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Sommario del 14/08/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa a Seoul: mondo stanco della guerra, impegnarsi per la riconciliazione

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Papa Francesco è a Seoul per il suo terzo viaggio internazionale. L’aereo papale è atterrato nell'aeroporto della capitale sudcoreana quando in Italia erano circa le 3.15 del mattino. Ad accoglierlo la presidente sudcoreana Park Geun-hye. Nel suo primo discorso, incontrando le autorità del Paese, ha lanciato un forte appello per la pace e alla riconciliazione. Il servizio del nostro inviato a Seoul, Davide Dionisi: 

Is a great joy for me to come to Korea …
“È una grande gioia per me venire in Corea, la ‘terra del calmo mattino’, e fare esperienza non solamente della bellezza naturale del Paese, ma soprattutto della bellezza della sua gente e della sua ricchezza storica e culturale”. Le parole di Papa Francesco in Corea, nel suo primo discorso ufficiale, sono di ringraziamento, di grande affetto e di gratitudine nei confronti di un popolo che ha manifestato fin dall’inizio del Pontificato una grande ammirazione nei suoi confronti. Accolto nella Blue House dalla presidente della Repubblica di Corea, il Santo Padre si è intrattenuto in colloquio privato con la signora Park Geun-hye, alla quale ha donato una incisione della Biblioteca Apostolica Vaticana della pianta monumentale di Roma, per poi incontrare le autorità nel palazzo presidenziale. Rivolgendosi loro, il Papa ha ricordato le sofferenze che il Paese asiatico ha dovuto patire a causa della violenza, della persecuzione e della guerra. Prove che non hanno mai fatto venire meno la speranza di giustizia, di pace e di unità.

"What a gift hope is!  We cannot become discouraged …"
“Che grande dono è la speranza! Non possiamo scoraggiarci nel perseguimento di queste mete che non vanno solo a beneficio del popolo coreano, ma dell’intera regione e del mondo intero”. Papa Francesco ha poi sottolineato i motivi della sua visita: la VI Giornata Asiatica della Gioventù e la proclamazione di 124 Beati. Celebrazioni che si completano, ha aggiunto, perché la cultura coreana ben comprende la dignità e la saggezza proprie degli anziani e onora il loro ruolo nella società. Ma un popolo che ama le tradizioni valorizza i giovani e a loro trasmette l’eredità del passato. Il Pontefice è tornato a sottolineare l’importanza della pace soprattutto in una terra che ha sofferto lungamente:

"Korea’s quest for peace is a cause close to our hearts, …"
“La ricerca della pace da parte della Corea - ha detto - è una causa che ci sta particolarmente a cuore perché influenza la stabilità dell’intera area e del mondo intero, stanco della guerra. La ricerca della pace rappresenta anche una sfida per ciascuno di noi e in particolare per quelli tra voi che hanno il compito di perseguire il bene comune della famiglia umana attraverso il paziente lavoro della diplomazia”. Una diplomazia che, sottolinea il Papa, intesa come arte del possibile, è chiamata ad abbattere i muri della diffidenza e dell’odio e a promuovere la cultura della riconciliazione e di solidarietà. L’auspicio è che a tutti i livelli ci si possa dedicare alla costruzione, alla preghiera per la pace, rafforzando l’impegno per realizzarla. Rivolgendosi ai leader politici e civili, il Papa ha ricordato che il progresso e lo sviluppo non deve avere unicamente una connotazione economica ma anche umana, e considerato che la Corea, come la maggior parte delle nazioni sviluppate, si confronta con le problematiche sociali, le divisioni politiche, le diseguaglianze economiche e i problemi legati alla gestione responsabile dell’ambiente, è fondamentale che nessuno venga escluso.

"How important it is that the voice of every member of society be heard …"
"Com’è importante che la voce di ogni membro della società sia ascoltata, e che venga promosso uno spirito di aperta comunicazione, di dialogo e di cooperazione! E’ ugualmente importante  - ha detto - che sia data speciale attenzione ai poveri, a coloro che sono vulnerabili e a quelli che non hanno voce, non soltanto venendo incontro alle loro immediate necessità, ma pure per promuoverli nella loro crescita umana e spirituale. Nutro la speranza che la democrazia coreana continuerà a rafforzarsi e che questa nazione dimostrerà di primeggiare anche in quella 'globalizzazione della solidarietà' che è oggi particolarmente necessaria: quella solidarietà che ha come obiettivo lo sviluppo integrale di ogni membro della famiglia umana".

Il Papa ha ricordato poi la seconda visita in Corea di Giovanni Paolo II, sottolineando che il suo predecessore, già 25 anni fa, aveva manifestato la convinzione che il futuro del Paese asiatico sarebbe dipeso dalla presenza e dal contributo di uomini e donne saggi, virtuosi e profondamente spirituali. Per la realizzazione di tale obiettivo ha assicurato l’impegno della Chiesa a partecipare pienamente alla vita della nazione:

"The Church wishes to contribute to the education of the young …"
“La Chiesa desidera contribuire all’educazione dei giovani, alla crescita di uno spirito di solidarietà verso i poveri e i disagiati e contribuire alla formazione di giovani generazioni di cittadini, pronti ad offrire la saggezza e la lungimiranza ereditate dai loro antenati e nate dalla loro fede, per affrontare le grandi questioni politiche e sociali della nazione”. Questioni ancora irrisolte quali, tra le altre, l’attuale divisione tra le due Coree, che hanno minato le fondamenta di un popolo e allontanato tante famiglie. Così come evidenziato dalla presidente Park nel suo indirizzo iniziale di saluto al Papa.

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Il Papa ai vescovi coreani: custodite la speranza, non seguite criteri mondani

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La memoria e la speranza ispirino la Chiesa della Corea. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto ai vescovi coreani incontrati nella sede della Conferenza episcopale del Paese, subito dopo l’incontro con le autorità nel Palazzo presidenziale di Seoul. Ai presuli, il Pontefice ha chiesto di essere testimoni di una “Chiesa costantemente in uscita verso il mondo” e di rifiutare i “criteri mondani” del successo e del potere. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Memoria e speranza. Papa Francesco ha incentrato il suo discorso ai vescovi della Corea su questo binomio, chiedendo ai pastori coreani di esserne custodi. Voi, ha detto, “siete i discendenti dei martiri” e della tradizione “che iniziò e crebbe largamente grazie alla fedeltà” di una “generazione di laici”. Un richiamo a non cedere alla tentazione del clericalismo. Francesco ha così offerto la sua riflessione proprio su cosa voglia dire fare “memoria dei martiri” per la Corea e non solo:

“La nostra memoria dei martiri e delle generazioni passate di cristiani deve essere realistica, non idealizzata o 'trionfalistica'. Guardare al passato senza ascoltare la chiamata di Dio alla conversione nel presente non ci aiuterà a proseguire il cammino; al contrario frenerà o addirittura arresterà il nostro progresso spirituale”.

Essere custodi della memoria, ha sottolineato, “significa qualcosa di più che ricordare e fare tesoro delle grazie del passato”, ma anche “trarne le risorse spirituali per affrontare con lungimiranza e determinazione le speranze, le promesse e le sfide del futuro”. Il Papa che ha ricordato come da terra di missione la Corea sia diventata “una terra di missionari” ha dunque rivolto l’attenzione alla speranza “offerta dal Vangelo” ed ha esortato la Chiesa locale a prendersi cura degli anziani e dei giovani. Quindi si è soffermato su un tema a lui molto caro:

“Se noi accettiamo la sfida di essere una Chiesa missionaria, una Chiesa costantemente in uscita verso il mondo e in particolare verso le periferie della società contemporanea, avremo bisogno di sviluppare quel 'gusto spirituale' che ci rende capaci di accogliere e di identificarci con ogni membro del Corpo di Cristo”.

Essere custodi di speranza, ha soggiunto, “implica anche garantire che la testimonianza profetica della Chiesa in Corea continui ad esprimersi nella sua sollecitudine per i poveri”. Una sollecitudine, ha precisato, che non deve ridursi “alla sola dimensione assistenziale, dimenticando la necessità di ognuno di crescere come persona" e di "poter esprimere con dignità la propria personalità”. Il Papa ha avvertito, parlando a braccio, che una "tentazione della prosperità" è di cacciare i poveri e vivere "in tal modo che loro non osino entrare, non si sentano a casa loro":

“C’è un pericolo, c’è una tentazione che viene nei momenti di prosperità. E’ il pericolo che la comunità cristiana si socializzi, cioè che perda quella dimensione mistica, che perda la capacità di celebrare il Mistero e si trasformi in una organizzazione spirituale, cristiana, con valori cristiani, ma senza lievito profetico. Lì si è persa la funzione che hanno i poveri nella Chiesa”.

E questa, ha ammonito, “è una tentazione della quale le Chiese particolari, le comunità cristiane hanno sofferto tanto, nella storia” fino “al punto di trasformarsi in comunità di classe media nella quale i poveri” vengono a provare vergogna:

“E’ la tentazione del benessere spirituale, del benessere pastorale. Non c’è una Chiesa povera per i poveri, ma una Chiesa ricca per i ricchi o una Chiesa di classe media per i benestanti …”

Francesco ha, dunque, esortato vivamente i vescovi ad ascoltare sempre i sacerdoti, a non allontanarsi mai da loro. Quindi, ha osservato che la Chiesa coreana vive ed opera in una società “secolarizzata e materialistica”:

“In tali circostanze gli operatori pastorali sono tentati di adottare non solo efficaci modelli di gestione, programmazione e organizzazione tratti dal mondo degli affari, ma anche uno stile di vita e una mentalità guidati più da criteri mondani di successo e persino di potere che dai criteri enunciati da Gesù nel Vangelo. Guai a noi se la Croce viene svuotata del suo potere di giudicare la saggezza di questo mondo!”.

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Francesco benedice il popolo cinese

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Per la prima volta l'aereo del Papa ha potuto sorvolare la Repubblica Popolare Cinese, grazie all’autorizzazione di Pechino. E Papa Francesco ha indirizzato al presidente Xi Jinping questo telegramma augurale: “Entrando nello spazio aereo cinese, porgo i miei migliori auguri a sua eccellenza e a tutti i suoi concittadini e invoco la benedizione divina di pace e benessere sulla Nazione”.

Il Pontefice ha inviato telegrammi di saluto anche ai presidenti degli altri Paesi sorvolati durante il viaggio verso la Corea e cioè Italia, Croazia, Slovenia, Austria, Slovacchia, Polonia, Bielorussia, Russia e Mongolia.

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Il Papa in volo verso Seoul prega per il giornalista italiano ucciso a Gaza

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Durante il volo che lo ha portato in Corea del Sud, il Papa ha ricordato e pregato per Simone Camilli, videoreporter italiano, 35enne, rimasto ucciso a Gaza con un altro giornalista e tre artificieri palestinesi durante il disinnesco di un ordigno isrealiano. Ascoltiamo le sue parole rivolte ai giornalisti del seguito:

“Una preghiera per Simone Camilli, uno dei ‘vostri’ che oggi se ne è andato in servizio. Preghiamo in silenzio. Queste sono conseguenze della guerra. Grazie per il vostro servizio. Grazie per tutto quello che farete che non sarà un tour ma sarà proprio molto impegnativo. Che la vostra parola aiuti sempre ad unirci al mondo e anche mi raccomando: date questo messaggio di pace”.

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Tre tweet di Francesco: Maria ci aiuti a sradicare l'odio

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Tre i tweet lanciati oggi da Papa Francesco. Al suo arrivo a Seoul ha scritto: “Dio benedica la Corea e in special modo i suoi anziani e i suoi giovani”. Nel secondo si legge: “San Giovanni Paolo II, prega per noi e specialmente per i nostri giovani”. Il terzo è un’invocazione di pace: “Maria, Regina della Pace, aiutaci a sradicare l’odio e a vivere in armonia”.

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Una teologa sudcoreana: Francesco dà speranza a Paese in difficoltà

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Sulle attese per questa visita di Papa Francesco in Corea, il nostro inviato a Seoul padre Bernd Hagenkord ha intervistato la teologa coreana Serena Kim, docente all’università di Daegu: 

R. - Recentemente noi coreani abbiamo attraversato tante crisi, economiche, politiche, sociali, in ogni campo. Poi, c’è stata anche la grande tragedia di Sewol. Quindi siamo feriti, siamo rimasti paralizzati psicologicamente. Il Papa viene ad aiutarci a riprendere una nuova speranza nel futuro.

D. – La Corea è un Paese multireligioso: che ruolo ha la Chiesa cattolica?

R. – In Corea il cattolicesimo è sempre stata una religione apprezzata moralmente ed eticamente.

D. – Per quanto riguarda le relazioni tra le religioni c’è un dialogo attivo?

R. – In parte cercano il dialogo e in parte ci sono conflitti. In Corea ufficialmente c’è una commissione dei rappresentanti delle sette religioni. Dicono che bisogna aggiungere l’islam, quindi saranno otto religioni. I fedeli cercano sempre di incontrarsi quando si verifica qualche problema, qualche incidente sociale.

D. – Il Santo Padre può contribuire a questo dialogo?

R. – Certamente perché il Papa non cerca di convertire i fedeli delle altre religioni al cattolicesimo. Questo è un buon atteggiamento, un modello che le altre religioni possono imparare. Recentemente una mia amica protestante, anche lei teologa, mi diceva: Papa Francesco anche per me è il Papa. L’effetto, il fenomeno di Papa Francesco, sarà di stimolo per questa commissione e per molte altre religioni coreane.

Tra quanti hanno organizzato i preparativi della visita del Papa in Corea c’è il sacerdote Giuseppe Lee. Questa la sua testimonianza al microfono di Davide Dionisi: 

R. – Noi abbiamo preparato gli eventi con grande gioia, con grandissima gioia! Tante, tante persone hanno partecipato ai preparativi: quasi 100 sacerdoti della nostra diocesi, molte suore, 4.000 giovani e tanti laici ci hanno aiutato e pregano per il Santo Padre, con grande gioia. Il Santo Padre è molto, molto famoso tra noi coreani, tra i cattolici ma anche tra i non cattolici.

D. – Che significato ha la visita del Santo Padre in un Paese come la Corea?

R. – Noi speriamo soprattutto che il Santo Padre ci dia pace e conforto, perché oggi molti coreani oggi hanno difficoltà nella vita quotidiana: anche noi abbiamo difficoltà … E quindi, la visita del Santo Padre significa per noi conforto …

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Napolitano: viaggio del Papa in Corea, messaggio di pace e fratellanza

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Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, in risposta al telegramma augurale del Papa in occasione del viaggio in Corea, ha inviato al Pontefice il seguente messaggio augurale:

"Santità, desidero farle pervenire il mio più sincero ringraziamento per il messaggio che ha voluto indirizzarmi nel momento in cui si accinge a partire per il Viaggio Apostolico nella Repubblica di Corea, in occasione della sesta Giornata della Gioventù Asiatica. La comunità internazionale guarda con grande interesse a questa sua missione, la prima in Asia dall'inizio del pontificato. Sono certo che in questo delicato momento nel quale anche in estremo oriente si moltiplicano le tensioni, il suo messaggio di fratellanza e solidarietà saprà toccare il cuore di tutti coloro che operano per costruire nella regione un duraturo futuro di pace e convivenza. Mi è gradita l'occasione per rinnovarle i sensi della mia profonda stima e vicinanza".

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Padre Lombardi: Papa Francesco felice per l’accoglienza a Seoul

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Papa Francesco è felice per l’arrivo nella Repubblica di Corea e per l’accoglienza ricevuta. E’ quanto ha detto padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, in un briefing con i giornalisti a Seoul. Il servizio di Amedeo Lomonaco:  

Il Papa – ha detto padre Lombardi – è felice e in buona forma. All’aeroporto – ha aggiunto – è stato ricevuto dal presidente coreano, un gesto non consueto:

“This first day…
Questa prima giornata è stata molto positiva anche per lui e ha raggiunto un buon successo, a cominciare dall’arrivo all’aeroporto: penso che abbiate notato che la presidente della Corea era presente e questo non è abituale. Normalmente, il presidente non viene all’aeroporto a ricevere il capo di Stato che arriva, ma piuttosto lo riceve al palazzo presidenziale in un secondo momento, come è avvenuto anche oggi. Ma la sua venuta all’aeroporto è stato un segno di particolare rispetto e considerazione che il Santo Padre ha molto apprezzato, e noi insieme a lui”.

Nella delegazione che ha accolto Papa Francesco all'arrivo in Corea – ha spiegato padre Lombardi - c’erano anche molti cattolici:

“In the delegation that was greeting the Pope…
Della delegazione venuta a salutare il Papa al suo arrivo, facevano parte non soltanto le autorità – le autorità civili e religiose – ma anche molti rappresentanti della comunità cattolica. Questo è stato molto buono. Ho sentito che due delle persone presenti erano insieme a parenti dei martiri che saranno beatificati nei prossimi giorni: membri delle famiglie dei martiri. Questo ci dà immediatamente il senso di quanto la Chiesa cattolica in Corea sia 'famiglia' e quanto l’evento del martirio sia presente nella vita reale della comunità, delle famiglie, delle famiglie cattoliche. Questo è molto interessante e toccante – per noi”.

Ad una domanda sui temi al centro del colloquio tra il Papa e la presidente coreana, padre Lombardi ha poi risposto:

“I am not informed about every particular aspect of the talks …
Non sono informato su tutti i dettagli del colloquio, ma secondo quello che mi ha detto il cardinale Parolin si è svolto sostanzialmente sulla Corea, sulla Corea del Nord, sulla pace, sulla riconciliazione … Usualmente, quando ci sono colloqui in merito a soluzioni o decisioni specifiche, il Papa non entra in queste discussioni specifiche. Il Papa manifesta sempre la sua partecipazione alla sofferenza del popolo, prega per le persone e con loro”.

Padre Lombardi ha infine reso noto che i parenti delle 300 vittime del naufragio del traghetto Sewol, avvenuto lo scorso aprile, hanno potuto incontrare questa mattina Papa Francesco all'aeroporto di Seoul. Questo incontro – ha concluso Padre Lombardi - è motivo di speranza anche perché aiuta l'opinione pubblica a non dimenticare quanto è accaduto.

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Card. Filoni tra gli sfollati in Iraq: chiedono l'aiuto internazionale

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Il cardinale Fernando Filoni, inviato da Papa Francesco a portare la sua vicinanza e la solidarietà concreta alle vittime delle violenze in Iraq, è giunto ad Erbil, nel Kurdistan iracheno. Qui ha potuto abbracciare i tanti sfollati che hanno dovuto lasciare le proprie case nella Piana di Ninive per l’offensiva violenta dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico. Ascoltiamo la testimonianza del cardinale Fernando Filoni, raggiunto telefonicamente ad Erbil da Sergio Centofanti

R. – La prima cosa che ho fatto oggi è venire nella casa del vescovo, dove già all’interno del giardino, all’interno della chiesa e in altri 23 posti – per lo più sono le scuole della chiesa, sono le chiese stesse – hanno trovato rifugio molte migliaia di persone; altre che hanno potuto, si sono stabilite in famiglie che le hanno accolte. Questo, naturalmente, come primo impegno da parte della Chiesa: l’accoglienza; e quindi la gente vive in modo precario, all’aperto. Fortunatamente, non fa freddo, anzi, fa molto caldo per cui anche durante la notte la gente dorme all’aperto; altri, invece, con bambini trovano riparo in qualche grande sala. Fortunatamente, anche qui si è riusciti a trovare un po’ di aria condizionata, soprattutto dove ci sono i bambini. Ora, l’organizzazione mi pare che stia andando bene. Ho visitato già alcuni di questi centri, alcuni di questi campi … Posso dire che c’è molta generosità, c’è molto impegno. Lo stesso che ho trovato anche sia da parte del governo del Kurdistan e anche questa mattina stessa, parlando con il presidente della regione del Kurdistan, il presidente Mas’ud Barzani. Da parte di tutti, molta disponibilità, molta gratitudine anche nei riguardi del Santo Padre per la sua attenzione per questi nostri rifugiati, e un impegno anche per venire incontro anche già ad alcune necessità materiali: per esempio, la situazione degli studenti che hanno dovuto interrompere la scuola e quindi anche gli esami; la situazione più urgente delle famiglie, anche con la necessità dell’assistenza medica, così come la distribuzione a tutti dei generi di prima necessità. Alcuni campi sono organizzati in modo tale per cui funzionano delle cucine centrali; si stanno approntando bagni, si stanno approntando tutte quelle altre strutture che sono primarie e necessarie. E poi, si dà aiuto anche a quelli che sono nelle famiglie o che hanno la possibilità di prendere in affitto una casa, soprattutto da parte di quelle famiglie che accolgono altre famiglie di profughi. Dunque, mi pare un’esperienza interessante, quella che sto vivendo, anche con l’entusiasmo e la generosità di tutti.

D. – Lei ha consegnato anche l’aiuto del Papa…

R. – Indubbiamente: ai vescovi ho consegnato l’aiuto del Papa e a questo vanno ad aggiungersi anche tante altre generosità che vedo stanno arrivando. Ma c’è una forte gratitudine non solo per questo impegno materiale del Papa, ma soprattutto perché la sua voce ha fatto presente questa difficilissima, terribile situazione in cui si sono venute a trovare circa 160 mila persone tra cristiani e appartenenti ad altre minoranze, divise tra la zona di Arbil e poi, un po’ più a nord.

D. – C’è ancora tanta paura tra questi rifugiati, per l’avanzata dei jihadisti?

R. – Purtroppo, bisogna dire che la situazione, anche da un punto di vista militare, è ancora fluida. Questo, naturalmente, da parte anche delle autorità che manifestano la difficoltà di avere gli strumenti per difendere la propria terra, la propria gente. Da questo punto di vista si chiede aiuto alla solidarietà internazionale non solo dal punto di vista materiale, attraverso ponti aerei e così via, perché è chiaro che con tanta gente da assistere, anche le scorte si esauriscono; ma anche da un punto di vista politico e militare: le autorità sono molto sensibili a chiedere l’aiuto internazionale, perché ovviamente il Kurdistan non riesce a far fronte a tutte queste necessità. Tuttavia, ho sentito anche l’impegno politico da parte del presidente Barzani: loro difenderanno fino alla fine la loro terra e con essa anche tutti i cristiani e le minoranze che vi sono.

D. – Personalmente, come si è sentito accolto?

R. – Io sono stato accolto molto bene e con molto entusiasmo, con molta simpatia da parte della gente. Ovviamente, accanto alla dimensione materiale c’è quella dimensione psicologica: la gente fuggita da casa, sradicata dalle sue abitudini, dalla sua cultura, dal suo ambiente … E quindi, sentono anche un po’ questa necessità spirituale di essere sostenuti dal punto di vista spirituale stesso e anche psicologico. Il futuro, naturalmente, rimane incerto: “Cosa sarà di noi?”. Ecco, noi speriamo, con il contributo e l’aiuto di tutti, di far sì che un giorno questa gente possa tornare a casa sua.

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Oggi in Primo Piano



Bagnasco: Iraq, genocidio religioso ma mondo è tiepido

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La preghiera per i cristiani perseguitati unirà tutti cattolici italiani il 15 agosto, nella Solennità dell’Assunzione. Corale è la risposta delle diocesi di tutta Italia che hanno aderito all’iniziativa “Noi non possiamo tacere”, indetta dalla Conferenza episcopale italiana per porre al centro dell’attenzione le brutali persecuzioni subite, in particolare dalle comunità cristiane, ma non solo, in Iraq e Medio Oriente. Sullo spirito e lo scopo di questa giornata di preghiera Marco Guerra ha intervistato il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco: 

R. – Il primo atto di carità è la preghiera, in quanto raggiungiamo i sofferenti, i bisognosi, innanzitutto attraverso il cuore e la forza di Cristo; e, insieme a questo, che è un atto corale della Chiesa italiana - in tutte le parrocchie si pregherà proprio per i perseguitati, per la loro religione – c’è anche una disponibilità, che è stata dichiarata ufficialmente, perché le nostre comunità possano in caso di necessità accogliere temporaneamente coloro che riterranno di dover abbandonare la loro terra, proprio per sfuggire a questa feroce persecuzione religiosa. Tutto questo avverrà attraverso la Segreteria di Stato vaticana e attraverso la nunziatura apostolica di Baghdad, in modo che loro ci possano segnalare le persone, le famiglie, i nuclei, che sono in questa necessità e hanno questo desiderio.

D. – Il Papa ha lanciato numerosi appelli e ha scritto una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite…

R. – La parola del Papa è una parola fondamentale, evidentemente, per richiamare l’attenzione non soltanto della Chiesa cattolica, ma di tutta la cristianità e dell’umanità intera. Il suo riferirsi, quindi, agli organismi supremi, dal punto di vista organizzativo, sociale, culturale e politico, come il Consiglio di Sicurezza, evidentemente è un fatto, un gesto che richiama, che dà tutto il peso alla tragedia che si sta consumando, al genocidio religioso che sta avvenendo sotto gli occhi – mi pare – tiepidi del mondo, specialmente del mondo occidentale. Anche i vescovi presidenti delle Conferenze episcopali dei Paesi europei hanno seguito questo gesto del Santo Padre e abbiamo mandato una petizione molto chiara anche noi al Consiglio di Sicurezza, nonché alle autorità di Bruxelles, nella medesima direzione, perché si alzi corale la voce di condanna di questo genocidio religioso e si possano mettere in atto delle misure adeguate, tempestive, chiare, per porre fine a questa persecuzione religiosa. Auspichiamo che da tutte le parti e da tutte le istituzioni politiche, culturali, religiose si faccia una sola voce di condanna esplicita, forte, alta, di presa di distanza da questa feroce persecuzione, che è una vergogna per l’umanità intera. Se qualcuno condanna questo fatto deve dirlo chiaramente davanti al mondo, perché così si indebolisce questa parte, queste minoranze che sono fanatiche e totalmente intolleranti.

D. – Quanto è importante la testimonianza di chi soffre per la propria fede?

R. – E’ fondamentale, perché specialmente per noi occidentali è necessario riscoprire, come ci insegna il Papa continuamente, il dono della fede, la grazia della fede ricevuta e non vergognarcene. L’Europa si è vergognata, si sta vergognando delle proprie radici cristiane, negandole, di fatto, perlomeno tacendole, e questo non è un buon segno. Assolutamente. E’ un pessimo segno, perché è una civiltà, un Paese, un continente senza volto, senza radice. E quando siamo senza volto, diventiamo anche senza parola e incapaci di dialogo con tutte le altre culture, Paesi e volti e questo apre la porta a qualunque compromesso. La testimonianza, dunque, dei martiri è un forte richiamo al dono della fede, per esserne grati e per essere richiamati nello stesso tempo alla necessità del coraggio, della testimonianza. Se non avessimo il coraggio della testimonianza, anche con il sacrificio ed eventualmente con il dono della vita - se fosse il caso - dovremmo veramente ripensare la nostra fede: se è tiepida o se è vera.

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Allarme Onu sugli yazidi: esecuzioni e violenze

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Ferma condanna da parte dell'Onu dell'esecuzione, nei giorni scorsi, da parte dei miliziani dello Stato Islamico di circa 500 membri della comunità Yazida in Iraq. Il consigliere speciale del segretario generale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, Adama Dieng, nella stessa dichiarazione esprime allarme per le notizie di rapimento da parte degli islamisti di circa 1.500 donne e ragazze Yezidi, cristiani e Shabak. Dal premier britannico Cameron l'annuncio di un piano internazionale in corso per evacuare almeno 30.000 profughi yazidi. Delle ultime ore la notizia della distruzione del principale tempio yazida a Lalish, 60 km a nord di Mosul. Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno reso noto che è meno probabile un loro intervento per l'evacuazione degli sfollati yazidi. Ma chi sono gli yazidi, noti anche come il popolo dell’Arcangelo Pavone? Paolo Ondarza lo ha chiesto al collega Cristiano Tinazzi, esperto di Iraq:   

R. - Stiamo parlando di una comunità che conta - più o meno - 500 mila persone, che vive prevalentemente nel distretto di Mosul e nella zona del Sinjar; ci sono poi piccole comunità sparse in giro per il mondo, in Germania, in Armenia e anche negli Stati Uniti e in Turchia. E’ una comunità che ha origini antichissime, quasi 5 mila anni, ed è di etnia curda. La religione è molto esoterica, per cui è difficile comprenderla appieno. Sono divisi per tre caste e queste tre caste non possono né sposarsi tra di loro, né sposarsi con esterni. Chiaramente sono tra i primi ad essere soggetti a persecuzioni proprio perché hanno una religione che è legata, in qualche modo, allo zoroastrismo, con alcune derivazioni sufi e anche elementi di Kabbalah giudaica e del cristianesimo: hanno subito influssi, anche se loro preferiscono dire che loro hanno influenzato le religioni che sono venute dopo.

D. - Sono soprannominati anche il “Popolo dell’arcangelo Pavone”…

R. - Sì. L’arcangelo Pavone è uno dei sette angeli che loro venerano. Si tratta di Melek Ṭā’ūs, più o meno corrispondente alla figura dell’arcangelo Lucifero. Diciamo che è un angelo che è “decaduto”, è finito all’inferno e poi si pente: con le sue lacrime spegne le lacrime dell’inferno e torna ad aiutare il mondo. E’ una incarnazione della divinità della luce.

D. - E’ questa associazione a Lucifero che ha reso il popolo yazida soggetto a persecuzioni e a emarginazioni?

R. - Sicuramente! E’ una religione legata ad una sorta di monoteismo, ma duale: nel senso che bene e male sono la stessa persona. Non è visto in senso negativo l’angelo che finisce all’inferno, tant’è che poi si pente delle malefatte… Il fatto comunque che vengano definiti dai sunniti “estremisti adoratori del diavolo” non li mette certo in buona luce. Nel corso dei secoli hanno subito 73 tentativi di genocidio.

D. - In che rapporti sono con i cristiani in Iraq?

R. - In buonissimi rapporti. In sé, loro non hanno alcun problema di convivenza con le altre religioni.

D. - Anche sotto Saddam Hussein hanno subito persecuzioni?

R. - Essendo di etnia curda, comunque, hanno subito un tentativo di arabizzazione da parte di Saddam Hussein: la stessa cosa che ha fatto con i curdi. E’ evidente che dopo la caduta del regime si è acuito questo odio settario - anche religioso - tra i vari gruppi, che è animato anche da interessi politici. E’ una cosa che non è nuova la persecuzione delle minoranze in Iraq, soprattutto dopo l’invasione americana, e l’odio settario che c’è stato dal 2003 in poi. Nel 2007 subirono l’attentato gravissimo da parte di al-Qaeda con un camion bomba che fece quasi 700 morti. Per cui il fatto che adesso ci sia anche una paura feroce nell’avanzata dell’Isis è legata anche a questo, al fatto che il popolo yazida crede e pensa di essere - insieme agli sciiti – il primo obbiettivo "eretico" o "pagàno" soggetto a persecuzioni.

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Gaza, prolungata la tregua: situazione umanitaria drammatica

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 A Gaza è in vigore la tregua annunciata al Cairo. Giunge intanto in serata in Italia, la salma di Simone Camilli, il videoreporter ucciso a Gaza da una esplosione. Ad accompagnarlo, da Tel Aviv, i genitori e la sorella. Servizio di Francesca Sabatinelli: 

Sono bloccati i negoziati al Cairo tra israeliani e palestinesi, con questi ultimi che hanno lasciato l’Egitto per rientrare a Ramallah per consultazioni con il presidente Abbas. Per sabato è atteso il loro ritorno al Cairo, nella speranza che regga ancora la tregua di cinque giorni prolungata ieri in extremis dalle parti dopo le precedenti 72 ore. Un cessate il fuoco messo a rischio dal lancio di razzi da Gaza e dalla reazione israeliana. Il premier israeliano Netanyahu ha convocato per il pomeriggio il Gabinetto di sicurezza con cui intende discutere le modalità della tregua. Abbiamo raggiunto a Gaza, a Khan Younis,  Sami Abu Omar:

R. - Ieri sera, fino a mezzanotte non si sperava nella tregua. Le persone che erano ritornate ieri pomeriggio a casa, erano ritornate di nuovo nelle scuole, avevano paura che ricominciasse una nuova offensiva via terra. L’offensiva via terra è stato il momento più difficile della guerra, la maggioranza delle vittime ci sono state durante quegli ultimi cinque giorni di conflitto. Il problema grande rimane quello delle case: ci sono 10.500 case distrutte totalmente, più quelle inabitabili a causa degli ordigni che sono all’interno. Io sono andato, in questi giorni, a visitare tutte queste case: è una cosa inimmaginabile! Come ci fosse stato un terremoto del 15.mo grado della scala Richter!

D. - Dal punto di vista dell’emergenza sanitaria, com’è la situazione?

R. - Qui c’è un’emergenza sanitaria enorme, soprattutto riguardo all’igiene personale. Ci sono quasi 300 mila sfollati nelle scuole dell’Unrwa, ma la loro capacità è soltanto di 80 mila persone. In un’aula di 25 metri quadri ci sono 70 persone che vi dormono: sono tutte donne e bambini, perché gli uomini dormono fuori, in strada. Stanno già cominciando le malattie della pelle e questo è dovuto proprio alla mancanza di igiene, alla mancanza di servizi sanitari. Anche i bagni, le toilette in queste scuole sono intasate, allagate. C’è un flusso umanitario incredibile! C’è poi il problema del cibo, dell’acqua, manca tutto! Questa guerra ha distrutto tutte le infrastrutture.

D. - A Gaza che notizie vi arrivano dei colloqui? Le persone che tu conosci, i tuoi amici, i tuoi familiari e anche tu, in cosa sperate?

R. - Noi qui a Gaza ci auguriamo cose semplici, cose banali, non chiediamo la luna! La gente chiede di togliere l’embargo in atto da 8 anni, di fare entrare le merci, i materiali da costruzione, c’è bisogno di ricostruire, altrimenti la gente dove va? La gente ora sta nelle scuole, ma il 25 agosto ricominciano le scuole. Dove li mandano, se non trovano un’altra soluzione? La gente qui vuole la pace, vuole vivere una vita senza guerra. Siamo stanchi! La gente non crede più nello Stato di Israele: dagli accordi Oslo sono passati 20 anni, senza che succedesse nulla. Ci hanno tolto le cose che ci erano state date prima, senza averle negoziate. Oggi invece ci sono cinque giorni di tregua, la gente esce, va nella propria casa e riesce a recuperare quello che è rimasto, una coperta, un materasso, qualcosa che può servire in questi giorni.

D. - Tu hai figli?

R. - Ho cinque figli. Il problema è come raccontare loro questa guerra, soprattutto ai più piccoli. Ci chiedono: “Babbo, perché stanno bombardando? Noi siamo cattivi? Perché ci stanno ammazzando? Perché è morto il mio amico?”. Ogni casa, ogni vicino, è stato toccato dalla morte! I bambini vivono in questo terrore da quasi 35 giorni: cosa gli spieghiamo di questa guerra? E poi quei bambini non sono più bambini, perché sono cresciuti prima della loro età. Sanno il nome di tutti i missili che cadono, delle cannonate, perché sono 35 giorni che sentono sempre le stesse cose. Invece di fare i bambini e giocare! Questa generazione, in 6 anni, ha vissuto tre guerre. I ragazzi, i giovani sono cresciuti nell’odio, nella morte. Hanno visto morire un fratello, un amico o hanno visto distruggere la loro casa. Tutti nella Striscia sono traumatizzati. Io qui da Gaza voglio lanciare un messaggio alla Comunità internazionale di stare vicino a questo popolo povero e che si facciano pressioni su Israele affinché tolga l’embargo. Non si può vivere così! E’ una cosa vergognosa che la Comunità internazionale possa vedere tutto questo e non esprimere una condanna.

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Calo per l'economia tedesca. La Bce: misure contro la deflazione

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Doccia fredda per l’economia tedesca. Il Pil di Berlino arretra dello 0,2% nel secondo trimestre 2014 rispetto al trimestre precedente. Il dato è peggiore delle attese che indicavano una possibile flessione dello 0,1%. Intanto la Banca Centrale Europea potrebbe ricorrere anche a strumenti non convenzionali" contro un'inflazione che dovesse rimanere bassa troppo a lungo. Alessandro Guarasci: 

La Bce torna a chiedere riforme strutturali, perché, dice nel suo bollettino mensile, senza di queste la crescita nell’Eurozona è fortemente a rischio. La domanda interna è inferiore alle attese, e questo comporta una ripresa moderata e disomogenea. Ecco perché la Bce potrebbe immettere nuova liquidità sui mercati. Il tempo d’altronde volge al brutto. La Germania cala dello 0,2%, il primo arretramento dell'economia della Germania dal 2012, peggiore delle attese che indicavano un -0,1%. A fine anno il Pil dovrebbe rallentare all’1,2%, in Francia allo 0,5% ma Parigi andrà oltre il 4% nel rapporto tra deficit e Pil. Negative le ripercussioni sui mercati. Il rendimento del bund tedesco è sceso per la prima volta sotto l'1%. Sentiamo l’opinione dell’economista Giuseppe Colangelo:

R. – Non dobbiamo dimenticare che i Paesi del Sud Europa sono degli importanti clienti per la Germania. Pensiamo ad esempio alle automobili. Tutti i Paesi europei sono, tra di loro, molto legati. Poi, risentono per la globalizzazione anche dell’andamento delle economie non europee che, anch’esse, non stanno brillando.

D. – La Bce dovrebbe intervenire, così dice, con interventi straordinari contro la deflazione. Lei che cosa si aspetta?

R. – Interverrà con una politica monetaria ancora più espansiva, una maggiore erogazione del credito, per vedere di riprendere l’attività economica, sia pure gradualmente, ed evitare di finire in deflazione.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria: continua l'avanzata dei jihadisti dello Stato islamico

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I miliziani jihadisti dello Stato Islamico sono avanzati nella provincia di Aleppo, nel nord-ovest del Paese, dopo aver sconfitto altri gruppi di ribelli islamisti, almeno 40 le vittime secondo l’Osservatorio siriano. Intanto i ministri degli Esteri di Giordania e Libano hanno chiesto l'aiuto della comunità internazionale per far fronte all'emergenza dei rifugiati siriani in fuga dalla guerra. Intanto, l'esercito siriano ha annunciato di avere riconquistato il sobborgo strategico di Mleha, solo due chilometri a est di Damasco, con un'azione che ha rafforzato l’incerto controllo delle forze lealiste sui dintorni della capitale. Mleha, che per oltre un anno è stata assediata dalle truppe del regime, è una delle località della Ghuta orientale dove è forte la presenza dei ribelli, che continuano a lanciare colpi di mortaio e razzi sulla capitale.

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I vescovi argentini: violenze in Iraq, no all'indifferenza

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"La fede in Dio non può giustificare la violenza, la discriminazione e la morte": è netta l’affermazione della Commissione permanente dei vescovi argentini, contenuta in un documento intitolato “La libertà religiosa è un diritto umano”. Riuniti, in questi giorni, nella loro 168.ma riunione, i presuli di Buenos Aires hanno diffuso il documento, guardando in particolare al dramma dei cristiani in Iraq, “un dramma umano - scrivono - di fronte al quale non possiamo restare indifferenti”.

“La violenta persecuzione delle comunità cristiane nel nord dell’Iraq – si legge nel documento – ci mostrano il volto doloroso di un popolo sofferente a causa dell’intolleranza; anziani, bambini e donne incinte sono trattati in modo disumano e sono numerosi i morti in esilio forzato”. Facendo poi eco alle parole del Papa che più volte ha invocato la pace per il Paese, la Chiesa argentina sottolinea: “La storia ci insegna che l’intolleranza va di pari passo con le più crudeli delle violenze e la prima cosa che va perduta è la pace, tanto necessaria per la convivenza umana”. “Le nazioni che non accettano, né valorizzano il pluralismo religioso – continuano i presuli – sono isolati dalla comunità internazionale e si chiudono alla cultura dell’incontro” e “la cosa più grave è che per compiere tali crudeltà invocano il nome di Dio, Padre di tutti gli uomini”.

Al contrario, ribadisce il documento episcopale, “quando si respira la libertà religiosa e  la tolleranza virtuosa guida la convivenza umana tra le diverse confessioni, possiamo aspirare ad un mondo più umano, bello e possibile, perché tutti possiamo professare liberamente i nostri ideali trascendenti e vivere la dimensione spirituale dell’amore verso Dio e verso il prossimo”.

Infine, i presuli di Buenos Aires invitano i fedeli a pregare per la pace in Iraq, in particolare nelle celebrazione eucaristiche di domenica prossima, “affinché cessi la persecuzione dei cristiani e degli altri credenti, regnino la pace, la concordia e la convivenza ragionevole tra gli iracheni e, superando l’intolleranza, si privilegi il rispetto ed il diritto di ciascuno a professare liberamente il proprio credo”. (I.P.)

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Ucraina: nuovi bombardamenti su Donetsk

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Nuova giornata di violenze nell’Ucraina orientale. Almeno tre persone sono morte nel bombardamento che si è abbattuto questa mattina sul centro di Donetsk, principale roccaforte dei ribelli separatisti filo-russi. I colpi di artiglieria hanno colpito anche la procura locale, occupata dagli insorti.

Intanto, dopo una sosta in una base militare russa, è ripartito in direzione della regione di Rostov il convoglio di aiuti umanitari partito da Mosca. Gli oltre 280 mezzi probabilmente proveranno a passare il confine da una posto di frontiera controllato dai ribelli poiché il governo Kiev ha detto che consentirà il loro passaggio solo dopo il controllo di tutti i veicoli e a patto che a distribuire i beni di prima necessità sia la Croce Rossa. Infine il parlamento di Kiev ha approvato nuove sanzioni contro Mosca mentre il presidente russo Putin in visita in Crimea ha detto che farà di tutto per mettere fine al conflitto, parlando di situazione “umanitaria drammatica”. L’ultimo bilancio dell’Onu parla di oltre 2000 vittime in quattro mesi di conflitto.

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Direttive pastorali dei vescovi nigeriani contro l'epidemia di Ebola

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“Vigilanza e cautela” vengono raccomandate dei vescovi della provincia ecclesiastica di Ibadan, in Nigeria, di fronte all’epidemia di ebola che sta colpendo numerosi Paesi africani. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, il numero di casi di infezione in Africa occidentale è salito a 1.975. Liberia e Sierra Leone i Paesi più colpiti, mentre la Guinea ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale ed il Kenya è stato classificato come “Paese ad alto rischio”.

Di qui, la nota diffusa dai presuli, i quali si appellano innanzitutto al governo ed agli organismi statali affinché cerchino di mantenere il virus sotto controllo; quindi, esortano “sacerdoti, religiosi ed operatori pastorali a collaborare con il personale medico nella sensibilizzazione ed informazione della popolazione sui pericoli, i sintomi e la profilassi di questa patologia”.

In quest’ottica, la Chiesa di Ibadan incoraggia l’uso di dialetti locali, affinché “sia assicurata la comunicazione nel miglior modo possibile e si minimizzi la diffusione di superstizioni e preconcetti” tra la popolazione. Inoltre, i vescovi suggeriscono alcune direttive pastorali specifiche per lo svolgimento della celebrazione eucaristica: ad esempio, i celebranti sono invitati a lavarsi spesso le mani; il segno della Croce che i fedeli fanno intingendo la punta delle dita nell’acquasantiera all’ingresso della Chiesa può essere sospeso; coloro che raccolgono le offerte, sono invitati ad usare i guanti. Da ricordare che la provincia ecclesiastica di Ibadan comprende l’arcidiocesi di Ibadan, e le diocesi di Ondo, Ekiti, Ilorin, Oyo e Osogbo. (I.P.)

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Irlanda: 150mila pellegrini per la Novena di Knock

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Sono oltre 150mila i pellegrini che partecipano all’annuale Novena alla Vergine di Knoch, Regina d’Irlanda, in programma fino al 22 agosto nella Basilica mariana di Co Mayo. Il tema dell’edizione 2014 è “Testimoni di speranza”, a sottolineare – spiega una nota della Conferenza episcopale – “la speranza e la preghiera dei fedeli per il rinnovamento della Chiesa in Irlanda”.

Quest’anno, inoltre, l’evento assume un significato particolare poiché coincide con il 135.mo anniversario dell’apparizione della Madonna proprio a Knock: il 21 agosto 1879 la Vergine Maria apparve ai fedeli, assieme a san Giuseppe e a san Giovanni Evangelista. Nel corso del XX secolo, quindi, venne costruito un imponente santuario, visitato anche da Papa Giovanni Paolo II nel 1979. “La Novena – spiega padre Richard Gibbons, parroco di Knock – dona ai fedeli il senso dell’incontro con Cristo, attraverso i sacramenti dell’eucaristia e della riconciliazione”. Il programma dell’iniziativa prevede non solo momenti di preghiera, ma anche seminari e gruppi di riflessione “destinati a trasmettere alle persone il giusto approccio al pellegrinaggio”.

Particolarmente cara ai fedeli irlandesi, la Basilica mariana di Knock ha accolto, lo scorso anno, una celebrazione significativa: il 15 agosto 2013, infatti, l’Irlanda vi è stata consacrata al Cuore Immacolato di Maria. L’evento si inseriva nell’Anno della fede, indetto dall’allora Papa Benedetto XVI per commemorare i 50 anni del Concilio Vaticano II. (I.P.)

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Pio XII, 60 anni fa il primo Angelus trasmesso dalla Radio Vaticana

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60 anni fa, il 15 agosto 1954, la Radio Vaticana fu testimone di un avvenimento che avrebbe rivoluzionato le abitudini domenicali dei Papi da lì in avanti. A mezzogiorno, per la prima volta, Pio XII recitava pubblicamente l’Angelus da Castel Gandolfo dai microfoni dell’emittente vaticana. La novità piacque a Papa Pacelli che, dopo la pausa estiva, cominciò a recitare ogni domenica l’Angelus davanti alla folla che da quel momento imparò a radunarsi sotto quella che sarebbe divenuta la finestra più famosa del mondo, quella dello studio privato del Pontefice, nel Palazzo Apostolico.

A ricordare questo anniversario è il sito ufficiale della Causa di canonizzazione di Pio XII (papapioxii.it), sulla cui pagina viene pubblicato l’audio originale di quel primo Angelus, fornito dalla Radio Vaticana, che ha digitalizzato l’archivio sonoro dei Papi. “L’augurio, e la preghiera – è l’auspicio dei curatori del sito – è che possa riprendersi questa bella abitudine di preghiera giornaliera – che, a metà della nostra giornata, ci aiuta ad orientare i nostri passi, qualora ci siamo per un attimo persi, sentendo, tra l’altro, il sostegno di tutti i nostri fratelli nella fede che, alla stessa ora, si fermano come noi per un veloce pensiero alla Vergine Maria. Può essere bello pensare che a quell’ora anche il lavoro del Papa, nelle sue stanze, si ferma; e allora possiamo unirci a lui, e pregare per le sue intenzioni, che sono quelle di tutta la Chiesa”. (A.D.C.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 226

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.