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Sommario del 22/08/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa Francesco impressionato dalla fede della madre di James Foley

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Papa Francesco ha chiamato ieri sera la famiglia di James Foley, il giornalista americano barbaramente ucciso in Iraq dai jihadisti dello Stato Islamico. I genitori di Foley si sono detti “commossi e grati” per questo gesto di vicinanza del Pontefice. Il servizio di Alessandro Gisotti

E’ stata la fede a sostenere James Foley nella sua lunga prigionia prima dell’uccisione, è la fede che sostiene ora i suoi genitori. Una fede che ha impressionato anche Papa Francesco, come ha sottolineato padre Ciro Benedettini. Ai nostri microfoni, il vicedirettore della Sala Stampa Vaticana, racconta la toccante telefonata che il Papa ha fatto alla famiglia del reporter di guerra ucciso in Iraq:

“La telefonata è avvenuta ieri sera poco dopo le 20.00, dopo la cena del Santo Padre. Ovviamente è avvenuta in lingua inglese con un intermezzo anche in lingua spagnola. Il Santo Padre ha voluto dimostrare la sua vicinanza a questa famiglia provata dal dolore. In particolare, ha parlato all’inizio con la madre, che è cattolica, e che ha dimostrato una grande fede, che ha in qualche modo impressionato anche il Papa. Ha parlato poi con il padre, e poi con un membro della famiglia di lingua spagnola e quindi il Santo Padre ha potuto parlare in spagnolo. Ovviamente, l’auspicio di tutti, del Santo Padre e della famiglia è che questi tragici fatti non si ripetano”.

Gratitudine, commozione: questi i sentimenti espressi della famiglia Foley, dopo la telefonata, mentre i media americani hanno dato ampio spazio al gesto di partecipazione spirituale di Papa Francesco:

“Having the Pope himself called the family to express …".
“Il fatto che il Papa stesso abbia chiamato la famiglia per esprimere le sue condoglianze e la sua vicinanza – ha detto il parroco della chiesa frequentata dai Foley – credo sia per loro una consolazione immensa”. Che il rapporto con Dio, sia la forza che sorregge i genitori di James Foley in questo terribile momento, lo si era potuto toccare con mano ieri quando John e Diane avevano parlato ai giornalisti radunatisi davanti casa. Non una parola d’odio. Nessuna richiesta di vendetta, solo preghiere:

“We know Jimmy is free, he is finally free …".
“Sappiamo – ha detto il padre tra le lacrime – che Jimmy è libero, finalmente libero. E sappiamo che è nelle mani di Dio. Sappiamo come Dio opera, sappiamo che ora è in Cielo”. Dal canto suo, la madre ha messo l’accento sulla forza che la preghiera dava a suo figlio:

“So many people were praying for Jim, and I really think that’s what gave Jim …
“Sono state veramente tante le persone che hanno pregato per Jim – ha affermato – e io credo che sia stato questo a dargli un coraggio incredibile. Jim confidava nella preghiera, era forte, coraggioso, amorevole fino alla fine”. Jim, ha detto ancora Diane Foley, “non avrebbe mai voluto che in noi prevalesse l’odio o l’amarezza, mentre avrebbe voluto che continuassimo a pregare perché gli altri ostaggi americani siano risparmiati”.

In questi giorni in tutti gli Stati Uniti si susseguono veglie e momenti di preghiera per James Foley che avrebbe compiuto 41 anni il prossimo 18 ottobre. Profonda commozione si vive alla "Marquette University" dei Gesuiti nel Wisconsin. Ateneo che Jim – come era chiamato da parenti e amici – aveva frequentato prima di diventare giornalista. Con la sua vecchia università era sempre rimasto in contatto, informando dei suoi spostamenti in zone di guerra e delle missioni umanitarie a cui prendeva parte. Soprattutto, chiedeva di essere accompagnato dalla preghiera. Proprio il Rosario – come confidò in una lettera – gli aveva dato conforto e coraggio nei mesi di prigionia prima in Libia, poi in Siria dove era stato rapito nel 2012. L’università dei Gesuiti ricorderà questo suo alunno speciale con una cerimonia religiosa il prossimo 26 agosto, rammentando - come James aveva confidato una volta alla madre - che sentiva su di sé le preghiere di chi gli voleva bene.

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Il cordoglio del Papa per la morte del card. Szoka

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Papa Francesco ha espresso il suo cordoglio per la morte del cardinale statunitense Edmund Casimir Szoka, spentosi ieri in un ospedale del Michigan: aveva 86 anni. Il porporato era stato arcivescovo di Detroit (Usa), presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano.

In un telegramma inviato a mons. Carlo Maria Viganò, nunzio apostolico negli Stati Uniti, il Papa ricorda con gratitudine “l’instancabile ministero episcopale” del porporato a Gaylord e Detroit e i suoi anni di servizio alla Sede Apostolica e allo Stato della Città del Vaticano” e affida “l'anima di questo generoso servitore di Cristo e della Chiesa all'amore misericordioso di Dio”.

Il cardinale Szoka era nato a Gran Rapids, nel Michigan, il 14 settembre 1927, da Casimir - emigrato polacco - e Mary Szoka. Ordinato sacerdote a Marquette il 5 giugno 1954, svolgo il ministero come sacerdote assistente nella parrocchia di San Francesco a Manistique, nel Michigan. Nel periodo tra il 1955 ed il 1962 è, tranne brevi interruzioni, cappellano dell'ospedale Santa Maria. Nel 1956 svolge pure l'incarico di cappellano della base aerea di Sawiyer.

Inviato a Roma per approfondire gli studi, dal 1957 al 1959 frequenta la Facoltà di Diritto Canonico presso l'Università Urbaniana. Rientrato negli Stati Uniti, per undici anni (dal 1960 al 1971) presta il suo servizio presso il Tribunale matrimoniale della Diocesi di Marquette, continuando nel contempo ad assolvere altri numerosi compiti: assistente del Cancelliere (1962-1969), parroco della parrocchia di San Pio X a Ispheming sul lago Nord (1962-1963), parroco di San Cristoforo (1963-1971) e cancelliere della Diocesi di Marquette. Accompagna il vescovo Noa alla prima sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II.

L'11 giugno 1971 è eletto vescovo di Gaylord nel Michigan, ed è ordinato il 20 luglio successivo. L'anno dopo, i vescovi della quarta Regione pastorale della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d'America, lo eleggono presidente per il periodo 1972-1977. Nello stesso tempo, svolge anche la mansione di tesoriere e di segretario della Conferenza Episcopale del Michigan.

Il 21 marzo 1981 è promosso arcivescovo di Detroit. Giovanni Paolo II lo creato cardinale nel Concistoro del 28 giugno 1988, del Titolo dei Ss. Andrea e Gregorio al Monte Celio.

Il 22 gennaio 1990 viene chiamato a Roma: è nominato infatti presidente della Prefettura per gli Affari Economici della Santa Sede, Ufficio che ha diretto per quasi otto anni, fino a quando, il 14 ottobre 1997, è nominato presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano. Il 22 febbraio 2001, con l'entrata in vigore della nuova Legge Fondamentale per lo Stato della Città del Vaticano, San Giovanni Paolo II lo nomina anche presidente del Governatorato.

Il 15 settembre 2006 Papa Benedetto XVI accetta le sue dimissioni dall’incarico di presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano.

Con la morte del card. Szoka, il Collegio cardinalizio risulta composto da 211 porporati, di cui 118 elettori e 93 non elettori.

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Nomina episcopale in Messico

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In Messico, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Tacámbaro, presentata per raggiunti limiti di età da mons. José Luis Castro Medellín, dei Missionari della Sacra Famiglia. Al suo posto, il Papa ha nominato il sacerdote Gerardo Díaz Vázquez, del clero della diocesi di San Juan de los Lagos, parroco della Parrocchia María Reina y Madre de los Campesinos a Tepatitlán. Il neo presule è nato il 25 maggio 1966 a La Angostura, diocesi di San Juan de los Lagos. Compì gli studi ecclesiastici presso il Seminario di San Juan de los Lagos. Fu ordinato presbitero il 1° maggio 1993. Ha ottenuto la Licenza in Pastorale Familiare presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II in Roma. Come sacerdote ha svolto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale, Parroco, Assistente diocesano di Pastorale Familiare, Prefetto degli studi e Professore nel Seminario Maggiore di San Juan de los Lagos, Coordinatore della Commissione diocesana di Pastorale Familiare e Membro della Commissione Familiare della Provincia Ecclesiastica di Guadalajara. Attualmente, è Confessore del Monastero delle Religiose Dominicane a San Miguel el Alto, Parroco della Parrocchia María Reina y Madre de los Campesinos a Tepatitlán, Membro del Consiglio Diocesano di Pastorale e Direttore della Mutua Assistenziale San Rafael.

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La teologia della Croce al centro dell'incontro del Ratzinger Schülerkreis

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Al via oggi a Castel Gandolfo il tradizionale incontro del cosiddetto "Ratzinger Schülerkreis", il circolo degli ex allievi di Benedetto XVI. Il tema di quest’anno è la “Teologia della Croce”: lo illustra il teologo tedesco Karl-Heinz Menke. Gudrun Sailer ne ha parlato con il padre salvatoriano Stephan Horn, presidente dell'Associazione degli ex allievi di Benedetto XVI:

R. – Herr Professor Menke wird zwei Vorträge halten; der erste Vortrag ist …
Il prof. Menke terrà due relazioni: la prima sul significato della Croce di Cristo. Il prof. Menke intende leggere la Croce di Cristo come un’autorivelazione del Dio trinitario. In questo modo è evidente che, nell’evento della rivelazione, la Croce viene a ricoprire una posizione centrale: questo significa che la Croce viene in qualche modo fissata all’interno della missione di Cristo. Il secondo tema è la domanda di cosa significhi la Croce per tutti gli uomini di tutti i tempi, quindi non solo per i cristiani, ma cosa significhi per la salvezza di tutti gli uomini. E questo è altrettanto interessante e coinvolgente, a partire dalla stessa domanda. Lo stesso Benedetto XVI aveva posto, nel suo Libro su Gesù, un accento diverso. Aveva posto sostanzialmente la domanda sulla penitenza: come si possa intendere la morte di Gesù come penitenza; ed ha posto sotto una nuova luce questa sua concezione. Non si tratta del fatto che l’uomo si voglia riconciliare con Dio e quindi voglia fare una penitenza spontanea per Dio, ma che Dio stesso ha fatto penitenza nel suo Figlio, cioè dona riconciliazione. Questo, naturalmente, porta ad una visione della Croce di Cristo tutta positiva, perché Dio Padre, attraverso l’amore del Figlio, vuole riconciliarsi con gli uomini. Quindi, come si evince dal pensiero di Benedetto XVI, a Croce, in definitiva, è un’autorivelazione dell’amore del Padre, e naturalmente anche dell’amore del Figlio, e questo fa sì che il tema scelto dal prof. Menke, il primo tema, quindi, si trovi tutto nella linea della teologia di Ratzinger. Il secondo tema, ovviamente, è un tema che ci riguarda tutti. Naturalmente, noi cristiani sappiamo che incontriamo l’amore di Dio sulla Croce di Cristo, ma cosa ne sarà degli altri? Come loro possono incontrare la Croce di Cristo? E incontrarla in maniera tale che essa possa rappresentare per loro una possibilità di salvezza, senza che però quella particolarità, che la Croce di Cristo rappresenta per i cristiani, venga – per così dire – spazzata via? Queste sono domande fondamentali che riguardano l’essere cristiano.

D. – Benedetto XVI per la seconda volta consecutiva non partecipa ai dibattiti teologici dello Schülerkreis … sarà dispiaciuto …

R. – Ich kann natürlich nicht in das Herz des Papstes sehen, aber auf der einen …
Ovviamente, io non vedo nel cuore del Papa; da un lato, gli piacerebbe molto essere presente; dall’altro canto, ha preso una decisione per la vita, cioè quella di condurre un’esistenza contemplativa e ora vuole rimanere legato allo Schülerkreis in modo nuovo. A Dio piacendo, potrà celebrare la Messa insieme a noi tutti ancora per molti anni; pure, porta con sé tutte le nostre richieste: quando organizziamo un simposio, lo informiamo e lui prega per noi e ci incoraggia e ci manifesta la sua gioia quando gli raccontiamo … Il suo legame con noi non viene sminuito e noi gli faremo avere le nostre relazioni, in modo che possa approfondirle. E’ poi assolutamente possibile che si inoltri in una disquisizione teologica con il prof. Menke …

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Oggi "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, sul dialogo tra musulmani e cristiani, un editoriale di Zouhir Louassini dal titolo "Gli unici interlocutori possibili".

Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Szoka.

Se frammentiamo la maternità: Adriano Pessina sul processo di generazione.

Quanti piedi hai donato?: Carlo Carletti su voci cristiane dall'antica Aquileia.

Marcello Filotei a proposito del mappamondo di Giovanni XXIII, un cimelio da restaurare.

Artigiana dei dettagli: Giulia Galeotti illustra l'arte sacra di Clotilde Devillers.

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Oggi in Primo Piano



Padre Samir: l'islam non è questo, ma i musulmani non tacciano

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L’esasperazione dei conflitti in Siria e in Iraq in nome del Califfato islamico, con episodi di particolare efferatezza pubblicizzati e spettacolarizzati come la decapitazione del giornalista statunitense. Ma anche un crescendo di violenze in Paesi africani come la Nigeria contro chi non si riconosce nella sharia. Ci si interroga di fronte al drammatico espandersi dell’ideologia estremistica islamica. Fausta Speranza ne ha parlato con il padre gesuita egiziano Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut: 

R. – Oggi, il problema è politico. La guerra in Siria, all’inizio, era una guerra dei siriani che protestavano contro un regime dittatoriale; ma molto presto – già due mesi dopo – sono subentrate persone da tutto il mondo islamico, e in particolare dalla penisola arabica, per fare la guerra perché erano sciiti e alawiti quelli che governavano. Il problema, dunque, è interno all’islam in partenza, perché c’è una cosa che sempre torna, il fatto dogmatico di dire: “Chi non appartiene all’autenticità islamica dev’essere eliminato”, il “kafir”. “Kafir” era una parola che si applicava ai non credenti in Dio, ma è stata allargata; e dichiarare l’altro “kafir” - in arabo si dice “takfir” – è una delle piaghe dell’islam moderno, cioè il fatto di dire che l’altro non è un autentico musulmano e dev’essere eliminato.

D. – Ma come spiegarsi questo accentuarsi dell’esasperazione del fondamentalismo, dell’estremismo di questo pensiero islamico? Diciamo che in qualche modo, venendo meno un processo culturale c’è stata questa rinascita di violenza, di voglia di potere?

R. – Sì! Culturale e politico. La crisi è a tutto tondo: c’è la povertà, c’è l’ignoranza … allo stesso modo in cui c’è una crisi di civiltà in Occidente, che prende però la forma di un neopaganesimo … però è un altro problema.

D. – Oggi, forse, è anche un’epoca che sta conoscendo un momento basso di umanità: avremmo bisogno davvero di un nuovo umanesimo …

R. – Sì: abbiamo adesso raggiunto la bestialità più feroce nella storia dell’islam. Mai siamo arrivati a questo punto di barbarie. La domanda è: questo è l’islam? O è una deviazione? Certamente, prende origine nella tradizione islamica. Ma d’altra parte, certamente non si può dire che l’islam sia questo. Cioè, è una derivazione dell’islam: pensano di realizzare il “califfato”, l’epoca famosa del IX-X secolo fino al XIII, ed è un errore. Molti musulmani lo dicono, lo ripetono; i grandi pensatori sono contrari. Il dramma è che i musulmani non osano fare l’autocritica: cioè, il popolo segue in silenzio. Non ho visto quello che anche il Comitato per il dialogo interreligioso del Vaticano nel suo documento, nella pagina che ha scritto martedì 12 agosto, dice: ci sono cose inammissibili! Citano 11 punti contrari ai diritti umani, e si esprime in termini molto forti! E’ il documento più chiaro che conosca, che non fa uso di espressioni diplomatiche: molto equilibrato, ma forte. E dice: fino a quando voi tacerete? Che gli imam parlino! E non solo gli imam: la folla, il popolo musulmano scende in piazza quando si tratta di una “cosina” politica degli altri, contro gli altri; ma quando si tratta di questioni islamiche, pensa che non sia bene, ma non per questo scendono in piazza.

D. – Quale può essere la via per uscire da tutto questo?

R. – Una collaborazione con il mondo occidentale; aiutarli a fare un passo verso una visione universalistica. Per esempio, quali sono i diritti dell’uomo? Se potessimo applicarla realmente, sarebbe già una meraviglia! Credo che si possa fare, ma si deve procedere – per usare un termine spirituale – ad una conversione sia in Occidente, sia nel mondo islamico. In Occidente, per essere meno materialisti, perché ciò che guida tutto il sistema sono i soldi, il potere, il dominio. Una visione comune, umanistica – ci vorranno decenni per arrivarci …

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Nigeria, Boko Haram avanza. Onaiyekan: “Fermare i terroristi”

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In Nigeria, i miliziani islamici di Boko Haram hanno conquistato altre due città del nord-est: Buni Yadi, nello stato di Yobe, e Gwoza, nello Stato di Borno. Oltre 11mila le persone costrette alla fuga. Superstiti hanno riferito di esecuzioni sommarie, saccheggi e posti di blocco installati dai combattenti integralisti. Secondo le Nazioni Unite dal maggio 2013 oltre 650.000 persone sono fuggite dalle violenze di Boko Haram. Marco Guerra ha raccolto il commento del card. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja: 

R. – Dopo le ultime vittorie di Boko Haram, il fatto che colpisce è che invece di arrestarsi sembra che queste milizie continuino a essere capaci di fare nuove conquiste. Hanno preso il controllo di un villaggio, che – diciamo - è in realtà anche una città. Ma ormai tanta gente è fuggita da quella città, non essendo sicura. Boko Haram, infatti, già aveva fatto diverse incursioni. Peggio ancora è poi che la pattuglia militare, che dovrebbe stare lì, è stata ritirata, e non si sa perché. Adesso stiamo aspettando una spiegazione, perché secondo me si tratta di una notizia abbastanza imbarazzante per il governo stesso.

D. – Sono stati rapiti altri cento ragazzi nel Nord, la settimana scorsa...

R. – Ma, veramente, non si sa più cosa pensare. Il fatto è che adesso a causa delle elezioni dell’anno prossimo tutto viene strumentalizzato dalla politica. Noi non riusciamo più a vedere in maniera chiara cosa sta succedendo veramente. La cosa che mi sembra certa è che molti giovani musulmani di quella zona sono simpatizzanti di Boko Haram e molti si mettono a loro disposizione: arruolandosi oppure lavorando per loro nei villaggi. Allora, non si capisce se si tratta di rapimenti o se si tratta di gente che per proprio volere passa dalla loro parte. Naturalmente ci sono giovani, specialmente cristiani, che non vogliono avere niente a che fare con Boko Haram. Sembra che Boko Haram sia riuscito a stabilire una forte spaccatura tra cristiani e musulmani, che per tanti anni hanno vissuto insieme come fratelli e sorelle, negli stessi villaggi. Questo è preoccupante.

D. – I Boko Haram vengono presi d’esempio dallo Stato Islamico...

R. – Naturalmente quando sentiamo parlare di ciò che succede in Iraq ci fa stupore e ci fa anche paura. Si vede ciò che significa uno Stato Islamico. Boko Haram, almeno finora grazie a Dio, non è così consistente per rappresentare un grande pericolo per lo Stato nigeriano. Il pericolo è che se aumenta questo modo di pensare fra la gente, si possa arrivare anche ad una situazione simile a quella del Nord Iraq. La mia amarezza è quella di non vedere, nel modo di agire del nostro governo, la percezione della serietà della situazione. Rimane il fatto che la situazione nigeriana non è come quella irachena. Il numero della popolazione cristiana è quasi la stessa di quella islamica in Nigeria. Il problema della Nigeria non è quello della persecuzione dei cristiani da parte dei musulmani: il problema principale è quello di fermare le attività dei terroristi, che uccidono tutti, cristiani e musulmani.

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Re del Bahrein dona terreno per costruzione di una Cattedrale

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Sarà intitolata a “Nostra Signora d’Arabia” la Cattedrale che verrà costruita in Bahrein, su un terreno donato personalmente dal Re. Soddisfazione viene espressa da mons. Camillo Ballin, vicario apostolico dell’Arabia settentrionale. Dal presule comboniano anche un appello al rispetto ed al sostegno di tutte le minoranze religiose. Isabella Piro lo ha intervistato: 

R. - Il terreno per la costruzione della chiesa è stato donato da Sua Maestà il Re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa; è un terreno di quasi 9 mila metri quadrati. Il Re è molto contento, mi chiede continuamente notizie sulla costruzione della Chiesa. E quando gli ho detto che la chiesa sarà intitolata a “Nostra Signora d’Arabia”, ne è stato molto felice. Nostra Signora d’Arabia è una “sorella gemella”, per così dire, di Nostra Signora di Fatima e di Lourdes!

D. - A che punto sono i lavori? Sono già iniziati?

R. - No, i lavori non sono ancora iniziati. Per ora, abbiamo fatto un appalto per scegliere il progetto: ha vinto un architetto italiano, che ha realizzato un progetto molto semplice che rappresenta la tenda degli ebrei durante l’esodo. Quando, nel deserto, gli ebrei volevano incontrarsi con Dio, andavano in questa tenda. E’ una Chiesa a forma ottagonale, perché il numero otto è il numero dell’eternità; quindi, quando noi andiamo in chiesa e ci incontriamo con Dio, partecipiamo dell’eternità alla quale siamo chiamati. E’ una chiesa che contiene 2.300 persone; a sinistra c’è la cappella per il Santissimo Sacramento; a destra una cappella dedicata a Nostra Signora d’Arabia; poi un’altra riservata ai confessionali ed infine una quarta cappella ospiterà gli ascensori, in modo che la gente possa entrare in chiesa direttamente dal parcheggio sotterraneo.

D. - La chiesa avrà un campanile visibile anche da lontano?

R. - Sì, però preferisco non esporvi croci o altri segni religiosi. Non perché sia proibito o perché il Re non lo voglia, anzi! Ma perché non voglio suscitare eventuali reazioni da parte dei fondamentalisti.

D. - Il vicariato apostolico dell’Arabia settentrionale si occupa anche della formazione dei sacerdoti?

R. - Sì, nel mio Vicariato ci sono cinquanta sacerdoti. Ci incontriamo due volte all’anno. Purtroppo, non abbiamo a disposizione nessuna Casa religiosa e quindi dobbiamo riunirci negli alberghi. Per questo, ho pensato di costruire, insieme alla chiesa, anche sessanta stanze per i ritiri spirituali dei sacerdoti, dei laici, dei ministri straordinari dell’Eucaristia. C’è bisogno di un posto in cui poterci riunire e che sia centrale tra tutti i Paesi del Vicariato: per questo, abbiamo scelto il Bahrein. Tra l’altro, il Re mi ha dato la nazionalità del Bahrein, io ho il passaporto del Bahrein e questo mi permette di girare con molta libertà tra i Paesi che mi sono affidati (oltre al Bahrein, il vicariato apostolico dell’Arabia settentrionale comprende Kuwait, Qatar e Arabia Saudita ndr).

D. - In questi giorni, il Re del Bahrein ha inviato un messaggio di condoglianze a Papa Francesco per il lutto che ha colpito la famiglia di suo nipote. Anche questo è un segno importante…

R. - Sì, e non solo questo. Anche l’incontro del Re con il Papa (avvenuto in Vaticano il 19 maggio scorso ndr) è stato molto positivo. Sono convinto che il Re sia stato molto contento: dopo la visita, infatti, ha voluto incontrarmi per ringraziarmi di aver lavorato all’organizzazione dell’udienza dal Papa.

D. - Mons. Ballin, come si può contribuire alla costruzione della Chiesa di Nostra Signora d’Arabia? Si può fare una raccolta fondi, spontaneamente?

R. - Sì, si può contribuire in qualsiasi modo. Ad esempio: io ho proposto che tutte le donne che si chiamano “Maria” possano offrire dieci euro ciascuna, per la costruzione della casa di Maria! Si può contribuire anche inviando un’offerta al Collegio Internazionale Daniele Comboni, con questo Iban IT74M0200805142000004990594, e specificando, nella causale, “per Mons. Ballin”.

D. - I cristiani in Medio Oriente stanno vivendo una situazione veramente drammatica. Ci sono ripercussioni di tutto questo nel Vicariato apostolico dell’Arabia settentrionale?

R. - Il Re del Bahrein si è dichiarato disposto ad aiutare duecento famiglie cristiane di Mosul, ed era anche disposto a riceverle in Bahrein. Questo dimostra la sua generosità nei confronti dei cristiani. Per ora, questa situazione così drammatica non si è ancora estesa fino a noi. La reazione dei musulmani è contraria all’Isis, lo Stato islamico di Iraq e Siria. Tutti i musulmani sono contrari, soprattutto i moderati. Anche i fondamentalisti non si sono espressi in maniera positiva, non ho trovato sui giornali dichiarazioni di sostegno dell’Isis, né in Bahrein, né in Kuwait, né altrove. Credo che ci sia, alla base, una ragione politica che rende molto attenti gli altri governi arabi. Cioè: questo Stato islamico cosa vuole? Qual è il suo scopo? Il suo scopo è davvero l’Islam, oppure c’è un movimento politico alla sua origine? E chi lo sostiene? Questo ritornare al califfato è pura immaginazione, pura fantasia, perché non sarà mai accettato da nessun Paese arabo.

D. - Vuole lanciare un appello per la tolleranza religiosa ed in difesa delle minoranze, non solo quelle cristiane?

R. - Tutte le minoranze devono essere sostenute, perché ogni persona è una creatura di Dio, sia essa cristiana o no. Anche i musulmani hanno delle minoranze. E ogni minoranza ha il diritto di esistere, di vivere, perché ogni persona è un essere umano e quindi perché deve subire oppressioni, fucilazioni, esecuzioni immediate, furti, imposizioni della religione? Perché? Ogni persona deve essere libera di scegliere la religione che vuole, di vivere secondo il rispetto della persona umana, della società umana, secondo i diritti umani. Ogni persona è creata da Dio e quindi, in quanto creatura di Dio, ha il diritto di vivere la propria vita, umana e religiosa, come desidera.

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Bonanni: sull'autunno caldo Renzi non ironizzi, no teatrino

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“Escludo in maniera categorica che ci saranno interventi sulle pensioni”.  E' quanto ha assicurato  il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. Ieri, il premier Mattteo Renzi aveva ironizzato sul rapporto con le parti sociali da settembre in poi. “Se i sindacati vogliono un 'autunno caldo' facciano loro – aveva detto – già l'estate non è stata granché”. Alessandro Guarasci ha sentito l’opinione di Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl: 

R. – Io non sono per “un autunno caldo” fatto di scioperi. Sono  per “un autunno caldo” fatto di informazione costante, cruda, spietata nei confronti dei cittadini e proteste di sabato e di sera. Però, il presidente del Consiglio farebbe bene a non ironizzare, perché la situazione è molto grave. Se vuole una collaborazione noi gliela diamo, perché, si è visto, non ce la fa ad aggredire i Comuni e le Regioni che sono i suoi sodali. Lì, ancora, c’è una spesa inefficiente da ruberie che nessuno ha fermato. Non c’è nulla da ironizzare: basta con il teatrino, è ora di lavorare insieme.

D. – Dunque, secondo voi, i risultati sulla "spending review" sono stati finora modesti. Però, quanto meno Renzi vi ha assicurato che non saranno toccate le pensioni né saranno bloccati, di nuovo, gli stipendi  dei dipendenti pubblici. Siete soddisfatti sotto questo punto di vista?

R. – Non so se dovremmo prendere in considerazione "state sereni" su pensioni, su stipendi. Sappiamo già come è andata a finire in altre occasioni...

D. – Renzi ripropone lo schema degli 80 euro anche per le altre fasce di reddito. Insomma, il bonus dovrebbe diventare strutturale. Per,ò è un meccanismo che non ha dato un grosso contributo ai consumi. Secondo voi, bisogna studiare altre strade?

R. – Il fatto di tagliare le tasse va bene, solo che ci sono due problemi: non sono 80, ma sono 54 euro medi. In più, non sono strutturali come lo sono i prelievi, sono una tantum, sono un bonus semestrale. Ancora, mentre si dava questo bonus semestrale, i comuni hanno raddoppiato le tasse. È stata una partita di giro in perdita per lavoratori e pensionati. Ora, serve dare corso ad un lavoro di perfezionamento della produttività, di sistema e di produzione in Italia. E il sindacato in questo può essere di grande aiuto, ma ci vuole una collaborazione tra tutti.

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L'Aquila. Vigilia della 720.ma Perdonanza celestiniana

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Prende il via domani a L’Aquila la 720.ma edizione della Perdonanza Celestiniana, il rito collegato all’elezione al soglio di Pietro del Papa Celestino V e all’indulgenza plenaria  da lui concessa ai partecipanti alla sua Incoronazione avvenuta il 29 agosto 1294. A rappresentare Papa Francesco alle celebrazioni sarà il cardinale Ennio Antonelli, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Si potrà ottenere l’indulgenza celestiniana visitando, dai Vespri del 28 agosto fino ai Vespri del 29, la Basilica di Santa Maria di Collemaggio, partecipando ai sacramenti e pregando per le intenzioni del Papa. Ma a chi veniva concessa ai tempi di Celestino V? Monia Parente lo ha chiesto a don Carmelo Pagano Le Rose, membro del Comitato Perdonanza del Comune dell’Aquila: 

R. - Al tempo di Celestino V, le indulgenze plenarie venivano concesse attraverso la scelta di atti penitenziali molto impegnativi e, in modo particolare, veniva concessa a coloro che intraprendevano il grande pellegrinaggio in Terra Santa, che spesso comportava il rischio della vita e quindi a chi metteva in gioco la propria esistenza in un cammino serio e anche difficile. Adesso Celestino vuole che a L’Aquila, a ricordo dell’inizio del suo ministero pontificale, la misericordia di Dio fruisca in maniera sovrabbondante e il perdono, la riconciliazione, la vita evangelica penitente e semplice venga con grande forza sottolineate come sorgenti di rinnovamento per la vita cristiana.

D. - È possibile rintracciare nell’indulgenza celestiniana oltre, ovviamente, al suo valore spirituale anche un significato sociale, quasi politico per la città dell’Aquila del suo tempo?

R. - Certamente. C’è questa attenzione alla città in ogni sua articolazione. Probabilmente, la città dell’Aquila, al tempo di Celestino, aveva bisogno anche di pacificare i componenti del tessuto sociale che l’animavano. In questa riconciliazione delle varie componenti, c’è ovviamente un invito anche alla riconciliazione sociale, a un’attenzione agli ultimi, ai poveri, a coloro che fanno più fatica, ma anche fra le classi che avevano il potere, che spesso genera spirito di rivalità e di contesa. Si trattava di creare quell’ambiente di serenità e di pace che Celestino V intendeva poi riproporre in larga scala  - anche attraverso i pochi mesi del suo Pontificato - a tutta la Chiesa e alla società del suo tempo.

D. - Il programma della Perdonanza celestiniana è molto ricco ed articolato. Ovviamente, i momenti culminanti sono il 28 e il 29 agosto. Dunque, grande visibilità per la città dell’Aquila in questi giorni…

R. - La Perdonanza è un’occasione importante per conoscere e vivere la città dell’Aquila. La città vive un intenso momento di vita culturale, spirituale, di animazione sociale. E tutti possiamo immaginare quanto bisogno abbia L’Aquila di oggi di questo momento di respiro che ricostituisca in maniera pacificata il suo tessuto sociale, ma anche di un momento che continui a porre all’attenzione della collettività questa città che ha bisogno di rinascere come centro di cultura, di fede e di umanità.

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La Chiesa ricorda Maria Regina, titolo nato dal cuore dei cristiani

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La Chiesa celebra il 22 agosto la memoria della Beata Vergine Maria Regina. La liturgia post-conciliare ha collocato questa celebrazione subito dopo la solennità dell’Assunta, dove la regalità della Madonna appare in tutta la sua luce. Ma la storia di questo titolo, poi riconosciuto definitivamente da Pio XII nel 1955, comincia all’alba della vita cristiana. Lo ricorda in questo servizio Alessandro De Carolis

Nella storia della sovranità antica e moderna, mai titolo regale fu conferito nella più assoluta discrezione, senza pompa né pubblico né ossequi a celebrarne la magnificenza, come in quel giorno, o in quella notte, in cui – come scrive Luca nel suo Vangelo – “l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret”.

Non consegna una corona l’annunciatore, alla giovane donna cui si rivolge, ma un messaggio che non ha eguali: sarai – le dice – madre del “Figlio dell’Altissimo”, cui Dio darà “il trono di Davide” e “il suo regno non avrà fine”.

La tromba che enfatizza la notizia è un breve colloquio privato. La discrezione più assoluta prende il posto dello sfarzo che adorna la fastosità di ogni incoronazione. In un giorno senza calendario, o in una notte, la piccola Maria, con il suo “sì”, diventa mamma del “Re dei Re” e, per ciò stesso, la più umile e la più grande delle Regine.

È riflettendo su questa scena, e su quella del Magnificat, che i primi cristiani, dal più dotto al meno istruito, cominciano a descrivere, o semplicemente a intuire, che in Maria la maternità di Gesù, il Signore, comporta il titolo della regalità.

Per i primi 400 anni, il concetto viene dipinto più che espresso. Nelle catacombe di Priscilla, inizio del secondo secolo, la Madonna che presenta il Bambino ai Magi ha il portamento e gli abiti di una Imperatrice. Mentre quella che si ritiene la più antica dichiarazione sulla sua regalità viene, a metà del Duecento, dalla penna del filosofo e teologo egiziano, Origene, che commentando l’incontro tra Maria e sua cugina Elisabetta, fa parlare quest’ultima così: “Perché salutarmi tu per prima? (…) Sono io che dovrei venire da te, perché tu sei benedetta fra le donne, tu la Madre del mio Signore, la mia Signora”. Ma è Sant’Efrem, morto nel 375, il primo Padre della Chiesa a conferire a Maria l’appellativo di Regina, quando compone una preghiera che inizia così: “Vergine Augusta e Padrona, Regina, Signora…”.

In duemila anni, pensatori e poeti, Santi e Papi scrutano, approfondiscono e dilatano in ogni epoca ciò che sul tema viene dalla precedente e il titolo di “Maria Regina” si staglia sempre più ufficiale e solenne. A metà del 1500, San Bernardino da Siena trova un’espressione di sintesi che scolpisce in un certo senso la questione. La Vergine, sostiene, “sta alla de­stra del Figlio (…) come vera Regina perché Madre del sommo Re per la sua generosa concezione, perché Figlia del sommo Re per gratuito conseguimento, perché Sposa del sommo Re per la sua gloriosa assunzio­ne”.

In tempi vicini a noi si arriva al 1902, quando da Friburgo i partecipanti al primo Congresso mariano internazionale suggeriscono al Papa la data del 31 maggio per la celebrazione delle festa di Maria Regina. Poi, a metà del ventesimo secolo, è Pio XII a compiere i passi ultimi e definitivi. Nel 1942, consacra l'umanità al Cuore Immacolato di Maria Regina dell'universo. Il 13 maggio 1946, dedica un radiomessaggio al Portogallo per l’Incoronazione della statua della Madonna di Fatima, con quello che egli stesso chiama “il messaggio della regalità”, quindi l'11 ottobre 1954 emana l'enciclica "Ad coeli reginam", ovvero il primo pronunciamento pubblico e autorevole della Chiesa sulla dottrina della regalità di Maria. Infine, nel 1955 fissa al 31 maggio la celebrazione di Maria Regina. Ma pochi mesi prima, il primo novembre 1954, non sono i documenti ma una festa di centinaia di persone a celebrare attorno a Pio XII in San Pietro il titolo di “Maria Regina”:

“La regalità di Maria è una realtà ultraterrena, che però al tempo stesso penetra fin nel più intimo dei cuori e li tocca nella loro essenza profonda, in ciò che essi hanno di spirituale e di immortale”. (Pio XII, Basilica S. Pietro, 1 novembre 1955)

La storia della regalità più nascosta e silenziosa arriva così al suo culmine. Da Nazareth a Roma: non tra cortigiani che non osano alzare lo sguardo alla loro sovrana, ma nei cuori di un popolo che la ama come sia ama una Madre.

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Nella Chiesa e nel mondo



Iraq, appello del premier: i cristiani non lascino il Paese

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In Iraq, il neo-premier iracheno Al Abadi, ha rivolto un appello ai cristiani perché non lascino il Paese sotto l’incombere della minaccia dei jihadisti: "I figli della comunità cristiana – ha affermato Al Abadi - portano un contributo importante alla diversità nazionale e religiosa dell'Iraq". Intanto, i peshmerga curdi hanno lanciato una vasta offensiva per la riconquista della città settentrionale di Jalawla, controllata dai miliziani dello Stato Islamico.

Il Califfato – ha affermato il capo degli Stati maggiori Usa Martin Dempsey, in una conferenza stampa al Pentagono - non può essere sconfitto senza un intervento militare anche contro le sue basi in Siria. Dempsey ha definito lo Stato Islamico "la minaccia più grande per gli Stati Uniti", qualcosa che "va al di un gruppo terroristico, che va oltre quello che abbiamo visto: sposano l'ideologia ad un'abilità militare strategica e tattica sofisticata e sono terribilmente ben finanziati".

L’Onu, da parte sua, ha reso noto che sono circa 700 mila i civili iracheni fuggiti nella regione autonoma curda per sfuggire alla violenza jihadista: gran parte dei rifugiati ha attraversato i confini all'inizio di giugno, quando è cominciata l'avanzata dei miliziani del Califfato islamico: sono, tuttavia, aumentati di 100.000 unità rispetto ai 600.000 calcolati all'inizio della settimana.

Infine, secondo fonti locali, i miliziani islamisti hanno lapidato un uomo condannato a morte per adulterio da un loro tribunale vicino Mosul.

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Siria, Onu: guerra dimenticata, è catastrofe umanitaria

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In Siria, sono oltre  191 mila i morti in tre anni e mezzo di guerra: a denunciarlo è l’Onu. Il segretario generale Ban Ki-moon parla di catastrofe umanitaria. L'Alto commissario Onu per i diritti umani, Navy Pillay, denuncia una "paralisi internazionale" di fronte ad una crisi che definisce dimenticata.

Intanto, almeno settanta jihadisti dello Stato Islamico sono morti da mercoledì nei violenti combattimenti che li contrappongono all'esercito siriano nella provincia settentrionale di Raqa. Lo riferisce l'Osservatorio siriano dei diritti umani. I combattimenti avvengono nei dintorni dell'aeroporto militare di Tabqa, ultima roccaforte del regime di Assad nella provincia di Raqa, controllata dall'Is.

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India. Gesuiti: governo del Gujarat diffonde estremismo indù nelle scuole

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Il governo del Gujarat diffonde i principi dell’estremismo e del nazionalismo indù tra i bambini delle scuole: ha infatti introdotto, in oltre 42.000 scuole primarie e secondarie statali, nove libri di testo basati sui principi identitari, razzisti e discriminatori, propri dei gruppi radicali indù, fautori di odio e violenza. E’ la denuncia inviata a Fides dal padre gesuita Cedric Prakash, direttore di “Prashant”, Centro per i Diritti Umani, la Giustizia e la pace con sede ad Ahmedabad, nello Stato indiano del Gujarat.

In una circolare del 30 giugno 2014, lo Stato del Gujarat ha ordinato di inserire nel curriculum di studi nove testi scolastici elaborati da Dina Nath Batra, fondatore di una Accademia culturale, la “Shiksha Bachao Andolan Samiti”, che intende preservare la religione e la cultura indù. L'accademia è utilizzata come punto di riferimento ideologico dai gruppi violenti che promuovono in India l’ideologia dell’Hindutva (“induità”, che predica “L’India agli indù”). Tali forze, nota p. Prakash, “puntano ora a manipolare il sistema educativo pubblico”.

I libri sono stati pubblicati (in lingua Gujarati) nel gennaio 2014 ed elogiati dall’allora primo ministro del Gujarat, Narendra Modi, oggi primo ministro dell'India. “Congelati fino a dopo le elezioni, oggi vengono surrettiziamente introdotti nelle scuole”, spiega il gesuita. “I libri sono pieni di miti e falsità, di superstizioni e pregiudizi, con grossolane distorsioni e manipolazioni” che contrasta “il patrimonio della cultura indiana, fatta di inclusione, pluralismo e dei diritti di tutti”, nota preoccupato p. Prakash.

I testi, secondo il gesuita “violano gli articoli 28 e 29 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, promuovendo una ideologia razzista”: insegnano odio e pregiudizi verso gli occidentali, accusano la lingua inglese “di aver inquinato la cultura indiana”, denigrano sottilmente le minoranze religiose come musulmani e cristiani e definiscono islam e cristianesimo “religioni non indiane”. I gesuiti di Prashant invitano la società civile a “protestare con forza” per non permettere che i bambini indiani siano educati secondo tali principi distorti e violenti e chiedono al governo l’immediata revoca dell’ordine di introduzione di tali testi nelle scuole pubbliche.

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Oltre mille pellegrini di pace a Lourdes con il card. Vallini

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Sono oltre 1000 i pellegrini dell’Opera Romana Pellegrinaggi in partenza lunedì alla volta di Lourdes in occasione del pellegrinaggio diocesano e nazionale, presieduto dal cardinale vicario, Agostino Vallini. I pellegrini pregheranno alla Grotta di Massabielle per la pace.

“Dove non ci riescono le teste delle grandi diplomazie, ci possono provare il cuore e le gambe dei pellegrini - afferma mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato e vice presidente dell’Orp, che proprio a luglio è andato in Terra Santa in aiuto dei fratelli israeliani e palestinesi - Quest’anno ai piedi della Madonna di Lourdes – sottolinea - invocheremo il dono della pace nel Medio Oriente e nel mondo e invitiamo tutti ad unirsi a questa grande preghiera. Proprio Papa Francesco recentemente ci ricordava che «per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra» e ci invita a pregare affinché «Il Dio della Pace susciti in tutti un autentico desiderio di dialogo e di riconciliazione. La violenza non si vince con la violenza. La violenza si vince con la pace»”.

Arriveranno in aereo ed in nave coloro che prenderanno parte a questo pellegrinaggio, appuntamento annuale fin dal 1957 quando fu organizzato per la prima volta in treno. A fare da filo conduttore in queste giornate di pellegrinaggio il tema pastorale scelto per il 2014 dal Santuario di Lourdes: “La gioia della conversione”. “Lourdes è la casa di Maria, il luogo che pensi di avere scelto e che invece è il luogo in cui avevi un appuntamento che non sapevi di avere, dove vai per chiedere una grazia e finisci per pregare per gli altri che hai incontrato - spiega mons. Andreatta - La conversione, dono che a Lourdes in tantissimi ricevono, è la chiave di volta per un futuro di pace. Solo da un cuore convertito sgorga la vera pace”.

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Senegal. Il cardinale Sarr rilancia ruolo dei laici nella Chiesa e nella società

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I laici fortifichino il loro ruolo nella Chiesa ed intraprendano iniziative per essere nella società presenza cristiana feconda. E’ l’invito rivolto dal cardinale Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, in Senegal, al Consiglio Diocesano del Laicato (CDL) incontrato nei giorni scorsi. Il porporato ha sottolineato che l’organismo ha un ruolo assai importante nel dialogo intra-ecclesiale, poiché favorisce la concertazione e la collaborazione fra le diverse strutture della Chiesa locale ed ha esortato i suoi membri ad essere più presenti e attivi, soprattutto a far sentire la loro voce. Compito del Consiglio Diocesano del Laicato, per l’arcivescovo di Dakar - riferisce il portale www.seneglise.sn - è anche quello di individuare le iniziative da intraprendere nel mondo di oggi, identificando le sfide attuali e quelle future. A tal proposito, occorre una maggiore apertura verso la società, ha aggiunto il cardinale Sarr, per una presenza cristiana feconda; è necessario uscire “da questa presenza silenziosa” poiché “i laici sono la punta della lancia della presenza della Chiesa nella società”. Il Consiglio Diocesano del laicato è stato presentato all’arcivescovo di Dakar all’indomani dell’incontro di formazione su alcuni aspetti della teologia della Chiesa e della teologia del laicato. Al porporato, la presidente, Marie Clémentine Diop, ha illustrato i progetti in cantiere: l’istituzione della Giornata dell’Apostolato dei Laici, incontri di formazione, l’interazione con movimenti, associazioni e gruppi di apostolato, la cura delle comunicazioni e una più ampia collaborazione con sacerdoti e religiosi. (T.C.)

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Congo: iniziative per i 50 anni del martirio della Beata Nengapeta

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La Chiesa della Repubblica Democratica del Congo celebra quest’anno i 50 anni del martirio della Beata Marie-Clémentine Anuarite Nengapeta, religiosa della Santa Famiglia di Kisangani. Il segretario generale della Conferenza episcopale, padre Léonard Santedi, ha presentato tre progetti pensati per questo giubileo: una serie di iniziative volte a far conoscere meglio la figura di suor Nengapeta per promuoverne il culto, un pellegrinaggio nazionale ad Isiro e a Wamba e la posa della prima pietra ad Isiro per la costruzione della Basilica che sarà dedicata alla martire. Padre Santedi, riferisce il portale www.laprosperiteonline.net, ha sottolineato che il martirio e il modello di vita della Beata non riguardano solamente la Chiesa cattolica, ma l’intera nazione congolese. Immagine del rispetto e della fedeltà agli impegni presi che deve interpellare i congolesi, suor Marie-Clémentine Anuarite Nengapeta, rapita negli anni ’60 insieme ad altre consorelle da ribelli, si rifiutò di cedere alle lusinghe del colonnello Ngalo, manifestando una fervida resistenza ed affermando di voler morire piuttosto che commettere peccato. Fu per questo sottoposta a violenti torture e morì martire il primo dicembre del 1964. Con la celebrazione dei 50 anni di questo martirio, i vescovi congolesi vogliono sensibilizzare i fedeli sulle virtù della loro connazionale. (T.C.)

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I funerali del collega Maurizio Del Brocco, tecnico audio del Papa

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In un clima di grande partecipazione e di intensa commozione, si sono svolti questa mattina i funerali del nostro caro collega, Maurizio Del Brocco, tecnico della nostra emittente, scomparso improvvisamente lo scorso 14 agosto. Avrebbe compiuto 60 anni il prossimo 6 dicembre e fra due sarebbe andato in pensione.

Le esequie si sono svolte nella chiesa romana di S. Gregorio VII, presiedute dal maestro delle Cerimonie pontificie, mons. Guido Marini, e concelebrate assieme al nostro direttore dei Programmi, padre Andrzej Koprowski, il quale davanti a molti amici, pensionati, colleghi interni ed esterni, ha ricordato come il lavoro svolto da Maurizio alla Radio Vaticana lo aveva collocato per 38 anni all’interno “della dinamica della missione ecclesiale”, tesa a “diffondere la testimonianza sul nostro Signore Gesù Cristo e sulla sua Chiesa come comunità di fede che porta la Vita di Cristo nelle complesse strade del mondo”. Siamo convinti, ha soggiunto, “che Gesù ha accolto Maurizio nella Casa del Padre”.

Maurizio del Brocco era entrato alla Radio del Papa il primo gennaio 1985, subito inserito nella Sezione delle Cerimonie Pontificie e riprese esterne dell’emittente, dove ha svolto tutto l’arco del suo servizio. Ha curato in particolare la voce del Santo Padre nelle cerimonie pontificie in Vaticano – Messe, udienze generali, udienze private all’interno del Palazzo apostolico (Sala Clementina, Sala del Concistori, Sala del Trono, Biblioteca…) – e nei viaggi in Italia.

Faceva parte del ristretto gruppo di tecnici che si alterna alla registrazione delle omelie della Messa di Papa Francesco da Casa S. Marta. Ora lo ricordiamo con affetto e lo pensiamo, con la sua competenza e la sua bravura, in ascolto di una Voce più grande. (A cura di Alessandro De Carolis)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 234

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.