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Sommario del 18/11/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: quando la conversione arriva alle tasche è sicura

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Attenti a non diventare cristiani tiepidi, comodi o dell’apparenza. E’ il monito di Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che i cristiani devono sempre rispondere alla chiamata di Gesù alla conversione, altrimenti da peccatori diventano corrotti. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Convertirsi è una grazia, “è una visita di Dio”. Papa Francesco ha preso spunto dalla liturgia del giorno, un passo dell’Apocalisse di Giovanni e l’incontro tra Gesù e Zaccheo, per soffermarsi sul tema delle conversioni. Nella prima lettura, ha osservato, il Signore chiede ai cristiani di Laodicea di convertirsi perché sono caduti “nel tepore”. Vivono nella “spiritualità della comodità”. E pensano: “faccio le cose come posso, ma sono in pace che nessuno venga a disturbarmi con cose strane”. Chi vive così, ha affermato, pensa che non “manca niente: vado a Messa le domeniche, prego alcune volte, mi sento bene, sono in grazia di Dio, sono ricco” e “non ho bisogno di nulla, sto bene”. Questo “stato d’animo – ha avvertito – è uno stato di peccato: la comodità spirituale è uno stato di peccato”. E a questi, ha rammentato, il Signore “non risparmia parole” e gli dice: “Perché sei tiepido sto per vomitarti dalla mia bocca”. Tuttavia, ha proseguito, gli dà il consiglio di “vestirsi”, perché “i cristiani comodi sono nudi”.

Poi, ha soggiunto, “c’è una seconda chiamata” a “quelli che vivono delle apparenze, i cristiani delle apparenze”. Questi si credono vivi ma sono morti. E a loro il Signore chiede di essere vigilanti. “Le apparenze – ha detto il Papa – sono il sudario di questi cristiani: sono morti”. E il Signore li “chiama alla conversione”:

“Io sono di questi cristiani delle apparenze? Sono vivo dentro, ho una vita spirituale? Sento lo Spirito Santo, ascolto lo Spirito Santo, vado avanti, o …? Ma, se tutto appare bene, non ho niente da rimproverarmi: ho una buona famiglia, la gente non sparla di me, ho tutto il necessario, sono sposato in chiesa … sono ‘in grazia di Dio’, sono tranquillo. Le apparenze! Cristiani di apparenza … Sono morti! Ma, cercare qualcosa di vivo dentro e con la memoria e la vigilanza, rinvigorire questo perché vada avanti. Convertirsi: dalle apparenze alla realtà. Dal tepore al fervore”.

La terza chiamata alla conversione è con Zaccheo, “capo dei pubblicani e ricco”. “E’ un corrotto - ha detto il Papa - lavorava per gli stranieri, per i romani, tradiva la sua Patria”:

“Era uno come tanti dirigenti che noi conosciamo: corrotti. Questi che, invece di servire il popolo, sfruttano il popolo per servire se stessi. Alcuni ci sono, nel mondo. E la gente non lo voleva. Questo, sì, non era tiepido; non era morto. Era in stato di putrefazione. Corrotto, proprio. Ma sentì qualcosa dentro: ma, questo guaritore, questo profeta che dicono che parli tanto bene, io vorrei vederlo, per curiosità. Lo Spirito Santo è furbo, eh! E ha seminato il seme della curiosità, e quell’uomo per vederlo anche fa un po’ il ridicolo. Pensate a un dirigente che sia importante, e anche che sia un corrotto, un capo dei dirigenti – questo era capo – ma, salire su un albero per guardare una processione: ma pensate questo. Che ridicolo!”

Zaccheo, ha detto, “non ha avuto vergogna”. Voleva vederlo e “dentro lavorava lo Spirito Santo”. E poi “la Parola di Dio è entrata in quel cuore e con la Parola, la gioia”. “Quelli della comodità e quelli dell’apparenza – ha sottolineato – avevano dimenticato cosa fosse la gioia; questo corrotto la riceve subito”, “il cuore cambia, si converte”. E così Zaccheo promette di restituire quattro volte quanto rubato:

“Quando la conversione arriva alle tasche, è sicura. Cristiani di cuore? Sì, tutti. Cristiani di anima? Tutti. Ma, cristiani di tasche, pochi, eh! Pochi. Ma, la conversione … e qui, è arrivata subito: la parola autentica. Si è convertito. Ma davanti a questa parola, l’altra parola, di quelli che non volevano la conversione, che non volevano convertirsi: ‘Vedendo ciò, mormoravano: ‘E’ entrato in casa di un peccatore!’: si è sporcato, ha perso la purezza. Deve purificarsi perché è entrato in casa di un peccatore’”.

Sono “tre chiamate alla conversione”, ha ribadito, che lo stesso Gesù fa “ai tiepidi, a quelli della comodità, a quelli dell’apparenza, a quelli che si credono ricchi ma sono poveri, non hanno niente, sono morti”. La Parola di Dio, ha detto il Papa, “è capace di cambiare tutto”, ma “non sempre abbiamo il coraggio di credere nella Parola di Dio, di ricevere quella Parola che ci guarisce dentro”. La Chiesa, ha concluso, vuole che in queste ultime settimane dell’Anno liturgico “pensiamo molto, molto seriamente alla nostra conversione, perché possiamo andare avanti nel cammino della nostra vita cristiana”. E ci dice di “ricordare la Parola di Dio, fa appello alla memoria, di custodirla, di vigilare e anche di obbedire alla Parola di Dio, perché noi incominciamo una vita nuova, convertita”.

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Il Papa incontra il presidente del Senegal: impegno per la pace

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Francesco ha ricevuto oggi in udienza Macky Sall, presidente della Repubblica del Senegal. Nel corso del colloquio, informa la Sala Stampa, “sono state rilevate le cordiali relazioni esistenti tra la Santa Sede e il Senegal”, sottolineando, tra l’altro, “l’importante contributo che la Chiesa offre nei settori dell’educazione e della sanità, nonché il generoso e apprezzato impegno a favore della pace e della riconciliazione nazionale”. Infine, “non è mancato uno scambio di vedute su alcuni temi di interesse internazionale, con particolare riferimento alle attuali situazioni di crisi nella Regione”.

Dopo il Papa, il presidente Sall ha incontrato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, accompagnato dal segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Dominique Mamberti.

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Papa, tweet: mondo fa rumore, stiamo in silenzio davanti a Dio

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Quanto rumore nel mondo! Impariamo a stare in silenzio davanti a noi stessi e davanti a Dio”.

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Mons. Chaput: Papa a Philadelphia, esperienza meravigliosa

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In Vaticano proseguono i lavori del colloquio interreligioso internazionale “Humanum” sul tema della complementarietà tra uomo e donna. 14 le religioni rappresentate da 400 esperti. Aprendo i lavori ieri il Papa ha annunciato che nel settembre 2015 si recherà a Philadelphia, negli Stati Uniti, per l’ottavo Incontro Mondiale delle Famiglie. Grande gioia nelle parole di mons. Joseph Chaput, arcivescovo della città statunitense. Paolo Ondarza lo ha intervistato: 

R. – When the Holy Father announced he was coming to Philadelphia it brought…

Quando il Santo Padre ha annunciato che sarebbe venuto a Philadelphia mi ha dato una grande gioia. Infatti, anche se precedentemente mi aveva detto che gli sarebbe piaciuto venire, questo è stato il suo primo annuncio ufficiale e ci dà nuova energia, nuovo entusiasmo. La celebrazione dell’Incontro mondiale delle famiglie a Philadelphia sarà un’esperienza meravigliosa e spero che tutti, dall’Italia e dal mondo, vengano per partecipare.

D. – Perché è importante approfondire la  complementarietà uomo-donna e quali le principali sfide?

R. – I think it is really important to focus on the complementarity of man and woman…

Credo sia importante veramente importante approfondire la complementarietà tra uomo e donna, in primo luogo perché oggi non si fa spesso. In alcune parti del mondo, c’è una certa resistenza. Penso che quando invece noi ci incontriamo per riflettere su questi aspetti e per imparare gli uni dagli altri, questo ci fornisce materia di riflessione ma anche entusiasmo per continuare a parlare del dono vicendevole tra uomo e donna come uno dei doni primordiali che Dio ha fatto a noi tutti. Io sono felice di avere avuto una madre e un padre che si sono occupati di me e del fatto che ci siamo amati vicendevolmente e mi piace sperare che questo possa accadere in tutte le famiglie. So che a volte non è così, ma l’impegno della Chiesa è aiutare le persone a impegnarsi in un matrimonio che preveda fedeltà, amore vicendevole e che da questo amore possano nascere figli felici, sani e santi.

D. – Uno dei grandi rischi per la famiglia, oggi, è rappresentato dall’ideologia: da molte parti del mondo arrivano notizie in merito all’inserimento della teoria del gender nelle scuole. Questo convegno è forse un’importante occasione di parlarne?

R. – Yes, it’s a great opportunity and from the very…

Sì, è una grande occasione. Come cristiani non dobbiamo avere paura di essere una minoranza, qualora lo fossimo. Dobbiamo parlare con fiducia gioiosa degli insegnamenti di Cristo alla Chiesa, essere sempre caritatevoli nei riguardi degli altri e trarre coraggio e fiducia dall’annuncio della Buona Novella del Vangelo. Il Santo Padre si è espresso molto chiaramente in merito al pericolo di assoggettarsi a un’ideologia, questo rischio riguarda anche noi cristiani. A volte ci allontaniamo dal Vangelo: dobbiamo invece essere certi che tutto quello che facciamo e tutto quello che diciamo origina dal nostro amore per Gesù e per il suo Vangelo, e non prendere posizioni ideologiche.

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Al via Conferenza in Vaticano sull'autismo, sabato l'incontro con il Papa

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L’autismo è un disturbo complesso, circondato da ignoranza e rifiuto sociale, che impegna le famiglie in innumerevoli difficoltà. Per questo il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari lo ha scelto come tema per la 29.ma Conferenza internazionale in programma dal 20 al 22 novembre in Vaticano, dal titolo “La persona con disturbi dello spettro autistico: animare la speranza”. Sabato prossimo l’udienza con il Papa: sarà un momento di canti e preghiere. Alla presentazione dell’evento oggi in Sala stampa vaticana c’era per noi Gabriella Ceraso: 

L’autismo è un disturbo neurocomportamentale che inizia in gravidanza durante il neurosviluppo, ha origine multifattoriale - sia genetica che ambientale - e si manifesta entro i primi tre anni di età permanendo per la vita. Nel mondo, uno ogni 100-110 bambini ne è affetto, 1 ogni 68 negli USA. Dunque un’emergenza, coperta però da "un’imperscrutabilità e da diffuso rifiuto sociale". Trattarne è una "sfida", ha detto mons Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, e ci permette di affrontare le difficoltà "a partire da quelle etiche, morali e spirituali" che appartengono a chi è coinvolto:

"La principale finalità è, infatti, di individuare e reperire gli strumenti più adatti alla cura anche spirituale di chi, direttamente od indirettamente, è colpito da un disturbo di tipo autistico; di poter animare la speranza, ridare lo slancio esistenziale anche a chi vive i casi più difficili, nonché per coloro - professionisti della salute, familiari, associazioni - che se ne prendono cura".

“Un bambino autistico genera una famiglia autistica”, isolata e sofferente e invece tanto importante per le cure, ha spiegato Stefano Vicari, responsabile della Neuropsichiatria Infantile all’Ospedale Bambino Gesù:

“Esiste un tale stereotipo, pregiudizio, stigma, nei confronti dell’autismo che spesso le famiglie vengono isolate dagli amici, a volte anche dai parenti, perché tra l’altro sono bambini spesso molto difficili da coinvolgere nella vita di società. La famiglia di un bambino autistico è una famiglia ad altissimo rischio: sappiamo, per esempio, per certo che le separazioni e i divorzi sono molto più frequenti”.

Anche gli aspetti sociali saranno dunque tra i temi delle tre giornate di lavori con i maggiori specialisti del mondo, ha sottolineato il segretario del Dicastero della salute, mons. Jean-Marie Mate Musivi Mupendawatu. Si parlerà anche di epidemiologia, trattamento dei bambini nei Paesi poveri, aspetti etici e legislativi delle cure e dell’apporto di arte, religione e comunicazione nel trattamento dei pazienti. Fondamentale sarà il capitolo prevenzione, perchè diagnosi precoce significa qualità di vita migliore, non essendoci cure per questa patologia:

“Ad oggi siamo a conoscenza di fattori di rischio, fattori genetici, fattori ambientali ma non sono sufficienti per determinare la patologia. Di conseguenza non c’è un farmaco, né una cura. Le famiglie ricorrono a cure complementari o alternative. C’è quindi bisogno di indagare per una maggiore conoscenza scientifica e una diagnosi precoce per identificare il disturbo”

Del tutto speciale sarà l’incontro di sabato con il Papa. Un’udienza il Aula Paolo VI a cui è prevista la partecipazione di centinaia di ragazzi autistici accompagnati da famiglie e personale sanitario, e strutturata in preghiere e canti con la partecipazione di artisti come Mogol, Arisa e i Tazenda. Padre Augusto Chendi, sotto-segretario del Pontificio Consiglio degli Operatori sanitari ha spiegato quali saranno i due momenti dell’incontro:

"Il primo, con inizio alle ore 11.00 nell’Aula Paolo VI, con un momento di preghiera e di testimonianze dal mondo dell’Autismo, intercalati da brani musicali. Il secondo momento, alla presenza del Santo Padre, avrà ancora il sapore della preghiera e della festa con l’esibizione di canti di impronta religiosa, volti a coinvolgere anche le persone autistiche e a renderle partecipi di una gestualità che ne rompa l’isolamento nel quale solitamente restano rinchiuse…Avremo quindi modo tutti - a diversi gradi di coinvolgimento e di responsabilità - di sentirci come Chiesa impegnati a farci “compagni di strada” con quanti vivono questo silenzio ed isolamento eloquenti, che interpellano la nostra sensibilità alla sofferenza altrui, accrescendo in tale modo la speranza e la consapevolezza, teoria e pratica, che nel rapporto con la sofferenza e con le persone sofferenti si determina e si qualifica la misura della nostra umanità, per ciascuno singolarmente come per la società nella quale viviamo".

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50 anni di ecumenismo. Card. Koch: rileggiamo Unitatis Redintegratio

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Riunita da oggi l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per Unità dei Cristiani, che quest’anno festeggerà il 50.mo del Decreto Conciliare sull’ecumenismo Unitatis Redintegratio, promulgato il 21 novembre 1964. L’anniversario sarà commemorato giovedì prossimo con i Vespri nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura e venerdì con una Cconferenza nella Pontificia Università Gregoriana, presenti rappresentanti delle Chiese cattolica, ortodossa, battista, luterana e apostolica armena. Mario Galgano, del programma tedesco, ha intervistato il cardinale Kurt Koch, presidente del Dicastero vaticano: 

R. – Ja, am 21. November sind es 50 Jahre her seit das Ökumenismusdekret des…

Sì, questa ricorrenza è naturalmente un’occasione gradita per tornare, prima di tutto, a quel testo: rileggerlo e renderlo attuale; e poi chiedersi quale sia la meta del movimento ecumenico, dove si trovino i principi, le sfide e i suoi sviluppi positivi. Abbiamo previsto tre diverse letture di quel testo: una cattolica, una orientale e una occidentale, per capire come si legge oggi il Decreto e quali possono essere le strade per un cammino del futuro.

D. – Quali sono le sue personali considerazioni riguardo il dialogo ecumenico in generale, sia con le Chiese orientali che con quelle occidentali?

R. – Ja, da muss man sehr unterscheiden, weil der Einheitsrat ja von Anfang an…

Bisogna fare un distinguo molto serio. Fin dall’inizio, il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani è stato concepito con due sezioni. Nella sezione orientale confluiscono due grandi dialoghi. Quello con tutte le antiche Chiese ortodosse orientali (siriaca, apostolica armena, copta, etiopica - ndr), che si sono separate dalla Chiesa madre nel V secolo dopo il Concilio di Calcedonia, e in questo campo siamo su una buona strada. In questa Commissione c’è una gran bella atmosfera: ogni anno, si svolge un’assemblea generale, andiamo avanti a piccoli passi ma con una buona atmosfera. L’altro grande dialogo si svolge con tutte le altre Chiese ortodosse: anche qui, in realtà, nel primo decennio – dal 1980 al 1990 – abbiamo fatto grandi progressi e siamo riusciti a sviluppare il consenso alle domande fondamentali della comprensione della Chiesa, dei Sacramenti, del ministero. Dopo questo periodo, c’è stata però una grande crisi. I cambiamenti che ci sono stati in Europa nel 1989 non hanno infatti rappresentato un grande vantaggio per l’ecumenismo, perché con la svolta sono uscite dal nascondimento le Chiese cattoliche-orientali – la Chiesa greco-cattolica, soprattutto in Ucraina, in Romania, in Transilvania – che erano state proibite da Stalin, e tutto questo ha risvegliato le antiche accuse di uniatismo e proselitismo e così nel 2000 siamo arrivati alla chiusura di questo dialogo. Nel 2006, poi, l’abbiamo ripreso il dialogo, a Belgrado, e poi ancora nel 2007, con il famoso Documento di Ravenna e da allora lavoriamo intorno alla questione del primato del Vescovo di Roma. Non è una questione semplice da trattare e ci sono sempre battute d’arresto, nel dialogo. Ma io sono convinto che su questa strada potremo ottenere ancora progressi.

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Vaticano. Congresso migrazioni: tutelare dignità di chi si sposta

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Passano gli anni, le emergenze e le stragi silenziose, ma il problema è sempre lo stesso quando si parla di immigrati, catalizzatori di almeno quattro sentimenti di base: “diffidenza, ostilità, sospetti e pregiudizi”. A evidenziarli è stato il cardinale Antonio Maria Vegliò nell’aprire ieri il settimo Congresso mondiale della Pastorale delle Migrazioni.

Davanti ai circa 300 partecipanti di 93 Stati di ogni continente, il presidente del competente dicastero vaticano – organizzatore del Congresso ospitato dall’Università Urbaniana – ha insistito sugli aspetti positivi dell’emigrazione, puntando sugli aspetti della cooperazione e dello sviluppo. Un aspetto condiviso anche William Lacy Swing, direttore generale dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) che ha riaffermato la “priorità assoluta di accogliere tutti i migranti e salvare ogni singola vita umana”, così come fatto “dall’Italia con l’operazione Mare Nostrum”.

Stamattina è spettato al segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti, mons. Jospeh Kalathiparambil, introdurre i lavori della seconda giornata centrati su tre temi: la “diaspora” dei migranti, specie delle famiglie, il carattere di partenariato che gli immigrati assumono nei Paesi di transito e di approdo, l’aspetto della “dignità” di ogni migrante.

Parlando della diaspora, mons. Kalathiparambil ha evidenziato che è ovviamente la ricerca di un lavoro il primo motore del fenomeno migratorio. Per la società, ma anche per la Chiesa di oggi, “è necessario – ha detto – riconoscere la necessità di rafforzare le sinergie tra migrazione internazionale e sviluppo a livello globale, nazionale, regionale e locale”. Una tavola rotonda del Congresso  tratterà in particolare la condizione della famiglia migrante. Prendersene cura, ha affermato il presule, “esige non soltanto la cooperazione tra il Paese d’origine e il corrispondente Paese di destinazione, ma anche una forte cooperazione tra la Chiesa d’origine e la Chiesa che accoglie la famiglia migrante”.

Un aspetto spesso poco considerato è il ruolo, definito “importante”, che “i migranti svolgono come partner nello sviluppo dei Paesi di origine, di transito e di destinazione”. È necessario, ha proseguito sul punto mons. Kalathiparambil, “migliorare la percezione pubblica dei migranti e della migrazione” e mettere in luce il loro “contributo” allo “sviluppo sia dei Paesi d’origine sia dei Paesi di destinazione”. Contributo che oggi sempre più vede protagonista anche la donna migrante, poiché i numeri dicono che la migrazione femminile ha toccato circa il 49% di tutta la popolazione in emigrazione. Se “in passato – ha considerato il segretario del Pontificio Consiglio – i loro spostamenti erano fortemente legati al ricongiungimento familiare”, oggi le donne sono “attori in prima linea” insieme agli uomini all’interno delle società.

Infine, la “dignità del migrante” per riferirsi alla quale mons. Kalathiparambil ha chiamato in causa le tante parole spese da Papa Francesco, che in chiunque emigri vede la “carne di Cristo” sofferente e per essa chiede comprensione e aiuto.

“La dignità umana – ha concluso – svolge un ruolo importante nella gestione dei flussi migratori e l’approccio che assumono sia le comunità civili sia quelle ecclesiali prende in riferimento la presenza di migranti al loro interno. Si tratta di un concetto che deriva dal riconoscimento che tutte le persone umane sono state creati a immagine e somiglianza di Dio”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Ma io sono vivo dentro? Messa a Santa Marta.

La cooperazione è la via della stabilità: intervento della Santa Sede a Ginevra.

Scusi, mi può leggere Dante? Quel pomerigio d’autunno in un bar di New York: un racconto di Franco Palmieri sulla popolarità della Divina Commedia con un intervento di Matteo Renzi.

Una generazione perduta, dopo la prima guerra mondiale: Giulia Galeotti sul romanzo di Pierre Lemaitre “Ci rivediamo lassù”.

Oddone Camerana sulle giornate di sangue a Torino, nel settembre 1864, quando la città non fu più capitale d’Italia.

Francesco Motto sui missionari salesiani pionieri in Patagonia e nella Terra del Fuoco.

Amore e verità: il patriarca Bartolomeo sui rapporti fra cattolici e ortodossi per i cinquant’anni della fondazione viennese Pro Oriente.

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Oggi in Primo Piano



Gerusalemme, attentato sinagoga. Condanna del rabbino Sacks

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Orrore e sdegno viene espresso in tutto il mondo per l’attacco armato avvenuto stamattina in una sinagoga a Gerusalemme ovest, da parte di due uomini di Hamas. Il bilancio è di almeno quattro morti e sette feriti. La cronaca di Gabriella Ceraso: 

Sale alle stelle la tensione a Gerusalemme dopo “l’attentato disumano”, come l’hanno definito gli Stati Uniti, compiuto in sinagoga. La prima reazione del premier israeliano, Netanyahu, è stata una durissima accusa al  presidente palestinese, Abu Mazen, e ad Hamas con la promessa di una azione altrettanto dura. Ha parlato di “biechi assassini” che hanno ucciso fedeli in preghiera. Hamas dal canto suo ha rivendicato il gesto felicitandosi e incitando ad altre azioni di vendetta come questa, avvenuta, ha dichiarato, in risposta all'uccisione ieri da parte israeliana di un conducente di autobus palestinese a Gerusalemme ovest. Secondo fonti governative, invece, si è trattato di un suicidio. Il presidente dell’Anp, Abu Mazen, dal canto suo ha condannato “l'uccisione dei fedeli ebrei a Gerusalemme” e “di altri civili ovunque essi siano”, ma ha anche chiesto al governo con la stella di David di “porre fine agli assalti alla moschea di al-Aqsa, alle provocazioni dei coloni e di alcuni ministri israeliani". “Confermiamo - dice Abbas - il nostro impegno a una soluzione giusta basata su due Stati secondo le risoluzioni internazionali, alla salvaguardia di un clima di calma e alle intese raggiunte dal Re giordano con il segretario di Stato americano, John Kerry” .

Condanna per quanto accaduto a Gerusalemme e vicinanza alle vittime viene espressa dalla Chiesa di Terra Santa. Anche in Vaticano, dove è in corso il Convegno internazionale interreligioso “Humanum”, il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il cardinale Tauran ha invitato tutti i partecipanti a condannare in modo unanime l’accaduto. I lavori dell’assise si sono aperti questa mattina con la preghiera del rabbino Lord Jonathan Sacks, a capo in passato delle Congregazioni ebraiche unite del Commonwealth in Gran Bretagna. Paolo Ondarza lo ha intervistato: 

R. – This is very frightening because…

 

E’ molto spaventoso, quel che sta accadendo... Sono atti di terrore che fanno sentire tutti davvero in pericolo. Questo è il peggiore incidente a Gerusalemme nelle ultime settimane, ma sicuramente non è l’unico. E quindi dobbiamo pregare perché non ci siano ulteriori disordini.

D. – Qui in Vaticano i rappresentanti delle religioni stanno condannando l’attentato. La religione può contribuire alla pace comune contro il fondamentalismo religioso?

R. – I think it can…
Penso che possa e penso che debba. Se la religione è parte del problema, allora la religione deve essere parte della soluzione. E la soluzione è quella di riunirsi come oggi, mettendo insieme tutte le religioni, da tutto il mondo, incontrarsi e trovare quello che ci unisce. Invece quello che sta accadendo in molte parti del mondo oggi è che le persone si focalizzano su quello che ci divide. Quindi, quello che sta accadendo qui a Roma adesso è come un antidoto alla violenza cui stiamo assistendo in così tante parti del mondo.

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Burkina Faso, col presidente Kafando parte il dopo-Compaoré

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I leader politici e militari del Burkina Faso hanno designato Michel Kafando come presidente “ad interim”. L’ex ministro degli Esteri guiderà il Paese per un anno, fino alle prossime elezioni. Su questo possibile momento di svolta nella storia del Burkina Faso, Corinna Spirito ha chiesto un commento alla prof.ssa Anna Bono, docente di Storia e istituzioni dell’Africa all’Università di Torino: 

R. – Le ultime notizie dal Burkina Faso segnano una svolta molto positiva e che sembra sia stata ottenuta in tempi rapidi e in un clima di buona volontà da  parte di tutte le parti in causa – se non altro un evento abbastanza inconsueto in Africa, che fa ben pensare. E altrettanto positivo è il modo in cui si sono mosse le organizzazioni internazionali sia africane che non, che non hanno fatto pressione sui golpisti, e dall’altro hanno proposto soluzioni in termini di transizione evidentemente accettabili.

D. – Questo governo di transizione ha le carte per cambiare la vita del popolo del Burkina Faso?

R. – E’ presto per dirlo. Questo presidente resterà in carica soltanto un anno. Dopodiché si andrà a delle elezioni, si spera, democratiche e sarà solo allora che il futuro del Paese si delineerà in modo netto, e si spera positivo. Sono stati 27 anni di mal governo che si sono tradotti in povertà, in promesse mai mantenute, in livelli di degrado elevatissimi. Il Burkina Faso è 181.mo nell’Indice di sviluppo umano su 187 Paesi considerati. C’è una popolazione giovanile senza speranza, disperata, senza prospettive di lavoro, di un futuro sicuro.

D.  – E’ possibile che questo punto di svolta per il Burkina Faso influenzi anche altri Stati vicini?

R. – Il modo in cui questo passaggio di poteri è avvenuto e l’esilio del presidente Compaoré, messo in fuga, sì, da un colpo di Stato, ma prima di tutto dalla reazione di una popolazione esasperata dal comportamento di un presidente che dopo 27 anni al potere tentava con una modifica costituzionale di ottenere la possibilità di ricoprire ancora una volta un mandato presidenziale. La sua caduta dovrebbe essere un monito per altri presidenti che stanno tentando la stessa via.

D. – Come è stata accolta la nomina di Michel Kafando?

R. – Questo presidente non accontenta tutti, anzi scontenta molti, perché in sostanza pur essendo un civile, è il presidente voluto dall’esercito. E non soltanto: è un ex-diplomatico che per 13 anni è stato il portavoce del Burkina Faso alle Nazioni Unite, quindi ha un legame col regime precedente indiscutibile. Una delle condizioni che sono state poste e che sono state accettate è la seguente: tutte le persone militari e civili coinvolte nel colpo di Stato e nella successiva transizione, quindi anche il presidente appena nominato, non potranno partecipare alle elezioni presidenziali che dovrebbero svolgersi tra un anno.

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Sant'Egidio, appello per Aleppo: salviamo la città della convivenza

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Sant'Egidio rilancia il suo appello per salvare Aleppo, città siriana sottoposta a un tragico e molteplice assedio, e farne una "città aperta", dove "non si combatta". Oggi, il fondatore della comunità, Andrea Riccardi, ha ripetuto la richiesta di un intervento internazionale e ha lanciato una mobilitazione della rete. Il servizio di Francesca Sabatinelli

L’hashtag è #savealeppo, salviamo Aleppo, che diventi una città aperta, che torni ad essere l’esempio di convivenza tra culture che è sempre stata. Andrea Riccardi rilancia un appello già fatto il 22 giugno scorso, quando venivano chiesti corridoi umanitari e rifornimenti per i civili sotto occupazione ormai da due anni, accerchiati  dalle forze di Assad, dai ribelli, dai miliziani dell’Is e di Al Nusra. Serve un intervento internazionale, ripete Riccardi, che elenca gli ultimi contatti di Sant’Egidio con governi come quello di Mosca e con istituzioni come le Nazioni Unite. L’obiettivo auspicato è la creazione di una “free zone” che salvi la città. Di qui, l’apprezzamento dell’azione dell’inviato Onu per la Siria, Staffan De Misura, che oggi ha incassato il "sì", in via di principio, da parte di Damasco alla proposta di una tregua con i ribelli. Aleppo non diventi come Mosul alla cui agonia la comunità mondiale ha assistito impotente. L’intenzione dunque è quella di spingere per una zona franca, che non sia sottratta al controllo di Damasco, ma che potrebbe forse essere posta sotto l’egida dell’Onu. Andrea Riccardi:

R.  – Aleppo sta per essere distrutta, Aleppo muore ogni giorno. Se ne vanno i suoi abitanti è una città disperata, una città senza futuro. E noi ce ne siamo dimenticati. L’appello è perché Aleppo non diventi come Mosul, perché non se ne vadano i cristiani, perché non muoiano i musulmani, perché i bambini non soffrano il freddo. E’ una situazione drammatica che rivela la drammaticità della situazione siriana. Non ci sono iniziative in Siria, dunque iniziamo da qualche parte, cominciamo da Aleppo. E quindi due cose: un’iniziativa internazionale e un’iniziativa sul terreno. Ogni giorno Aleppo muore, quindi c’è fretta e noi chiediamo a tutti di fare pressione sui governi perché si sottragga Aleppo a un destino di morte.

D. – In che modo? Con i caschi blu, con la sovranità delle Nazioni Unite?

R. – La sovranità non si tocca, per ora noi dobbiamo “freeze”, congelare la situazione e evitare che finisca in un incendio. Noi pensiamo ai caschi blu, pensiamo a un intervento dell’Onu. Naturalmente, poi, saranno i diversi attori a doverlo determinare.

D.  – Aleppo qindi intesa come tutta la cittadinanza di Aleppo non soltanto i cristiani, Aleppo come simbolo…

R. – Aleppo come simbolo, perché Aleppo è stata la più grande città della convivenza, è storico. Io mi ricordo i tempi in cui le campane delle chiese cristiane suonavano accanto al “muezzin”. Era veramente la città della convivialità tra mondo arabo, mondo curdo, mondo armeno, mondo cristiano. Oggi tutto questo è finito, è drammaticamente finito, e sta finendo perché Aleppo viene consumata, non perché cristiani e musulmani lottano dentro Aleppo, ma perché si consuma questo carattere di Aleppo. E io ho paura che Aleppo sia abbandonata al suo destino e finisca come Mosul.

D. – Non facciamo che Aleppo diventi Mosul, pensiamo a Kobane. Kobane è stata in parte soccorsa in qualche modo dai raid della coalizione internazionale che, se non l’hanno salvata, hanno dato un sostegno. Lei pensa che questa sia la strada anche per Aleppo?

R. – No, Kobane è un’altra storia, è un’altra storia. Aleppo è un’agonia, Kobane è una battaglia.

La salvezza di Aleppo significherebbe la salvezza di tutte le componenti religiose che la vivono e non solo dei cristiani d’Oriente, per i quali Sant’Egidio ha deciso di organizzare una conferenza ad hoc il 5 e 6 marzo 2015, a Cipro. Tre le parti coinvolte, i rappresentanti delle Chiese cristiane del Medio Oriente, della politica internazionale e personalità musulmane. Un cristiano in meno in Medio Oriente, è la conclusione di Riccardi, è un pezzo di pace, convivenza e democrazia che se ne va.

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Un monastero unisce turco-ciprioti e greco-ciprioti

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Turco ciprioti musulmani e greco ciprioti ortodossi, divisi dal 1974 dall'ultimo Muro in Europa, lavorano insieme per il restauro del Monastero dedicato a Sant'Andrea apostolo, a nord-est dell'isola di Cipro. In questi giorni sono stati inaugurati i lavori, condotti da archeologi ed esperti delle due comunità, a testimonianza di una fase nuova di cooperazione, tra la Repubblica di Cipro membro dell'Ue e la parte settentrionale riconosciuta solo dalla Turchia. Il Monastero rientra in un progetto, sovvenzionato dall'Ue, che riguarda altri luoghi di culto e monumenti, come spiega, nell'intervista della nostra inviata a Cipro Fausta Speranza, uno dei due presidenti del Comitato Tecnico per il patrimonio culturale, il turco cipriota Ali Tunkay 

R. – The two sides...

Le due parti, quella turca e quella greca, stanno contribuendo al restauro di questo monastero. Pensiamo, infatti, che non sia solo un’eredità culturale greco-cipriota, ma cipriota e turco-cipriota. Ora c’è una nuova mentalità e, quindi, entrambe le parti stanno dando due milioni e mezzo di euro ciascuna per il restauro. Si tratta di una joint-venture, in cui le due parti lavorano insieme al restauro. Al momento stiamo nella prima fase: i lavori sono concentrati nella chiesa principale. La fine è prevista nell’aprile 2016. Comunque, prima che venga conclusa questa prima fase, cominceremo anche la seconda per il resto della struttura. Spero che in pochi anni riusciremo a concludere il restauro di tutto il monastero, che – ripeto – non è solo un’eredità dei greco-ciprioti, ma anche dei turco-ciprioti.

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Festival Dottrina Sociale a Verona apre con videomessaggio del Papa

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“Oltre i luoghi dentro il tempo”. E’ il titolo della quarta edizione del Festival della Dottrina Sociale, che a Verona - da giovedì a domenica – coinvolgerà vescovi, ministri, imprenditori e sindacalisti. Ad inaugurare l’avvenimento un videomessaggio di Papa Francesco a cui seguirà una tavola rotonda a cui prenderà parte mons. Mario Toso, segretario del dicastero “Giustizia e Pace”. Per una presentazione dell’evento, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Toniolo e coordinatore del Festival: 

R. - La scelta di questo tema è molto concreta. L’esperienza comune è che andare avanti così in ambito sociale ed economico non ha futuro, questo è percepito. Quindi bisogna andare oltre. Dire: “Oltre i luoghi, dentro il tempo” significa attivare ciò che c’è di positivo, ipotizzare qualcosa di nuovo, non abbandonandoci alla fantasia  - perché si potrebbe andare oltre il tempo facendo un volo pindarico – ma stando dentro il tempo. Quindi, “Oltre i luoghi, dentro il tempo” vuol dire il nuovo come risposta ai bisogni di oggi.

D. - Come si articola questo evento?

R. - Abbiamo pensato questo evento come un mosaico dove ci sono varie realtà che hanno una loro soggettività: andiamo dai direttori del personale, ai commercialisti, alla cooperazione, alle banche, al welfare, all’ambiente, … Quindi abbiamo cercato di evidenziare una pluralità di soggetti che però si riconoscano e convergano nella visione che è espressa nella Dottrina Sociale della Chiesa.

D. - Questo evento, proprio come l’anno scorso, si aprirà con il videomessaggio di Papa Francesco; chiaramente una grande gratificazione per tutti voi, ma è anche il segno della grande attenzione del Papa per la Dottrina Sociale …

R. - Colgo l’occasione per ringraziare il Santo Padre per questa attenzione al festival. È chiaro che questo festival si muove in linea, ad esempio con l’Evangelii Gaudium, per quanto riguarda la dimensione sociale dell’annuncio. Quindi mi sembra che oggi ci sia una sintonia tra il festival e il pensiero che il Papa ha espresso nell’Evangelii Gaudium. Credo che si voglia fare anche qualcosa di più insomma, non solo una sintonia: qui si vorrebbe vedere se qualcuno inizia a rispondere a quello che il Papa dice, in modo che l’annuncio poi si traduca anche in un’operatività virtuosa.

D. - Da ultimo, quali sono le sue speranze proprio come promotore, organizzatore principale di questo festival giunto alla quarta edizione?

R. - La speranza più grande è che il lievito del Vangelo riesca a dar vita e a informare le realtà temporali con la forza del Vangelo. C’è bisogno di dare un’anima alla realtà. Quindi il grande sogno è questo: dare, generare vita, mettere l’anima dentro le cose, perché allora sarà per tutti più soddisfacente e più bello vivere e impegnarsi.

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Diocesi di Roma in Terra Santa per l'80.mo dell'Opera Romana

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E' intitolato a San Giovanni Paolo II, testimone di pace nel mondo, il pellegrinaggio della diocesi di Roma in Terra Santa. Un vero e proprio cammino che coinvolge uomini, donne, giovani, bambini ed anziani di diverse nazionalità e vuole essere anche il gesto profetico 2104 dell’Opera Romana Pellegrinaggi (Opr). I dettagli nel servizio di Davide Dionisi

E’ partito ieri il pellegrinaggio della diocesi di Roma in Terra Santa realizzato in occasione dell’80.mo anniversario di fondazione dell’Opera Romana Pellegrinaggi e presieduto dal cardinale vicario, Agostino Vallini. Otto giorni di pellegrinaggio, preghiera e solidarietà iniziato nella Galilea, in particolare da Nazareth, e che proseguirà verso il Lago di Tiberiade per arrivare a Betlemme e infine a Gerusalemme. Il momento forte del programma, che si concluderà il 24 novembre, sarà il Cammino internazionale di Pace “Giovanni Paolo II” da Betlemme a Gerusalemme, realizzato in collaborazione con l’Ufficio nazionale israeliano del Turismo, in programma dopo domani e che sarà il gesto profetico dell’Opera Romana Pellegrinaggi per il 2014. Don Giovanni Biallo, assistente spirituale dell’Opr, ci ha spiegato chi partecipa al pellegrinaggio e qual è il suo obiettivo:

R. – Sono presenti rappresentanti delle parrocchie di Roma, naturalmente assieme al loro vescovo, assieme al cardinal Vallini, al cardinale vicario. E sono presenti, tra l’altro, anche dei giornalisti che verranno per partecipare e rendersi conto di questo evento, del Cammino internazionale di pace, che nella edizione di quest’anno ha proprio il senso di portare alla preghiera comune rappresentanti palestinesi, israeliani del popolo di Dio dei pellegrini, che appunto si reca in Terra Santa, per chiedere il dono della pace per quella terra.

Mons. Liberio Andreatta, vicepresidente e amministratore delegato dell’Opr, ha sottolineato che più che una maratona è un vero e proprio cammino…

R. – Esattamente. Infatti, questa è la novità di quest’anno. Noi vogliamo camminare insieme. Il senso del cammino è il senso più bello del vivere come cristiani. Siamo in cammino in questa vita e in questa vita, nel nostro cammino insieme, vogliamo chiedere ciò che più è necessario per tutti noi e in particolare per tutti coloro che abitano in quelle terre, nelle terre di Israele e della Palestina, cioè appunto il dono della pace.

D. – Chi è il pellegrino del 21.mo secolo?

R. – Il pellegrino del 21.mo secolo è sicuramente un uomo e una donna in ricerca, in ricerca di Dio, che ha bisogno di fare un’esperienza profonda dell’amore di Dio, di quella speranza di cui ci parla tanto Papa Francesco, della misericordia di Dio, del suo amore, del sentirsi avvolti, abbracciati dall’amore di Dio in questa vita.

D. – Cosa può rappresentare quindi questo pellegrinaggio dal punto di vista spirituale e pastorale? E come intende valorizzarlo al meglio la diocesi di Roma?

R. – Naturalmente il significato di questo pellegrinaggio è quello legato a ogni pellegrinaggio. Noi sappiamo che il pellegrinaggio è metafora della vita: noi siamo su questa terra in cammino verso una patria, che è proprio quella della pace realizzata da Dio e in cui tutti noi siamo inseriti, di cui tutti noi ci nutriamo. Quindi, ha un significato molto profondo, come ogni pellegrinaggio. Quest’anno, con questo evento, questa iniziativa del Cammino di Pace si arricchisce così da essere coscientemente un tempo, quello che passeremo in Terra Santa, in cui tutta la nostra preghiera, tutta la nostra presenza in Israele e in Palestina sarà per chiedere insieme il dono della pace. Sappiamo bene che sta a cuore a tutti noi, profondamente, quella terra e la pace su quella terra, perché popoli diversi, religioni diverse possano convivere rispettandosi e amandosi gli uni con gli altri, ciascuno comunicando il meglio di se stesso agli altri. Questo è quindi il motivo di arricchimento, il motivo che si aggiunge in questo tempo, in questa settimana, che noi vivremo insieme nella terra di Gesù.

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“Rialza il povero dall’immondizia”: l'autobiografia del card. Coppa

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“Rialza il povero dall’ immondizia”. E’ tratto dal Salmo 112, versetto 7, il titolo dell’autobiografia del cardinale Giovanni Coppa, edita dalla Libreria Editrice Vaticana, presentato ieri sera nella Sala Marconi della nostra radio. Il testo, con la prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi, ripercorre la vita del porporato e della sua famiglia, attraverso alcune tappe importanti: dall’entrata in seminario, alla nunziatura a Praga, fino alla sua elezione a cardinale per volere di Benedetto XVI nel 2007. Il servizio di Marina Tomarro

Da Via Pierino Belli, una strada in passato molto povera della cittadina di Alba in Piemonte, agli onori  della Segreteria di Stato del Vaticano a Roma, passando però attraverso anni di studio fecondo all’Università Cattolica a Milano e molti viaggi e lunghi soggiorni tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia come nunzio apostolico. E’ stata una vita sempre volta verso l’impegno all’evangelizzazione, quella del cardinale Giovanni Coppa che l’ha raccontata attraverso le pagine di un’autobiografia. Il commento del porporato:

R. - Quello che conta è fare la volontà di Dio. Io ho cercato di farla sempre e il Signore adesso mi chiamerà, quando Lui vuole, e sono pronto.

D. – Qual è il ricordo più caro che è descritto in questo libro?

R. – Non potrei dire perché sono tutti ricordi belli. Comincerei la mia vita da domani di nuovo come l’ho fatta. La mia vita è stata un grande dono e quindi non posso chiedere altro.

E il suo percorso diventa un esempio per quei giovani che studiano nei seminari con il desiderio di donare e dedicare la loro vita a Dio e alla Sua Parola. Mons. Romano Penna, docente presso la Pontificia Università Lateranense:

R.  – Può educare nel senso di stimolarli a non sopravvalutare la propria origine e, ancora una volta, lasciare spazio alla grazia di Dio che è il luogo per eccellenza. Ma questa non è casualità, questa è la sostanza della fede cristiana. Quindi, possono imparare anche per essere stimolati all’apertura verso incarichi, verso mansioni che siano a favore della comunità cristiana in maniera disinteressata e anche gioiosa. Credo che questa sia una lezione non secondaria.

D. – Papa Francesco spesso invita a pregare per le vocazioni. La vita del cardinale Coppa può aiutare dei giovani a dire anche io voglio servire il Signore…

R. – Purché di servizio si tratti e non della tensione verso una carica, e su questo Papa Francesco insiste molto. Non è la dignità che conta ma è il servizio. Mi auguro che un giovane lettore di questo libro tragga anche questa lezione feconda.

E alla presentazione tra i relatori anche il segretario generale del Sinodo dei vescovi, il cardinale Lorenzo Baldisseri. Il suo commento.

R. – Celebriamo un cardinale che veramente ha segnato una certa storia, quella sua, che è diventata poi una storia per la Chiesa. E’ nato in condizioni molto umili, però è diventato grande, grande per il suo talento, ma perché il talento lo ha applicato, naturalmente, al bene della Chiesa, quindi ha servito la Chiesa, e ha servito l’uomo. E utilizzare i talenti che abbiamo ricevuto è importante: a volte purtroppo o li nascondiamo, li mettiamo sotto terra, o li utilizziamo in maniera sbagliata. Invece lui li ha veramente messi a disposizione di tutti.

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Nella Chiesa e nel mondo



Attacco alla sinagoga. Appello di pace della Chiesa di Terra Santa

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“Porgo le mie condoglianze ai parenti delle vittime dell'assalto alla sinagoga di Gerusalemme e di tutte le violenze che insanguinano la Terra Santa. Nelle nostre chiese, nei conventi e nei monasteri, pregheremo più che mai che il Signore ci aiuti e aiuti i dirigenti politici a fare i passi giusti affinchè ci sia pace e sicurezza per tutti, tutti, tutti”. Così il patriarca di Gerusalemme dei latini, Fouad Twal, esprime in una dichiarazione la sua partecipazione e vicinanza alle vittime dell'attentato avvenuto stamane presso una sinagoga di Gerusalemme e a tutti coloro che continuano a soffrire per i conflitti che segnano la terra dove è vissuto Gesù.

Il patriarca, appena tornato da un viaggio all'estero, riferisce all'agenzia Fides di una Gerusalemme segnata dal rafforzamento delle misure di sicurezza e dei posti di blocco. “Ma proprio questo - aggiunge mons. Twal - è il segno che la situazione è tutt'altro che normale, e le misure di controllo non possono di per sé risolvere la gravità dei problemi. Occorre andare alle radici, togliere le cause della disperazione che genera violenza, interrompere la spirale infinita delle vendette. Altrimenti vivremo sempre tutti nella paura, senza libertà né dignità. Sono questi i pensieri che abbiamo nel cuore, mentre ci avviciniamo al prossimo Natale”.

Dal canto suo - riferisce l'agenzia Sir - il vicariato per i cattolici di lingua ebraica in Israele parla di “una notizia terribile. Il lutto scende di nuovo su Gerusalemme”. “Vogliamo pregare per coloro che sono stati uccisi, per le loro famiglie che sono in lutto, e per la città di Gerusalemme. La Città Santa piange i suoi figli. La vocazione di Gerusalemme è quella di essere una città di pace per tutti i suoi residenti” conclude il breve comunicato che affida la sua preghiera al passo di Isaia sulla rinascita di Gerusalemme (62, 1-6): “Per amore di Sion non mi terrò in silenzio, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada...”. (R.P.)

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Colombia: la Chiesa sollecita a continuare il dialogo di pace

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Il presidente della Conferenza episcopale della Colombia, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja, ha condannato il rapimento del generale Rubén Darío Alzate Mora ad opera delle Farc, ha chiesto il suo rilascio e ha espresso l’auspicio che i colloqui di pace non si interrompano.

“Invito i guerriglieri e il governo a fare tutto il possibile perché questa situazione di stallo venga superata” afferma mons. Castro Quiroga nella nota inviata all’agenzia Fides.

Al momento della conferma del rapimento, il Presidente Juan Manuel Santos ha sospeso i colloqui di pace che si svolgono a L'Avana, fino a quando la Farc non rilasceranno il generale e le persone che erano con lui. L'arcivescovo di Bogotà, il card. Ruben Salazar Gomez, attraverso il suo account Twitter ha chiesto al governo e alla guerriglia “saggezza e prudenza, per superare ciò che impedisce il raggiungimento della pace”. (R.P.)

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Pakistan: leader religiosi chiedono modifiche a legge sulla blasfemia

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E’ urgente correggere e migliorare la legge sulla blasfemia, per impedirne abusi e strumentalizzazioni: è quanto affermano leader e studiosi musulmani, cristiani, indù e sikh, riunitisi nei giorni scorsi a Lahore. Come riferisce all’agenzia Fides padre James Channan, domenicano, direttore del “Peace Center” a Lahore, che è stato fra i relatori dell’incontro, l’assemblea ha ricordato che, fra i 1.170 casi di blasfemia registrati in Pakistan durante gli ultimi sei decenni (per metà a carico di credenti musulmani, per metà contro fedeli di altre religioni), “Asia Bibi è l’unica donna nella storia di questo paese che è stata condannata a morte per blasfemia”.

L'incontro è stato organizzato dalla rete “Peace and Harmony Network Pakistan”, in collaborazione con il “Catholic Council for Inter-religious Dialogue and Ecumenism” (Ccide), il “Pakistan Ulema and Mushaikh Council”, e il forum “United Religions Initiative”.

Il Segretario del Ccide, Javaid William, ha presentato, a nome di tutte le organizzazioni, una richiesta unanime al governo: ordinare che la registrazione ufficiale di una denuncia per blasfemia possa avvenire solo da parte di un ufficiale di polizia del rango di Sovrintendente (non di rango inferiore) e di garantire la custodia del denunciante e del denunciato fino al completamento delle opportune indagini. Questa misura servirebbe ad evitare gli abusi della legge per controversie private.

Inoltre l’assemblea interreligiosa suggerisce che tutti i casi di blasfemia siano processati in tribunali superiori e che, se si dimostrano false accuse, il denunciante sia punito pesantemente.

Padre Channan spiega a Fides: “Alla luce degli ultimi casi, è urgente rivedere e migliorare la legislazione sulla blasfemia per allontanare sospetti, diffidenza e odio, per correggere procedure viziate e per evitare errori giudiziari”. (R.P.)

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Nigeria. Mons. Kaigama: elezioni 2015 in un clima esplosivo

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“Ci sono segnali che le imminenti elezioni del 2015 creeranno una situazione politica esplosiva” ha avvertito mons. Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza episcopale della Nigeria, nella sua riflessione durante la Veglia di preghiera nazionale, tenutasi presso il Centro ecumenico nazionale di Abuja, dalla sera del 13 novembre all’alba del 14.

“Ci sono indicazioni secondo cui prevarranno ancora politiche basate sulla logica del ‘riuscire o morire’ e su tattiche diffamatorie nei confronti degli avversari” ha rimarcato mons. Kaigama . “La ricerca aggressiva del potere, che è sotto gli occhi di tutti, ci fa sorgere il dubbio se la politica in Nigeria sia veramente impegnata a migliorare le condizioni della gente comune”.

La Veglia fa parte della campagna nazionale di preghiera indetta a giugno dai Vescovi nigeriani per riportare la pace nel Paese, messa a dura prova delle violenze di Boko Haram, a proposito delle quali mons. Kaigama ha affermato: “non solo gli attentati non si fermano, causando vittime e seminando devastazione, ma (Boko Haram) sta conquistando nuovi territori. Non sono state ancora messe in atto efficaci misure di sicurezza per fermare questi atti crudeli e sembra che gli attentati non abbiano toccato i cuori dei nostri capi (dentro e fuori il governo) che non cercano di ottenere ordine e sicurezza, invece usano questa drammatica situazione come arma politica”.

Il presidente della Conferenza episcopale ha infine ricordato i vescovi sono in prima linea di fronte alle violenze di Boko Haram. mons. Oliver Doeme, vescovo di Maiduguri, “può testimoniare come diverse parrocchie siano state chiuse e migliaia di persone sono state costrette alla fuga oppure uccise”. Lo stesso può fare mons. Stephen Mamza, vescovo di Yola, “che può riferire che migliaia di persone tra gli Stati di Borno e Adamawa sono sfollate e costrette a cercare rifugio nelle loro terre ancestrali”. “Ringraziamo i due vescovi per la loro coraggiosa presenza accanto a migliaia di sfollati e per offrire loro assistenza, con le limitate risorse della Chiesa, senza discriminazioni basate sulla religione” ha concluso mons. Kaigama. (R.P.)

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Vescovi giapponesi e coreani ribadiscono impegno per la pace

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I vescovi del Giappone e della Corea del Sud hanno ribadito il loro comune impegno a promuovere la pace e la riconciliazione tra i due Paesi e per il superamento delle mai sopite tensioni nazionalistiche in Asia. L’impegno è scaturito nei giorni scorsi a Seoul dal consueto incontro annuale tra i due episcopati per sanare le profonde ferite provocate dall’ultimo conflitto mondiale.

Il tema scelto per questa edizione, è stato appunto “Una vita evangelica che trascende il nazionalismo”. A guidare le delegazioni i rispettivi presidenti delle due Conferenze episcopali, mons. Kim Hee-geun, arcivescovo di Gwanju e mons. Takeo Okada, arcivescovo di Tokyo.

Prima della riunione, 20 presuli giapponesi e coreani hanno visitato una casa di riposo che ospita un gruppo di "confort women" superstiti delle tante donne coreane rese schiave sessuali delle truppe di occupazione nipponiche durante la guerra. “Come popolo portiamo la responsabilità per quello che il Giappone vi ha fatto e per questo porgo le mie sentite scuse”, ha detto durante l’incontro mons. Goro Matsuura, ausiliare dell’arcidiocesi di Osaka, sottolineando come la Chiesa giapponese sia impegnata a tenere viva la memoria storica di quanto accaduto tra le nuove generazioni nel Paese.

Le due delegazioni hanno anche visitato il memoriale di An Jung-geun , il nazionalista coreano che nel 1909 aveva assassinato l’ex primo ministro giapponese Hirobumi Ito.

“Si dice che il Giappone e la Corea siano molto vicini geograficamente , ma molto distanti. Eppure noi vescovi delle due nazioni siamo sempre stati fratelli”, ha sottolineato mons. Kim al termine della riunione. “Attraverso questi nostri scambi cerchiamo di diventare ponti di pace nel nord-est asiatico e nel mondo”.

Mons. Okada, da parte sua, si è detto grato per il fatto che a vent’anni di distanza gli incontri di scambio tra i due episcopati continuino. Iniziati nel 1995 con lo scopo di promuovere l’amicizia tra le due Chiese dopo le ferite lasciate dall’occupazione giapponese della Penisola coreana, gli incontri annuali tra i vescovi giapponesi e sud-coreani sono diventati nel corso degli anni un’importante occasione di scambio e di confronto sulle sfide pastorali comuni. Il prossimo appuntamento è previsto nel novembre 2015 in Giappone. (A cura di Lisa Zengarini)

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Slovacchia: messaggio dei vescovi per i 25 anni di libertà

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La commemorazione del 25° anniversario della Rivoluzione di Velluto in Slovacchia e l’invito a costruire un Paese in cui tutti possano vivere una vita dignitosa sono al centro del messaggio inviato ieri dalla Conferenza episcopale della Slovacchia, in occasione del giubileo della caduta del comunismo.

A proposito dei quattro decenni in cui le persone sono state perseguitate a causa della loro fede, i presuli dichiarano: “Non dobbiamo dimenticare le vittime del comunismo, coloro che sono stati perseguitati e imprigionati. Guardando al passato, proviamo gratitudine per chi ha rivelato la verità e ha destato speranza in una vita libera”.

I vescovi - riferisce l'agenzia Sir - apprezzano “tutti i cambiamenti positivi che sono avvenuti nella nostra società a seguito della Rivoluzione di Velluto, per il fatto di poter liberamente professare la nostra fede ed essere diventati parte imprescindibile del processo di integrazione europea”. “La difesa dei valori umani essenziali, le politiche familiari, la questione demografica, la costruzione di uno Stato con un’economia sociale di mercato, e il rinnovamento della fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche sono le nostre più grandi sfide”, riporta il messaggio, che si conclude con l’invito a tutti gli interlocutori pubblici e a tutti i cittadini a costruire un Paese in cui la gente possa vivere una vita dignitosa. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 322

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.