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Sommario del 27/07/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Appello del Papa per il Medio Oriente, Iraq e Ucraina: fermatevi per favore!

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Il Papa all’Angelus, ricorda lo scoppio della Prima guerra mondiale, di cui domani ricorre il 100.mo anniversario, invocando che non si ripetano gli sbagli del passato e si persegua la pace nel dialogo paziente e coraggioso. Pregando, poi, per le crisi in Medio Oriente, in Iraq e in Ucraina, implora: “fermatevi, per favore!”. Dal Vangelo odierno la speranza di scoprire il Regno di Dio, che cambia la nostra vita. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Quell’ “inutile strage” – come la definì Benedetto XV – “causò milioni di vittime e immense distruzioni" e "sfociò, dopo quattro lunghi anni, in una pace risultata più fragile" 

Domani sarà una giornata di lutto nel ricordo di questo dramma. Mentre ricordiamo questo tragico evento, auspico che non si ripetano gli sbagli del passato, ma si tengano presenti le lezioni della storia, facendo sempre prevalere le ragioni della pace mediante un dialogo paziente e coraggioso”.

Il pensiero del Papa è andato in particolare, “a tre aree di crisi: quella mediorientale, quella irachena e quella ucraina, per chiedere preghiere:

“... perché il Signore conceda alle popolazioni e alle Autorità di quelle zone la saggezza e la forza necessarie per portare avanti con determinazione il cammino della pace, affrontando ogni diatriba con la tenacia del dialogo e del negoziato e con la forza della riconciliazione".

“Al centro di ogni decisione – ha aggiunto Francesco - non si pongano gli interessi particolari, ma il bene comune e il rispetto di ogni persona”:

“Ricordiamo che tutto si perde con la guerra e nulla si perde con la pace. Fratelli e sorelle, mai la guerra! Mai la guerra!”.

Poi un pensiero accorato ai bambini, “ai quali si toglie la speranza di una vita degna, di un futuro”:

“... bambini morti, bambini feriti, bambini mutilati, bambini orfani, bambini che hanno come giocattoli residui bellici, bambini che non sanno sorridere. Fermatevi, per favore! Ve lo chiedo con tutto il cuore. E’ l’ora di fermarsi! Fermatevi, per favore!”

Ispirato dalle parabole del Vangelo odierno, Francesco ha ricordato “che la scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente, come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; o “dopo lunga ricerca come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima”. “In un caso e nell’altro” – ha sottolineato Francesco - “il tesoro e la perla valgono più di tutti gli altri beni”:

“Non hanno bisogno di fare ragionamenti, di pensarci, di riflettere: si accorgono subito del valore incomparabile di ciò che hanno trovato, e sono disposti a perdere tutto pur di averlo”.

“Cosi è il Regno di Dio:”

“Chi conosce Gesù, chi lo incontra personalmente, rimane affascinato, attratto da tanta bontà, tanta verità, tanta bellezza, e tutto in una grande umiltà e semplicità. Cercare Gesù, incontrare Gesù: questo è il grande tesoro”.

“Il Vangelo ti fa conoscere Gesù vero, vivo; ti parla al cuore e ti cambia la vita”:

“Puoi cambiare effettivamente tipo di vita, oppure continuare a fare quello che facevi prima ma tu sei un altro, sei rinato: hai trovato ciò che dà senso, sapore, luce a tutto, anche alle fatiche, anche alle sofferenze, anche alla morte”.

Tutto acquista senso quando trovi questo tesoro, che Gesù chiama “il Regno di Dio”,

“Questo è ciò che Dio vuole, è ciò per cui Gesù ha donato sé stesso fino a morire su una croce, per liberarci dal potere delle tenebre e trasferirci nel regno della vita”.

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Francesco a Caserta: sperare in Gesù, accogliere esclusi, tutelare ambiente

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L’invito a sperare in Gesù, ad accogliere gli immigrati e a salvaguardare il creato; il no all’illegalità e alla corruzione: sono stati questi gli importanti compiti che il Papa ha consegnato durante la Messa presieduta davanti alla Reggia di Caserta, alla presenza di oltre 200mila persone. Francesco dopo aver ringraziato per la calorosa accoglienza ha poi annunciato che entro l’anno sarà anche a Napoli. Il servizio della nostra inviata Francesca Sabatinelli

Non lasciatevi rubare la speranza! Con questo appello il Papa ha concluso l’omelia davanti alle decine di migliaia di fedeli che a Caserta lo hanno atteso per ore, anche sotto la pioggia, in attesa proprio della sua parola di incoraggiamento. A tutti loro, Francesco ha detto che la speranza è Gesù ed è Lui il tesoro che trasforma l’esistenza degli uomini una volta che lo hanno trovato. Attraverso le parabole del ricco mercante e del povero contadino, e quindi delle ricchezze da loro scoperte, una perla e un tesoro, Francesco ha lasciato il suo messaggio: “Gesù insegna che cosa è il Regno dei cieli, come lo si trova, cosa fare per possederlo” perché le due parabole “fanno capire che il regno di Dio si fa presente nella persona stessa di Gesù”. La gioia del contadino e del mercante quanto trovano i loro tesori è la stessa gioia di ogni uomo quando scopre nella sua vita la vicinanza e la presenza di Gesù:

“Una presenza che trasforma l’esistenza e ci rende aperti alle esigenze dei fratelli; una presenza che invita ad accogliere ogni altra presenza, anche quella dello straniero e dell’immigrato. E’ una presenza accogliente, è una presenza gioiosa, è una presenza feconda. Così è il regno dentro di noi”.

Per ogni fedele l’incontro con Gesù avviene in modo diverso, c’è chi lo desidera, c’è chi lo scopre all’improvviso, ma sempre – ha proseguito il Papa -  “è Lui che ci cerca e si fa trovare anche da chi non lo cerca”, in luoghi insoliti e in tempi inattesi:

“E Gesù è fra noi, Lui è qui oggi. L'ha detto Lui: ‘Quando voi siete riuniti nel mio nome, io sono fra voi’. Il Signore è qui, è con noi, è in mezzo a noi!”.

La reazione è però una quando Lo si trova: se ne rimane affascinati, conquistati, si lascia con gioia il consueto modo di vivere, talvolta arido e apatico, “per abbracciare il Vangelo, per lasciarci guidare dalla logica nuova dell’amore e del servizio umile e disinteressato”. Ed ecco che Francesco come già fatto in passato, ha invitato i fedeli ad avere sempre vicino il Vangelo, per leggerne quotidianamente un brano:

“Quanti di voi, ogni giorno, leggono un brano del Vangelo? Ma quanti di voi, forse, si affrettano a fare il lavoro per non perdere la telenovela… Avere il Vangelo tra le mani, avere il Vangelo sul comodino, avere il Vangelo nella borsa, avere il Vangelo in tasca e poi aprirlo per leggere la Parola di Gesù: così il regno di Dio viene. Il contatto con la Parola di Gesù ci avvicina al regno di Dio. Pensate bene: un Vangelo piccolo sempre a portata di mano, si apre in un punto a caso e si legge cosa dice Gesù, e Gesù è lì”.

Per possedere il Regno di Dio, però, ha avvertito, non basta l’entusiasmo, occorre mettere Lui al primo posto:

“Dare il primato a Dio significa avere il coraggio di dire no al male, no alla violenza, no alle sopraffazioni, per vivere una vita di servizio agli altri e in favore della legalità e del bene comune”.

Quando una persona scopre Dio, quindi, “abbandona uno stile di vita egoistico e cerca di condividere con gli altri la carità che viene da Dio”. Chi diventa amico di Dio, ama i fratelli, si impegna a salvaguardare la loro vita e la loro salute anche rispettando l’ambiente e la natura, ha proseguito Francesco, toccando un aspetto molto doloroso della vita di questa terra, dal sottosuolo avvelenato dai rifiuti letali:

“Io so che voi soffrite per queste cose. Oggi, quando sono arrivato, uno di voi si è avvicinato e mi ha detto: ‘Padre, ci dia la speranza’. Ma io non posso darvi la speranza, io posso dirvi che dove è Gesù lì è la speranza; dove è Gesù si amano i fratelli, ci si impegna a salvaguardare la loro vita e la loro salute, anche rispettando l’ambiente e la natura. Questa è la speranza che non delude mai, quella che dà Gesù!”.

La vostra terra, ha quindi proseguito, richiede di essere tutelata e preservata:

“…richiede di avere il coraggio di dire no ad ogni forma di corruzione e di illegalità - tutti sappiamo il nome di queste forme di corruzione e di illegalità - richiede a tutti di essere servitori della verità e di assumere in ogni situazione lo stile di vita evangelico, che si manifesta nel dono di sé e nell’attenzione al povero e all’escluso.Attendere al povero e all’escluso! La Bibbia è piena di queste esortazioni. Il Signore dice: voi fate questo e quest'altro, a me non importa, a me importa che l’orfano sia curato, che la vedova sia curata, che l’escluso sia accolto, che il Creato sia custodito. Questo è il regno di Dio!”.

Francesco, in conclusione, ha ricordato che in questo giorno Caserta festeggia la sua Santa patrona, Anna:

“A me piace chiamarla la nonna di Gesù e oggi è un bel giorno per festeggiare le nonne. Quando incensavo ho visto una cosa bellissima: la statua di Sant’Anna non è incoronata, la figlia, Maria, è incoronata. E questo è bello. Sant’Anna è la donna che ha preparato sua figlia per diventare regina, per diventare la regina dei cieli e della terra. Ha fatto un bel lavoro questa donna! Un bel lavoro!”.

Ha quindi rivolto l’invito “a vivere la festa patronale libera da ogni condizionamento, espressione pura della fede di un popolo che si riconosce famiglia di Dio e rinsalda i vincoli della fraternità e della solidarietà”, e si è congedato dal popolo con un appello:

“Abbiate speranza, la speranza non delude. E a me piace ripetervi: non lasciatevi rubare la speranza!”.

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Il Papa ai sacerdoti di Caserta: siate creativi, uniti al vescovo, vicini alla gente

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Un dialogo intenso durato più di un’ora, in un clima di grande familiarità, con battute di spirito e risate di cuore: è stata la conversazione del Papa con i sacerdoti di Caserta, primo evento della sua visita nella città campana. L’incontro si è svolto presso la Reggia, nella Cappella Palatina. Ce ne parla Sergio Centofanti

Come spesso accade in questi incontri, Papa Francesco ha messo da parte il discorso scritto e ha risposto alle domande dei sacerdoti. Gli è stato chiesto quale sia l’identikit del prete del Terzo millennio. Una prima cosa - ha detto – è la creatività:

“Se noi vogliamo essere creativi nello Spirito, cioè nello Spirito del Signore Gesù – non c’è altra strada che la preghiera. Un Vescovo che non prega, un prete che non prega ha chiuso la porta, ha chiuso la strada della creatività”.

“Non la creatività un po’ alla sans façon e rivoluzionaria – ha spiegato - perché oggi è di moda fare il rivoluzionario; no questa non è dello Spirito. Ma quando la creatività viene dallo Spirito e nasce nella preghiera, ti può portare problemi”, come è accaduto per esempio al Beato Rosmini: “ha scritto Le cinque piaghe della Chiesa, è stato proprio un critico creativo, perché pregava. Ha scritto ciò che lo Spirito gli ha fatto sentire, per questo è andato nel carcere spirituale, cioè a casa sua: non poteva parlare, non poteva insegnare, non poteva scrivere, i suoi libri erano all’indice. Oggi è Beato! Tante volte la creatività ti porta alla croce”.

La preghiera apre a Dio e al prossimo: “Non bisogna essere una Chiesa chiusa in sé, che si guarda l’ombelico, una Chiesa autoreferenziale, che guarda se stessa e non è capace di trascendere”. Occorre uscire da sé per essere vicini agli altri, senza spaventarsi di niente. “L’uomo di Dio non si spaventa”. E la vicinanza – ha osservato – significa dialogo. “Il dialogo è tanto importante, ma per dialogare sono necessarie due cose: la propria identità come punto di partenza e l’empatia con gli altri”:

“Se io non sono sicuro della mia identità e vado a dialogare, finisco per barattare la mia fede. Non si può dialogare se non partendo dalla propria identità, e l’empatia, cioè non condannare a priori. Ogni uomo, ogni donna ha qualcosa di proprio da donarci; ogni uomo, ogni donna, ha la propria storia, la propria situazione e dobbiamo ascoltarla. Poi la prudenza dello Spirito Santo ci dirà come rispondervi”.

“Non avere paura di dialogare con nessuno”, ha esortato il Papa, e senza l’intenzione di “fare proselitismo” perché “il proselitismo è una trappola”. Ha quindi citato Benedetto XVI: “La Chiesa cresce non per proselitismo, ma per attrazione”.

Ha poi affermato che il sacerdote diocesano deve essere “un contemplativo”, anche se in modo diverso da come è un monaco:

“Il sacerdote deve avere una contemplatività, una capacità di contemplazione sia verso Dio sia verso gli uomini. E’ un uomo che guarda, che riempie i suoi occhi e il suo cuore di questa contemplazione: con il Vangelo davanti a Dio, e con i problemi umani davanti agli uomini”. 

Fondamentale è poi il rapporto del sacerdote con il suo vescovo e con gli altri sacerdoti del presbiterio. “Non c’è spiritualità del prete diocesano senza questi due rapporti”. Certamente – ha sottolineato – non è sempre facile andare d’accordo con il Vescovo, ma l’importante è avere uno “spirito di libertà. Bisogna avere il coraggio di dire ‘Io non la penso così, la penso diversamente’, e anche l’umiltà di accettare una correzione”. E “il nemico più grande di questi due rapporti” – ha ricordato – sono “le chiacchiere”. Il Papa esorta a dirsi le cose apertamente:

“Ma, tu sei un uomo, quindi se hai qualcosa contro il vescovo vai e gliela dici. Ma poi ci saranno conseguenze non buone. Porterai la croce, ma sii uomo! Se tu sei un uomo maturo e vedi qualcosa in tuo fratello sacerdote che non ti piace o che credi sia sbagliata, vai a dirglielo in faccia, oppure se vedi che quello non tollera di essere corretto, vai a dirlo al vescovo o all’amico più intimo di quel sacerdote, affinché possa aiutarlo a correggersi. Ma non dirlo agli altri: perché ciò è sporcarsi l’un l’altro. E il diavolo è felice con quel ‘banchetto’, perché così attacca proprio il centro della spiritualità del clero diocesano. Per me le chiacchiere fanno tanto danno”.

La gioia è il segno che i rapporti con il vescovo e con gli altri sacerdoti sono buoni. Invece, a volte – ha detto - c’è “una Chiesa di arrabbiati” e questo “porta la tristezza e l’amarezza”:

“Quando troviamo in una Diocesi un sacerdote che vive così arrabbiato e con questa tensione, pensiamo: ma quest’uomo al mattino per colazione prende l’aceto. Poi, a pranzo, le verdure sott’aceto, e poi alla sera una bella spremuta di limone. Così la sua vita non va, perché è l’immagine di una Chiesa degli arrabbiati. Invece la gioia è il segno che va bene. Uno può arrabbiarsi: è anche sano arrabbiarsi una volta. Ma lo stato di arrabbiamento non è del Signore e porta alla tristezza e alla disunione”.

Il Papa ha parlato anche dell’unità tra i vescovi: “è brutto” – ha detto – quando “fanno cordate”. “Noi vescovi – ha precisato - dobbiamo dare l’esempio dell’unità che Gesù ha chiesto al Padre per la Chiesa”. Ma l’unità non significa uniformità:

“Ognuno ha il suo carisma, ognuno ha il suo modo di pensare, di vedere le cose: questa varietà a volte è frutto di sbagli, ma tante volte è frutto dello stesso Spirito. Lo Spirito Santo ha voluto che nella Chiesa ci fosse questa varietà di carismi. Lo stesso Spirito che fa la diversità, poi è riuscito a fare l’unità; un’unità nella diversità di ognuno, senza che nessuno perda la propria personalità”.

Ad una domanda sulla pietà popolare, ha ricordato che – per quanto alcune volte debba essere evangelizzata -  “è una forza enorme”. Nei Santuari – ha detto – “si vedono miracoli”

“I confessionali dei Santuari sono un posto di rinnovamento per noi preti e Vescovi; sono un corso di aggiornamento spirituale, a motivo del contatto con la pietà popolare. E i fedeli quando vengono a confessarsi ti dicono le loro miserie, ma tu vedi dietro a quelle miserie la grazia di Dio che li conduce a questo momento. Questo contatto con il popolo di Dio che prega, che è pellegrino, che manifesta la sua fede in questa forma di pietà, ci aiuta tanto nella nostra vita sacerdotale”.

“La religiosità popolare – ha aggiunto - è uno strumento di evangelizzazione”. E a questo proposito ha ricordato la sua esperienza a Buenos Aires: i movimenti giovanili non funzionavano, perché si facevano riunioni per parlare, “e alla fine i giovani si annoiavano”:

“Ma quando i parroci hanno trovato la strada per coinvolgere i giovani nelle piccole missioni, fare la missione nelle vacanze, la catechesi ai popoli che ne hanno bisogno, nei paesini che non hanno prete, allora essi aderivano. I giovani davvero vogliono questo protagonismo missionario e imparano da qui a vivere una forma di pietà che si può anche dire pietà popolare: l’apostolato missionario dei giovani ha qualcosa della pietà popolare. La pietà popolare è attiva, è un senso di fede – dice Paolo VI – profondo, che soltanto i semplici e gli umili sono capaci di avere. E questo è grande!”.

Il Papa ha quindi concluso:

“Vi ringrazio, davvero, e vi chiedo di pregare per me, perché anch’io ho le difficoltà di ogni Vescovo e devo anche riprendere ogni giorno il cammino della conversione. La preghiera uno per l’altro ci farà bene per andare avanti. Grazie della pazienza”.

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Mons. D'alise: da Francesco nuova forza per ripartire e proteggere il territorio

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E la visita pastorale di papa Francesco a Caserta, lascia una grandissima gioia nel cuore dei cittadini della città campana e di tutti coloro che  ieri affollavano la piazza antistante la Reggia.  Ascoltiamo il commento del vescovo Giovanni D’Alise  al microfono di Marina Tomarro, partendo proprio  dall’ incontro che il Pontefice ha avuto con i sacerdoti della diocesi, prima di celebrare la Messa. 

R. – E’ stato un incontro particolare, nella peculiarità della visita, perché il Papa ha messo da parte il discorso che ha preparato e ha voluto dialogare con i sacerdoti, senza porre distanze però. Questo ci ha colpito in modo particolare, perché veramente è stato un incontro, più che paterno, fraterno. E la cosa che più ha colpito è soprattutto, che parlando ai sacerdoti, ha chiesto loro di essere persone schiette, di vivere l’unità forte, e tra i sacerdoti e con il vescovo, e, soprattutto, una vicinanza con il popolo, una vicinanza, che passa anche attraverso la pazienza del dialogo.

D. – E, dopo l’incontro con i sacerdoti, un bagno di folla lo attendeva nel piazzale della Reggia...

R. – Stamattina, alle 6.00, ho celebrato la Messa prima della partenza della processione di Sant’Anna. C’era una piazza, davanti al Santuario, gremita. Io non ho detto una parola, ma appena sono arrivato c’è stato un applauso enorme, un applauso per la gioia di avere incontrato il Papa. Francesco ha toccato sia i punti fondamentali della vita spirituale, che venivano fuori dal Vangelo - le parabole del Regno - e poi ha toccato anche le problematiche importanti, che abbiamo in questo territorio - in modo particolare, il problema della Terra dei Fuochi - senza però assolutizzare tutto. Ha pronunciato, comunque, parole forti, dicendo che tutti abbiamo la responsabilità di tutelare questo territorio.

D. – Secondo lei, queste parole porteranno dei risultati?

R. – Ha toccato il cuore. Io ho già sentito alcuni che mi hanno telefonato ed altri che sono contenti di questo incontro, perché il Papa ha messo dentro un desiderio nuovo. C’è, infatti, veramente bisogno di organizzare le forze del bene, per opporsi in modo pacifico alle forze del male che sono tante.

D. – E domani il Papa tornerà da voi per la visita al pastore Traettino...

R. – Sì, ufficialmente noi non siamo invitati a questo incontro. Il Papa viene a titolo personale. Qui si tratta di amicizia tra credenti. Il Papa e Traettino s’incontrano soprattutto per chiarire ancora di più il loro rapporto ecumenico. In questo momento, infatti, noi abbiamo bisogno di persone positive, che non abbiano chiusure, ma si aprano al dialogo tra i cristiani di varie confessioni.

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Si è spento il cardinale Francesco Marchisano

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Si è spento stamani a Roma il cardinale Francesco Marchisano, arciprete emerito della Basilica di San Pietro: aveva 85 anni. Creato cardinale durante il Concistoro del 21 ottobre 2003, ha esercitato diversi incarichi nella Curia Romana, tra cui quello di presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e quello della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. E’ stato vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano nonché presidente della Fabbrica di San Pietro e presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica.

Il funerale, presieduto dal cardinale decano del Collegio Cardinalizio, si svolgerà mercoledì prossimo, 30 luglio, alle 8.00, nella Basilica Vaticana. Il Santo Padre presiederà il rito dell’ultima commendatio e della valedictio.

Con la sua scomparsa, il Collegio cardinalizio risulta ora composto da 212 porporati, di cui 118 elettori e 94 non elettori.

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Messa del cardinale Parolin nella festa dei Santi Anna e Gioacchino

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“Una casa è bella e vivace quando in essa convivono, in affettuosa concordia, vecchi, giovani e ragazzi, il tramonto e l’alba, a rinnovare il meraviglioso evento della vita terrena e la speranza della vita eterna”. Cosi il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, nell’omelia della Messa, celebrata nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, in occasione della Festa dei genitori di Maria Vergine. Invitato dal parroco, padre Silvestrini, e dai confratelli agostiniani della comunità, il cardinale ha richiamato l’attualità di Anna e Gioacchino, “modello di una famiglia singolarmente santa”, “strumenti docili e fedeli dell’incarnazione di Gesù”, attraverso la figlia Maria, “quella casta madre, - sottolineava san Giovanni Damasceno - che sola era degna del Creatore”.

Due santi genitori che – ricordava Papa Francesco a Rio de Janeiro il 26 luglio dello scorso anno – “fanno parte di una lunga catena che ha trasmesso la fede e l’amore per Dio, nel calore della famiglia, fino a Maria che ha accolto nel suo grembo il Figlio di Dio e lo ha donato al mondo, lo ha donato a noi”.  Del resto, ha commentato il cardinale Parolin, “noi tutti abbiamo avuto, e forse abbiamo ancora sulla terra a nostro caro conforto, genitori e nonni”. La cui importanza è fondamentale nella vita della famiglia -  come ha rimarcato Papa Francesco - “per comunicare quel patrimonio di umanità e di fede che è essenziale per ogni società”. “La vicenda umana di Gioacchino e Anna, con il suo compito di preparazione storica all’incarnazione, si configura – ha osservato ancora il porporato - come evento intimamente collegato a quella Chiesa che Cristo stesso ha fondato, luogo permanente della fedeltà di Dio al suo popolo”. Da qui un’ulteriore consegna, del cardinale segretario di Stato, a pregare “per la Chiesa, nostra madre”. La maternità della Chiesa è difatti una delle immagini più usate dai padri e tra le più amate dallo stesso Papa Francesco. (R.G.)

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Oggi in Primo Piano



Gaza: Hamas dichiara tregua umanitaria di 24 ore

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In Medio Oriente, segnali contrastanti arrivano dal fronte di Gaza: secondo un portavoce di Hamas, il movimento islamico ha dichiarato una tregua umanitaria di 24 ore, a partire dalle 14 ora locale (le 13 in Italia) di oggi. Nessuna risposta, al momento, da Israele, che nelle scorse ore aveva interrotto una tregua unilaterale rispondendo al lancio di missili da Gaza. Cresce intanto il numero delle vittime sui due fronti. Il servizio di Davide Maggiore

Hamas ha accettato di dichiarare una tregua in risposta agli appelli dell’Onu e guardando alle condizioni della popolazione della Striscia, mentre è imminente la conclusione del mese di Ramadan. Nelle scorse ore l’offensiva israeliana a Gaza era ripresa dopo il cessate il fuoco di ieri, in risposta a lanci di razzi dei miliziani islamici. Almeno sette, secondo l’agenzia AFP, i palestinesi rimasti uccisi da quel momento, mentre per un colpo di mortaio ha perso la vita un soldato israeliano, il 43mo dall’inizio delle operazioni. Secondo l’agenzia Al-Ray, invece, sono 1049 le vittime palestinesi. Solo ieri, durante la tregua, 135 corpi sono stati recuperati tra le macerie nelle aree più colpite. Durante il cessate il fuoco, tuttavia, le operazioni dell’esercito israeliano non si erano completamente fermate: sono proseguite, infatti, la ricerca e la distruzione dei tunnel clandestini che collegano la Striscia alla penisola del Sinai. Secondo i militari, nelle ultime ore ne sono stati neutralizzati altri 13, portando così il totale a 1639. La possibilità di continuare la demolizione delle gallerie, riferisce il quotidiano Haaretz, non era prevista dalla mediazione tentata dal segretario di Stato usa Kerry e fallita nei giorni scorsi.

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Il "Mikta" intensifica gli incontri

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Si intensificano gli incontri del cosiddetto gruppo "Mikta", che riunisce Messico, Indonesia, Corea del Sud, Turchia e Australia. Si tratta di una piattaforma informale che vede questi 5 Paesi, caratterizzati da economia aperta e sistema democratico, ritrovarsi insieme con l'obiettivo di ritagliarsi un posto specifico sulla scena internazionale. Ma da quale esigenza nasce il "Mikta"? Fausta Speranza lo ha chiesto al direttore dell’Istituto Affari Internazionali, Ettore Greco: 

R. - Nasce da un’esigenza che questi cinque Paesi hanno avvertito di creare una “piattaforma” di consultazione, di discussione, sui problemi della governance globale, quindi sulle nuove forme di gestione dei problemi a livello globale. Questi Paesi sono - e si considerano - della potenze emergenti; non sono le grandi potenze dominanti, ma hanno un ruolo molto importante a livello regionale. Pensano quindi di dover svolgere - e di avere le potenzialità per poter di svolgere - un ruolo importante a livello globale. Sono tutti Paesi che appartengono al G20. C’è quindi un’esigenza dichiarata di costituire un gruppo che all’interno di quello più vasto formato dai 20 Paesi più importanti del mondo che si riuniscono nel G20, possa influire sull’Agenda di questo gruppo che viene identificato come uno degli organi più importanti per riuscire a promuovere nuove forme di governance mondiale.

D. - Dunque, in definitiva, al centro di tutto ci sono gli equilibri mondiali. C’è qualcosa da ristabilire dal punto di vista con questi Paesi?

R. - Sì, questo è il punto fondamentale. Questi Paesi, come d’altronde anche i Paesi che si riconoscono in un altro gruppo di cui invece si parla molto, il "Brics" (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), hanno interesse a nuovi equilibri a livello mondiale basati su una diversa distribuzione di potere, di oneri e responsabilità fra i vari Paesi. Questo è uno dei problemi cruciali del nostro tempo. È evidente che le istituzioni attualmente funzionanti sono state costituite in un periodo storico molto diverso; nel Dopoguerra gli equilibri fra i Paesi erano evidentemente molto diversi da quelli attuali. In particolare questo riguarda le istituzioni finanziarie internazionali, e non solo; riguarda naturalmente anche le Nazioni Unite. C’è quindi la necessità di trovare nuove forme che consentano di distribuire diversamente il potere tenendo conto di questi pesi che sono cambiati; basti pensare alla crescita economica di queste nuove potenze, ai fattori demografici … Questa sfida di Paesi occidentali che sono un po’ al centro dell’attuale sistema non hanno saputo finora rispondere in modo efficace, anzi addirittura, stanno bloccando - in particolare gli Stati Uniti - delle riforme che sono assolutamente essenziali - per esempio all’interno del Fondo monetario internazionale - per realizzare questa diversa distribuzione di poteri e di responsabilità.

D. - Indubbiamente ci sono degli elementi che li accomunano, ma questi Paesi sono anche molto diversi; vengono da aree geografiche completamente diversi, da continenti diversi … Sicuramente ci sono degli elementi da sottolineare …

R. - Sì, lo dicono esplicitamente nelle dichiarazioni ufficiali. Fra loro sono evidentemente molto diversi, appartengono a situazioni geografiche, geopolitiche diverse l’una dall’altra, ma sottolineano anche che hanno delle caratteristiche e dei valori in comune, innanzi tutto perché sono delle economie dinamiche e in crescita, ma anche perché sono tutti Paesi che si riconoscono nei principi di democrazia di stampo occidentale - ovviamente con alcune differenze ma sostanzialmente è questa la realtà - e in quelli di economia di mercato. Questo naturalmente li distingue da Paesi come la Russia, la Cina che chiaramente non riconoscono allo stesso modo questi valori.

D. - Dunque, questo ponte che creano tra loro in base a questi valori può anche costituire un elemento di stabilità per il futuro?

R. - Sì, questa è la scommessa. Naturalmente questo gruppo poi deve consolidarsi e dimostrare che può agire e parlare con una sola voce. E questa è sempre una grande sfida.

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Caritas di Agrigento aperta anche questa estate al servizio dei poveri

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Sono “Aperti per ferie” anche quest’estate i servizi della Caritas diocesana di Agrigento nelle periferie esistenziali. Gestiti insieme alla Fondazione Mondoaltro continueranno ad offrire pasti agli indigenti, aiuti alle famiglie in difficoltà e assistenza agli immigrati. A coadiuvare i volontari ci saranno pure giovani delle Caritas del Triveneto, mentre un gruppo di ragazzi siciliani sarà impegnato in attività solidali in Tunisia. Al microfono di Tiziana Campisi, Giuseppe La Rocca, dell’ufficio stampa e comunicazione della Caritas dell’arcidiocesi di Agrigento spiega in che cosa consiste l’iniziativa “Aperti per ferie”: 

R. – “Aperti per ferie” è un’iniziativa della Caritas diocesana di Agrigento e della Fondazione Mondoaltro, che è appunto il braccio operativo della stessa. E’ un’iniziativa che ripetiamo ormai da diversi anni in estate, volta a sottolineare l’attenzione della Chiesa tutta, della Chiesa della diocesi di Agrigento, alla povertà in un periodo in cui è normale quasi che si allenti un po’ l’attenzione nei confronti delle povertà, delle periferie esistenziali. Per volere del nostro arcivescovo, mons. Francesco Montenegro, abbiamo deciso appunto di intensificare ancora di più le nostre attività durante il periodo estivo ed in particolare nei mesi di luglio ed agosto.

D. – Quali sono i servizi che offrite?

R. – I servizi sono tanti. Partiamo dalla nostra presenza in carcere, dal servizio mense, al servizio doccia e guardaroba, al centro operativo di Lampedusa, ai campi di formazione al volontariato in Italia e all’estero, alle attività con i diversamente abili, il nostro Centro di ascolto diocesano che continua ad essere aperto …

D. – In quali settori riscontrate maggiori richieste di aiuto?

R. – Siamo sollecitati molto dalle immigrazioni: lo vediamo ad esempio a Lampedusa; ma sono anche aumentate le povertà degli italiani. La nostra attenzione è soprattutto nei confronti delle famiglie, perché molto spesso ci sono episodi legati alle povertà materiali che mettono in crisi l’essenza stessa della famiglia e quindi anche la tenuta psicologica e sociale dei componenti della famiglia.

D. – Parliamo del Centro operativo di Lampedusa: come sta funzionando, in questo momento?

R. – Il Centro operativo Caritas migrantes di Lampedusa è una delle opere nate all’indomani della visita di Papa Francesco a Lampedusa, proprio su sua sollecitazione. In questi mesi abbiamo avuto la presenza di diversi operatori delle Caritas diocesane e delle Migrantes diocesane di tutta Italia, proprio per rappresentare che l’Isola di Lampedusa non è solo un problema – se così possiamo chiamarlo – della Chiesa agrigentina, ma di tutta la Chiesa italiana. Quindi, la presenza di questi volontari a supporto delle attività portate avanti dalla Chiesa a Lampedusa è significativa di questa attenzione. Nei mesi passati, la nostra attività è stata caratterizzata soprattutto da un sostegno sia alle povertà presenti sull’Isola, quindi dalle famiglie ai diversamente abili, ma soprattutto agli sbarchi avvenuti in questi ultimi mesi, nonostante l’operazione Mare Nostrum. E quindi, quello che noi abbiamo fatto, praticamente, è stato dare la presenza dei nostri operatori e dei nostri volontari al momento degli sbarchi, e quindi la distribuzione di acqua, merendine, succhi di frutti, l’intrattenimento dei bambini, soprattutto negli ultimi sbarchi di qualche settimana fa. Proprio nell’anniversario della visita del Papa abbiamo anche distribuito coperte termiche perché in serata dei migranti e quindi nell’attesa dei trasferimenti e dei ponti aerei che sono stati organizzati dal Ministero, questi migranti avevano bisogno di qualcosa con cui coprirsi.

D. – Insomma, una solidarietà attiva 24 ore su 24, la vostra …

R. – Sì: è un po’ il mandato che la Caritas riceve dalla Chiesa. Quello di essere sempre prossima, di farsi vicina alle persone che stanno in difficoltà, mantenendosi attiva sia da un punto di vista operativo ma anche dal punto di vista pedagogico, quindi educativo per la comunità.

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Abiti da sposa, al Monastero di S. Rita a Cascia sono gratuiti

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Al Monastero di Santa Rita, a Cascia, l’abito da sposa è gratuito. Ce ne sono più di 300, tutti di seconda mano, donati per solidarietà o devozione a Santa Rita. Incaricata dell’ufficio è suor Maria Laura, con un passato da sarta. Questa attività caritatevole nasce negli Anni Cinquanta, quando ne usufruivano solo le “Apette”, giovani ospiti dell’Alveare di Santa Rita per ragazze in difficoltà. Oggi l’iniziativa è aperta a tutte le future spose, credenti o laiche. Il servizio di Elisa Sartarelli

Una stanza all’interno della Clausura racchiude il tesoro di centinaia di abiti da sposa, divisi per taglia e in attesa di chi li indosserà. In passato, le future spose venivano accolte fuori dalla Clausura e avevano a disposizione solo un piccolo specchio. Ma dall’ottobre 2013, visto l’aumento degli abiti e delle richieste, è aumentato anche lo spazio per loro e ora possono specchiarsi a figura intera. Vista tanta generosità, molte lasciano un’offerta. Paola Raspetti è arrivata a Cascia da Acquasparta, in provincia di Terni, dopo aver sentito l’esperienza di alcune sue amiche:

“La scelta che io ho fatto è stata proprio per sperimentare questa Provvidenza che ci ha accompagnato in tante scelte, sia proprio nella scelta di sposarci, sia nella scelta della casa, nella scelta del ricevimento… tante piccole cose attraverso le quali abbiamo potuto sperimentare che nell’organizzazione non eravamo soli”.

Molte spose riportano l’abito al monastero ma per altre separarsene è difficile:

“Io ancora non l’ho riportato indietro, in realtà, perché questo vestito è piaciuto tantissimo, anche a mia sorella. Io ho una sorella più piccola che mi ha detto: ‘Teniamolo, perché questo vestito è bellissimo, magari un giorno me lo metterò anch’io’. Però, sicuramente si riconsegnerà”.

Elisa Galeotti, bolognese, ha scoperto questa iniziativa grazie al Servizio orientamento giovani di Assisi. Ad accompagnarla, c’era una sua amica:

“Quasi nessuno lo conosceva, come attività, e appena l’ho raccontato alla mia amica, lei subito ha detto: ‘Ah, finalmente ho trovato un posto per il mio abito. Vengo con te: io dono il mio e tu ne prendi un altro’”.

Un abito da sposa gratuito può fare gola… ma spesso non è il motivo economico a muovere le future spose:

“Direi che anche se avessi avuto una grandissima disponibilità economica, stride un po’ spendere così tanti soldi per un vestito che si indossa un giorno solo. Un vestito che ti viene donato acquista un valore che non si raggiunge neanche con le stoffe più ricercate del mondo!”.

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In Mostra a Fabriano l'arte da Giotto a Gentile

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Fabriano riparte dall’arte. Inaugurata ieri, 26 luglio,  presso la Pinacoteca Civica della città marchigiana la mostra «Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura fra Due e Trecento». Un centinaio  le opere esposte, tra capolavori riconosciuti e personalità finora poco esplorate. Tra queste spicca il Maestro di Campodonico che  rielabora la lezione appresa da Giotto ad Assisi attraverso un linguaggio plastico e teatrale. Esposta anche la scultura lignea di sant’Elena, madre di Costantino,  scoperta recentemente e attribuita al Maestro dei Magi dal curatore dell’esposizione Vittorio Sgarbi. Paolo Ondarza lo ha intervistato: 

R. - Una grande mostra di arte italiana come questa, per la presenza degli artisti che la contraddistingue, ha come opere esposte soltanto opere religiose. Questo ci fa riflettere su un fatto abbastanza singolare: arte cristiana ed arte coincidono in larga misura; ogni immagine esposta rappresenta una Madonna, il Cristo o i Magi … Mi pare sia una dato che dà una consapevolezza piena dell’importanza del cristianesimo per la produzione della bellezza.

D. - Quale il legame tra Giotto e le Marche? È esistita una scuola marchigiana che discende direttamente da Giotto?

R. - Giotto è nella coscienza di tutti gli artisti: gli artisti del ‘300 e del ‘700 sono stati tutti ad Assisi. Ad Assisi arrivano artisti di ogni parte d’Italia che poi ritornano nelle loro contrade. Quelli che sono più sedotti dalla pittura di Giotto o ne danno migliore risposta sono i pittori riminesi. Nel caso di Fabriano è sufficiente dire che una civiltà artistica si può intendere come tale quando si manifesta in modo originale in tutte le espressioni artistiche. Qui abbiamo, parallelamente all’esperienza suprema del Maestro di Campodonico, anche un altrettanto grande - forse la più grande - esperienza ed espressione artistica in scultura nelle Marche: si tratta del Maestro dei Magi, un maestro che fa delle grandi sculture monumentali; ne abbiamo anche trovato una proprio in occasione della mostra fin qui sconosciuta, si chiama Sant’Elena. È veramente uno scultore grande, ma che ha il gusto dell’ornamento, delle decorazioni delle belle stoffe ... Quindi il fatto di avere contemporaneamente in uno stesso luogo, piccolo come Fabriano, un pittore ed un grande scultore fa intendere che questa identità di scuola di Fabriano si articoli non soltanto in un episodio ma in più esperienze.

D. - Si parla spesso della cultura come risorsa su cui si dovrebbe puntare in questo momento di crisi. A Fabriano tale crisi, parliamo in termini economici, è particolarmente sentita. L’arte può davvero risollevare oltre che gli animi, anche le economie? Si sta facendo qualcosa?

R. - L’Italia quasi ovunque custodisce tesori… Entri in una Chiesa e trovi una quantità di meraviglie di diversi momenti ed epoche. Questo patrimonio artistico può produrre l’inevitabile effetto di cui parliamo, quello di un’attrazione per la ricerca e la conoscenza di questi luoghi che le occasioni speciali come le mostre accendono temporaneamente. Fabriano è una città che è vissuta soprattutto di industria con gli elettrodomestici Merloni, Indesit … ora tale industria è in crisi. Ieri ho scoperto che 39 disoccupati hanno trovato un posto di lavoro per fabbricare questa mostra. È chiaro poi che da lì deriverà che chi viene a visitare la mostra - tra alberghi, ristoranti, etc… - accenderà un’economia che altrimenti sarebbe morta visto il limitato afflusso se non mercantile in queste città. Da questo punto di vista la strada giusta è esattamente questa: promuovere il turismo attraverso il tesoro del patrimonio artistico. È l’ignoranza che blocca l’economia legata alla bellezza, ma è inevitabile che quella bellezza produca economia. Non mi pare molto complicato, solo che in assenza del Ministero del turismo che è stato cancellato con un referendum, è difficile che tutto ciò diventi realtà. Sono estremamente convinto che sia non dico possibile, ma sia inevitabile produrre economia in Italia con la cultura. E se non viene fatto, significa che gli uomini non sono capaci.

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Giornate degli autori al Festival del Cinema di Venezia

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Le Giornate degli Autori–Venice Days, sezione autonoma della Mostra del Cinema di Venezia, hanno presentato il loro programma con opere di registi affermati o ancora poco conosciuti in Italia e scoperti nelle diverse cinematografie del mondo. Quest’anno al centro di molti titoli troviamo l’età dell’uomo, in cui giovinezza e vecchiaia si confrontano. Il servizio di Luca Pellegrini: 

E’ una conferma: anche alle Giornate degli Autori lo schermo fotografa una trasformazione profonda della società. Il Delegato generale Giorgio Gosetti presenta i diciotto titoli che compongono la selezione, tra i quali spiccano l’italiano I nostri ragazzi di Ivano De Matteo e Ritorno all’Avana del francese Laurent Cantet. Un percorso che soprattutto guarda all’età dell’uomo, ai suoi estremi, la prima gioventù e la vecchiaia, precisa. Come mai?

R. - Perché i film ci hanno obbligato a ragionare su questo. Chi fa il programma di un festival è fortunato ostaggio della creatività degli autori. Evidentemente, in questo momento è fortissima – con contesti e tagli diversissimi – l’esigenza di riflettere, di raccontare queste due età dell’uomo perché sono le età, oggi, sottoposte alla maggiore crisi e al maggior disagio. Un ragazzo, a tutte le latitudini del mondo, rischia di non sapere cosa fare della sua vita; una persona anziana rischia di sentirsi inutile e però costretta a vivere. E quindi, riflettere su questo ci è sembrato davvero molto importante e molto bello, poiché alla fine i film ci aiutano a raccontare questo.

D. - I registi hanno affrontato questo tema con maggiore ottimismo o pessimismo?

R. - Con realismo. Però, ecco, quando dico realismo lo dico perché secondo me nessuno si è fatto sconti, nel cinema di oggi; nessuno ha voluto né indorare né drammatizzare ad arte le cose. Certo, che noi soprattutto per i giovani vediamo degli spiragli di ottimismo e di senso; però, anche si sente fortissimo il peso di dire: ‘Noi, invece, adulti, noi vecchi, facciamo i conti con noi stessi, perché è responsabilità nostra quello che avranno i ragazzi di domani. Anzi: quello che non hanno oggi'.

D. - Due titoli affrontano capitoli di storia italiana: Patria di Felice Farina, percorsa come il flusso di coscienza di una generazione, e 9X10 Novanta in cui nove registi rielaborano liberamente una serie di preziose immagini custodite dall’Istituto Luce. Il cinema riscopre il valore della memoria …

R. - Questo assolutamente sì, e io ne sono molto contento, se penso all’Italia, perché veniamo da un tempo troppo lungo di dimissione della capacità di pensare in senso politico – nel senso più ampio del termine – al nostro mondo, alla nostra società, alla logica dentro alla quale siamo più o meno costretti a vivere. E la memoria visiva è la grande risorsa che ha questa generazione, la prima volta che ha davvero la coscienza e l’accesso – grazie alle nuove tecnologie – alla memoria visiva del secolo. Il che è una cosa formidabile. Tutti i secoli precedenti non potevano avere questo. Il fatto che l’Italia sia forse il Paese che meglio, oggi, sa interpretare questo senso – il valore della memoria – perché l’Italia sta esprimendo una generazione di cineasti che hanno una duttilità che nessun altro Paese ha, di attingere a linguaggi diversi – il documentario, il materiale d’archivio, la finzione, i generi, mischiando tutto e scrivendo in modo nuovo i film – ecco, questo mi dà un enorme orgoglio!

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Nella Chiesa e nel mondo



Ucraina: Kiev prepara l'attacco, migliaia in fuga da Donetsk

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Migliaia di persone stanno lasciando Donetsk, nell’est dell’Ucraina, dopo pesanti bombardamenti sulla periferia della città e l’annuncio dei militari di Kiev, secondo cui partirà a breve l’ultima offensiva sulla città, attualmente in mano ai ribelli filorussi. Centinaia di auto piene di sfollati sono incolonnate sulle strade che conducono a sud, mentre i treni sono bloccati. Ieri le forze ucraine avevano annunciato di aver raggiunto Horlivka, un centro a nord di Donetsk la cui conquista è considerata fondamentale per aprire la strada verso la città. Nuovi sviluppi, intanto, nella vicenda dell’aereo malesiano abbattuto: alcuni parenti delle vittime hanno raggiunto ieri il luogo dello schianto, ancora presidiato dai ribelli, mentre giovedì il Parlamento ucraino dovrebbe ratificare l’invio di una missione di polizia internazionale, per cui Australia e Paesi Bassi hanno già messo a disposizione dei contingenti. Il loro dispiegamento è stato però annullato a causa della ripresa degli scontri nell'area, così come quello dei 30 esperti olandesi, che stavano raggiungendo in queste ore il luogo dell’abbattimento grazie a un accordo tra l'organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e i separatisti filorussi (D.M.)

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I miliziani dello Stato Islamico avanzano in Iraq e Siria

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Continuano a preoccupare gli eventi in Iraq e in Siria, dove ampie regioni sono sotto il controllo dei miliziani del cosiddetto Stato Islamico. Negli scorsi giorni questi si sono resi responsabili, tra l’altro, della distruzione persino di alcune storiche moschee irachene. Si teme ora per il futuro dello stesso Paese, che il responsabile del consiglio di sicurezza curdo, Masrour Barzani, ha definito ormai “uno Stato fallito”. Anche secondo l’ex ministro Ali Allawi “l’integrità territoriale dello Stato è a rischio”. I fondamentalisti guidati dall’autoproclamato califfo al-Baghdadi avanzano anche in Siria, dove si scontrano sia con le forze del regime di Assad sia con i ribelli della prima ora. Nel nord del Paese lo Stato islamico ha preso il controllo di un'importante base militare nella regione di Raqqa, anche se ha dovuto abbandonare, dopo una settimana, il giacimento di gas di Al-Shaer, nella regione centrale di Homs (D.M.)  

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Libia: oltre 50 morti in scontri a Tripoli e Bengasi

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Continuano gli scontri in Libia, dove si combatte sia a Tripoli che a Bengasi. Nella capitale, un razzo ha colpito le case di alcuni lavoratori egiziani: i morti sono stati 23. A Bengasi invece, i combattimenti tra gli uomini delle forze speciali libiche e le milizie islamiste della città hanno lasciato sul terreno 38 vittime. Anche i n questo caso si è trattato in maggioranza di civili. La situazione di sicurezza nello Stato nordafricano, già precaria, è ulteriormente peggiorata nelle ultime due settimane e ieri gli Stati Uniti hanno evacuato la propria ambasciata e invitato i propri cittadini a lasciare “immediatamente” il Paese. (D.M.)

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Irlanda: oggi tradizionale pellegrinaggio a Croagh Patrick

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“Il Dio della speranza è presente con più forza nelle epoche di disperazione”: così mons. Michael Neary, arcivescovo di Tuam, in Irlanda, nella sua omelia per il tradizionale pellegrinaggio al monte Croagh Patrick, che si svolge durante l’ultima domenica di luglio, la cosiddetta “Reek Sunday”. Di fronte ad un’epoca di transizione come l’attuale, in cui molte certezze sembrano vacillare, e ad una società “che può essere violenta, incapace di perdonare e dunque dominata dall’ansia” ha spiegato il presule, “la Chiesa deve essere un luogo di accoglienza”. La missione di ogni Cristiano, a sua volta, può essere descritta come un mettere “la speranza in azione”, un compito che mons. Neary considera prezioso soprattutto in un momento in cui i valori correnti sembrano “opposti al Vangelo" e il Cristianesimo è “marginalizzato nella sfera pubblica”. Essere agenti di speranza in questo contesto, ha spiegato l’arcivescovo significa “avere il coraggio di porsi domande e non abbandonare Dio, così come Lui non abbandona noi”. Le origini del pellegrinaggio al Croagh Patrick risalgono al 441, quando San Patrizio, evangelizzatore dell’Irlanda trascorse 40 giorni e 40 notti in preghiera su questo monte. (D.M.)

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Chiesa del Texas cerca avvocati per difendere minori "senza documenti”

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La Chiesa cattolica del Nord del Texas, nella persona del vescovo della diocesi di Dallas, mons. Kevin Joseph Farrell, ha fatto un appello per affrontare l’emergenza umanitaria del flusso di bambini e ragazzi che arrivano alla frontiera soli e senza documenti. "Per le comunità di fede, in questo momento”, ha affermato mons. Farrell - secondo quanto riportato in una nota inviata all'agenzia Fides da fonti locali - “la questione non si ferma alla discussione politica sull'immigrazione, ma sull'aiuto urgente ai bisognosi.

"Noi”, ha aggiunto il vescovo, riferendosi agli Stati Uniti, “siamo il Paese numero uno al mondo quando si tratta di aiutare le persone". Davanti ai giornalisti, il vescovo ha risposto anche a domande sul dispiegamento di truppe della Guardia Nazionale alla frontiera, annunciato dal governatore Rick Perry. "Sono sicuro che il governatore ha le sue ragioni per inviare 1.000 soldati nella zona di frontiera", ha risposto mons. Farrell. "Ma questo non risolve il problema al momento. Tutti sappiamo che riformare la politica sull'immigrazione negli Stati Uniti e l’affrontare la causa principale dell'esodo dei bambini dai loro Paesi in America Centrale avranno efficacia", ha detto il vescovo "ma come Chiesa, adesso siamo preoccupati per i bambini... Questa è una crisi umanitaria che indicherà il carattere e il livello morale della nostra Nazione".

Il flusso di bambini migranti, provenienti per lo più da Honduras, El Salvador e Guatemala che si presentano alla frontiera con gli Stati Uniti sta raggiungendo livelli record. Il Bureau of Customs and Border Protection degli USA ha riferito che 57.525 ragazzi sono stati arrestati tra il 1° ottobre 2013 e il 30 giugno 2014. Questa cifra segna un incremento del 106%o rispetto a quella dello scorso anno, quando le autorità di frontiera hanno arrestato 27.884 ragazzi.

La campagna partita due giorni fa dai gruppi di carità (Catholic Charities di Dallas), dall'associazione degli Avvocati Ispanici di Dallas e dalla stessa diocesi, punta a reclutare avvocati volontari bilingue per assistere a costo zero i bambini i cui casi vengono dibattuti presso i Tribunali di immigrazione. Circa 160 avvocati hanno già aderito all’iniziativa. (R.P.)

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Perù: le celebrazioni per la Giornata dell'indipendenza

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"Le sfide che devono affrontare le nostre autorità e tutti i peruviani si potranno superare con il reciproco riconoscimento fra tutti i cittadini, lontano da ogni forma di discriminazione; nel rispetto delle nostre sane tradizioni e con l'impegno sincero per ogni peruviano di tendere all'onestà, alla trasparenza, alla giustizia e alla pace". Così si legge nel messaggio diffuso dai vescovi del Perù, in occasione della celebrazione della Festa nazionale, pervenuto all’agenzia Fides.

"Oggi” si legge nel documento “i peruviani continuano a portare avanti una nuova battaglia contro l'egoismo, l'edonismo e il relativismo che minano la nostra identità di peruviani, distruggono l'immagine naturale e biblica della famiglia, cellula fondamentale della società; minacciano il matrimonio come sacramento tra un uomo e una donna; e mettono a rischio la vita di peruviani indifesi che sono nel grembo materno. I nostri grandi eroi – proseguono i vescovi peruviani - non erano grandi per un momento isolato di eroismo, ma erano eroi nella vita quotidiana, nel rispondere fedelmente alla propria coscienza, nel difendere i valori inalienabili dell'uomo".

Il Perù celebra 193 anni di vita come Paese indipendente. Tutte le attività nel Paese si fermano nei giorni 28 e 29 luglio, e la comunità cattolica, come riferisce il testo diffuso dai vescovi, ricorda che attualmente "il Perù vive un momento privilegiato nella sua storia. La ricchezza delle risorse naturali, la bellezza della geografia e soprattutto la qualità dei propri figli rappresentano la più grande delle potenzialità che, se ben guidata, ci permetterà di vedere gioiosamente realizzato il desiderio di superare la povertà, vincere la violenza e camminare sulle vie benedette dalla pace”. (R.P.)

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Giovani cattolici vietnamiti in Corea per incontrare il Papa

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I giovani cattolici del Vietnam "saranno in Corea del Sud per la Giornata asiatica della Gioventù, pregando e sforzandosi di vivere una vita nel segno della fede e di essere degni discendenti dei martiri vietnamiti. Siamo fieri di essere cattolici, e dobbiamo lavorare tutti per portare l'amore di Gesù alla società contemporanea". Lo dice all'agenzia AsiaNews mons. Joseph Vũ Văn Thiên, presidente della Commissione per la pastorale giovanile dei vescovi nazionali, annunciando che una delegazione di ragazzi cattolici sarà in agosto a Daejeon per unirsi al Papa e al resto dei giovani fedeli di tutta l'Asia.

Il gruppo è composto da circa 30 ragazzi, che si stanno preparando a partire per la Corea. Qui, con il tema "Giovani dell'Asia, svegliatevi! La gloria dei martiri brilla su di voi", sarà celebrata la sesta Giornata asiatica della Gioventù. Insieme ai fedeli di 29 Paesi del continente vi sarà anche papa Francesco, che nel corso del suo viaggio nella penisola coreana beatificherà anche 124 martiri coreani.

Secondo mons. Vũ Văn Thiên "la Chiesa della Corea del Sud è conosciuta per l'attiva partecipazione dei laici alla missione cattolica. Proprio come la nostra Chiesa vietnamita, anche i nostri fratelli coreani hanno subito persecuzioni crudeli. E il sangue dei martiri è stato versato per dimostrare la lealtà della comunità cristiana nella nazione".

Il Segretario generale della Commissione, padre John Lê Quang Việt, aggiunge: "La nostra delegazione parte con la convinzione di essere un segmento, un membro attivo della gioventù cattolica asiatica. Siamo tutti membri della stessa famiglia. Andremo in Corea per dare a Papa Francesco il benvenuto più caloroso: egli è il nostro comune padre! E sono convinto che in occasione della Giornata i nostri ragazzi impareranno e condivideranno molte esperienze che riguardano la vita dei fedeli".

D'altra parte, aggiunge il sacerdote, "oggi i giovani sono il 54% della comunità cattolica vietnamita, composta da circa 7 milioni di persone. Ma, come in tanti altri Paesi, anche la nostra società ha problematiche peculiari che vanno affrontate: penso all'emigrazione interna, allo spostamento dalle campagne in città. I nostri ragazzi spesso sono costretti a vivere lontani dalle famiglie e dalle loro comunità parrocchiali, e spesso si sentono alienati. Dobbiamo fare di più per aiutarli".

In questo contesto, conclude padre John, "i sacerdoti devono giocare un ruolo di primo piano. Dobbiamo aiutare i nostri ragazzi a venire in chiesa, ad accostarsi con regolarità ai sacramenti. Se i giovani non vengono preparati nello spirito, allora le sfide della società moderna li priveranno di tante cose positive. La fede aiuterà i giovani a orientarsi, scegliendo la direzione migliore per il futuro".  (R.P.)

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Chiese europee: a Madrid le Giornate sociali cattoliche

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Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa) e Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea) organizzano, dal 18 al 21 settembre, a Madrid la seconda edizione delle Giornate sociali cattoliche europee, che avranno per titolo “La fede cristiana e il futuro dell’Europa”. L’iniziativa è promossa in collaborazione con l’arcivescovado di Madrid e la Conferenza episcopale spagnola.

All’incontro - riferisce l'agenzia Sir - parteciperanno cattolici impegnati nell’apostolato sociale della Chiesa di 29 Paesi europei: “Sarà per questo una grande occasione per riflettere insieme sulla missione della Chiesa nella società contemporanea - si legge in un comunicato diffuso dalla diocesi di Madrid -. Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici si riuniranno per affrontare e dibattere sui grandi temi sociali nel contesto di una Europa in costante cambiamento, la cui identità non si può comprendere senza il contributo decisivo della fede cristiana”.

Le Giornate si apriranno con la Messa presieduta dal cardinale Péter Erdõ, presidente del Ccee. Seguiranno le relazioni dei cardinali Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Mdrid, Erdõ e Reinhard Marx, presidente della Comece, e la conferenza del rettore dell’Università ecclesiastica di San Dámaso (Madrid), Javier Prades López.

Il giorno successivo, dopo la Messa presieduta dal cardinale Marx, ci sarà una sessione con testimonianze sulla società europea attuale e con una riflessione etica e sociale a carico del cardinale Marx. Di pomeriggio si terranno sessioni dedicate al ripensamento dell’economia e del lavoro in una prospettiva cristiana, laboratori su immigrazione ed emigrazione, il futuro dei giovani in Europa, la solidarietà tra generazioni e il sistema del benessere, la cultura della gratuità e la tradizione del volontariato. Nella stessa sera interverrà Stefano Zamagni dell’Università di Bologna.

Sabato 20 la terza sessione sarà sulla persona e la famiglia. Sono previsti gli interventi di Balázs Schanda dell’Università Cattolica di Budapest (Ungheria) e della giornalista Breda O’Brien dell’Irish Times (Irlanda). Si terranno anche laboratori sulla libertà di educazione e istruzione, la crisi demografica e politica a favore della famiglia e la vita umana nella società tecnologica. La sessione finale, alle ore 18, avrà per tema “Cristo, fonte di speranza per l’Europa”. Il programma si completa con visite culturali come quella che faranno i partecipanti al Museo del Prado, la celebrazione di una Veglia di preghiera per l’Europa (sabato 20 nella cattedrale dell’Almudena) e un’Eucaristia finale, presieduta dal cardinale Rouco Varela, che si terrà domenica 21 alle ore 12. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 208

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.