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Sommario del 14/12/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa all'Angelus: con Gesù è arrivata la gioia per tutti

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“Non occorre più cercare altrove. Gesù è venuto a portare la gioia a tutti e per sempre”. Lo ha ricordato Papa Francesco all’Angelus, davanti a quasi 50 mila fedeli giunti in Piazza San Pietro, in questo tempo d’Avvento che conduce al Natale. Com’è tradizione, il Pontefice ha poi benedetto i Bambinelli dei presepi portati dai più piccoli. Quindi ha donato ai presenti un piccolo libretto di preghiere. Il servizio di Giada Aquilino

Gesù “non è un personaggio del passato”, è la Parola di Dio che oggi continua ad illuminare il cammino dell’uomo, i suoi gesti - cioè i Sacramenti - “sono la manifestazione della tenerezza, della consolazione e dell’amore del Padre verso ogni essere umano”. Nella terza domenica d’Avvento, Papa Francesco ha riflettuto sull’atteggiamento interiore con cui vivere l’attesa del Signore, suggerito dalla liturgia odierna: la gioia, perché - ha detto leggendo i cartelli dei fedeli in Piazza San Pietro - “con Gesù la gioia è di casa”:

“Non si è mai sentito di un Santo triste o di una Santa con la faccia funebre. Mai si è sentito questo! Sarebbe un controsenso. Il cristiano è una persona che ha il cuore ricolmo di pace perché sa porre la sua gioia nel Signore anche quando attraversa i momenti difficili della vita. Avere fede non significa non avere momenti difficili, ma avere la forza di affrontarli sapendo che non siamo soli. E questa è la pace che Dio dona ai suoi figli”.

Il cuore dell’uomo, ha spiegato il Pontefice, “desidera la gioia”: per questo ogni famiglia, ogni popolo “aspira alla felicità”. La gioia che il cristiano è chiamato a vivere e testimoniare è dunque quella “che viene dalla vicinanza di Dio, dalla sua presenza nella nostra vita”. Da quando Gesù è entrato nella storia, nascendo a Betlemme, l’umanità “ha ricevuto il germe del Regno di Dio”:

“Non occorre più cercare altrove! Gesù è venuto a portare la gioia a tutti e per sempre. Non si tratta di una gioia soltanto sperata o rinviata al paradiso: qui nella terra siamo tristi ma in paradiso saremo gioiosi. No, no! Non è questa, ma una gioia già reale e sperimentabile ora, perché Gesù stesso è la nostra gioia, e la nostra casa con Gesù è la gioia, come diceva quel vostro cartello: ‘con Gesù la gioia è a casa’”.

Tutti i battezzati, ha ricordato il Santo Padre, sono chiamati “ad accogliere sempre nuovamente la presenza di Dio in mezzo a noi”, ad aiutare gli altri a scoprirla, “o a riscoprirla qualora l’avessero dimenticata”:

“Si tratta di una missione bellissima, simile a quella di Giovanni Battista: orientare la gente a Cristo – non a noi stessi! – perché è Lui la meta a cui tende il cuore dell’uomo quando cerca la gioia e la felicità”.

Sull’esempio di San Paolo, potremo essere “missionari della gioia”, pregando con perseveranza, rendendo sempre grazie a Dio, assecondando il suo Spirito, cercando il bene ed evitando il male:

“Se questo sarà il nostro stile di vita, allora la Buona Novella potrà entrare in tante case e aiutare le persone e le famiglie a riscoprire che in Gesù c’è la salvezza. In Lui è possibile trovare la pace interiore e la forza per affrontare ogni giorno le diverse situazioni della vita, anche quelle più pesanti e difficili”.

Quindi la preghiera a Maria, “causa della nostra gioia”, perché ci renda sempre lieti nel Signore, “che viene a liberarci dalla tante schiavitù interiori ed esteriori”. Dopo la recita dell’Angelus, il Pontefice ha salutato tra gli altri i fedeli polacchi, che in queste ore accendono la “candela di Natale”, che il Papa stesso ha mostrato dalla finestra del Palazzo Apostolico: così “riaffermano - ha ricordato - l’impegno di solidarietà, specialmente in questo Anno della Caritas che si celebra in Polonia”.

Poi il saluto e l’augurio di buon Natale ai bambini giunti in Piazza San Pietro per la tradizionale benedizione dei “Bambinelli”, organizzata dal Centro Oratori Romani. Anche per loro l’invito è a pregare:

“La preghiera è il respiro dell’anima: è importante trovare dei momenti nella giornata per aprire il cuore a Dio, anche con le semplici e brevi preghiere del popolo cristiano”.

Per tale motivo, ha spiegato, il Papa ha pensato di regalare ai presenti in piazza un piccolo libretto tascabile, che raccoglie alcune preghiere, per i vari momenti della giornata e per le diverse situazioni della vita:

“Portatelo sempre con voi, come aiuto a vivere tutta la giornata con Dio”.

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Benedizione dei Bambinelli: i giovani, è una nostra tradizione

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Tantissime sono state le famiglie provenienti da tutte le parrocchie romane che hanno portato il loro “bambinello Gesù” a piazza San Pietro, per la tradizionale benedizione del Papa. Ascoltiamo alcuni commenti raccolti da Marina Tomarro

R. - Per noi è importante perché innanzitutto ci prepariamo al Natale e poi per fare anche un’esperienza di Chiesa diversa. I bambini possono sapere così che Gesù, anche se è nato in una stalla da solo, poi è stato seguito da tutti. Questa è un’esperienza che noi invitiamo a fare ogni anno.

R. - Insegnare ai bambini dei valori e il valore più importante è la fede…

R. - E’ una tradizione nostra, proprio nostra, per tutti i ragazzi e per tutti i bambini. Proprio per questo motivo noi siamo sempre pronti, ci prepariamo, ci alziamo prestissimo la mattina per venire qui e fare la Messa in San Pietro tutti insieme, anche con altri ragazzi che non sono della nostra parrocchia, per assistere all’Angelus del Papa, per la benedizione dei nostri bambinelli.

D. – Il Papa vi ha appena detto: “con Gesù la gioia è di casa”. Cosa vuol dire questa frase?

R. – Vuol dire che con Gesù entra la gioia e lui è il principe della pace, principe della vera felicità, quella che nasce dall’amore. Questo fa felici, in ogni situazione di vita.

R. – Noi siamo ragazzi, quindi la gioia dovrebbe già essere dentro di noi e perciò adesso non facciamo altro che essere noi stessi con Gesù nel cuore, nella nostra vita, non solo a casa ma ovunque.

D. – Il Papa vi ha chiesto anche di pregare in ogni momento: in che modo voi pregate, anche in famiglia, con gli amici?

R. - Noi quando ci vediamo, per esempio, in parrocchia facciamo sempre un momento di preghiera per noi, per gli altri, per il Papa, come ci ha chiesto lui, e anche ognuno lo fa nelle proprie case, la sera o la mattina. C’è sempre un momento per ringraziare Gesù.

D. – Come ti chiami?

R.  - Cecilia.

D. – Cosa chiedi a Gesù Bambino?

R. – Tanta pace e serenità per la mia famiglia.

D. – Tu vuoi bene a Papa Francesco, preghi per Papa Francesco?

R.  – Sì, tanto

D.  – Tu come ti chiami?

R.  – Leonardo.

D. – Perché sei venuto qui oggi?

R. – Sono venuto qui per far benedire il mio bambinello da Papa Francesco.

D. – Cosa chiedi tu a Gesù Bambino?

R. – Che mia mamma stia più tranquilla al lavoro.

D. – Come ti chiami?

R. – Martina.

D. – Martina che cosa chiedi a Gesù Bambino?

R. – Di proteggere la nostra famiglia.

D. – Giacomo cosa chiedi a Gesù Bambino per Papa Francesco?

R. – Che lo deve far star bene per tanto tempo.

Ciao Papa Francesco, preghiamo per te!

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Libretti di preghiere donati dal Pontefice ai fedeli

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Dopo l’Angelus, Papa Francesco ha donato ai fedeli presenti un libretto di preghiere, preparato dalla Elemosineria e dalla Libreria Editrice Vaticana (Lev). Le prime 50 mila copie sono state distribuite gratuitamente in Piazza San Pietro. La pubblicazione sarà prossimamente disponibile presso i punti vendita della Lev a prezzo ridottissimo. Ce ne parla Giancarlo La Vella

Un essenziale, ma completo, vademecum di preghiere, note e meno note, che andrà a far compagnia al piccolo Vangelo che Papa Francesco in passato ha esortato i fedeli a portare sempre con sé. Circa 40 pagine di invocazioni, introdotte dalla frase del Pontefice, “Quando prego Dio respira in me”, una maniera mirabilmente evocativa, per definire la profondità del dialogo, che, attraverso la preghiera, intensa e intima, silenziosa o manifesta, ci avvicina al Signore.

La copertina raffigura un affresco del III secolo, custodito nelle catacombe di Santa Priscilla, a Roma. Si tratta dell’Orante, a braccia aperte, che simboleggia quasi il desiderio di chi prega di assomigliare a Gesù crocifisso. Il libretto contiene preghiere conosciute, come il Padre Nostro, l’Ave Maria, il Gloria e altre formule brevi e facili da imparare a memoria, per scandire i vari momenti della giornata, nei quali possiamo ringraziare e lodare il Signore: dall’alba, sino a quando, prima di dormire, lo invochiamo, affinché vegli su di noi. Una possibilità, dunque, di camminare per tutto il giorno insieme a Lui, rivolgendoci al Creatore con le giuste parole.

Non mancano anche preghiere bibliche, come il Magnificat, o alcune invocazioni tratte dal Libro dei Salmi. Spazio anche all’Angelus Domini, al Rosario, alla Via Crucis e alla Coroncina della Divina Misericordia di Santa Faustina Kowalska. Presenti nel piccolo volume pure tante preghiere composte da altri santi e beati: Francesco d’Assisi, Teresa di Gesù Bambino e Madre Teresa di Calcutta. Particolare il modo, suggerito da Papa Francesco, per ricordare le nostre intenzioni di Preghiera attraverso le cinque dita della mano: il pollice ci rammenta chi è più vicino a noi; l’indice chi ha il compito di guidare gli altri; il medio rappresenta tutti coloro che hanno nelle mani le sorti della società; l’anulare, il dito più debole, ci ricorda quanti soffrono nel corpo e nello spirito; e, infine, il mignolo, il dito più minuto, serve a ricordarci di invocare il Signore per noi stessi. Un libro, dunque, per parlare costantemente con Lui e che non esclude, anzi invoglia, anche all’orazione individuale e personale, per sperimentare come il respiro di Dio ci possa accompagnare nella nostra esistenza.

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Visita del Papa in una parrocchia romana, incontrerà anche i rom

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Papa Francesco si recherà questa domenica pomeriggio in visita alla parrocchia romana di San Giuseppe all’Aurelio. Il programma prevede, prima della celebrazione della Messa, numerosi incontri con diversi gruppi della parrocchia e anche con una comunità di nomadi. Sulle aspettative di questa visita, Federico Piana ha intervistato il parroco, padre Sebastiano Giuseppe Lai: 

R. – Siamo tutti contenti, ma non è un fatto euforico esteriore, è la presenza del Papa in una comunità di fede. Il Papa viene a sollecitarla, a vivere più in profondità il senso della fede, il senso dell’appartenenza alla Chiesa. Questo è il compito appunto del Santo Padre, che oltre ad essere il Papa di tutti è anche il vescovo di Roma.

D. – Io so che c’è una realtà sociale segnata dalla disoccupazione, ci sono rom… E naturalmente il Papa incontrerà anche i rom - questo lo possiamo dire - in questa occasione della visita…

R. – Il Papa incontrerà un gruppetto rappresentativo, che vive in un centro che si chiama Residence di via Val Cannuta. Siccome noi lavoriamo all’interno di questa realtà, assieme anche alla Comunità di Sant’Egidio, ci è piaciuto - come anche al cardinale vicario - che anche loro fossero presenti.

D. – Che realtà sociale troverà Papa Francesco?

R. – Una realtà che all’inizio era molto più sostenuta, perché qui ci sono due o tre centri della Telecom e molti, dunque, si sono trasferiti qui, perché lavoravano in questi centri. Poi sono nate queste realtà delle case, realtà abbastanza buone. Con l’andar del tempo, con tutto quello che è avvenuto, non solo qui, ma in tutto il mondo, si trova una realtà in grande difficoltà economica e via di seguito. Molti si sono ritrovati avendo comprato casa con i mutui aperti e adesso sono senza lavoro oppure in una realtà che non possono più sostenere, con lo stipendio che prendono.

D. – Che cosa vi aspettate da questa visita di Papa Francesco?

R. – Ci aspettiamo che la popolazione ritrovi tanta serenità e speranza, che sappia che c’è qualcuno che pensa anche a lei, che si senta amata. Questo è Papa Francesco. Io vorrei che la gente percepisse tutto ciò, ma che non fosse solo un fatto epidermico, che fosse anche l’occasione per sentirsi maggiormente impegnati nel ramo della fede e non solo: nel ramo ampio della fraternità, della solidarietà. Per questo ritengo che la visita del Papa dovrebbe avere questi frutti.

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Il Papa scrive ai detenuti di Latina. Con noi, il cappellano

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La permanenza in carcere, occasione “di autentica crescita per trovare la pace del cuore”. Lo scrive il Papa in una lettera ai detenuti della Casa circondariale di Latina, consegnata al cappellano, don Nicola Cupaiolo, da monsignor Yoannis Lahzi Gaid, uno dei segretari particolari del Santo Padre, già viceparroco nel capoluogo pontino. Il vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, monsignor Mariano Crociata, ha espresso gioia e gratitudine per il “gesto di squisita attenzione del Santo Padre” nei riguardi dei circa 120 detenuti della struttura, di cui 30 sono le donne recluse nella sezione di alta sicurezza, per reati di terrorismo o mafia. Il servizio di Giada Aquilino

Una lettera scritta a tutti i detenuti della Casa circondariale di Latina, ma da considerare da ciascuno di essi come “personale”. Il Papa infatti spiega che in tanti, da quel carcere, gli hanno scritto “sfoghi” e “confidenze” - per lui “motivo di grande conforto” - e si scusa per non aver “risposto prima”, perché “purtroppo non è sempre facile fare tutto ciò che si desidera fare”. Ora indirizza le sue parole a quei detenuti, nell’occasione della venuta di Gesù, “che non desidera altro - spiega il Pontefice - che nascere nel presepe del cuore di ognuno di noi”.

Augurando buon Natale, il Papa auspica “che le ore, i giorni, i mesi e gli anni passati o che state trascorrendo in codesta Casa circondariale di Latina vengano visti e vissuti - scrive il Santo Padre - non come tempo perso o come una temporanea punizione ma come un'ulteriore occasione di autentica crescita per trovare la pace del cuore e la forza per rinascere tornando a vivere la speranza nel Signore che non delude mai”. Papa Francesco si rallegra perché molti di quei detenuti “stanno seguendo un cammino di fede con il cappellano”, don Nicola Cupaiolo, e con quanti sono loro vicini, “non solo per dovere d'ufficio - specifica il Pontefice - ma per una disponibilità interiore a consideravi sinceramente sorelle e fratelli”. Esorta tutti quindi “a continuare questo cammino con perseveranza”, ringraziando le persone che aiutano i carcerati in tale percorso.

Il Papa accompagna la lettera con il dono di un nuovo Messale, “affinché scopriate nella Santa Messa - afferma - la traccia del cammino quotidiano con il Signore che è il medico efficace delle vostre ferite, amico fedele di ogni giorno e il nutrimento necessario per sostenere quel cammino di salvezza e di liberazione che nemmeno le sbarre del carcere possono impedire”. Il Papa prega dunque per loro, chiedendo al Signore di consolarli “con la sua pace e la sua dolce presenza”, per i loro cari e per tutto il personale della Casa circondariale.

Il cappellano dell'Istituto di pena di Latina, don Nicola Cupaiolo, racconta al microfono di Davide Dionisi l'emozione dei detenuti per la lettera di Papa Francesco: 

R. – L’emozione dei detenuti la domenica non è facile da raccogliere perché ci sono solo quelli che vengono a Messa, gli altri non si raggiungono così facilmente. Però è chiaro che la notizia è già circolata. Ne riparleremo mercoledì, quando il vescovo mons. Crociata andrà a trovare i carcerati. Era già in programma e allora in quella circostanza la valorizzeremo, ovviamente.

D.  – Che realtà è quella di Latina?

R.  – E’ una realtà tutto sommato tranquilla. Io sono lì solo da due mesi, quindi non conosco ancora molto, però si può lavorare abbastanza bene, c’è un bel gruppo di volontari, soprattutto la Caritas, anche la polizia penitenziaria è disponibile. C’è dunque una buona collaborazione.

D.  – Quale contributo può dare il cappellano per abbattere barriere e pregiudizi?

R.  – Il cappellano è chiamato a un compito non tanto semplice perché anzitutto bisognerebbe cercare di risolvere un po’ i “problemi” umani che riguardano l’uomo. Il dramma più grande è quando queste persone arrivano e non hanno proprio niente da mettersi addosso, niente di tutto, nemmeno soldi. Quindi quello è un po’ drammatico. Poi, pian piano, arrivano le visite dei parenti, o altre cose, però i primi giorni sono veramente duri. Allora si rivolgono solitamente o a me o alla Caritas per avere un pezzo di sapone o un asciugamano, cose primarie. Quindi noi come cappellani dobbiamo pensare prima ‘al corpo’ e poi successivamente ‘allo spirito’. Noi siamo disponibili a ricevere e ad ascoltare sempre i detenuti: in queste circostanze dobbiamo essere particolarmente propensi a favorire un discorso umano. Per questo c’è bisogno anche un po’ di fondi che, per fortuna, persone di buona volontà ci danno, perché ci chiedono di tutto e non sempre la Caritas ha ciò che serve e bisogna ricorrere a fare qualche acquisto di cose estremamente necessarie per farli stare un po’ meglio, almeno i primi giorni.

D. - Che cosa avete preparato in vista del Santo Natale?

R. – Per il Natale abbiamo preso un’iniziativa di cui anche il Papa è venuto a conoscenza. Io ho fatto venire dall’Umbria più di 100 presepi in terra cotta che i detenuti hanno assemblato e alcuni li hanno anche colorati e li abbiamo mandati a tutte le parrocchie della diocesi con una lettera di un detenuto. Questa lettera è arrivata pure al Papa e il Pontefice ha risposto proprio a quella lettera lì, che era stata mandata in occasione della consegna di questi presepi. Poi, per il resto, è chiaro, c’è la preparazione della Novena, che soprattutto le donne fanno, con gli uomini è un po’ più difficile. Con la preghiera ci si prepara e anche con atteggiamenti costruttivi.

D. - Che cosa rappresenta il messaggio del Santo Padre e, in particolare, quello di Papa Francesco, in un carcere?

R. – Rappresenta un invito molto bello, che io adesso commenterò a loro, soprattutto quell’espressione che a me è piaciuta tanto, quella di valorizzare bene il tempo che trascorrono. La lettera parla appunto di questa occasione del tempo che non deve essere buttato via, ma deve essere utilizzato per crescere, per cambiare cammino, utilizzando bene tutte le opportunità che vengono concesse. Quindi questo è un incoraggiamento in fondo positivo e anche molto bello da parte del Papa nei loro confronti. E’ un invito alla speranza, a costruire un futuro nuovo. Lui dice proprio queste parole: “Auspico che le ore, i giorni, i mesi e gli anni passati o che state trascorrendo in codesta Casa circondariale di Latina vengano visti e vissuti non come tempo perso o come una temporanea punizione ma come un'ulteriore occasione di autentica crescita”. Queste sono parole molto significative.

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Oggi in Primo Piano



Clima, conferenza Onu: a Lima trovato accordo in extremis

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Accordo in extremis alla Conferenza Onu sul Clima che si è chiusa a Lima, con un giorno di ritardo rispetto al programma. Approvato il testo con cui i Paesi si impegnano a diminuire le emissioni di gas serra in vista della Conferenza di Parigi del 2015. L’Unione Europea saluta l’accordo come un passo in avanti, mentre per gli ecologisti si tratta di un testo debole. Elvira Ragosta: 

Dopo una fase di impasse, venerdì, che rischiava di compromettere l’obiettivo, l’assemblea dei 196 delegati ha lavorato tutta la notte per trovare l’accordo su un testo che prevede un maggiore impegno degli Stati nella riduzione delle emissioni di gas serra. Il documento è propedeutico alla conferenza di Parigi del prossimo anno, dove si dovrà firmare il nuovo protocollo sul clima che sostituirà quello di Kyoto e che sarà vincolante per tutte le nazioni, con l’obiettivo di ridurre di 2 gradi il riscaldamento climatico. Tocca ora ai singoli Paesi presentare all’Onu, entro il primo ottobre del 2015, impegni “quantificabili ed equi” e una dettagliata informazione sulle azioni che intendono seguire per ridurre il riscaldamento terrestre. Per le ong si tratta di un accordo debole con impegni poco consistenti. Agli Stati più industrializzati l’accusa, da parte dei Paesi in via di sviluppo, di scansare le proprie responsabilità e di voler pagare di meno per le conseguenze. A dichiarare approvato il documento, dopo due settimane di incontri e discussioni, è stato il ministro peruviano dell'Ambiente, Manuel Pulgra, che è stato anche presidente della Conferenmza climatica. Pulgra ha proposto di chiamare il documento approvato dall'assemblea: "appello di Lima per l'azione per il clima".

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Insulti a Sentinelle in piedi in piazza per libertà pensiero

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Ancora contestazioni e insulti a Roma e Milano contro le “Sentinelle in piedi” che ieri sono tornate in piazza per manifestare in  silenzio a favore della libertà di pensiero e di educazione messa a rischio – denunciano – dal ddl contro l’omofobia e dall’introduzione dell’ideologia gender nelle scuole. La veglia, aconfessionale e apartitica, si è svolta anche a La Spezia, Parma, Brescia, Bolzano, Rieti e Forlì. Il servizio di Paolo Ondarza

In centinaia di nuovo in piazza, in piedi, in composto silenzio, leggendo un libro a difesa della libertà di pensiero, espressione ed educazione messe a rischio – spiegano le Sentinelle - dal ddl Scalfarotto contro l’omofobia e dal ddl Fedeli per l’insegnamento dell’educazione di genere nelle scuole. Momenti di tensione a piazza San Silvestro nella capitale: in un primo momento la polizia è intervenuta a sedare scontri tra neofascisti e militanti lgbt, entrambi estranei alla manifestazione, poi insulti ed offese da parte di attivisti gay sono piovuti sulle oltre 400 sentinelle rimaste in silenzio e accusate di omofobia perché in piazza a difesa dell’unione naturale uomo-donna.

Enrico Mantovano, portavoce delle “Sentinelle in piedi” di Roma:

R. - Durante questa veglia fin dall’inizio sono cominciate pesanti contestazioni senza alcun rispetto dei veglianti in silenzio e anche con una certa dose di violenza che chiunque sia stato in piazza ha visto. Le contestazioni sono l’ennesima prova che se già senza una legge sull’omofobia il clima nei confronti di chi vuole affermare determinate verità naturali è così ostile, pensiamo a cosa potrebbe succedere quando verrà approvata la legge sull’omofobia.

D. - Vi hanno accusato di essere intolleranti: siete in silenzio, non alzate la voce e non chiudete la bocca a nessuno…

R. - Sì, il paradosso è che le sentinelle vengono accusate di essere intolleranti ma alle veglie partecipano persone di ogni razza, di ogni sesso, di ogni religione, proprio perché le verità che affermiamo in piazza sono verità universali e non guardano in faccia a nessuno. Il mettere differenze di sesso, di religione o di posizione politica è qualcosa che appartiene a chi ci taccia di omofobia e di intolleranza.

D. - Quali sono le motivazioni? Perché la necessità di tornare ancora una volta in piazza?

R. - Le “Sentinelle in piedi” sono una rete apartitica e aconfessionale che scende in piazza per la libertà di espressione e la libertà di educazione di tutti. Il ddl Scalfarotto adesso giace al Senato ed è sempre stata la motivazione principale dell’attività delle “Sentinelle in piedi”, quella appunto di riaffermare che non si può tacciare di omofobia una semplice affermazione di una verità naturale: un bambino ha bisogno di un papà e di una mamma per crescere sano e che la famiglia è solo quella tra un uomo e una donna.

R. – Diverse volte assistiamo a un allarme che viene suscitato dagli organi di informazione, allarme bullismo omofobico nelle scuole, allarme omofobia: è così veramente? In Italia c’è questo rischio? E’ davvero un Paese di omofobi o retrogrado rispetto ad altri Paesi d’Europa?

R. - Il Codice penale già punisce le violenze nei confronti di tutte le persone, in particolare le persone con tendenze omosessuali. Infatti, l’articolo 61 del Codice penale prevede un’aggravante per motivi abietti e futili. Un esempio dell’inutilità della legge sull’omofobia è stato dato proprio nei giorni scorsi, quando a Napoli una coppia che aveva picchiato violentemente una persona con tendenze omosessuali è stata condannata con una sentenza esemplare a 10 anni di reclusione, senza che ci fosse una legge sull’omofobia a livello nazionale approvata. Questo è l’emblema del fatto che una legge sull’omofobia va a colpire altri tipi di settori, cioè il settore della libertà di pensiero e della libertà di opinione.

D. – Che cos’è che minaccia la libertà di educazione oggi? Dal vostro punto di vista c’è una coscienza vigile su questo a livello nazionale?

R. – Una coscienza vigile non c’è. Stiamo cercando di risvegliarla noi, in questo modo così particolare di stare in piazza con un libro e una posizione eretta e con il silenzio. Quello che sta accadendo a livello nazionale è che si tenta di imporre un’ideologia come quella del gender, basata non su dati scientifici, all’interno delle fasce più deboli della popolazione, in primis i bambini.

D. – Perché questa forma particolare di manifestare in piedi, con un libro?

R. – In piedi perché si sta più comodi, si prende più aria! Un libro è un segno di formazione permanente, la formazione permanente che ognuno di noi deve coltivare sia in privato sia in pubblico. Siamo in silenzio perché il ddl Scalfarotto, quindi la legge sull’omofobia, vuole tappare la nostra bocca. Noi rispondiamo proprio con questo silenzio, mostrando una libertà di coscienza che altri vogliono sopprimere.

D. - Quindi una necessità di formarsi una propria coscienza critica a fronte di chi vuole inculcare un pensiero unico…

R. - Esattamente. Lo stare in piazza con un libro, qualunque esso sia, guardando tutti nella stessa direzione mira proprio a questo: cercare di vedere un futuro più radioso per noi e per i nostri figli con lo strumento primario dell’educazione, cioè un libro.

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Le reliquie di Santa Lucia traslate da Venezia a Siracusa

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L’arcidiocesi di Siracusa ospita per una settimana le spoglie di Santa Lucia custodite da secoli a Venezia. Le reliquie tornano in Sicilia a 10 anni dalle celebrazioni per il 17.mo centenario del martirio della giovane cristiana vissuta fra il III e IV secolo. Questa domenica l’arrivo dell’urna con le spoglie della Santa, la celebrazione presieduta dal patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, e la traslazione nella Basilica di Santa Lucia al Sepolcro. Fino al 22 dicembre momenti di preghiera e liturgie che raduneranno migliaia di devoti, come spiega al microfono di Tiziana Campisi l’arcivescovo di Siracusa mons. Salvatore Pappalardo

R. – Mi auguro che la presenza delle reliquie possa giovare a tutti noi, perché possiamo vedere Santa Lucia come nostra concittadina, nostra sorella - che ci ha preceduti nell’esempio di come vivere la propria vita cristiana, la fedeltà a Cristo - e ripensare un po’ la nostra vita di cristiani nel nostro tempo.

D. - Dieci anni fa le spoglie di Santa Lucia sono arrivate a Siracusa ed è nata anche l’idea di avere per sempre queste reliquie. C’è questa possibilità, si sta studiando…

R. – E’ il desiderio di tutti i siracusani. Se ci fosse donato il corpo per sempre, sarebbe un momento storico per Siracusa. Non so se analoghi pensieri li nutra il patriarca e la Chiesa di Venezia. In ogni caso a me piace sottolineare la comunione tra queste due realtà ecclesiali: chi custodisce per ragioni valide e storiche le reliquie e chi invece le venera perché sente Santa Lucia come la propria concittadina e quindi la presenza delle sue reliquie è un momento veramente straordinario di gioia. Dobbiamo vedere in questo evento un rapporto di comunione con la Chiesa di Venezia che gentilmente ci sta concedendo queste reliquie per una settimana. I siracusani desidererebbero avere le reliquie per sempre e io ho detto: se le custodisce un’altra Chiesa è un motivo per entrare in comunione.

D. – Che messaggio porta Santa Lucia?

R. – Se noi ci atteniamo anche ai testi liturgici, la preghiera che viene rivolta in occasione proprio della celebrazione eucaristica - “Signore riempi di luce e di gioia i tuoi fedeli” - già è il messaggio di Santa Lucia: una cristiana che ha aderito pienamente a Cristo con la sua vita, con la sua verginità, con il suo martirio, e quindi è diventata, con il nome che porta, una luce per tutti i cristiani. Credo che sia proprio questo il messaggio di Santa Lucia, la fedeltà a Cristo nella vita quotidiana.

D.– Santa Lucia arriva a Siracusa alle porte del Natale, con quale messaggio vuole rivolgersi ai credenti?

R. – Sappiamo che Santa Lucia nella sua vita ha distribuito i suoi beni ai poveri. Il messaggio del Natale è molto più grande di quello che ci può dare Santa Lucia: è il Figlio di Dio che si fa uno di noi, che assume la nostra condizione umana, che fa sua la nostra povertà, che si avvicina a ciascuno di noi, che ci salva. Quindi Santa Lucia un po’ ci prepara a questo evento del Natale e io mi auguro che il passaggio delle reliquie possa significare per tutta la Chiesa di Siracusa un’occasione propizia anche per vivere in maniera più intensa il Natale: il Figlio di Dio che si fa uno di noi e ci insegna fino a che punto noi dobbiamo amare il nostro prossimo.

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Roma e i suoi poveri in un libro di Anca Martinas

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Raccontare le persone “periferiche” di Roma, i mendicanti che sfuggono allo sguardo di una città sempre più frenetica. E’ quanto si propone il libro “Roma era anche tua”, scritto da Anca Martinas, collega del programma rumeno della Radio Vaticana. La prefazione del volume pubblicato dalla Tau Editrice è di mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migantes alla quale saranno devoluti i fondi ricavati dalle vendite del libro. Alessandro Gisotti ha chiesto ad Anca Martinas di raccontare come è nato questo libro e qual è il suo messaggio: 

R. - L'idea del libro spunta dall'incontro di due desideri: da una parte la mia intrinseca e forte necessità di raccontare, per condividere con qualcuno la mia Roma, ossia certi aspetti che nel tempo si sono conquistati un primissimo piano nella mia mente e nel mio cuore e, dall’altra parte, il desiderio non avverato di vedere Roma del destinatario dei 25 racconti che compongono il libro.

D. - Leggendo questo libro, incontrando questi poveri, questi mendicanti, spesso legati quasi simbioticamente ad un monumento di Roma, sembrano anche tornare alle orecchie le parole di Papa Francesco su questa esigenza di andare incontro ai poveri e di farsi in qualche modo educare, evangelizzare da loro…

R. - Prendendo spunto dai numerosi richiami di Papa Francesco, direi che la grande lezione che ci insegnano i poveri è innanzitutto l’affidamento totale alla Provvidenza di Dio e il fatto di aver bisogno l’uno dell’altro nelle nostre città e nel nostro mondo creato per essere condiviso nel rispetto e nella conoscenza reciproca. 

D. - In questo libro, pagina dopo pagina, s’incontrano tante persone che chiameremmo quasi degli “invisibili” per il cittadino normale, comune, di Roma. Invece, all’occhio di una “romena di Roma” queste persone acquisiscono un valore importante?

R. - Infatti, “Roma era anche tua” è il libro di una romena-romana irrimediabilmente innamorata di Roma che, a un certo punto, sposta lo sguardo dalla scenografia di questa unica città verso alcune persone che non sono protagoniste nel paesaggio romano, bensì semplici comparse che il più delle volte passano inosservate, che sono spesso ignorate, come se fossero invisibili, eppure incontrarle è stato non bello, ma di più. Quando li conosci, ti rendi conto che sono portatori di veri momenti di grazia, di quegli attimi che ti spingono a pensare al Paradiso, come la nostra destinazione ultima. Porto l’esempio del ballerino di Porta Portese che, dopo una mattinata di estenuanti esibizioni di ballo e dopo essere stato deriso dai passanti, regala l’unico euro guadagnato ad un altro, molto meno fortunato di lui, perché senza gambe, o quello di Giulietta, una donna etiope, in cerca di un lavoro da sette anni, che – alla mia domanda su come riesce a sopravvivere – mi ha guardato meravigliata della mia domanda, visto che eravamo davanti a un crocifisso di una chiesa. Mi ha risposto indicandomi Gesù sulla Croce, dicendo: “E’ lui che mi aiuta. E’ l’unico mio sostegno”, mi ha risposto. Ecco, il mio piccolo libro racconta questi incontri che reputo veri momenti di grazia.

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Foto d'epoca raccontano Gerusalemme, città della luce

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“Jerusalem: figure della promessa” è il titolo del volume fotografico che racconta la città santa attraverso le immagini del fotografo Giovanni Chiaramonte. Il libro, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, raccoglie gli scatti dell’autore durante la sua permanenza a Gerusalemme nel 1988. Un viaggio tra luoghi sacri e angoli poco noti, nella città dove l’umano e il divino si incontrano. Il servizio di Michele Raviart

Una coppia di turisti siede su un muretto davanti la sinagoga Hurva, ancora in rovina dopo la guerra arabo-israeliana del 1948. Accanto a loro, nel quartiere ebraico della città vecchia, due militari si riposano sotto il sole. E’ l’immagine di bellezza e contraddizione che apre il volume “Jerusalem”, nato da un viaggio di Giovanni Chiaramonte, che nella metà degli anni ’80 lascia Berlino per Gerusalemme, alla ricerca delle radici profonde dell’Occidente.

“Gerusalemme è sicuramente la città della soglia in cui l’uomo incontra il divino, quel divino che si fa parola, che si pone come la parola, come il totalmente altro dal mondo e che pure nel mondo risuona come parola e che poi in quel Messia che è Gesù si fa visibile. Tutto questo mio lavoro a Gerusalemme nasce da questa esperienza di essere sulla soglia, sulla soglia del Dio di Abramo”.

Le 36 foto, tirate fuori dagli archivi per una mostra alla biennale di Venezia in occasione dei 500 anni del ghetto ebraico - il primo in Europa - raccontano di scorci del Muro del pianto, di paesaggi millenari del Monte degli Ulivi, di un sole cocente che rende bianca la spianata delle Moschee. Ed è proprio la luce una delle chiavi di lettura del volume, come spiega ancora l’autore, raccontando uno dei suoi scatti preferiti:

“La Via dolorosa, totalmente vuota perché era nel giorno degli scontri della prima intifada: il sole che in un mattino penetra nel buio di questa antica Gerusalemme, nell’attesa che Dio si faccia ascoltare dai nostri cuori duri. E quindi questa immagine è proprio tale costante presenza e richiamo della luce che dobbiamo ritornare a vedere: nella luce, la luce della luce”.

In chiusura del libro, alcuni testi del poeta Umberto Fiori:

“E’ molto impegnativo scrivere su Gerusalemme, figuriamoci, con tutto quello che è stato scritto, con l’importanza che ha questa città. Le immagini di Gerusalemme che ci sono in questo libro sono a volte immagini anche molto enigmatiche, che non si riferiscono a luoghi precisi, che non sono descrittive e quindi ho cercato di fare la stessa cosa con le parole. C’è a un certo punto il Santo Sepolcro e sono partito da quello, che era un muro con dei graffi e dei tagli, che naturalmente non è un muro qualsiasi. A partire da quello ho messo giù delle parole, ma senza fare un discorso, sono delle cose minime che però penso rispettino il punto di vista del fotografo”.

Sarà possibile vedere le foto esposte alla Libreria internazionale Paolo VI a Roma, in via della Propaganda, fino al 6 gennaio.

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Nella Chiesa e nel mondo



Venezuela. Card. Urosa: combattere violenza e corruzione

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L’arcivescovo di Caracas, card. Jorge Urosa Savino, nel suo messaggio di Natale ha invitato i fedeli a vivere un Natale “più profondo e autentico” e a rafforzare la fede in Dio, per combattere la corruzione e la violenza dei cuori e della società. Nel ribadire la preoccupazione del popolo venezuelano per la difficile situazione del Paese, il porporato ha ricordato che “l’attuale crisi economica è anche prodotto delle ingenti entrate per gli elevati prezzi del petrolio” che hanno portato al “gravissimo peccato dell’avidità, alla frenesia per il denaro facile, alla corruzione, al saccheggio delle risorse della nazione, alla speculazione”. In questo senso, ha affermato il porporato, c’è un ambiente socio-morale di negligenza, di poca consapevolezza della malignità delle azioni, ma anche di violenza che nelle sue più gravi forme di espressione porta all’odio, al crimine, alla delinquenza assassina e alla distruzione degli altri. “E’ necessario ricordare - scrive il card. Urosa - che tutto questo è peccato, che ci separa da Cristo rendendoci volgari delinquenti”, perché Dio nei suoi comandamenti ci dice: “non ucciderai, non ruberai”.

L’arcivescovo di Caracas ha anche fatto riferimento alle minacce che incombono sui cristiani in Venezuela. “La nostra fede è minacciata dalla superstizione” e  “dall’inesistente e falso spirito del Natale, che non è che banale idolatria e che dobbiamo rifiutare energicamente”. Il card. Urosa ha messo in guardia sulla minaccia della “espansione della santeria che è una religione diversa e contraria al cristianesimo, incompatibile con la fede in Cristo”. Inoltre, il porporato ha sottolineato che il maggiore pericolo per  i cristiani è la loro debolezza umana, che fa dimenticare la felicità di amare Dio sopra tutte le cose e gli altri più di se stessi.

L’arcivescovo ha esortato a vivere il Natale in un modo più profondo e autentico, a rafforzare la fede e a non dimenticare i fratelli che soffrono la solitudine, la malattia e la povertà. Infine, il porporato ha fatto un particolare appello “ai funzionari dello Stato responsabili delle prigioni perché trovino soluzioni ai gravi problemi che colpiscono queste strutture” e per il rispetto della vita e della dignità umana dei carcerati. “Avremo un Natale gioioso e proficuo - scrive il card. Urosa - se affronteremo la sfida di vivere come figli di Dio, di vivere come fratelli, praticando la solidarietà, rifiutando il male in ogni sua forma, perdonando chi ci offende, lavorando per il Paese, lottando per i diritti umani, per la libertà e per la giustizia”. (A cura di AlinaTufani)

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Nigeria. Card. Onaiyekan: garantire elezioni libere nel 2015

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Per evitare violenze alle prossime elezioni presidenziali in Nigeria nel 2015 il governo deve garantire che tutti i partiti possano concorrere alle elezioni ad armi pari, che ci siano un voto libero e un corretto scrutinio e che i risultati siano annunciati con precisione. E’ quanto ha dichiarato, a un pranzo organizzato dalla rete televisiva cattolica nigeriana CTV, il cardinale John Onaiyekan che ha esortato il presidente Goodluck Jonathan a non cedere alla tentazione di ricorrere a misure straordinarie per prevenire violenze durante il processo elettorale.

Il timore che eventuali contestazioni possano degenerare in una nuova crisi politica è infatti diffuso nel Paese, già destabilizzato dalle azioni del gruppo terroristico Boko Haram, anche alla luce di quanto accaduto in passato. Secondo il cardinale Onaiyekan, tutto questo si potrà evitare, se il governo guidato dal Peoples Democratic Party (Pdp) sarà in grado di garantire elezioni “libere e giuste”. Se lo farà e il voto sarà credibile - ha detto - verranno meno i motivi di tensione.

Ma ciò chiama in causa anche le responsabilità dei leader politici che devono essere pronti ad accettare i risultati. “E’ necessario capire che qualcuno deve vincere e qualcuno deve perdere. Chi vince non deve far pesare la propria vittoria e chi ha perso deve pazientare e aspettare il prossimo turno, senza minacciare di scatenare una crisi”. Se questa elementare regola della democrazia non riesce ancora ad affermarsi in Nigeria - ha osservato l’arcivescovo di Abuja - il motivo è una concezione errata della politica e del potere: “Quando il potere politico è visto solo come mera capacità di dominare il popolo e di affrontare i nemici, il problema è inevitabile, perché - ha detto - nessuno vuole perdere. Quando invece la politica sarà considerata come un servizio per il popolo, non ci sarà nessuna crisi”, ha concluso. (L.Z.)

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Vescovi Kenya: rilanciare unità cristiani contro estremismi

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Rinnovare i legami di comunione”: è quanto scrive mons. Peter Kairo, presidente della Commissione per l’Ecumenismo della Conferenza episcopale del Kenya, in un messaggio rivolto ai fedeli in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che avrà luogo dal 18 al 25 gennaio 2015. “Il tema di quest’anno – sottolinea mons. Kairo – è ‘Dammi da bere’, tratto dal Vangelo di Giovanni (Gv 4,7)”. Il passo evangelico narra l’incontro tra Gesù e la samaritana. “Questo tema – spiega il presule – è una guida per tutte le iniziative ecumeniche, un’esortazione a vivere le nostre legittime differenze, appellandoci alla solidarietà ed alla fratellanza tra fedeli”.

“Il Signore – si legge ancora nel messaggio – ci invita ad offrire l’acqua a chiunque arrivi ed abbracciarci l’uno l’altro per vivere la missione della Chiesa. Possa il Suo amore trasformarci in una fonte di acqua viva per godere dei frutti di quella genuina unità a cui tutti aneliamo”. Quindi, mons. Kairo ricorda che quest’anno il Sussidio per la Settimana di preghiera è stato preparato dal Consiglio nazionale delle Chiese cristiane del Brasile, “nel contesto di una nazione molto religiosa” che si trova ad “affrontare sfide” come “l’intolleranza religiosa e l’alto tasso di violenza contro le donne e le popolazioni indigene”. Il Brasile, afferma mons. Kairo, sente il bisogno di “sperimentare la fede vissuta liberamente e integralmente, per superare l’intolleranza, rispettare la legittima diversità e promuovere il dialogo per il bene comune”.

Ma il Kenya non è diverso, continua il presule, poiché si trova di fronte alle “medesime sfide di una cristianità condizionata dalle leggi di mercato, dall’emergere di gruppi militari, da violenze ed estremismi ancora presenti in alcune aree”. “La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani – conclude il messaggio – ci offre l’opportunità di far fruttare la testimonianza della gratuità di Dio, che è sempre desideroso di accoglierci nonostante le nostre imperfezioni e il cui Spirito Santo ci spinge alla riconciliazione e all’unità”. (I.P.)

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La Chiesa slovacca si prepara a incontro mondiale famiglie

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Si intitola “L’amore è la nostra missione. La famiglia piena di vita” il ciclo di catechesi offerto durante l’Avvento dalla Commissione per la famiglia della Conferenza episcopale slovacca in collaborazione con l’arcidiocesi di Philadelphia, negli Stati Uniti. Il progetto - riferisce l’agenzia Sir - fa parte dei preparativi in vista dell’ottavo Incontro mondiale delle famiglie (Imf) che si terrà a Philadelphia dal 22 al 27 settembre 2015 e al quale è attesa la partecipazione di Papa Francesco. “Le catechesi ed il materiale preparatorio - afferma  Viera Vaclavova, membro della Commissione per la famiglia - spiega come e perché l’insegnamento della Chiesa cattolica in materia di sessualità, matrimonio e famiglia scaturisca dalla nostra fede comune in Gesù Cristo”.

“E’ fondamentale - aggiunge - che tutte le famiglie cattoliche partecipino al dialogo sulle sfide che si trovano ad affrontare per poter discernere e contribuire al futuro dell’umanità”. “La partecipazione all’Imf - conclude Vera Vaclavova - potrebbe essere un’ottima opportunità per condividere esperienze e trovare ispirazione in questo processo”. Intanto, gli abitanti di Philadelphia si stanno mobilitando per accogliere nelle loro case le migliaia di partecipanti all’Incontro. Il progetto, intitolato “Ospita una famiglia”, partirà a gennaio e permetterà, ai cittadini statunitensi interessati, di mettere le proprie abitazioni a disposizione dei visitatori, registrandosi su un apposito sito web (www.homestay.com). (I.P.)

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Vescovi canadesi: a Natale, trovare in Gesù innocenza perduta

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“Non avere paura di augurare un buon Natale e soprattutto di viverlo”. E’ l’esortazione contenuta nel messaggio natalizio del presidente della Conferenza episcopale canadese, mons. Paul-André Durocher. Un messaggio in cui risuona l’eco degli attentati dello scorso ottobre a Ottawa, in cui hanno perso la vita due riservisti delle forze armate canadesi per mano del seguace dell’Isis Michael Zehaf Bibeau.

“Molte persone - scrive  l’arcivescovo di Gatineau - affermano che nell’ottobre 2014 il Canada ha perso la sua innocenza. Sono sentimenti che comprendo e condivido e tuttavia bisogna ricordarsi che la storia canadese è stata segnata da diversi atti sporadici di violenza”. Ma non c’è solo il passato: “Oggi dobbiamo confrontarci con le violenze domestiche, la criminalità, le aggressioni sessuali e le vessazioni negli ambienti di lavoro. Tutto questo - afferma mons. Durocher - mi ha convinto che non siamo così innocenti come vorremmo credere”.

“La buona notizia - continua il messaggio - è che il Natale porta in sé una speranza inaudita, quasi incredibile: che l’innocenza può essere ritrovata. In un mondo segnato dalla violenza, sfigurato dalle cicatrici causate dalle guerre, dagli omicidi dallo sfruttamento e dall’ingiustizia, è nato un bambino al quale abbiamo dato il nome inverosimile di ‘Principe della Pace’”.  Questo bambino crescerà e diventerà il “profeta di un mondo nuovo dove regnano la giustizia, la pace e la gioia. La Sua resurrezione rivelerà ai Suoi amici il senso ultimo della vita: ecco il mistero che celebriamo con il Natale. In Gesù l’innocenza può essere ritrovata, guarita e rinnovata. Ciascuno di noi  - conclude quindi mons. Durocher - è invitato ad aprire il suo cuore a questa Buona Notizia e a condividerla con i familiari, gli amici e il suo Paese”. (L.Z.)

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Crisi ucraina: Kerry atteso a Roma per vertice con Lavrov

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E’ in volo verso Roma il segretario di Stato Usa, Jhon Kerry, per incontrare il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. Sul tavolo la crisi ucraina, dopo l’autorizzazione del Congresso statunitense all’invio di armi a Kiev e dopo l’annuncio di eventuali nuove sanzioni per Mosca. Intanto, sul terreno, nell’est dell’Ucraina, la tregua resta flebile. L’esercito di Kiev ha registrato nella giornata di ieri 11 attacchi nelle sue postazioni da parte dei separatisti filorussi. Il capo dell’aviazione civile ucraina, Denis Antoniouk, ha dichiarato che per ragioni di sicurezza sono stati interdetti tutti i voli commerciali diretti verso Dnipropetrovsk, Kharkiv e Zaporijja, le tre grandi città vicine al fronte sudorientale. E sul versante della politica interna, il numero due del Fondo Monetario internazionale, David Lipton, nel corso della sua visita ieri a Kiev, si è detto “impressionato” per le “profonde riforme economiche” che il governo locale ha messo in moto. Al momento sono 17 i milioni di dollari che l’organizzazione internazionale ha concesso al governo ucraino, ma una nuova tranche di prestiti è stata accordata per il futuro, in cambio di politiche di austerità che vanno dall’aumento delle tariffe energetiche alla diminuzione delle spese sociali. Misure impopolari, ma per le quali il presidente ucraino, Petro Poroshenko, si è detto pronto a collaborare. (E.R.)

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Giappone: exit poll, riconfermato premier Shinzo Abe

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Elezioni legislative in Giappone: il premnier uscente Shinzo Abe sarebbe stato riconfermato con larga maggioranza. E' quanto prevedono gli exit poll della tv pubblica Nhk. Scarsa la partecipazione al voto: a metà giornata, infatti aveva votato solo il 29,11 degli aventi diritto. I Liberaldemocratici di Shinzo Abe si sarebbero assicurati tra i 275 e i 306 seggi e l'alleato New Komeito tra i 31 e i 36 seggi, sui 475 in palio. Secondo le proiezioni, il Partito Democratico, la principale formazione di opposizione, dovrebbe aumentare i propri seggi, mentre il Partito Comunista giapponese dovrebbe raddoppiare la propria rappresentanza. A volere lo scioglimento della Camera bassa giapponese era stato proprio il premier, con l’obiettivo, pare raggiunto, di ottenere i due terzi dell’Assemblea e poter contare su una maggioranza ancora più forte di quella ottenuta all’inizio del suo mandato due anni fa.(E.R.)

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Haiti verso governo di coalizione, si dimette premier Lamothe

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L’annuncio delle dimissioni del primo ministro di Haiti, Laurent Lamothe, era avvenuto ieri con un tweet del ministero della Comunicazione e qualche ora dopo è stato lo stesso Lamothe a confermarlo in un intervento televisivo. Un gesto, quello delle dimissioni, che dovrebbe mettere fine all’impasse politica del Paese. Al governo di Lamothe, infatti, viene imputata l’incapacità di organizzare elezioni legislative, attese da tre anni. Numerose sono state, nelle ultime settimane, le manifestazioni delle opposizioni per chiedere le dimissioni del primo ministro. Ieri nella capitale Port au Prince, un gruppo di giovani ha tentato di entrare nel palazzo presidenziale: la manifestazione è stata repressa dalla polizia e negli scontri è morto un uomo. La strada politica ora per Haiti passerà attraverso la formazione di un governo di coalizione e la nomina di un consiglio elettorale per garantire le attese elezioni legislative. (E.R.)

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Dopo Ferguson, manifestazioni anti razzismo in tutti gli Usa

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Continuano negli Stati Uniti le manifestazioni popolari contro il razzismo. Almeno 25.000 le persone che ieri hanno sfilato a New York. Diverse migliaia sono scese in piazza anche a Washington e Boston per chiedere giustizia per i cittadini afroamericani uccisi dalla polizia. Si è trattato delle manifestazioni più imponenti dopo quelle di Ferguson, scoppiate a seguito della decisione del Gran Jury di non incriminare il poliziotto che il 9 agosto scorso uccise Michael Brown, un giovane afroamericano disarmato. Ai cortei hanno preso parte anche i familiari di Michael Brown e quelli di Eric Garner, Tamir Rice, Tayvon Martin e degli altri cittadini neri uccisi dalla polizia. Accanto ai familiari, le organizzazioni per i diritti civili, i giovani e tantissimi americani hanno sfilato pacificamente lungo le strade del Paese chiedendo giustizia e dicendo no al razzismo. (E.R.)

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Svezia: collisione sfiorata tra aereo di linea e caccia russo

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Tragedia sfiorata, nella notte tra venerdì e sabato, nei cieli svedesi. Un aereo di linea, partito da Malmoe e diretto in Polonia, ha rischiato la collisione con un caccia russo che volava senza trasponder, lo strumento che rende un velivolo identificabile ai radar. A salvare la situazione sono stati caccia svedesi e danesi, allertati dalle autorità di Stoccolma, alzatisi in volo per intercettare l'aereo di Mosca. Dure le proteste delle autorità svedesi contro la Russia. Un episodio simile era già accaduto nel marzo scorso, quando un altro velivolo russo che viaggiava con il trasponder spento era arrivato a  soli 100 metri di distanza da un aereo della Scandinavian Airlines. (E.R.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 348

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.