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Sommario del 06/07/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa all’Angelus: no a economia che sfrutta l’uomo, dare conforto ai bisognosi

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Molti portano un “giogo” insopportabile a causa di un “sistema economico che sfrutta l’uomo”. E’ la denuncia levata da Papa Francesco all’Angelus in Piazza San Pietro. Il Pontefice ha sottolineato che il cristiano è chiamato a raggiungere i fratelli bisognosi dovunque si trovino, vincendo la logica dell’indifferenza. Al momento dei saluti, Francesco ha ringraziato i molisani per il calore con il quale l’hanno accolto nella sua visita pastorale di ieri. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”. Papa Francesco si è soffermato sull’invito di Gesù, di cui riferisce il Vangelo domenicale. Il Signore, ha detto, “ha davanti agli occhi le persone che incontra ogni giorno”, “gente semplice, poveri, malati, peccatori, emarginati”:

“Questa gente lo ha sempre rincorso per ascoltare la sua parola – una parola che dava speranza! Le parole di Gesù danno sempre speranza! – e anche per toccare anche solo un lembo della sua veste. Gesù stesso cercava queste folle stanche e sfinite come pecore senza pastore (cfr Mt 9,35-36): così dice Lui, e le cercava per annunciare loro il Regno di Dio e per guarire molti nel corpo e nello spirito. Ora li chiama tutti a sé: 'Venite a me', e promette loro sollievo e ristoro”.

Questo invito di Gesù, ha sottolineato il Papa, “si estende fino ai nostri giorni, per raggiungere tanti fratelli e sorelle oppressi da condizioni di vita precarie, da situazioni esistenziali difficili e a volte prive di validi punti di riferimento”. Nei Paesi più poveri, “ma anche nelle periferie dei Paesi più ricchi – ha detto – si trovano tante persone stanche e sfinite sotto il peso insopportabile dell’abbandono e dell’indifferenza”:

“L’indifferenza: quanto male fa ai bisognosi l’indifferenza umana! E peggio, quella dei cristiani. Ai margini della società sono tanti gli uomini e le donne provati dall’indigenza, ma anche dall’insoddisfazione della vita e dalla frustrazione. Tanti sono costretti ad emigrare dalla loro Patria, mettendo a repentaglio la propria vita. Molti di più portano ogni giorno il peso di un sistema economico che sfrutta l’uomo, gli impone un 'giogo' insopportabile, che i pochi privilegiati non vogliono portare. A ciascuno di questi figli del Padre che è nei cieli, Gesù ripete: 'Venite a me, voi tutti'”.

Gesù, ha soggiunto, “lo dice a coloro che possiedono tutto, ma il loro cuore è vuoto”. Anche a loro, Gesù indirizza questo invito: “Venite a me”. “L’invito di Gesù è per tutti. Ma in modo speciale – ha affermato – per quelli che soffrono di più”. Gesù, ha osservato, ci fa anche un invito che è “come un comandamento”: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29). Il “giogo” del Signore, ha sottolineato ancora il Papa, “consiste nel caricarsi del peso degli altri con amore fraterno”:

“Una volta ricevuto il ristoro e il conforto di Cristo, siamo chiamati a nostra volta a diventare ristoro e conforto per i fratelli, con atteggiamento mite e umile, ad imitazione del Maestro. La mitezza e l’umiltà del cuore ci aiutano non solo a farci carico del peso degli altri, ma anche a non pesare su di loro con le nostre vedute personali, i nostri giudizi o le nostre critiche o la nostra indifferenza”.

Al momento dei saluti ai pellegrini, numerosi in Piazza San Pietro nonostante la calura estiva, il Papa ha dunque ringraziato la gente del Molise, all’indomani della sua visita pastorale:

“Vorrei salutare in modo particolare e affettuoso tutta la brava gente del Molise, che ieri mi ha accolto nella loro bella terra e anche nel loro cuore. E’ stata un’accoglienza calda, calorosa: non dimenticherò mai! Grazie tante!”

Infine, il Papa ha salutato i fedeli della parrocchia di Salzano, in diocesi di Treviso, dove fu parroco don Giuseppe Sarto, poi diventato Papa Pio X e proclamato Santo, del quale ricorre il centenario della morte.

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Il Papa a Isernia: la misericordia è profezia di un mondo nuovo

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San Celestino V, come San Francesco, ha sentito il bisogno di dare al popolo la cosa più grande: “La misericordia del Padre, il perdono”. Lo ha ricordato Papa Francesco nell’ultimo discorso della sua visita in Molise: quello pronunciato durante l’incontro con la cittadinanza nella piazza della Cattedrale di Isernia, nel corso del quale ha anche indetto l’Anno giubilare Celestiniano. Quindi la partenza e il rientro in Vaticano. Il servizio di Debora Donnini: 

“La misericordia di Dio rinnova il mondo”. Ruota attorno a questo il discorso che Papa Francesco rivolge alla cittadinanza di Isernia, dove nel 1215 nacque proprio Pietro da Morrone che, eletto Papa, prese il nome di Celestino V. Lui e San Francesco d’Assisi, sottolinea il Papa, hanno avuto “un senso fortissimo della misericordia di Dio”. Conoscevano entrambi la società del loro tempo con le sue grandi povertà e avevano la stessa forte compassione di Gesù per tante persone affaticate e oppresse. “Ma – rileva Papa Francesco – non si limitavano a dispensare buoni consigli”, “loro per primi hanno fatto una scelta controcorrente” affidandosi “alla Provvidenza del Padre”  e “hanno sentito il bisogno di dare al popolo la cosa più grande, la ricchezza più grande: la misericordia del Padre, il perdono”:

“La misericordia, l’indulgenza, la remissione dei debiti, non è solo qualcosa di devozionale, di intimo, un palliativo spirituale, una sorta di olio, che ci aiuta ad essere più soavi, più buoni. No! E’ la profezia di un mondo nuovo, misericordia è profezia di un mondo nuovo in cui i beni della terra e del lavoro siano equamente distribuiti e nessuno sia privo del necessario, perché la solidarietà e la condivisione sono la conseguenza concreta della fraternità”.

Così si svela il significato dell’Anno giubilare Celestiniano che il Papa dichiara aperto e durante il quale “sarà spalancata per  tutti la porta della divina misericordia”. Non si tratta di una fuga dalla realtà ma è “la risposta che viene dal Vangelo”:

“L’amore come forza di purificazione delle coscienze, forza di un rinnovamento dei rapporti sociali, forza di progettazione per un’economia diversa, che pone al centro la persona, il lavoro, la famiglia, piuttosto che il denaro e il profitto”.

“Questa strada non è quella del mondo”: “non siamo dei sognatori”, dice Papa Francesco, sottolineando però con forza che “questa strada è quella buona per tutti”. E  poiché “sappiamo che siamo peccatori” e che siamo sempre tentati di non seguirla, “ci affidiamo alla misericordia di Dio” e ci impegniamo a compiere frutti di conversione e di misericordia:

“Queste due cose: convertirsi e fare opere di misericordia. Questa è proprio la musica, per così dire, di quest’anno, di quest’anno giubilare, di questo anno Celestiniano”.

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All'insegna della speranza, gli incontri di Francesco con giovani e detenuti

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Dopo la mattinata trascorsa a Campobasso, il Papa si è spostato nel pomeriggio di ieri a Castelpetroso e poi a Isernia: qui i primi due incontri sono stati dedicati ai giovani e ai carcerati. Il servizio del nostro inviato in Molise, Giancarlo La Vella

La visita di Papa Francesco in Molise è stata un dialogo, continuo, attento, profondo, in particolare con i giovani, incontrati al Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso. Sul tema del lavoro, il Papa ha espresso la forte speranza per un lavoro sicuro e per una pronta realizzazione umana. Il clima di gioiosa festa ha fatto spazio alla riflessione. Nella vita come nella fede, il Papa ha esortato i ragazzi, di fronte alle difficoltà di oggi, a rifuggire dalla superficialità e dal provvisorio, ispirandosi a Gesù:

“Scegliere la via … cosa significa, questo? Non stare fermo – un giovane non può stare fermo – e camminare. Ciò indica andare verso qualcosa, perché uno può muoversi ma non essere un camminante: essere un errante, che gira, gira per la vita, e la vita non è stata fatta per girarla. E’ stata fatta per camminarla, e questa è la vostra sfida!”.

E, prima di lasciare Castelpetroso, Papa Francesco, come aveva fatto in mattinata nell’incontro con il mondo del lavoro, è tornato sul tema della disoccupazione, una piaga che colpisce particolarmente i giovani e che rischia di togliere loro ogni speranza:

“E’ triste trovare giovani ‘né-né’: cosa significa, questo ‘né-né’? Né studiano, perché non possono, non hanno la possibilità, né lavorano. E questa è la sfida che comunitariamente tutti noi dobbiamo vincere. Dobbiamo andare avanti per vincere questa sfida! Non possiamo diventare rassegnati di perdere tutta una generazione di giovani che non hanno la forte dignità del lavoro!”.

Altro momento intenso di questa visita pastorale, nel carcere di Isernia, l’incontro di Papa Francesco con i detenuti, un segno in più di come questo viaggio pastorale sia dedicato in modo particolare agli umili, agli ultimi tra gli ultimi. Il carcere, luogo vivo, fatto di sofferenza, ma anche di speranza, ha detto al Papa nel suo indirizzo di saluto il direttore della casa circondariale, la dott.ssa Barbara Lenzini. Ma proprio il motto del viaggio in Molise – ha affemrato il Pontefice – ci insegna che anche i detenuti hanno il diritto di essere riabilitati:

"Tutti facciamo sbagli nella vita. E tutti dobbiamo chiedere perdono di questi sbagli e fare un cammino di reinserimento, per non farne più. Alcuni fanno questa strada a casa propria, nel proprio mestiere; altri, come voi, in una casa circondariale … e anche, tutti, siamo peccatori. E quando andiamo a chiedere perdono al Signore dei nostri peccati, dei nostri sbagli, Lui ci perdona sempre, non si stanca mai di perdonare. Ci dice: 'Torna indietro da questa strada, perché non ti farà bene andare su questa'. E ci aiuta. E questo è il reinserimento, il cammino che tutti dobbiamo fare".

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Mons. Bregantini: il Papa ha ridato coraggio alla gente del Molise

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Il lavoro e la solidarietà sono stati sicuramente tra i temi salienti della visita di Papa Francesco a Campobasso. All’indomani del viaggio in terra molisana, la nostra inviata Antonella Palermo ha chiesto un commento all’arcivescovo di Campobasso, mons. Giancarlo Bregantini: 

R. - È stata una visita grandissima! Il Papa è stato molto sereno e compenetrato; anche fisicamente stava proprio bene! È stato anche bello quello che ha detto la Gendarmeria vaticana (riguardo l’organizzazione ndr): “Abbiamo notato la cordialità della gente, ma anche la loro attenzione e cura delle cose e il loro comportamento”. Gli interventi del Papa sono stati molto belli, incisivi e profetici.

D. - A partire dal primo momento, il discorso al mondo del lavoro e dell’industria… il Papa ha sottolineato la realtà di disoccupazione, di sofferenza di questa regione, ma ha incoraggiato questa popolazione …

R. - È stata la grande attesa che si è compiuta. Noi avevamo dentro il cuore tante spine, tante lacrime di aziende in difficoltà. Lui ha dato tre criteri decisi per affrontare: primo, dare sempre la priorità alla gratuità e non solo all’immediato al commercio; secondo: stare molto uniti - quando ha parlato di solidarietà anche con i giovani - che non è un’espressione vecchia, ma profetica attuativa e poi, terzo, l’esperienza del coraggio, di cui il Molise ha immenso bisogno, credendo che le soluzioni non vengono dall’alto, ma dal basso lavorando in sinergia con le forze che già ci sono.

D. - Il Papa ha detto: “Chi non riesce a portare il pane a casa, perde la propria dignità”…

R. - Ecco, un’altra parola che ha pronunciato sia all’università con il mondo del lavoro che con i giovani, è proprio quella della  dignità. Ha ripreso in fondo tanti sguardi alle Encicliche precedenti, pronunciandole con un tono particolare. Quello che ci ha sorpreso a Castel Petroso non è stata la novità in sé, ma la forza! Quando ha detto: “C’è una generazione che rischia di perdersi” e questa è la cosa grave! Questo è l’appello che bisogna fare anche a livello europeo riguardo la polemica di questi giorni tra Germania e Renzi: o accettiamo che dobbiamo includere nuovamente questa generazione - e quindi adattarci oltre il discorso dei numeri -, oppure saremo veramente, ancora di nuovo, escludenti. In questo modo l’Europa precipiterà.

D. - So che lei ha parlato questa mattina con il vescovo di Termoli Larino, il quale le ha riferito del fatto che i detenuti del carcere di Larino sono rimasti molto colpiti dall’intervento del Papa due settimane fa in Calabria. Ci vuole riferire di questa cosa?

R. - È una cosa sorprendente che conferma quanto il Papa parlando, incida nelle coscienze, perché la Sezione di alta sicurezza del carcere di Larino - quasi 200 persone - si è messa in ribellione di fronte a questa frase: “Se siamo scomunicati, a Messa non vale la pena andarci”. Ne hanno parlato con il cappellano; quest’ultimo questa mattina ha invitato il vescovo al carcere per parlare e spiegare il senso dell’intervento del Papa. Questo dimostra come non sia vero che dire certe cose, sia clericalismo; in realtà le parole del Papa, come quelle della Chiesa e di Gesù Cristo, hanno sempre una valenza etica che diventa poi sempre culturale ed economica, quindi con grandi riflessi politici.

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Mons. Cibotti: giovani molisani attratti dalla testimonianza di Francesco

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Giovani, detenuti, malati: questi i gruppi che, in particolare, Papa Francesco ha incontrato ad Isernia, assieme a tutte le altre componenti della società molisana. La nostra inviata Antonella Palermo ha chiesto un bilancio della visita pastorale del Papa a mons. Camillo Cibotti, vescovo di Isernia-Venafro, che si sofferma in particolare sui giovani: 

R. - Bella, irripetibile e, se non fosse troppo, direi “paradisiaca”! È stata così bella, anche per me è stata un’esperienza irripetibile per il fatto di essere stato gomito a gomito con Papa Francesco; registrare le sue impressioni, le sue espressioni con gli occhi, con la bocca, qualche frase molto espressiva, meravigliato … Quello che più mi ha commosso è il modo con il quale attrae.

D. - Questi giovani, che così sapientemente, con entusiasmo, hanno animato i vari incontri …

R. - Quello che più mi ha fatto piacere sentire dire da lui dopo Castel Petroso era che si era stancato, perché con i giovani si è dato tutto; ed qualcosa che lo riempie, lo carica …

D. - E poi questo paragone nella terra che ha dato i natali a San Celestino con San Francesco d’Assisi …

R. - È stato un accoppiamento vincente da parte di Papa Francesco: Celestino, Francesco d’Assisi … Ma io direi anche Francesco Papa! È qualcosa che la gente vede così naturale, così suo, che ovunque va, anche se non dice nulla... basta la sua figura!

D. - Conversione e misericordia: così si è praticamente congedato dalla città di Isernia, dalla terra molisana. Conversione e misericordia devono essere la musica di questo anno giubilare che si è aperto qui …

R. - Sì, ed è stato bello il fatto che lui ha concesso l’indulgenza con la sua benedizione e questo è qualcosa anche per tutti gli ascoltatori della Radio che, se entro una settimana si confessano e poi ricevono l’Eucaristia pregando secondo le intenzioni del Papa, hanno l’indulgenza! È qualcosa di straordinario! E poi c’è un’altra cosa: un tratto bellissimo, che non è da staccare dall’indulgenza, il Papa ha ammirato la nostra natura … “Quanto verde! Quanto verde!”. E allora io penso alla natura, penso al verde, alla bellezza della natura come ad una riconquista di questa dimensione interiore, perché riconciliazione significa ritornare a credere nell’uomo, ad essere orgogliosi di essere persone.

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Il Papa a un anno dalla visita a Lampedusa: vincere la logica dell'indifferenza

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Chinarsi sui migranti “senza calcoli, senza timori, con tenerezza e comprensione”.  È l’invito contenuto nel messaggio che Papa Francesco ha inviato all'arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro per il primo anniversario della sua visita a Lampedusa, che ricorrerà l’8 luglio prossimo. Per la stessa ricorrenza, una Messa è stata celebrata stamani nella chiesa parrocchiale di S. Gerlando in Lampedusa dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti. Il servizio di Davide Maggiore

I migranti, “in cerca di una vita migliore” e gli abitanti di Lampedusa, “impegnati in un'encomiabile opera di solidarietà”: sono loro il centro del messaggio di Papa Francesco, dodici mesi dopo la sua visita nell'isola. “A distanza di un anno - ricorda il Pontefice - il problema dell’immigrazione si sta aggravando e altre tragedie si sono purtroppo susseguite ad un ritmo incalzante”. Il nostro cuore, prosegue, “fa fatica ad accettare la morte di questi nostri fratelli e sorelle, che affrontano viaggi estenuanti per fuggire da drammi, povertà, guerre, conflitti, spesso legati a politiche internazionali”. Un dramma che “richiede di essere affrontato non con la logica dell’indifferenza, ma con la logica dell'ospitalità e della condivisione”, nel nome della dignità di ogni essere umano. 


Ecco quindi l’appello “a continuare a chinarsi su chi ha bisogno per tendergli la mano, senza calcoli, senza timore, con tenerezza e comprensione”. “Auspico – scrive in particolare Francesco – che le Istituzioni competenti, specialmente a livello Europeo, siano più coraggiose e generose nel soccorso ai profughi”. All’Europa si è rivolto anche il card. Antonio Maria Vegliò, in una Messa a Lampedusa, dopo aver ricordato che i lampedusani sono stati “l’abbraccio che ha accolto uomini e donne, bambini e giovani” approdati sul continente. L’emigrazione, ha detto, correttamente gestita, nella regolarità e nella sicurezza...

“…non è una minaccia, ma può essere un’opportunità per l’Europa, che oggi appare stanca e invecchiata. Quando l’Europa riconosce le radici cristiane della sua generosa apertura al prossimo, il continente ringiovanisce, poiché le sue radici sono caratterizzate dall’accoglienza, dal rispetto della diversità e dalla ricerca del bene comune”.

Si è chiesto dunque il porporato:

“Con quale coraggio possiamo respingere, ributtare in mare o rimandare al Paese d’origine chi scappa sotto minaccia della sua stessa esistenza? Che meriti abbiamo noi per vivere in un Paese bello come l’Italia, un Paese ricco, pure nelle difficoltà attuali, un Paese libero? E che demerito hanno i nostri fratelli che vivono in Paesi difficili dove c’è fame, dove non c’è libertà?”

Da queste stesse domande “sorge l’importante questione della giusta distribuzione della ricchezza mondiale”, che investe in modo emblematico l’Africa, continente da cui molti dei migranti di oggi provengono e che viene depauperato “non solo delle sue risorse, ma anche delle sue forze giovanili”. “Prego il Signore – ha concluso il card. Vegliò - che le istituzioni dell’Unione Europea e l’intera Comunità internazionale si lascino convincere ad agire con maggiore coordinamento e con autentico spirito di collaborazione, per la creazione di un mondo più giusto, un mondo più solidale, un mondo più umano”.

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Mons. Tomasi: rifugiati soggetti di diritto, non solo assistenza

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“I rifugiati e gli sfollati sono soggetti di diritti e doveri come tutti gli esseri umani, non solo oggetti di assistenza”: lo ha ribadito mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra, intervenuto in questi giorni alla 60.ma sessione del Comitato permanente dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati. Ricordando che attualmente, nel mondo, ci sono più di 50 milioni di persone in fuga dalle proprie case – la cifra più alta dai tempi della Seconda Guerra mondiale – il presule ha insistito sulla necessità di tutelare “il rispetto dei diritti e della dignità umana”, perché “la protezione delle persone dovrebbe avere la precedenza sulle eccessive preoccupazioni riguardo alla sicurezza di uno Stato”.

Di qui, l’invito di mons. Tomasi a non pensare all’accoglienza come ad un qualcosa di limitato alla “sfera privata”, bensì a renderla “parte del mondo politico, per fare la differenza a livello nazionale e globale”. Il tema dei rifugiati, ha continuato l’Osservatore permanente, va affrontato con “politiche frontaliere più flessibili, procedure di accesso al diritto di asilo più facili, maggiori possibilità di reinsediamento per gli sfollati”. In Europa, in particolare, è “essenziale una strategia comune, affinché i Paesi di prima destinazione” dei rifugiati non siano lasciati soli e si lavori ad “un accordo per distribuire gli sfollati tra le diverse nazioni, tenendo conto della situazione economica dei singoli Paesi e della densità delle diverse popolazioni”.

Auspicando, inoltre, “l’educazione e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica riguardo alla responsabilità comune sulle cause dei conflitti e sulla ricerca di soluzioni pacifiche”, il presule ha richiamato il ruolo delle comunità di fede, la loro vocazione a “condividere un messaggio di compassione e solidarietà”, il contributo che possono dare affinché “le migrazioni forzate siano viste in una prospettiva più ampia”, “inclusiva, coerente e coesa”, nell’ottica del “rispetto della vita e della dignità umana”, così da eliminare “le cause profonde di tale sofferenza”. (A cura di Isabella Piro)

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Oggi in Primo Piano



Medio Oriente: nuovi raid su Gaza, lancio di razzi su Israele

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Continuano le tensioni in Medio Oriente dopo la morte dei tre ragazzi ebrei in Cisgiordania e del giovane palestinese a Gerusalemme Est. Il premier israeliano Nethanyau invita il Paese alla calma, mentre proseguono i raid sulla Striscia di Gaza da cui forze di Hamas hanno colpito il Sud di Israele. Il servizio di Michele Raviart: 

"L’esperienza prova che in queste occasioni bisogna agire in modo responsabile e non impetuoso”. A parlare al suo governo è il premier israeliano Benjamin Nethanyau. Abbassa i toni per evitare un’escalation, ma rimane fermo nel condannare gli scontri che stanno coinvolgendo anche le città arabe del Nord d’Israele: “Chiunque non rispetti la legge sarà arrestato e punito severamente”. Nella notte l’aviazione israeliana ha colpito dieci siti nella Striscia di Gaza che, secondo l’intelligence, contenevano lanciarazzi e depositi di munizioni. Hamas, considerata da Israele responsabile della morte dei tre coloni, ha lanciato due razzi contro la città di Beersheba, intercettati dall’Iron Dome israeliano.

Continuano poi le indagini sui responsabili materiali del triplice omicidio. Ad Hebron in Cisgiordania è stato arrestato un palestinese, mentre sono ancora introvabili i due principali accusati,  legati al clan dei Qawasmeh, vicino ad Hamas. Sei invece gli arresti per l’omicidio di Mohammed Abu Khdeir, brutalmente ucciso a Gerusalemme Est la scorsa settimana. Si tratterebbe di ebrei estremisti e il movente sarebbe "politico-nazionalista". Intanto è stato condannato a nove giorni di arresti domiciliari il 15enne palestinese dal passaporto americano, arrestato ieri a Gerusalemme dopo uno scontro violento con la polizia. Per il Dipartimento di Stato americano su di lui ci sarebbe stato un “uso eccessivo della forza” da parte della polizia.

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Indonesia: mercoledì voto per le presidenziali, favorito Jokowi

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Mercoledì prossimo l’Indonesia, Paese a maggioranza musulmana con 250 milioni di abitanti, è chiamata a scegliere il suo presidente dopo il doppio mandato di Yudhoyono. La campagna elettorale è stata tendenzialmente non violenta, i due candidati – l’ex generale Subianto ed il governatore di Giakarta Jokowi – hanno cercato di proporsi come una novità rispetto al passato. Ma come l’Indonesia arriva a questa tornata elettorale? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Paolo Affatato, giornalista dell'agenzia Fides esperto di Asia: 

R. - Direi che proprio questa tornata elettorale darà la spinta decisiva a questa maturazione della democrazia indonesiana e arriva anche sull’onda di un nuovo movimento giovanile, perché proprio quest’anno sono stati ben oltre 75 milioni i giovani che per la prima volta si sono recati alle urne. Questo è un elemento che potrà sicuramente rivelarsi decisivo.

D. - I due candidati alla presidenza hanno percorsi e stili completamente diversi. L’ex generale Subianto non sembra avere, però, molte chance di vittoria…

R. - Ma, non è detto! E’ vero che il giovane e brillante cinquantenne Jokowi, che fu il governatore di Giakarta, sostenuto da una coalizione di partiti - diciamo - laici e nazionalisti, anche se ci sono degli elementi islamici, parte come favorito. D’altra parte l’ex generale Subianto, che ha da poco dismesso la divisa, è un uomo più legato alla storia dell’Indonesia, ai vecchi apparati, a quella politica che per decenni ha governato il Paese e quindi sottovalutarlo in questa corsa elettorale potrebbe essere un errore. Jokowi su di sé ha tutta questa novità: ha condotto una campagna elettorale all’insegna di parole chiave quasi mai utilizzate finora, come “diritti umani”, “rispetto”, “diversità”, “pluralismo”…. D’altro canto, Subianto ha ricevuto l’appoggio di grandi partiti musulmani, che hanno un loro peso politico.

D. - Quali altri punti di forza ha, invece, Jokowi?

R. - Jokowi si è caratterizzato anche come un uomo che ha messo la trasparenza al centro del suo programma politico. Ricordiamo che il presidente Yudoyono ha visto, in qualche modo, cadere le sue fortune politiche proprio perché accusato di non aver fatto abbastanza dal punto di vista economico e quindi è stato accusato di un certo immobilismo e di non aver saputo rilanciare l’economia del Paese, perché è stato coinvolto in grossi scandali finanziari. Quindi, Jokowi ha un passato di trasparenza, di diritti umani ed anche e soprattutto di tolleranza religiosa in un momento e in un clima in cui anche in Indonesia effettivamente è cresciuto il problema dell’intolleranza: quindi Jokowi, in effetti, ha ricevuto anche l’appoggio delle minoranze religiose.

D. - L’Indonesia è un Paese a maggioranza musulmana e ha l’11 per cento della popolazione al di sotto della soglia di povertà, ma i giovani sono una presenza assolutamente in crescita. Quale Paese si può ipotizzare in futuro?

R. - Un Paese che sia protagonista nel Sud-Est Asiatico. L’Indonesia è stato uno dei Paesi fondatori e promotori dell’Asean, l’Associazione delle nazioni del Sud-Est Asiatico, ed è uno di quei Paesi che sta spingendo per ampliare questa collaborazione che parte dai fattori economici, dal libero scambio, dalla circolazione delle merci, ma che punta anche a rafforzare i legami politici, la politica estera e quindi la gestione del Sud-Est Asiatico, che sappiamo essere un’area anche geopoliticamente molto importante rispetto alle grandi potenze che vi hanno, in qualche modo, messo gli occhi sopra per la sua importanza strategica, per i commerci e che sono - appunto - la Cina da una parte e gli Stati Uniti dall’altra. Proprio per questo, quindi, è un Paese che può dire la sua nell’ambito del Sud-Est Asiatico. A livello interno questo sarà possibile se il Paese sceglierà la via di una democrazia più matura, che possa in effetti rispettare i cosiddetti cinque principi che sono alla base della nazione indonesiana, la cosiddetta "Pancasila", che è una carta che non ha nulla da invidiare in qualche modo anche alle democrazie occidentali.

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Mons. Milito: provvedimenti energici sulla processione di Oppido

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Preoccupazione nella Chiesa calabrese dopo che la processione della Madonna delle Grazie della frazione Tresilico di Oppido Mamertina si è fermata davanti all'abitazione del presunto boss della ‘ndrangheta, Peppe Mazzagatti, ai domiciliari per motivi di salute. Solo due settimane fa - nella sua visita pastorale in Calabria - Papa Francesco aveva sottolineato con forza che i mafiosi "sono scomunicati". Il maresciallo dei carabinieri Andrea Marino si è allontanato dalla processione per identificare i responsabili dell’accaduto. Prende le distanze il vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, mons. Francesco Milito, che promette un’indagine. Sentiamolo intervistato da Alessandro Guarasci: 

R. – Ho preso le distanze in modo immediato e quindi c’è la più grave riprovazione per quanto successo. Mi sono riproposto di approfondire la cosa, adesso sono in partenza per alcuni impegni pastorali, e quindi prendere poi provvedimenti molto energici, una volta che la valutazione di tutti gli elementi sia ancora più completa.

D. – Se fosse confermato quanto avvenuto, vuol dire che ancora alcuni, in Calabria, non capiscono il disvalore della ‘ndrangheta …

R. – Non c’è bisogno di comprovare, perché c’è il fatto, e basta! C’è soltanto necessità di avere elementi di comprensione maggiore. Al di là di questo, le mie posizioni saranno molto energiche sull’argomento. Saranno tali da far capire che bisogna nel modo più assoluto ricordarsi sempre che non ci possono essere alleanze di alcun genere che siano contro la fede. Questo è un punto fermo, quali che siano le tradizioni ataviche, i collegamenti che possono esserci, le interpretazioni che si possano dare.

D. – Lei ha visto in questi ultimi anni una crescita della coscienza civile in Calabria contro la ‘ndrangheta?

R. – Io noto che c’è, da parte di tanta gente, intanto un rifiuto netto, anche perché qualcuno paga di persona. Si fa opera di educazione delle coscienze; in tante parrocchie su questo punto non si concede un attimo di tregua: in positivo, per favorire la formazione delle coscienze, in negativo per contrastare tutto ciò che potrebbe essere di ostacolo, più di una volta pagando anche in termini economici e finanziari. Quindi, certamente c’è. Ma non si può negare che attorno e accanto a questa posizione ferma di tante persone, sopravviva ancora, per tanti motivi, questa forma di omertà, di paura, di non avere il coraggio, o di volere comunque imporre stili che, comunque, con la fede nulla hanno a che fare.

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A Bologna, famiglie adottano pazienti psichiatrici

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Accogliere nella propria casa un malato psichiatrico. Succede a Bologna, dove venti famiglie hanno adottato adulti in cura al Dipartimento di Salute Mentale. Una scelta che va contro ogni stereotipo e che aiuta questi pazienti a ricominciare una nuova vita dopo anni trascorsi in istituti. Maria Gabriella Lanza ha intervistato Ivonne Donegani, direttrice dell’area centri di salute mentale di Bologna: 

R. – In questo momento le convivenze sono 10. E’un’esperienza che ha una forza, proprio in termini di coinvolgimento, di inclusione e, veramente, di anti-stigma. Infatti, l’idea che una persona con un disagio psichico possa vivere a casa di una famiglia che si offre di accoglierla e formata per accoglierla, è veramente un elemento dirompente, anche proprio nello sfatare l’idea che la persona con sofferenza psichica è una persona pericolosa, incomprensibile, che non può vivere dentro la società.

D. – L’obiettivo del progetto è quindi quello di rendere il paziente autonomo per far intraprendere il percorso di vita indipendente…

R. – Esatto! Oppure rientrare nella propria famiglia, quando è possibile, perché spesso si tratta di figli di persone anziane. Allora, se raggiungono un’autonomia tale da poter essere loro stessi di supporto alla madre o al padre anziano, possono anche rientrare in famiglia. Altrimenti possono vivere da soli. Oppure noi, per esempio, adesso, abbiamo una persona che ha trascorso gran parte della sua vita in istituzioni comunitarie e oggi, da ormai tre anni, vive in maniera estremamente felice, mi verrebbe da dire, in una famiglia. Io mi auguro, essendo una persona che ha una certa età, che questa situazione permanga. Faccio fatica a pensare che questa persona che ha già una certa età possa vivere in maniera autonoma. Ma già il fatto che possa stare in una famiglia anziché al’interno di una istituzione è chiaro che cambia la qualità della vita. Inoltre, l’altro elemento interessante è che molto spesso poi c’è uno scambio davvero positivo da entrambe le parti: imparare a lavare i piatti, fare le faccende insieme, andare a pagare le bollette… C’è una reciprocità importante, fra famiglia ed ospitante.

D. - Cosa spinge, secondo lei, una famiglia a decidere di adottare un paziente psichiatrico e a fare quindi una scelta che va contro gli stereotipi?

R. – Le famiglie per questa ospitalità ricevono un compenso. Io credo che a volte c’è anche la voglia di uscire da aspetti di solitudine da parte dell’ospitante, la voglia di fare qualcosa di utile per la società per le persone.

D. – Entrambi quindi hanno benefici da questa convivenza?

R. - Gli ospitati ne hanno moltissima, perché mi riferisco a persone che sono state molto tempo in comunità e sperimentano una possibilità e risperimentano una possibilità di vita normale.

D. – Ritrovano anche l’affetto di una famiglia?

R. – Non è che questa scelta si pone in alternativa alla famiglia di origine. Ma noi sappiamo benissimo che spesso o la famiglia di origine non ce la fa più o si sono create conflittualità tensioni tali per cui è come se fosse più facile ricostruire rapporti meno conflittuali in una famiglia nuova, altra. Non è che si perde l’affetto con la famiglia di origine: anzi è possibile ritrovare gli affetti con la famiglia di origine in maniera meno conflittuale. Devo dire che vedo situazioni di persone rianimate che hanno ripreso una qualità di vita normale e soprattutto rapporti non connotati dal tema del pregiudizio ma da un’affettività che sentono così forte. Secondo me è l’evidenza più grande della validità di questo progetto.

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"Pronto? Sono Francesco", un libro sulla comunicazione del Papa

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Dalle telefonate ai tweet, dalle omelie ai grandi viaggi internazionali. Lo stile comunicativo di Papa Francesco si muove dall’individuo alla collettività. "Pronto? Sono Francesco" è un libro che affronta proprio la rivoluzione della comunicazione del Santo Padre a quasi un anno e mezzo dall’inizio del suo Pontificato. Gianmichele Laino ha intervistato Massimo Enrico Milone, autore del libro e responsabile di Rai Vaticano: 

R. – E’ una sorta di bloc-notes lungo un anno di riflessioni, che Papa Francesco ha voluto regalare agli operatori della comunicazione e che ha voluto fare sul mondo dei media, quasi una sorta di Enciclica sui media. Ci ha chiesto subito, all’indomani del Conclave, di poter raccontare verità, bontà e bellezza; questa rivoluzione dello spirito, la rivoluzione di una Chiesa, che offre la proposta rivoluzionaria del Vangelo, duemila anni dopo, in chiave moderna di accompagnamento a credenti e non credenti. Dal primo viaggio a Rio de Janeiro all’intervista a Civiltà Cattolica, al colloquio con il laico Scalfari, alle sue telefonate, Twitter, Papa  Francesco ha percorso e ripercorso, rivisitato tutti i canoni della comunicazione moderna.

D. – Dalle telefonate ai tweet, dalle omelie ai grandi viaggi internazionali, lo stile comunicativo di Papa Francesco si muove dall’individuo alla collettività e questo piace moltissimo. Si può parlare di Papa Francesco come uno dei più grandi comunicatori del ‘900?

R. – Certamente, è uno dei più grandi comunicatori. Non lo dico io, lo hanno sottolineato commentatori, opinionisti di tutto il mondo. Basti ricordare il 2013, quando la rivista Time l’ha innalzato a persona dell’anno, o quando Papa Francesco è finito sulla copertina della rivista rock Rolling Stones. Tutte le componenti mondiali della comunicazione gli hanno riconosciuto questo carisma: un Papa essenziale, che mira sempre al cuore dell’uomo e, ovviamente, al cuore della proposta cristiana.

D. – La capacità di comunicare del Pontefice come si riflette sui cattolici e sui non cattolici?

R. – E’ stata una grande sferzata, innanzitutto per il mondo cattolico, anche quello, forse, più sonnolento e dormiente; e per i non cattolici e non credenti, addirittura, la possibilità di un incontro: Papa Francesco ci accompagna quotidianamente lungo le strade di una ricerca; per i non cattolici, la possibilità di una porta aperta. Questa facilità all’incontro, insomma, è stata una chiave vincente e anche per questo rivoluzionaria.

D. – Qual è stato il messaggio e il gesto di Papa Francesco, che più l’ha colpita dal punto di vista dell’efficacia comunicativa?

R. – La conferenza stampa a tutto campo, senza nascondere nulla sull’aereo di ritorno dalle splendide, meravigliose giornate di Rio de Janeiro, quando nonostante la stanchezza si è soffermato a lungo ad affrontare tutte le problematiche inerenti la Chiesa, il rapporto con la società, la sua persona, il perché di alcune scelte. Quella intervista a 360 gradi senza rete – la chiamerei così – senza alcuna rete, in presa diretta, è stata la base forte del suo Pontificato, e l’abbiamo visto in questi mesi.

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Nella Chiesa e nel mondo



Kenya: 29 morti in attacchi terroristici di al-Shabaab

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La furia delle milizie islamiste somale al-Shabaab non si placa: almeno 29 persone sono morte in attacchi compiuti in due diverse aree sulla costa del Kenya. Il gruppo estremista ha rivendicato gli attacchi. Nove persone hanno perso la vita in un centro commerciale della località di Hindi, non lontano da Mpeketoni, l'insediamento prevalentemente cristiano che fu quasi distrutto in un attacco in cui morirono 65 persone nel mese di giugno scorso. Altre 20 persone sono state invece uccise, nelle ultime ore, nella vicina contea di Tana River, nella zona di Gamba. (A.G.)

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Napolitano: Italia finita, se giovani non trovano lavoro

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“Se i giovani non trovano lavoro, l’Italia è finita”. Lo ha detto il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, a Monfalcone, in provincia di Gorizia, rispondendo ad un ragazzo che gli aveva rivolto una domanda sul suo futuro. L’incontro è avvenuto a margine dell’inaugurazione di una mostra per i cento anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Proprio ieri, nella sua visita pastorale in Molise, Papa Francesco aveva sottolineato che “non portare il pane a casa” perché non si ha lavoro “toglie la dignità” delle persone. (M.R.)

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Pax Christi contro modifica Costituzione giapponese

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Preoccupazione e condanna: sono i sentimenti espressi da Pax Christi International in seguito alla decisione del governo giapponese di approvare la modifica dell’articolo 9 della Costituzione. Punto-cardine, fino ad ora, dell’impronta pacifista del Paese, in cui “il diritto di belligeranza dello Stato non è riconosciuto”, il nuovo articolo 9 permetterà, invece, alle forze armate nipponiche di entrare in azione anche senza la presenza di una minaccia diretta contro i propri confini nazionali e in difesa di alleati sotto attacco. Una differenza notevole, considerato che fino ad ora le truppe potevano intervenire soltanto in caso di aggressione da parte di eserciti stranieri.

“L’articolo 9 – scrive Pax Chirsti International in una nota – è stato un segno di speranza per un mondo che anela alla pace profonda, inclusiva e duratura. Esso ha incoraggiato il dialogo e la diplomazia, aiutando il Giappone a diventare un fattore di stabilità in Asia Orientale, piuttosto che una minaccia per i Paesi vicini”. Ricordando, poi, che, in base a “recenti sondaggi”, è stata dimostrata la volontà del popolo nipponico di mantenere lo spirito pacifista della Costituzione, Pax Christi sottolinea l’impegno portato avanti, in questo senso, anche dalla Conferenza episcopale locale e ne sostiene l’appello a “non esporre la popolazione del Paese e quella di altre nazioni al pericolo della guerra, lasciando un mondo pacifico ai nostri posteri”.

Di qui, la sottolineatura forte relativa al fatto che “modificare l'articolo 9 o cambiare la sua interpretazione è irrispettoso della volontà del popolo giapponese e rappresenta un passo significativo nella direzione sbagliata”. Al contrario, continua Pax Christi, “l'impegno rappresentato dall'articolo 9 di costruire pacifiche relazioni internazionali fondate su riconciliazione, uguaglianza e rispetto reciproco dovrebbe servire da modello per tutto il mondo”.  Infine, l’organismo internazionale invita a diffondere la petizione online indirizzata al premier giapponese Shinzo Abe ed intitolata: “Salvare la Costituzione pacifista del Giappone”. (I.P.)

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Polonia: successo della scuola degli animatori missionari

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Si è chiusa ieri la Scuola degli Animatori Missionari, organizzata dalle Pontificie Opere Missionarie (Pom) della Polonia, iniziata nel Centro di formazione missionaria di Varsavia il 30 giugno scorso. Riferisce l’agenzia Fides che quest'anno i partecipanti, provenienti da diverse diocesi polacche, sono stati 46 (3 suore, 23 seminaristi, 20 laici). In questa settimana hanno avuto l'opportunità di conoscere meglio le Pom, di ascoltare le testimonianze di persone impegnate nel servizio missionario, di acquisire le nozioni di base sulla teologia della missione, sulla spiritualità missionaria e sulla cooperazione missionaria, oltre ad approfondire le competenze pratiche necessarie per il lavoro di animazione.

La celebrazione eucaristica, l'adorazione del Santissimo Sacramento e il Rosario sono stati al centro di ogni giornata: i partecipanti hanno pregato per le Chiese locali di tutti i continenti. Le tematiche missionarie sono state illustrate attraverso presentazioni, conferenze, gruppi di lavoro, film e incontri. La scuola degli Animatori Missionari riunisce da 17 anni persone di tutta la Polonia per prepararle all'impegno di animazione missionaria. (M.R.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 187

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.