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Sommario del 05/07/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa a Campobasso: ridare dignità a lavoratori

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Il corretto sfruttamento della terra, la dignità del lavoro, la famiglia. E’ iniziata con un discorso di ampia portata la visita di Papa Francesco in Molise. Parole pronunciate nell’incontro con il mondo del lavoro e dell’industria all’Università degli Studi del Molise, a Campobasso, dopo il saluto del rettore, Gianmaria Palmieri, e le testimonianze di un giovane agricoltore, laureato in Agraria, e di un operaia Fiat, mamma di un bimbo e in attesa di un altro figlio. Commovente l'abbraccio di Francesco con la donna, cui ha benedetto la pancia toccandola. Il servizio del nostro inviato a Campobasso, Giancarlo La Vella

“Rompere gli schemi ed essere creativi sul futuro”, questo ci spinge a fare Dio – ha detto il Papa; un intento fondamentale per continuare ad avere con la nostra terra un rapporto di reciproco rispetto. Lavorare la terra “per vocazione”, sottolinea Francesco, riprendendo le parole del giovane agrario:

“Il restare del contadino sulla terra non è rimanere fisso, è fare un dialogo, un dialogo fecondo, un dialogo creativo. E’ il dialogo dell’uomo con la sua terra che la fa fiorire, la fa diventare per tutti noi feconda. Questo è il peccato nostro: di sfruttare la terra e non lasciare che lei ci dia quello che ha dentro, con il nostro aiuto della coltivazione”.

Poi Papa Francesco mette l’accento su un’altra sfida fondamentale: il lavoro, il cui svolgimento, però, deve lasciare il giusto tempo per la famiglia. E’ fondamentale in famiglia giocare, “perdere tempo” con i bambini. Nella nostra epoca stiamo abbandonando questa saggezza – mette in guardia il Santo Padre – proprio a causa dell’attuale sistema economico, che ci ha fatto anche dimenticare l’importanza del riposo domenicale:

“E all’interno di questo ambito si colloca anche la questione della domenica lavorativa, che non interessa solo i credenti, ma interessa tutti, come scelta etica. La domenica libera dal lavoro – eccettuati i servizi necessari – sta ad affermare che la priorità non è all’economico, ma all’umano, al gratuito, alle relazioni non commerciali ma familiari, amicali, per i credenti alla relazione con Dio e con la comunità. Forse è giunto il momento di domandarci se quella di lavorare alla domenica è una vera libertà”.

E, in linea con quanto sta accadendo in Italia, anche in Molise, una regione che vive prevalentemente di agricoltura, artigianato, di industrie legate all’alimentazione e al commercio, cresce la preoccupazione per la mancanza del lavoro; troppo spesso la crisi economica porta le aziende ad adottare la scelta più facile, ma alla lunga, meno proficua: tagliare il personale. Le speranze di Elisa, giovane mamma, operaia della Fiat, ce ne danno una toccante testimonianza:

“Mi auguro che l'azienda investa sempre in nuovi prodotti concorrenziali in un mercato sempre più globale e che non smetta mai di tutelare la sua risorsa principale, cioè i suoi dipendenti e in particolare le mamme come me, ponendole sempre nelle migliori condizioni lavorative, magari mettendo a disposizione delle strutture interne dove poter lasciare i nostri figli durante l'attività lavorativa”.

E alla speranza della signora Elisa  si aggiunge quella del Papa. “Vorrei unire la mia voce a quella di tanti lavoratori e imprenditori di questo territorio – sottolinea Francesco – nel chiedere che possa attuarsi un patto per il lavoro”. E il Pontefice detta anche i passi attraverso i quali realizzare l’intesa per rispondere al dramma della disoccupazione: ovvero strategie concordate con le autorità nazionali per recuperare tanti posti di lavoro, cogliendo le opportunità offerte dalle normative nazionali ed europee, qui in Molise, come in altre regioni. Mai disgiungere – sottolinea Papa Francesco – il binomio lavoro-dignità:

“Non avere lavoro non è soltanto non avere il necessario per vivere, no. Noi possiamo mangiare tutti i giorni, ma questo non è il problema. Il problema è non portare il pane a casa: questo è grave, e questo toglie la dignità! Questo toglie la dignità. Per questo dobbiamo lavorare e difendere la nostra dignità, che dà il lavoro”.

Infine, da parte del Papa, una sorta di tributo alla tenacia e allo spirito di sacrificio della gente molisana, attraverso un episodio avvenuto quando era Provinciale dei Gesuiti in Argentina. C’era bisogno di inviare per dieci mesi all’anno nell’inospitale terra antartica un cappellano. La scelta cadde – ha ricordato – su don Bonaventura De Filippis: era di Campobasso.

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Voci di una mamma imprenditrice, un agricoltore e il rettore dell'Università

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Per un commento sull’incontro del Papa con il mondo del lavoro, la nostra inviata Antonella Palermo ha raccolto tre testimonianze: quella di una mamma e imprenditrice della provincia di Isernia, l'agricoltore che ha parlato al Pontefice e il rettore dell’Università: 

R. – É la prima volta che l’ho visto così da vicino; sono rimasta fortemente colpita perché ha preso mia figlia in braccio e le ha dato la benedizione. Sono rimasta fortemente colpita quando ha parlato alla mamma, operaia della Fiat, perché più o meno ci rivediamo tutte in lei: in quanto donne, mamme e lavoratrici, facciamo i salti mortali per portare avanti la famiglia…

D. – Il Papa ha detto di perdere tempo con i bambini perché si sta perdendo questa “scienza” …

R. - Sì, è vero, purtroppo, anche se comunque siamo giovani e crediamo nella famiglia, l’abbiamo voluta fortemente …

Gabriele Maglieri, grazie della tua bella testimonianza. Il Papa ci ha riflettuto su …

R: - Sono ancora emozionato e ancora non riesco a focalizzare quello che è accaduto oggi. Già mi sono arrivati dei messaggi da tutti gli agricoltori, amici del Molise, che mi stanno dando prova che le parole che abbiamo portato all’attenzione del Santo Padre sono il sentire comune di noi agricoltori; abbiamo bisogno di custodia delle nostre produzioni e del nostro territorio.

D. - Il Papa ha detto che bisogna riprendere a dialogare in modo creativo con la terra …

R. - Il Papa ha dato un input per un concetto di fondamentale importanza: quello della sostenibilità. Noi dobbiamo diventare bravi a prendere dalla terra con un “tornaconto pari a zero”, nel senso che quello che asportiamo deve essere uguale a quello che noi ridiamo alla terra, affinché questo meccanismo, questo sistema, quello della terra, che è il nostro ambiente, si perpetui e possa rimanere per i nostri figli e per i nostri nipoti …

D. - E poi, sempre a braccio, ha detto: “ Non portare il pane a casa toglie la dignità”…

R. - Questo è un aspetto importante per i nostri giorni, anche nei piccoli paesi, dove si riesce a sopravvivere perché l’aiuto reciproco e solidale è più forte rispetto alle grandi città. Però, vediamo che molte persone perdono dignità e questo spesso porta a perdere le famiglie e porta allo scoraggiamento. Se noi creiamo delle condizioni affinché qualsiasi cosa possa produrre una sorta di economia - a partire dalla terra, dai suoi benefici, anche su filoni di tipo industriale, agroindustriale, turismo, cultura, dove possano impegnarsi tutti - potremmo avere un sollievo giornaliero che riporta la dignità alle nostre popolazioni.

Rettore Gianmaria Palmieri, per sei, sette volte il Santo Padre è intervenuto a braccio per sottolineare alcuni aspetti presenti nelle testimonianze dell’operaia della Fiat e dell’agricoltore. Come ha accolto queste sottolineature?

R. - Papa Francesco ci ha abituato “a rompere gli schemi”, come dice lui, a cogliere dei messaggi dai discorsi della gente che lavora, delle persone che sperimentano sulla propria pelle i problemi di questo territorio. Questa è la dimostrazione ulteriore di quanto il Santo Padre riesca d essere vicino alla gente.

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Messa del Papa a Campobasso: carità via maestra dell’evangelizzazione

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La Chiesa sia sempre in prima linea nella testimonianza della carità. E’ uno dei passaggi forti dell’omelia di Papa Francesco, durante la Messa nell’ex stadio Romagnoli di Campobasso, gremito da oltre 20 mila fedeli che arrivavano a 80 mila considerando tutta la zona circostante. Il Papa ha ribadito che bisogna diffondere la cultura della solidarietà, soprattutto di fronte alle situazioni di precarietà materiale. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

La Chiesa che conosce l’odore delle sue pecore, tante volte evocata da Papa Francesco, ha trovato oggi una nuova suggestiva immagine nella capanna che sovrastava l’altare della Messa a Campobasso. Un’umile struttura fatta di canne, abbellita da piante di ulivo, a ricordare quelle capanne che danno riparo ai pastori molisani durante la transumanza del loro gregge. Una Chiesa in cammino dunque proprio come i pastori, ha sottolineato l’arcivescovo Giancarlo Bregantini, che ha voluto soffermarsi sul paliotto, il pannello decorativo dell’altare, ricamato con il ferro battuto da un giovane immigrato senegalese:

“Il paliotto esprime plasticamente il Magnificat: un giovane sta precipitando nel buco nero della droga, dell’alcol, della precarietà lavorativa. Ma invoca, con braccia disperate, un aiuto. Ed ecco che a venirgli incontro, con  mano sollecita, c’è proprio Lei, santità, che lo sorregge e lo rialza, spinto dalla Madonna della Libera, che illumina la scena! E’ la prossimità, di cui ha bisogno il nostro tempo!”.

Una prossimità che diventa servizio ai fratelli che hanno bisogno, come dimostra Maria con la cugina Elisabetta. Francesco ha sottolineato che tutti siamo chiamati a vivere “il servizio della carità” nelle realtà ordinarie, in famiglia come in parrocchia e al lavoro:

“La testimonianza della carità è la via maestra dell’evangelizzazione. In questo la Chiesa è sempre stata ‘in prima linea’, presenza materna e fraterna che condivide le difficoltà e le fragilità della gente. In questo modo, la comunità cristiana cerca di infondere nella società quel ‘supplemento d’anima’ che consente di guardare oltre e di sperare”.

Il Papa ha incoraggiato tutti “a perseverare su questa strada, servendo Dio nel servizio ai fratelli, e diffondendo dappertutto la cultura della solidarietà”. Di questo impegno, ha sottolineato, c’è tanto bisogno “di fronte alle situazioni di precarietà materiale e spirituale, specialmente di fronte alla disoccupazione, una piaga che richiede ogni sforzo e tanto coraggio da parte di tutti”:

“Quella del lavoro è una sfida che interpella in modo particolare la responsabilità delle istituzioni, del mondo imprenditoriale e finanziario. È necessario porre la dignità della persona umana al centro di ogni prospettiva e di ogni azione. Gli altri interessi, anche se legittimi, sono secondari”.

Al centro, ha soggiunto, “c’è la dignità della persona umana”, “perché la persona umana è immagine di Dio”. Dunque, ha detto, “la Chiesa è il popolo che serve il Signore”. La vera libertà, ha proseguito, “la dà sempre il Signore: la libertà anzitutto dal peccato, dall’egoismo in tutte le sue forme: la libertà di donarsi e di farlo con gioia, come la Vergine di Nazareth che è libera da sé stessa”. Questa, ha detto ancora, “è la libertà che ci ha donato Dio, e noi non dobbiamo perderla: la libertà di adorare Dio, di servire Dio e di servirlo anche nei nostri fratelli”:

“Questa è la libertà che, con la grazia di Dio, sperimentiamo nella comunità cristiana, quando ci mettiamo al servizio gli uni degli altri. Senza gelosie, senza partiti, senza chiacchiere... Servirci gli uni gli altri, servirci! Allora il Signore ci libera da ambizioni e rivalità, che minano l’unità della comunione. Ci libera dalla sfiducia, dalla tristezza – questa tristezza è pericolosa, perché ci butta giù; è pericolosa, state attenti!”.

Il Signore, ha ribadito, ci liberadalla paura, dal vuoto interiore, dall’isolamento, dai rimpianti, dalle lamentele”. Anche nelle nostre comunità, ha ribadito, “non mancano atteggiamenti negativi, che rendono le persone autoreferenziali, preoccupate più di difendersi che di donarsi”. Ma Cristo, è stato il suo incoraggiamento, “ci libera da questo grigiore esistenziale”:

“Per questo i discepoli, noi discepoli del Signore, pur rimanendo sempre deboli e peccatori - tutti lo siamo! - ma pur rimanendo deboli e peccatori, siamo chiamati a vivere con gioia e coraggio la nostra fede, la comunione con Dio e con i fratelli, l’adorazione a Dio e ad affrontare con fortezza la fatiche e le prove della vita”.

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L'abbraccio del Papa ai malati e il pranzo con i poveri

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Dopo la Messa, Papa Francesco si è recato nella Cattedrale di Campobasso dove, dopo l'adorazione del Santissimo Sacramento, ha salutato e abbracciato alcuni malati e disabili. Tra questi, un ragazzo autistico di nome Francesco. Particolarmente commovente l'incontro con una maestra malata di cancro, che voleva donargli una croce di ferro, tipica dell'artigianato molisano. Il Papa le ha detto: “te la benedico e te la restituisco e tu devi promettermi che pregherai su questa croce per me. Questo è il nostro patto”.

Il Pontefice si è poi trasferito alla "Casa degli Angeli", il nuovo centro caritativo della diocesi creato in una ex scuola. Qui il Papa ha pranzato con i poveri assistiti dalla Caritas, inaugurando così la struttura.

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I giovani del Molise e dell'Abruzzo incontrano Francesco

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Primo appuntamento pomeridiano del Papa in Molise è stato l’incontro con i giovani molisani e abruzzesi nel piazzale del Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso. Antonella Palermo ha sentito don Nicola Maio, responsabile della pastorale giovanile di Campobasso e due ragazzi. Ascoltiamo don Nicola: 

R. – E’ un’occasione di grazia ed è meraviglioso per noi essere qui. Ci dà gioia che tanti giovani si siano lasciati attrarre dalla presenza di Papa Francesco e quindi sono gioiosi di accoglierlo.

D. – Tu sei un giovane sacerdote della diocesi che tra l’altro ha avuto modo di partecipare anche alla Giornata Mondiale della Gioventù a Rio, quindi ti porti ancora l’eco di questa grande festa mondiale, vero?

R. – Sì, lo spirito è lo stesso. Si respira lo stesso spirito brasiliano che fa festa e gioisce per la sua fede, per l’annuncio di Gesù, il Signore della nostra vita.

D. –  … e che contagia anche questa terra che vive di difficoltà per il lavoro che manca, per tanti giovani che sono costretti ad abbandonarla per cercare altrove un futuro migliore...

R. – Purtroppo sì. Questo è il rovescio della medaglia che abbiamo nel cuore. Il Papa viene a portarci una parola di speranza, per i tanti giovani che purtroppo sono costretti, dopo i 18 anni, a studiare fuori...

D. – Tu sei?

R. – Carmen.

D. – Quanti anni hai?

R. – Quasi 19. Sono felice di trasmettere questo amore che Dio prova per noi e questa gioia immensa che abbiamo ogni giorno nell’incontrarlo.

D. –Marco, tu che ti aspetti tu dal Papa?

R. – Sicuramente mi aspetto che ci rinvigorisca con le sue parole e con la sua grande bontà che ci trasmette. È molto bello davvero. Abbiamo risentito nel nostro cuore le parole del Papa che ci invitavano a non avere paura della bontà e della tenerezza.

D. – Come vedi il tuo futuro?

R. – Innanzitutto con il Signore, un futuro pieno di speranza; poi, dove Lui ci chiama. L’importante è che sia Lui a condurci.

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Nomine episcopali di Papa Francesco

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Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico in Costa Rica mons. Antonio Arcari, Arcivescovo titolare di Ceciri, finora nunzio apostolico in Mozambico.

In Nigeria, il Papa ha nominato vescovo di Uyo mons. John Ebebe Ayah, trasferendolo dalla diocesi di Ogoja. Lo stesso presule è stato nominato amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della diocesi di Ogoja.

In Colombia, il Pontefice ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Cali mons. Luis Fernando Rodríguez Velásquez, del clero dell’arcidiocesi di Medellín, finora Vicario Generale, assegnandogli la sede titolare di Illiberi.

In Polonia, Francesco ha nominato vescovo ausiliare di Kalisz il rev.do Padre Łukasz Mirosław Buzun, O.S.P.P.E., finora priore del Monastero di Jasna Góra a Częstochowa, assegnandogli la sede titolare di Cusira.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Dignità e lavoro: Papa Francesco durante la visita pastorale in Molise invoca il coraggio della solidarietà per curare l'avvilente piaga della disoccupazione.

La verità su un misterioso incidente: Luca M. Possati sulle prime condanne per l'assassinio del vescovo Angelelli.

"Ancora non decolla l'Afghanistan del dopo Karzai": un'analisi di Gabriele Nicolò

Una barca fra i monti svizzeri: l'omelia che il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, tiene domani in occasione delle celebrazioni per il 1400 anniversario della fondazione dell'abbazia di Disentis, con un articolo di Simona Verrazzo dal titolo "Radicata nei Grigioni".

Gabbia liquida: sulla rivoluzione antiescatologica, anticipazione dell'articolo di Rossano Zas Friz De Col contenuto nel prossimo numero di Civiltà Cattolica.

Come divenni amico dei contestatori: il predicatore della Casa Pontificia, Raniero Cantalamssa, su una vita a servizio della Parola.

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Mons. Fisichella: i giovani ci aiutano a non invecchiare

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I giovani cattolici del Regno Unito stanno partecipando in questi giorni ad un Festival vocazionale a Birmingham. All’evento, che si conclude questa domenica e riunisce più di 400 ragazzi e ragazze, partecipa anche mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. Philippa Hitchen lo ha intervistato chiedendogli innanzitutto l’importanza di questo incontro: 

R. – Mi sembra molto importante, perché un’esperienza come questa è un’esperienza di grande amicizia. E’ un’esperienza nella quale i giovani si ritrovano insieme, si conoscono, vedono che hanno gli stessi problemi ma anche le stesse finalità e gli stessi obiettivi. E poi è importante, perché sono momenti di preghiera, sono momenti in cui, lontani dal chiasso, lontani dal rumore, lontani da tante distrazioni, possono pensare molto più seriamente alla propria vita. Nel momento in cui soprattutto i giovani guardano più da vicino alla loro vita e alla loro esperienza di fede e di amicizia, possono realmente dare un contributo molto forte al progresso di tutti noi.

D. – Abbiamo visto, in questi ultimi mesi, come Papa Francesco abbia introdotto un nuovo modo di rapportarsi ai giovani, un nuovo modo di evangelizzare i giovani. Secondo lei, questo ha avuto un effetto, un impatto notevole su quanti sentono la vocazione?

R. – Io credo di sì. Abbiamo sempre avuto un incremento di vocazioni con le Giornate mondiali della gioventù; ma abbiamo avuto un incremento di vocazioni dopo che in alcune parti del mondo ci sono stati dei gravi scandali che hanno toccato la vita della Chiesa. E adesso abbiamo anche un incremento di vocazioni per la presenza di un nuovo Papa che arriva al cuore di tutti, e soprattutto al cuore di tanti giovani che lo vedono come una presenza molto significativa nella loro vita. Noi speriamo: Papa Francesco è Papa da solo un anno e mezzo, ed è molto difficile poter verificare se a partire da questo ci sono delle vocazioni; però posso dirle che l’anno scorso, quando durante l’Anno della fede c’è stato l’incontro del Papa – il primo incontro di Papa Francesco – con tutti i giovani che si preparano alla vita religiosa, c’erano più di 5 mila giovani: bene, proprio qui, a Birmingham, in questi giorni, i responsabili dell’Invocation Festival, mi hanno detto che cinque giovani che erano presenti hanno scelto di seguire la vita religiosa. Io debbo dire, allora, che questa è già una prima risposta molto significativa alla sua domanda.

D. – Lei pensa che ad un festival come questo i giovani possano anche porre delle domande alla vocazione dei pastori, dei vescovi come lei, che sono lì come guida a questo evento?

R. – Assolutamente sì. Io mi auguro che questo avvenga, perché è reciproca la provocazione che noi facciamo. Noi facciamo una provocazione ai giovani perché riflettano seriamente sulla loro vita, perché non disperdano le forze della loro giovinezza in tante cose che non sono l’essenziale. Ma loro sono anche una provocazione per noi. Non dimentichiamo che noi dobbiamo imparare da loro un nuovo linguaggio, dobbiamo imparare anche dal loro entusiasmo. Tante volte, noi siamo stanchi, diventiamo vecchi prima del tempo: bene, loro ci ricordano che chi è cristiano, chi ha la vocazione al sacerdozio e alla vita religiosa, deve rimanere giovane per sempre, fino alla fine della sua vita. E io credo che questi giovani ce lo dicano con il loro entusiasmo, ce lo dicano con le loro domande ma ce lo dicano anche con la loro richiesta di essere fedeli a noi stessi, fedeli alla vocazione e sempre entusiasti.

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Oggi in Primo Piano



Ucraina: forze di Kiev riconquistano Slaviansk, insorti in fuga

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Slaviansk è tornata sotto il controllo delle forze di sicurezza ucraine: dopo intensi combattimenti notturni, i filorussi infatti sono stati costretti a ritirarsi da quella che fino a poche ore fa era la loro roccaforte della rivolta nell’Ucraina orientale. Ora si attendono eventuali sviluppi sul piano negoziale: il presidente Petro Poroshenko aveva infatti convocato per oggi la riunione del gruppo di contatto per l’Ucraina di cui fanno parte, oltre a Kiev, anche Russia, Osce e rappresentanti dei separatisti. Il servizio di Giada Aquilino

La bandiera nazionale sventola sul municipio di Slaviansk. È stato il presidente ucraino Petro Poroshenko a dare l’ordine di issarla alle forze regolari, dopo che il ministro dell'Interno di Kiev, Arsen Avakov, aveva diramato la notizia. "Prima dell'alba - aveva annunciato - gran parte dei combattenti ribelli e Igor Strelkov", il loro comandante, sono "fuggiti" dalla città, che avevano conquistato ad aprile. Gli abitanti, secondo fonti di Kiev, ora "stanno consegnando alle forze governative le armi lasciate dai rivoltosi". Ieri le truppe ucraine avevano ripreso il controllo anche di Mikolayivka, non lontano dalla zona, facendo circa 50 prigionieri. La conquista di Slaviansk viene letta come il maggior successo militare conseguito da Kiev dalla ripresa, dopo la tregua interrotta lunedì scorso, della cosiddetta ''operazione anti terrorista'' contro i filorussi. I media di Mosca hanno riferito che gli insorti hanno spostato il loro quartier generale a Kramatorsk e continuano a controllare il capoluogo regionale Donetsk.

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L'economista Cappugi: in Italia necessarie prima di tutto le riforme

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Nel pieno del dibattito sul rapporto tra flessibilità e stabilità di bilancio nell’Unione europea, Matteo Renzi ha incontrato oggi a Bolzano il cancelliere austriaco Werner Fayman, in occasione del convegno "Regioni in Europa. L'Europa delle Regioni". Un’occasione per il premier italiano per ribadire che "l'Europa non può diventare la patria delle burocrazie e delle banche", ma bisogna farne “la casa della politica, dei valori e dei cittadini". Intanto il vicecapogruppo del Cdu e responsabile di Finanze e Bilancio, Ralph Brinkhaus in un’intervista ha affermato la sua contrarietà al cambiamento delle regole che l’Unione si è data: “Chi viola le regole danneggia l’Europa, non la Germania”, ha affermato precisando che nelle attuale norme “c’è abbastanza margine di manovra per quanto Renzi vuole”. Sulla questione Adriana Masotti ha sentito il parere dell’economista Luigi Cappugi, docente di Economia politica all'Università Lumsa di Roma: 

R. – Francamente non ho le idee molto chiare sulle ragioni per le quali si è aperto un dibattito di questo tipo sulla flessibilità, che è comunque di per sé un concetto che può essere utile per gestire meglio la politica economica dei singoli Stati oltre che dell’Unione Europea.

D. - Però la Germania resiste a questa idea …

R. - Resiste perché la Germania pensa non all’interesse, alle prospettive dell’Europa, ma alle sue prospettive. Quindi resiste perché comunque una politica economica che tenga conto delle esigenze di tutti i singoli Paesi è sicuramente una politica economica meno favorevole alla Germania.

D. – Brinkhaus, il vice capogruppo parlamentare della Cdu, dice che se cambiamo, se violiamo le regole, perdiamo molta fiducia e chi viola le regole danneggia l’Europa, non la Germania. Quindi invoca riforme e non più spese...

R. - Mi sembra un ragionamento condivisibile. Almeno dal mio punto di vista di economista è come dice lui, non c’è dubbio!

D. - Non le pare che qui si scontrino due visioni su come uscire dalla crisi? Da una parte il rigore, la riduzione delle spese e dall’altro, invece, il desiderio di investire di più in nome della crescita e del rilancio dei consumi …

R. - Sì, ma sono vere entrambe le impostazioni. Senza l’una non è possibile realizzare l’altra e viceversa. Se non si fa una politica che accresca le risorse disponibili per fare gli investimenti necessari alla crescita, è ovvio che la crescita non ci può essere.

D. - Ma da cosa cominciare? Dal rigore o dall’investimento per poi uscire dalla crisi?

R. - Io penso che il primo problema sia spendere meglio quello che già si spende. Di questo non parla mai nessuno, non ci sono forze politiche che siano disponibili a mettere in discussione gli strumenti per raggiungere quegli obiettivi che si sono più o meno affermati di fatto. Non si può ignorare che questo è l’atteggiamento dei singoli Paesi europei. Poi c’è il problema dell’Europa, che naturalmente cresce se i singoli Paesi accettano di fare una politica comune sul serio, non solo a parole.

D. - Secondo lei la richiesta di Renzi di maggiore flessibilità sui bilanci potrà spuntarla? Non dimentichiamo che l’Italia è alla presidenza dell’Ue per i prossimi sei mesi …

R. - Il problema non è spuntarla; il problema è fare le cose che si devono fare e farle bene. Bisogna essere coerenti nella realizzazione delle politiche economiche e nella definizione delle spese, degli obiettivi, oltre che degli strumenti. In concreto, questo significa che non si possono fare politiche che aumentano il debito senza avere un aumento della crescita della rendita, cioè del benessere delle persone! Il problema di fondo è la coerenza: se non c’è coerenza non credo che si possa condividere ciò che chiede Renzi.

D. - Ma l’Italia dimostra questa coerenza?

R. - L’Italia ha coerenza quando il sistema politico funziona, non ce l’ha quando questo non funziona. Ci si dimentica degli impegni e si va avanti e così gli altri Paesi.

D. – Lei, dunque, lega la flessibilità alle riforme?

R. - Certo! Le riforme fanno parte degli strumenti per garantire il raggiungimento della flessibilità necessaria a far crescere il sistema. Le riforme istituzionali prima, dove sono necessarie, e poi il resto, non il contrario! Non penso prima alla riforma del lavoro! Se non si migliora il funzionamento delle istituzioni è inutile che si seguiti a parlare di riforme. Quelle poche, che sono effettivamente essenziali, devono essere fatte prima di ogni cosa e il più rapidamente possibile.

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Caschi blu: budget record dell'Onu nel 2014-2015

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È un budget record quello di quest’anno per le missioni di pace delle Nazioni Unite: le stime Onu parlano di 8,6 miliardi di dollari fino a giugno 2015. Cresceranno soprattutto le indennità per i Paesi che forniscono le truppe, tra cui spiccano India, Pakistan e Bangladesh, sostenuti in questa richiesta anche dalla Cina. Il contrasto con i grandi finanziatori - Stati Uniti, Unione Europea e Giappone – aveva provocato un temporaneo rinvio dell’approvazione del piano, ma ha anche un significato politico. Lo spiega, nell’intervista di Davide Maggiore, Arduino Paniccia, docente di Studi strategici dell’Università di Trieste: 

R. – E’ una tendenza in atto, ormai dagli anni ‘90, soprattutto da quando la Cina ha deciso di entrare a far parte operativamente delle operazioni e di creare un proprio contingente. Una decisione che, sostanzialmente, ha dato una svolta all’intera componente asiatica. Questo, naturalmente, non significa che la Cina partecipi con un numero enorme di soldati e poliziotti, ma l’Asia vuole partecipare di più e contare di più all’interno delle operazioni di peacekeeping e all’interno delle Nazioni Unite stesse.

D. – L’Asia comincia a cercare di dettare alcune condizioni all’Occidente e al Nord del mondo?

R. – Sì, anche perché l’equilibrio delle forze viene sbilanciato dal fatto che notoriamente gli Stati Uniti – per loro dottrina – non mettono mai i loro soldati alle dipendenze di comandi esterni, mantengono sempre a latere un loro comando che comunque controlla in qualche modo quello che viene compiuto anche nelle operazioni congiunte. La più grande super potenza occidentale non partecipa: è naturale che l’equilibrio si sposterà verso l’Asia se le cose resteranno così e se si ridurrà la partecipazione - sempre di più per motivi economici e di difficoltà di contribuzione - dei Paesi europei che sono stati in prima linea.

D. – Altro elemento rilevante, però, è che per raggiungere un accordo c’è voluto più tempo del previsto. È anche un segnale di debolezza dell’Onu...

R. – Certo ci sono molti punti di debolezza in tutta la vicenda delle operazioni a supporto della pace, soprattutto su tre ordini: sulle competenze della preparazione dove l’Asia, per altro, ancora deve fare – nonostante gli sforzi cinesi – grandissimi passi avanti; sul fatto che le risorse sono sempre scarse e sulla rapidità. La rapidità delle decisioni è stato sempre uno dei punti più deboli della vicenda del peacekeeping, ha provocato in alcuni momenti gravissimi problemi. Se non si risolve soprattutto il problema della rapidità delle decisioni, del consenso e, secondo me, anche delle competenze della preparazione, certamente si corre il rischio di inficiare tutto il mondo del peacekeeping.

D. – Arriviamo quindi al nodo dei veti politici e dei limiti che spesso sono imposti ai mandati di queste missioni. Insomma, il problema a monte non è solo una questione di finanziamenti e fondi...

R. – Al di là delle cifre e al di là di quello che è lo stato attuale delle operazioni, il Consiglio di Sicurezza e la partecipazione alle operazioni stesse sono una sorta di palcoscenico mondiale nel quale le nazioni fanno a gara anche per mettersi in evidenza, talvolta - incredibilmente e paradossalmente – per mostrare i muscoli proprio in vicinanza delle operazioni di pace. Sicuramente, negli ultimi anni lo scontro tra potenze si è acuito e non può che riverberarsi all’interno del Consiglio di Sicurezza e quindi, di tutte le operazioni delle Nazioni Unite. È chiaro che è in atto ormai un braccio di ferro tra Stati Uniti e Federazione russa ed è chiaro che in questo momento la Federazione russa – che ha oscillato cercando di capire quale poteva essere il rapporto con l‘Unione Europea – si è ritirata ed è entrata a pieno titolo nel fronte euro-asiatico. L’equilibrio si è così sbilanciato a favore dell’Asia. Di questo sbilanciamento bisogna tener conto, poiché durerà abbastanza nei prossimi anni. Certamente gli equilibri all’interno delle Nazioni Unite e quindi in tutte le operazioni delle Nazioni Unite, comprese quelle di peacekeeping, sono assolutamente alterati. 

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Diocesi di Milano apre centro accoglienza per migranti

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La diocesi di Milano ha aperto questa mattina un nuovo centro accoglienza che può ospitare 100 migranti. Negli ultimi due giorni alla stazione centrale di Milano sono arrivate più di mille persone, per la maggior parte siriani scappati dalla guerra. Il comune ha messo a disposizione 900 posti letto ma ne servirebbero altri 300. Maria Gabriela Lanza ha intervistato don Roberto Davanzo, direttore di Caritas ambrosiana:  

R. - In questi ultimi anni la struttura era stata utilizzata in parte in occasione dell’emergenza nel Nord Africa. La stiamo rimettendo in funzione prevedendo - appunto - un utilizzo massiccio dei cento posti che questa struttura può contenere. 

D. - Più di mille arrivi in due giorni: solo ieri altri 320 siriani scappati dalla guerra. La Caritas assiste tremila profughi, ma serve un impegno concreto da parte di tutti…

R. - Qui siamo di fronte ad una catastrofe! Queste persone arrivano con dei bambini traumatizzati, deprivate tante volte di tutto e senza avere nulla. Gli arrivi a Milano continuano. Qui c’è la necessità di una “gestione da catastrofe” che non può essere affidata soltanto ad un Comune che si ritrova in stazione decine, a volte centinaia di persone che dormono.

D. - Milano è tappa obbligata di chi vuole andare verso il Nord Europa. 900 posti letto sono stati messi a disposizione dal Comune di Milano, ma ne servirebbero altri 300 … Quale potrebbe essere la soluzione per far fronte a questa emergenza?

R. - Riteniamo necessaria un’assunzione più esplicita di responsabilità di governo di questo fenomeno per caricare eccessivamente su un Comune o sull’altro. Pensi che non abbiamo un’autorità che dice: “Va bene, a Milano sono arrivate mille persone: le distribuiamo nelle varie città, nei vari comuni della Lombardia secondo dei criteri legati alla presenza di servizi, di spazi”. E invece niente. Il Comune di Milano deve far fronte alla situazione in autonomia.

D. - Lei ha dichiarato che non serve solo aprire le chiese, queste persone hanno bisogno di altro …

R. - Naturalmente non ci si tira indietro, si continua appunto a ricercare strutture per poter ospitare. Ma bisogna rendersi conto che non bastano le strutture, non basta trovare degli spazi o dei metri quadrati al coperto. C’è un problema poi di gestione di queste persone che vanno accolte, accudite, bisogna verificare le loro condizioni sanitarie. A volte la retorica porta a dire: “Apriamo gli oratori”: non è facile come dirlo, nel senso che appunto anche se ci fossero degli spazi utilizzabili, poi c’è tutta una macchina da mettere in funzione; una macchina fatta anche di figure competenti e professionalmente preparate.

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Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella XIV Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù innalza la sua lode al Padre:

 “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma: 

Il Vangelo di oggi, nella sua semplicità e immediatezza, apre come uno spiraglio sulla gioia divina. Gesù ha inviato i Discepoli ad annunciare la Buona Notizia del Regno ed essi tornano raggianti per ciò che hanno visto. La gioia di questi “piccoli” che tornano al Padre, la vittoria del Vangelo sul regno di satana, che comincia a perdere terreno, fa esplodere il Signore in una esultazione: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. È la festa di Dio davanti alla felicità dei “piccoli”. Il Dio che Cristo ci rivela non è lontano da noi: ci ama davvero, ci vuole felici, partecipi dell’eterna felicità. Questa esultazione divina costituisce il cuore della Messa, il cui nome proprio è Eucaristia, “perché è rendimento di grazie a Dio” (cf CCC 1328). Nella Pasqua del Signore – mistero della sua morte, offerta liberamente per amore a noi, e nella risposta del Padre, con la risurrezione e l’effusione dello Spirito Santo – si compie questa salvezza che fa esultare il cuore di Dio e il cuore dell’uomo. La Domenica è il giorno di questa gioia messianica, della festa, della comunione tra i fratelli: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro". È il giorno in cui ci scrolliamo di dosso i vari gioghi di cui ci siamo caricati durante la settimana – gioghi pesanti, pieni di giudizi, di peccati – e ritroviamo il giogo – dolce e leggero – del Signore, quello della comunione fraterna, nella dolcezza dello Spirito Santo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Iraq: Chiesa di Kirkuk al fianco dei rifugiati cristiani e musulmani

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A Kirkuk, le chiese sono intensamente impegnate nell'assistenza ai rifugiati - in larghissima maggioranza musulmani - fuggiti da Mosul e dai villaggi finiti sotto il controllo degli insorti sunniti, nel Nord dell'Iraq. Lo riferisce l'agenzia Fides, secondo cui tutte le risorse economiche messe in campo dalla Chiesa caldea vengono destinate alla distribuzione quotidiana di pacchi viveri a più di 500 nuclei familiari di sfollati, ospitati in moschee, scuole, centri sportivi, ostelli. Le famiglie cristiane giunte a Kirkuk dopo l'offensiva delle milizie degli insorti - guidate dai jihadisti dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante - sono circa cinquanta. 

Nei prossimi giorni la comunità caldea di Kirkuk dovrebbe inaugurare una nuova iniziativa mirante a distribuire condizionatori d'aria alle famiglie che vivono ammassate in spazi ristretti, per rendere parzialmente sostenibile il caldo soffocante ai musulmani che stanno vivendo il mese sacro del Ramadan. Fin dal 9 giugno, davanti all'offensiva dei miliziani, Kirkuk - ricorda Fides - è finita sotto il pieno controllo delle milizie curde dei Peshmerga. I soldati curdi hanno organizzato intorno alla città due linee di difesa militare che finora hanno dissuaso attacchi e incursioni da parte delle milizie sunnite. La città non vive nemmeno i problemi di approvvigionamento idrico e energetico che hanno colpito Mosul e i villaggi della Piana di Ninive.

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Iraq. Al Maliki: rimarrò fino alla sconfitta dei nemici

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Resterò "fino alla sconfitta dei nemici". Sono le parole del primo ministro iracheno Nuri al Maliki, confermando che non rinuncerà a guidare il prossimo governo per il terzo mandato consecutivo, malgrado gli appelli - sia interni al Paese sia esterni - a mettersi da parte per instaurare un esecutivo di unità nazionale. Al potere dal 2006, lo sciita al Maliki è criticato per la scelta di marginalizzare la minoranza sunnita, oltre che per l'impasse politica seguita alle elezioni di aprile. Nelle ultime settimane la situazione irachena si è aggravata per l'offensiva lanciata il 9 giugno scorso dai jihadisti sunniti dello Stato islamico (Isis), che hanno preso il controllo di vaste porzioni di territorio. Mentre sul terreno si registra ancora un attentato, con almeno 15 morti ieri a Samarra, sono rientrate in patria le 46 infermiere indiane, liberate ieri dai ribelli dell’Isis. Intanto Youssef Al-Qaradaoui, influente predicatore del Qatar, di origine egiziana, ha affermato in un comunicato che il progetto jihadista di creare un califfato a cavallo tra Iraq e Siria non è conforme alla sharia, la legge islamica. (G.A.)

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Medio Oriente: autopsia, bruciato vivo il sedicenne palestinese

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Il risultato preliminare dell'autopsia sul corpo di Mohammad Abu Khdeir, il ragazzo palestinese rapito e ucciso nei giorni scorsi a Gerusalemme est, indica che il giovane sarebbe stato bruciato vivo. Lo riferisce la stampa locale, citando il procuratore generale palestinese Muhammad Abd al-Ghani Uweili. La famiglia del sedicenne ritiene che Mohammad sia stato rapito e ucciso da coloni ebrei come vendetta per l’assassinio di tre giovani israeliani in Cisgiordania. Intanto, il giorno dopo i funerali di Mohammad a Gerusalemme Est, due nuovi razzi sono stati lanciati da Gaza verso il Sud di Israele e si registrano ancora scontri, anche se sporadici, dopo le tensioni di ieri. (G.A.)

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Egitto: leader Fratelli Musulmani condannato a ergastolo

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Il leader dei Fratelli Musulmani d'Egitto, Mohamed Badie, è stato condannato all'ergastolo insieme a 36 militanti islamisti per il ruolo ricoperto nelle proteste di piazza seguite al colpo di Stato militare con cui, il 3 luglio 2013, fu deposto l'allora presidente Mohamed Morsi. Badie, arrestato il 20 agosto dell’anno scorso, è stato già condannato alla pena di morte in altri due processi. (G.A.)

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Somalia: nuovo attentato degli al Shebaab a Mogadiscio

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È di almeno quattro morti e una ventina di feriti il bilancio dell’esplosione di un’autobomba nei pressi del palazzo presidenziale di Mogadiscio, in Somalia. A rivendicare l’attentato il gruppo estremista islamico al Shebaab, legato ad al Qaeda, che ha pure minacciato altre azioni durante il periodo del Ramadan. Lo scorso maggio gli Shabaab avevano già attaccato il parlamento somalo, riuscendo ad occuparlo per diverse ore e causando una decina di vittime. (G.A.)

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Colombia: al via plenaria della Conferenza episcopale

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Analizzare la situazione sociale, economica, religiosa e politica della Colombia, oltre a rafforzare i legami di comunione tra i vescovi: questo l'obiettivo della XCVII Assemblea plenaria della Conferenza episcopale colombiana (Cec) che si terrà dal 7 all'11 luglio a Bogotà. Lo riporta l’agenzia Fides. Durante i lavori, si dovrà eleggere la nuova équipe direttiva della Cec, fatta eccezione per il segretario generale, per il triennio 2014-2017. I vescovi con diritto al voto sono 83, mentre i 29 vescovi emeriti possono partecipare alla plenaria, ma non votare, secondo gli statuti dell’organismo.

Il presidente uscente della Cec, il cardinale Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotà, ha chiesto ai fedeli di accompagnare con la preghiera il lavoro dei presuli. Una delle maggiori preoccupazioni della Chiesa in Colombia è costituita dai dialoghi di pace che si svolgono a Cuba. Benché non ci sia la presenza fisica di un rappresentante della Chiesa a L’Avana, ci sono sempre le proposte elaborate dalla comunità cattolica consegnate ai rappresentanti del governo e delle Farc per una considerazione globale della realtà del popolo colombiano. Durante i lavori della plenaria i vescovi terranno in considerazione anche questo tema. (G.A.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 186

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.