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Sommario del 05/11/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa all'udienza generale: essere vescovi non è onorificenza ma servizio

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Il ministero episcopale “non è un’onorificenza, è un servizio”: non si compra, ma si accoglie in obbedienza, non per elevarsi, ma per abbassarsi, come fece Gesù che umiliò se stesso, fino alla morte sulla croce. Nella Chiesa non c’è posto per una “mentalità mondana”. Questo il senso delle parole di Papa Francesco, oggi all’udienza generale in Piazza San Pietro, dedicata alla Santa Madre Chiesa gerarchica. Il servizio di Giada Aquilino

Attraverso la presenza e il ministero dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi “la Chiesa esercita la sua maternità”. Lo ha ricordato Papa Francesco, spiegando che questo è “il vero volto della Chiesa”, della Santa Madre Chiesa gerarchica, che ci accompagna “per tutto il corso della nostra vita”, da quando “ci genera nel Battesimo come cristiani”, fino ai momenti più delicati “della prova, della sofferenza e della morte”. La maternità della Chiesa si esprime, ha aggiunto, “in particolare nella persona del vescovo e nel suo ministero”. Come successori degli apostoli scelti da Gesù e da Lui invitati ad annunciare il Vangelo e “a pascere il suo gregge”, così i vescovi, loro successori, “sono posti a capo delle comunità cristiane, come garanti della loro fede e come segno vivo della presenza del Signore in mezzo a loro”:

“Comprendiamo, quindi, che non si tratta di una posizione di prestigio, di una carica onorifica. L'episcopato non è un’onorificenza, è un servizio. E questo Gesù l’ha voluto così. Non dev’esserci posto nella Chiesa per la mentalità mondana. La mentalità mondana dice: ‘Ma quest’uomo ha fatto la carriera ecclesiastica, è diventato vescovo’… No, no. Nella Chiesa non deve esserci posto per questa mentalità. L'episcopato è un servizio, non un’onorificenza per vantarsi”.

Essere vescovi quindi, ha proseguito il Pontefice, vuol dire “tenere sempre davanti agli occhi” l’esempio di Gesù, venuto “non per essere servito, ma per servire”:

“I santi vescovi – e sono tanti nella storia della Chiesa, tanti vescovi santi – ci mostrano che questo ministero non si cerca, non si chiede, non si compra, ma si accoglie in obbedienza, non per elevarsi, ma per abbassarsi, come Gesù che ‘umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce’. E’ triste quando si vede un uomo che cerca questo ufficio e che fa tante cose per arrivare là e quando arriva là non serve, si pavoneggia, vive soltanto per la sua vanità”.

Gesù, ha aggiunto il Santo Padre, ha scelto e chiamato gli Apostoli pensandoli “non separati l’uno dall’altro, ognuno per conto proprio, ma insieme, perché stessero con Lui, uniti, come una sola famiglia”:

“Anche i vescovi costituiscono un unico collegio, raccolto attorno al Papa, il quale è custode e garante di questa profonda comunione, che stava tanto a cuore a Gesù e ai suoi stessi Apostoli. Com’è bello, allora, quando i vescovi, con il Papa, esprimono questa collegialità e cercano di essere più e più, più, più servitori dei fedeli, più servitori nella Chiesa”.

È successo, ha ricordato Papa Francesco, nella recente Assemblea del Sinodo sulla famiglia. Il pensiero del Pontefice allora è andato “a tutti i vescovi sparsi nel mondo” che, pur vivendo in località, culture, sensibilità e tradizioni differenti e lontane tra loro “diventano espressione del legame intimo, in Cristo, e tra le loro comunità”, “in ascolto del Signore e dello Spirito, potendo così porre attenzione in profondità all’uomo e ai segni dei tempi”. Per questo le comunità cristiane “riconoscono nel vescovo un dono grande” e sono chiamate ad alimentare una sincera e profonda comunione con lui:

“Non c’è una Chiesa sana se i fedeli, i diaconi e i presbiteri non sono uniti al vescovo. Questa Chiesa non unita al vescovo è una Chiesa ammalata. Gesù ha voluto questa unione di tutti i fedeli col vescovo, anche dei diaconi e dei presbiteri”.

Nei saluti nelle varie lingue, Papa Francesco ha ricordato che domenica prossima la Chiesa in Polonia celebrerà la VI Giornata di solidarietà con la Chiesa perseguitata, quest’anno dedicata alla Siria:

“Siate vicini ai fratelli che in quel Paese e in altre parti del mondo soffrono a causa delle guerre fratricide e della violenza. Grazie alla vostra unione nelle preghiere ed ai gesti concreti di aiuto materiale sentano la premurosa presenza e l’amore di Cristo”.

Ha poi rivolto un particolare pensiero a tutti gli ammalati di Sla, assicurando la propria vicinanza e preghiera, auspicando “che tutta la società civile sostenga le loro famiglie ad affrontare tale grave condizione di sofferenza”.

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Papa: Chiesa non faccia aspettare anni per sapere se matrimonio è nullo o valido

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La Chiesa non faccia aspettare anni quanti hanno bisogno di sapere se il loro matrimonio è nullo o valido, è una questione di giustizia e di carità: è quanto ha detto stamani Papa Francesco incontrando, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, i partecipanti a un corso promosso dal Tribunale della Rota Romana. Il servizio di Sergio Centofanti

Nel settembre scorso, Papa Francesco ha istituito una Commissione speciale di studio per la riforma del processo matrimoniale canonico, con l'obiettivo di semplificarne la procedura, rendendola più snella e salvaguardando il principio di indissolubilità del matrimonio. Di questo problema si è parlato anche al recente Sinodo – ha ricordato il Papa – “per un motivo di giustizia”. "Giustizia” – ha sottolineato – perché le procedure “siano giuste e giustizia per la gente che aspetta”. “Quanta gente – ha esclamato  - aspetta anni una sentenza”.  La linea, dunque, è quella della giustizia, ma anche della carità, “perché c’è tanta gente che ha bisogno di una parola della Chiesa sulla sua situazione matrimoniale, per il sì e per il no, ma che sia giusta. Ma, alcune procedure sono tanto lunghe o tanto pesanti” che la gente alla fine ci rinuncia. Il Papa cita l’esempio di Buenos Aires, dove alcuni per raggiungere i tribunali ecclesiastici devono fare un viaggio di oltre 200 chilometri:

“Non si può, è impossibile immaginare che persone semplici, comuni, vadano al Tribunale: devono fare un viaggio, devono perdere giorni di lavoro, anche il premio … tante cose … Dicono: ‘Dio mi capisce, e vado avanti così, con questo peso nell’anima’. E la madre Chiesa deve fare giustizia e dire: ‘Sì, è vero, il tuo matrimonio è nullo. No, il tuo matrimonio è valido’. Ma giustizia è dirlo. Così, loro possono andare avanti senza questo dubbio, questo buio nell’anima”.

Bisogna andare avanti, dunque, sulla strada dello snellimento delle procedure, perché "è la madre Chiesa che va e cerca i suoi figli per fare giustizia", ma non solo:

“E bisogna essere anche molto attenti che le procedure non siano entro la cornice degli affari: e non parlo di cose strane. Ci sono stati anche scandali pubblici. Io ho dovuto congedare dal Tribunale una persona, tempo fa, che diceva: ‘10.000 dollari e ti faccio i due, il civile e l’ecclesiastico’. Per favore, questo no! Sempre nel Sinodo alcune proposte hanno parlato di gratuità, si deve vedere ... Ma quando sono attaccati l’interesse spirituale all’economico, questo non è di Dio!”.

“La madre Chiesa – ha affermato il Papa - ha tanta generosità per poter fare giustizia gratuitamente, come gratuitamente siamo stati giustificati da Gesù Cristo”. Per questo è importante separare l’interesse spirituale da quello economico. Infine, il Papa ha esortato i presenti ad andare avanti e cercare sempre la salvezza delle anime.

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Il 21 giugno il Papa a Torino per l'Ostensione della Sindone

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Papa Francesco sarà il 21 giugno 2015 a Torino per venerare la Sindone e onorare il bicentenario della nascita del Santo piemontese per eccellenza, Giovanni Bosco. L’annuncio è stato dato dal Papa stesso al termine dell’udienza generale e in tarda mattinata l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, il sindaco, Piero Fassino, e altre personalità del capoluogo piemontese hanno ragguagliato i giornalisti sull’organizzazione del doppio evento. Il servizio di Alessandro De Carolis

Lo sguardo dell’Uomo della Sindone si poserà sui giovani e sui malati. È soprattutto per loro che Papa Francesco ha voluto l’Ostensione che si terrà a Torino il prossimo anno, dal 19 aprile al 24 giugno, e dove egli stesso si recherà poco prima della chiusura, come annunciato stamattina:

“Sono lieto di annunciare che, a Dio piacendo, il 21 giugno prossimo, mi recherò in pellegrinaggio a Torino per venerare la Sacra Sindone e onorare San Giovanni Bosco, nella ricorrenza bicentenaria della sua nascita”.

Lo sguardo che si poserà sui pellegrini della Sindone sarà quindi anche quello del Santo dei giovani, al cui bicentenario della nascita – ha spiegato in conferenza stampa l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia – si deve l’idea di una nuova Ostensione dopo quella del 2010:

“E’ il Santo che, come sapete, è padre, maestro, amico dei giovani che ha rappresentato e rappresenta ancora oggi uno dei testimoni esemplari di educatori: educatore nella fede, educatore nell’amore, educatore nello stesso impegno sociale, anche concreto da parte non solo dei giovani e per i giovani, ma con i giovani. Quindi, ci attendiamo molti pellegrini anche per questo”.

Una tre-giorni di introduzione alla venuta del Papa, arricchita dalla visita alla Sindone e ai luoghi di don Bosco coinvolgerà i giovani che si attendono numerosi a Torino anche da varie parti del mondo. Mentre per l’accoglienza degli ammalati gli ospedali “Maria Adelaide” e “Cottolengo”, vicini al Duomo, metteranno a disposizione 70 posti letto. L’organizzazione, ribadisce mons. Nosiglia al microfono di Antonella Palermo, guarderà questa volta con particolare attenzione a chi soffre e vive disagio:

“I malati, anziani, i poveri, i bisognosi, insomma, tutta quella parte della società che soffre per la 'cultura dello scarto', direbbe Papa Francesco. Qui saranno privilegiati perché troveranno anche qui luoghi d’accoglienza negli ospedali, nelle nostre realtà parrocchiali un po’ sul modello di Lourdes, in modo da consumare i pasti a prezzi calmierati, dormire, anche avere alloggio gratuito…”.

Papa Francesco, racconta mons. Nosiglia, ha fortemente indirizzato col suo magistero il recente impegno pastorale della Chiesa torinese. La sua “Evangelii Gaudium”, afferma, “è un programma nuovo” di evangelizzazione che stimola a una conversione richiamata “in maniera molto forte” dalla Sindone:

“Essere custodi della Sindone non vuol dire soltanto offrirla in ostensione al mondo. Ma sappiamo che la nostra Chiesa, dalla Passione di Cristo, trae la forza di quell’amore più grande – questo è il motto che abbiamo scelto per l’Ostensione – che diventa il veicolo di una nuova civiltà: la civiltà dell’amore; di un nuovo impegno della Chiesa per essere povera in mezzo ai poveri ma aperta all’accoglienza e all’integrazione di tanti nostri fratelli, anche immigrati … Insomma, tante sfide che possono diventare risorse per un rinnovamento autentico della nostra comunità”.

Il motto dell’Ostensione 2015, “l’Amore più grande”, lo si deve ai giovani ovvero quello di Cristo, la cui Passione trova una rappresentazione plastica e altamente drammatica nelle fibre della reliquia più importante della cristianità, come ribadito da mons. Nosiglia:

“Papa Francesco ha detto giustamente che la contemplazione della Sindone non è la contemplazione di un uomo morto: è un uomo vivo. E non siamo noi che guardiamo la Sindone: è Lui che ci guarda e che ci spinge quindi a quell’amore più grande e quindi è il richiamo di una presenza forte della Passione del Signore. Secondo me, la verità del Telo c’è, però la scienza non ce lo dice ancora questo. E allora, finché siamo in questa incertezza, certamente per noi prevale una certezza di fede, perché noi troviamo la forza e il vigore che nasce da questo Telo: il messaggio forte della fede cristiana, l’amore che dona la vita, e questa realtà te lo richiama e te lo incarna nel cuore”.

Dal punto di vista pratico, i due eventi – Ostensione e bicentenario di Don Bosco – si pensa attireranno i consueti milioni di visitatori, forse oltre i due milioni e mezzo rispetto all’ultima volta. Molto, gli organizzatori, hanno puntato sul web sia per le prenotazioni – obbligatorie attraverso il sito “sindone.org” – sia per altri aspetti di tipo logistico, come spiega Marco Bonatti, responsabile della comunicazione dell’Ostensione 2015:

“Contiamo molto su internet e sulla diffusione virale delle notizie. Già adesso, peraltro, abbiamo buoni segnali perché in questi mesi moltissimi hanno avanzato richieste: ci sono diverse diocesi, gruppi ecclesiali e parrocchie che hanno già segnalato che verranno, e questo per noi rappresenta il cuore del pubblico che vogliamo raggiungere”.

Sia mons. Nosiglia che il sindaco di Torino, Piero Fassino, si sono soffermati durante i rispettivi interventi in Sala Stampa vaticana sulle difficoltà sociali che Torino vive in questa fase, dominata dal lungo tunnel della crisi. Il custode della Sindone ha visto nella visita di Papa Francesco un rilancio di speranza per la città. Fassino gli ha fatto eco, descrivendo i cambiamenti che ne hanno mutato il volto negli ultimi decenni:

“Il Papa troverà una Torino molto diversa da quella che ha conosciuto in gioventù; troverà una città che continua ad essere una grande città industriale, ma al tempo stesso negli ultimi 20 anni ha conosciuto – come tutti sanno – una straordinaria trasformazione del suo profilo, della sua identità (…) Torino è una città multietnica: il 17% della popolazione è costituita da cittadini stranieri che vivono stabilmente nella nostra città … La visita di Papa Francesco in una città caratterizzata da questa mutazione, da questa trasformazione, è anche l’occasione per riconfermare il valore del dialogo interreligioso, dell’incontro tra le religioni come elemento coesivo fondamentale per la vita della nostra società”.

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Vescovi francesi: natura matrimonio stravolta. Messaggio del Papa

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Papa Francesco ha inviato un messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, al presidente della Conferenza episcopale francese, mons. Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia, in occasione dell’apertura della plenaria, questo lunedì, nel Santuario Mariano di Lourdes. Il Pontefice auspica che i lavori dell’assemblea possano “contribuire a mantenere vivo l'ardore missionario” delle Diocesi francesi “per l'annuncio della gioia del Vangelo” nel Paese. I diversi temi al centro della plenaria - afferma il messaggio – “riflettono la vostra preoccupazione di costruire una chiesa ‘con le porte aperte’, dove c'è spazio per ognuno con la sua vita faticosa. Lo Spirito del Signore ci spinge ad aprire nuove strade perché la Parola di vita possa essere offerta a tutti”. Il Papa invita i vescovi francesi a proseguire l’impegno generoso a favore dei cristiani in Medio Oriente, così provati, così come tanti che soffrono in varie parti del mondo.

Aprendo la plenaria, mons. Pontier ha detto che la famiglia quale cellula fondamentale della società e “portatrice di vita” ha bisogno di essere sostenuta, non di interventi legislativi che la rendono più fragile. L’intervento è stato dedicato in buona parte al tema del recente Sinodo straordinario dei vescovi e in particolare ad alcune questioni al centro del dibattito politico in Francia che saranno dibattute dall’assemblea: il cosiddetto matrimonio per tutti, la procreazione assistita, la gestazione surrogata e il fine vita. 

L’immagine positiva di cui gode ancora la famiglia in Francia – ha sottolineato l’arcivescovo di Marsiglia nella sua prolusione - è oggi minacciata da “una cultura individualista, poco sensibile alle ripercussioni sugli altri delle scelte personali” che la rende più fragile. Ad essa - ha osservato - si è aggiunta una cultura che si lascia trascinare da una definizione senza fine di nuovi diritti individuali, senza valutare le conseguenze negative sulla concezione dell’uomo e sulla solidarietà necessaria alla vita sociale”. Così, lo sforzo legittimo di far avanzare la parità dei sessi “è arrivato al punto di dare legittimità a concezioni filosofiche militanti che negano la bella complementarietà portatrice di vita tra l’uomo e la donna, iscritta nella natura stessa di ciascun essere umano”.

Anche la natura del matrimonio viene stravolta: “Invece di trovare soluzioni adatte alle questioni poste da situazioni particolari, si vuole legiferare come se si dovesse imporre a tutti quello che viene rivendicato come utile o legittimo per qualcuno. Questo, spesso, nel disprezzo dei più deboli: da una parte i bambini nella fase iniziale della loro vita e, dall’altra, dei malati e degli anziani al termine della loro esistenza”. E’ il caso della procreazione assistita e della gestazione surrogata, dove, ha affermato mons. Pontier, “è evidente che si entra in un processo che considera il bambino come un bene di consumo qualsiasi”. Quanto al fine vita, il presidente dei vescovi francesi ha ribadito la posizione della Chiesa: ”L’accesso alle cure palliative deve essere reso possibile ed effettivo”.

Nell’intervento, ampio spazio è stato dato anche ai preoccupanti sviluppi dell’attualità internazionale: dalla guerra in Ucraina, al conflitto israelo-palestinese, al dramma dei cristiani  e delle altre minoranze perseguitate in Medio Oriente. A questo proposito mons. Pontier ha espresso gratitudine ai musulmani francesi che hanno denunciato i crimini commessi dall’Is. (A cura di Lisa Zengarini)

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Papa approva disposizioni su rinuncia vescovi e cardinali

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Papa Francesco, nell'udienza concessa al cardinale segretario di Stato Pietro Parolin lo scorso 3 novembre, ha approvato con un Rescriptum le disposizioni sulla rinuncia dei vescovi diocesani e dei titolari di uffici di nomina pontificia. Si tratta di “una forte riproposizione delle norme già conosciute e un invito a mettere in pratica l'invito del Papa a considerare l'episcopato un servizio e non un onore", ha spiegato il vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Ciro Benedettini.

Si conferma, dunque, la disciplina vigente nella Chiesa latina e nelle varie Chiese orientali sui iuris, secondo la quale i vescovi diocesani ed eparchiali, così come i vescovi coadiutori e ausiliari, “sono invitati a presentare la rinuncia al loro ufficio pastorale al compimento dei settantacinque anni di età”. Con l'accettazione della rinuncia, gli interessati decadono anche da qualunque altro ufficio a livello nazionale, conferito per un tempo determinato in ragione del suddetto incarico pastorale.

“Degno di apprezzamento ecclesiale – si legge nel Rescriptum - è il gesto di chi, spinto dall'amore e dal desiderio di un miglior servizio alla comunità, ritiene necessario per infermità o altro grave motivo rinunciare all'ufficio di pastore prima di raggiungere l'età di settantacinque anni. In tali casi i fedeli sono chiamati a manifestare solidarietà e comprensione per chi è stato loro pastore, assistendolo puntualmente secondo le esigenze della carità e della giustizia”.

“In alcune circostanze particolari l'autorità competente può ritenere necessario chiedere a un vescovo di presentare la rinuncia all'ufficio pastorale, dopo avergli fatto conoscere i motivi di tale richiesta ed ascoltate attentamente le sue ragioni, in fraterno dialogo”.

“I cardinali capi dicastero della Curia Romana e gli altri cardinali che svolgono uffici di nomina pontificia sono ugualmente tenuti, al compimento del settantacinquesimo anno di età, a presentare la rinuncia al loro ufficio al Papa, il quale, ponderata ogni cosa, procederà”.

“I capi dicastero della Curia Romana non cardinali, i segretari ed i vescovi che svolgono altri uffici di nomina pontificia – conclude il Rescriptum - decadono dal loro incarico compiuto il settantacinquesimo anno di età; i membri, raggiunta l'età di ottant'anni; tuttavia, quelli che appartengono ad un Dicastero in ragione di un altro incarico, decadendo da questo incarico, cessano anche di essere membri”.

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Nomine episcopali in Brasile

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In Brasile, Papa Francesco ha nominato vescovo della diocesi di Barretos mons. Milton Kenan Júnior, finora ausiliare di São Paulo. Il presule è nato il 24 novembre 1963 a Taiúva, Stato di São Paulo. Ha compiuto gli studi di Filosofia e Teologia presso il “Centro de Estudos da Arquidiocese de Ribeirão Preto” e, poi, ha conseguito la Licenza in Teologia Spirituale presso il Pontificio Istituto di Spiritualità “Teresianum”, a Roma. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 5 settembre 1987 e si è incardinato nella diocesi di Jabocaticabal. Nel corso del ministero sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale delle Parrocchie “São João Batista” e “Nossa Senhora Aparecida” a Bebedouro (1987-1995); Vicario Parrocchiale della Parrocchia “São Benedito” a Jaboticabal (1997-2001); Coordinatore diocesano della Pastorale e Vicario Episcopale (1997-2002); Direttore dell’Istituto di Filosofia e Teologia “Nossa Senhora do Carmo” a Jaboticabal (2000-2004); Parroco della Cattedrale “Nossa Senhora do Carmo” a Jaboticabal (2001-2008). Inoltre, è stato Professore di Teologia Spirituale al “Centro de Estudos da Arquidiocese de Ribeirão Preto”, Responsabile della Pastorale Presbiterale nel Regionale “Sul 1” della Conferenza Episcopale Brasiliana, Direttore Spirituale del Seminario Diocesano di Jaboticabal, Membro del Consiglio di Presbiteri e del Collegio dei Consultori di Jaboticabal, Coordinatore diocesano della Pastorale (2007-2009) e Parroco della Parrocchia “Nossa Senhora Aparecida” a Bebedouro (2008-2009). Il 28 ottobre 2009 è stato nominato Vescovo titolare di Acque di Bizacena ed Ausiliare di São Paulo, ricevendo l’ordinazione sacerdotale il 27 dicembre successivo.

Sempre in Brasile, il Papa ha nominato coadiutore dell’arcidiocesi di Aracaju mons. João José Da Costa, dei Carmelitani, finora vescovo di Iguatu. Mons. João José da Costa è nato il 24 giugno 1958, in Lagarto, diocesi di Estância. Ha emesso la professione religiosa nell’Ordine Carmelitano il 19 gennaio 1986 ed è stato ordinato sacerdote il 12 dicembre 1992. Ha compiuto gli studi filosofici presso il Seminario Maggiore “Nossa Senhora de Fátima”, in Brasília e quelli teologici presso l’ITESP – Instituto de Teologia São Paulo e l’IFTO – “Instituto Francescano de Olinda”. Ha ottenuto la Licenza in Filosofia nell’Università Statale del Ceará. Nel corso del ministero sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: Consigliere Provinciale della Provincia Carmelitana del Pernambuco, con sede nell’arcidiocesi di Olinda e Recife (1992-1998); Amministratore parrocchiale della parrocchia “Divino Espírito Santo”, in Manaíba e della parrocchia “Santa Terezinha” in Juru, diocesi di Patos (1993-1997); Amministratore parrocchiale nell’arcidiocesi di Olinda e Recife (1998-1999); Priore Provinciale della Provincia Carmelitana del Pernambuco, per due mandati (1998-2004); Vicario parrocchiale in Espinheiro, nell’arcidiocesi di Olinda e Recife (2000-2004); Membro della pastorale carceraria di Olinda e Recife (2002-2004); Priore e Formatore nel Convento di São Cristóvão nell’arcidiocesi di Aracaju (2005-2009). Il 7 gennaio 2009 è stato nominato Vescovo di Iguatu, ricevendo l’ordinazione episcopale il 19 marzo successivo.

Il Pontefice ha nominato sottosegretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti padre Corrado Maggioni, dei Missionari Monfortani, finora capo ufficio della medesima Congregazione.

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Segreteria per l'Economia: manuale per i bilanci degli enti della Santa Sede

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Nuova iniziativa della Segreteria per l’Economia che ha pubblicato e distribuito, questa settimana, un nuovo manuale a tutti gli uffici vaticani ribadendo le politiche di gestione finanziaria che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2015. Il manuale è stato approvato sia dal Consiglio per l’Economia, sia da Papa Francesco.

“Lo scopo del manuale è molto semplice”, ha detto il card. George Pell, Prefetto della Segreteria per l’Economia il quale ha sottolineato che l’iniziativa vuole aiutare gli Enti e le Amministrazioni della Santa Sede a migliorare i criteri e le procedure per  l’elaborazione dei bilanci secondo criteri comuni e coerenti con gli standard internazionali.

“L’uso di pratiche e relazioni di gestione finanziaria sane e coerenti contribuisce a fornire un quadro chiaro riguardo alla responsabilità di tutto coloro ai quali sono affidate le risorse della Chiesa”,  ha detto ancora il card. Pell.

Le nuove politiche rafforzeranno il processo di programmazione degli uffici vaticani, in modo che le risorse possano essere utilizzate in maniera più efficace ed efficiente al servizio della missione della Chiesa.

La Segreteria per l’Economia fornirà agli uffici del Vaticano e della Santa Sede la formazione e il supporto necessari al fine di implementare le nuove politiche.

Il bilancio consolidato sarà rivisto da una grande società di revisione internazionale.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Uniti nel servizio: all'udienza generale Papa Francesco parla della Santa Madre Chiesa gerarchica e annuncia la visita a Torino il prossimo 21 giugno.

Questione di giustizia: il vescovo di Roma ai partecipanti al corso organizzato dal tribunale della Rota romana.

Nuove sfide alla cooperazione tra forze di polizia: intervento dell'arcivescovo Dominique Mamberti all'assemblea generale dell'Interpol.

Più famiglia meno individualismo: l'arcivescovo presidente Georges Pontier all'apertura dell'assemblea plenaria della Conferenza episcopale francese.

Tragedia indescrivibile: il principe Carlo d'Inghilterra sulla persecuzione dei cristiani.

Sempre dalla parte della vita: la dichiarazione dei vescovi argentini sulla depenalizzazione della pratica.

Album di vetro: Silvia Guidi recensisce la mostra fotografica sui cristiani d'oriente al Centre Saint Louis di Roma.

L'uovo di Colombo: Cristian Martini Grimaldi a colloquio con padre Rohan Silva, provinciale degli oblati di Maria immacolata in Sri Lanka.

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Oggi in Primo Piano



Pakistan, omicidio cristiani. P. Cullock: cambiare legge su blasfemia

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In Pakistan, l’accusa di blasfemia continua a essere alibi di atrocità inaccettabili. Ultime vittime, lunedì scorso, due coniugi cristiani, genitori di quattro bimbi, Shahzad Masih e sua moglie incinta Shama, lapidati ed arsi vivi da una folla inferocita, in una fabbrica nel distretto di Kasu, circa 60 Km da Lahore. Dietro l’orribile delitto forse un debito non pagato da Masih al suo datore di lavoro musulmano che, due giorni prima, aveva fatto irruzione nella sua casa picchiandolo. Roberta Gisotti ha intervistato padre Robert Mc Cullock, procuratore generale dell’Ordine di San Colombano, per 34 anni missionario in Pakistan: 

“Un fatto tragico. Attaccare e bruciare vivi due innocenti sulla base di mere illazioni è una presa in giro del sistema giudiziario”. Cosi il vescovo di Islamabad, mons. Rufin Anthony, commenta il tragico evento. La legge sulla blasfemia, in vigore in Pakistan dal 1986, ha causato infatti massima parte di vittime innocenti: si stima che oltre l'80% dei casi siano basati su false accuse. Padre Mc Cullock:

R. – Sì, adesso ci sono 2.000 casi dibattuti, ma l’85% sono contro i musulmani. L’abuso di questa legge è il grande problema. In fondo, questa non è una legge che sta dalla parte della religione per trovare protezione nella legge, ma i fanatici, anche di altre religioni, la usano per ragioni economiche o di altri interessi e usano questa legge contro i cristiani per controllare la vita, gli atteggiamenti e anche il loro ruolo in Pakistan.

D. – Il Consiglio degli Ulema, massima autorità religiosa in Pakistan, ha espresso profondo dolore per quest’ultima violenza, accusando la polizia locale di negligenza e invocando un’inchiesta imparziale. Ma non chiede però di cancellare il reato di blasfemia che, sappiamo, prevede fino alla condanna a morte…

R. – Il problema è di controllare l’abuso che si fa di questa legge. Circa dieci giorni fa, il governatore del Punjab ha detto che il problema è che non c’è un modo per controllare l’uso di questa legge.

D. – Si pensa che il Pakistan possa ritirare questa legge o possa cambiarla…

R. – Un capo del partito "Mqm" (Movimento Muttahida Qaumi) ha detto che questa legge non è giusta, che deve essere cambiata e che prima di tutto bisogna instituire un Comitato rappresentante delle religioni della sciiti, dei sunniti, dei cristiani e anche degli indù e altri. E’ loro la responsabilità di decidere quando si è davanti ad un vero episodio di blasfemia o no. Questo è il problema: legge è nelle mani della polizia, dei politici e della giustizia, è nelle mani della folla.

D. – Il problema è che la legge viene strumentalizzata, manipolata, per coprire altri delitti…

R. – Esatto, esatto…

D. – Comunque, oggi a Lahore esponenti cristiani e attivisti dei diritti umani stanno protestando in piazza e chiedono perfino l’intervento dell’Onu per fermare questi massacri…

R. – Adesso, è arrivato il momento, la responsabilità, per il primo ministro del Pakistan e per il primo ministro del Punjab di fare qualcosa. Dicono sempre che bisogna istituire un Comitato per fare delle proposte ma sono solo parole.

D. – Dalle parole bisogna passare ai fatti…

R. – Questa è una grande disgrazia per l’islam e una grande disgrazia per il Pakistan. Ci sono tanti pakistani e tanti musulmani pakistani che sentono orrore per quello che è stato fatto.

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La Cei a Gaza. Card. Bassetti: vicini a chi cerca la pace nella paura

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“La speranza c’è, ed è come un filo d’erba nel deserto”: è l’immagine che il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, usa per descrivere la missione di due giorni nella Striscia di Gaza e in Israele della Presidenza della Cei, guidata dal cardinale presidente Angelo Bagnasco, i tre vicepresidenti – lo stesso cardinale Bassetti, l’arcivescovo Cesare Nosiglia, il vescovo Angelo Spinillo – e il segretario generale, il vescovo Nunzio Galantino, invitata dal Patriarca Latino di Gerusalemme, Fouad Twal e rientrata in Italia ieri sera. La delegazione ha visitato i quartieri distrutti di Gaza, l’ospedale giordano e la scuola del Patriarcato latino. Ha celebrato nella parrocchia della Sacra Famiglia e poi ha fatto tappa a Sderot, nel sud d’Israele. Della missione parla il cardinale Bassetti al microfono di Francesca Sabatinelli

R. – A Gaza non c’è la luce la sera, quindi passando fra le macerie al buio mi venivano in mente le tenebre bibliche, quando la Bibbia dice: “Le tenebre ricoprono tutta la terra”. E’ una città distrutta, tutta al buio. Questo buio poi naturalmente si riflette nella situazione concreta. L’unico motivo, veramente, che ti dà gioia e speranza sono questi bambini. Il 60% della popolazione è sotto i 25 anni e quindi è tutto un pullulare di ragazzi, di giovani, e i bimbi sono la festa del mondo anche tra le macerie. Questo è proprio il motivo di speranza e io l’ho visto, nei bambini, nelle scuole.

D. – Eminenza, avete incontrato la comunità parrocchiale di Gaza, molto piccola, stiamo parlando di circa 140 persone su un totale di un milione e ottocento mila abitanti, è veramente una goccia…

R.  – Ma questa goccia diventa il cuore pulsante di una città per le sue scuole: due scuole cattoliche che hanno forse più di 2.000 ragazzi. E poi le suore di Madre Teresa che accolgono i bambini: i bambini feriti, i bambini orfani, malati, portatori di handicap… Si vede proprio questa carità. E naturalmente i cristiani, in una massa che è tutta musulmana, sono proprio questo fermento bellissimo della presenza dell’amore di Dio, della carità della Chiesa, della promozione della Chiesa. E questo ti allarga il cuore. E naturalmente, poi, il cuore si stringe nel vedere le distruzioni e dici: “Ma, Signore, ma perché? Perché in sei anni deve essere accaduta questa cosa?”. Tre volte, in sei anni. Quello anche che mi ha colpito profondamente è vedere una grande città che praticamente è come se fosse tutto un carcere all’aperto. Ci sono questi muri altissimi, due porte soltanto di accesso: una dalla parte ebraica, l’altra dall’Egitto. Al mare non possono andare: avrebbero tutto un mare bellissimo davanti a sé. E quello che mi ha dato questo senso di disagio interiore è vedere una città-carcere. E allora mi venivano in mente le parole di Giovanni Paolo II poi ripetute dall’attuale Pontefice: “Abbattete tutti i muri e fate i ponti”. Basta con le città-carcere, con gli Stati-carcere e con la violenza reciproca.

D. – I cattolici, questa piccola comunità, vi hanno chiesto di essere portavoce di qualche loro richiesta?

R. – Sì. Naturalmente, alla celebrazione, la metà erano ortodossi – perché gli ortodossi sono più di 2000 – poi forse c’era qualche protestante, poi c’erano anche alcuni musulmani: tutti ci hanno detto che sentono questa vicinanza della Chiesa e particolarmente sentono la vicinanza di Papa Francesco.

D. – La Cei continuerà a sostenere economicamente i progetti?

R.  – Certo. Loro ce l’hanno chiesto e noi abbiamo detto: prima di tutto vi si porta la solidarietà della nostra Chiesa e del nostro popolo. Poi, siete cristiani: vi si assicura la nostra preghiera e naturalmente la carità e le opere.

D. - La vostra tappa a Sderot: stiamo parlando di un altro scenario, ma anche lì di uno scenario di paura…

R. – E’ un altro scenario, però è importante essere andati anche lì, perché lì abbiamo visto più gli effetti indiretti della guerra e là le distruzioni della guerra. Lì abbiamo visto per esempio la paura nei ragazzi: c’è un clima di insicurezza, suona continuamente l’allarme… Magari, poi, quel piccolo razzo va cadere in mezzo a un campo, però sempre c’è la paura che ti possa cadere addosso… Si è instillato questo clima di paura, di terrore, che è chiaro che non fomenta la pace. Invece, bisogna portare segni di pace lì perché altrimenti si va verso la distruzione totale, alla fine.

D. – Dopo aver parlato con i ragazzi, con i giovani di Sderot, dopo aver incontrato anche gli abitanti di Gaza, lei vede possibile veramente la comprensione tra questi due popoli, da sempre animati da tutt’altri sentimenti?

R.  – Secondo me, bisogna che i moderati di tutte le parti – e mi creda ci sono, ora io non faccio nomi – si mettano insieme per costruire la pace perché da una parte e dall’altra ci sono i “falchi” che non vogliono assolutamente la pace. Bisogna che il mondo riesca a incoraggiare questi moderati e bisognerà che arriviamo proprio al riconoscimento chiaro dei due Stati. Bisogna proprio costruire la pace, riconoscersi a vicenda e non vivere nel progetto di distruggersi gli uni con gli altri.

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Vittoria repubblicani in Usa sulle due Camere del Congresso

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Negli stati Uniti, i repubblicani si aggiudicano il controllo di tutte e due le camere del Congresso. Non accadeva da otto anni. Nel voto di "mid-term", la scorsa notte, gli oppositori di Obama si sono rafforzati alla Camera e hanno conquistato la maggioranza in Senato.  Il servizio di Fausta Speranza

Fase politica nuova negli Stati Uniti, con un presidente democratico che dovrà affrontare gli ultimi due anni del suo mandato senza poter contare su una maggioranza parlamentare che appoggi le sue riforme. Un presidente portato al trionfo nel 2008 e nel 2012, anche se, due anni fa, la sua riconferma era stata accompagnata dalla riconquista da parte della destra della Camera, sull'onda dei "Tea Party". In ogni caso, oggi – riprendendo il titolo del Washington Post – Obama è "ripudiato". l'opinione di Germano Dottori, docente di studi strategici all’Università Luiss:

"Una fase politica, a mio avviso, molto delicata anche perché coinciderà, di fatto, con l’avvio della campagna elettorale per le presidenziali del 2016. Obama avrà grandi difficoltà sia nel proseguire la sua agenda di politica estera - per la quale, peraltro, contestato anche da ampi settori del suo partito - sia per realizzare, o comunque difendere, alcune riforme interne più importanti alle quali lui intende legare la propria eredità politica".

Vittoria della destra ampiamente annunciata dai sondaggi, ma più netta del previsto. Almeno sette, infatti, gli Stati strappati al partito del presidente: North Carolina, Arkansas, Colorado, Iowa, West Virginia, Montana, South Dakota. La sorpresa proprio questi ultimi due, che non erano nella lista degli Stati considerati in bilico. Ancora Dottori:

"E’ chiaro che c’è un effetto di traino, di cui hanno beneficiato molti candidati che non erano ritenuti favoriti alla vigilia. Mi pare che il Partito repubblicano abbia ripreso il controllo del 'Mead West' - che peraltro è stato storicamente una sua roccaforte molto importante - ha conservato posizioni di un valore strategico al sud, come la Florida. Io credo, tuttavia, che sarebbe un azzardo su queste basi trarre conclusioni su come potranno andare le prossime presidenziali tra due anni, e questo soprattutto per una ragione: il Partito democratico dispone in questo momento di un numero maggiore di individualità 'presidenziabili' - come si sul dire - mentre per i repubblicani c’è un problema maggiore nella selezione di un candidato da contrapporre, anche perché i repubblicani sono fratturati al proprio interno. Occorre poi ricordare che gli americani, quando votano alle presidenziali, scelgono una persona e quindi alcune dinamiche possono essere molto differenti rispetto a quelle che abbiamo visto all’opera per questa campagna delle elezioni di medio termine".

Secondo la stampa, Obama è stato punito per le troppe promesse mancate e per la presunta mancanza di leadership in economia e politica estera. E c’è da dire che lo speaker repubblicano alla Camera si affretta ad annunciare nuove misure su lavoro ed energia.

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Legalizzata marijuana in Oregon e Washington DC

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Salario minimo e uso della marijuana sono stati i temi di alcuni dei referendum che hanno impegnato in alcuni Stati gli americani che si sono recati alle urne per le elezioni politiche di "midterm". C’è stato il referendum sul salario minimo e il Nebraska e l’Arkansas hanno approvato un aumento rispettivamente di un dollaro e mezzo e di due. C’è stato, poi, il "sì" della capitale, Washington DC, e dello Stato dell’Oregon alla legalizzazione della marijuana. L’Oregon diventa così il terzo Stato americano, assieme a Colorado e Stato di Washington, a legalizzare l’uso personale della sostanza. In Florida, invece, prevale anche se di pochissimo il "no" alla legalizzazione della marijuana per uso terapeutico. Delle implicazioni dell’uso che con termine convenzionale si definisce “ricreativo” della marjuana, e del possibile uso terapeutico, Fausta Speranza ha parlato con Vincenzo Di Marzo, direttore dell’Istituto Chimica biomolecolare del Cnr, Centro nazionale delle ricerche: 

R. – Quando si parla di marijuana, prima di tutto bisogna ricordare che esistono diverse varianti. E’ importante distinguere le varianti che vengono utilizzate: in realtà parliamo di cannabis, cioè della pianta da cui poi si prepara la marijuana. Quando vengono utilizzate varianti che sono state selezionate per aumentare gli effetti psicotropici della cannabis, queste varianti contengono una molecola che si chiama thc, che è il principale responsabile di questi effetti. Un uso cronico di Thc, un uso ad alte concentrazioni, come quelle presenti in alcune varianti di cannabis appunto selezionate per questo scopo, può essere pericoloso e può dar luogo a problemi cognitivi, anche a lungo termine. E’ chiaro che qualsiasi effetto, sia negativo che positivo, nel senso di terapeutico, di una qualsiasi sostanza dipende dalla dose che si assume. Certo il Thc, come molte altre sostanze di abuso, dà dipendenza. Se si supera una certa soglia di somministrazione, è chiaro che anche il Thc può dare questi problemi.

D. – Invece, se parliamo di uso terapeutico e di marijuana, che cosa dire?

R. – Nella cannabis, e quindi anche nella marijuana che si prepara dalla cannabis, non esiste solo il Thc, esistono tanti altri cannabinoidi - forse uno dei più abbondanti e più studiati dei quali è il cannabidiolo - che non hanno effetti psicotropi. Il Thc ha effetti psicotropi, ma ha anche effetti terapeutici. Il cannabidiolo, che si sta studiando molto in questi ultimi dieci, quindici anni, ha anche effetti antiinfiammatori, antitumorali, anticonvulsivi molto, molto importanti e non ha gli effetti collaterali del Thc: non produce effetti psicotropi, non è ricercato per effetti ricreazionali o ricreativi. E quindi è chiaro che quando si parla di cannabis terapeutica, di marijuana terapeutica, bisogna sempre considerare di che cannabis stiamo parlando, di che marijuana stiamo parlando, quali sono le percentuali dei vari cannabinoidi, rispetto al Thc, in queste varianti. Ed è chiaro che io preferisco, come ricercatore e come farmacologo, parlare di cannabinoidi terapeutici piuttosto che di cannabis terapeutica, perché sappiamo di cosa stiamo parlando, quali sono i principi attivi.

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Roma. Forum fa il punto sullo sviluppo della radio digitale

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Si conclude oggi a Roma, la 20.ma Assemblea generale del  “WorldDmb Forum” che riunisce editori, tecnici, politici e produttori internazionali per fare il punto del passaggio della radio al digitale. Presenti i maggiori Paesi europei, oltre a Cina, Corea del Sud, Indonesia, Tunisia, Pakistan, Turchia, Australia e lo Stato della Città del Vaticano. All’incontro è intervenuto, tra gli altri, padre Federico Lombardi, direttore generale della Radio Vaticana e della Sala Stampa Vaticana, emittente che con 200 giornalisti provenienti da 60 Paesi offre dall’onda corta, a Internet, fino alla radio digitale, programmi e notizie in 44 lingue. Luca Collodi ha chiesto a Giorgio Guana, country manager del gruppo “Pure”, e tra i promotori in Italia dello sviluppo della radio digitale, le conclusioni del “WorldDmb Forum”: 

R. – Diciamo che ci sono delle sessioni all’interno del WorldDmb Forum estremamente importanti che riguardano proprio lo sviluppo coordinato della radio digitale in Europa. Ci sono tavolo di lavoro marketing, auto motive, tecnici… Per esempio, è stato varato un “digital tick” che garantisce ai consumatori l’assoluta qualità e corrispondenza tecnica del prodotto rispetto alle normative europee. E’ un momento importante di condivisione per quanto riguarda lo sviluppo e lo scambio di informazione, anche a livello di marketing, nel senso che, per esempio, il marchio “digital radio” è stato adottato perché più facile da comunicare rispetto all’acronimo “Dab”.

D. – Al Forum è presente anche l’Agicom, che in Italia regola l’utilizzo delle frequenze. Si va verso un processo di allargamento del segnale Dab?

R. – Certamente. Diciamo che la strada è tracciata ed è una strada di non ritorno. Adesso, si tratta di occupare o trovare i blocchi frequenziali necessari in maniera adeguata e nel rispetto della pluralità dei soggetti. Però, il futuro della radio è abbastanza evidente. Non può esserlo su Internet, nel senso che se una radio con milioni di ascoltatori pensasse di spostare tutti gli ascolti in Internet, probabilmente la banda a livello europeo non sarebbe sufficiente per fornire il servizio a tutti gli ascoltatori. Internet alla radio dà il grosso vantaggio dell’interattività, per cui io posso avere una radio e approfondire certi argomenti via Internet. Ma pensare di ascoltare la radio via Internet è un po’ utopistico, dai conti che sono stati mostrati in questi giorni.

D. – Si va verso una radiofonia fatta dalla vecchia Fm e dalla nuova banda del Dab…

R. – Diciamo che tanti Paesi stanno andando in questa direzione e le vendite dei ricevitori stanno andando altrettanto bene, soprattutto in Paesi come la Germania, dove si è arrivati a due milioni e mezzo di ricevitori, lo scorso anno. La Svizzera ormai ha una copertura digitale credo al 99%, con 450 mila ricevitori venduti… Diciamo che le cose si stanno sviluppando molto rapidamente.

D. – Qual è il Paese europeo più avanzato da un punto di vista di radio digitale?

R. – Sicuramente l’Inghilterra, nel senso che ha pianificato questo passaggio dalla radio al digitale tanti anni fa e oggi è il Paese sicuramente più avanti, sia in termini di copertura che di offerta di programmi e soprattutto di diffusione di ricevitori: si stimano circa 20 milioni di ricevitori già presenti nel mercato. Però, loro sono partiti 15 anni fa…

D. – In Italia, negli ultimi mesi, le vendite di radio dab sono triplicate: è vero?

R. – Sì, il dato è corretto anche se si tratta ancora di numeri abbastanza piccoli per cui la crescita logicamente è più facile, in fase iniziale. Direi che, al di là dei numeri, la cosa importante è osservare che le nuove autovetture che escono ed entrano in commercio offrono la radio digitale di serie – ormai tutte come optional ma molte incominciano ad offrirla di serie. E’ utile osservare come sui punti vendita dell’elettronica di consumo si trovino ormai molti marchi, molti modelli di tutti i prezzi, fogge e taglie… Tutti i ricevitori sono a Fm digitale. E poi il mercato si svilupperà, penso, nella direzione dei contenuti più che del mezzo di trasmissione.

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Francesco e la forza di un abbraccio: libro di Spadaro con Skorka e Abboud

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Esce oggi nelle librerie italiane "Oltre il muro. Dialogo tra un musulmano, un rabbino e un cristiano”. Il volume è incentrato sulle conversazioni tra padre Antonio Spadaro, il dottor Omar Abboud e il rabbino Abraham Skorka, protagonisti assieme a Papa Francesco dello storico abbraccio a Gerusalemme, immagine simbolo del Pontificato di Jorge Mario Bergoglio. Sul libro, edito dalla Rizzoli, Alessandro Gisotti ha intervistato proprio l'autore, il direttore di “Civiltà Cattolica” padre Antonio Spadaro: 

R. – Questo libro nasce dal fascino di un abbraccio, quell’abbraccio scambiato davanti al Muro del Pianto tra un cristiano, il Papa, un ebreo, Abraham Skorka, e un esponente musulmano, Omar Abboud. Quell’abbraccio, la forza di quell’abbraccio, è riuscito a superare, se possiamo dire, a "sfondare" in qualche modo il muro, un muro che possiamo dire di divisione. Quando noi percepiamo la forza dell’amicizia,  ci rendiamo conto che tutte le armi giuste della diplomazia e delle mediazioni hanno sempre al loro interno una forma di ipocrisia. L’amicizia invece no: l’amicizia è semplice e schietta. Quindi, direi che questo abbraccio indica una strada, una strada molto chiara di un cammino lungo che però non si può percorrere da soli.

D. - Si può dire che il Papa è un Papa sinodale sempre, cioè cammina sempre assieme al prossimo, a chi incontra, si fa lui stesso prossimo agli altri?

R. - Il Sinodo per il Papa prima di essere un evento è un percorso, è una dinamica. Quindi direi che noi siamo in pieno percorso sinodale e il camminare insieme per Francesco non è solo una strategia di conversione ma è un modo di vivere la nostra vita su questa terra e di testimoniare il Vangelo.

D. – Cosa l’ha colpita nelle conversazioni che ha potuto avere con Omar Abboud e Abraham Skorka, amici di lunga data di Jorge Mario Bergoglio?

R. – Intanto, la grande familiarità e la forza dell’amicizia che ha vissuto con queste due persone. Nel libro sono raccontati anche particolari molto intensi, molto vivi di quest’amicizia. Parlando con loro sia a Roma qui sia anche a Buenos Aires, due volte con entrambi, ho anche potuto vedere fisicamente i luoghi in cui vivono. Per esempio, la biblioteca di Omar Abboud, che è musulmano, ha tanti libri di teologia cristiana che sono stati regalati a lui proprio dal Papa. Mi ha sorpreso vedere questi libri nella sua biblioteca e gli ho chiesto come mai e mi sono reso conto di come il Papa avesse con lui un rapporto molto forte di amicizia che poi diventava anche comunicazione profonda di sapienza religiosa e di fede. In questo rapporto è possibile accogliere la sapienza dell’altro, guardando al significato profondo quindi al di là delle barriere, degli steccati. Una testimonianza viva che ci fa capire anche meglio il Papa, visto da una prospettiva ebraica e da una prospettiva musulmana.

D. – Nella copertina del libro è riportata una frase che già è nella storia di Francesco: “Costruire la pace è difficile ma vivere senza pace è un tormento”. In fondo il Papa indica la via più semplice ma forse quella davvero risolutiva per la pace, cioè il dialogo e l’amicizia?

R.  – La pace è molto difficile da raggiungere però per il Papa non si raggiunge sedendosi a un tavolo e discutendo di idee in astratto. La visione che il Papa ha del dialogo è una visione molto concreta. Per dialogare bisogna fare qualcosa insieme. Bisogna costruire qualcosa insieme. Questa è un po’ la lezione che ci viene dall’esperienza argentina che in fondo è una nazione costruita sull’immigrazione e quindi sulla confluenza di tradizioni religiose culturali molto diverse. L’esperienza di queste persone è che non si sono messe a fare conferenze, dialoghi astratti, tavole rotonde, quanto piuttosto hanno insieme costruito qualcosa, un pezzo di società, e riflettendo sul loro lavorare insieme, poi sono riusciti a proporre anche a noi un modello di dialogo e cammino per la pace.

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Nella Chiesa e nel mondo



Gerusalemme: scontri sulla Spianata delle Moschee

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Si riaccende la tensione sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme, chiusa e poi riaperta questa mattina con scontri fra polizia e palestinesi mentre un gruppo di attivisti israeliani di estrema destra era in attesa di accedere al sito. Due palestinesi sono rimasti feriti, uno dei quali in modo grave dopo essere stato colpito da una pallottola di gomma, scrive il sito di Haaretz. 

Tutto è cominciato - riferisce l'Adn-Kronos - quando un gruppo di attivisti israeliani di estrema destra si è presentato all'ingresso per i visitatori della Spianata, terzo luogo santo dell'Islam ma anche sito dove un tempo si ergevano i due templi ebraici citati dalla Bibbia, chiamato dagli ebrei Monte del Tempio. Gli israeliani volevano pregare per la guarigione di Yehuda Glick, gravemente ferito in un agguato palestinese la settimana scorsa. Glick è uno dei leader del movimento per permettere anche agli ebrei pregare sul Monte del Tempio in contrasto con lo status quo in vigore. 

Appena le porte del cancello per i vistatori sono state aperte, decine di manifestanti palestinesi con il volto coperto hanno iniziato a lanciare sassi e petardi. E' allora intervenuta la polizia israeliana, mentre i manifestanti si rifugiavano nella moschea di al Aqsa, dalla quale, riferiscono i media israeliani, hanno continuato a lanciare pietre e petardi. Intanto è stato bloccato all'ingresso del sito ad un gruppo di deputati arabo israeliani. Dopo l'intervento della polizia è stato permesso l'accesso agli attivisti israeliani. Il sito è stato inizialmente chiuso ai fedeli musulmani e poi riaperto.

Questa mattina intanto, un palestinese è stato abbattuto dalla polizia a Gerusalemme dopo che aveva travolto con un furgoncino un gruppo di pedoni, uccidendone uno, ed era poi sceso armato di una sbarra di ferro. Il palestinese, riferisce il sito Ynetnews, è stato identificato come un esponente di Hamas, residente a Shaufat, un quartiere di Gerusalemme est. Fra le persone investite vi sono cinque feriti, due dei quali gravi. 

L'attacco è avvenuto presso la Tomba di Simeone il Giusto a Gerusalemme est, alla fermata della ferrovia leggera. Già il 22 ottobre un altro palestinese aveva investito un gruppo d'israeliani alla fermata della ferrovia leggera, uccidendo una bimba di tre mesi. (R.P.)

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Burkina Faso: il card. Ouédraogo invita al dialogo

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“C’è la volontà di dialogare per far uscire il Paese dalla crisi” ha affermato il card. Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, in un’intervista alle Pontificie Opere Missionarie della Francia, ripresa dall’agenzia Fides.

Il cardinale si sofferma sulla crisi che ha portato alla fuga, dopo 27 anni di potere, il Presidente Blaise Compaoré. “Il Presidente - dice il cardinale - ha sottovalutato la collera della popolazione, che aspira ad una maggiore giustizia sociale” cercando di imporre un terzo mandato attraverso la modifica della Costituzione. “Si tratta di un’insurrezione popolare, e non di un colpo di Stato militare” sottolinea ancora l’arcivescovo di Ouagadougou. I militari hanno però preso il potere in contemporanea con la fuga dell’ex Presidente.

“La presa del potere del colonnello Isaac Zida non è conforme alla Costituzione, che prevede che la transizione sia assicurata da un civile” ricorda il card. Ouédraogo che però si mostra fiducioso sulle sorti del Paese. “Dopo le tensioni dei giorni scorsi, con saccheggi e la morte di una trentina di persone, si ha la sensazione che il governo di transizione ha impresso una svolta alla sua politica. C’è la volontà di dialogare con i diversi partiti politici e le istanze civili e religiose del Paese, per uscire il prima possibile dalla crisi”.

Il cardinale nota che durante le riunioni tenutesi il 3 novembre, tra i rappresentanti politici, religiosi e della società civile da una parte e i militari dell’altra, “questi ultimi hanno affermato la volontà di non volere spargere il sangue dei figli della nazione”. Inoltre, secondo il cardinale, i militari temono eventuali sanzioni internazionali, che “indebolirebbero ulteriormente il Burkina Faso, uno dei Paesi più poveri dell’Africa”.

Il card. Ouédraogo, che ha indetto una novena di preghiera per la pace in Burkina Faso, nel corso dell’incontro tra i rappresentati religiosi e il colonnello Yacouba Isaac Zida, ha descritto come “straordinario” il dialogo interreligioso nazionale ed ha sottolineato come “le comunità musulmana, cattolica e protestante siano unite e tolleranti”. (R.P.)

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Congo. Nuovi massacri a Beni: proteste della popolazione

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Continuano i massacri a Beni, nel Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), nonostante la visita in città del Presidente Joseph Kabila al fine di rassicurare la popolazione, terrorizzata dalle violenze dei guerriglieri dell’Adf-Nalu.

Secondo la stampa locale, domenica scorsa 14 persone, tra cui due militari, sono state uccise all’arma bianca, nei pressi della parrocchia di Gustave de Beni-Paida, nel comune di Ruwenzori.

Il nuovo massacro ha provocato la collera della popolazione che è scesa nelle strade della città, scontrandosi con la polizia dopo aver incendiato le bandiere dei partiti della maggioranza presidenziale e distrutto la statua raffigurante il Presidente Joseph Kabila, che era giunto a Beni il 29 ottobre.

Secondo la Conferenza episcopale della Rdc, circa 100 persone sono state uccise nell’ultimo mese dai “presunti ribelli ugandesi dell’Adf”. La grave situazione nell’area era stata denunciata il 17 ottobre da mons. Melchisédech Sikuli Paluku, vescovo di Butembo-Beni. Nei mesi scorsi l’esercito congolese, insieme ai Caschi Blu della Monuc (Missione Onu nella Rdc), era riuscito a mettere sotto controllo i principali gruppi di guerriglia dell’area, in particolare l’M23, ma la recrudescenza delle azioni dei ribelli ugandesi ha fatto ripiombare la popolazione nel terrore. (R.P.)

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Vescovi argentini: no alla depenalizzazione dell’aborto

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“Ci sentiamo chiamati a promuovere la vita fragile, esposta o a rischio”. Queste le parole con cui i vescovi argentini, in un comunicato, si esprimono sulla possibilità di depenalizzare l’aborto. La legge sulla legalizzazione dell’interruzione di gravidanza - riferisce l'agenzia Sir - verrà presentata infatti oggi in Parlamento, a Buenos Aires.

I vescovi argentini hanno sottolineato che “il diritto alla vita è il diritto fondamentale dell’essere umano”, non soltanto per un credente, ma per chiunque rispetti l’esistenza dell’uomo. Quando una donna è incinta, hanno continuato, in gioco ci sono due vite, non soltanto quella della madre, ma anche quella del figlio in gestazione, che va ugualmente difesa. Se si cessa di rispettare la vita che nasce dentro il corpo di una donna, si andrà in contro a conseguenze giuridiche, culturali ed etiche che i vescovi argentini temono. “Una legislazione che non proteggesse la vita umana favorirebbe una cultura della morte”: hanno spiegato i vescovi argentini nel loro comunicato.

Qualche mese fa, anche Papa Francesco aveva condannato aborto, sostenendo che non fosse un discorso di fede, ma di ragione e di scienza. “Non esiste una vita umana più sacra di un’altra”: aveva affermato il Pontefice e questo è ciò che hanno ricordato oggi anche i vescovi suoi connazionali al Parlamento. (C.S.)

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Caritas Roma: 11% rifugiati hanno subito violenze e torture

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Circa l’11% di rifugiati e richiedenti asilo e il 10% di quella parte di immigrati che vivono in condizione di marginalità sociale può presentare un “Disturbo da stress post-traumatico”. E’ quanto emerge dal rapporto, presentato oggi a Roma, sul progetto “Ferite Invisibili” che la Caritas di Roma ha attivato nel 2005 per curare migranti vittime di violenze intenzionali. In 9 anni sono stati curati 254 pazienti (204 uomini e 50 donne) ed effettuato 3.630 colloqui psicoterapici: si tratta di migranti che hanno sofferto violenze o torture, cui spesso si sono accompagnate esperienze traumatiche legate ai difficili percorsi migratori.

Nell’ultimo anno sono stati seguiti 36 pazienti, di cui 21 nuovi, ed effettuate 400 sedute terapeutiche. Oggi la maggioranza dei pazienti proviene da Afghanistan, Mali e Senegal. Dal 2011 al 2013 sono stati prevalenti coloro che provenivano da Costa D’Avorio, seguiti da Afghanistan, Camerun e Senegal.

Durante un convegno in corso oggi presso le Case famiglia di Villa Glori, struttura della Caritas di Roma per malati di Aids, è stato presentato anche il libro “Quando le ferite sono invisibili. Vittime di tortura e di violenza: strategie di cura”. 

Secondo la letteratura scientifica internazionale e le indagini condotte dai ricercatori della Caritas di Roma, la presenza del Disturbo da stress post-traumatico (Ptsd) è presente tra il 9% e il 50% nei rifugiati e richiedenti asilo, a seconda del tipo di campione studiato. La prevalenza ovviamente è molto più alta se le persone sono detenute in posti come i Cie.

Tra i migranti che vivono in condizione di fragilità sociale e giuridica-amministrativa in sei casi su dieci vi è una presenza di gravi traumi pre-migratori in cui gli eventi più frequenti sono: “deprivazione materiale”, “scomparsa, morte o ferimento di persone care”, “lesioni corporee”, “condizioni di guerra”, “essere testimone di violenze sugli altri”, “tortura” e “isolamento forzato e coercizione”.

Allo stesso tempo, nel 73% dei casi, si riscontrano gravi difficoltà di vita post-migratorie con le problematiche più frequenti che risultano: “mancanza del permesso di lavoro”, “povertà”, “non esser riusciti a trovare lavoro”, “impossibilità di tornare a casa in caso di emergenza”, “preoccupazione per la famiglia rimasta a casa”. “Oggi sappiamo che i traumi sono tragedie, ma non solo tragedie - sostiene Marco Mazzetti, psichiatra e coordinatore scientifico del Progetto -. La letteratura scientifica e la nostra esperienza clinica ci hanno insegnato che sono anche occasioni di crescita personale, esistenziale”. (R.P.)

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Sud Sudan: Radio Bakhita è tornata in onda

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“Oggi finalmente Radio Bakhita è tornata in onda”. Ad annunciarlo alla Radio Vaticana è Enrica Valentini, direttrice del Catholic Radio Network, la Rete delle radio cattoliche del Sud Sudan. L’emittente dell’arcidiocesi di Juba era stata chiusa a fine agosto dalle autorità per la sicurezza nazionale, per essersi occupata di notizie politiche del Paese, da mesi sconvolto da violenti scontri tra truppe fedeli al capo di Stato Salva Kiir e forze vicine all’ex presidente Riek Machar.

La Radio ha trasmesso programmi religiosi, dedicati alle ricorrenze dei giorni scorsi della Solennità di Tutti i Santi e della commemorazione dei defunti. Da gennaio sarà operativo un nuovo palinsesto.

Giovedì scorso, nella conferenza stampa di annuncio della ripresa delle trasmissioni, l’arcivescovo della capitale sud sudanese, mons. Paulino Lukudo Loro, aveva auspicato che Radio Bakhita, tutte le altre emittenti cattoliche e i media del Paese possano continuare a diffondere messaggi di pace, riconciliazione e speranza. (G.A.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 309

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.