corrisponde alla formazione gesuitica?

R. - Penso che tutto corrisponda, perché come ogni essere umano anche il Santo Padre, come ciascuno di noi, è ciò che la storia della sua vita scrive: portiamo in noi la nostra vita, le nostre esperienze, la nostra formazione, la spiritualità che c’è dietro. Mi sembra molto difficile distinguere dove il Papa sia gesuita, dove sia vescovo, sacerdote, argentino… Tutto questo va insieme. Certamente in molti testi, durante le prediche o anche nei vari incontri privati si vedono gli elementi della spiritualità di Sant’Ignazio, che caratterizza soprattutto gli esercizi spirituali.

D. - La presenza di Papa Francesco è comunque un’occasione di rilancio della spiritualità ignaziana ed è forse anche una sfida per tutta la Compagnia di Gesù…

R. - La spiritualità ignaziana non è esclusivamente riservata ai Gesuiti. Gli esercizi spirituali sono un bene di tutta la Chiesa e i tanti Pontefici che li hanno confermati - prima di Papa Francesco - li hanno fatti per tutti nella Chiesa. Ogni spiritualità è una proposta e questa spiritualità ignaziana è una fra le tante proposte che esistono nella Chiesa e certamente ha dato prova della sua efficacia in varie circostanze, in varie epoche e sembra essere sempre molto adatta anche al tempo di oggi. Perciò il Papa, in alcuni spunti, la offre così bene, in un modo suo particolare e credo che la gente che arriva così numerosa ad ascoltarlo sia una prova che questa parola trova una buona ricezione, è capita, è accettata, è benvenuta. Lo stesso vale per i Gesuiti: noi siamo sempre una parte della Chiesa che segue la spiritualità ignaziana, aprendo anche i nostri tesori spirituali a tutti coloro che vogliono servirsene. Cerchiamo di seguire la nostra vocazione in questo modo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Regge la tregua a Gaza dopo il no di Hamas ad un nuovo prolungamento

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Ultimo giorno di tregua nella Striscia di Gaza. Domani scadrà il cessate il fuoco di 72 ore che Israele era pronta a prolungare nonostante il no di Hamas. L'Autorità Nazionale Palestinese ha nuovamente aggiornato il bilancio delle vittime palestinesi a distanza di un mese dall'inizio del conflitto.  Sono 1886 i morti accertati, molti rinvenuti sotto le macerie delle periferie orientali della Striscia di Gaza, tra di loro si contano 432 bambini, sono 2979 i minori rimasti feriti. Intanto nella mediazione tra israeliani e palestinesi si confida nel ruolo dell’Egitto mentre il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha fatto un nuovo appello per la fine delle violenze, ribadendo la necessità di “vivere senza paura”. Ban ha poi auspicato che sia l’ultima volta che Gaza sia ricostruita. Riferendo all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha annunciato che oggi la bandiera dell’Onu sarà a mezz’asta per onorare i membri dell’organizzazione che hanno perso la vita nelle scorse settimane. Ieri ha parlato anche il presidente americano Obama che ha sottolineato il diritto di Israele a difendersi, evidenziando però che qualsiasi soluzione deve prevedere la fine del blocco di Gaza. Necessario, a stretto giro, un accordo per fermare i lanci di missili da parte di Hamas verso lo Stato ebraico, per non ricostruire i tunnel distrutti e per la ripresa di Gaza che “non può sostenersi per sempre chiusa rispetto al mondo esterno, incapace di creare lavoro e crescita economica per chi ci vive”.

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Siria, arcivescovo di Aleppo: la nostra gente è senza cibo, acqua e luce

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"Ad Aleppo la nostra gente è senza cibo, senza acqua, senza luce e vive nel terrore di cosa sarà domani, guardando sempre il cielo per vedere se piovono missili". È questa "la durissima realtà" che si vive in Siria nelle parole di mons. Boutros Marayati, arcivescovo di Aleppo per gli armeni cattolici, che ha incontrato Papa Francesco al termine dell'udienza generale nell'aula Paolo VI.

"L'unica via di uscita praticabile - dichiara il presule siriano all’Osservatore Romano - è un immediato cessate-il-fuoco che consenta finalmente di intavolare un dialogo franco tra tutte le parti in causa per arrivare a una soluzione di pace che garantisca il bene della popolazione". Al Pontefice l'arcivescovo ha portato "il dolore e la speranza dei cristiani siriani". E gli ha anche presentato Gemma Yaghlji, una donna, madre di due figli, che continua a prestare servizio in parrocchia e a insegnare religione nelle scuole, "nonostante i bombardamenti che - afferma mons. Marayati - hanno colpito anche il mio arcivescovado". Proprio "la coraggiosa testimonianza di tanti laici sta tenendo viva la speranza di una città circondata e che, al momento, non vede prospettive di pace".

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Uruguay. Plenaria dei vescovi su Sinodo famiglia e cristiani perseguitati

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Il Sinodo straordinario sulla famiglia, in programma in Vaticano dal 5 al 19 ottobre, e la preghiera per i cristiani perseguitati nel mondo: sono questi i due punti centrali dell’Assemblea plenaria dei vescovi dell’Uruguay (Ceu), svoltasi nella Festa della Trasfigurazione a Montevideo. Riguardo al primo punto, informa una nota, “si è evidenziata la necessità di un annuncio positivo della concezione cristiana sul matrimonio e la famiglia”. A rappresentare la Chiesa uruguayana al Sinodo sarà mons. Rodolfo Wirz, presidente della Ceu, il quale “porterà il contributo di tutti i vescovi di Montevideo”.

Il secondo punto dell’agenda dei lavori della Ceu ha riguardato “la preghiera per la pace e per i cristiani perseguitati”, in particolare in Terra Santa ed in Iraq. Per questo, i presuli dell’Urugay hanno stabilito che “il 15 agosto, nella Solennità dell’Assunzione della Vergine Maria, si terrà una Giornata di preghiera per la riconciliazione nel mondo”. Ma il programma della Plenaria ha incluso anche altri temi, tra cui la riflessione sulla Pastorale penitenziaria: “L’Assemblea – si legge nella nota – ha riflettuto sulla formazione degli agenti pastorali del settore e sulla vita ed attenzione religiosa nelle carceri”.

Altro tema focale della Plenaria è stata l’iniziativa di riforma costituzionale relativa all’abbassamento dell’età per l’imputabilità penale. Il testo della proposta normativa, infatti, mira ad abbassare questa età dai 18 ai 16 anni e verrà sottoposto a referendum il prossimo autunno. “Questo progetto – spiega la Ceu – è stato considerato dalla Chiesa, già a marzo, come uno dei temi più urgenti e che richiedono debite informazioni, per raggiungere una decisione responsabile”.

In quest’ottica, i vescovi “hanno considerato sia la preoccupazione della cittadinanza per la sicurezza, sia la tutela dei minori e dei loro diritti”. Guardando “sempre alla ricerca del bene comune”, sottolinea la Ceu, “la Chiesa guarderà sempre ad un approccio preventivo” del crimine “attraverso opere educative e sociali ed anche a forme di giustizia che ricostruiscano la società attuale”. La sfida, sottolineano i presuli, è quella di “sanare le ferite ed aprire un nuovo orizzonte a storie troncate”, ovvero sia alle vittime che agli autori di violenze.

Infine, guardando alle elezioni parlamentari e presidenziali, in programma il 26 ottobre, la Ceu auspica che “il voto della popolazione sia sempre più consapevole ed animato dalla ricerca del bene di tutta la società”. Per questo, si invitano le comunità cattoliche ad una “Giornata di preghiera per la patria e per i futuri governanti”, da tenersi il 12 ottobre. (A cura di Isabella Piro)

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Chiesa argentina preoccupata per diffusione gioco d’azzardo e ludopatia

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“Un popolo va avanti con il lavoro, non con un colpo di fortuna”: queste le parole di mons. Jorge Lozano, vescovo di Gualeguaychù e presidente della Pastorale Sociale dell’episcopato argentino durante l’incontro organizzato dalla presidenza della Camera dei Deputati per riflettere sul tema “Il gioco, la ludopatia, le scommesse on line nello sport e gli effetti sulla società. I parlamentari della Provincia di Buenos Aires hanno basato il loro incontro sul documento pubblicato dalla Conferenza Episcopale Argentina (2010) “Il gioco diventa pericoloso” per analizzare le conseguenze del gioco d’azzardo sui settori più poveri e vulnerabili della società.

Mons. Lozano ha criticato l’aumento della promozione di nuove modalità di gioco d’azzardo specialmente indirizzate al gioco on line che colpisce fondamentalmente i più giovani. “Il rischio di queste attività e delle scommesse elettroniche - ha affermato - è di lasciare le porte aperte alla corruzione, al ‘cancro sociale’, come dice Papa Francesco”. Il vescovo Lozano ha ricordato che dal 1993 i vescovi hanno iniziato una battaglia contro la massiccia apertura di casinò in alcune province, nonostante una percentuale del ricavato sia destinato a iniziative sociali.

Il deputato nazionale Miguel Bazze ha affermato che il gioco è un problema grave, una realtà pericolosa e in espansione che la politica ha trattato con una pericolosa distrazione e leggerezza: “La politica ha l’obbligo di reagire, non deve esistere nessun legame tra politici e imprenditori vincolati al gioco”. Dallo stesso parere Norberto Rodríguez, presidente dell’Associazione cristiana giovani YMCA, che ha aggiunto che lo Stato incoraggia il gioco anche nel settore dello sport e del calcio in particolare. “Noi lavoriamo con bambini, giovani e famiglie e in questo momento siamo circondati di valori negativi, anche provenienti dallo sport che nella sua essenza è uno strumento educativo straordinario”. La senatrice Gabriela Michetti ha ricordato che in America latina tra 15 e 20 milioni di persone soffrono di dipendenza dal gioco, specialmente nei settori più poveri dove ci sono meno strumenti per curare la ludopatia. In questo contesto, Débora Blanca, membro della associazione civile “Entrelazar”, ha sottolineato la grande sofferenza delle famiglie che ospitano un  giocatore compulsivo. “Uscire dalla ludopatia è difficile. Un giocatore vede se stesso come un rifiuto e soffre anche mentre gioca, è una doppia trappola”. Infine, nell’incontro è stata ribadita l’urgenza di ridurre l’offerta di gioco nel rispetto della dignità e dei diritti dell’uomo e della società. (A cura di Alina Tufani)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 219

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.