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Sommario del 06/11/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa agli evangelici: superare le divisioni che deturpano il Vangelo

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L’efficacia dell’annuncio cristiano sarebbe maggiore se i cristiani non fossero divisi. E’ quanto affermato da Papa Francesco nell’udienza all’Alleanza Mondiale Evangelica. Il Pontefice ha ribadito che le divisioni tra cristiani deturpano la bellezza del Vangelo ed ha incoraggiato le occasioni di fratellanza e collaborazione tra cattolici ed evangelici. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“Aiutiamo la Chiesa a diventare sempre più in Cristo e con Cristo”. E’ l’auspicio formulato da Papa Francesco che, rivolgendosi a una delegazione dell’Alleanza Mondiale Evangelica, ha innanzitutto evidenziato che il Regno di Dio ci precede come “pure ci precede il mistero dell’unità della Chiesa”. Sin dall’inizio, ha proseguito, “ci sono state divisioni tra i cristiani, e ancora oggi purtroppo permangono rivalità e conflitti tra le nostre comunità”. Tale situazione, ha soggiunto, “indebolisce la nostra capacità di adempiere il comandamento del Signore di predicare il Vangelo a tutte le nazioni”:

“La realtà delle nostre divisioni deturpa la bellezza dell’unica tunica di Cristo ma non distrugge completamente la profonda unità generata dalla grazia in tutti i battezzati (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Unitatis redintegratio, 13). L’efficacia dell’annuncio cristiano sarebbe certo maggiore se i cristiani superassero le loro divisioni e potessero celebrare insieme i Sacramenti e insieme diffondere la Parola di Dio e testimoniare la carità”.

Il Papa si è detto dunque  lieto di apprendere che, “in diversi Paesi del mondo, cattolici ed evangelici hanno stabilito relazioni di fratellanza e collaborazione”. Ed ha sottolineato gli sforzi congiunti tra il dicastero per l’Unità dei Cristiani e l’Alleanza Mondiale Evangelica che hanno chiarito “malintesi” e hanno mostrato “vie per superare pregiudizi”:

“Cari fratelli e sorelle, sono fiducioso che lo Spirito Santo, che infonde nella Chiesa, con il suo soffio possente, il coraggio di perseverare e anche di cercare nuovi metodi di evangelizzazione, possa inaugurare una nuova tappa nelle relazioni tra cattolici ed evangelici. Una tappa che permetta di realizzare in maniera più piena la volontà del Signore di portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra (cfr At 1,8)”.

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Francesco a vescovi Malawi: famiglia, fondamento di una società solidale

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Dal “cuore dell’Africa” al “cuore della Chiesa”: il “gioioso benvenuto” di Papa Francesco ai vescovi del Malawi, in visita ad Limina, ricevuti stamane in Vaticano. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Parole di stima nel discorso consegnato dal Papa ai presuli del Malawi per il buon lavoro “pastorale e amministrativo”, segno della “fede” e dello “spirito di unità e fraternità” che caratterizza la Conferenza episcopale di questo Paese africano. E parole di stima al popolo del Malawi che sebbene affronti “molti gravi ostacoli in termini di sviluppo, di progresso economico e tenore di vita”, resta ancorato ai suoi valori familiari. E’ proprio “nella famiglia, – sottolinea Francesco - con la sua capacità unica di formare ogni membro, specie i giovani, in persone amorevoli, capaci di sacrifico, impegno e fedeltà che la Chiesa e la società nel Malawi troveranno le risorse necessarie per rinnovare e costruire una cultura di solidarietà”. Da qui l’invito del Papa ai vescovi a non trascurare alcun aspetto della vita familiare – infanzia e giovinezza, amicizia, fidanzamento e matrimonio, intimità coniugale, fedeltà e amore, relazioni interpersonali e supporto – nessuno escluso dall’amore di Dio, comunicato attraverso il Vangelo e insegnato dalla Chiesa. Francesco raccomanda poi ai presuli di “essere vicini ai loro sacerdoti”, che “sovente attirati in tante direzioni diverse”, “di ascoltarli e supportarli” e di curare al meglio la loro “formazione umana”, “da cui dipende una formazione integrata spirituale, intellettuale e pastorale”. Chiede inoltre il Papa di porre attenzione ai giovani, “parte preziosa”  e “promessa per il  futuro” del Malawi. E, che la Chiesa abbia sempre presente la “tragedia” dei numerosi poveri con aspettative di vita molto ridotte, e la sofferenza dei malati, specie di Aids, e il dramma dei loro parenti e degli orfani.

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Il Papa: il cristiano non ha paura di sporcarsi le mani con i lontani

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Il vero cristiano non ha paura di sporcarsi le mani con i peccatori, di rischiare anche la sua fama, perché ha il cuore di Dio che vuole che nessuno si perda: è quanto ha detto il Papa nella Messa mattutina a Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti

Al centro dell’omelia di Papa Francesco, le due parabole della pecora smarrita e della moneta perduta. I farisei e gli scribi si scandalizzano perché Gesù “accoglie i peccatori e mangia con loro”. “Era un vero scandalo a quel tempo, per questa gente” osserva il Papa, che esclama: “Immaginiamo se a quel tempo ci fossero stati i giornali!”. “Ma Gesù è venuto “per questo: per andare a cercare quelli che si erano allontanati dal Signore”. Queste due parabole – spiega – “ci fanno vedere come è il cuore di Dio. Dio non si ferma, Dio non va fino ad un certo punto, Dio va fino in fondo, al limite, sempre va al limite; non si ferma a metà cammino della salvezza, come se dicesse: ‘Ho fatto tutto, il problema è loro’ . Lui va sempre, esce, scende in campo”.

I farisei e gli scribi, invece, si fermano “a metà cammino. A loro importava che il bilancio dei profitti e delle perdite fosse più o meno favorevole e con questo andavano tranquilli. ‘Sì, è vero, ho perso tre monete, ho perso dieci pecore, ma ho guadagnato tanto’. Questo non entra nella mente di Dio, Dio non è un affarista, Dio è Padre e va a salvare fino alla fine, fino al limite”. E “l’amore di Dio è questo”. Ma “è triste – afferma - il pastore a metà cammino”:

“E’ triste il pastore che apre la porta della Chiesa e rimane lì ad aspettare. E’ triste il cristiano che non sente dentro, nel suo cuore, il bisogno, la necessità di andare a raccontare agli altri che il Signore è buono. Ma quanta perversione c’è nel cuore di quelli che si credono giusti, come questi scribi, questi farisei. Eh, loro non vogliono sporcarsi le mani con i peccatori. Ricordiamo quello, cosa pensavano: ‘Eh, se questo fosse profeta, saprebbe che questa è una peccatrice’. Il disprezzo. Usavano la gente, poi la disprezzavano”.

“Essere un pastore a metà cammino – afferma Papa Francesco - è una sconfitta”. “Un pastore deve avere il cuore di Dio, andare fino al limite” perché non vuole che nessuno si perda:

“Il vero pastore, il vero cristiano ha questo zelo dentro: nessuno si perda. E per questo non ha paura di sporcarsi le mani. Non ha paura. Va dove deve andare. Rischia la sua vita, rischia la sua fama, rischia di perdere la sua comodità, il suo status, anche perdere nella carriera ecclesiastica pure, ma è buon pastore. Anche i cristiani devono essere così. E’ tanto facile condannare gli altri, come facevano questi – i pubblicani, i peccatori – è tanto facile, ma non è cristiano, eh? Non è da figli di Dio. Il Figlio di Dio va al limite, dà la vita, come l’ha data Gesù, per gli altri. Non può essere tranquillo, custodendo se stesso: la sua comodità, la sua fama, la sua tranquillità. Ricordatevi questo: pastori a metà cammino no, mai! Cristiani a metà cammino, mai! E’ quello che ha fatto Gesù”.

“Il buon pastore, il buon cristiano – conclude il Papa - esce, sempre è in uscita: è in uscita da se stesso, è in uscita verso Dio, nella preghiera, nell’adorazione; è in uscita verso gli altri per portare il messaggio di salvezza”. E il buon pastore e il buon cristiano conoscono cosa sia la tenerezza:

“Questi scribi, farisei non ne sapevano, non sapevano cosa fosse caricare sulle spalle la pecora, con quella tenerezza, e riportarla con le altre al suo posto. Questa gente non sa cosa sia la gioia. Il cristiano e il pastore a metà cammino forse sa di divertimento, di tranquillità, di certa pace, ma gioia, quella gioia che c’è nel Paradiso, quella gioia che viene da Dio, quella gioia che viene proprio dal cuore di padre che va a salvare! ‘Ho sentito i lamenti degli israeliti e scendo in campo’. Questo è tanto bello, non avere paura che si sparli di noi per andare a trovare i fratelli e le sorelle che sono lontani dal Signore. Chiediamo questa grazia per ognuno di noi e per la nostra Madre, la Santa Chiesa”. 

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Cristiani bruciati vivi in Pakistan. Tauran: barbarie, non restare passivi

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La Santa Sede interviene sulla tragica vicenda dei due giovani sposi cristiani, genitori di 4 figli, bruciati vivi in Pakistan da una folla inferocita. La coppia era stata ingiustamente accusata di blasfemia da un leader religioso musulmano. Ascoltiamo il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, al microfono di Hélène Destombes:

R. – Je suis choqué, on reste sans paroles devant des actes d’une telle barbarie …

Sono scioccato, si rimane senza parole, ovviamente, di fronte ad un atto di tale barbarie. Quello che è ancora più grave è che è stata invocata la religione, in modo specifico. Ora, una religione non può giustificare crimini di questo genere. Esiste questa legge sulla blasfemia, che rappresenta un problema: la comunità internazionale, non dovrebbe intervenire? Da un lato, ci sono certamente le convinzioni religiose che vanno rispettate, ma è necessario anche salvaguardare un minimo di umanità, di solidarietà. Credo pertanto che il dialogo si imponga: purtroppo, non lo si ripete mai abbastanza spesso. Più delicata è la situazione, tanto più si impone il dialogo.

D. – Lei pensa che si possa richiedere un intervento della comunità internazionale, nello specifico delle Nazioni Unite?

R. – Je pose la question: est-ce que on peut rester comme ça, …

Io chiedo: si può rimanere così passivi di fronte a crimini dichiarati legittimi dalla religione?

D. – Questo fatto tragico non fa che aggiungersi a tanti altri …

R. – Depuis l’introduction de la loi de blasphémie …

Dall'anno in cui è stata introdotta la Legge sulla blasfemia, ci sono state circa 60 esecuzioni. E questa cosa non tocca soltanto i cristiani: sono colpite anche altre minoranze, come avvocati, oppositori al regime che sono stati uccisi in maniera barbara. Ci si trova quindi di fronte ad un grande problema …

D. – Molti cristiani si trovano, attualmente, nei bracci della morte del Pakistan: pensiamo, ovviamente, anche ad Asia Bibi, ma ce ne sono tanti altri. Oggi sarebbe veramente necessaria un’azione per sollecitare la riforma di questa legge …

R. – Oui, ma cela ou nous sommes on ne peut pas intervenir dans les affaires …

Sì, ma al punto al quale siamo ora, non si può intervenire negli affari interni di uno Stato, ma almeno bisogna aiutare i responsabili della politica a trovare soluzioni degne dell’uomo e della civiltà.

D. – La Commissione della Giustizia e della Pace del Pakistan ha reagito a questo dramma, denunciando una mancanza di volontà da parte della politica e affermando che tutto questo rende le minoranze ancora più vulnerabili …

R. – Je pense que effectivement l’église locale est très courageuse …

Penso che, effettivamente, la Chiesa locale sia molto coraggiosa. Bisogna sostenerla e soprattutto denunciare, denunciare vigorosamente che non c’è alcuna giustificazione a questo genere di cose. In fondo, viene umiliata l’umanità intera …

D. – Molte sono le voci che si sono levate per denunciare la mancata reazione del governo e una certa complicità da parte delle forze di polizia e dei tribunali ...

R. – Oui, moi j’ai entendu ça aussi, …

Sì, anch’io l’ho sentito dire; non ho gli elementi per affermare questo o per confermarlo, ma è certo che ci sia – incontestabilmente – una connivenza. A quale livello, questo non lo so. In ogni caso, sono dell’opinione che si debba denunciare pubblicamente questo tipo di atteggiamento, soprattutto perché i nostri cristiani percepiscano la solidarietà della Chiesa, che è la loro famiglia.

D. – Lei si aspetta una reazione da parte dei leader musulmani? Si aspetta che si esprimano di fronte a queste azioni?

R. – J’éspère. J’éspère bien. C’est ce que nous avons acclamé au mois d’août, aussi.

Lo spero. Lo spero bene! Questo è quello che avevamo auspicato già nello scorso agosto … Per quanto, bisogna riconoscere che le prime vittime sono i musulmani, perché questi crimini danno all’islam un’immagine terribile, molto negativa. Quindi, avrebbero tutto l’interesse a denunciare, e anche in maniera forte …

D. – Si tratta di un’atmosfera tesa, come non ne ha conosciute, finora?

R. – Non, non. Vraiment. Je crois qu’on est arrivé là au paroxysme …

No, mai. Credo che siamo arrivati al parossismo, a quello che San Paolo definisce “il mistero dell’iniquità”, cioè il male allo stato puro. Nemmeno gli animali si comportano in questo modo! Ci troviamo veramente in un’epoca di precarietà totale, in cui tutto può accadere, la persona umana non è rispettata, la vita non conta niente …

D. – Come, in quanto cristiani, conservare la speranza in questo contesto, e come – anche – aiutare queste popolazioni che vivono situazioni estremamente drammatiche, che subiscono violenze ogni giorno?

R. – Avec la solidarité. Il y a aussi des belles choses qui se font sur le terrain. …

Con la solidarietà. Ci sono anche cose molto belle che si realizzano sul terreno. Per esempio, ho visitato una famiglia musulmana che ha accolto una famiglia cristiana; a Baghdad, ancora, i Padri Domenicani hanno istituito l’Accademia delle scienze sociali, in piena guerra. Ci sono anche cose molto belle che si realizzano … credo che sia necessario puntare sulla fratellanza, che è stato il tema della Giornata mondiale della pace …

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Francesco riceve la presidente delle Nonne di Plaza de Mayo col nipote

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Il Santo Padre ha ricevuto ieri pomeriggio in udienza privata, presso lo studiolo dell’Aula Paolo VI, la signora Estela de Carlotto, presidente della Associazione delle “Nonne di Plaza de Mayo”, insieme al nipote ritrovato, Ignacio Guido Montoya Carlotto. Lo riferisce la  Sala Stampa vaticana. Successivamente, nella vicina Auletta, il Papa ha incontrato anche altri componenti della famiglia Carlotto, diciotto persone, intrattenendosi cordialmente con loro. Sono stati offerti al Papa alcuni doni, fra cui un poncho e un CD di musica composta da Ignacio Guido, che è musicista, e un foulard delle Nonne della Plaza de Mayo. L’incontro è durato nell’insieme circa mezzora. Oggi, presso l’Ambasciata Argentina presso il Quirinale, alle ore 17, si svolge una conferenza stampa a cui partecipa la signora Estela de Carlotto. 

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Tweet del Papa: “L’indifferenza verso i bisognosi non è accettabile per una persona che si dice cristiana”

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“L’indifferenza verso i bisognosi non è accettabile per una persona che si dice cristiana”. E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex seguito da oltre 16 milioni di follower.

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Navarro-Valls: Giovanni Paolo II sapeva che il Muro di Berlino sarebbe caduto

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Ricorre domenica prossima il 25.mo della caduta del Muro di Berlino, un evento spartiacque della storia contemporanea. Per giudizio pressoché unanime degli storici, Giovanni Paolo II fu tra coloro che più contribuirono a quello straordinario avvenimento e al successivo dissolvimento dell’impero sovietico. Per una testimonianza su come Karol Wojtyla ha vissuto quel 9 novembre del 1989, Alessandro Gisotti ha intervistato l’ex direttore della Sala Stampa Vaticana, Joaquin Navarro-Valls: 

R. - Quando si guarda indietro, con la memoria, forse si coglie meglio ancora la dimensione straordinaria di quell’evento: una dimensione che non è fondamentalmente politica, ma che è soprattutto umana. L’altro aspetto da sottolineare - che naturalmente fa di quell’evento una cosa storica da tutti i punti di vista, ma anche sorprendente - è che questo gigantesco cambiamento rappresentato dalla caduta del Muro sia avvenuto senza spargimento di sangue.

D. - Che ricordi ha di come San Giovanni Paolo II reagì a questo evento epocale? Ha dei ricordi proprio di quella sera del 9 novembre 1989?

R. - Curiosamente, era quasi come se lui se lo aspettasse. Entrava questa possibilità pienamente nel suo modo di pensare e per lui era quasi una non notizia. Naturalmente c’era anche un elemento di sorpresa per la data… Però in tutti quegli anni, che sono stati 10 anni - dal ’79, data del suo primo viaggio in Polonia, all’89 data della caduta del Muro, quindi 10 anni - in cui lui continuava ad andare in Polonia, continuava con il suo messaggio… Era un lavoro straordinario, anzi direi un capolavoro straordinario che lui ha fatto in tutti quegli anni.

D. - Possiamo dire che anche quando nessuno ci sperava o quasi, Karol Wojtyla invece credeva fermamente nella caduta del Muro di Berlino e poi nella fine dell’impero sovietico?

R. - Sembra di sì, anzi ne sono convinto! Lui aveva già detto agli inizi, subito dopo il suo primo viaggio in Polonia nel ’79, che il più grave errore, l’errore fondamentale del socialismo, del socialismo reale, era antropologico. Questa era una cosa che fu sorprendente anche a livello delle cancellerie europee e anche americane. Lui capiva benissimo che l’errore di base di questo socialismo reale era di natura antropologica e cioè una visione sbagliata dell’uomo: quell’uomo nuovo che il comunismo voleva ricreare, perché la società che loro immaginavano funzionasse, era un mito, un grande errore. Quindi lui se lo aspettava, aspettava questo cambiamento e per questo continuava - in tutto quel lungo periodo di dieci anni - a ripetere il suo messaggio, che fu perfettamente capito in tutto il centro-est europeo.

D. - Mikhail Gorbaciov ha affermato che senza Giovanni Paolo II non si può capire ciò che è avvenuto in Europa in quegli anni e in particolare nel 1989…

R. - Ho avuto l’occasione di parlare diverse volte con Mikhail Gorbaciov, la prima volta anche prima che lui venisse - più di un anno prima, nell’88 - a Mosca; nell’89 aveva scritto una lettera, un lunga lettera a Giovanni Paolo II - conosco naturalmente quel testo - e in quella lettera una delle cose per me sorprendenti è che lui citava e faceva delle citazioni letterali piuttosto frequentemente delle cosiddette encicliche sociali di Giovanni Paolo II: non c’è dubbio che lui abbia trovato alcuni punti di ispirazione, nei cambiamenti che lui rappresenta, in quello che Giovanni Paolo II aveva scritto, aveva detto. Questa sua affermazione - non si può capire ciò che è successo in Europa senza tener conto del lavoro, della presenza e delle parole di Giovanni Paolo II - è non soltanto da parte sua molto sincera e molto autentica nel dirlo, ma è anche una verità storica.

D. - Nel memorabile e a tratti anche commovente discorso alla Porta di Brandeburgo nel 1996, Giovanni Paolo II affermò con forza che l’uomo è chiamato alla libertà, lo ha ripetuto più volte. Questo è il messaggio più forte che resta?

R. - In qualche modo sì. Dobbiamo però anche ricordare che Giovanni Paolo II, che adoperava spesso la parola “libertà”, la abbinava sempre al concetto di verità: se è possibile per l’essere umano essere libero e decidere è perché può conoscere la verità e quindi questa conoscenza della verità è quello che gli permette poi di decidere e alla fine di agire. Nel contesto del socialismo reale questo era completamente nuovo, perché era l’impero della menzogna organizzata. Era questo, era il rivendicare la verità delle cose. E questo va strettamente unito al concetto di libertà.

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Consegnato al Papa CD della Deutsche Grammophon con musiche della Sistina

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La Cappella Musicale Pontificia Sistina ha raggiunto un accordo con la Deutsche Grammophon per la pubblicazione dei CD con le sue esecuzioni musicali. Ieri è stato consegnato al Papa il primo CD, intitolato “Habemus Papam”, che contiene tutte le musiche del Conclave e che uscirà la settimana prossima. Sergio Centofanti ne ha parlato con mons. Massimo Palombella, direttore della Cappella Musicale Pontificia Sistina: 

R. – E’ un’esclusiva tra Cappella Musicale Pontificia e la “Deutsche Grammphon” su due vettori di produzione. Il primo riguarda i grandi eventi ecclesiali: Conclave, Canonizzazioni, Concistoro. Questo CD che esce l’11 novembre in Italia, in anteprima mondiale, è il CD “Habemus Papam”, che raccoglie tutta la musica che è stata eseguita durante le celebrazioni del Conclave, quindi dalla “Missa pro eligendo” alla Messa di inizio del Ministero petrino. Il secondo vettore di produzione, invece, riguarda le registrazioni vere e proprie, in studio, con il repertorio specifico e tipico che caratterizza identitariamente la Cappella Musicale Pontificia. La Radio Vaticana è coinvolta nel senso che tutte le riprese dal vivo nelle celebrazioni le opera la Radio Vaticana, e anche le registrazioni in studio si effettuano nel Salone Assunta, nella Palazzina della Radio Vaticana sita nei Giardini Vaticani, e con la strumentazione della Radio Vaticana.

D. – Ieri, in forma privata, è stato consegnato al Papa il CD intitolato “Habemus Papam”. Com’è andato questo incontro?

R. – E’ stato molto cordiale ma anche molto intenso, perché il Papa conosce il valore dell’etichetta “Deutsche Grammophon”, che è la più prestigiosa etichetta mondiale di musica classica – detiene circa il 70 per cento del mercato mondiale – e quindi ha ringraziato di questa collaborazione, ritenendola una altissima collaborazione e ritenendo anche che la Cappella Musicale Pontificia, proprio per la tipologia, la storia di questa Cappella, a questo livello deve stare. Cioè, la Cappella Musicale Pontificia è una realtà culturale della Santa Sede, con un investimento economico per mantenerla in vita. Pensi che c’è una scuola per i ragazzi, dalla quarta elementare alla terza media; ci sono venti cantori assunti stabilmente … Allora, questa tipologia di cappella musicale, unica nella Chiesa cattolica, con cantori stabili, proprio per questa sua identità di grande storia nel passato, se oggi vuole rispondere al suo mandato, questi sono i livelli che deve tenere, sia dal punto di vista celebrativo –  quindi con studio, ricerca e qualità esecutiva della polifonia, del gregoriano come della musica contemporanea – sia a livello concertistico e conseguentemente a livello di produzione discografica. Ecco: questo è un po’ il punto che ieri è venuto fuori in maniera molto chiara. Ma anche questo è un primo fatto storico, che ci sia la “Deutsche Grammophon” che consegna un CD al Papa, edito dalla Cappella Sistina. E questo CD contiene, inoltre, un’esclusiva: contiene l’annuncio “Habemus Papam”, con il primo discorso che fece Papa Francesco, appena eletto. Il Papa ha ringraziato tanto e ha auspicato che questo lavoro possa continuare in maniera duratura. La Deutsche Grammophon, poi, ha fatto dono al Papa anche di un cofanetto con tutte le opere di Wagner, essendo il Papa un appassionato.

D. – Come sta cambiando la Cappella Sistina – se sta cambiando – con Papa Francesco?

R. – Esiste un’assoluta continuità tra Benedetto XVI e Papa Francesco, nel senso che lo stesso alto livello che Papa Benedetto XVI mi chiedeva, è il livello che mi chiede Papa Francesco. Faccio un esempio: con Papa Benedetto XVI, abbiamo iniziato un progetto ecumenico, per cui il 29 giugno di ogni anno la Cappella Musicale Pontificia canta unendosi a un prestigioso coro non cattolico. Abbiamo cominciato con il Coro anglicano di Westminster Abbey, nel 2012, con Papa Benedetto. Quando arrivò Papa Francesco, io gli presentai il progetto e con vigore fu ri-approvato e chiesto di portarlo avanti assolutamente, e così l’anno scorso abbiamo cantato con il Coro San Tommaso di Lipsia e quest’anno abbiamo cantato con il Coro del Patriarcato di Mosca e nel giugno 2015 canteremo con il Coro della Chiesa episcopaliana di San Tommaso di New York. Quindi, di per sé esiste un’assoluta continuità che in sostanza dice questo: che la musica, l’arte, possono arrivare dove talvolta la riflessione teologica e l’azione diplomatica non riescono ad arrivare. Quindi, noi possiamo rintracciare un percorso di unità nelle fonti comuni, e questo è interessantissimo per il discorso del dialogo ecumenico. Allora, la musica serve per un servizio ecclesiale; ecco quindi che si è messa a fuoco in maniera chiara l’identità della Cappella Musicale Pontificia, che prima di ogni altra cosa rende un servizio ecclesiale per l’evangelizzazione. La Santa Sede ha una cappella musicale non solo per fare un po’ di musica: non giustificherebbe l’investimento che fa la Santa Sede, per “fare un po’ di musica”. La Santa Sede ha una cappella musicale che rende un servizio ecclesiale attraverso la sua professionalità, il suo lavoro quotidiano, la sua ricerca del dettaglio, il suo studio professionale, che fa non per sé stessa ma per aiutare il dialogo ecumenico ed evangelizzare. Tutta l’attività concertistica della Cappella Musicale Pontificia ha il solo scopo dell’evangelizzazione. Si pensi all’ultima tournée che abbiamo fatto in Cina, nel mese di settembre, o a quella che abbiamo fatto a Mosca, per il dialogo con la Chiesa ortodossa. Ecco: credo che in questa dimensione, a cominciare da Papa Benedetto per arrivare a Papa Francesco, si sia messa a fuoco in maniera chiara l’identità di questa istituzione storica della Santa Sede.

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Altre udienze e nomine di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza: il card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova (Italia), Presidente della Conferenza Episcopale Italiana; Mons. Léon Kalenga Badikebele, Arcivescovo tit. di Magneto, Nunzio Apostolico in El Salvador e in Belize;

In Paraguay, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Asunción, presentata da Mons. Eustaquio Pastor Cuquejo Verga, C.SS.R., per sopraggiunti limiti d’età. Gli succede Mons. Edmundo Ponciano Valenzuela Mellid, S.D.B., finora Arcivescovo Coadiutore della medesima arcidiocesi.

In Argentina, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di San Justo, presentata da S.E. Mons. Baldomero Carlos Martini, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato Vescovo di San Justo  Mons. Eduardo Horacio García, trasferendolo dalla sede titolare di Ipagro e dall’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di Buenos Aires.

In Tanzania, il Papa ha eretto la Provincia Ecclesiastica di Dodoma elevando a Chiesa Metropolitana la omonima sede vescovile, assegnandole come Chiese suffraganee le diocesi di Singida e Kondoa e ha nominato primo arcivescovo metropolita di Dodoma Mons. Beatus Kinyaiya, O.F.M. Cap., finora vescovo della diocesi di Mbulu. La nuova Provincia Ecclesiastica di Dodoma avrà quindi come suffraganee: la diocesi di Kondoa (appartenente ora alla Provincia di Dar-es-Salaam) e la diocesi di Singida (ora suffraganea di Tabora).

In Nigeria, il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Uromi il rev.do p. Donatus Aihmiosion Ogun, O.S.A., Maestro degli studenti di Filosofia e Direttore del St. Augustine’s Institute a Makurdi.

Il Papa ha nominato Membro della Congregazione per i Vescovi S.E. Mons. Juan José Omella Omella, Vescovo di Calahorra y La Calzada - Logroño (Spagna).

Il Santo Padre ha nominato Consigliere della Penitenzieria Apostolica il rev.do Mons. Giacomo Incitti, del clero della diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, Professore Ordinario di Diritto Canonico presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma.

Il Papa ha nominato Presidente della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino il rev.do p. Serge Thomas Bonino, O.P., Segretario Generale della Commissione Teologica Internazionale e Membro della medesima Pontificia Accademia.

Il Santo Padre ha nominato Capo Ufficio nella Congregazione per l'Educazione Cattolica il rev.do sacerdote Philippe Curbelié, Officiale del medesimo Dicastero.

Il Papa ha nominato Giudice della Corte di Appello dello Stato della Città del Vaticano il rev.mo Mons. Maurice Monier.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, in apertura, “Cuore caldo dell’Africa”. Ai vescovi del Malawi in visita «ad limina» il Papa raccomanda vicinanza alle famiglie e sostegno ai malati di Aids. E all’Alleanza evangelica mondiale ricorda che le divisioni tra i cristiani deturpano la bellezza dell’annuncio. Di spalla, l'editoriale di Lucetta Scaraffia: Il rispetto dell’interlocutore nel dibattito sull’eutanasia.

A pagina 4, Meglio se uccidono solo me; don Mauro Fornasari e gli altri martiri di Monte Sole, di Giovanni Preziosi. Sotto, “Quando la storia va in scena”; Alessandro Berti illustra “Un cristiano”, lo spettacolo che ha scritto e interpretato per raccontare gli ultimi giorni del parroco di Sperticano trucidato settant'anni fa.

Nella pagina seguente, “Un’amicizia. Montini, Maritain e Journet” di Piero Viotto, e “Quando a Bergoglio serviva un avvocato”; Silvina Perez ricorda Alicia Oliveira. A pagina 8 “Dio va sempre al limite”. Non ci possono essere cristiani, e meno che mai pastori, che restano tristemente fermi «a metà strada» per paura di «sporcarsi le mani» o di essere chiacchierati o di compromettere la propria carriera ecclesiastica. È questa l’indicazione pratica suggerita dal Papa durante la messa celebrata giovedì mattina, 6 novembre, nella cappella della Casa santa Marta.

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Oggi in Primo Piano



Accordo nel Burkina Faso per un governo di transizione

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Accordo nel Burkina Faso per un governo di transizione, che entro un anno organizzi elezioni politiche e legislative, dopo l’uscita di scena dell’ex presidente Compaoré per 27 anni alla guida del Paese africano. Le intese vanno nella direzione auspicata dai vescovi locali. Nel messaggio del 4 novembre scorso, i presuli hanno chiesto agli attori della scena politica di mettere al riparo il Paese da conseguenze deplorabili, tenendo conto delle aspirazioni del popolo e delle esigenze della comunità internazionale. Ma per capire i passaggi importanti da fare per la fase di transizione, Fausta Speranza ha intervistato l’africanista Anna Bono dell’Università di Torino: 

R. - Secondo la Costituzione, entro 90 giorni si dovrebbe andare alle elezioni e si parla di una transizione relativamente rapida, cioè entro 12 mesi. La situazione, però - come si può capire - è molto fluida. All’interno stesso delle forze militari, che hanno approfittato della rivolta popolare per prendere il potere, ci sono contrasti, ci sono problemi di detenzione del potere; e quindi ci sono punti interrogativi per i quali, per il momento, non c’è risposta.

D. - Quanto è importante che venga al più presto ripristinato il rispetto della Costituzione?

R. - Sarebbe l’elemento prioritario, tanto più in un Paese che ha margini di sopportazione di una crisi istituzionale limitatissimi. Il Burkina è uno dei Paesi più poveri del mondo. Una delle tante conseguenze è che c’è una popolazione giovanile frustrata, senza prospettive, senza lavoro soprattutto, che può diventare un’arma in mano a leader irresponsabili. Più passa il tempo, più si ritarda un ritorno alla normalità, all’istituzione democratica, alla legalità e più il rischio di una degenerazione della situazione aumenta; come ci insegnano tanti altri esempi, purtroppo, nel Continente africano.

D. - Che cosa dire del contesto geopolitico?

R. - Soprattutto, vorrei sottolineare che quello che è successo in queste settimane in Burkina Faso è una realtà che si è già verificata in altri Paesi, e in altri ancora si sta prefigurando. Voglio dire: la crisi è nata dal fatto che il presidente - in carica ormai da 27 anni - non potendo legalmente ripresentarsi per la terza volta e candidarsi alla carica presidenziale, stava cercando di far modificare la Costituzione per abolire l’articolo di legge che limita a due i mandati presidenziali. Questo è già stato fatto da numerosi suoi colleghi in altri Paesi, e in questo momento altri leader stanno cercando di farlo: il presidente Kabila in Congo, il presidente Museveni in Uganda. Come in Burkina Faso, in altri Paesi è già successo e continuerà a succedere, che alcune leadership, che non accettano di rimettere in discussione o di rinunciare al potere, cercano di violare le regole democratiche per superare l’ostacolo; e questo è un problema ricorrente e gravissimo.

D. - C’è qualcosa che l’Unione africana può fare di fronte a questa situazione?

R. - L’Unione africana ha un compito molto preciso, al quale talvolta assolve: quello di sospendere il Paese che ha violato e ha sospeso regole e istituzioni democratiche. Non che questo rappresenti un grande strumento nelle mani di chi compie un colpo di Stato, però, al di là di questo - cioè, sospendere il Paese dall’organizzazione panafricana - ci sono forme di pressione ben più concrete che possono esercitare, attraverso l’Unione africana, gli Stati membri: sanzioni economiche, pressioni politiche e via dicendo… Vedremo nei prossimi giorni, nelle prossime settimane se questo verrà fatto e se sarà efficace, come c’è da sperare.

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Siria-Iraq: Obama pronto per nuova azione contro l’Is

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In Siria e Iraq prosegue la guerra contro il sedicente Stato Islamico. Ieri, il presidente americano Obama, dopo la vittoria dei repubblicani nelle elezioni di “mezzo termine”, ha detto che tornerà a chiedere al Congresso una nuova autorizzazione per l’uso della forza militare contro l’Is. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali: 

R. – Credo che il discorso di Obama fosse in questo caso soprattutto orientato alla politica interna, quindi ai rapporti fra Presidenza e Congresso. Nel dire che chiederà una nuova autorizzazione, probabilmente ipotizza una maggiore possibilità di utilizzo di forze di terra e non soltanto di forze aeree, ma credo che il senso primo, per il momento, sia soprattutto di volere la nuova maggioranza al Congresso impegnata al suo fianco su questo tema.

D. - Quindi, in sostanza, non cambierà molto rispetto alle regole di ingaggio attuali?

R. – Per il momento non ci sono segnali in questo senso. E’ possibile che, visto il successo molto relativo dalle forze aeree ottenuto fino ad ora, si stia valutando un incremento, per esempio, di forze speciali in maniera un po’ più intensa.

D. – La cronaca che racconta il conflitto in Iraq e in Siria contro il cosiddetto Stato islamico, continua ad annoverare decine e decine di morti…

R . – Purtroppo la situazione è abbastanza negativa. Combattere contro questo Stato islamico è reso difficile dalle differenti posizioni degli Stati della regione. Ognuno cerca di approfittare della situazione per guadagnare posizione nei confronti dell’altro. Gli iraniani vogliono guadagnare posizione rispetto ai sauditi, i sauditi rispetto agli iraniani, i turchi rispetto ad ambedue… Quindi c’è un’incertezza di fondo su come allinearsi: tutti pensano di voler andare contro lo Stato islamico, però nessuno lo vuole fare in stretta alleanza con gli altri. Sicuramente è una realtà molto confusa, che non migliora la situazione in Medio Oriente. E questo è abbastanza pericoloso.

D. – Su tutto la questione siriana: è in corso una guerra civile da oltre tre anni e mezzo, trecentomila i morti. Di fatto è scomparso ogni tentativo di mediazione: un ricordo ormai le conferenze internazionali, Ginevra 1 e Ginevra 2…

R. – Questo è, purtroppo, il maggior successo di Assad che, grazie alla creazione dello Stato islamico, non è più al centro dell’attenzione, anzi, adesso si vuole presentare quasi come un potenziale alleato insieme con l’Iran per la distruzione dello Stato islamico che, in realtà, ha favorito fino ad adesso, proprio per riuscire a confondere le acque della rivoluzione contro di lui.

D. – India e Cina sembrano defilate in questo momento; diversa la posizione della Russia che, addirittura, ufficialmente, ha detto: “Forniremo armi su larga scala ad Assad, per combattere lo Stato islamico”. Però – lo abbiamo appena detto - Assad combatte contro la resistenza interna…

R. – E finora, devo dire, ha dato la precedenza alla distruzione della resistenza interna. Le realtà di Cina e India potrebbero essere interessanti, perché potrebbero evolvere. Ambedue, infatti, sono preoccupate da questa minaccia islamica in maniera diversa da quella della Russia e quindi sono interessate ad una maggiore cooperazione internazionale. Molto interessante è vedere cosa uscirà, soprattutto dalla Cina, che è membro permanente del Consiglio di Sicurezza e che è un po’ il Paese su cui punta la Russia, per accrescere la sua indipendenza economica dall’Europa.

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Galantino: Chiesa già paga Imu. Famiglia marginale per politica

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"La Chiesa paga già l'Imu su tutte le realtà commerciali". Lo ha affermato il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana mons. Nunzio Galantino, riferendosi ad alcuni articoli apparsi in questi giorni sui giornali. Mons. Galantino ha parlato a margine di un convegno a Roma sulla dipendenza da internet e ha mostrato preoccupazione  per il clima di tensione che c’è nel Paese. Sulla famiglia, afferma: per la politica è assolutamente marginale. Alessandro Guarasci: 

La Chiesa ha la coscienza a posto sull’Imu. Mons. Nunzio Galantino commenta in questo modo la decisione della Corte di Giustizia del Lussemburgo che ha ammesso il ricorso presentato nel 2006 dai Radicali. Il partito fondato da Pannella contesta l’attuale sistema di sanzioni:

“Probabilmente chi scrive queste cose sa di mentire, sa benissimo che la Chiesa l’Imu lo paga su tutte quelle realtà che sono commerciali. Sebbene il cardinale Bagnasco abbia detto, con chiarezza, che: se voi siete a conoscenza di una realtà che è commerciale e che non paga l’Imu denunciatela!”

I vescovi italiani sembrano anche preoccupati del clima di conflittualità che si è venuto a creare nel Paese tra sindacati e politica. Una preoccupazione che nasce “non tanto per gli scontri che ci sono nel Paese ma quanto per le situazioni che da questi scontri non escono risolte”. E si tratta di “scontri spesso fini a sé stessi e fatti sulla testa della gente” dice mons. Galantino:

“Tenere l’orecchio attento alla situazione, alle situazioni della gente in questo momento significa essere seriamente preoccupati perché la situazione delle famiglie non viene tenuta in conto nel modo dovuto. L’attenzione che alcuni politici, alcuni amministratori stanno dando alla famiglia è assolutamente marginale: molte volte si ha l’impressione - ripeto l’impressione - che alla famiglia si guardi ma soltanto per doversi far propaganda, per dover lanciare un po’ di proclami”.

Sulla recente missione della Cei in Medio Oriente, mons. Galantino ha detto che: "lì non c’è solo distruzione c’è anche umiliazione continua di questa gente, mi riferisco in questo momento sia alla Striscia di Gaza ma anche all’Iraq, al Kurdistan iracheno che sta accogliendo in maniera molto, molto seria e partecipata tutti i profughi cristiani ma anche di altre minoranze".

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Card. Scola inaugura Anno accademico dell'Università Lateranenese

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L’università come una grande famiglia dove si insegna e si imparano non solo nozioni erudite ma anche lezioni di vita. E’ con questo spirito che si è aperto questa mattina a Roma con il 242/mo Dies Academicus, il nuovo anno della Pontificia Università Lateranense. Marina Tomarro ha intervistato il cardinale Angelo Scola arcivescovo di Milano, che ha tenuto una lectio magistralis: 

R. – Non si può concepire la ricerca, l’insegnamento e lo studio come realtà separate dalla persona che fa ricerca, che fa insegnamento e che fa studio. Quindi all’università, tutti i soggetti personali sono chiamati a coinvolgersi e le persone sono strutturalmente in relazione. Le tre componenti dell’università, gli studenti, i docenti e il personale addetto, devono vivere la fraternità, quella comunione ecclesiale che aiuta loro ad essere una comunità di discepoli in missione, in modo che possano aiutare a mostrare la bellezza e le ragioni delle risposte, che anche oggi Gesù può dare alle domande degli uomini di questo terzo millennio.

D. – Spesso si parla di emergenza educativa, ma nello stesso tempo si parla anche di educare gli educatori. In che modo si può fare ciò?

R. – L’università è proprio un luogo che educa gli educatori, soprattutto questa Università Pontificia, dove convengono sacerdoti e laici da 120-130 Paesi del mondo e ripropongono il dinamismo del cristianesimo che il Santo Padre descrive in questi termini: parte dalla periferia, poi arriva al centro, arriva a  Roma per poi tornare in periferia. E qui si può vedere un po’ l’immagine degli studenti e dei professori, che vengono da tutto il mondo, portano la loro sensibilità, imparano Roma, per poi riproporre questo stile di vita che è lo stile di vita della fraternità, della solidarietà e della sobrietà, dentro le periferie in cui saranno rimandati.

D. – Questa università a lei è molto cara perché è stato sia rettore che docente. Qual è il suo ricordo della Pontificia Università Lateranense?

R. – Un ricordo molto bello ma direi che è soprattutto un presente, perché ho visto i passi che l’Università ha fatto dopo il mio rettorato, che ormai è terminato 12-13 anni fa. Sono stati passi di grande crescita a livello della vita ordinaria: la qualità della ricerca, dell’insegnamento e dello studio.

E questo nuovo anno accademico vuole seguire le esortazioni di Papa Francesco, nei diversi discorsi fatti nelle varie università che il Pontefice ha visitato durante i suoi viaggi apostolici. Ascoltiamo il rettore della Pontificia Università Lateranense, il vescovo Enrico Dal Covolo:

R. – L’università del Papa deve interrogarsi e riflettere sul magistero del Papa, del suo vescovo. Noi abbiamo studiato con attenzione gli interventi che il Papa ha fatto, riguardo alle università; uno in modo particolare e illuminante: quello che lui ha tenuto a Cagliari, dove emerge un approfondimento originale di Papa Francesco nell’idea di università. Papa Francesco, auspica che l’università diventi un luogo di formazione e di esperienza dei giovani, e di solidarietà; la solidarietà sociale, naturalmente l’attenzione in particolare ai più poveri, ai più bisognosi. Cioè, nell’apprendimento della verità e della cultura, i giovani devono fare questa esperienza forte di solidarietà, a partire già dall’ambiente accademico; quindi l’università come famiglia, come luogo di apprendimento, esperienza, assimilazione dei valori umani e cristiani più autentici.

E all’inaugurazione era presente anche il cardinale vicario Agostino Vallini. Ascoltiamo il suo commento:

R. – Un momento importante, anche perché diventa l’occasione di avere “visivamente” tutta la famiglia dell’università presente, per ascoltare anche il cammino già percorso, e anche una proposta di riflessione come quella offerta dall’intervento del cardinale Scola. Noi abbiamo tanti studenti che si preparano al ministero ordinato, ma anche studenti di facoltà che si preparano alle professioni civili e questo vuol dire anche che una buona formazione accademica e spirituale, attraverso lo studio, è occasione, certamente, per offrire alle nuove generazioni motivazioni solide. Il beato Paolo VI, impegnato nella vita di tante università, diceva che il formare la coscienza dei giovani nel tempo degli studi universitari, vuol dire assicurare un capitale di valori per le società. E questo ci auguriamo che avvenga anche con questo nuovo anno accademico. 

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San Francesco in mostra all'Onu di New York

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Per la prima volta San Francesco d’Assisi arriva all’Onu di New York. Dal 17 al 28 novembre infatti al Palazzo di Vetro saranno esposti manoscritti e documenti originali all’interno della mostra “Frate Francesco: tracce, parole, immagini”. L’esposizione farà tappa anche al Bourough Hall di Brooklyn dal 2 dicembre al 14 gennaio, per poi approdare a Febbraio ad Assisi. Oggi la presentazione a Roma, seguita per noi da Paolo Ondarza: 

“A tutti i potestà e consoli, magistrati e reggitori” dei popoli, “frate Francesco augura salute e pace”. Il poverello d’Assisi con queste parole inviava alla classe dirigente del tempo il suo messaggio di pace e fraternità, attualissimo per i nostri tempi dilaniati da divisioni e violenza. 19 manoscritti e documenti del XIII-XIV secolo, tra cui Bolle papali e il celebre Codice 338, raccolta dei primi scritti francescani, contenente il Cantico di Frate Sole, origine della letteratura italiana,  da Assisi giungono all’Onu di New York. Il direttore della Sala Stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato:

R. – Quello che ci preme è che i membri dell’Onu possano leggere e ascoltare la voce di Francesco. E’ come se oggi, in un momento di grandi conflitti, in un momento in cui l’ambiente è deturpato, in un momento in cui i poveri avanzano e crescono sempre di più, San Francesco possa dire di nuovo la sua parola in un consesso così significativo.

D. – E’ significativo proprio che Francesco, un Santo importante e amato in tutto il mondo, arrivi all’Onu: forse è la prima volta?

R. – Sì. E’ la prima volta che San Francesco “entra” in questo consesso, all’Onu. Ed è quasi l’anticipo della visita di Papa Francesco: gli esperti e i conoscitori delle cose vaticane ci dicono che il Papa presto parlerà all’Onu … E poi, è certamente un evento storico, di portata storica. Teniamo presente anche che gli americani sono molto sensibili alla voce di Francesco. Noi lo registriamo dagli accessi che abbiamo sul nostro sito, che sono davvero tantissimi dagli Stati Uniti: in un anno, oltre un milione e mezzo di accessi solo dagli Stati Uniti. Sono davvero tante le personalità provenienti dall’America, giunte pellegrine ad Assisi, che hanno lasciato un’affermazione alla luce dell’incontro con Francesco d’Assisi. Io penso a Bob Kennedy jr: “Il mio impegno politico e civile deriva dal messaggio di San Francesco”. O ancora: “L’umanità e la spiritualità di Francesco pervade l’intera città”, Patty Smith. “Questa basilica ha i colori della resurrezione”, Bruce Springsteen; oppure, Oprah Winfrey: “Whow, Saint Francis! …”. Ecco, sono affermazioni che ci dicono che gli americani sono davvero attratti dalla figura di Francesco …

D. – … perché Francesco continua ad esercitare il suo fascino anche ai giorni nostri, e quindi il suo messaggio di pace è valido anche per noi …

R. – Mantiene la sua attualità, direi …

L’amore degli Stati Uniti per san Francesco è testimoniato dall’ambasciatore Usa presso la Santa Sede Ken Hackett:

R. – The American public – I think – will welcome very much this exhibit. Francis …

Il pubblico Americano – io penso – darà una buona accoglienza a questa mostra. Francesco è abbastanza conosciuto negli Stati Uniti, ma con l’avvento di Papa Francesco tutta la sua storia e la sua eredità hanno ricevuto una maggiore diffusione: la gente è alla ricerca del suo significato.

D. – E’ importante l’aspetto di Francesco come uomo del dialogo tra culture, uomo di pace, in questo momento storico …

R. – Well, that of course is extremely important. The idea of a Saint for peace …

Questo certamente è molto importante. L’idea di un Santo per la pace, un Santo per la gente, un Santo per l’ambiente con tutte le preoccupazioni che nell’ambiente si concentrano, avrà un riscontro positivo nel pubblico americano, sia tra i cattolici sia tra i non cattolici …

Restaurati per l’occasione i manoscritti in mostra sul cui valore si sofferma il medievalista Franco Cardini:

 R. – Il cosiddetto “Codice 338” di Assisi è un documento a suo modo unico: è un piccolo fascicolo in una bella [calligrafia] gotica, elegante del pieno XIII secolo; ovviamente, contrariamente a quello che molti pensano, non c’è la mano di Francesco. Non sappiamo quanto, né in che misura Francesco scrivesse; del resto, bisogna dire che nel XIII secolo non sapere né leggere né scrivere non era affatto un segno di ignoranza, anzi, al contrario: i chierici sapevano leggere e scrivere, e in generale si dettava. Quando noi diciamo “un’opera scritta di Francesco”, non intendiamo dire di suo pugno: intendiamo dire che lui l’ha dettata. E ha fatto così per una quantità di regole, ammonizioni, piccole preghiere e le cosiddette “Laudi”, la più celebre della quale è il famoso “Cantico delle Creature”, contenuto nel “Codice 338”: sarà la cosa più gettonata, probabilmente, anche dagli amici statunitensi; la più bella poesia religiosa mai scritta al mondo …

D. – … ed è la prima versione, che abbiamo?

R. – E’ la prima versione di bella copia. Le brutte copie, purtroppo, non le abbiamo e quindi noi possiamo considerare quella versione del “338” la prima versione di bella copia.

La mostra sarà presentata negli Usa presso il Consolato italiano di New York giovedì 13 novembre alla presenza, tra gli altri,  di mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu.

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L'Orp mette in cammino cristiani, ebrei e musulmani

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Il 20 novembre un grande pellegrinaggio partirà dalla Basilica della Natività di Betlemme e, attraverso il check point, giungerà a Gerusalemme: è il “Cammino Internazionale di Pace ‘Giovanni Paolo II’”, organizzato dall’Opera Romana Pellegrinaggi (Orp) e dall’Ufficio Nazionale Israeliano di Turismo e presentato stamani a Roma. Il Cammino si svolge all’interno del pellegrinaggio della Diocesi di Roma in Terra Santa, che si tiene in occasione dell’80.mo anniversario di fondazione della stessa Orp ed è presieduto dal cardinale vicario Agostino Vallini. Un’iniziativa utile al dialogo fra israeliani e palestinesi, spiega mons. Liberio Andreatta, vicepresidente e amministratore delegato Orp, nell’intervista di Debora Donnini: 

R. – Abbiamo pensato di tramutare l’iniziativa della maratona-pellegrinaggio, che facevamo gli anni scorsi, in un Cammino, perché la corsa escludeva i bambini e gli anziani. Abbiamo voluto, quindi, recuperare il concetto, il valore, del cammino - che è proprio del popolo ebraico, il cammino della Chiesa…- che mette insieme e fa  percorrere un tratto di strada assieme.

D. – Un tratto di cammino particolare, perché va da Betlemme a Gerusalemme, passando per il check-point, attraversando il Muro...

R. – Esatto. Sarà una giornata memorabile, in cui gli israeliani spalancheranno le porte del check-point e faranno passare a piedi questa marea di persone che cantano, pregano con i Salmi, lungo il percorso. E’ significativo che, partendo da Betlemme, dove c’è stato l’annuncio della nascita del Redentore, del Salvatore - “Gloria a Dio nell’alto dei Cieli e pace in Terra agli uomini di buona volontà” – l’annuncio della pace di Betlemme portata lungo le strade, attraverso quel muro di divisione, si concluderà a Gerusalemme, dove Gesù è morto ed è risorto.

D. – I pellegrini parteciperanno al pellegrinaggio della diocesi di Roma, ma ci saranno anche israeliani e palestinesi?

R. – Sì, ci saranno palestinesi, israeliani, italiani e tutti i pellegrini delle altre nazioni presenti. La cosa più bella è che saranno presenti non solo palestinesi ed israeliani, nell’ambito delle nazionalità, ma anche ebrei, cristiani e musulmani. Nell’ambito dei cristiani ci saranno anche le altre confessioni, quindi gli ortodossi, i protestanti e soprattutto tutti i riti presenti a Gerusalemme e in Terra Santa.

D. – Si andrà a piedi per un lungo tratto?

R. – Sono dieci chilometri, da Betlemme a Gerusalemme. In coda al cammino delle persone mettiamo dei pullman vuoti, disponibili a far salire quelle persone che dopo alcuni chilometri avranno difficoltà a continuare.

D. – Come mai avete scelto di dedicare questo Cammino Internazionale di Pace proprio a Giovanni Paolo II?

R. – Perché è nato con Giovanni Paolo II. La maratona-pellegrinaggio nasce nel Duemila, in seguito al Giubileo. La fiaccola è stata benedetta proprio da Giovanni Paolo II per la pace. Allora nasceva come lo sport e il pellegrinaggio per la pace.

D. – Questi giorni ricorre anche l’80.mo anniversario di fondazione dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Un bilancio di questi anni, sicuramente intensi...

R. – Il bilancio è positivo, estremamente positivo. Noi abbiamo visto che, attraverso la pastorale del pellegrinaggio, possiamo fare un’azione di evangelizzazione e di catechesi straordinaria, che raggiunge tutte quelle persone che molte volte vivono ai margini delle nostre comunità parrocchiali, che non frequentano le chiese, la cui fede magari è diventata un lumicino che si sta spegnendo. Il partecipare ad un itinerario dove si ha la possibilità di incontrare l’arte, la storia, la cultura, le bellezze naturali, la religiosità di un territorio, può essere un’occasione straordinaria per incontrare quelle persone che normalmente non incontreresti nelle parrocchie e in un pellegrinaggio puoi far rivivere e riattivare quella fiammella che si stava spegnendo.

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Internet-patia, quando il web diventa un disturbo ossessivo

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L’uso eccessivo o inadeguato del web può provocare la “internet-patia”, un disturbo ossessivo-compulsivo particolarmente pericoloso per i giovani. È quanto è emerso in uno studio dell’Aiart, Associazione spettatori, presentato questa mattina in Campidoglio a Roma. Ce ne parla Elvira Ragosta: 

Nell’era digitale la maggior parte delle informazioni e spesso anche delle emozioni, circola sul web attraverso siti e social network. Ma quando l’uso di internet si trasforma in abuso, manipolando il nostro tempo in maniera insana, può insorgere un disturbo ossessivo compulsivo noto come "Iad", la dipendenza dalla rete, particolarmente preoccupante per i giovani. La ricerca presentata dall’Aiart affronta il fenomeno in chiave scientifica, analizzando sintomi e rischi e proponendo azioni di prevenzione e contrasto.  Luca Borgomeo, presidente nazionale dell’Aiart:

“I casi di dipendenza accertati sono molto, molto pochi, rispetto a quelli che vengono purtroppo nascosti dai soggetti interessati. Questo crea difficoltà, perché è dai primi sintomi che bisogna prendere le mosse per l’avvio di un’azione di cura di una vera e propria malattia che, con il passare del tempo, diventerà sempre più grave. Oggi il web, infatti, è nel 60 per cento nelle case degli italiani e si presume che nel giro di pochi anni sarà più diffusa della stessa televisione. Questo crea, oggettivamente, un problema reale, perché la dipendenza cresce con la crescita del numero degli utenti e dei media”.

La rete si è imposta in pochi anni nella nostra vita quotidiana - ha affermato mons. Nunzio Galantino, intervenendo alla presentazione del volume - perché e comoda e gratuita. Ma questa gratuità si paga in termini di priacy - ha continuato il segretario generale della Cei, chiedendosi a cosa serva il Garante della privacy. La ricerca parte da uno studio dell’Università di Taipei tra oltre 2000 studenti non dipendenti da internet ed evidenzia che il 15% di essi, dopo 12 mesi ha sviluppato tale dipendenza, trascurando le attività scolastiche e riferendo stati depressivi e l’inizio all’uso di nicotina. In Italia questo disturbo non è ancora riconosciuto come malattia, ma tra gli ospedali che hanno attivato ambulatori dedicati c’è quello retto dal professor Federico Tonioni, al Policlinico Gemelli di Roma, che da 5 anni, ha in carico oltre 700 pazienti, l’80% dei quali adolescenti tra gli 11 e i 14 anni.

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Nella Chiesa e nel mondo



Chiesa pakistana: il governo protegga i diritti delle minoranze

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“Il governo pakistano ha fallito nel proteggere il diritto alla vita dei suoi cittadini”. Lo afferma un comunicato della Commissione “Giustizia e Pace” dei vescovi cattolici del Pakistan (Ncjp), inviato all’agenzia Fides. La nota, firmata dal presidente della Commissione, padre Emmanuel Yousaf, e dal segretario, Cecil Shane Chaudry, “condanna la brutale uccisione dei coniugi cristiani Shahzad e Shama Masih”, arsi vivi nel distretto di Kasur, rimarcando “la crescente intolleranza contro le minoranze religiose” e il dovere del governo di fermarla.

Il testo domanda “misure gravi ed efficaci per tenere sotto controllo la violenza operata in nome della religione”. “Chiediamo ai governi provinciali e al governo federale di tenere in debita considerazione questo incidente e di rivedere la loro posizione sulla legge di blasfemia”, afferma il testo.

Il comunicato inviato a Fides denuncia l’impunità che, per passati episodi, è stata garantita ai colpevoli di aggressioni sui cristiani e sulle altre minoranze. Questo accade perché “manca la volontà politica, e questo rende le minoranze ancor più vulnerabili”, si afferma.

La Commissione chiede una indagine approfondita sui fatti di Kasur e che il rapporto elaborato dalla Commissione di inchiesta sia reso pubblico, invitando tutta la società civile pakistana a “resistere all’ondata di estremismo”, difendendo i diritti umani. (R.P.)

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Iraq: Chiesa caldea di Erbil censisce i rifugiati cristiani

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Sono più di 10mila i nuclei familiari cristiani fuggiti da Mosul e dalle città della Piana di Ninive che hanno trovato rifugio nei sobborghi di Erbil e in altre località del Kurdistan iracheno. Alcuni dati statistici su questa parte dei profughi cacciati dalle loro case dall'avanzata dei jiahadisti del sedicente Stato Islamico (Is) sono stati raccolti nel mese di ottobre dalla diocesi caldea di Erbil per predisporre la distribuzione di una “Family Card” riservata ai nuclei familiari di rifugiati.

Grazie al lavoro gratuito di decine di giovani volontari, i dati delle famiglie dei profughi sono stati inseriti in un database che consente di avere sempre a disposizione i recapiti telefonici dei rifugiati, monitorare e aggiornare la loro distribuzione nelle diverse zone, calibrare la distribuzione degli aiuti in base alle diverse esigenze.

Dai dati raccolti, diffusi sul sito ankawa.com, risulta che ben 6.377 delle 10.353 famiglie censite provengono dalla zona di Qaraqosh - l'area a stragrande maggioranza cristiana da cui tutti gli abitanti fuggirono precipitosamente nella notte tra il 5 e il 6 agosto – mentre 1.154 vivevano a Mosul. La gran parte degli sfollati – 7.850 famiglie – hanno trovato rifugio nell'area di Ankawa, sobborgo a maggioranza cristiana di Erbil. Tra i profughi, gli studenti delle scuole medie e superiori e gli studenti universitari circa 10mila, e i bambini sono quasi 8mila.

Nella giornata di ieri, durante una sua breve trasferta ad Ankawa, il patriarca di Babilonia dei caldei, Louis Raphael I, e l'arcivescovo Giorgio Lingua, nunzio apostolico in Iraq e Giordania, hanno visitato anche un'area di accoglienza dei rifugiati e le sedi di alcune istituzioni sanitarie e sociali coinvolte nell'opera di assistenza ai profughi. (R.P.)

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Messico: preghiera e digiuno per i 43 studenti scomparsi

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Si concludono oggi, 6 novembre, le 43 ore di preghiera e digiuno per i 43 studenti scomparsi a Ayotzinapa. La "Giornata ecumenica di solidarietà” con le famiglie degli studenti scomparsi si svolge a Città del Messico ed è iniziata il 4 novembre, indetta da diversi gruppi ed organismi, tra cui il Centro dei Diritti Umani Fray Francisco de Vitoria, il Centro di Studi Ecumenici, l’Associazione Difensori del Migrante e del Rifugiato, i Cappellani della Comunità Teologia del Messico, la Conferenza dei Superiori Religiosi del Messico, l'Istituto di Formazione Teologica intercongregazionale del Messico, Chiese per la pace, il Movimento per la pace con giustizia e dignità, l'Osservatorio Ecclesiale e Servizio di consulenza e Pace.

Tutti hanno voluto condividere con le famiglie, gli studenti e i gruppi sociali, l’indignazione di fronte a questo e ad altri eventi che hanno portato in Messico all'omicidio e alla scomparsa di migliaia di persone.

"L’iniziativa - secondo il comunicato pervenuto all’agenzia Fides - è un modo per alimentare la nostra speranza contro l'apatia, la paura, la morte e l'impunità". "Ci uniamo ai vari movimenti sociali che emergono per il loro impegno civile per la pace e i diritti umani, in particolare delle persone svantaggiate" conclude il comunicato.

Migliaia di persone si sono unite a questa iniziativa, cresciuta con il passare delle ore attraverso i social network, che si svolge nella piazza principale di Città del Messico, lo Zocalo. (R.P.)

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Germania: la Chiesa ricorda il 25.mo della caduta del Muro

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Sono passati 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino (8-9 novembre 1989) e la Chiesa cattolica tedesca commemorerà l’avvenimento. A Berlino - riferisce l'agenzia Sir - la Conferenza episcopale tedesca-Dbk ha organizzato per l’8 novembre un convegno dal titolo “Un incoraggiamento a respirare con entrambi i polmoni”, con tre tavole rotonde: “La caduta del Muro di Berlino e le sue conseguenze”, “La fine del comunismo. Inizio di cosa?” e “Esperienze europee e prospettive 25 anni dopo la caduta del Muro. Ecclesia in Europa”.

Parteciperanno tra gli altri il card. Reinhard Marx, presidente Dbk, il card. Karl Lehmann (vescovo di Magonza), l’ambasciatore polacco in Germania, Jerzy Marganski e Wolfgang Schäuble, ministro delle finanze tedesco. Il card. Marx, ha sottolineato che “l’immagine fornita da Giovanni Paolo II di respirare con due polmoni è una delle grandi visioni del progetto europeo". Il 9 novembre la commemorazione prevede un concerto nella cattedrale di Santa Edvige.

La diocesi di Münster dedica ampio spazio ai ricordi dei fedeli, che sul sito “kirchensite.de” possono lasciare la loro testimonianza di come vissero quei giorni del 1989. A Francoforte, nel Limburgo, è stata organizzata da Renovabis la mostra fotografica “25 anni, 25 teste” che racconta l’azione dei cattolici tedeschi in favore dei popoli dell’est europeo. Ad Amburgo sarà inaugurata l’8 novembre la mostra “Cattolici nella Ddr”, per raccontare la vita di quel 25% di tedeschi della ex Repubblica Democratica che sfidavano l’ostracismo del regime comunista. (R.P.)

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Vescovi Indonesia: Chiesa ‘in uscita’ per incontrare l’uomo di oggi

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“Una Chiesa che vive in comunione con Dio e che proclama la Buona Novella; una Chiesa che esce da se stessa per incontrare la gente, per donare amore e felicità, pace e giustizia, unità e fratellanza; una Chiesa sensibile al soffio dello Spirito Santo, per rafforzare la fede in un futuro migliore”: è l’idea di Chiesa tracciata dai vescovi indonesiani che hanno iniziato con alcuni giorni di studio e di approfondimento la loro Assemblea annuale, in corso a Giacarta dal 3 al 13 novembre.

I vescovi hanno ascoltato la relazione di uno studioso musulmano sul tema del pluralismo e di un francescano sulle speranze per la missione della Chiesa oggi, guidata da Papa Francesco. Alcune religiose hanno condiviso con l’Assemblea la loro esperienza al servizio dei malati di Aids e delle vittime di abusi sessuali, mentre membri della Comunità di Sant'Egidio hanno raccontato ai vescovi l’opera di accompagnamento dei bambini di strada.

Secondo un rapporto inviato all'agenzia Fides da padre Kamilus Pantus, Segretario esecutivo della Commissione episcopale per le comunicazioni sociali, nei lavori di gruppo i vescovi hanno discusso di come rinnovare il volto della Chiesa indonesiana, secondo l’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, elaborando un testo che esprime la formulazione di “un nuovo modo di essere Chiesa in Indonesia”.

All’incontro che prosegue con la relazione delle diverse commissioni episcopali, partecipano un cardinale, 36 vescovi, tre vescovi emeriti, un amministratore apostolico. All’apertura dell’assemblea era presente il nunzio apostolico in Indonesia, l’arcivescovo Antonio Guido Filippazzi, il Segretario generale della Comunione delle Chiese indonesiane (protestanti) e un rappresentante del Ministero degli affari religiosi. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 310

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.