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Sommario del 03/11/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: la Risurrezione non è un'idea ma realtà, fondamento della fede

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Noi cristiani siamo chiamati “ad andare alla tomba” vuota di Gesù per avere la “risposta” e toccare la “roccia” della fede: la Risurrezione. Lo ha affermato Papa Francesco nell’omelia della Messa presieduta nella Basilica di San Pietro, in suffragio dei cardinali e vescovi defunti nel corso dell’anno. Ciascuno di loro, ha detto il Papa, “è guardato dal Padre con il suo amore misericordioso”. Il servizio di Alessandro De Carolis

Una verità “che si è fatta strada a fatica” nella Bibbia diventa clamorosamente palese davanti a un grande masso rotolato via e a una tomba vuota. Lo spazio di una grotta scavata di fresco, nella cui penombra giace un sudario abbandonato, riverbera l’eco di una parola prima quasi impronunciabile e poi grido da irradiare dai tetti del mondo: Risurrezione. Per ricordare i volti di amici, collaboratori, fratelli scomparsi negli ultimi mesi – nella cornice solenne dell’Altare della cattedra, nella Basilica di San Pietro – Papa Francesco parte dall’istante zero in cui la fede cristiana conquista la sua unicità, Gesù che lascia il sepolcro vivo dopo la morte:

“Non stupisce che un mistero così grande, così decisivo, così sovrumano come quello della Risurrezione abbia richiesto tutto il percorso, tutto il tempo necessario, fino a Gesù Cristo. Lui può dire: ‘Io sono la risurrezione e la vita’ perché in Lui questo mistero non solo si rivela pienamente, ma si attua, avviene, diventa per la prima volta e definitivamente realtà”.

“La lunga ricerca del popolo di Dio” narrata nell’Antico Testamento – che poi, considera il Papa, è la ricerca “di ogni uomo” e “dell’intera umanità” – vive il suo “culmine” nell’“avvenimento” della Risurrezione. E in questo evento, prosegue, “ognuno di noi è invitato ad entrare”, a stare “prima davanti alla croce di Gesù, come Maria, come le donne, come il centurione”, ad “ascoltare il grido di Gesù e il suo ultimo respiro”, il suo “silenzio” lungo tutto il Sabato Santo:

“E poi siamo chiamati ad andare alla tomba, per vedere che il grande masso è stato ribaltato; per ascoltare l’annuncio: ‘E’ risorto, non è qui’. Lì c’ è la risposta. Lì c’è il fondamento, la roccia. Non in ‘discorsi persuasivi di sapienza’, ma nella parola vivente della croce e della risurrezione di Gesù (...) Se Lui non è risorto, la nostra fede è vuota e inconsistente. Ma poiché Egli è risorto, anzi, Egli è la Risurrezione, allora la nostra fede è piena di verità e di vita eterna”.

E dall’enunciare la fede nella Risurrezione, Papa Francesco approda al ricordo di chi, tra i cardinali e i vescovi, è stato chiamato nel corso del 2014 a oltrepassare l’ultimo diaframma che separa la promessa della vita nuova dalla sua realtà. ”La nostra preghiera – dice – si arricchisce di sentimenti, di ricordi, di gratitudine per la testimonianza di persone che abbiamo conosciuto, con cui abbiamo condiviso il servizio nella Chiesa:

“Molti dei loro volti sono a noi presenti; ma tutti, ciascuno di essi è guardato dal Padre con il suo amore misericordioso. E insieme allo sguardo del Padre celeste c’è anche quello della Madre, che intercede per questi suoi figli tanto amati. Insieme con i fedeli che hanno servito qui in terra possano godere la gioia della nuova Gerusalemme”.

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Francesco: rivalità e vanagloria, due tarli che indeboliscono la Chiesa

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Rivalità e vanagloria sono due tarli che rendono debole la Chiesa; occorre agire invece con spirito di umiltà e concordia, senza cercare il proprio interesse: lo ha detto Papa Francesco nell’omelia mattutina a Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti

Prendendo lo spunto dalla Lettera di San Paolo ai Filippesi, il Papa osserva che la gioia di un vescovo è quella di vedere nella sua Chiesa amore, unità e concordia. “Quest’armonia – ha sottolineato - è una grazia, la fa lo Spirito Santo, ma noi dobbiamo fare, da parte nostra, di tutto per aiutare lo Spirito Santo a fare questa armonia nella Chiesa”. Per questo, San Paolo invita i Filippesi a non fare nulla “per rivalità o vanagloria”, né a “lottare l’uno contro l’altro, neppure per farsi vedere, per darsi l’aria di essere migliore degli altri”. “Si vede – ha rilevato - che questa non è soltanto cosa del nostro tempo”, ma “che viene da lontano”:

“E quante volte nelle nostre istituzioni, nella Chiesa, nelle parrocchie, per esempio, nei collegi, troviamo questo, no? La rivalità; il farsi vedere; la vanagloria. Si vede che sono due tarli che mangiano la consistenza della Chiesa, la rendono debole. La rivalità e la vanagloria vanno contro questa armonia, questa concordia. Invece di rivalità e vanagloria, cosa consiglia Paolo? ‘Ma ciascuno di voi, con tutta umiltà’- cosa deve fare con umiltà? – ‘consideri gli altri superiori a se stesso’. Lui sentiva questo, eh? Lui si qualifica ‘non degno di essere chiamato apostolo’, l’ultimo. Anche fortemente si umilia lì. Questo era un suo sentimento: pensare che gli altri erano superiori a lui”.

Il Papa cita San Martino de Porres, “umile frate domenicano”, di cui la Chiesa oggi fa memoria: “la sua spiritualità era nel servizio, perché sentiva che tutti gli altri, anche i più grandi peccatori, gli erano superiori. Lo sentiva davvero”. San Paolo, poi, esorta ciascuno a non cercare il proprio interesse:

“Cercare il bene dell’altro. Servire gli altri. Ma questa è la gioia di un vescovo, quando vede la sua Chiesa così: un medesimo sentire, la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Questa è l’aria che Gesù vuole nella Chiesa. Si possono avere opinioni diverse, va bene, ma sempre dentro quest’aria, quest’atmosfera: di umiltà, carità, senza disprezzare nessuno”.

Riferendosi poi al Vangelo del giorno, Papa Francesco aggiunge:

“E’ brutto, quando nelle istituzioni della Chiesa, di una diocesi, troviamo nelle parrocchie gente che cerca il suo interesse, non il servizio, non l’amore. E questo è quello che Gesù ci dice nel Vangelo: non cercare il proprio interesse, non andare sulla strada del contraccambio, eh? ‘Ma sì, io ti ho fatto questo favore, ma tu mi fai questo’. E, con questa parabola, di invitare a cena quelli che non possono contraccambiare niente. E’ la gratuità. Quando in una Chiesa c’è l’armonia, c’è l’unità, non si cerca il proprio interesse, c’è questo atteggiamento di gratuità. Io faccio il bene, non faccio un affare con il bene”.

Il Papa invita, infine, a fare un esame di coscienza: “com’è la mia parrocchia … com’è la mia comunità? Ha questo spirito? Com’è la mia istituzione? Questo spirito di sentimenti di amore, di unanimità, di concordia, senza rivalità o vanagloria, con l’umiltà e il pensare che gli altri sono superiori a noi, nella nostra parrocchia, nella nostra comunità … E forse troveremo che c’è qualcosa da migliorare. Io oggi come posso migliorare questo?”.

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Nomina episcopale in Perù

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In Perù, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Chiclayo, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Jesús Moliné Labarta. Al suo posto, il Papa ha nominato amministratore apostolico della diocesi di Chiclayo – elevandolo in pari tempo alla dignità episcopale e assegnandogli la sede titolare di Sufar – il Rev.do Robert Francis Prevost, agostiniano, finora direttore della Formazione nel Convento di Sant'Agostino a Chicago, e primo consigliere e vicario provinciale della Provincia Nostra Madre del Buon Consiglio. Mons. Prevost è nato il 14 settembre 1955 a Chicago, Illinois (USA). Compiuti gli studi secondari nel Seminario minore dei Padri Agostiniani nel 1973, divenne, poi, Baccelliere in Scienze matematiche nel 1977 all'Università di Villanova. Fece la Professione solenne il 29 agosto 1981. L'anno seguente conseguì la licenza in Teologia nella Catholic Theological Union di Chicago. A Roma ricevette l'ordinazione presbiterale il 19 giugno 1982. Si è laureato in Diritto Canonico all'Angelicum di Roma nel 1987. Giunto nella missione Agostiniana in Perù è stato Cancelliere della diocesi di Chulucanas (1985-1986); dal 1987 al 1988, ha svolto negli U.S.A. l’incarico di Promotore della pastorale vocazionale e di Direttore delle missioni del suo Ordine nella Provincia di Chicago; ritornato in Perù nel 1988, ha diretto il Seminario del suo Ordine in Trujillo e, nel contempo, insegnava Diritto Canonico nel Seminario diocesano. È stato Prefetto degli studi in detto Seminario e Giudice del Tribunale ecclesiastico regionale, nonché membro del Collegio dei Consultori di Trujillo. Ha diretto anche una quasi-parrocchia nella periferia povera della città. Dopo 10 anni di ministero ininterrotto in Perù è ritornato a Chicago perché nel 1998 è stato eletto Provinciale della Provincia Agostiniana di Chicago. Successivamente nel 2001 è stato eletto Priore Generale, incarico che ha ricoperto fino al 2013 per due sessenni. Attualmente, è Direttore della Formazione nel Convento di Sant'Agostino a Chicago, Primo Consigliere e Vicario Provinciale della Provincia Nostra Madre del Buon Consiglio. Oltre l'inglese, parla spagnolo, francese ed italiano.

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Mons. Dal Toso: i cristiani della Siria non sono soli

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I cristiani della Siria non sono soli: è quanto afferma mons. Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum, appena rientrato da Damasco, dove ha preso parte alla riunione dell'assemblea dei vescovi cattolici locali. Mentre sul terreno, al confine con la Turchia, l’avanzata del sedicente Stato Islamico (Is) a Kobane è contrastata dalle milizie curde, appoggiate dai peshmerga iracheni, e nel resto della Siria vanno avanti gli scontri tra il variegato fronte di ribelli insorti e quello altrettanto composito delle forze filo-regime, prosegue il lavoro silenzioso di tante istituzioni - cattoliche e non solo - in prima linea nelle attività di assistenza umanitaria nel Paese, sconvolto da oltre tre anni di conflitto. Ce ne parla mons. Dal Toso, intervistato da Giada Aquilino

R. - In questi giorni a Damasco ho visto un’apparente normalità. È chiaro che sotto di essa ci sono le conseguenze tragiche del conflitto, cioè noi parliamo delle bombe, delle armi, degli attentati, però dobbiamo anche vedere che il risvolto concreto di questa guerra combattuta con le armi è una situazione sempre più devastante per la popolazione nel Paese. Alcune cifre, per capire: quasi la metà dei siriani - vale a dire 10 milioni di siriani - vive fuori dalle loro case; in questa incertezza sociale non c’è più lavoro e, di conseguenza, si è inceppato anche tutto il meccanismo di convivenza sociale; e ci sono difficoltà di accesso ai medicinali. Quindi è chiaro che ciò che impressiona è vedere che la guerra ha poi risvolti concreti nella vita di tante persone, che sono drammatici e che non possiamo dimenticare.

D. - C’è un generale impoverimento della popolazione, da quello che ha potuto constatare? Mons. Audo, presidente di Caritas Siria, ha lanciato più volte l’allarme per un impoverimento della popolazione, non colo cristiana, ma di tutti gli abitanti…

R. - Sì, c’è un generale impoverimento che ho potuto constatare soprattutto attraverso i colloqui che ho avuto. E si sta cercando di arginare questa situazione per come si può, attraverso i nostri organismi di aiuto - che fanno la loro parte - e attraverso anche molti altri organismi che non appartengono alla Chiesa cattolica. Per esempio, c’è un forte impegno delle agenzie delle Nazioni Unite.

D. - Come operano le organizzazioni che fanno capo alla Chiesa locale, ma anche le altre organizzazioni presenti sul campo?

R. - Ho visto una notevole vivacità. Per tradizione, in Medio Oriente i vescovi sono anche padri, quindi sono stati i primi ai quali ci si è rivolti per avere un aiuto. Ho avuto un incontro venerdì mattina con i religiosi di Damasco e ho visto che ciascuno, nel suo piccolo e secondo il suo carisma, secondo le sue possibilità, sta cercando di trovare modi per aiutare la gente, chi nel campo sanitario, chi nel campo educativo, chi nel campo assistenziale, chi semplicemente ascoltando. Abbiamo una grande testimonianza da parte sia del clero, sia dei religiosi di presenza insieme alla loro gente: non sono scappati, sono lì. E questo è un fortissimo aiuto, soprattutto per i cristiani che non si vedono abbandonati.

D. - Tante persone sono state costrette a lasciare le loro case; questa è un’emergenza che non riguarda soltanto, purtroppo, la Siria e l’Iraq, ma anche la Giordania, il Libano e la Turchia e altri Paesi limitrofi…

R. - Il conflitto si è allargato da un punto di vista militare ed è chiaro che, da un punto di vista umanitario, ci sono conseguenze e una reciproca influenza tra queste emergenze; inoltre, c’è una ricaduta sui Paesi vicini. C’è un buon numero di rifugiati anche in Turchia, ma soprattutto in Giordania e Libano, che sono Paesi con una popolazione relativamente contenuta che si è trovata ad accogliere un flusso di profughi di dimensioni enormi, col rischio di destabilizzazzione.

D. - Il Papa, anche con la giornata di mobilitazione e di preghiera per la Siria del settembre 2013, non ha mai smesso di pregare per il Paese, per la sua popolazione. Quanto gli appelli e la vicinanza del Papa sono importanti per i cristiani di Siria?

R. - Credo che siano fondamentali e l’ho sperimentato anche in questi giorni. Per la Chiesa in Siria è essenziale questa presenza, che è stata molto ben recepita e che è stata anche molto ben sentita: i cristiani siriani sentono che la Chiesa universale è vicina, con l’aiuto, con la preghiera, con la testimonianza e questo è un aspetto fondamentale per incoraggiarli, per animarli, per rafforzarli, nonostante le difficoltà che stanno vivendo. Devo anche dire che la nostra azione è orientata a sollevare e a rafforzare la comunità cristiana, ma è orientata anche ad aiutare tutta la popolazione siriana che sta soffrendo in questo conflitto. L’azione della Santa Sede, ai diversi livelli, è per tutti quelli che indistintamente soffrono le conseguenze del conflitto. Per questo speriamo anche che sia un conflitto che possa finire al più presto possibile.

D. - Un conflitto che non coinvolge soltanto i gruppi siriani, ma va oltre: si parla del sedicente Stato Islamico… La speranza, appunto, qual è?

R. - E’ che la violenza possa cessare quanto prima. Tutte queste sofferenze e tutte queste necessità umanitarie sono generate da una guerra che deve finire e qui sono le diverse parti coinvolte a dover trovare una forma di dialogo per riconciliare il Paese.

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Legionari di Cristo: nuove Costituzioni, segno della misericordia di Dio

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La Santa Sede ha approvato in questi giorni le nuove Costituzioni dei Legionari di Cristo, realizzando un processo di rinnovamento iniziato nel 2010 su mandato di Benedetto XVI e proseguito da Papa Francesco, dopo l’allontanamento nel 2006 del fondatore Marcial Maciel, autore di gravissimi atti tra cui abusi su minori. Padre Maciel è poi morto nel 2008. Il testo delle Costituzioni è il risultato di un lavoro di consultazione e riflessione che è durato quasi tre anni e al quale tutti i Legionari hanno avuto l’opportunità di partecipare, come riferisce il portavoce della Congregazione, padre Benjamin Clariond, al microfono di Emer McCarthy

R. – Tutti noi Legionari di Cristo abbiamo avuto l’occasione di partecipare e di dire la nostra su come percepiamo questo dono dello Spirito, che abbiamo ricevuto noi e la Chiesa per nostro tramite, che è il nostro carisma. Questo viene esplicitato nelle Costituzioni, il cui scopo è di proteggere e di aiutare a sviluppare il carisma. Un altro elemento importante nelle Costituzioni è la chiarezza e anche l’adeguamento dell’esercizio dell’autorità nella comunità, più consone al Codice di Diritto Canonico, con una chiara autorità generale, provinciale - noi la chiamiamo territoriale - e locale e anche con consigli che operano; altro aspetto molto importante è che il governo diventa più partecipativo.

D. - Un punto importante è la formazione: nelle nuove Costituzioni si sottolinea la libertà di coscienza …

R. - Certo, le Costituzioni garantiscono la presenza di direttori spirituali - diversi dai superiori - e anche di confessori, sia Legionari che esterni, particolarmente nelle case di formazione, per garantire appunto la libertà di coscienza.

D. - Ci sono punti che non vengono inclusi nelle Costituzioni, come la protezione e salvaguardia dei minori …

R. - Certo, il fenomeno degli abusi è un crimine orrendo che non dovrebbe capitare a nessuno e la Legione di Cristo è impegnatissima sia nella prevenzione sia nell’attenzione a ogni denuncia che viene presentata, ovunque e da chiunque. Però, queste queste normative non vengono raccolte nelle Costituzioni, perché le Costituzioni sono norme a carattere universale; c’è invece la conformità alle singole legislazioni dei Paesi nonché alle disposizioni delle Conferenze Episcopali.

D. - Adesso, avete le linee guida per il futuro dei Legionari di Cristo. Qual è il vostro futuro?

R. - Questa è una domanda da fare allo Spirito Santo e predire il futuro non è una cosa facile. Però, a mio avviso - e credo di parlare a nome di tutti i Legionari - noi adesso abbiamo una grande esperienza della misericordia di Dio, della sua tenerezza manifestata in questa approvazione delle Costituzioni. Quando in una famiglia c’è un papà che non va più, che viene meno, è sempre la mamma che porta i bambini avanti e che li fa crescere sani, belli, forti, perché possano diventare cittadini bravi. Lo stesso è capitato a noi: il nostro padre è venuto meno, però la Chiesa è la nostra mamma che ci ha accolto, ci ha sollevato, ci ha aiutato, ci ha presi per mano e ci ha detto: “Avanti! Bisogna fare tante cose, bisogna servire la Chiesa e gli uomini”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Il creato devastato: Papa Francesco al Verano chiede di fermare la folle corsa verso la distruzione e l'esclusione delle persone.

Care elezioni: Giuseppe Fiorentino su Obama e il voto di medio termine più dispendioso della storia.

A Milano una mostra del 2003 per il venticinquesimo dell'elezione di Paolo VI: un articolo del direttore dal titolo "Io ho ciò che voi cercate", di Marcello Filotei, "Montini, chi era costui?" e di Aldino Cazzago sul "maestro di ecumenismo".

In groppa a un somarello con pochissimi bagagli: Silvia Gusmano recensisce l'"Atlante storico della carità" di Juan Maria Laboa.

Quattro stelle polari: Silvia Guidi su un inedito di Giorgio La Pira a trentasette anni dalla morte.

Qual è la gioia del vescovo: Messa del Papa a Santa Marta.

Per un uso pacifico dello spazio: intervento della Santa Sede all'Onu.

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Oggi in Primo Piano



Rapporto Acs: libertà religiosa in declino, cristiani i più perseguitati

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E’ stato pubblicato oggi in Francia e verrà presentato domani in Italia e numerosi altri Paesi il rapporto sulla “Libertà religiosa nel mondo”, a cura dell’Associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre. Dal documento emerge chiaramente un peggioramento complessivo della condizione della libertà religiosa e in particolare dei cristiani che si confermano, purtroppo, i più perseguitati al mondo. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Su 196 Paesi al mondo, in 81 la libertà religiosa è ostacolata. E’ uno dei dati più significativi e drammatici del rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre che parla di “libertà religiosa in declino”. In 20 Paesi si valuta come praticamente assente la libertà di professare la propria fede: 14 di questi sono a maggioranza musulmana. Secondo il documento, inoltre, i cristiani sono sempre la minoranza religiosa più perseguitata. Il Rapporto annota anche, con preoccupazione, la spinta in Occidente a confinare la religione “nella sfera privata”. Aumentano inoltre i casi di antisemitismo, mentre molti musulmani subiscono violenze e persecuzioni per mano di altri musulmani. Per un commento generale sul Rapporto, Antonella Palermo ha intervistato Marta Petrosillo, portavoce in Italia di Aiuto alla Chiesa che Soffre:

"Purtroppo la tendenza è negativa e purtroppo questa non è una novità dell’edizione del 2014, perché già da diversi anni si riscontra questa diminuzione della libertà religiosa - più o meno - in tutto il mondo, ovviamente in forme diverse: andiamo dalle violenze cruente antireligiose alle forti discriminazioni. Quello che riscontriamo, in generale, è proprio una diminuzione della tolleranza e del pluralismo religioso. E questo anche nel vecchio continente. I cristiani, molto spesso, si ritrovano ad essere una minoranza oppressa:  in molti dei Paesi – pensiamo solamente al Medio Oriente, in cui i cristiani vivono da secoli - sono oggi preda del fondamentalismo islamico. In Europa si riscontra un aumento degli episodi sia antisemiti che antiislamici e spesso anche in relazione – ad esempio – al conflitto isarelo-palestinese". 

La responsabilità per invertire questa tendenza inquietante – sottolinea il Rapporto – spetta innanzitutto alle comunità religiose stesse. Di qui l’appello ai leader religiosi affinché si oppongano con forza alla violenza perpetrata in nome della religione.

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Usa. Voto mid-term: test elettorale per Obama

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Domani negli Stati Uniti importante test elettorale per l’amministrazione Obama e per il Partito Democratico. Gli americani sono chiamati alle urne per le elezioni di medio termine. Verranno rinnovate l’intera Camera dei rappresentanti, un terzo del Senato, 36 governatori e numerose amministrazioni locali. Gli aventi diritto saranno chiamati ad esprimersi anche su diversi referendum. Secondo i sondaggi, favoriti i repubblicani. Ma quali saranno i temi a pesare sull’esito del voto? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Mario Del Pero, docente di Storia Internazionale all’Istituto di Studi Politici di Parigi: 

R. – In una certa misura pesa ancora un doppio retaggio, se vogliamo: il lungo retaggio dell’11 settembre e quello un po’ più corto, scatenato dalla crisi economica del 2007-2008. Da quella crisi gli Stati Uniti sono in parte usciti, ma non è questa la percezione che hanno l’opinione pubblica e l’elettorato. La preoccupazione, la paura per la sicurezza degli Stati Uniti, scatenata dall’11 settembre - innanzitutto quel che ne è seguito - è tornata ed è stata un poco riaccesa – diciamo così - dalla nuova crisi mediorientale, dalla vicenda dell’Is in Siria e in Iraq e anche dalla vicenda di ebola, trattata con una certa grossolanità dai media americani, che però ha alimentato paure nuove, che hanno riacceso, in una certa misura, le paure del post 11 settembre.

D. – Secondo lei, i democratici rischiano di perdere quell’elettorato particolarmente attento alla salvaguardia della vita, dopo le aperture del Presidente Obama su temi come l’aborto o altre questioni delicate di bioetica?

R. – Io credo che in quell’ambito Obama non vada a perdere quel che non aveva già perso. Credo che Obama perda il voto giovane, il voto delle minoranze, deluse da un Presidente che ritengono avesse promesso molto di più di quanto non abbia poi dato.

D. – Tornando ai temi di politica estera, il Partito Democratico potrebbe pagare la diminuita presenza americana sulle crisi mondiali più delicate...

R. – Credo che i repubblicani siano stati molto efficaci, durante la campagna elettorale, nello sfruttare questo quadro internazionale complicato, volatile, per denunciare la confusione, la fragilità, la debolezza dell’amministrazione. Un’amministrazione che sui temi di politica estera e di sicurezza aveva costruito un significativo consenso interno, che Obama sfruttò abilmente alle elezioni presidenziali del 2012. Quel capitale politico è andato rodendosi, perché - da parte repubblicana - il Presidente si è accusato di essere poco incisivo, confuso e debole, e perché su queste crisi l’amministrazione ha dato effettivamente messaggi contraddittori, spesso parlando in una pluralità di voci, con le quali il Presidente smentiva il Segretario di Stato o Hillary Clinton criticava il Presidente.

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Gas serra. Il climatologo Castellari: politica segna il passo

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Gas serra ai massimi livelli sul pianeta Terra. A lanciare l’ennesimo allarme è il Gruppo intergovernativo di esperti Onu sul cambiamento climatico (Ipcc). In un Rapporto presentato ieri a Copenaghen – sintesi del lavoro di migliaia di scienziati di 190 Paesi – si invitano i Paesi a ridurre le emissioni di CO2 dal 40 al 70% tra il 2010 e il 2050, per farle poi sparire del tutto nel 2100. Roberta Gisotti ha intervistato Sergio Castellari, climatologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, membro per l’Italia dell’Ipcc: 

La parola d’ordine è ridurre gli investimenti nel carbone, adottare energie rinnovabili, fermare la deforestazione, a evitare – ammonisce il Rapporto Onu – un impatto severo, globale, irreversibile sull’intero pianeta. Sono passati però quasi 10 anni dall’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, il Trattato internazionale sul riscaldamento globale. Sergio Castellari, questa volta sarete ascoltati?

R. – Guardi, la Ipcc ha proprio il ruolo di allertare e di rendere consapevoli sulla ricerca scientifica climatica i decisori politici: quindi ne sono consapevoli. Hanno ora un documento che possono usare per la prossima Coonferenza  a Lima, a dicembre, per il processo negoziale della Commissione quadro sui cambiamenti climatici.

 D. – Quali sono le novità di questo Rapporto?

 R. – Quello che viene fuori è che abbiamo assolutamente bisogno, se vogliamo contenere il riscaldamento globale sotto i 2 gradi – e questo è l’obiettivo che permette di avere degli impatti non irreversibili nel nostro sistema climatico – di agire nei prossimi decenni con delle politiche forti di riduzioni delle emissioni, con uso molto efficace di energie rinnovabili e di efficienza energetica. Continuando sempre con l’uso dei combustibili fossili, noi creeremo un riscaldamento globale tra i 3 e i 4 gradi entro la fine di questo secolo. Questo porterà a delle perdite economiche: avremo problemi sulle risorse idriche, problemi sanitari, problemi di inquinamento… Agire per mitigare, agire per ridurre le emissioni di gas serra mediante efficienza energica, aumento dell’efficienza energetica e mediante l’uso delle energie rinnovabili è più economico. E può veramente portare un maggior sviluppo della nostra società.

 D. – Ci sono dei Paesi più virtuosi in questo percorso politico avviato dal Protocollo di Kyoto?

R. – Sicuramente, l’Europa è sempre stata leader negli ultimi 20 anni nell’ambito delle politiche climatiche. Ma sta accadendo qualche cosa anche in altri Paesi. Ormai, i Paesi a economia emergente sono quelli che immettono di più: la Cina emette ormai, pro capite, come l’Unione Europea. Se prendiamo tutte le emissioni dei Paesi in via di sviluppo quindi comprendendo anche la Cina, il Messico, il Sudafrica – questi emettono più del 60% delle emissioni globali di Co2. Quindi, ormai il ruolo di emettitori forti lo hanno preso i Paesi a economia emergente. Però, è anche vero che tutte le emissioni accumulate – la Co2 che è stata accumulata nell’Oceano e nell’atmosfera fino adesso – sono nella maggior parte state emesse dai Paesi sviluppati, negli ultimi 100 anni. Quindi, sicuramente c’è questa responsabilità storica dei Paesi sviluppati, ma dall’altra parte oggi vi sono anche i Paesi ad economia emergente come la Cina, che è diventata la leader dell’energia rinnovabile, però fa anche molto uso del carbone… Purtroppo, questo porta a delle forti emissioni di carbonio. Quindi, diciamo che si sta muovendo qualcosa e diciamo che adesso tocca alla politica... L’Ipcc ha fatto il suo lavoro.

 D. – E’ però innegabile che vi sia uno scoraggiamento da parte delle opinioni pubbliche di fronte a questi Rapporti, cui poi non vediamo – o forse non ne siamo informati –  seguire delle politiche, le politiche dei governi che decidono. Abbiamo una comunità scientifica in qualche modo inascoltata…

 R. – Credo, sì, che la consapevolezza del pubblico in generale in Italia – quindi parliamo del nostro Paese – non sia altissima sui cambiamenti climatici, proprio perché c’è anche poca comunicazione. Questa è anche una colpa di noi scienziati, ma anche una colpa dei media. Credo sarebbe bello se, ad esempio, il servizio pubblico della Rai investisse molto di più su documentari e su informazioni di alto livello, ma semplice e ben fruibile dal parte del pubblico su temi questi. La scienza climatica è perfettamente legata con le scelte energetiche, le scelte politiche. Aumentare la consapevolezza nel pubblico italiano può portare un giorno forse anche a che il pubblico possa scegliere con l’elezione dei politici più consapevoli su questo.

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Suicidio Brittany. Medici cattolici: curare malato non solo malattia

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Negli Stati Uniti e non solo, ha ricevuto ampia eco la storia della giovane 29.enne Brittany Maynard che, dopo la diagnosi di tumore al cervello, ha deciso di togliersi la vita. La ragazza si è suicidata come aveva annunciato in un video visto milioni di volte su Internet. Su questa drammatica vicenda, Amedeo Lomonaco ha intervistato il prof. Filippo Boscia, presidente dell’Associazione medici cattolici italiani: 

R. – Oggi, noi paghiamo un prezzo molto alto allo sviluppo della medicina che ha reso possibile che la morte diventasse un periodo considerevolmente più lungo, cioè un processo del morire. Si costruisce un quadro di distruzione progressiva del corpo e questo contribuisce a far crescere l’angoscia. Questo rinforza la sofferenza e la solitudine. Questo prolungamento, che oggi è diventato costante, del periodo del morire ha proprio come conseguenza che la persona, in una fase di diagnosi così importante, debba affrontare un susseguirsi di perdite: è costretta a rinunciare ad una costellazione di attaccamenti, rischia di affogare. Quindi, il quesito è: a che scopo continuare a vivere, a che scopo aspettare? Credo che questa sia una ragazza lasciata sola. C’è bisogno, non soltanto, di fare delle diagnosi precise e di indicare delle medicine efficaci, ma occorre prendersi cura del malato. Il verbo “curare” è una voce del verbo “amare”. Curare materialmente una persona – forse – può far vincere una malattia, può anche farci fallire. Ma curare umanamente una persona non può che farci vincere. Se non c’è un sostegno consistente, allora il dolore diventa una barriera che mura il paziente in sé stesso e lo chiude nella sua solitudine, lo spinge ovviamente a chiedere l’eutanasia.

D. – E questa è una vittoria della sofferenza. Nessuna diagnosi giustifica il suicidio…

R. – Assolutamente no, perché la medicina compie tantissimi errori. Sono testimone di tantissime persone alle quali la medicina aveva dato sei mesi di vita, ma poi sono vissute 14 anni e lo hanno fatto con il sorriso. Persone che avevano anche perso la vista e che continuavano a ripetere ogni giorno: “Il Signore mi ha fatto vedere un nuovo giorno”. La medicina è diventata molto tecnologica e vorrebbe promettere quasi la vita eterna, però ha dimenticato essenzialmente la problematica dell’essere accanto al malato. In una società che diventa molto attenta al Pil, ai parametri di crescita economica, a tutto quello che si rivela economicamente conveniente, è chiaro che poi in una situazione di questo genere una spinta verso la "rottamazione" umana va completamente a convincere tutti che starebbero meglio se morissero.

D. – In una lettera pubblicata nei giorni scorsi, un seminarista cattolico di 30 anni, Philip Johnson, affetto da cancro al cervello come quello diagnosticato a Brittany scrive che “la sofferenza fa parte della condizione umana e non deve essere sprecata o tagliata via per paura di perdere il controllo”. Come possono i medici prendersi cura di questa sofferenza, di questo dolore?

R. – Credo che noi dobbiamo porre in essere dei percorsi per aiutare medici e pazienti. Non esistono malati incurabili. Forse esistono i malati inguaribili, ma pur sempre curabili. È proprio questo che oggi viene a mancare: il prendersi cura globalmente della persona che si trova di fronte ad una realtà così improvvisa, e direi brusca, come quella di una diagnosi di una sofferenza.

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Istat: lenta uscita da recessione. Cresce spesa famiglie

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"Nel 2015, in Italia la variazione del Pil tornerà debolmente positiva con un +0,5%, chiudendo la lunga recessione del triennio precedente". Lo rileva l'Istat nelle prospettive per l’economia 2014-2016. Dopo tre anni di riduzione inoltre torna a crescere la spesa delle famiglie. Il servizio di Paolo Ondarza: 

Tecnicamente con il 2015 si conclude la fase della recessione in Italia, ma secondo l’Istat si tratterà di un’uscita graduale. In linea con le stime del governo, il Pil calerà nel 2014 dello 0,3% per crescere il prossimo anno dello 0,5% – Palazzo Chigi prevedeva lo 0,6% –  e dell’1% nel 2016. L’economista Alberto Quadrio Curzio:

R. – Non sono tassi di crescita eclatanti, tuttavia teniamo conto che l’Italia recupera terreno, la Germania perde terreno e l’Europa cresce lentamente.

D. – Questo segno "più" a cui non eravamo abituati negli ultimi anni può far bene all’economia?

R. – Sì, fa bene all’economia, e spero anche che tolga quell’astio verso l’Italia, che talvolta proviene dall’interno del Paese stesso. Purtroppo, noi abbiamo dovuto fare delle manovre di correzione di finanza pubblica draconiane negli anni passati, a mio avviso eccessive e tuttavia rispettose delle prescrizioni europee: uscire da una situazione del genere è molto difficile e dunque anche all’interno del Paese bisogna capire che non una bacchetta magica, ma con un impegno faticoso e diuturno si può cercare di risalire la china.

Per l’Istituto di statistica, gli effetti della manovra avranno un impatto marginalmente positivi nel 2014, ma si riveleranno nulli nel biennio successivo per il bilanciamento tra la spinta del bonus degli 80 euro e gli effetti negativi derivanti dalla clausola di salvaguardia, con l’eventuale aumento dell’Iva. Ancora Quadrio Curzio:

R. – Tuttavia, io credo che ci sarà un effetto della manovra, della Legge di stabilità, anche sul 2015 e sul 2016, perché se il Pil riprende non sarà necessario intervenire con la correzione della clausola di salvaguardia. Quindi, gli effetti della eliminazione dell’Irap sul costo del lavoro, della stabilizzazione del bonus di 80 euro e – non dimentichiamolo – della decontribuzione totale per i nuovi assunti per i primi tre anni, ci saranno.

Inoltre, la spesa delle famiglie dopo tre anni di riduzione tornerà già nel 2014 a salire dello 0,3% grazie all’effetto di una riduzione della propensione al risparmio. Quadrio Curzio:

R. – Questo è un dato molto positivo, perché negli anni di crisi le famiglie, avendo subito una contrazione dei redditi, hanno cercato di risparmiare il più possibile per far fronte ad un futuro incerto, reso ancora più incerto dagli aumenti della disoccupazione. Il fatto che adesso stiano riprendendo a consumare un po’ vuol dire che vedono una prospettiva migliore, anche occupazionale. Quindi, quantunque io non creda si potrà ritornare a livelli di consumi pre-crisi, che erano per molti versi anche consumi eccessivi, credo che si ritornerà a una sana domanda di consumo. Naturalmente questa non basta, perché a mio avviso ci vuole anche e soprattutto una domanda di investimenti, che hanno la capacità di fare aumentare la produttività del "sistema Paese" e fare anche tutte quelle manutenzioni di cui il nostro Paese ha bisogno, ivi compresa le manutenzione per il risparmio energetico e in edilizia, che è fondamentale anche per evitare un eccesso di importazione energetiche di cui il nostro Paese soffre in modo strutturale.

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Nella Chiesa e nel mondo



Burkina Faso: card. Ouédraogo chiede di pregare per la pace

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Una novena per la pace nel Paese è stata indetta dal card. Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, sconvolto dai moti popolari che hanno costretto il 31 ottobre il Presidente Blaise Compaoré alle dimissione e all’esilio in Costa d’Avorio, mentre i militari assumevano il potere.

“Figlie e figli della nostra Chiesa Famiglia di Dio, vi esorto ad una novena di preghiera (dal 2 al 9 novembre). Pregate per la riconciliazione, la giustizia e la pace nel nostro Paese” ha scritto il cardinale in un messaggio diffuso dalla Caritas Burkina Faso e ripreso dall'agenzia Fides. Il card. Ouédraogo ha composto una speciale preghiera con la quale si chiede a Dio “di accordare al nostro Paese delle istituzioni che garantiscano il benessere, la libertà e la pace”.

Nel frattempo la situazione politica del Burkina Faso appare confusa. L’esercito ha sospeso i poteri civili ed ha formato una giunta militare guidata dal tenente colonnello Isaac Zida, numero 2 della Guardia Presidenziale. I militari hanno dichiarato che si tratta di un provvedimento provvisorio, in attesa di restituire il potere ai civili. L’opposizione appare preoccupata e chiede che l’esercito faccia un passo indietro e permetta alla società civile di riprendere in mano la situazione. (R.P.)

 

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Iraq. Patriarca Sako: dal premier sostegno alle comunità cristiane

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Un impegno, esplicito e personale, a farsi carico della difesa delle comunità cristiane irachene è stato espresso dal Primo Ministro iracheno, Haider al Abadi, ieri pomeriggio in un incontro con i capi delle Chiese cristiane presenti a Baghdad. Lo riferisce all'agenzia Fides il patriarca caldeo Louis Raphael I, che ha guidato la delegazione di vescovi e prelati ricevuti dal Premier.

“Nei 40 minuti di colloquio - racconta a Fides il Primate della Chiesa caldea - il Primo Ministro al Abadi, musulmano sciita, ha ripetuto più volte di sentirsi personalmente responsabile della protezione e della difesa anche dei cittadini cristiani. Ha deplorato il fenomeno dell'esodo dei cristiani, definendolo come una grave perdita per la nazione.

Riguardo alla tragica vicenda delle terre cadute sotto il controllo del Califfato islamico, abbiamo sollecitato il Premier a favorire in tutti i modi la liberazione delle terre occupate. Con molto realismo lui ha riconosciuto che l'intervento militare non sarà sufficiente a risolvere il problema e che occorre favorire, nei tempi lunghi, un processo che elimini le radici del fenomeno, e faccia emergere il vero volto di un Islam aperto e rispettoso di tutti i diritti”.

Nell'incontro con il Premier, i capi delle comunità cristiane di Baghdad hanno segnalato anche alcuni recenti episodi di violenza subiti dai cristiani nella capitale. “Negli ultimi giorni - riferisce il Patriarca caldeo - alcuni cristiani sono stati rapiti e alcune abitazioni di famiglie cristiane sono state attaccate da gruppi di delinquenti che volevano occuparle. Il Primo Ministro ha promesso che farà intensificare la presenza di reparti militari nei quartieri, e si è anche detto disponibile a cooptare nel governo un altro ministro cristiano. Tutti mi hanno detto che è un uomo di parola,e mantiene le promesse”. (R.P.)

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Vescovi Sri Lanka: visita del Papa non sia strumentalizzata

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La visita di Papa Francesco nello Sri Lanka, prevista per il gennaio 2015, rischia di condizionare le elezioni presidenziali. Questo il pensiero dei vescovi del Paese asiatico che, in un comunicato ufficiale, chiedono al Presidente Mahinda Rjapaksa di assicurarsi che ci sia uno spazio di tempo sufficiente tra la visita del Pontefice e le elezioni, anch’esse previste per i primi giorni dell’anno nuovo.

Al contempo, però, il vescovo Raymond Wickramasinghe, che ha firmato il comunicato, conferma il viaggio papale nello Sri Lanka e la permanenza di Papa Francesco nella capitale Colombo, tra il 13 e il 15 gennaio, mettendo così a tacere le voci, circolate in questi giorni, sui social network e sugli organi di stampa nazionale, in merito a una possibile cancellazione del viaggio del Pontefice.

La visita dunque avverrà. “La nostra richiesta al governo è sempre stata che le elezioni non dovrebbero tenersi subito dopo la visita del Santo Padre nello Sri Lanka perché l’evento potrebbe essere utilizzato politicamente dalle parti interessate come strumento di campagna elettorale”: chiarisce il vescovo srilankese.

Il suo timore è che un avvenimento così positivo, come quello di una visita papale, per altro fortemente voluta anche dal Presidente Rjapaksa, possa venire strumentalizzata. E per questo nel comunicato si precisa anche che “la decisione di fissare una data per le elezioni è interamente nelle mani del Governo e della Commissione elettorale. La Chiesa non ha alcun interesse nel cercare di interferire”. (C.S.)

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Chiesa vietnamita: parrocchie e famiglie per l’annuncio del Vangelo

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"Ogni parrocchia è una grande famiglia di famiglie" e "ciascuna famiglia", nucleo fondante della società, è il "soggetto dell'annuncio della Buona Novella agli altri". È quanto sottolineano i vescovi vietnamiti, nella lettera pastorale pubblicata a conclusione della loro seconda conferenza annuale che si è tenuta dal 27 al 30 ottobre nella diocesi di Nha Trang, nel sud del Vietnam.

All'evento - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno partecipato fra gli altri 26 prelati provenienti da tutto il Paese, oltre a mons. Leopoldo Girelli, rappresentante non permanente della Santa Sede nella nazione comunista asiatica. Nella missiva i prelati ricordano inoltre "i programmi pastorali" promossi dalle chiese locali alle famiglie e il compito affidato a ciascuna parrocchia di prodigarsi a favore "degli immigrati e delle loro famiglie".

Nella lettera pastorale il presidente della Conferenza episcopale vietnamita e arcivescovo di Saigon mons. Paul Bùi Văn Đọc, plaude alle "iniziative messo in campo da diocesi e parrocchie, associazioni apostoliche" che "accompagnano le famiglie" nel loro cammino di fede. Il prelato invita ad "aiutare le famiglie cattoliche" a diventare "case di preghiera" e "luoghi dell'amore", dimore "aperte alla solidarietà e alla condivisione reciproca".

Nel corso della tre giorni vescovi e sacerdoti hanno condiviso opinioni, pareri e problematiche nel cammino di evangelizzazione e di pastorale della famiglia; un compito che si concretizza attraverso un percorso di formazione e di fede che parte proprio dalle parrocchie e dalle congregazioni religiose maschili e femminili.

Dal 1987 il governo comunista di Hanoi ha "aperto le porte" all'economia di mercato; una decisione che ha avuto un grande impatto sulla società vietnamita, in particolare gli studenti e gli operai, proponendo modelli di vita consumistici e materialistici, soprattutto nelle grandi città. Un fenomeno che ha un forte impatto non solo sull'economia sociale, ma pure sulla vita di tutti i giorni e la pratica della fede cristiana.

Durante la giornata inaugurale mons. Girelli ha condiviso la lettura e l'approfondimento della Bibbia con i partecipanti alla conferenza, trasmettendo il pensiero e gli insegnamenti di Papa Francesco ai vescovi vietnamiti. Riflessioni - sulle culture, le religioni, la società e i poveri - che il Pontefice argentino aveva presentato nei mesi scorsi ai vescovi asiatici, durante la sesta Giornata della gioventù asiatica. Durante il viaggio apostolico a Seoul, Francesco ha dedicato una particolare attenzione alla Chiesa del Vietnam, a lungo vittima di persecuzioni e abusi perpetrare dal governo di Hanoi, spronandola ad annunciare il Vangelo a tutti. (R.P.)

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Messico: i vescovi alle famiglie degli studenti scomparsi

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“Lettera alle famiglie degli studenti di Ayotzinapa scomparsi”: questo il titolo del messaggio dei vescovi della Provincia ecclesiastica di Acapulco (arcidiocesi di Acapulco, diocesi di Chilpancingo Chilapa, Tlapa e Ciudad Altamirano), approvato dalla Conferenza episcopale del Messico, che incoraggia a vivere nella fede questi tragici momenti senza cedere alla violenza. "Uniti nel dolore e nella sofferenza, vi salutiamo per farvi giungere il nostro conforto e la nostra speranza, insieme a sentimenti di solidarietà per la scomparsa dei vostri figli, il 26 settembre, nella città di Iguala" inizia il testo, pervenuto all’agenzia Fides.

"Vi incoraggiamo a continuare a guardare avanti, a non rimanere bloccati con il dolore nella vostra anima. Bisogna continuare a camminare perché Dio ha sempre cose buone per i suoi figli. Non lasciatevi rubare la speranza di cui tutti noi esseri umani abbiamo bisogno per superare la nostra sofferenza. La speranza spinge a continuare a combattere, a continuare a vivere con dignità, a continuare a lavorare per un mondo migliore" prosegue il testo.

"Come vescovi della Chiesa cattolica, vogliamo essere attenti alle vostre esigenze, come a quelle di migliaia di famiglie che in questi anni hanno vissuto situazioni come quelle che avete sofferto voi, come il sequestro di persona, l'estorsione, lo spostamento forzato e la morte dei propri membri. Noi ci impegniamo a sostenerle nella fede, per sperimentare il conforto e la speranza, in modo tale da poter perdonare, e guarire le ferite e la rabbia che è germogliata nel vostro cuore".

All’agenzia Fides sono pervenuti anche altri messaggi di solidarietà e di speranza, riguardo alla vicenda degli studenti scomparsi, inviati alla popolazione dal card. Francisco Robles Ortega, arcivescovo di Guadalajara (Jalisco); da mons. Antonio González Sánchez, diocesi di Ciudad Victoria, (Tamaulipas), e mons. Sigifredo Noriega Barceló, dalla diocesi di Zacatecas. (R.P.)

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Messaggio del Congresso della Caritas di America Latina e Caraibi

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“Con la giustizia e la solidarietà possiamo entrare tutti a tavola”. Con questo messaggio di speranza, ispirato dalla “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco, si è concluso a Guarne, in Colombia, il XVIII il Congresso della Caritas dell’America Latina e dei Caraibi.

"Cosa significa essere discepolo missionario nel contesto attuale?" è stato il tema di questo appuntamento che ha visto riuniti 180 delegati provenienti da quasi tutti i Paesi dell’America Latina, dei Caraibi e degli Stati Uniti. All’evento hanno partecipato anche rappresentanti di Caritas Internationalis e Cor Unum, le Caritas di Spagna, Germania, Francia, Norvegia e Inghilterra e il Consiglio Episcopale Latinoamericano (Celam).

Nei cinque giorni di dibattiti sono state scambiate esperienze e proposte di iniziative da elaborare per contribuire a ridurre la fame e la povertà nel subcontinente americano. Nel messaggio finale le Caritas latino-americane, facendo proprie le parole di Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”, ribadiscono il loro impegno a continuare il loro lavoro quotidiano contro questa “dolorosa e scandalosa povertà in cui vivono milioni di persone”. (L.Z.)
 

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Italia: al via l'Assemblea generale dei superiori religiosi

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A pochi giorni dall'apertura ufficiale dell'anno dedicato alla vita consacrata, i religiosi italiani rispondono all'invito di Papa Francesco, rivolto loro il 29 novembre 2013, incontrandosi a Tivoli da oggi al 7 novembre, per la 54.ma Assemblea generale della Cism, la Conferenza italiana dei superiori maggiori. Ad accogliere provocazioni e interrogativi posti da Papa Francesco, saranno 103 Padri Provinciali d'Italia, in rappresentanza degli oltre 18 mila religiosi presenti sul territorio nazionale. 

Tema scelto per l'appuntamento annuale “Missione della Chiesa e la Vita consacrata. Una lettura dell'Evangelii Gaudium”. “I religiosi d'Italia – sottolinea il presidente del Cism padre Gaetani – hanno piacere di sognarelo stesso sognodi Papa Francesco: una scelta missionaria della Chiesa capace di trasformare ogni cosa. Vogliamo coinvolgerci attraverso la gioia dell'annuncio, dove la buona notizia è gioia e speranza, dialogo con l'uomo, con chi non crede, chi è lontano, è povero e in difficoltà. Occorre non pensarci nella logica dell'autopreservazione, ma in stato di "uscita", come Popolo di Dio che evangelizza perché evangelizzato; come comunità di discepoli missionari che prendono l'iniziativa e si coinvolgono, che accompagnano, fruttificano e festeggiano. Una comunità che non ha paura di fare il primo passo, che va incontro, che cerca i lontani e arriva agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. E’ urgente osare un po' di più, ad imitazione dei tanti fratelli che ci hanno preceduti e hanno speso la vita per il bene di tutti e l'amore di Dio". 

Imprescindibile, in questo senso, il valore della testimonianza, inserita – aggiunge il segretario del Cism padre Volpi "in una comunità dal volto sorridente ed accogliente, docile e sobria, che prega e lavora, che crea spazio per la misericordia e la tenerezza”. “Dentro questo orizzonte ecclesiale – conclude padre Gaetani - crediamo che il futuro della Vita religiosa non sia affatto nero perché non è un mondo che sta morendo, ma un nuovo mondo che sta nascendo e noi dobbiamo avere occhi per scrutare gli spazi della speranza e cuore per piegarci su ogni uomo”. 

Venerdì 7, a conclusione dei lavori, l'incontro dei Provinciali d'Italia con Papa Francesco. Riconosciuta nel 1960, la Conferenza Italiana dei Superiori maggiori (Cism) è un organismo di diritto pontificio, con decreto del '66 del Presidente della Repubblica, persona giuridica senza fini di lucro. Comprende religiosi rappresentanti di oltre 118 diversi Istituti, tra Ordini, Congregazioni e Società di Vita Apostolica. Opera per favorire sinergie tra le esperienze promosse da ciascuna realtà, approfondire tematiche di comune interesse, promuovere la cooperazione e il coordinamento con le Conferenze episcopali e i singoli vescovi.

Quattro le aree in cui è articolata: evangelizzazione, solidarietà, animazione della Vita Consacrata, giuridica. Si riunisce in assemblea una volta l'anno. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 307

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.