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Sommario del 11/07/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Mons. Toso: sempre più attenzione per il magistero sociale di Papa Francesco

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Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, in collaborazione con la Segreteria di Stato, tiene oggi e domani alla Casina Pio IV in Vaticano un seminario internazionale sulla proposta di Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium per “un’economia sempre più inclusiva”. Al seminario, a porte chiuse, partecipano una settantina di persone, esponenti di istituzioni internazionali, università e rappresentanti di grandi imprese e della società civile. Sull’idea che ha dato vita a questo seminario, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Mario Toso, segretario del dicastero Giustizia e Pace:

 

R. – Innanzitutto l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco offre prospettive davvero stimolanti che però devono essere approfondite e tradotte in progettualità economica, perché sono emerse interpretazioni distorcenti che sono giunte ad accusare il Pontefice di marxismo. Occorre spiegare che la proposta di un’economia sempre più inclusiva non implica la rinuncia all'economia di mercato, semmai la valorizzazione di essa, dei suoi aspetti positivi; occorre spiegare che l’"economia che uccide" a cui allude Papa Francesco - e purtroppo ci sono stati molti imprenditori e lavoratori licenziati che si sono suicidati - non è tutta l’economia, ma quella che idolatra il denaro, quella che considera il lavoro una variabile dipendente dai meccanismi finanziari e  monetari.

D. - Lei terrà l'intervento introduttivo del seminario. Può anticiparci i punti salienti?

R. - Il primo punto saliente é costituito dalla considerazione che la globalizzazione ha messo in moto un processo di convergenza dei redditi medi dei Paesi più poveri verso i Paesi più ricchi, ma allo stesso tempo, ha accresciuto le diseguaglianze tra diverse parti della popolazione mondiale. I due fenomeni sono figli della stessa rivoluzione, ovvero di un mercato che si globalizza aumentando i divari di rendimento della scolarizzazione e mettendo in forte concorrenza lavoratori a basso reddito con lavoratori ad alti salari dei Paesi ad alto reddito. Secondo punto: si sta vivendo una transizione lunga, promettente, sebbene problematica e complessa, che si spera porti dal "vecchio mondo" - segmentato nei confini nazionali - ad un "nuovo mondo" popolato da un’unica famiglia umana. Terzo punto: il problema economico di cui tradizionalmente gli economisti si sono occupati, è soltanto una delle dimensioni del problema odierno. Bisogna infatti assicurare che la creazione di valore economico sia sostenibile a livello ambientale. C’è dunque, oltre alla dimensione economica, anche una dimensione ambientale;  che non produca drammatiche crisi finanziarie – quindi c’è una dimensione finanziaria – e che non esista un disallineamento tra il Prodotto interno lordo e il benessere.

D. - Al seminario partecipano anche esponenti di istituzioni internazionali, accademiche, così come i rappresentanti di grandi imprese e di quella che viene chiamata la società civile. Questo sottolinea anche un grande interesse che c’è un po’ a livello generale per quelle che sono le proposte che vengono enunciate da Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, ma anche in tanti altri interventi ...

R. - Devo dire che con riferimento a questa iniziativa - che si è voluto tenere ristretta nella partecipazione e anche riservata in quanto i contenuti non sono tutti definiti, ma sono suscettibili di perfezionamento e di integrazione -, c’è stata una grande adesione, anzi una specie di "piccolo assalto". Molti desideravano partecipare ed essere presenti a questo evento al quale parteciperà, nel momento conviviale, il Sommo Pontefice. Questo sta a significare il grande interesse che si sta riscontrando attorno al Magistero sociale di Papa Francesco, un interesse che – tra l’altro – è sollecitato anche dai grandi problemi che sono sul tappeto, i quali esigono davvero una grande visione ma anche una grande progettualità a livello non solo economico ma anche politico. Sappiamo che oggi la crisi è dovuta anche al fatto che la finanza ha il sopravvento sulla politica e quest’ultima stenta ad offrire delle direttive, delle politiche finanziare fiscali tali da poter indurre la finanza ad essere al servizio del bene comune.

D. - Una voce sempre più ascoltata quella del Papa; lo vediamo in tante dimensioni. Anche questo simposio lo conferma...

R. - Sì, perché è una voce che intercetta i bisogni della gente, dei popoli, della famiglia umana, sia per quanto riguarda le questioni economiche che per quelle che riguardano la pace, lo sviluppo sostenibile ... Tutte queste questioni sono intrecciate tra di loro e, tra loro, interdipendenti. Occorre, dunque, avere la capacità di una visione complessiva di tutti i problemi, i fattori, le valenze e, corrispondentemente, essere capaci di offrire una nuova progettualità e preparare nuove persone che siano determinate nel vivere il proprio protagonismo economico, sociale, politico con grande responsabilità nei confronti del bene comune e della giustizia sociale.

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Il Papa nomina il card. Woelki arcivescovo di Colonia

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Papa Francesco ha nominato arcivescovo metropolita di Colonia il cardinale Rainer Maria Woelki, trasferendolo dalla sede metropolitana di Berlino. Nato nel 1956 a Colonia, il porporato tedesco è stato ordinato sacerdote nel 1985 e nominato vescovo nel 2003. Nel 2011 è stato promosso arcivescovo metropolita di Berlino e creato cardinale da Benedetto XVI nel concistoro del 18 febbraio 2012. Il card. Woelki è membro della Congregazione per il Clero e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

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Nomine episcopali di Papa Francesco

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Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico in Macedonia mons. Anselmo Guido Pecorari, arcivescovo titolare di Populonia, nunzio apostolico in Bulgaria.

Il Santo Padre ha nominato tre ausiliari per la diocesi di Hong Kong, in Cina: il rev.do  Michael Yeung Ming‑cheung, vicario generale della diocesi di Hong Kong e membro del Pontificio Consiglio Cor Unum, il rev.do Stephen Lee Bun Sang, vicario dell'Opus Dei per l'Asia Orientale e p. Giuseppe Ha Chi-shing, O.F.M., già superiore regionale O.F.M. di Hong Kong.

In India, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Muzaffarpur, presentata da mons. John Baptist Thakur, S.I., per sopraggiunti limiti d’età e ha nominato vescovo della medesima diocesi di Muzaffarpur, il rev.do Cajetan Francis Osta, vicario giudiziale di Muzafarpur e parroco della Cattedrale.

Sempre in India, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Bareilly, presentata da Mons. Anthony Fernandes, per sopraggiunti limiti d’età e ha nominato vescovo della stessa Diocesi di Bareilly, il rev.do Ignatius D’Souza, vicario generale e parroco della Cattedrale di Lucknow.

In Venezuela, il Santo Padre ha nominato vescovo di Barcelona mons. Anibal Quintero Chacón, finora vescovo della diocesi di Margarita.

In Gabon, il Papa ha elevato la Prefettura Apostolica di Makokou, al rango di Vicariato Apostolico e ha nominato primo vicario apostolico di Makokou, il rev.do padre Joseph Koerber, C.S.Sp., attuale prefetto apostolico della medesima circoscrizione ecclesiastica. Gli è stata assegnata la sede titolare vescovile di Siccenna.

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Il card. Vegliò: serve turismo rispettoso della persona e delle comunità

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“Promuovere un turismo che si sviluppi in armonia con la comunità che accoglie, con il suo patrimonio e i suoi stili di vita”. E’ l’esortazione che arriva dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti in occasione della prossima Giornata Mondiale del Turismo, il 27 settembre, sul tema: “Turismo e sviluppo comunitario”. Ce ne parla Benedetta Capelli: 

Lo sviluppo comunitario è legato allo sviluppo umano integrale come ricorda la Dottrina Sociale della Chiesa. Il messaggio per la Giornata Mondiale del Turismo, a firma del cardinale Antonio Maria Vegliò, sottolinea dunque questo particolare aspetto, prendendo spunto dalla Popolorum Progressio di Paolo VI, e mettendo in luce la possibilità che il turismo può raggiungere questo obiettivo nel rispetto di tre ambiti: economico, sociale e ambientale. Il turismo, infatti, è “un motore fondamentale di sviluppo economico, per l’importante contributo che apporta al Pil (tra il 3% e il 5% a livello mondiale), all’impiego (tra il 7% e l’8% dei posti di lavoro) e alle esportazioni (il 30% delle esportazioni mondiali di servizi)”. Essendo poi ogni luogo del pianeta una possibile meta, attraverso il turismo si può “ridurre il livello di povertà delle aree più arretrate”. Diventa così “uno strumento prezioso di progresso, di creazione di posti di lavoro, di sviluppo di infrastrutture e di crescita economica”. Un settore – sottolinea il presidente del dicastero per i Migranti e gli Itineranti - capace di generare un tipo di impiego “creativo” e diversificato al quale possono accedere soprattutto i gruppi più svantaggiati.

Diventa fondamentale però che i benefici siano raggiunti attraverso “criteri etici”, “rispettosi della persona” e lontani da “una concezione economicista della società, che cerca il profitto egoista, al di fuori dei parametri della giustizia sociale”. Pertanto si promuova un turismo che guardi allo “sviluppo comunitario”  in grado di coltivare alcune dimensioni in particolare “l’arricchimento culturale, la promozione del rispetto reciproco e della tolleranza, la collaborazione tra enti pubblici e privati, il potenziamento del tessuto sociale e associativo, il miglioramento delle condizioni sociali della comunità”. Altro punto evidenziato dal card. Vegliò è che la comunità locale diventi così “protagonista” principale. “E’ importante - si legge nel messaggio - creare opportune strutture di partecipazione e coordinamento, favorendo il dialogo, assumendo impegni, integrando gli sforzi e determinando obiettivi comuni e soluzioni basate sul consenso”. Non si tratta di fare qualcosa “per” la comunità, bensì “con” la comunità”.

Inoltre la comunità locale deve sentirsi chiamata a “salvaguardare il proprio patrimonio naturale e culturale, conoscendolo, sentendosene orgogliosa, rispettandolo e rivalorizzandolo, affinché possa condividerlo con i turisti e trasmetterlo alle generazioni future”. Il Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti ricorda il compito dei cristiani anche in questo ambito: essi sono chiamati ad “offrire il senso della persona, il senso di comunità e di fraternità, di solidarietà, di ricerca della giustizia, di saperci custodi (e non proprietari) del Creato e, sotto l’azione dello Spirito Santo, continuare a collaborare con l’opera di Cristo”. Si ricordano poi le tante iniziative delle associazioni cristiane come il cosiddetto “turismo solidale o di volontariato” o programmi promossi in zone svantaggiate nelle quali la comunità locale diventa capace di gestire l’offerta turistica.

Ci sono anche le parrocchie delle zone di villeggiatura che offrono proposte liturgiche, formative e culturali, sviluppando una “pastorale dell’amabilità” perché il periodo di vacanza sia all’insegna dell’ospitalità, “mostrando il volto di una comunità viva e accogliente”. “Queste proposte pastorali - ribadisce il messaggio - sono ogni giorno più significative”, specialmente di fronte al “turista vivenziale”, che cerca di “istaurare legami con la popolazione locale e desidera sentirsi membro della comunità ospitante, partecipando alla sua vita quotidiana, valorizzando l’incontro e il dialogo”. Progetti quindi creativi, nati dall’entusiasmo di sacerdoti e laici che collaborano così allo sviluppo socio-economico, culturale e spirituale della comunità locale, aiutandola a guardare con speranza al futuro.

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Mondiali di Calcio: dal dicastero della Cultura, iniziativa di pace su Twitter

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#PAUSEforPeace (Pausa per la pace): questo l’hashtag lanciato dal Pontificio Consiglio della Cultura in vista della finale del Mondiale di Calcio, che si giocherà domenica 13 luglio a Rio de Janeiro, in Brasile. In occasione della partita, informa una nota del dicastero, “verrà osservato un momento di silenzio per ricordare tutti coloro che sono colpiti da guerre e conflitti nel mondo” e per auspicare “la fine dello spargimento di sangue nelle tante aree del mondo che subiscono un drammatico conflitto in questi giorni”.

A lanciare ufficialmente l’iniziativa è stato proprio oggi il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che ha pubblicato un tweet sul suo account personale @CardRavasi, citando un passo del Libro dei Re: “Una dolce, piccola voce del silenzio”. (1 Re 19,12)

“Gli sport – ha detto mons. Melchor Sanchez de Toca y Alameda, sottosegretario del dicastero e capo della sezione Cultura e Sport – sono nati attorno alle festività religiose. Gli eventi sportivi erano momenti di pace, durante i quali le guerre cessavano, come accadeva per la tregua Olimpica. Perché non fare lo stesso per la Coppa del Mondo, perché no una pausa, un momento di silenzio, una tregua per la pace?”. 

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Festa di S. Benedetto: la testimonianza del vicepriore dei monaci di Norcia

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Oggi la Chiesa ricorda San Benedetto, patrono d’Europa e fondatore del monachesimo occidentale. A Norcia, sua terra natale, è una giornata di festa, di lavoro e preghiera come indica la regola benedettina. Al microfono di Benedetta Capelli, padre Benedetto Nivakoff, vicepriore dei monaci di Norcia: 

R. - Oggi è una festa importante perché è un momento per vivere la vita in maniera più tranquilla: ci alziamo alle 3.20 del mattino, passiamo la prima ora e mezza in Chiesa finendo alle 5.30; poi, c’è la preghiera personale in camera, le Lodi e così via…

D. - Oggi San Benedetto è ancora un Santo conosciuto, ricercato, amato?

R. - Sì, è molto riconosciuto, soprattutto grazie a Papa Benedetto XVI che ha riportato il suo nome e la sua importanza nella Chiesa e nel mondo. Soprattutto per i monaci - che agli occhi del mondo vivono una "vita inutile" - c’è una ricerca di Dio che per tutti sembra quasi una perdita di tempo. In questa "perdita di tempo", tanta gente trova anche soddisfazione nel capire che c’è qualcosa in più di ciò che vediamo, c’è qualcosa di più in questo mondo con tutta la sua banalità e la sua superficialità che troviamo intorno a noi.

D. - San Benedetto, disse proprio Benedetto XVI: “Ci aiuta a tenere ferma la centralità di Cristo nella nostra esistenza”…

R. - Sì, ed è importante ricordare che si tiene al centro tramite la nostra conversione personale: uno segue Cristo non solo con le parole, ma anche con i fatti quotidiani di conversione, conquistare le virtù eliminando i vizi come la superbia, l’orgoglio, la vanità e la lussuria. Queste sono battaglie importanti da fare, è il lavoro quotidiano del monaco.

D. - Patrono anche d’Europa San Benedetto…

R. - Non era un Santo che ha voluto fondare una cultura europea, però ha voluto vivere una vita monastica coerente. Questa vita coerente ha attirato altri monaci da tutta Europa e pian piano questo spirito di vera rinuncia ha attirato uomini da tutta Europa. Oggi, sono pochi quelli che riescono a comprendere ciò perché, purtroppo, ci troviamo in un’epoca di “autoconcentrazione”, chiamiamola di “adolescenza”.

D. - Personalmente lei come ha incontrato San Benedetto?

R. - Ho frequentato il liceo in America, dove ho vissuto per quattro anni con i monaci che mi hanno insegnato non solo le cose accademiche classiche, ma anche come vivere e specialmente come vivere la carità. Questo era il primo mio esempio per la vita monastica.

D. - Cosa l’affascinava allora di questo monaco?

R. - Un monaco deve diventare una finestra verso un altro mondo. I monaci che hanno portato un buon esempio nella mia vita sono stati sempre “finestre”: non vedi solo la persona, ma vedi una finestra che ti mostra che Dio esiste e che vale la pena lasciare tutti per seguire Lui.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Niente tregua in agenda: in prima pagina, la crisi in Vicino oriente con Israele che esclude per il momento la cessazione dei raid su Gaza.

Per l'informazione vaticana, Mario Ponzi intervista il cardinale Antonio Maria Vegliò in occasione della domenica del mare.

Gelo tra Washington e Berlino: nel servizio internazionale, in rilievo la decisione del Governo tedesco di allontanare il capo della Cia dal Paese.

Quanti misteri nel bestseller del medioevo: in cultura, Paolo Vian sull'edizione italiana del “Roman de la Rose”.

L'architetto cappuccino: Felice Accrocca sull'opera di fra’ Michele Bergamasco al quale Urbano VIII affidò la responsabilità diretta di una lunga serie di lavori.

Un testo del cardinale Andrew Yeom Soo-jung sulla Chiesa in Corea del Sud in vista della visita di Papa Francesco, tratto dal volume di Cristian Martini Grimaldi “Cristiani in Corea”.

Elisabetta Galeffi sul romanzo di Marta Morazzoni “Il fuoco di Jeanne” dedicato a Giovanna d'Arco.

Perdono e riconciliazione sono ancora possibili: nel servizio religioso un articolo sulla diocesi di Malakal colpita dal conflitto armato in Sud Sudan.

Questa è un’emergenza umanitaria: dichiarazione congiunta dei vescovi sul fenomeno dei bambini che emigrano verso gli Stati Uniti.

I discorsi non bastano più: Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace, sulla purificazione della religiosità popolare in seguito ai fatti di Oppido-Mamertina.

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Oggi in Primo Piano



100 morti per i raid israeliani sulla Striscia di Gaza

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È di oltre 100 morti il bilancio dei raid israeliani sulla Striscia di Gaza, mentre non si ferma il lancio di razzi da parte di Hamas, lanciati stamani anche su Tel Aviv. Uno scenario che purtroppo rende più vicina l’ipotesi di un attacco di terra da parte di Israele, con conseguenze devastanti. Intanto, il presidente Usa, Barack Obama, ha espresso al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, la sua preoccupazione per l'escalation della violenza, offrendo la mediazione americana per l'istituzione di un cessate il fuoco. Paolo Giacosa ha intervistato Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente, che si sofferma anche sull’emergenza umanitaria: 

R. - La situazione è pesantissima. Il ministero della Sanità palestinese ha dato questa notizia: sono stati superati i 100 morti. Sono numeri che dicono ancora tremendamente poco. È davvero una catastrofe umanitaria quella che si va profilando su Gaza e, allo stesso tempo, va avanti anche il lancio di razzi da Gaza su Israele: stamattina c’è stata l’ennesima linea rossa superata da questo conflitto, prendendo di mira direttamente l’aeroporto Ben Gurion; per alcuni minuti è stato interrotto anche il traffico aereo. Sono quegli scenari che, purtroppo, mostrano uno scontro che va ulteriormente crescendo, rendendo anche probabilmente più vicina l’ipotesi di un attacco di terra che avrebbe conseguenze devastanti in un contesto come quello di Gaza.

D. - Obama si dice pronto a mediare ma le dichiarazioni tra israeliani e palestinesi non pronosticano situazioni rapide…

R. - Oggi scontiamo l’assenza di mediatori credibili. Scontiamo il fatto che questo buco nero - che è Gaza ormai da troppi anni - è stato emarginato dall’interesse del mondo e, quindi, una mediazione diventa anche difficile in un contesto come questo. Una mediazione funziona quando ci sono canali aperti nell’ordinario, nella comunicazione tra le due parti. Attualmente, tutto questo non esiste. Oggi Obama fa questa dichiarazione, ma non più di qualche settimana fa gli Usa hanno fatto un pesante passo indietro in Medio Oriente, dopo il fallimento del tentativo di Kerry. Oggi manca soprattutto chi dalla parte araba possa fare da ponte: non dimentichiamo che nelle crisi precedenti - sia nel 2009 sia nel 2012 - erano stati gli egiziani a togliere un po’ a tutti le castagne dal fuoco, soprattutto quella del 2012 aveva avuto successo proprio per un forte intervento da parte dell’allora presidente egiziano Morsi. Oggi al Cairo c’è un’altra situazione, un altro contesto ed il dramma di questa situazione è proprio il fatto che oggi non si vedono mediatori credibili all’orizzonte; per questo la situazione diventa molto pericolosa.

D. - I continui bombardamenti causano una difficile crisi umanitaria segnalata anche da organizzazioni come l’Unicef, o Medici Senza Frontiere. Quali sono gli interventi a sostegno della popolazione?

R. - Gli interventi a sostegno della popolazione sono quel poco che è possibile fare in questo momento in una situazione che è davvero drammatica. Non dimentichiamo che Gaza è un posto dove la crisi umanitaria è praticamente endemica: si vive in oltre un milione e 600 mila persone in 360 chilometri quadrati, il ché vuol dire una densità abitativa due volte quella di Roma in un contesto in cui i servizi non sono evidentemente gli stessi. Oggi ci sono gravi problemi ad esempio negli ospedali, perché manca il rifornimento di energia elettrica. È una situazione davvero incandescente, è una situazione che come al solito - al di là dei giochi dei potenti - va a colpire soprattutto le persone più povere, più deboli che sono le vere vittime di questo conflitto. È una situazione in cui oggi si può fare ben poco. Finché non si arriva ad un cessate il fuoco che interrompa questa follia, qualsiasi tipo di intervento umanitario rappresenta solo piccole cose.

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Iraq. Leader sciita al-Sistani: “Combattenti rispettino i diritti di tutti”

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Nuovo preoccupante allarme dall’Iraq. Le autorità di Baghdad hanno informato l’Onu che jihadisti sunniti hanno sequestrato del materiale nucleare dall'università di Mosul. Si combatte intanto ad ovest della capitale irachena tra ribelli e forze governative: 11 le vittime segnalate. La massima autorità sciita al-Sistani chiede rispetto dei civili a prescindere dall'appartenenza confessionale, mentre sul fronte politico è stallo per la formazione del nuovo governo, con il ritiro dei curdi dalle trattative. E nel nord del Paese controllato dall’Isil, la stampa araba segnala bombardamenti dell’aviazione iraniana. Sui timori di un ampliamento regionale del conflitto Marco Guerra ha intervistato Vittorio Emanuele Parsi ordinario di Relazioni Internazionali all'Università Cattolica di Milano: 

R. – La regionalizzazione del conflitto è nelle cose, nel senso che la minaccia che si pone è una minaccia che è rivolta alla regione e ben oltre la regione. Quindi in qualche modo è imminente e inevitabile anche una risposta regionale.

D. – E’ troppo semplicistico parlare di una guerra tra sunniti e sciiti, quella che tuttavia si vede sul campo…

R. – Direi di sì perché quello che vediamo sul campo in realtà è il prodotto dell’azione di attori politici ben definiti. Uno di questi è l’Arabia Saudita che sulla politicizzazione e sulla militarizzazione di questa differenza religiosa presente nel mondo musulmano, ha investito e continua a investire da decenni, ormai.

D. – Dopo un’impetuosa avanzata dell’Isil, adesso la situazione sembra di stallo sul terreno. In molte città si combatte ma non si avanza e non si arretra. Che via di uscita prevede per questa crisi sul piano militare?

R. - L’unica via di uscita è la sconfitta dell’Isil, che richiederà tempo ma è l’unica possibilità. Ipotizzare di lasciare questa mina vagante, questa metastasi all’interno del mondo arabo e musulmano, che possa muoversi attraverso i confini, è francamente velleitario e pericolosissimo: è perfino più pericoloso di un conflitto duro e protratto nel tempo.

R. - I curdi hanno annunciato l’uscita dalle trattative per la formazione di un governo. Si profila sempre di più un Iraq diviso in tre Stati?

R. - Direi che quantomeno si profila uno Stato curdo di fatto. Credo che questo sia sostanzialmente inevitabile e tutto sommato è uno dei pochissimi lasciti positivi di questa lunghissima crisi che è iniziata sostanzialmente con la guerra del ’90-’91.

D. – Gli Stati Uniti e anche le potenze regionali come l’Iran non riescono con le loro pressioni a smuovere Al Maliki, che al momento sembra bloccato su questa formazione del nuovo governo?

R. - E’ estremamente difficile perché se dovessi dire con una battuta quello a cui stiamo assistendo, di fronte alle difficoltà degli sciiti iracheni al governo di affrontare questa minaccia, viene quasi da dire che si capisce come mai la maggioranza sciita sia stata così tanti anni governata dalla minoranza sunnita. C’è un'evidente incapacità organizzativa. Dopodiché, gli Stati Uniti, l’Iran e anche Israele, hanno su questo fronte un’oggettiva comunanza di interessi però purtroppo la vicenda atomica da un lato e il riaprirsi della crisi arabo-israeliana dall’altro, rendono questa competizione di interessi estremamente difficile poi da tradurre in politiche concrete.

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Ucraina: Amnesty International denuncia abusi nell'Est

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In Ucraina prosegue l’offensiva dell’esercito di Kiev contro i separatisti filorussi nell’est: i combattimenti infuriano attorno all’aeroporto di Donetsk, roccaforte dei ribelli e 30 soldati governativi sono rimasti uccisi. Intanto, la denuncia di centinaia di rapimenti, pestaggi e torture nelle regioni orientali del Paese arriva da Amnesty International: le violazioni dei diritti umani sono attribuite sia a soldati e gruppi pro-Kiev, sia – per la maggior parte - ai miliziani filorussi. Sul ruolo di questi ultimi, Davide Maggiore ha raccolto il commento di Denis Krivosheev, vicedirettore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia Centrale: 

R. - The people they targeted primarily were pro – Ukrainian activist ...
Le persone che sono state prese di mira all’inizio erano attivisti pro-ucraini; poi hanno anche preso di mira le persone coinvolte nelle elezioni presidenziali del 25 maggio scorso. Ma ora ci sono sempre più prove che civili sono stati presi di mira, da una parte a scopo intimidatorio e dall’altra per metterli sotto pressione.

D. - Tornando alle forze pro- ucraine, cosa si può chiedere di fare al governo ucraino?

R. - We have no recipe for stopping the conflict ...
Non abbiamo la ricetta per fermare il conflitto, ma le autorità ucraine hanno molto lavoro da fare. Quello che è accaduto nell’Ucraina dell’Est e ha portato al conflitto è a tutti gli effetti un collasso della legge. Le autorità ucraine devono risolvere la questione delle torture commesse dalla polizia, in ogni contesto e non necessariamente in quello del conflitto. Ci deve essere un solido sistema che assicuri che non vengano commesse torture e - laddove questo accada - che il responsabile venga identificato e assicurato alla giustizia.

D. - In che modo la comunità internazionale e la società civile contribuiscono a questo processo di ripristino dello stato di diritto in Ucraina?

R. - Restoring rule of law, restoring peace ...
Non si ripristinano lo stato di diritto, la pace e la sicurezza in una notte. Le autorità ucraine avranno bisogno di molto aiuto; e questo aiuto non deve provenire dal rifornimento di armi militari. La Comunità internazionale può dare un contributo importante nell’aiutare le autorità ucraine a stabilire un vero e proprio stato di diritto, un sistema giudiziario indipendente e a rafforzare il sistema di giustizia penale. Gli esperti ai quali gli ucraini possono rivolgersi sono tanti: devono farlo adesso, perché questa è una chiara occasione per rimettere in ordine le cose.

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Giornata mondiale della popolazione: l’Onu esorta ad investire nei giovani

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Investire nei giovani per costruire le fondamenta del futuro del mondo, oggi abitato da oltre 7 miliardi di persone. Questa la priorità indicata dal Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, nel Messaggio in occasione dell’odierna Giornata mondiale della Popolazione, indetta dalle Nazioni Unite. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Sono quasi due miliardi i giovani che abitano il pianeta. Plasmano realtà sociali ed economiche ma ancora oggi, però, troppi giovani continuano a confrontarsi con la povertà, con la disuguaglianza e con gravi violazioni dei diritti umani. Per migliorare le loro prospettive di vita e per il nostro comune futuro – scrive Ban Ki Moon - servono investimenti nella sanità, nell’istruzione, nella formazione e nell’occupazione. Padre João Chagas, responsabile della Sezione giovani del Pontificio Consiglio per i Laici:

“Non è soltanto necessario, ma è anche saggio investire sui giovani, come dice spesso Papa Francesco, perché sono i giovani che ci aprono al futuro. Se rinunciamo a questo investimento, l’umanità rinuncia anche al proprio futuro. Il Papa invita molto spesso i giovani a non lasciare che si spenga l’entusiasmo. Questo si deve dire anche ai governanti, che non lascino che si spenga questo entusiasmo giovanile. Il Santo Padre dice che si rischia di sostituire l’utopia con il disincanto. E questo sarebbe un suicido dell’umanità! Invece, da parte dei giovani è necessario che, in questo contesto di crisi, siano sempre attenti a non lasciare che non si spenga il loro spirito di adattabilità, di intraprendenze e anche di sacrificio”.

E’ necessario dunque opporsi a quella che Papa Francesco ha più volte definito “cultura dello scarto”. Molti giovani – ha detto il Santo Padre - sono considerati “materiale di scarto”, non trovano lavoro e non trovano la dignità:

“Di questo il Santo Padre ha parlato di recente anche ai capi esecutivi delle agenzie Onu, dicendo che serviva proprio una mobilitazione etica mondiale contro questa cultura dello scarto, questa economia di esclusione, questa cultura della morte. E invitava a non accettare pacificamente questa mentalità che si diffonde. E non devono accettare questa mentalità neanche i giovani! Durante la Gmg di Rio – ad esempio – il Papa diceva ai suoi connazionali, ai giovani argentini, di fare “rumore”, dicendo ‘no’ anche ad alta voce e, allo stesso tempo, assumendo le proprie responsabilità con coraggio, affrontando le grandi sfide della vita. Il Papa, molto spesso, invita i giovani anche a non rinunciare al loro protagonismo, a non guardare la vita dal balcone, ma ad accettare le sfide che il nostro tempo presenta”.

L’invito – si legge infine nel messaggio del segretario generale dell’Onu - è di dare la priorità ai giovani nei piani di sviluppo e in tutte le decisioni che li riguardano, per costruire un futuro più sostenibile per le future generazioni.

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Dal 2007 raddoppiata povertà in Italia, Caritas: reddito d'inclusione

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Dal 2007 ad oggi, in Italia, i poveri sono raddoppiati. E finora manca un disegno organico di lotta all’esclusione sociale. E’ quanto emerge da un’indagine della Caritas, che chiede il reddito d’inclusione. Il servizio di Alessandro Guarasci: 

La crisi ha raddoppiato il numero dei poveri in Italia: nel 2007 erano 2,4 milioni, mentre nel 2012, secondo gli ultimi dati disponibili, sono stati 4,8 milioni, l'8% del totale. Ed è probabile che questa percentuale sia aumentata durante il 2013. Un fenomeno che non colpisce solo il Sud, ma anche il Centro Nord e che si allarga alle famiglie con occupati. Per la Caritas bisogna introdurre un reddito d’inclusione. Il presidente don Francesco Soddu:

“Manca uno strumento specifico di lotta alla povertà. Richiamiamo quelle che sono le altre nazioni che cercano di dare una risposta a quella che è la povertà relativa, in quanto già a monte ci sono delle azioni di contrasto alla povertà assoluta”.

Tra le misure messe in campo dal governo la sperimentazione della nuova "Social Card" in 12 città, che prevede l’erogazione di contributi economici e servizi. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti:

“Il lavoro che abbiamo cominciato ad avviare attraverso la social card è anche immaginando altri strumenti che intervengano in quelle situazioni dove questo problema diventa acuto. Noi pensiamo che ogni intervento – sempre di più – debba essere collegato all’intervento monetario ma anche alla messa in connessione di questo elemento con le possibilità occupazionali, con i comportamenti nella società. Quindi c’è un lavoro complesso da fare, che noi stiamo facendo”.

Per chi ha un reddito fino ai 24 mila euro, il governo Renzi ha messo a punto il bonus degli 80 euro. Ma per la Caritas, avrà un effetto molto limitato sui più poveri. Cristiano Gori, docente alla Cattolica di Milano:

“Nei prossimi mesi non emergerà solo cosa vorrà fare il governo rispetto alle sperimentazioni realizzate da Letta e gli 80 euro, ma emergerà – in termini più complessivi – anche la posizione del governo sulla lotta alla povertà”.

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Mons. Milito: processioni sospese, diocesi ritrovi se stessa lontana da clamori

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Ha avuto ampia eco, e non solo in Italia, la decisione del vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, mons. Francesco Milito, di sospendere lo svolgimento di tutte le processioni nella diocesi, dopo "l’inchino" della statua della Madonna davanti alla casa di un boss della ‘ndrangheta. Mons. Milito parla di questa sofferta decisione al microfono di Federico Piana:

 

R. – Semplicemente, per amore al mio popolo, perché in questi giorni credo che sia stato troppo in una sovraesposizione mediatica: per quanto il fatto in sé ha la sua gravità, non credo e non ritengo che dovesse avere una tale esposizione! Vanno cautelate le persone! Ci sarà pure chi pensa e agisce a modo suo, ma il nostro popolo non è questo, tant’è che la decisione di ieri – per quanto mi consta – è stata accolta benissimo. E’ stata una cautela. Il vescovo non si deve sentire costretto da nessuno: né dalla stampa né da altre sollecitazioni a prendere decisioni oppure a demandare.

D. – Dopo questa sospensione, pensa di rivedere il modo con cui vengono fatte queste processioni per escludere, all’interno, la presenza di ‘ndranghetisti, di mafiosi?

R. – La cura che noi avremo è quella di riprendere la legislazione che c’è, rafforzarla con nuove disposizioni e far sì che le cose vadano nel modo più lineare possibile, più onesto possibile e soprattutto il più ecclesiale possibile.

D. – Come ha preso le parole del Papa che ha giudicato gli ‘ndranghetisti e i mafiosi fuori dalla Chiesa?

R. – Il Papa ha fatto un’opera catechetica così bella… Il Papa, in fondo, fa prendere coscienza: “Siete appartenenti a questa realtà? Siete scomunicati, siete fuori dalla comunione della Chiesa!”. Quindi non è una condanna a processo canonico, ma una costatazione che porta all’orizzonte della coscienza un fatto già operante. Siccome la parola “scomunica” non è molto difficile da capire, è chiaro che questo può colpire in senso positivo, speriamo… E’ chiarissimo! Nessuno può fare illazioni o dare interpretazioni diverse.

D. – Tornando a questa sua decisione di sospendere le processione, lei ha invitato in alternativa ad organizzare delle Adorazioni Eucaristiche: mi conferma questo?

R. – Al posto della processione - e ribadisco solo della processione! – ho detto: “Noi, in preghiera eucaristica, chiediamo al Signore, con lo schema che ci è stato dato, che nell’Eucaristia la Chiesa ritrovi se stessa, lontana da ogni altro clamore e chiasso e soprattutto con la libertà che le permette di agire come Dio vuole. Noi non ci lasciamo condizionare! La preghiera – e non altro – è il clima in cui maturano le cose.

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Riforma del Terzo settore: soddisfatte le associazioni

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Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge sul Terzo settore. Tra le novità più importanti ci sono il bond di solidarietà, il servizio civile universale anche all’estero, la stabilizzazione del 5 per mille e l’obbligo di trasparenza per le associazioni. Ora il governo Renzi ha dodici mesi per emanare i decreti attuativi. Soddisfazione è stata espressa dal mondo dell'associazionismo. Maria Gabriella Lanza ne ha parlato con Edoardo Patriarca, presidente del Centro Nazionale del Volontariato: 

R. – Era una legge delega attesa da 10 anni. Il governo Renzi ha il merito di aver dato un impulso decisivo. E’ un testo che ha grandi aperture: penso al servizio civile, a tutto il tema della normativa, a quello della revisione della fiscalità.

D. – Nella riforma si parla di servizio civile universale anche all’estero, un’opportunità di crescita per tanti giovani….

R. - Veniamo da una stagione in cui il servizio civile è stato praticamente dismesso. Di fronte a una richiesta potenziale di 80 mila, 100 mila, giovani disponibili a partecipare all’anno di servizio civile, in realtà lo Stato in questi anni non ha fatto altro che dismetterlo,  giungendo  a quote minime: parliamo addirittura, nell’ultimo bando di 12, 15 mila persone. Il servizio civile è una grandissima opportunità per i nostri giovani, soprattutto per quei giovani che non vivono esperienze associative e sono magari in attesa di lavoro, è soprattutto un’esperienza di educazione alla cittadinanza, alla pace.

D. - Altro elemento importante è l’obbligo di trasparenza per le associazioni?

R. - Questo nel testo è molto chiaro. Nel momento in cui il Terzo settore diventa un “soggetto pubblico”, nel senso di un soggetto che pure essendo privato gestisce aspetti di bene comune, è ovvio che la casa debba essere una casa trasparente, che non ha cassetti nascosti, una casa che rendiconta sulle donazioni ricevute e su come questi soldi sono stati spesi. Io credo che sia una questione importantissima.

D. - Il meccanismo del 5 per mille diventerà permanente. Siete soddisfatti di questa novità?

R. - Si parla  di revisione e di stabilizzazione e questo va nella direzione auspicata: da una parte la stabilizzazione,  cioè che il 5 per mille rientrerà come l’8 per mille nella quota di bilancio dello Stato annualmente, senza il bisogno di essere ridiscusso nelle leggi di stabilità. Dall’altra parte, revisione perché cambiando anno per anno i regolamenti di accesso al 5 per mille ne abbiamo visti di tutti i colori, per esempio soggetti che non sono del Terzo settore e hanno potuto accedere al 5 per mille…

D. – Ci sono punti che potevano essere migliorati?

R. – Forse un punto di criticità è quello che riguarda l’impresa sociale. Secondo me il testo andrà migliorato. E’ un testo che non aiuta progetti di impresa sociale perché io credo che l’impresa sociale debba essere organicamente una struttura dentro il Terzo settore e non quindi un soggetto, così, alato, che non si capisce più cosa possa essere o cosa debba diventare. Credo si dovrà dare una maggiore attenzione nel dibattito parlamentare, durante l’approvazione della legge delega.

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Nella Chiesa e nel mondo



Onu: forte crescita della popolazione nelle aree urbane

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Oltre la metà dei più di 7 miliardi di persone che popolano il pianeta vive in zone urbane, principalmente nelle megalopoli, agglomerati con più di 10 milioni di abitanti, come Tokyo, New Delhi, Shanghai, Città del Messico e San Paolo. Una proporzione che secondo le Nazioni Unite crescerà fino a registrare nel 2045 sei miliardi di esseri umani nelle città.

L’urbanizzazione, combinata alla crescita demografica - riferisce l'agenzia Misna - farà aumentare dunque di due miliardi e mezzo gli abitanti delle zone urbane nei prossimi tre decenni, secondo l’ultimo rapporto diffuso dal Palazzo di Vetro; buona parte di questa tendenza si osserverà nei Paesi in via di sviluppo, principalmente in Africa. India, Cina e Nigeria assorbiranno il 37% della crescita proiettata sui prossimi 30 anni: il primo colosso vedrà crescere gli abitanti delle sue città fino a 404 milioni, il secondo a 292, il terzo a 2012.

La sfida principale sarà rispondere alle esigenze della crescente popolazione urbana garantendo servizi di base come abitazioni, sanità, istruzione, infrastrutture, trasporti, energia, lavoro. “Gestire le aree urbane è diventato uno degli obiettivi di sviluppo più importanti del XXI secolo” ha osservato John Wilmoth, direttore dell’ufficio per la popolazione del Dipartimento per gli affari economici e sociali dell’Onu. (R.P.)

La popolazione urbana è cresciuta così rapidamente che se nel 1990 si contavano nel mondo solo dieci mega-città, oggi si sono quasi triplicate, diventando 28. Tokyo è la città più popolata del pianeta con 38 milioni di persone, seguita da New Delhi, con 25 milioni, Shangai, con 23 e Città del Messico, Mumbai e San Paolo con circa 21 milioni ciascuna. Per quanto riguarda invece la popolazione rurale, oggi è stimata in circa 3,4 miliardi di persone che nel 2050 si stima scenderanno a 3,1. (R.P.)

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Impegno della Chiesa centroamericana per l’emigrazione dei minori

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"Un aspetto importante della Dichiarazione è l'impegno comune per sradicare le cause strutturali dell’emigrazione irregolare dei minori, creando programmi di sviluppo sociale ed economico nelle comunità di origine, come programmi di riabilitazione e di reinserimento per coloro che rientrano": così si legge nella “Dichiarazione congiunta dei vescovi di Stati Uniti, Messico, El Salvador, Guatemala e Honduras sulla crisi dei bambini migranti”, inviata all'agenzia Fides, dopo l'incontro dei rappresentanti dell’episcopato dei Paesi centroamericani maggiormente coinvolti nel grave problema.

La dichiarazione, pubblicata a Città del Messico, sostiene e rilancia la “Dichiarazione Straordinaria di Managua”, in cui i Paesi membri della Conferenza regionale sull'immigrazione (Belize, Canada, Costa Rica, El Salvador, Stati Uniti, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua, Panama, Repubblica Dominicana), “hanno riconosciuto la responsabilità regionale e si sono impegnati: ad attuare misure globali e articolate al fine di garantire al meglio gli interessi dei bambini e degli adolescenti e l'unità familiare; a diffondere informazioni precise sui ‘pericoli del viaggio’ e sul fatto che non esistano ‘permessi’ per coloro che arrivano agli Stati Uniti; a lottare contro i gruppi criminali organizzati per il traffico illecito e la tratta di esseri umani; a migliorare le pratiche migratorie".

Con questa dichiarazione, i vescovi di Stati Uniti, Messico, El Salvador, Guatemala e Honduras si esprimono inoltre a favore della richiesta alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti di dichiarare lo stato di “crisi umanitaria” per il problema dei bambini migranti.

Secondo gli ultimi dati, tra ottobre 2013 e giugno 2014 più di 57.000 bambini sono arrivati alle frontiere degli Stati Uniti illegalmente, senza essere accompagnati da un adulto, la maggior parte lungo il confine sud-est, nella zona della Valle del Rio Grande (Texas). Il governo americano a Washington ha già messo in guardia che questa cifra indubbiamente potrà crescere. La Chiesa si sta adoperando per assistere i piccoli emigranti e per far riconoscere molti di loro come rifugiati, in fuga da situazioni di guerra. (R.P.)

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Centrafrica: appello al disarmo dei leader religiosi e politici

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La sicurezza della popolazione è “la priorità delle priorità” afferma un comunicato pubblicato al termine dell’incontro della piattaforma dei leader religiosi e dei rappresentanti di diversi partiti politici della Repubblica Centrafricana, tenutosi a Bangui dal 7 al 9 luglio. Alla riunione ha partecipato, in rappresentanza dell’arcidiocesi di Bangui, il vicario generale, mons. Jésus Martial Demele.

Constatando che le condizioni di sicurezza si aggravano di giorno in giorno, particolarmente nell’entroterra, dove un’altra strage è stata perpetrata a Bambari, nel comunicato si deplora “la mancata applicazione delle risoluzioni 2121, 2127 e 2134 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che esigono il disarmo con la forza dei gruppi armati e l’avvio immediato del processo di disarmo, smobilitazione e reinserimento (Ddr nella sigla in francese) dei combattenti, conditio sine qua non per il ritorno della sicurezza nell’insieme del territorio nazionale”.

I leader politici e religiosi centrafricani lamentano inoltre “la reticenza, se non l’opposizione, di certe autorità centrafricane e dei partner del Centrafrica alla riabilitazione delle Forze armate nazionali” senza le quali non è possibile attuare efficaci operazioni di disarmo e garantire la sicurezza del Paese. Nel documento si respinge inoltre ogni velleità di partizione della Repubblica Centrafricana.

Gli estensori del comunicato giudicano inopportuno tenere a Brazzaville la tavola rotonda sul Centrafrica, decisa a margine del vertice dell’Unione Africana del 27 giugno di Malabo (Guinea Equatoriale), e chiedono al Presidente Dénis Sassou Nguesso, Presidente della Repubblica del Congo, mediatore nella crisi centrafricana, “di organizzare una concertazione inclusiva sul suolo centrafricano, tra centrafricani delle comunità di base, per la soluzione della crisi”. (R.P.)

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Sudan: la Chiesa preoccupata per la situazione dei cristiani

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«La situazione giuridica dei cristiani in Sudan è davvero preoccupante». A parlare è il vescovo della diocesi sudsudanese di Tambura-Yambio, mons. Eduardo Hiiboro Kussala, in questi giorni in visita alla sede centrale di Aiuto alla Chiesa che Soffre.

Sebbene la costituzione garantisca pari diritti a tutti i sudanesi, senza alcuna distinzione di credo, i cristiani sono considerati e trattati come cittadini di seconda classe. «I membri del clero non possono ottenere il passaporto e quando lasciano il Paese non sanno mai se potranno farvi ritorno – racconta il presule – molti sacerdoti sono stati espulsi ed i vescovi sono costretti al silenzio perché non possono esprimere liberamente le proprie opinioni».

Ai cristiani è permesso assistere alle celebrazioni liturgiche, ma Khartoum non tutela affatto la libertà religiosa. Mons. Hiiboro porta ad esempio il recente caso di Meriam Yahia Ibrayim Ishaq, condannata a morte per apostasia. «La fede di Meriam era ben nota a tutti – riferisce - ma un giorno improvvisamente la ragazza è stata minacciata e poi condannata. Ed il governo non ha agito in alcun modo lasciando che fossero i leader islamici a decidere del futuro della donna».

Il vescovo fa notare come Meriam non si sia affatto convertita. Il padre era sì musulmano, ma ha lasciato la famiglia quando lei aveva appena cinque anni e la ragazza è quindi cresciuta praticando la fede della madre, cristiana ortodossa, per poi divenire cattolica poco prima di conoscere il suo futuro marito Daniel Wani nel 2011. «Meriam è stata liberata soltanto a causa della forte pressione internazionale, tuttavia nel frattempo è stata costretta a dare alla luce la sua bambina in carcere».

Sebbene la discriminazione dei cristiani non costituisca un fenomeno nuovo in Sudan, in seguito alla secessione del sud a maggioranza cristiana, nel luglio 2011, la situazione è nettamente peggiorata. La Chiesa sudanese ha apertamente sostenuto la nascita del Sud Sudan, richiamando più volte le autorità al rispetto della volontà dei cittadini, «ed ora è ritenuta responsabile della separazione dei due Stati. Anche se noi - conclude il presule - ci siamo limitati soltanto ad esortare il governo a garantire la libertà religiosa e di coscienza». (R.P.)

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Impegno di 200 leader religiosi africani per lo sviluppo del continente

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I leader religiosi africani si sono impegnati ad attuare l’agenda di sviluppo post 2015 nel corso di un incontro a Kampala, capitale dell’Uganda. Secondo un comunicato inviato all’agenzia Fides, circa 200 leader delle principali confessioni religiose presenti nel continente (cristiani, musulmani, religioni tradizionali africane, Baha’i e altri) hanno preso l’impegno di: promuovere la pace e la riconciliazione nei Paesi in guerra; promuovere il dialogo tra le fedi e la cooperazione anche per impedire che la religione sia motivo di tensione e di violenza; creare meccanismi per includere nello sviluppo africano le persone più sfavorite (come quelle affette dall’Aids).

L’agenda di sviluppo post 2015 è un programma lanciato dall’Onu, che segue quello avviato nel 2000 per raggiungere entro il 2015 gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, nel campo della sanità, dell’educazione e della promozione economica dei Paesi più poveri del mondo.

Gli otto Obiettivi sono: sradicamento della povertà estrema e della fame; istruzione primaria universale; promozione della parità dei sessi e l'autonomia delle donne; riduzione della mortalità infantile; miglioramento della salute materna; lotta all'Aids, alla malaria e ad altre malattie; sostenibilità ambientale; partenariato mondiale per lo sviluppo. (R.P.)

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Malaria: prevenzione per donne incinte e bambini

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Più prevenzione per le donne incinte e i neonati: è l’impegno chiesto dagli autori di un rapporto scientifico sulla malaria presentato a New York, secondo i quali ancora oggi in Africa a causa della malattia muore un bambino ogni minuto.

Nello studio, realizzato da Roll Back Malaria Partnership, un’alleanza tra l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Banca Mondiale, l’Unicef e altre agenzie dell’Onu  - riferisce l'agenzia Misna - si calcola che ogni anno nel mondo la malattia uccida 627.000 persone. Il 90% delle vittime sono africane e di queste il 77% sono bambini.

Gli esperti sottolineano l’importanza di interventi di prevenzione per le giovani in stato interessante, che hanno un sistema immunitario indebolito. “La malaria – si evidenzia nel rapporto – è la causa principale dell’anemia tra le donne incinte, responsabile di decessi dovuti a emorragia durante il parto”. La malattia nelle mamme, del resto, mette a rischio la vita dei neonati. “Può determinare – avvertono gli esperti – parti prematuri e la nascita di bambini già morti o troppo magri”.

Tra i rimedi suggeriti dai ricercatori c’è l’utilizzo per tutto l’anno di zanzariere impregnate di insetticida e l’assunzione di farmaci preventivi durante il periodo di gravidanza in tre o quattro soluzioni. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 192

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.