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Sommario del 19/05/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai vescovi del Messico: vivete la fede senza lasciarvi intimidire dalla violenza
  • Il Papa: com’è il nostro cuore, fisso nello Spirito o ballerino?
  • Il Papa riceve il re del Bahrein: impegno per la pace e la stabilità del Medio Oriente
  • Il Papa incontra il premier polacco Tusk
  • Mons. Mollaghan nominato membro della Commissione di esame dei ricorsi sui "delicta graviora"
  • Aif: più segnalazioni di transazioni sospette, progressi dello Ior
  • 50 anni del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia nel caos: a Tripoli miliziani assaltano il Parlamento
  • Nuova udienza per il generale Mladic, accusato di crimini contro l'umanità
  • Presentato "Strepitus Silentii, la notte delle catacombe"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Colombia sconvolta per la morte di 31 bambini nel rogo di uno scuolabus
  • Pakistan: legge sulla blasfemia fa nuove vittime tra i cristiani
  • Dall'Italia alla Siria: sostegno ai bambini vittime della guerra
  • Caritas in prima linea per gli alluvionati in Bosnia e Serbia
  • Etiopia: l’evangelizzazione inizia con i “bambini missionari”
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai vescovi del Messico: vivete la fede senza lasciarvi intimidire dalla violenza

    ◊   Difesa del valore della famiglia e promozione della pietà popolare per vivere la fede “con coerenza e senza complessi”, così da migliorare un contesto sociale segnato da “numerose violenze”. Lo indica Papa Francesco nel discorso consegnato ai vescovi del Messico, ricevuti in udienza in occasione della loro visita ad Limina. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Lo sguardo del Papa latinoamericano è come un oceano di comprensione. Il Messico, afferma all’inizio del suo discorso, è intimamente cristiano e se si ignora questo non si può comprendere sul serio nessun Paese dell’America Latina. Ciononostante, la Chiesa locale deve compiere sforzi enormi per incidere in un tessuto dove, sopra la radice di una fede innata, è andata crescendo e solidificandosi una incrostazione di problemi socialmente gravi. “Conosco – scrive Papa Francesco ai presuli – le vostre fatiche per i bisognosi, per quelli senza risorse, i disoccupati, coloro che lavorano in condizioni subumane, senza accesso ai servizi sociali, immigrati in cerca di migliori condizioni di vita, gli agricoltori... So della vostra preoccupazione per le vittime del narcotraffico e per i gruppi sociali più vulnerabili, e dell'impegno per i diritti umani e lo sviluppo integrale della persona”. E sul punto, esprime a braccio con i presuli radunati in Sala Clementina questa considerazione:

    “Quando non si riuscite a risolvere le cose con il figlio andate dalla Madre, che risolverà le cose… Credo che Maria non vi lascerà soli di fronte a tanti problemi, così dolorosi: parte dei suoi figli che attraversano la frontiera, tutti i problemi delle migrazioni, quelli che non arrivano dall’altra parte… Ci sono figli che muoiono, figli che sono morti per la mano di sicari ingaggiati… Tutti questi problemi seri… E poi la droga che è una cosa che soffrite molto seriamente”.

    Lo sguardo di Papa Francesco è attento anche alle realtà interne della Chiesa messicana. Nel discorso consegnato ai presuli, parla dei laici, del fatto che “la missione della Chiesa non può prescindere” dal loro contributo e che quindi hanno bisogno di essere formati perché anche grazie a loro diventi “visibile la dimensione pubblica della fede”. Da ruolo dei laici a quello delle famiglie, riaffermate come entità fondamentali per la trasmissione della fede in un periodo in cui essa fa fatica a diffondersi. Vi incoraggio, è l’esortazione del Papa ai vescovi, “a intensificare pastorale familiare – sicuramente il valore più caro per i nostri popoli – perché, di fronte alla cultura disumanizzante della morte, sia sostenitrice della cultura del rispetto per la vita in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale”.

    Le ultime riflessioni sono in particolare per la valorizzazione del “potenziale della pietà popolare” e sull’importanza delle parrocchie, perché lì – dice Papa Francesco – si insegni a vivere la fede “con coerenza e senza complessi nella società attuale”. Il tutto viene poi suggellato dalla raccomandazione, quella di custodire sempre la doppia trascendenza”:

    “La prima trascendenza è nella preghiera al Signore: non dimenticate la preghiera. E’ il negoziare dei vescovi con Dio per il proprio popolo. Non lo dimenticate! E la seconda trascendenza, la vicinanza al proprio popolo”.

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    Il Papa: com’è il nostro cuore, fisso nello Spirito o ballerino?

    ◊   Il cristiano abbia un cuore fisso nello Spirito Santo, non un cuore ballerino che va da una parte all’altra. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha incentrato la sua omelia su San Paolo che, ha detto, fu capace di evangelizzare senza sosta perché il suo cuore riceveva fermezza dallo Spirito Santo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Com’è il nostro cuore? Papa Francesco ha svolto la sua omelia sul binomio “movimento-fermezza” nel cuore dei cristiani. Il Papa ha preso spunto dalla Prima Lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, dove possiamo ammirare l’impegno per l’evangelizzazione di San Paolo, che ha “cuore fermo ma in continuo movimento”. L’Apostolo delle Genti viene, infatti, da Icònio dove hanno tentato di ucciderlo, ma non si lamenta per questo. Va avanti ad evangelizzare nella zona della Licaònia e, nel nome del Signore, guarisce un paralitico. Succede così che i pagani, avendo visto questo miracolo, pensano che Paolo e Barnaba, che lo accompagna, siano degli dei scesi sulla terra, siano Zeus ed Hermes. Paolo, ha osservato il Pontefice, “ha fatto fatica per convincerli che loro erano uomini”. Queste, ha proseguito, “sono le vicende umane nelle quali Paolo viveva”:

    “E noi ne abbiamo tante, tutti noi; noi siamo fra tante vicende, che ci muovono da una parte all’altra. Ma abbiamo chiesto la grazia di avere il cuore fisso, come lo aveva Paolo: per non lamentarsi di quella persecuzione andò a cercare in un’altra città; incominciare a predicare lì; guarire un malato; rendersene conto che quell’uomo aveva la fede sufficiente per essere guarito; poi, calmare questa gente entusiasta che voleva fargli un sacrificio; poi, proclamare che c’è un solo Dio, con il linguaggio culturale loro. Ma, una cosa dietro l’altra... E questo soltanto viene da un cuore fisso”.

    “Dove aveva il cuore Paolo – è la domanda di Francesco – per fare tanti cambiamenti in poco tempo e venire incontro alle situazioni in un modo adeguato?” Nel Vangelo, ha affermato il Papa, Gesù ci dice che lo Spirito Santo, inviato dal Padre, “insegnerà ogni cosa” e “ricorderà tutto ciò” che Lui aveva detto. Il cuore di San Paolo, dunque, “è fisso nello Spirito Santo”, questo “dono che Gesù ci ha mandato”. E tutti noi, ha avvertito, “se vogliamo trovare fermezza nella nostra vita” dobbiamo “andare da Lui. Lui è nel nostro cuore, lo abbiamo ricevuto nel Battesimo”. Lo Spirito Santo, ha riaffermato, “ci dà forza, ci dà questa fermezza per andare avanti nella vita fra tante vicende”. E Gesù, ha soggiunto, ci dice “due cose” dello Spirito Santo: “Vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò” che ho detto. Ed è proprio quello che accade con San Paolo: “gli insegna e gli ricorda” il “messaggio di salvezza”. E’ lo Spirito Santo che dà fermezza al suo cuore:

    “Con questo esempio, possiamo oggi chiederci: com’è il mio cuore? E’ un cuore che sembra un ballerino, che va da una parte all’altra, che sembra una farfalla, che oggi piace questo..., che va sempre in movimento; è un cuore che si spaventa delle vicende della vita, e si nasconde e ha paura di dare testimonianza di Gesù Cristo; è un cuore coraggioso o è un cuore che ha tanto timore e cerca sempre di nascondersi? Di che cosa ha cura il nostro cuore? Qual è il tesoro al quale il nostro cuore è attaccato? E’ un cuore fisso nelle creature, nei problemi che tutti abbiamo? E’ un cuore fisso negli dei di tutti i giorni o è un cuore fisso nello Spirito Santo?”

    Il Papa ha affermato che ci farà bene domandarci “dov’è la fermezza del nostro cuore”. E anche “fare memoria di tante vicende che noi abbiamo ogni giorno: a casa, nel lavoro, con i figli, con la gente che abita con noi, con i compagni di lavoro, con tutti”:

    “Io mi lascio portare da ognuna o vado a queste vicende col cuore fisso, che sa dove è? E l’unico che dà fermezza al nostro cuore è lo Spirito Santo. Ci farà bene pensare che noi abbiamo un bel dono, che ci ha lasciato Gesù, questo Spirito di fortezza, di consiglio, che ci aiuta ad andare avanti in mezzo, andare avanti fra le vicende di tutti i giorni. Facciamo questo esercizio, oggi, di domandarci com’è il nostro cuore: è fermo o no? E se è fermo, dove si ferma? Nelle cose o nello Spirito Santo? Ci farà bene!”

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    Il Papa riceve il re del Bahrein: impegno per la pace e la stabilità del Medio Oriente

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto, stamani, il Re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa, che ha successivamente incontrato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, accompagnato da mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    Nel corso dei colloqui, informa una nota della Sala Stampa vaticana, “sono stati passati in rassegna alcuni temi di comune interesse, con particolare riferimento all’impegno a favore della pace e della stabilità nel Medio Oriente”. Ancora, si è parlato della “promozione del dialogo e della coesistenza pacifica fra tutte le componenti della società”. Infine, rileva la nota, “si è rilevato il positivo contributo che la minoranza cristiana apporta al Paese” ed è stato “espresso l’apprezzamento per l’interessamento personale di Sua Maestà alle necessità della Comunità cattolica locale”.

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    Il Papa incontra il premier polacco Tusk

    ◊   Un colloquio nel segno di Papa Wojtyla e della Gmg di Cracovia. È quello che ha impegnato Papa Francesco e il primo ministro della Polonia, Donald Tusk, il quale ha successivamente incontrato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, accompagnato dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    “Nel corso dei cordiali colloqui – informa una nota – è stata ricordata la recente canonizzazione di Giovanni Paolo II e la sua rilevanza per la Nazione polacca. Il primo ministro ha espresso vivo compiacimento per la visita che Sua Santità compirà in Polonia nel 2016, in occasione del raduno internazionale della gioventù. Ci si è poi soffermati sul quadro sociale ed economico del Paese”. Infine, conclude la nota, “c’è stato uno scambio di vedute sull’attuale situazione internazionale. In particolare è stata espressa preoccupazione per le persistenti tensioni nell’Europa orientale”.

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    Mons. Mollaghan nominato membro della Commissione di esame dei ricorsi sui "delicta graviora"

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

    Il Santo Padre ha nominato mons. José Luis Mollaghan, finora arcivescovo metropolita di Rosario (Argentina), come membro della Congregazione per la Dottrina della Fede nell’erigenda Commissione di esame dei ricorsi di Ecclesiastici accusati per delicta graviora.

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    Aif: più segnalazioni di transazioni sospette, progressi dello Ior

    ◊   È stato presentato stamani in Sala Stampa vaticana il secondo Rapporto annuale dell'Autorità di Informazione Finanziaria (Aif) della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. Il documento, relativo all’anno 2013, riguarda l’attività di informazione finanziaria e di vigilanza per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Cresciute le segnalazioni di transazioni sospette, passate da 6 del 2012 a 202 del 2013, ed effettuata la prima ispezione ordinaria dello Ior, che ha messo in luce “progressi sostanziali”. A presentare il Rapporto, René Brülhart, direttore dell'Aif. Il servizio di Giada Aquilino:

    Rafforzati “gli strumenti legali e istituzionali” per la lotta efficace contro i crimini nel campo finanziario, cresciuta la collaborazione internazionale con le competenti autorità estere, migliorata la “performance” nel monitoraggio delle potenziali irregolarità finanziarie. Questo in sintesi il risultato del Rapporto reso noto oggi dall'Aif. Secondo René Brülhart, direttore dell’organismo istituito dal Papa emerito Benedetto XVI a fine 2010, gli strumenti legali non sono stati soltanto migliorati ma sono stati resi “effettivamente operativi” proprio nel 2013:

    “If you look back to 2013 it has been…
    Se guardiamo al 2013 è stato un anno di sfide, ma con un miglioramento sostanziale e sviluppi positivi. Sono felice di poter lavorare agli sviluppi e agli obiettivi che abbiamo raggiunto, per rafforzare ulteriormente un sistema funzionante e sostenibile, anche nella Santa Sede, per combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo”.

    Il direttore dell’Aif ha quindi fatto riferimento all’esame del bilancio dell’attività già effettuato a dicembre scorso dal Comitato Moneyval del Consiglio d’Europa di Strasburgo: in base ai risultati e alle statistiche, ha detto, “abbiamo in funzione un sistema corretto ed equivalente per prevenire e combattere i crimini finanziari”, “ben allineato” con gli standard internazionali.

    Quindi, i dati concreti. L’Aif ha registrato una notevole crescita delle segnalazioni di transazioni sospette, passate da 6 nel 2012 a 202 nel 2013. Una crescita - è stato spiegato - che riflette sia lo sviluppo della strumentazione legale, sia un miglioramento nella performance operativa delle entità soggette alla supervisione dell’Aif. Cinque segnalazioni sono state inoltrate al promotore di giustizia per un’ulteriore investigazione:

    “Aif is doing its work ...
    Aif sta facendo il proprio lavoro, un lavoro di analisi, e sta decidendo se poi un caso debba essere sottoposto al promotore di giustizia oppure no. Una volta sottoposto al promotore di giustizia, non è più nelle mani di Aif. Quindi, il promotore di giustizia agirà in maniera pienamente indipendente e farà il suo lavoro in tal senso”.

    Il numero delle richieste di informazioni presentate dall’Aif ad autorità estere è cresciuto da 1 nel 2012 a 28. Il numero delle richieste ricevute dall’istituzione vaticana da Paesi stranieri è salito dalle 3 del 2012 alle 53 del 2013. “Questo incremento – ha sottolineato Brülhart – è dovuto anche alla cooperazione internazionale” in materia di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo. Ad esempio, l’Aif è diventata membro dell’Egmont Group, la rete globale delle Unità di Informazione Finanziaria, e ha firmato protocolli d’intesa con Germania, Italia, Olanda, Slovenia e Stati Uniti.

    Per quanto riguarda il numero delle dichiarazioni di trasporto transfrontaliero di denaro contante, o di titoli al portatore in quantità superiore ai 10 mila euro, è ancora diminuito nel 2013, arrivando a 1.557 dichiarazioni in uscita (erano state 1.782 nel 2012) e 550 in entrata (erano state 598 nel 2012). Risultato dovuto ad accresciuti controlli e procedure “più stringenti”.

    Nei mesi di luglio e agosto 2013, ha inoltre ricordato Brülhart, Papa Francesco ha esteso le competenze dell’Aif, allineando gli strumenti legali agli standard internazionali. Nel novembre scorso, poi, è stato pubblicato un nuovo Statuto dello stesso organismo, che si basa principalmente su supervisione e informazione finanziaria, precisando alcuni aspetti concernenti la sua governance, come le esigenze di competenze professionali e finanziarie per il personale chiave degli organi dell’Aif.

    Nel primo trimestre del 2014, rende noto inoltre il rapporto, l’Aif ha condotto “la prima ispezione ordinaria in situ” dell’Istituto per le Opere di Religione (Ior), “per verificare la messa in opera delle misure stabilite per prevenire e impedire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo”: “progressi sostanziali” sono stati compiuti dallo Ior negli ultimi 12 mesi. Nell’occasione, l’Aif ha pure formulato un piano di azione per rendere le procedure pienamente rispondenti alle esigenze di legge e per operare miglioramenti organizzativi e procedurali.

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    50 anni del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso

    ◊   Compie oggi 50 anni il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, istituito il 19 maggio del 1964 da Papa Paolo VI, nello spirito del Concilio Vaticano II, quale frutto particolare della dichiarazione Nostra Aetate. Per celebrare l’evento si terrà nel pomeriggio una conferenza pubblica a Roma, presso la Sala San Pio X in Via dell’Ospedale 1, presieduta dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del dicastero vaticano. Stamani il cardinale Gianfranco Ravasi ha presieduto una Messa in San Pietro per l'occasione. All’omelia il cardinale Tauran ha sottolineato che “assieme ai seguaci delle religioni monoteiste” i cristiani hanno “il dovere di ricordare a tutti che siamo creature”. La celebrazione, ha proseguito il porporato, costituisce “un’occasione per interrogarsi se siamo partner credibili del dialogo” e “riconoscere che un dialogo sincero con persone che non condividono la nostra fede ci aiuta a crescere nella nostra vita spirituale”. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “Nessun pellegrino, per lontano che sia, religiosamente e geograficamente, il Paese donde viene, sarà più del tutto forestiero in questa Roma, fedele ancor oggi al programma storico che la fede cattolica le conserva di patria communis”. Cosi Papa Montini annunciando, mezzo secolo fa, la nascita del Segretariato per i non-Cristiani, “allo scopo di promuovere la mutua comprensione, il rispetto e la collaborazione fra cattolici e seguaci di altre tradizioni religiose”, escluse le relazioni tra cristiani ed ebrei di competenza della Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo. Nel 1988, il nuovo nome di Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, arricchito nel suo mandato dagli insegnamenti dell’Enciclica Redemptoris Mater di Giovanni Paolo II. Si approfondisce la dimensione del dialogo che implica “il parlare e l’ascoltare, il dare ed il ricevere, per il mutuo sviluppo ed arricchimento.” “Un dialogo che è testimonianza della propria fede ma, nello stesso tempo, un’apertura verso quella degli altri. Non è un tradimento della missione della Chiesa, e neppure un nuovo metodo di conversione alla Cristianità”. Dialogo condotto principalmente attraverso le Chiese locali, e scambi di visite a Roma e all’estero tra personale del Consiglio e rappresentanti di altre religioni, nonché la promozione e l’organizzazione di eventi e la pubblicazione di documenti, opuscoli e libri. “La collaborazione interreligiosa – sottolineava 20 anni dopo Benedetto XVI in occasione della X Assemblea Plenaria del Consiglio – offre opportunità di esprimere gli ideali più elevati di ogni tradizione religiosa”, contribuendo “a edificare ponti di comprensione al di là dei confini religiosi”. Ma Papa Ratzinger raccomandava “discernimento di fronte alla grande proliferazione di incontri interreligiosi” e “la necessità di una buona formazione per quanti promuovono il dialogo interreligioso”. “Non si possono vivere legami veri con Dio ignorando gli altri”, ha affermato Papa Francesco ricevendo lo scorso anno il Corpo Diplomatico. “Per questo – ha aggiunto - è importante intensificare il dialogo fra le varie religioni”. Nell’incontro celebrativo del 50mo di fondazione sarà distribuito, oggi, frutto di laboriosa gestazione, il documento “Dialogo nella verità e carità. Orientamenti pastorali per il dialogo interreligioso”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per dare credibilità alla Chiesa: il Papa invita i vescovi del Messico a promuovere una cultura dell'incontro e della pace.

    Come si affrontano i problemi: al Regina Caeli, Papa Francesco ricorda le tensioni e i dissensi nella Chiesa delle origini.

    Per la causa dell'amicizia e della pace: messaggio del Papa per il cinquantesimo anniversario di fondazione dell'organismo per il dialogo con le religioni.

    Rapporto dell'Aif per il 2013: rafforzati gli strumenti contro i crimini in campo finanziario.

    Dolcezza di un verso ancora senza canto: Franco Giacone sugli inni ecclesiastici di Guy Le Fèvre de la Boderie.

    Un articolo di Anna Foa dal titolo "E Orobio venne rovesciato": in edizione critica le "Prevenciones" di De Castro.

    Giulia Galeotti sull'essere figli adulti oggi.

    Laura Palazzani sulle buone ragioni della metafisica nel mistero nuziale.

    Niccolò inerpicato tra scienza e fede: Tommaseo inedito ritrovato a Firenze da Cesarino Balsamini.

    Libia in fiamme: assalto al Parlamento di Tripoli e combattimenti a Bengasi.

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    Oggi in Primo Piano



    Libia nel caos: a Tripoli miliziani assaltano il Parlamento

    ◊   Libia nel caos. E’ di almeno 2 morti e 55 feriti il bilancio provvisorio degli scontri a Tripoli e di un attacco armato contro la sede del Parlamento libico. Il governo parla di colpo di Stato. L’Unione Europea è profondamente preoccupata ed esorta le parti ad evitare ulteriori violenze. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Miliziani hanno attaccato la sede del Parlamento. Responsabili dell’assalto sarebbero combattenti della milizia di Zintan, formazione che controlla la zona dell’aeroporto di Tripoli. L’attacco segue l’offensiva contro milizie islamiche, costata la vita ad almeno 80 persone, lanciata venerdì scorso a Bengasi da forze paramilitari guidate da Khalifa Haftar, generale in pensione che nel 2011 ha partecipato alla rivolta contro il regime di Muhammar Gheddafi. In un comunicato il ministro della Giustizia libico, Salah Al Marghani, sottolinea che gli scontri di Tripoli “non hanno alcun collegamento reale” con l’offensiva lanciata a Bengasi. Ma secondo diversi osservatori, il possibile collegamento tra le milizie di Zintan e le forze paramilitari, guidate dal generale Khalifa Haftar, potrebbe essere la lotta contro l’integralismo islamico. A Bengasi, inoltre, uomini armati hanno attaccato nella notte, senza causare vittime, una base aerea militare.

    Sulla situazione nel Paese, che in parte ricorda quanto accaduto recentemente in Egitto, Antonella Palermo ha intervistato Mark Innaro corrispondente Rai dal Cairo:

    R. - Vista dall’Egitto la situazione libica, in qualche modo, riflette quello che è accaduto nell’ultimo anno anche al Cairo. Siamo di fronte ad uno scontro tra due anime che si ritrovano all’interno del mondo arabo: un’anima minoritaria ma molto forte dal punto di vista militare ed anche economico, ovvero l’ala jihadista, islamista, integralista. Un’ala che approfittando del caos, dell’instabilità seguita al rovesciamento di tanti regimi nel Nord Africa, a cominciare dall’Egitto ed ovviamente dalla Libia, tenta di assumere il comando e di impossessarsi anche dei mezzi di produzione. Ricordo che la Libia vive su una massa enorme di petrolio, i cui proventi fanno ovviamente gola a tutti. Dall’altra c’è la maggioranza silenziosa di questi Paesi nordafricani che, in qualche modo, vede con grande preoccupazione l’emergere di questi gruppi integralisti islamisti. Dopo l’ubriacatura degli anni “rivoluzionari”, non vuole altro che stabilità sicurezza ed ordine.

    D. - Uno scenario questo già visto in altri Paesi arabi…

    R. - E’ accaduto in Egitto dove l’ex capo di stato maggiore, ex ministro della Difesa, il generale al-Sisi, si appresta tra pochi giorni a diventare il successore del presidente egiziano islamista Mohamed Morsi, rovesciato proprio da generale. In Libia c’è un “Sisi libico”; gli è già stato attribuito questo soprannome, ed è il generale Khalifa Haftar che - dettaglio di non poco conto - è stato per 20 anni in esilio negli Stati Uniti e la sua abitazione si trovava a cinque chilometri dall’ingresso del quartier generale della Cia, a Langley in Virginia.

    D. - Chi è il generale Haftar alla guida di questo gruppo paramilitare?

    R. - Il generale Haftar è noto per il profondo odio per l’islamismo radicale che ha sferrato un attacco a Bengasi. Il generale libico Haftar comanda un esercito nazionale - autoproclamatosi esercito nazionale libico - molto bene organizzato ed evidentemente sostenuto anche da potenze straniere. Possiamo immaginare che ci sia un aiuto diretto o indiretto, oltre che degli americani, anche dall’Egitto che vede con grande preoccupazione questa perdurante instabilità, questo perdurante caos alle proprie frontiere. Tutto però lascia pensare che in queste ore si stiano saldando con il generale Haftar altre forze, come quelle per esempio delle potenti milizie anti islamiche di Zintan.

    D. - Chi sono i miliziani di Zintan?

    R. - Guerriglieri che hanno partecipato al rovesciamento del regime di Gheddafi e che odiano profondamente le milizie islamiche che, in qualche modo, sono al potere in questi mesi a Tripoli e che hanno saldato le proprie azioni con quelle del generale Haftar. Sono state proprio le milizie di Zintan ad attaccare ieri il parlamento e ad aver dichiarato congelate le attività dell’attuale parlamento libico fino a nuovo ordine.

    D. - Si possono dunque ipotizzare anche profondi mutamenti nell’assetto politico libico?

    R. - Tutto lascia credere che ci siano in corso nuovi equilibri, nuovi assestamenti nel disastrato Paese nordafricano che potrebbero avere anche conseguenze molto importanti. Ricordo che il flusso dei migranti dalla Libia è anche frutto dell’instabilità politica e del caos del Paese.

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    Nuova udienza per il generale Mladic, accusato di crimini contro l'umanità

    ◊   Nuova udienza oggi al Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia dell’Aja nel processo contro Ratko Mladic. L’ex comandante delle truppe serbo-bosniache è accusato di crimini di guerra e contro l’umanità per il ruolo avuto nella strage di Srebrenica, nella quale furono massacrati oltre 7 mila uomini e giovani bosniaci e nelle azioni di pulizia etnica compiute in Bosnia tra il 1992 e il 1995. Oggi la parola alla difesa che nega gli 11 capi d’accusa, sostenendo che Mladic era un militare che ha obbedito agli ordini ricevuti. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Mauro Ungaro, direttore del giornale “La Voce Isontina”, esperto dell’area balcanica:

    R. – Ricordare la figura di Ratko Mladic significa ricordare uno dei periodi più bui della storia europea dell’ultimo secolo. Mladic, durante la guerra nella ex-Jugoslavia è stato il braccio dei dirigenti politici serbi: per questo è stato poi accusato di genocidio, ma anche di crimini contro l’umanità a causa dell’assedio di Sarajevo e soprattutto per il massacro di Srebrenica.

    D. – Perché la comunità internazionale non è riuscita a fermare quel massacro e a neutralizzare personaggi come Mladic?

    R. – Qui si apre una delle pagine su cui, forse, non è mai stata fatta pienamente luce. Era il luglio del ’95, quando migliaia di musulmani furono uccisi dalle truppe serbo-bosniache, che proprio Mladic guidava con l’appoggio di gruppi paramilitari, in quella che doveva essere una zona protetta, perché Srebrenica – non dimentichiamolo! – era una zona tutelata dalle truppe delle Nazioni Unite. I caschi blu, però, lasciarono la città in mano agli uomini di Mladic e successe quel che successe, con le migliaia e migliaia di civili bosniaci che caddero sotto le armi e sotto i colpi degli uomini del generale. La comunità internazionale in quel momento voltò colpevolmente la testa dall’altra parte!

    D. – Cosa rimane oggi in ex-Jugoslavia di quel periodo e, soprattutto, basteranno delle condanne a dimenticare?

    R. – Personalmente credo che nella ex Jugoslavia non si voglia più sentire parlare di queste pagine. Mladic appartiene a quello che tutti vogliono rimanga nel passato. Tutti i vari Stati della zona hanno cercato e cercano anche faticosamente di voltare pagine, soprattutto in una chiave di adesione alla comunità europea, di cui hanno necessità, hanno bisogno. E soprattutto la gente sente questa necessità. Il rischio, però, è che la memoria di quanto è accaduto vada dispersa e che di Srebrenica, come di tanti altri massacri, un po’ alla volta si perda la nozione e siano dei termini lasciati solo alle pagine della storia. Ecco forse è bene che ogni tanto questi nomi ritornino proprio per ricordare fino a che punto può arrivare l’aberrazione dell’uomo nei confronti di un altro uomo e assolutamente ricordare che solo cammini di riconciliazione e di pace possono far fare all’Europa un gradino in più.

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    Presentato "Strepitus Silentii, la notte delle catacombe"

    ◊   “Strepitus Silentii, le notti delle catacombe” è l’iniziativa, nata dieci anni fa nell’arcidiocesi di Siracusa, che è stata presentata oggi nella Sala Marconi della Rado Vaticana. Un progetto partito dalle Catacombe di San Giovanni e che a settembre arriverà in quelle di San Callisto a Roma. C’era per noi Benedetta Capelli:

    E’ un silenzio che parla e racconta la vita dei primi cristiani, un’esperienza che richiama le sofferenze di chi allora era costretto a nascondersi nelle catacombe, di chi cercava la luce della fede nel buio di questi luoghi. "Strepitus silentii" è un percorso pensato dalla società Kairos, iniziato ben dieci anni fa nelle Catacombe di San Giovanni a Siracusa e che ha visto l’adesione di almeno 7.500 visitatori. Tre voci narranti, il suono di un flauto e la suggestione del luogo ne hanno fatto un progetto particolarmente apprezzato dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.Il segretario generale mons. Giovanni Carrù:

    “Non è soltanto un far vedere le catacombe: è una vera e propria catechesi. Con questa drammatizzazione, con questi autori, con questi attori, con questi cronisti praticamente ti incantano al punto che rimani sbalordito e non riesce più a parlare: ti è proprio entrata dentro questa catechesi sulla vita dei primi cristiani. E’ chiaro che per noi è una cosa molto bella, perché non si tratta più soltanto di portare la gente a visitare le Catacombe, ma si tratta anche di fare un’azione altamente catechistica, qualificata. Devo dire che uno dei primi che partecipò a questa iniziativa fu proprio il cardinale Ravasi, che è il Presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra: trovandosi lì, a Siracusa, andò, la visitò. A distanza di 10 anni, ancora adesso, me ne parla e mi parla dell’impressione altamente positiva che ne ebbe quella sera quando andò ad assistere a Strepitus silentii”.

    Il 31 luglio è prevista la serata inaugurale di "Strepitus Silentii", 15 le date già previste in agosto a Siracusa e a settembre l’idea sarà trasferita alle Catacombe romane di San Calisto. Altra particolarità è la destinazione dell’incasso, quest’anno sarà devoluto ad un progetto a favore dei migranti che approdano in Sicilia. Mons. Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Siracusa:

    “In questo momento a Siracusa stiamo accogliendo gli immigrati: sono a migliaia nel Porto di Augusta… E le parrocchie cercano di attivarsi per dare una risposta. Ad Augusta ho trovato i parrocchiani che si prendevano cura di queste persone. La visita del Papa ci ha fatto aprire gli occhi. Certo, è un’espressione troppo leggera per dire l’effetto che ha avuto…

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Colombia sconvolta per la morte di 31 bambini nel rogo di uno scuolabus

    ◊   Trentuno bambini di età compresa fra gli uno e gli otto anni sono morti in un incendio scoppiato su uno scuolabus nei pressi della città di Fundacion, nel nord della Colombia. Cesar Uruena, della Croce Rossa colombiana, ha inoltre riferito che altre 25 persone, fra cui un adulto, sono rimaste gravemente ferite. I bambini stavano tornando a casa dopo una funzione religiosa quando l'autobus sul quale viaggiavano è esploso e, secondo la polizia locale, le fiamme erano talmente intense che è ancora difficile determinare il numero esatto delle vittime.

    Inizialmente, le forze dell'ordine avevano dichiarato che all'origine dell'esplosione c'era un problema meccanico, ma i sopravvissuti hanno invece affermato che l'autista stava trasportando una tanica di benzina a bordo del veicolo. Il presidente colombiano Juan Manuel Santos, recatosi subito a Fundacion, ha dichiarato che “l'intero Paese è in lutto per la morte di questi bambini”. Ha poi aggiunto che il governo coprirà tutte le spese sia per le cure mediche dei feriti che per i funerali delle vittime. (A.G.)

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    Pakistan: legge sulla blasfemia fa nuove vittime tra i cristiani

    ◊   La legge sulla blasfemia continua a mietere vittime in Pakistan. Gli ultimi casi registrati dall’agenzia Fides riguardano alcuni cristiani, gli ahmadi (considerati “musulmani deviati”) e la popolare emittente televisiva “Geo Tv”. Come appreso da Fides, il 17 maggio un caso di blasfemia è stato registrato nel villaggio Mirpur Khas contro quattro cristiani. Il musulmano Hafiz Shah Fahad, che li ha denunciati, sostiene che i cristiani predicavano alla stazione ferroviaria di Mirpur e, per questo, hanno gravemente ferito i sentimenti dei musulmani.

    La polizia ha arrestato tutti i cristiani per un interrogatorio. In un altro noto caso, prosegue Fides, il cristiano, George Masih, riferisce che sono ancora a piede libero e impuniti gli assassini di suo padre Boota Masih, brutalmente ucciso il 14 settembre 2013 in pieno giorno da alcuni musulmani che gli tagliarono la gola al grido di “Allah è grande”, vantandosi di aver eliminato “un blasfemo infedele”. Dopo questo incidente, ha spiegato George, “nella mia famiglia siamo più morti che vivi: abbiamo perso il lavoro e ora nessuno è disposto a farci lavorare”. Il 16 maggio un altro grave episodio ha riguardato la comunità degli ahmadi, considerati “una setta” dagli altri musulmani: un adolescente ha ucciso Khalil Ahmad, membro della comunità ahmadi, denunciato per blasfemia, mentre si trovava all’interno di una stazione di polizia in Punjab.

    Viene accusata di blasfemia anche la popolare emittente televisiva pakistana “Geo Tv”. Sahibzada Hamid Raza, presidente del forum musulmano “Sunni Ittehad Council”, ha accusato il canale “di aver ferito i sentimenti religiosi di milioni di persone”. Il leader ha emesso una fatwa contro la tv, invitando i fedeli musulmani a boicottarla per la messa in onda di contenuti blasfemi. La denuncia, riferisce l’agenzia Fides, si basa sul fatto che il canale ha trasmesso immagini di danze su una musica sufi che, secondo la tradizione, si riferisce direttamente a Maometto e alla sua famiglia. (A.G.)

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    Dall'Italia alla Siria: sostegno ai bambini vittime della guerra

    ◊   Un container chiamato “Solidarietà” destinato alle popolazioni in difficoltà in Siria. È quello che stanno riempiendo alunni, famiglie e insegnanti di quattro scuole di San Giuliano Milanese assieme all’Associazione nazionale pensionati di Stato di Bolzano. Particolarmente preziosi – informa l’agenzia Sir – gli alimenti per bambini, dal latte in polvere agli omogeneizzati, ma ben accetti sono anche i generi di prima necessità destinati alle famiglie. A Bolzano la raccolta di cibo si svolgerà oggi nella ex scuola allievi della Polizia di Stato. All’iniziativa, autorizzata dal questore Lucio Carluccio, potranno partecipare tutti i dipendenti, in servizio o in pensione, della Polizia di Stato.

    In Siria non verrà spedito solo cibo. La Fondazione Banco Farmaceutico onlus ha donato duecento scatole di medicinali. Altre donazioni hanno permesso di aggiungere garze, bende, disinfettanti, attrezzature medico-ospedaliere, dispositivi medicali, prodotti per l’igiene. E poi pannolini, assorbenti, pannoloni per adulti, biberon, materiale didattico e giocattoli. Grazie all’impegno delle associazioni Syrian Children Relief e Amici dei Bambini (Aibi), il container verrà spedito nelle prossime settimane. (A.G.)

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    Caritas in prima linea per gli alluvionati in Bosnia e Serbia

    ◊   Violente alluvioni devastano da giorni la Bosnia-Erzegovina, la Serbia ed ora anche la Croazia. Le vittime sono già una cinquantina, mentre nella sola Serbia gli sfollati sono oltre 25.000. Le Caritas locali, informa un comunicato dell’organismo caritativo, si sono subito attivate a sostegno della popolazione e hanno lanciato vari appelli. Caritas Italiana è presente sul posto con alcuni operatori a sostegno degli interventi avviati e ha lanciato una raccolta fondi.

    Le Caritas e le Chiese locali, inoltre, hanno già lanciato i loro appelli attraverso la rete di Caritas Europa, sui media locali e sui social network. Al momento sono molto impegnate nella prima assistenza, nell’organizzazione di punti di raccolta, nella distribuzione di pasti caldi, nel fornire informazioni utili. Gli operatori italiani di Caritas nella regione stanno visitando le località maggiormente colpite e alcuni luoghi di prima accoglienza per poter valutare e rispondere ai bisogni più urgenti. (A.G.)

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    Etiopia: l’evangelizzazione inizia con i “bambini missionari”

    ◊   Sono partiti da Kofale, regione Arsi dell’Etiopia, i primi “piccoli missionari” pronti ad evangelizzare i loro coetanei di Gode, un piccolo villaggio distante 15 km di strade sterrate. “Armati” dei loro quaderni, nei quali erano rappresentate le scene più salienti della prima Bibbia per bambini in lingua “Oromo” – informa l’agenzia Fides – hanno partecipato alla Messa celebrata da padre Bernardo Coccia, missionario cappuccino parroco di Kofale che, coadiuvato dalle Suore Francescane Missionarie di Cristo presenti nella stessa comunità, ha aiutato i piccoli missionari a muovere i loro primi passi con il Vangelo tra le mani per consegnarlo ai loro coetanei di Gode, alcuni dei quali ancora analfabeti.

    “Un’occasione – ha riferito all’agenzia Fides suor Offale, diretta responsabile di tutta l’animazione – per insegnare a leggere ai piccoli di Gode attraverso disegni da colorare e vignette animate, una esperienza nella quale i bambini di Kofale si sono sentiti protagonisti nell’annuncio della Parola del Signore”. “I nostri bambini di Kofale – ha proseguito suor Offale – si sono impegnati per oltre un anno a prepararsi a questo loro ‘invio missionario’, hanno lavorato insieme a me e a padre Bernardo per la riuscita dell’evento”.

    “In questa terra prevalentemente musulmana, e soprattutto in questi poveri villaggi dove tutto è davvero complicato, dall’istruzione all’alimentazione, alla quotidiana sopravvivenza – ha soggiunto – non manca certo la solidarietà. E questo evento ne è stata la dimostrazione più emozionante, grazie alla quale un gruppo di piccoli ‘apostoli’ ha manifestato la presenza del Signore e una fede smisurata nel Suo amore coinvolgendo altri piccoli”. (A.G.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 139

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.