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Sommario del 04/07/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Campobasso in attesa di Papa Francesco

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“Dio non si stanca di perdonare”. Questo il titolo del viaggio che Papa Francesco sta per compere in Molise. Domani il Pontefice sarà a Campobasso, al Santuario di Castelpetroso e a Isernia. Tutta la regione è mobilitata per accogliere il Pontefice. Il servizio del nostro inviato in Molise, Giancarlo La Vella

La piccola regione del Molise si sta facendo “grande” in attesa di Papa Francesco, proprio per rivolgere al Pontefice un grande abbraccio fatto di affetto. Tutto è ormai pronto, a Campobasso, al Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso, che ospiterà l’incontro con i giovani del Molise e del vicino Abruzzo, e a Isernia. E questo, grazie all’incessante lavoro dei tanti volontari. Pronta la grande capanna di bambù all’ex stadio Romagnoli, che ricorda quella di Betlemme, e che farà da altare per la Santa Messa a Campobasso. “Il cuore del Molise batte per Papa Francesco”, “Il Molise in festa si stringe attorno al Papa”. Questi alcuni dei titoli più significativi dei quotidiani locali, che chiaramente dedicano all’evento le prime pagine. Come hanno sottolineato i vescovi Bregantini e Cibotti, al centro della visita le emergenze che anche il Molise sta vivendo: chiaramente la povertà, la mancanza di lavoro, il discorso dell’accoglienza, un’emergenza anche qui sentita molto e verso la quale non si fa mai abbastanza, le speranze dei giovani e poi tutte le altre scandite dalle tappe di questa visita: gli ammalati, i carcerati. Nella consapevolezza di tutti i molisani il fatto che la visita di Papa Francesco lascerà sicuramente un segno e innescherà un percorso virtuoso che il Molise è già pronto a intraprendere.

 

Grande il lavoro dei tanti volontari impegnati per preparare la visita del Papa. Abbiamo chiesto a due di loro con quale spirito stiano operando: 

R. - Con lo spirito del servizio, il fare senza aspettarsi nulla in cambio ma si fa per piacere e perché è davvero un grande evento che la città di Campobasso aspettava da tanti anni. E’ giusto viverlo nel modo più semplice possibile: lavorando con il sorriso.

D. - Con noi il responsabile degli scout. Come siete riusciti a coinvolgere i ragazzi in questa attività anche faticosa?

R. - Non siamo noi che coinvolgiamo. È la forza straordinaria di Papa Francesco. Veramente con semplicità, con umiltà questi ragazzi lavorano, sistemano le transenne, le sedie; con gioia e con il sorriso sulle labbra perché Papa Francesco è veramente un uomo che sta trasformando la nostra società.

D. - Una visita all’insegna del perdono, com’è nello stile di Papa Francesco…

R. - Papa Francesco ci ha detto che Dio non si stanca mai di perdonare. Allora, seguendo l’esempio di Papa Francesco, lo sforzo che faremo è quello di riuscire a perdonare nel nostro quotidiano.

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Francesco in Molise: primo incontro con il mondo del lavoro

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Il primo incontro di Papa Francesco a Campobasso, nella giornata di sabato, sarà con il mondo del lavoro e dell’industria: due settori in crisi dai quali però ripartire per generare speranza soprattutto nei giovani che, in maggioranza, scelgono la via dell’emigrazione. Nell’intervista della nostra inviata Antonella Palermo, Nicola Lalli, responsabile della Pastorale sociale e del Lavoro della diocesi Campobasso-Bojano, tratteggia le ricchezze e le difficoltà della regione Molise: 

R. - E’ una piccola regione con una popolazione di 320 mila abitanti che si sviluppa in 136 piccoli comuni; una popolazione che ha un Pil pro-capite di circa 21 mila euro, forse il più alto dell’Italia del Sud. Effettivamente, siamo in una realtà un po’ particolare, dove la spesa sanitaria è molto alta e la realtà dei giovani, tra i 20/29 anni, è al 30% di disoccupazione. Insieme a questi giovani disoccupati ci sono poi i giovani che a noi preoccupano moltissimo, si tratta degli scoraggiati: giovani che hanno perso ogni speranza di trovare lavoro, abbandonano questa ricerca e vanno fuori dal Molise, oppure stanno con i genitori in attesa di qualcosa che verrà. La famiglia diventa così il primo welfare della regione ma “il cuore è nuovo, ma i valori sono antichi”, questo è lo slogan di padre Giancarlo, del nostro caro arcivescovo Bregantini, e questo ci porta a dire che bisogna generare speranza; bisogna valorizzare la nostra identità. Non sono parole fatte, sono parole vere e vive.

D. - Voi, se non sbaglio, avete anche portato avanti vere e proprie battaglie sulla questione del lavoro…

R. - Perché il nostro sperare è che non chiudano altre aziende. Per questo motivo, all’incontro con il Papa parleranno due persone che daranno grande speranza a questo nostro Molise.

D. - Chi sono?

R. - Una ragazza lavoratrice e una madre, impiegata alla Fiat.

D. - A Termoli, in questa cittadina costiera del Molise, esiste questo stabilimento della Fiat e se non sbaglio lei è una cassaintegrata…

R. - Sì, un grosso stabilimento. Sì è una cassaintegrata ma possiamo dire che a giro sono tutti cassaintegrati. Questo ci preoccupa notevolmente, perché una buona fetta di lavoro - sia nel nostro Molise ma anche nelle regioni vicine - viene prodotto da questa grossa azienda. Sarebbe un grandissimo delitto se chiudesse questa fabbrica perché perderebbero speranza moltissime famiglie.

D. - Voi sperate che questa visita possa essere magari un “volano” per riaccendere le energie in questa terra che poi è una terra di passaggio, che soffre anche di vie di comunicazione non così adeguate al territorio…

R. - Questa è una realtà. Forse qualcuno può pensare che sia chiusura, ma non è assolutamente questo. L’accoglienza è una delle migliori armi che il popolo molisano ha a disposizione per cercare di far comprendere che le bellezze del Molise vanno condivise, come vanno condivise anche le sofferenze. Certo noi ci aspettiamo da Papa Francesco un grosso segnale in questo senso: condividere tutto, camminare insieme e sperare che il mondo possa cambiare anche con piccoli gesti come quelli che fa il nostro grandioso Papa sotto questo punto di vista.

D. - Come si presenta oggi la città di Campobasso?

R. - Diciamo che ha acquistato una nuova veste, una veste che porta al sorriso e alla gioia e ce ne vuole veramente tanta per chi soffre, per chi alla fine della giornata arriva a casa e non può condividere tanto con i propri figli. È un aspetto molto brutto e negativo e lo dobbiamo sconfiggere insieme.

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La visita del Papa al Santuario dell'Addolorata di Castelpetroso

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Nella sua visita in Molise, Papa Francesco si recherà nel pomeriggio a Castelpetroso per incontrare, nel piazzale del Santuario dell’Addolorata, i giovani abruzzesi e molisani. Già Giovanni Paolo II si recò in questo luogo di devozione mariana nel marzo del 1995, nella sua seconda visita in Molise. Qui la Vergine Maria apparve per la prima volta il 22 marzo 1888 a due pastorelle di nome Serafina e Bibiana: ai suoi piedi il corpo di Gesù, morto e coperto di piaghe. A questa prima apparizione ne seguirono altre e, dopo il riconoscimento ufficiale della Chiesa, Papa Paolo VI nel 1973 proclamò l’Addolorata di Castelpetroso patrona del Molise. Sul significato di questa visita, ascoltiamo il rettore della Basilica di Castelpetroso, don Massimo Muccillo, al microfono di Giancarlo La Vella

R. – Il dolore che Maria qui ci rappresenta come trasfigurato nella speranza e nell’amore verso Dio, è perfettamente adeguato per il mondo in cui viviamo, dove forse non è più tanto la sofferenza fisica che ci può spaventare - seppure ancora ha la sua incidenza - quanto il vuoto del non-senso della vita diverse volte, che può essere uno dei problemi principali della gioventù nel mondo attuale. Non perché i giovani non abbiano valore, assolutamente, ma perché forse nessuno gli indica ancora una volta qual è il modo migliore per far vivere tutti i doni che il Signore ha messo nel loro cuore. Quindi, la sofferenza di Maria è anche la sofferenza della ricerca di se stessi e la riscoperta dei doni che Dio dà a ognuno, come compito della propria vita e quindi come invito alla responsabilità. Nel momento della crisi Maria non ci invita a piangere su noi stessi ma ci invita a guardare Dio con speranza e a dare fondo anche alle nostre risorse ed energie di intelligenza e spiritualità, perché possiamo andare avanti e costruire un mondo migliore.

D. – Qual è il messaggio che volete trasmettere a Papa Francesco?

R. – Lui ci dice che Dio non si stanca di perdonare e ci parla sempre di misericordia. Noi comprendiamo il messaggio della misericordia che Papa Francesco ci ricorda in continuazione e lo vogliamo far vivere come amore per Dio, per gli altri e per noi stessi. Quindi, diremo al Papa che questa parola che lui ci viene ancora una volta a ripetere, “Dio non si stanca di perdonare”, fa breccia nel nostro cuore e ci invita a rispondere alla sua lezione, al suo insegnamento con quell’amore necessario in un mondo che, a volte, più che di tante parole ha bisogno veramente di essere amato ed accolto.

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P. Lombardi: i lavori del C9 proseguono con ritmo e passo stabile

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Ultimo incontro oggi della quinta riunione del Consiglio di Cardinali, che proseguirà a settembre, dicembre e febbraio. Il Consiglio, diventato C9 con la partecipazione a pieno diritto  del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, è stato voluto dal Santo Padre per aiutarlo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia romana. A parlare con i giornalisti dei lavori, nella Sala Stampa vaticana, il direttore, padre Federico Lombardi. Il servizio di Debora Donnini

I prossimi incontri del Consiglio di cardinali sono il 15-17 settembre, 9-11 dicembre e 9-11 febbraio. Quindi “il lavoro continua con ritmo e passo stabile”, ha detto padre Federico Lombardi informando sul fatto che questa riunione, giunta all’ultimo giorno, prosegue nel pomeriggio. I temi trattati nel primo giorno e mezzo erano stati Governatorato, Segretaria di Stato e Ior. Poi si è ripreso a parlare dei Dicasteri e ci si è intrattenuti in particolare sul tema “laici e famiglia”, ha detto padre Lombardi:

“Il punto interessante che è stato oggetto delle conversazioni, è soprattutto il contributo e il ruolo dei laici, delle coppie di sposi e delle donne in questo contesto e in questi organismi, o in questo organismo, a secondo di come poi il progetto continuerà a svilupparsi. Al momento attuale non c’è nessuna decisione sulle forme dell’ organismo, della struttura, perché si va avanti con degli approfondimenti che poi si inseriscono nel quadro più complessivo della riforma della Curia. Quindi, non c’è attualmente una decisione che riguardi le forme del dicastero o dei dicasteri, su questi temi”.

Altri temi su cui c’è stato uno scambio in questi giorni sono le nunziature e il loro lavoro, la scelta nei nunzi e le procedure per la nomina dei vescovi. Non c’erano decisioni specifiche da prendere ma si va avanti con lo scambio di opinioni. Quindi padre Lombardi si è soffermato sull’atmosfera che si respira in questi incontri e della quale i cardinali gli hanno parlato. “C’è una notevole soddisfazione per il clima che si stabilisce”, ha rilevato:

“Quindi, hanno insistito su questa caratterizzazione, cioè sulla libertà di espressione, sulla sincerità con cui si manifestano i pensieri da parte dei membri, e anche sulla cordialità, il sincero apprezzamento reciproco, per cui c’è un clima di cordialità. E il Papa si inserisce con naturalezza in questa dinamica di dialogo, interloquendo e favorendo la libertà di espressione e lo sviluppo del dialogo. Non con interventi – diciamo così – di orientamento forte della conversazione. E’ chiaro, come sappiamo, che si tratta di un Consiglio che poi fa delle proposte, propone, e poi il Papa conserva tutta la sua autorità e libertà di decidere”.

Poi padre Lombardi ha ribadito che allo stato attuale non si può parlare di bozze della nuova Costituzione ma che “si va avanti per contributi parziali” che vengono presentati da uno dei membri del Consiglio, che è stato incaricato di approfondire un argomento, e poi vengono studiati insieme. Il lavoro dunque non è ancora giunto a stringere su un progetto di nuova Costituzione ma c’è ancora un lavoro che va avanti per contributi parziali e approfondimenti specifici.

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La voce di Francesco in difesa degli albini africani

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“Francis allargò le braccia con i palmi delle mani rivolti al cielo e disse: ‘Dio è in ogni essere umano. La vita di un essere umano vale quanto la vita dell’intera comunità. Se si offende una persona, si insulta Dio’ “. È questa la frase che Papa Francesco ha scelto di leggere per l’audiolibro “Ombra Bianca” che racconta e denuncia la discriminazione e la sofferenza degli albini in Africa. Realizzato da Cristiano Gentili, il volume è legato anche ad una campagna internazionale lanciata il 25 giugno scorso in difesa delle violenze riservate agli albini africani con l'hashtag #HelpAfricanAlbinos (Aiutiamo gli albini africani), cui ha aderito lo stesso Pontefice.

Ambientato in Tanzania, dove lo scrittore - legato all’organizzazione Medici con l’Africa Cuamm - ha lavorato per molti anni, il  romanzo “Ombra bianca” narra la storia di una piccola bimba albina, Adimu, che, nonostante l’ambiente ostile e nemico che la circonda, non smette mai di cercare amore ed amicizia.

“Emarginati dalla società che non li considera africani – spiega il sito www.ombrabianca.com, sul quale è possibile ascoltare anche l’audio del Pontefice - dal mercato del lavoro, dagli stessi familiari che in molti casi li abbandonano alla nascita, gli albini africani sono vittime di omicidi rituali. La loro persecuzione è dovuta alla superstizione”. Stando alle credenze popolari, infatti, “le parti del loro corpo hanno forti poteri magici e donano ricchezza, fortuna, fertilità a chi se ne appropria” e per alimentare questo mercato, “le persone albine sono perseguitate, uccise, fatte a pezzi, le loro tombe vengono profanate ed i resti trafugati”. A tale dramma, si aggiungono “i gravi problemi di salute derivanti dalla mancanza di melanina e dalla costante esposizione al sole equatoriale, causa di ustioni, infezioni, cecità e, nella maggior parte dei casi, di tumori della pelle”, tanto che “l’80% degli albini tanzaniani non supera i 30 anni. Il cancro della pelle è un omicida silente. La loro speranza di vita è di 32 anni.

Per richiamare l’attenzione su questo dramma che colpisce migliaia di africani, dunque, è nata l’idea del primo “audiolibro sociale”. Chiunque, infatti, può seguire l’esempio del Santo Padre e donare la propria voce leggendo, in lingua italiana con sistema di traduzione multilingua, una frase del romanzo. Tale audiolibro darà simbolicamente voce a chi non ha voce. È stata, inoltre, lanciata una petizione in 6 lingue sul sito www.change.org per manifestare vicinanza e chiedere un aiuto concreto a favore degli albini africani grazie alla partnership con Medici con l’Africa-Cuamm. (I.P.)

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Riconoscimento Associazione Internazionale Esorcisti: intervista con p. Bamonte

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“Un evento particolarmente significativo”: così padre Francesco Bamonte ha commentato ai nostri microfoni il riconoscimento giuridico dell’Associazione Internazionale Esorcisti da parte della Congregazione per il Clero. Padre Bamonte, dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, esorcista nella diocesi di Roma e presidente dell’Associazione, è stato intervistato da Sergio Centofanti

R. - Nella lunga storia della Chiesa non si era ancora costituita un’Associazione Internazionale Esorcisti: anche questo è un segno dei tempi! Lo Spirito Santo, in risposta alle particolari esigenze della nostra epoca, ha suscitato una presa di coscienza sempre più viva nella Chiesa che tra i mandati che Cristo Gesù ha dato alla Chiesa stessa, c’è anche quello di cacciare i demoni nel suo Nome.  Nel medesimo tempo lo Spirito Santo stesso ha ispirato e istituito nella Chiesa tale associazione di sacerdoti esorcisti perché avvertissero la forza che deriva dal farne parte sentendosi in comunione con altri confratelli che svolgono lo stesso ministero e perché incontrandosi periodicamente e condividendo le proprie esperienze, potessero offrire un aiuto più concreto ed efficace a quanti si rivolgono a loro.

D. - Quali sono i fini che si propone questa associazione nella Chiesa ?

R. - Proprio perché gli esorcisti possano svolgere bene il proprio compito, la nostra Associazione si propone come fini specifici: promuovere la prima formazione di base e la successiva formazione permanente degli esorcisti; favorire gli incontri tra gli esorcisti soprattutto a livello nazionale e internazionale, perché condividano le proprie esperienze e riflettano insieme sul ministero loro conferito; favorire l’inserimento del ministero dell’esorcista nella dimensione comunitaria e nella pastorale ordinaria della chiesa locale; promuovere la retta conoscenza di questo ministero nel popolo di Dio; promuovere studi sull’esorcismo nei suoi aspetti dogmatici, biblici, liturgici, storici, pastorali e spirituali; promuovere una collaborazione con persone esperte in medicina e psichiatria che siano competenti anche nelle realtà spirituali.

D. – Quanto è importante e necessaria la presenza del sacerdote esorcista nelle diocesi?

R. - La presenza di un sacerdote esorcista in una diocesi è importantissima. La sua mancanza, infatti, induce spesso la gente a rivolgersi a maghi, cartomanti, fattucchieri, sette. È poi da considerarsi una vana paura pensare che se le persone sanno dell’esistenza e dell’attività di un esorcista in una diocesi, sarebbero indotte più facilmente a credere di essere vittime di possessioni diaboliche. La prima preoccupazione di ogni esorcista di buon senso è quella di evitare di creare o di mantenere l’illusione di una possessione, quando questa non c’è. L’esorcista è innanzitutto un evangelizzatore e un sacerdote, per cui qualunque sia l’origine del male di cui soffre chi lo accosta, che sia o che non sia un’autentica forma di azione straordinaria del demonio, s’impegna a infondere serenità, pace, fiducia in Dio e speranza nella sua grazia. E là dove dovesse realmente accertare un caso di possessione diabolica, accompagnerà quei fratelli e sorelle sofferenti a causa del maligno, con umiltà, fede e carità, per sostenerli nella lotta, per incoraggiarli nel duro cammino della liberazione e per ravvivare in loro la speranza.

D. – E’ grande la sofferenza delle persone che subiscono realmente lo stato di possessione diabolica?

R. - Nella mia esperienza, come in quella di tanti altri esorcisti -naturalmente relativa a persone veramente possedute- incontro uomini e donne perfettamente sani di mente, esposti, però, a un livello di sofferenza difficilmente immaginabile. Dinanzi a tanto dolore, è impossibile restare indifferenti: mi auguro, sinceramente, che tanti altri confratelli sacerdoti si rendano personalmente conto di questa drammatica realtà, spesso ignorata o sottovalutata. L’esorcismo è una forma di carità, a beneficio di persone che soffrono; esso rientra, senza dubbio, tra le opere di misericordia corporale e spirituale.

D. – Parliamo del servizio offerto dal Vicariato di Roma: il centro di primo ascolto per coloro che chiedono l’esorcista nella diocesi di Roma. Ci può fornire anche alcuni dati sul numero delle persone che chiedono l’intervento dei sacerdoti che esercitano il ministero degli esorcismi? Quanti sono i casi ritenuti propriamente seri e di specifica competenza degli esorcisti?

R. - Per venire maggiormente incontro agli esorcisti -sempre più oberati dai casi difficili che già da tanto tempo seguono e sempre più pressati da chi viene loro indirizzato senza il necessario discernimento, in alcune diocesi viene offerto un servizio di primo ascolto per coloro che chiedono l’esorcista. I sacerdoti sono coadiuvati da un’equipe di volontari, costituita da professionisti medici, specialisti in psichiatria e psicoterapeuti, che, valutano, quando necessario, gli aspetti medici. Anche se è in aumento il numero delle persone che chiedono l’intervento dei sacerdoti che esercitano il ministero degli esorcismi, i casi ritenuti propriamente seri e di specifica competenza degli esorcisti sono limitati, rispetto alla media numerica delle telefonate. La motivazione delle telefonate non è sempre legata, infatti, alla ricerca di un esorcista. Coloro che chiamano sono in buona percentuale anche persone che, allontanatesi dalla fede o non avendola mai praticata, non sanno come sia più giusto comportarsi in merito alla pratica stessa della fede (Confessioni, Santa Messa, Santo Rosario, etc.). Inoltre ci sono anche quelli che confondono problemi di natura prettamente sanitaria con problemi di natura spirituale. Questi dati sono avvalorati dai collaboratori medici professionisti del cui consulto ci si avvale. 

D. - Papa Francesco ha citato non poche volte il demonio nelle sue omelie richiamando alla reale esistenza e attività del demonio; inoltre ha inviato un messaggio lo scorso settembre agli esorcisti italiani riuniti in convegno …

R. - Senza dubbio il fondamento della predicazione e dell’insegnamento di papa Francesco è Gesù Cristo, tuttavia spesso Papa Francesco ci esorta non dimenticare quello che la Sacra Scrittura stessa ci dice e cioè che i demoni esistono: sono angeli creati buoni da Dio, che si sono trasformati in malvagi, perché con libera scelta, hanno rifiutato Dio e il suo Regno, dando così origine all’Inferno. Essi agiscono nella storia personale e comunitaria degli uomini cercando di propagare fra gli uomini la loro stessa scelta per il male e quindi non basta per noi sapere che essi esistono, ma bisogna anche conoscere come agiscono per prevenire e respingere i loro attacchi e non cadere nelle loro trappole. Spesso il Papa si è soffermato nel descrivere come i demoni agiscono attraverso la tentazione per separare gli uomini da Cristo. Essi infatti vogliono che diventiamo come loro; non vogliono la santità di Cristo in noi, non vogliono la nostra testimonianza cristiana, non vogliono che noi siamo discepoli di Gesù. Il Papa ha anche più volte sottolineato come essi -che sono repellenti e ripugnanti- si travestono da angeli di luce per rendersi attraenti e così meglio ingannare gli uomini. Gesù nel Vangelo ci insegna come lottare, e con la sua grazia vincere i demoni. Il Papa però non ha parlato solo di quella che è l’azione ordinaria del demonio, ma prendendo occasione dai Vangeli in cui vengono descritti gli esorcismi di Gesù, ha anche parlato in qualche sua omelia della possessione diabolica. Una realtà che noi esorcisti affrontiamo in questo ministero che Cristo stesso ha affidato alla Chiesa e che noi esercitiamo nel Suo Nome.  L’immagine della Chiesa “come un ospedale da campo, che cura le ferite di tutti”, come rappresentata da Papa Francesco, sembra particolarmente adeguata al compito che è stato affidato agli esorcisti, essi, infatti, sono chiamati a essere quel buon samaritano che Gesù descrive dettagliatamente nella parabola, soccorrendo i fratelli lacerati e oppressi dal maligno. Nel settembre scorso avevo chiesto a Papa Francesco un messaggio di incoraggiamento agli esorcisti italiani riuniti in convegno ed egli ben volentieri, con la sua benedizione apostolica ha inviato loro anche un messaggio esprimendo «apprezzamento per il servizio ecclesiale offerto da quanti con il ministero dell’esorcismo, esercitano una forma di carità a beneficio di persone che soffrono e sono bisognose di liberazione e di consolazione». 

D. – Armi potenti contro il diavolo sono il Rosario, la Confessione …

R. – L’arma potente, innanzitutto, come ci dice Papa Francesco, che ci invita a portare sempre in tasca un Vangelo, è la lettura, la meditazione della Parola di Dio. Dentro di noi, questa Parola, quando scende, vive e agisce e ci riempie della grazia dello Spirito Santo. E poi il Rosario, l’affidamento alla Madonna, che è particolarmente odiosa al demonio. La Confessione frequente: riconoscerci umilmente peccatori, confessare i nostri peccati e chiedere a Dio la forza di non farli più. La partecipazione alla Santa Messa nei giorni festivi. E poi la lotta contro i nostri vizi, la lotta contro ciò che il peccato originale ha lasciato dentro di noi per far trionfare l’uomo nuovo in Cristo.

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Udienza del Papa al card. Bagnasco, nomine episcopali in Argentina e Portogallo

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Papa Francesco ha ricevuto ieri in udienza il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

In Argentina, Francesco ha nominato arcivescovo di Rosario mons. Eduardo Eliseo Martín, finora vescovo di Villa de la Concepción del Río Cuarto.

In Portogallo, il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Aveiro mons. António Manuel Moiteiro Ramos, finora Vescovo titolare di Cabarsussi ed Ausiliare di Braga.

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Mons. Zimowski: sforzo globale per vincere la tubercolosi

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“E’ nostro dovere far sì che il diritto alla salute sia una realtà per tutti i cittadini”. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Zygmunt Zimowski alla Conferenza sull’eliminazione della tubercolosi, in corso a Roma. Il presidente del dicastero per la Salute sottolinea che - tra il 1995 e il 2012 -sono state salvate 22 milioni di persone affette da Tbc e tuttavia, afferma, questi dati “non lasciano spazio all’autocompiacimento”. Il presule ha ricordato infatti che, nel solo 2012, sono stati stimati 8.6 milioni di casi e 1.3 milioni di persone sono morte di tubercolosi.

La tubercolosi, ha evidenziato, “è una malattia che colpisce maggiormente le persone più povere” e i più vulnerabili come donne, bambini e quanti vivono con l’Aids. Per questo, ha avvertito, serve una strategia globale contro questa “malattia killer”. “Le istituzioni sanitarie basate sulle fede che spesso operano in comunità a basso reddito difficili da raggiungere – ha affermato – saranno partner importanti nello sforzo per rendere la cura della tubercolosi accessibile a tutti coloro che ne hanno bisogno”. (A.G.)

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Con un occhio al futuro: in un'intervista di Gaetano Vallini l'arcivescovo di Campobasso-Boiano, Giancarlo Bregantini, sulla visita del Papa, domani, in Molise.

Si teme un'estensione del conflitto iracheno: l'Arabia Saudita dispiega trentamila soldati per scongiurare potenziali minacce terroristiche.

Costosa aberrazione: Anna Maria Fellegara sulla violenza contro le donne.

L'opera che si commenta da sola: Inos Biffi su "I promessi sposi" del 1840-1842 nell'edizione nazionale ed europea.

Risorge l'Evangeliario di Vercelli: il Lazarus Project renderà visibile il testo cancellato dal tempo.

Pace e silenzio: Marcello Filotei racconta un pellegrinaggio civile sul fronte orientale a cent'anni dall'inizio della Prima guerra mondiale.

Un articolo di Isabella Farinelli dal titolo "Osò sfidare Michelangelo": Firenze riscopre Baccio Bandinelli.

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Oggi in Primo Piano



Ebola: ad Accra il vertice per fermare l'epidemia

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Si è concluso ieri ad Accra il vertice che ha riunito in Ghana i ministri della Sanità di 11 Paesi dell’Africa occidentale, insieme a "Medici senza frontiere" (Msf), la Croce Rossa e specialisti da tutto il mondo, per discutere di come far fronte all’epidemia in corso di Ebola, considerata la più mortale mai registrata. Sulle caratteristiche e le problematiche che presenta questa nuova epidemia, Marco Guerra ha sentito il parere di Saverio Bellizzi, epidemiologo di "Medici senza frontiere", tornato ieri dalla Guinea, uno dei Paesi maggiormente interessati dalla diffusione del virus: 

R. - L’epidemia è completamente fuori controllo. Si parla già di più di 700 casi e più di 400 morti. E’ sicuro che andrà avanti ancora per alcuni mesi, almeno fino a novembre, dicembre. Gli undici Paesi ad Accra si sono riuniti perché l’area interessata è quella dell’Africa occidentale. In questo momento i casi si trovano soprattutto in Guinea, in Sierra Leone e in Liberia. Ma è pur vero che, per la grande mobilità delle persone, alcuni casi potranno sopravvenire nei Paesi circostanti. Quindi gli undici Paesi si sono impegnati soprattutto a rinforzarsi e ad aumentare le risorse umane e le risorse in generale, per poter meglio affrontare in termini, soprattutto, di sensibilizzazione e di screening delle persone che possono essere di aiuto nella gestione dell’epidemia stessa.

D. - Non è la prima volta che viene diffuso un allarme sull’ebola. Perché questa ultima epidemia preoccupa particolarmente e quale caratteristiche presenta?

R. - A differenza delle altre epidemie, che erano nei Paesi sempre dell’area equatoriale africana, come Gabon, Sudan e Congo, in questo caso è particolare in quanto la mobilità delle persone è maggiore. Quando l’allerta è stata data a fine febbraio, inizio marzo, in Guinea c’erano già numerosi focolai. La particolarità è che le persone si muovevano velocemente da un villaggio all’altro per funerali, o per prendersi cura delle persone affette, e questo non faceva altro che trasferire i potenziali malati, quindi numerosi casi, da un villaggio all’altro, anche a 50 chilometri di distanza. In più, l’epicentro si trova quasi al confine con Sierra Leone e Liberia: essendo le stesse etnie, gli stessi Paesi e le stesse famiglie, il passaggio transfrontaliero è abbastanza facile e abbastanza veloce e in breve tempo si sono formati numerosi focolai difficili da gestire. In altre epidemie, invece, essendo una realtà sociale diversa, anche di mobilità, rimanevano più circoscritte e l’impegno nel limitare l’epidemia era molto più facile.

D. - Lei è appena tornato dalla Guinea e "Medici Senza Frontiere" è in prima linea nell’emergenza. Che lavoro state facendo sul terreno, che cosa riscontrate, quali problematiche nella diffusione del virus?

R. - "Medici senza frontiere" è l’unico attore che interviene nel trattamento dei pazienti con ebola, in quanto ha le risorse e l’expertise per farlo. Poi collabora nella gestione dell’epidemia con le autorità locali, con l’Oms, e con la Croce Rossa, nell’identificare e nel seguire tutti i potenziali casi sospetti per il tempo di incubazione della malattia stessa. La difficoltà specifica di questa epidemia è proprio nel cercare di sensibilizzare, cercare di identificare e di seguire i potenziali casi sospetti, perché sono state trovate numerose resistenze di tipo culturale: le persone o non ammettono l’esistenza della malattia oppure pensano che la malattia sia stata portata dall’esterno. Per cui è molto difficile sensibilizzare e cercare di far capire alle persone che nel momento in cui sviluppano sintomi devono immediatamente essere testati per poter essere presi in carico. Infatti, come già menzionato dal congresso di Accra, particolare sforzo va messo nel sensibilizzare le persone con la responsabilizzazione degli imam, di tutte le personalità locali che hanno una certa autorevolezza.

D. - E’ giustificata la paura di un diffondersi della malattia al di fuori della sua consueta aerea, in particolare in Europa, nei Paesi occidentali?

R. - No, vedo questa ipotesi molto remota, per le caratteristiche stesse della malattia. Nel momento in cui una persona s’infetta, l’evoluzione è molto rapida. Ricordiamo che il 90 per cento delle persone infette se non trattate muoiono e anche in breve periodo, nel giro di una settimana, dieci giorni. Una persona che ha la sintomatologia dell’ebola non è nemmeno in grado di camminare.

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Argentina a rischio default, servono misure internazionali rapide

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L’Argentina rischia nuovamente il default, dopo la sentenza della Corte Suprema americana che obbliga il governo di Buenos Aires a risarcire gli "hedge funds" che non hanno accettato i programmi di ristrutturazione del debito dopo il tracollo del 2001. Il ministro dell'Economia, Axel Kicillof, ha chiesto che "la comunità internazionale agisca rapidamente", altrimenti entro il 31 luglio, il Paese rischia il fallimento. Michele Raviart ne ha parlato con Niccolò Locatelli, studioso di America Latina e social editor della rivista “Limes”: 

R. – Quello che sta succedendo in questi giorni è la conseguenza del default argentino del 2001 e 2002. Dopo quella fortissima crisi del debito estero, il governo di Buenos Aires ha iniziato un processo di rinegoziazione del debito che ha avuto due fasi, una nel 2005 e una nel 2010, che è stato accettato da circa il 93 per cento dei creditori internazionali dell’Argentina. Quello che è successo è che il 7 per cento di creditori che non ha accettato questi accordi - sono soprattutto “hedge funds”, fondi avvoltoi, fondi specializzati in operazioni ad alto rischio ed alto rendimento - ha iniziato un procedimento legale contro l’Argentina.

D. - Il processo si è svolto negli Stati Uniti perché a Wall Street hanno sede questi “hedge funds”, ma per una clausola il risarcimento potrebbe dover riguardare anche la parte di creditori che hanno già stabilito un accordo. Di che cifre stiamo parlando?

R. – In base a questa ultima decisione della Corte Suprema statunitense, l’Argentina si ritroverebbe a dover ripagare 15 miliardi di dollari soltanto per questo 7 per cento di "fondi avvoltoi". Se dovesse pagare interamente tutti i creditori, la cifra salirebbe a 120 miliardi di dollari, che è una cifra che ovviamente in questo momento Buenos Aires non ha e che quindi la porterebbe nuovamente al default.

D. – Può la giustizia interna di uno Stato influire sulle politiche economiche di un altro Stato, in questo caso appunto l’Argentina?

R. - La domanda che si ponevano retoricamente Cristina Kirchner e il suo governo, dando per scontato che la risposta fosse no, e contavano anche sull’appoggio informale del governo Obama all’opera di ristrutturazione del debito. Il discorso è che si tratta di regole che hanno a che fare con i mercati internazionali. C’è soprattutto una questione legale. La via di uscita più immediata sembra quella del negoziato che, tra l’altro, lo stesso governo argentino ha dichiarato più volte di voler fare e inizierà lunedì prossimo 7 luglio.

D. - Qualora poi dovesse pagare questo debito, quali sarebbero gli scenari che il Paese si troverebbe ad affrontare?

R. – Innanzitutto il governo di Buenos Aires ha tempo fino al 30 luglio per trovare una soluzione, soluzione sulla quale in realtà anche i "fondi avvoltoi" si sono detti disponibili. Sono state intraprese in questi ultimi mesi, sapendo anche che ci sarebbe stata questa sentenza, una serie di decisioni che volevano segnalare una disponibilità, al di là della retorica, di Buenos Aires a trattare con gli investitori. Anche perché dopo il default l’Argentina, pur avendo ripagato abbastanza rapidamente il Fondo monetario internazionale, è rimasta fuori dai mercati internazionali.

D. - Questi fondi che non hanno accettato la ristrutturazione del debito avevano già acquistato dei bond di Stato già svalutati. Quanto c’è di meramente speculativo in questa situazione?

R. – Se si chiamano "fondi avvoltoi" un motivo ci deve essere. Sicuramente il tema è sentito con una particolare urgenza in Argentina perché il default del 2001 e 2002 ha causato anche una crisi sociale ed economica senza paragoni, con milioni di persone che si sono ritrovate povere e senza niente da mangiare. Al tempo stesso bisogna rilevare che queste sono le regole del gioco dei mercati internazionali.

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Renzi: la Bundesbank non entri nel dibattito politico italiano

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Berlino cerca di spegnere le polemiche con Roma sul patto di stabilità. Per il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert "Italia e Germania vogliono che le istituzioni europee lavorino per le sfide essenziali" dell'Ue, "una di queste è il benessere" dei cittadini che può essere procurato "solo attraverso la competitività". Oggi il premier Matteo Renzi a Roma ha incontrato il presidente uscente della Commissione europea Barroso, assicurando che riforme saranno completate in mille giorni. Alessandro Guarasci

Renzi guarda avanti e con Barroso afferma che non ci sono polemiche col governo tedesco. Con la Merkel il rapporto è ottimo. Il presidente del Consiglio rimarca però che le regole europee riguardano la stabilità e la crescita. Poi alla banca centrale tedesca dice: non impicciatevi delle questioni italiane.

Il premier afferma che “il grande obiettivo del semestre” di presidenza italiana è  restituire "speranza, passione e entusiasmo ai cittadini Ue, che sono i nostri stakeholder, il motivo per cui lavoriamo”. Sull’immigrazione aggiunge che “serve una politica europea con il rafforzamento di Frontex. Serve una maggiore presenza in Libia”.

Ed ancora: in mille giorni saranno fatte le riforme per rendere più moderna l’Italia.

Il presidente della Commissione Josè Manuel Barroso riconosce i grandi sforzi fatti dall’Italia per accogliere chi viene dal Nord Africa. E sulle riforme sottolinea: Il piano dell'Italia è "in linea con le raccomandazioni emerse dalla Commissione europea ma, anche se non ci fosse l'Ue, sono certo che l'Italia abbia bisogno di riforme”. E per quanto riguarda la presidenza della Commissione dice di vedere bene Napolitano, se non fosse trovato un accordo su un altro nome. Sì poi alla flessibilità, ma le regole vanno rispettate.

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Ccee: a Varsavia, convegno europeo sulle vocazioni

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Al via a Varsavia il Convegno europeo delle Vocazioni. L’iniziativa è promossa dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) e si parlerà della chiamata di Dio nel mondo di oggi di fronte alla sfide di una società secolarizzata. Il servizio di Davide Dionisi: 

“L’educazione cristocentrica a servizio delle vocazioni oggi” è il tema della tre giorni promossa dalla Ccee che vedrà i vescovi europei confrontarsi su come annunciare la Parola di Dio attraverso nuovi cammini di formazione ed educazione. L’obiettivo è quello di rispondere all’appello che Papa Francesco ha rivolto ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle famiglie cristiane, quello di promuovere una vera e propria pedagogia della santità che sia capace di adattarsi ai ritmi delle singole persone e che abbia Cristo come primo riferimento. Ci spiega perché don Michel Remery, vice segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali europee:

R. - Alla base di ogni vocazione c’è la chiamata di una persona. La persona di Cristo. Ogni cosa che facciamo noi per la vocazione, per educare le persone alla vocazione deve essere fondata su Cristo stesso.

D. Quali sono secondo lei le cause principali del calo delle vocazioni?

R. - Ci sono tantissime cause secondo me. Per esempio, in Europa c’è un buon gruppo che può vivere e quando si vive bene è facile dimenticare che hai bisogno di Dio nella tua vita. Se dimentichiamo chi è Cristo e che abbiamo bisogno della sua persona nella nostra vita, non troviamo la vera felicità e non sappiamo cosa dobbiamo fare noi nella nostra vita. Secondo me, questo è un elemento molto importante per spiegare il calo delle vocazioni, ma allo stesso tempo è una sfida, quella di aiutare la gente di oggi di tutti i Paesi dell’Europa a conoscere Cristo e ad averlo nella loro vita.

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Mons. Ambrosio: dalle scuole paritarie un servizio fondamentale

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“Una miopia tipicamente italiana, una visione riduttiva”.  Il vescovo Gianni Ambrosio, a capo della Commissione episcopale della Cei per l’educazione cattolica, commenta così le polemiche sollevate da una parte della sinistra sull’esenzione dell’Imu per le scuole paritarie che hanno rette sotto il costo medio per studente. Il vescovo definisce “importante”, invece, la decisione del governo. Sentiamo mons. Ambrosio intervistato da Alessandro Guarasci

R. – Solo una visione riduttiva, direi una visione miope, non arriva a riconoscere l’importanza di queste scuole che sono inserite nel sistema scolastico nazionale, ne fanno parte a tutti gli effetti, per legge. E' un servizio sociale che viene svolto, che evita costi allo Stato se questi ragazzi andassero nella scuola gestita dallo Stato. Tutto ciò mi pare significhi che c’è la necessità di riconoscere che è un servizio importante, fondamentale. Credo che questa decisione sia quanto mai importante proprio per evitare la chiusura; tutto andrebbe poi a carico dello Stato con spese insopportabili da parte dello Stato stesso.

D. – I critici dicono: “Bisognava dare quei soldi alle scuole statali”. Insomma il problema è sempre una contrapposizione scuola statale e scuola non statale. Questo non avviene negli altri Paesi europei…

R. – Esattamente, questa è una miopia tipicamente italiana: una visione riduttiva che non arriva a comprendere come la scuola può essere gestita da parte dello Stato, come può essere gestita, e lo era in passato, da parte del comune, così può essere gestita dalla stessa società civile nelle sue diverse espressioni ed articolazioni. Sarebbe bello che anche l’Italia da questo punto di vista entrasse un po’ di più nell’orizzonte europeo.

D. – Per quanto riguarda i finanziamenti alle scuole paritarie come arrivano e quando arrivano? Ci sono ritardi e questi ritardi quali problemi comportano?

R. – Prima di tutto il grosso problema è quello dell’incertezza: se questi fondi vengono effettivamente destinati e anche la quantità. Quindi questa incertezza crea molte difficoltà nella gestione concreta. E poi non dimentichiamo che vi sono i ritardi e soprattutto questi fondi sono molto parziali e molto limitati rispetto alla spesa complessiva che il gestore scolastico deve provvedere per poter pagare gli insegnanti, per poter tenere i locali a posto, funzionanti, in regola, molto di più, spesso, che non rispetto a scuole gestite dallo Stato. C’è anche questa difficoltà. E’ uno sforzo grande che viene fatto e purtroppo non viene compreso.

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Pastorale familiare: l'impegno della diocesi di Palermo per i divorziati

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Si chiama “Santa Maria di Cana” ed è un percorso di accompagnamento pastorale per separati e divorziati non risposati né conviventi. Lo propone l’arcidiocesi di Palermo e a curarlo è l’Ufficio della pastorale familiare che, in questi anni, ha sviluppato un cammino volto alla riedificazione personale, al perdono e alla riscoperta degli impegni del Sacramento del Matrimonio. Al microfono di Tiziana Campisi, Maria Pia Campanella, referente del gruppo Santa Maria di Cana e autrice del volume “Il dono di sé”, manuale di accompagnamento spirituale per separati o divorziati, descrive questo cammino pastorale: 

R. - Innanzitutto, il percorso prevede di accogliere la persona separata che resta sola perché molto disorientata e - ovviamente - molto ferita. Si tratta di un’accoglienza fraterna fatta da persone che vivono la stessa situazione.

D. - L’arcidiocesi di Palermo offre percorsi anche per i separati risposati. Ci può spiegare come distinguere meglio le diverse situazioni di fronte alle quali la Chiesa si trova oggi?

R. - Da poco tempo è iniziato il cammino per i divorziati e per i risposati. Praticamente, sia i documenti della Chiesa che il Direttorio della pastorale famigliare, hanno distinto le due situazioni in difficili e irregolari. La situazione difficile è vissuta dalla persona separata o anche divorziata che però vive da sola e non ha altre unioni. La situazione irregolare invece riguarda i divorziati che si risposano con il matrimonio civile, i ragazzi che convivono senza sposarsi e le coppie che non si sono mai sposate in Chiesa ma solo civilmente.

D. - Come si articola il cammino dei separati o divorziati soli?

R. - È un incontro di preghiera che prima di tutto ricostruisce l’identità di figlio di Dio. Se io non mi sento amato da Dio Padre, non saprò neanche proseguire sulla strada del perdono; questa è la seconda tappa. La terza tappa consiste nel far riemergere l’identità nuziale: se abbiamo fallito il progetto umano, rimane il progetto nuziale di Dio.

D. - Lei è referente del gruppo che nell’arcidiocesi di Palermo segue il percorso "Santa Maria di Cana". È una divorziata non risposata ed ha partecipato ad incontri con alcune diocesi e con persone che fanno il suo stesso cammino. Cosa può dirci di queste esperienze?

R. - Io cercavo aiuto nelle parrocchie, ho cominciato ad interessarmi nella parrocchia, poi in diocesi e ancora in tutta l’Italia. Ho partecipato a convegni ed ho cercato di leggere i documenti della Chiesa. Anche nelle altre diocesi ho trovato una lacuna su questo aspetto: per il separato che resta solo non c’era ancora qualcosa di definito, di valido. Devo dire che la cosa importante è lo scambio. Alla fine ho preso l’esempio dell’associazione francese "Communion de Notre-Dame de l’Alliance" che ha fatto un percorso proprio per le persone separate sole. Ogni anno prevedono un incontro internazionale con il rinnovo del sì al coniuge.

D. - Lei ha scritto il libro "Il dono di sé", presentato da mons. Salvatore di Cristina come il primo manuale di accompagnamento che affronta la tematica dei separati non risposati…

R. - Vorrei dire che questo è il primo libro - almeno allo stato attuale non mi risulta ce ne siano altri - scritto da una persona che vive la situazione.

D. - Il volume contiene anche un formulario per il rinnovo delle promesse matrimoniali…

R. - Ogni anno facciamo un ciclo di incontri bimensile che si conclude con un ritiro, dove nel corso della Messa, chi vuole - non si è obbligati - fa un rinnovo degli impegni del matrimonio. Questo rito è stato scritto da padre Pietro Sorci, docente ordinario di Liturgia a Palermo alla facoltà teologica. Lui ci ha consegnato questo rito che poi noi abbiamo passato ad altri. Questa nostra fedeltà a Dio la offriamo sì per la nostra famiglia, per il coniuge, ma anche per la Chiesa, per le famiglie unite, affinché possano restare tali, e per i sacerdoti, affinché non tradiscano la propria vocazione. Quindi, si tratta di quella famosa comunione dei santi che ci ricorda che siamo tutti chiamati alla comunione con il vincolo del Battesimo.

D. - C’è un esempio noto di separato non risposato che voi state prendendo a modello: è il servo di Dio Francesco Paolo Gravino Principe di Palagonia …

R. - Guarda caso è proprio di Palermo! Ci rivolgiamo a quest’uomo che dopo dieci anni di vita coniugale si è dovuto separare perché la moglie aveva una relazione con un altro principe. Ovviamente ha sofferto molto. Volle essere terziario francescano e dedicò il resto della sua vita ai mendicanti che venivano presi dalla strada per essere ricoverati in apposite strutture di accoglienza. Anticipando la Dottrina Sociale della Chiesa, a queste persone veniva anche data la dignità di un lavoro. Questo principe per noi è un esempio e ogni tanto siamo andati a pregare sulla sua tomba.

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Da pazienti psichiatrici a cronisti: è la "Psicoradio" di Bologna

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Ridare un posto nel mondo ai malati psichiatrici per far tornare a galla il loro talento. E’ nata con questo obiettivo "Psicoradio", la prima radio in Europa a diffusione nazionale, realizzata interamente da pazienti in cura al Dipartimento di salute mentale di Bologna. 13 redattori dai 20 ai 60 anni, che dal 2006 hanno realizzato più di 400 trasmissioni in onda su "Popolare network" e su "Radio Città del Capo". Programmi che guardano all’attualità con la sensibilità di chi nella vita ha sofferto ma che allo stesso tempo ha saputo rialzarsi, come spiega Cristina Lasagni, direttrice della Radio e docente all’università della Svizzera italiana, al microfono di Maria Gabriella Lanza

R. - La radio è terapeutica, ma è terapeutica come lo è il luogo di lavoro, dove si sta bene, dove si mette in moto l’intelligenza, dove si mettono a frutto le proprie passioni, i propri interessi, dove si lavora con altre persone, in un ambiente umanamente gradevole. Credo che questo faccia bene a tutti. Chi conosce il lavoro sa come il lavoro possa essere fonte di sofferenza. In questo caso, in più, c’è il fatto che queste persone, da molti anni, avevano maturato nei confronti di se stessi una sfiducia molto profonda. Molti di loro pensavano di non essere in grado, ad esempio, di fare le cose che adesso stanno facendo. Cominciavano dicendo: 'Ma io questo non lo saprò mai fare' ed io gli dicevo: 'Tu non ti preoccupare; giudico io se lo sai fare o no; adesso cominciamo'. E ce l’hanno fatta tutti. Le dico solo questo: Morena, una nostra redattrice, aveva cominciato dicendo 'Io non lavorerò mai al computer, perché è una cosa che non potrò mai fare, non saprò mai fare', e così via. Adesso gestisce un suo blog, che ha aperto lei, e ha lavorato per un sito di un’associazione. Sono veramente percorsi straordinari, ma che hanno a che fare col fatto che una persona, che ha avuto o che ha una sofferenza psichica, è giudicata così male dal mondo, il mondo la considera così inutile e pericolosa che, poco a poco, questo giudizio viene introiettato. Almeno quello dell’inutilità... Quindi, c’è la dimostrazione del fatto che sono persone in grado di fare, e magari anche di fare bene, perché noi abbiamo vinto un premio nazionale e siamo da molti anni su un circuito di radio nazionali. Hanno, quindi, delle prove anche oggettive del fatto che sono capaci. Poi è chiaro che debbano continuamente combattere contro un’idea di sé che si è stratificata, sedimentata, e che è un’idea invece spesso molto bassa, molto fallimentare di incapacità, proprio di fallimento. Da questo punto di vista, dunque, la radio funziona molto - dal punto di vista terapeutico, riabilitativo – perché ridà loro un’altra immagine di sé. Prima di essere dei pazienti psichiatrici, quando sono lì, sono dei redattori.

D. - I redattori di "Psicoradio" svolgono a tutti gli effetti il lavoro da giornalista in una vera redazione senza personale psichiatrico. Vanno in onda, montano servizi e realizzano interviste. Sono dei "cronisti della mente", come amano definirsi e come racconta una redattrice...

R.- Io ho iniziato a venire a "Psicoradio" nel 2012. Dal mio punto di vista, "Psicoradio" è importante, perché innanzitutto lo vedo come un lavoro e non come magari un surrogato di lavoro, di riabilitazione e cose varie. Per me è solo un passaggio verso il mondo lavorativo più “tosto”, anche se pure qui non si fanno sconti. Noi lavoriamo tre giorni alla settimana e abbiamo dei tempi da rispettare: il lunedì c’è la riunione di redazione, come in qualsiasi altra radio o giornale, dove esponiamo le nostre idee e guardiamo cosa è successo durante la settimana. Questo è molto bello, ma la cosa ancora più bella è che l’idea della radio in sé, di "Psicoradio", è che la malattia non è la persona: al di là della malattia, ci sono delle capacità e delle abilità, che praticamente devono essere solo allenate e aiutate ad uscire. "Psicoradio" promette questo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Funerali del giovane palestinese ucciso: scontri e tensioni

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A Gerusalemme, nel quartiere arabo di Shufat, sono in corso i funerali del ragazzo palestinese rapito e ucciso per vendetta da coloni ebrei, dopo l'assassinio dei tre ragazzi israeliani in Cisgiordania. Centinaia le persone che hanno seguito il feretro, sotto il controllo di un ingente spiegamento di forze di polizia. Nel frattempo si registrano scontri fra palestinesi e forze israeliane in altri quartieri della città e anche a Ramallah, in Cisgiordania, dove sono segnalati almeno 8 feriti. Tensioni poi sulla Spianata delle Moschee. dove la polizia ha permesso l’accesso solo a uomini con più di 50 anni. E in mattinata razzi sono stati di nuovo sparati da Gaza verso Israele. Non si segnalano vittime, né danni. Intanto una fonte israeliana ha commentato la notizia di un accordo per il cessate il fuoco tra lo Stato ebraico ed Hamas, diffusa dalla Bbc.  “Tocca ad Hamas - ha detto la fonte alla radio militare israeliana - e, se accetta un cessate il fuoco unilaterale, la quiete sarà ristabilita”. (M.G.)

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L'arcivescovo di Mosul: l'Isis ha portato via la mia diocesi

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L’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Emil Shimoun Nona racconta ad "Aiuto alla Chiesa che Soffre" (Acs) la sua esperienza da quando ha dovuto abbandonare la città, nei giorni scorsi, in seguito all’invasione di alcune aree del Paese da parte dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis). Il presule, che si è trasferito a Tall Kayf villaggio a tre chilometri a Nord di Mosul, spiega come la Chiesa abbia accolto tutti coloro che sono fuggiti a causa dell’avanzata di Isis, sia musulmani che cristiani. “È la nostra fede che ci insegna ad aiutare e a prenderci cura di ognuno, senza alcuna distinzione di fede”, dice. I rifugiati sono stati alloggiati nelle scuole e negli asili appartenenti alla Chiesa e in alcune case abbandonate. A Tall Kayf sono giunte 700 famiglie, mentre ad Alqosh, villaggio cristiano a venti chilometri da Mosul, sono state accolte 500 famiglie cristiane e 150 musulmane. Acs ha sostenuto l’opera dell’arcidiocesi di mons. Nona in favore dei rifugiati con un contributo straordinario di 100 mila euro. Ad esempio, Habib, sua moglie ed i suoi cinque figli sono stati alloggiati insieme ad altre famiglie in una copisteria che stampa testi religiosi.

“Abbiamo lasciato tutto a Mosul – racconta il fedele caldeo ad Acs – siamo riusciti a portare soltanto i vestiti che indossavamo e i nostri documenti. E ora non sappiamo se potremo mai tornare a casa”. Un’altra donna con quattro bambini spera di trasferirsi in Occidente appena possibile. Alcuni vogliono partire, altri non intendono abbandonare il proprio Paese. Ad accomunare i cristiani iracheni vi è però l’incertezza sul futuro che li attende. Un sentimento condiviso da mons. Nona. Oggi oltre tre quarti dei suoi 10 mila fedeli sono in fuga. “Non so se saranno in grado di tornare – dice ad Acs - La mia diocesi non esiste più. Isis me l’ha portata via”. Nel recente Sinodo della Chiesa caldea, che si è svolto ad Erbil anziché a Bagdad a causa dell’attacco di Isis, i vescovi hanno cercato disperatamente risposte a questa nuova crisi. “I rifugiati non rappresentano l’unica emergenza a cui dobbiamo far fronte – dice mons. Nona – l’avanzata di Isis ha acuito le tensioni tra sunniti e sciiti, aumentando il senso di insicurezza dei cristiani” che ormai hanno perso la fiducia in un loro futuro in questa terra.

Le speranze della Chiesa irachena sono ora riposte nel Kurdistan, la provincia semiautonoma in cui dall’inizio della guerra nel 2003 tanti cristiani hanno trovato rifugio dalla violenza. Ed i vescovi sperano che i propri fedeli fuggiti a causa di Isis possano trovare qui una nuova casa, senza lasciare l’Iraq.

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Hong Kong: arrestati 5 organizzatori della protesta democratica

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La polizia di Hong Kong ha arrestato 5 organizzatori della grande manifestazione per la democrazia che ha visto scendere in piazza il 2 luglio scorso più di 500mila persone nell'ex-colonia britannica. La manifestazione è stata promossa per chiedere l’elezione diretta con suffragio universale del capo del governo locale prevista per il 2017. Hong Kong è tornata sotto la sovranità cinese nel 1997 sulla base di un accordo con la Gran Bretagna che garantisce ai cittadini del territorio le libertà civili e il pluralismo politico.

Il vicario generale della diocesi di Hong Kong, padre Michael Yeung, parlando ai nostri microfoni, ha sottolineato di non pensare che gli obiettivi della manifestazione potranno essere raggiunti. “Siamo preoccupati – ha detto - e credo che queste preoccupazioni diventino sempre più sostanziali, considerando che l’art. 45 della Legge fondamentale possa essere interpretato in termini molto restrittivi oppure utilizzato per nominare un comitato che” Pechino afferma “essere ampiamente rappresentativo, mentre in realtà non lo è: lo è solo di nome. Noi pensiamo che questo attuale modo di eleggere e selezionare sia un sistema per ‘filtrare’ quelle persone che il governo di Pechino non vuole vedere in quell’incarico. Recentemente, hanno pubblicato un Libro bianco sull’interpretazione della Legge fondamentale, e da questo è risultato molto chiaramente che il nostro sistema attuale deve adeguarsi al sistema socialista”.

Padre Yeung ha quindi ricordato come Deng Xiaoping avesse detto che soltanto il Ministero degli Esteri e quello della Difesa dovessero avere una rappresentanza a Hong Kong, a dimostrazione della sovranità del governo cinese, mentre tutto il resto sarebbe dovuto rientrare nella gestione interna di Hong Kong. “Alla fine – ha osservato - il risultato è che noi non abbiamo più alcun potere” e siamo obbligati ad andare “verso un sistema socialista”. Quello che preoccupa gli abitanti di Hong Kong penso sia la totale mancanza di fiducia.

La Chiesa cattolica – ha precisato – “non ha mai incoraggiato le persone a manifestare, ma certo non possiamo proibirlo e la ragione è molto semplice: l’autorità non deriva la propria legittimità morale da se stessa – come è detto nel Catechismo della Chiesa cattolica; l’autorità non può manifestarsi in termini dispotici, al contrario: deve agire per il bene comune, dev’essere una forza morale basata sulla libertà e sul senso di responsabilità. Ora, se l’autorità è esercitata in maniera legittima ed è volta alla ricerca del bene comune dei gruppi in questione, e impiega mezzi moralmente leciti per ottenerlo, allora va bene. Mentre, al contrario, se il governante si avvale di leggi ingiuste o adotta misure contraddittorie rispetto all’ordine morale, penso che queste misure non possano essere considerate vincolanti per le coscienze. E con questi presupposti – si è chiesto - come possiamo chiedere ai giovani di non manifestare? Credo che i giovani, in qualche modo, rappresentino la coscienza della società: come possiamo chiedere loro di non farlo?”.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 185

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.