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Sommario del 21/11/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: Chiesa alza la voce in difesa dei diritti dei migranti

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I migranti sono “partner” dello sviluppo dei Paesi che aprono loro le porte. È il concetto di base attorno al quale è ruotato il discorso rivolto da Papa Francesco agli esperti del Congresso mondiale dei migranti, promosso dal competente dicastero vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis

Calamità, guerre, lavoro, povertà e loro derive. È penoso scorrere l’alfabeto delle cause che spingono masse di persone a lasciare casa e patria e a rischiare il tutto per tutto in una terra sconosciuta e probabilmente poco empatica verso i loro drammi. Ma l’immigrato è sempre portatore di un carico di positività, un contributo troppo spesso ignorato, perché soffocato dall’emergenza dei suoi bisogni. A rilanciare questo approccio al fenomeno, è Papa Francesco davanti alla platea dei partecipanti al settimo Congresso mondiale della Pastorale dei migranti. Ogni loro spostamento, ribadisce il Papa, cela ogni volta “un invito a immaginare un futuro diverso”, “un’aspirazione alla speranza”:

“Soprattutto nelle aree depresse del pianeta, dove la mancanza di lavoro impedisce la realizzazione di un’esistenza dignitosa per i singoli e per le loro famiglie, è forte la spinta a ricercare un futuro migliore altrove, anche a rischio di delusioni e di insuccessi, provocati in gran parte dalla crisi economica che, in misura diversa, tocca tutti i Paesi del mondo”.

Mettendo a fuoco le “dinamiche della cooperazione e dello sviluppo”, il Congresso svoltosi in Vaticano ha illuminato l’altra faccia della medaglia, quelle delle “opportunità” che  viaggiano nella corrente di qualsiasi flusso migratorio. Opportunità, sottolinea Papa Francesco, che non riguardano solo chi bussa in cerca di asilo, ma anche chi apre la porta:

“I Paesi che accolgono traggono vantaggi dall’impiego di immigrati per le necessità della produzione e del benessere nazionale, non di rado limitando anche i vuoti creati dalla crisi demografica. A loro volta, i Paesi dai quali partono i migranti registrano una certa attenuazione del problema della scarsità di impiego, e soprattutto traggono beneficio dalle rimesse, che vengono incontro alle necessità delle famiglie rimaste in patria. Gli emigrati, infine, possono realizzare il desiderio di un futuro migliore per sé stessi e per le proprie famiglie”.

Certo, chi se ne va in cerca di una nuova prospettiva di vita lascia un’inevitabile scia di problemi, che Papa Francesco elenca: “impoverimento” del Paese di partenza “per la perdita delle menti migliori”, “fragilità” dei giovani che “crescono senza uno o entrambi i genitori”, “rischio di rottura dei matrimoni per le assenze prolungate”. Tutto questo è terreno di azione per l’esperienza cristiana di aiuto ai migranti in ogni fase del loro difficile percorso, “teso tra lo sradicamento e l’integrazione”:

“La Chiesa cerca di essere luogo di speranza: elabora programmi di formazione e di sensibilizzazione; alza la voce in difesa dei diritti dei migranti; offre assistenza, anche materiale, senza esclusioni, affinché ognuno sia trattato come figlio di Dio. Nell’incontro con i migranti, è importante adottare una prospettiva integrale, in grado di valorizzarne le potenzialità anziché vedervi solo un problema da affrontare e risolvere. L’autentico diritto allo sviluppo riguarda ogni uomo e tutti gli uomini, in visione integrale”.

Insomma, conclude Papa Francesco, la Chiesa deve testimoniare con le sue comunità che al suo interno “nessuno è straniero” e che “ognuno merita accoglienza e sostegno”:

“La Chiesa, oltre ad essere una comunità di fedeli che riconosce Gesù Cristo nel volto del prossimo, è madre senza confini e senza frontiere. È madre di tutti e si sforza di alimentare la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, dove nessuno è inutile, fuori posto o da scartare. (…) I migranti possono diventare partner nella costruzione di un’identità più ricca per le comunità che li ospitano, così come per le persone che li accolgono, stimolando lo sviluppo di società inclusive, creative e rispettose della dignità di tutti”.

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Il Papa: le Chiese non siano mai "affariste", redenzione di Cristo è gratuita

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Le Chiese non diventino mai case di affari, la redenzione di Gesù è sempre gratuita: è quanto ha detto il Papa nella Messa mattutina a Santa Marta nel giorno in cui la Chiesa celebra la Presentazione al Tempio della Beata Vergine Maria. Il servizio di Sergio Centofanti

La liturgia del giorno propone il Vangelo in cui Gesù caccia i mercanti dal Tempio, perché hanno trasformato la casa di preghiera in un covo di ladri. Quello di Gesù – ha spiegato il Papa - è un gesto di purificazione: “il Tempio era stato profanato” e con il Tempio, il popolo di Dio. Profanato con il peccato tanto grave che è lo scandalo”.

“La gente è buona – osserva il Papa - la gente andava al Tempio, non guardava queste cose; cercava Dio, pregava … ma doveva cambiare le monete per fare le offerte”. Il popolo di Dio andava al Tempio non per questa gente, per quelli che vendevano, ma andava al Tempio per Dio” e “lì c’era la corruzione che scandalizzava il popolo”. Il Papa ricorda l’episodio biblico di Anna, donna umile, mamma di Samuele, che va al Tempio per chiedere la grazia di un figlio: “bisbigliava in silenzio le sue preghiere”, mentre il sacerdote e i suoi due figli erano corrotti, sfruttavano i pellegrini, scandalizzavano il popolo. “Io penso allo scandalo che possiamo fare alla gente con il nostro atteggiamento – sottolinea Papa Francesco - con le nostre abitudini non sacerdotali nel Tempio: lo scandalo del commercio, lo scandalo delle mondanità … Quante volte vediamo che entrando in una chiesa, ancora oggi, c’è lì la lista dei prezzi” per il battesimo, la benedizione, le intenzioni per la Messa. “E il popolo si scandalizza”:

“Una volta, appena sacerdote, io ero con un gruppo di universitari, e voleva sposarsi una coppia di fidanzati. Erano andati in una parrocchia: ma, volevano farlo con la Messa. E lì, il segretario parrocchiale ha detto: ‘No, no: non si può’ – ‘Ma perché non si può con la Messa? Se il Concilio raccomanda di farlo sempre con la Messa …’ – ‘No, non si può, perché più di 20 minuti non si può’ – ‘Ma perché?’ – ‘Perché ci sono altri turni’ – ‘Ma, noi vogliamo la Messa!’ – ‘Ma pagate due turni!’. E per sposarsi con la Messa hanno dovuto pagare due turni. Questo è peccato di scandalo”.

Il Papa aggiunge: “Noi sappiamo quello che dice Gesù a quelli che sono causa di scandalo: ‘Meglio essere buttati nel mare’”:

"Quando quelli che sono nel Tempio – siano sacerdoti, laici, segretari, ma che hanno da gestire nel Tempio la pastorale del Tempio – divengono affaristi, il popolo si scandalizza. E noi siamo responsabili di questo. Anche i laici, eh? Tutti. Perché se io vedo che nella mia parrocchia si fa questo, devo avere il coraggio di dirlo in faccia al parroco. E la gente soffre quello scandalo. E’ curioso: il popolo di Dio sa perdonare i suoi preti, quando hanno una debolezza, scivolano su un peccato … sa perdonare. Ma ci sono due cose che il popolo di Dio non può perdonare: un prete attaccato ai soldi e un prete che maltratta la gente. Non ce la fa a perdonare! E lo scandalo, quando il Tempio, la Casa di Dio, diventa una casa di affari, come quel matrimonio: si affittava la chiesa”.

Gesù “non è arrabbiato” – spiega il Papa – “è l’Ira di Dio, è lo zelo per la Casa di Dio” perché non si possono servire due padroni: “o rendi il culto a Dio vivente, o rendi il culto ai soldi, al denaro”:

“Ma perché Gesù ce l’ha con i soldi, ce l’ha con il denaro? Perché la redenzione è gratuita; la gratuità di Dio Lui viene a portarci, la gratuità totale dell’amore di Dio. E quando la Chiesa o le chiese diventano affariste, si dice che … eh, non è tanto gratuita, la salvezza … E’ per questo che Gesù prende la frusta in mano per fare questo rito di purificazione nel Tempio. Oggi la Liturgia celebra la presentazione della Madonna al Tempio: da ragazzina … Una donna semplice, come Anna, in quel momento, entra la Madonna. Che Lei insegni a tutti noi, a tutti i parroci, a tutti quelli che hanno responsabilità pastorali, a mantenere pulito il Tempio, a ricevere con amore quelli che vengono, come se ognuno di loro fosse la Madonna”.

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Francesco: le persone non i soldi creano sviluppo, servono iniziative coraggiose

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Non scoraggiarsi di fronte alla crisi, ma liberare energie per ripensare l’economia e il mondo del lavoro. E’ la sfida lanciata da Papa Francesco nel videomessaggio indirizzato ai partecipanti al Festival della Dottrina Sociale apertosi ieri sera a Verona sul tema “Oltre i luoghi dentro il tempo”. Il Papa ha sottolineato che il vero problema non sono i soldi, ma le persone ed ha rivolto un pensiero particolare ai tanti giovani che vivono il dramma della disoccupazione. Al Convegno è arrivato anche il messaggio del presidente Giorgio Napolitano che ha ricordato come la Dottrina Sociale della Chiesa sia “portatrice di equità e solidarietà sociale”. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Rispondere ai bisogni reali vincendo la tentazione di credere che non si possa fare niente per superare la crisi. Rivolgendosi ai partecipanti al Festival della Dottrina Sociale, Papa Francesco ha parole di incoraggiamento per quanti quotidianamente in famiglia, al lavoro, nelle imprese cercano di affrontare una situazione che, riconosce, “può spaventarci” e “disorientarci”. “La grande tentazione – ha avvertito – è fermarsi a curare le proprie ferite e trovare in questo una scusa per non sentire il grido dei poveri e la sofferenza di chi ha perso la dignità di portare a casa il pane perché ha perso il lavoro”:

“E quelli che cercano soltanto di curare le proprie ferite, finiscono truccandosi. Questa è la trappola. Il rischio è che l'indifferenza ci renda ciechi, sordi e muti, presenti solo a noi stessi, con lo specchio davanti, per cui tutto avviene nella nostra estraneità. Uomini e donne chiusi in sé stessi. C’era qualcuno così che si chiamava Narciso… Quella strada, no”.

Noi, ha soggiunto, “siamo chiamati ad andare oltre e rispondere ai bisogni reali. E' urgente abbandonare i luoghi comuni, che sono ritenuti sicuri e garantiti” per liberare invece le energie:

“L'etica cristiana non è una dogana alla pluralità di espressioni con le quali si manifesta il bene e la cura del prossimo. Andare oltre vuol dire allargare e non restringere, creare spazi e non limitarsi al loro controllo”.

“Andare oltre – ha ammonito – significa liberare il bene e goderne i frutti”. Ma, ha subito precisato, “per andare oltre è necessario prendere l'iniziativa”. Al riguardo, Francesco ha riconosciuto che al Festival “è dedicato un ampio spazio all'economia, agli imprenditori, alle imprese e alla cooperazione”:

“Oggi anche in ambito economico è urgente prendere l'iniziativa, perché il sistema tende ad omologare tutto e il denaro la fa da padrone. Il sistema ti porta a questa globalizzazione non buona che omologa tutto. E il padrone di questa omologazione chi è? E’ il denaro. Prendere l'iniziativa in questi ambiti significa avere il coraggio di non lasciarsi imprigionare dal denaro e dai risultati a breve termine diventandone schiavi”.

Dal Papa l’esortazione a vedere le cose in un “modo nuovo”. Oggi, ha constatato con amarezza, “si dice che tante cose non si possono fare perché manca il denaro. Eppure il denaro c'è sempre per fare alcune cose e manca per farne altre”. Ad esempio, ha detto, “il denaro per acquistare armi si trova, per fare le guerre, per operazioni finanziarie senza scrupoli, si trova”:

“Di questo solitamente si tace; si sottolineano molto i soldi che mancano per creare lavoro, per investire in conoscenza, nei talenti, per progettare un nuovo welfare, per salvaguardare l'ambiente. Il vero problema non sono i soldi, ma le persone: non possiamo chiedere ai soldi quello che solo le persone possono fare o creare. I soldi da soli non creano sviluppo, per creare sviluppo occorrono persone che hanno il coraggio di prendere l'iniziativa”.

Prendere l'iniziativa, ha evidenziato, “significa sviluppare un'impresa capace di innovazione non solo tecnologica”:

“Occorre rinnovare anche le relazioni di lavoro sperimentando nuove forme di partecipazione e di responsabilità dei lavoratori, inventando nuove formule di ingresso nel mondo del lavoro, creando un rapporto solidale tra impresa e territorio. Prendere l'iniziativa significa superare l'assistenzialismo”.

Vivere questo tempo intensamente, ha soggiunto, “porta a scommettere su un futuro diverso e su un diverso modo di risolvere i problemi”. Il Papa ha così raccontato la vicenda del padre di un ragazzo down che per dare dignità a suo figlio “si è inventato una cooperativa costituita da ragazzi down” e così “ha creato le premesse lavorative con le quali suo figlio può costruirsi il suo futuro e la sua sana autonomia”. Questo, ha detto, vuol dire "andare oltre", fermarsi invece “significa chiedere ancora e sempre allo Stato o a qualche ente di assistenza”. I nuovi processi, ha ribadito, “non sono il risultato di interventi tecnici, sono i risultati di un amore, che, sollecitato dalle situazioni, non è contento finché non inventa qualcosa e diventa risposta”. Per questo, bisogna “considerare l'amore come la vera forza per il cambiamento”. E “se noi stiamo dentro il tempo con questo di più, questo di più dell'amore – ha soggiunto – avvieremo sicuramente qualcosa di nuovo che favorirà la crescita del bene”. Di qui la necessità di “promuovere e sviluppare i, talenti”, aprendo spazi. “Liberare i talenti è l'inizio del cambiamento”:

“Evidentemente parlando di talenti si sottintende che il discorso riguarda in particolare i giovani. Se vogliamo andare oltre dobbiamo investire decisamente su di loro e dare loro molta fiducia. Ma mi domando: qual è la percentuale di giovani, oggi, disoccupati e senza lavoro? Questo significa andare oltre, o andare indietro? Per cambiare bisogna andare avanti insieme e nella stessa direzione”.

“Il tempo – è stata la sua riflessione - è grazia e pienezza. Andare oltre i luoghi non è il risultato della casualità individuale ma della condivisione di un fine: la storia è un percorso verso il compimento”. “Se ci muoviamo come popolo, se andiamo avanti insieme – ha detto – la nostra esistenza evidenzierà questo significato e questa pienezza”. Il Papa ha, quindi, concluso il videomessaggio ringraziando il vescovo Giuseppe Zenti di Verona che ospita il Festival ed il suo promotore mons. Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Toniolo.

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Il Papa: ricerca della piena unità dei cristiani è priorità della Chiesa

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Camminare insieme, pregare, conoscere e amare il Signore, collaborando in comunione nel servizio e nella solidarietà con i deboli e i sofferenti. E’ quanto chiede il Papa nella lettera consegnata ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani in corso in Vaticano sul tema “La meta dell’ecumenismo: principi, opportunità e sfide a cinquant’anni dalla Unitatis redintegratio”. Nelle parole del Pontefice l’invito a valorizzare e riconoscere anche l’ecumenismo del sangue, cioè la testimonianza di chi segue Cristo fino al sacrificio della vita. Cecilia Seppia:

“La ricerca della piena unità dei cristiani resta una priorità per la Chiesa cattolica. Essa è innanzitutto un dono di Dio ed è opera dello Spirito Santo, ma tutti siamo chiamati a collaborare sempre e in ogni circostanza”. Così il Papa alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani che celebra il 50esimo dell’importante decreto conciliare “Unitatis Redintegratio”. Francesco rileva il forte “cambiamento di mentalità” realizzato grazie a questo testo così pure all’insegnamento del Concilio Vaticano II, ma invita anche associazioni, movimenti, istituti di vita consacrata ad impegnarsi di più in questo tempo, perché sia pienamente compiuta la preghiera di Gesù al Padre, alla vigilia della sua passione: “che tutti siano una cosa sola”.

"Mentre rendiamo grazie, dobbiamo riconoscere che tra cristiani siamo ancora divisi, e che divergenze su nuovi temi antropologici ed etici rendono più complicato il nostro cammino verso l’unità. Tuttavia, non possiamo cedere allo sconforto e alla rassegnazione, ma continuare a confidare in Dio che pone nei cuori dei cristiani semi di amore e di unità, per affrontare con slancio rinnovato le sfide ecumeniche di oggi: per coltivare l’ecumenismo spirituale, per valorizzare l’ecumenismo del sangue, per camminare insieme nella via del Vangelo".

“L’ostilità e l’indifferenza che avevano scavato fossati apparentemente incolmabili e prodotto ferite profonde tra Cristiani di diverse Chiese e Comunità ecclesiali appartengono ormai al passato” afferma il Santo Padre, lodando il  nuovo fermento e la nuova collaborazione per la riconciliazione e la comunione tra tutti i credenti. Oggi piuttosto, dice ancora “i cristiani si adoperano insieme al servizio dell’umanità sofferente e bisognosa, per la difesa della vita umana e della sua inalienabile dignità, per la salvaguardia del creato e contro le ingiustizie che affliggono tanti uomini e popoli” realizzando di fatto quell’ecumenismo spirituale autentico:

"L’ecumenismo spirituale, vive e si sviluppa attraverso innumerevoli canali, che veramente solo il Signore vede, ma che spesso anche noi abbiamo la gioia di conoscere: è una rete mondiale di momenti di preghiera che, dal livello parrocchiale e quello internazionale, diffondono nel corpo della Chiesa l’ossigeno del genuino spirito ecumenico; una rete di gesti, che ci vedono uniti lavorando insieme in tante opere di carità".

Ancora di più, chiede il Pontefice, come insegna la Unitatis Redintegratio, bisogna però imparare a valorizzare “l’ecumenismo del sangue”: ovvero saper riconoscere nei fratelli e nelle sorelle di altre Chiese e Comunità la capacità di dare testimonianza a Dio fino al sacrificio della vita, perchè di fatto chi perseguita i cristiani non fa differenza.

"Tali testimonianze non sono mai mancate in questi cinquant’anni e continuano anche ai nostri giorni. Sta a noi accoglierle con fede e lasciare che la loro forza ci spinga a convertirci ad una fraternità sempre più piena. Coloro che perseguitano Cristo nei suoi fedeli non fanno differenze di confessioni: li perseguitano semplicemente perché sono cristiani".

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Francesco: Maria è la via che conduce a Dio, infinita bellezza

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“Non stanchiamoci di imparare da Maria!” Con questo invito papa Francesco ha voluto essere presente con un messaggio, alla 19.ma Seduta pubblica delle Pontificie Accademie sul tema “Maria Icona dell’ infinita bellezza di Dio”, che si è svolta ieri a Roma. “Lasciamoci guidare da lei – ha detto il Pontefice – che ci conduce sempre alla fonte originaria e alla pienezza dell’autentica infinita bellezza, quella di Dio rivelatasi a noi in Cristo.” . Durante l’incontro, è stata premiata l’Associazione mariologica interdisciplinare italiana per la rivista "Theotokos". Ascoltiamo il commento del segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, presente alla cerimonia, al microfono di Marina Tomarro

R. – Maria, prima di tutto, è stata esente fin dalla sua concezione dal peccato originale, quindi è tutta bella, è tutta pura, è tutta santa. E poi, ci ha portato Colui che è la bellezza in persona, Gesù Cristo. E’ la Madre del Signore e quindi Lei riflette l’immagine del Figlio, dell’uomo perfetto, dell’uomo-Dio. Quindi, non può che essere immagine di questa bellezza, di questa bellezza che viene da Dio e che è la bellezza senza macchia e senza ombra.

D. – Anche Papa Francesco spesso ci invita ad affidare le nostre pene a Maria. Perché?

R. – Lui insiste molto su questo concetto. Maria Madre di Gesù, come ogni madre, va in cerca soprattutto del figlio che porta nel cuore dolori, sofferenze, pene… Quindi, a Lei possiamo rivolgerci con infinita fiducia, perché troveremo sempre, sempre ascolto. Colei che ci accoglie con infinita misericordia e che ci porta al Signore.

E la bellezza infinita di Maria, da sempre ha ispirato canti poemi e opere artistiche. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura:

R. – La figura di Maria ha almeno due volti costanti. Da un lato, certamente, c’è tutta la dimensione trascendente, l’unicità di Maria come Madre di Dio. Dall’altra parte, però, anche rappresenta la figura femminile nell’interno della fede cattolica ma anche nell’interno, direi, della stessa cultura. Pensiamo a che cosa ha generato dal punto di vista musicale il canto del "Magnificat", che cosa ha generato la sua figura nell’interno della storia dell’arte. Per cui, io direi che sono veramente due gli aspetti costanti: è lontana, trascendente e vicina a noi.

D. – E’ molto importante anche lo studio della teologia mariana…

R. – La teologia mariana è certamente una componente significativa e importante della teologia. Tuttavia, non bisogna mai dimenticare che la mariologia, in un certo senso, è una parte speculare del suo apice, che è la cristologia. Sant’Ambrogio ha una bellissima espressione, che dice: “Maria non è il dio del tempio, ma è il tempio di Dio”.

E durante l’incontro è stato ricordato il documento "Marialis Cultus", scritto dal Beato Paolo VI nel 1974, di cui ricorre il quarantennale. Padre Corrado Maggioni, accademico della Pontificia Accademia Mariana Internazionale:

"La 'Marialis cultus' riveste una indubbia attualità, soprattutto direi per il metodo. Paolo VI ha dato una chiave di lettura alla riforma liturgia, considerando la memoria di Maria nel ciclo dei Misteri di Cristo e anche nei Libri Liturgici, il Messale, la Liturgia delle Ore, il Lezionario. Allora, l’attualità sta proprio nei contenuti che Paolo VI fa risaltare dai testi, dalle preghiere, dai canti, dalle letture, ossia dalla celebrazione stessa. All’interrogativo 'Chi è Maria?', la Liturgia risponde facendo parlare i testi. E Paolo VI nella 'Marialis cultus' si è distinto proprio per questo tipo di approccio alla Liturgia, per dire: 'La Chiesa in preghiera chi dice che è Maria?'”.

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Nomine per il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia (4-5 ottobre 2015)

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Papa Francesco, in vista della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che si terrà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre 2014, sul tema La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo, ha nominato come presidenti delegati i cardinali André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi; Luis Antonio G. Tagle, arcivescovo di Manila, Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida, Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban; come relatore generale il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, e come segretario speciale mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto.

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Giuseppe Fiorentino nominato vicedirettore de L'Osservatore

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In Colombia, Papa Francesco ha nominato vescovo di Magangué il sacerdote Ariel Lascarro Tapia, del clero dell’arcidiocesi di Cartagena, finora vicario arcidiocesano per la pastorale e Parroco di “Nuestra Señora del Perpetuo Socorro” in Bocagrande. Il neo presule è nato a Carmen de Bolivar, arcidiocesi di Cartagena, il 3 novembre 1967. Ha compiuto la formazione sacerdotale presso il Seminario maggiore regionale “Juan XXIII” di Barranquilla. Ottenne la Licenza in Teologia presso l’Università di Navarra (Spagna) ed ha frequentato diversi corsi di specializzazione nell’area della pastorale nel Centro Internazionale di Formazione Missionaria C.I.A.M. di Roma e in diversi istituti di formazione in America Latina. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 22 ottobre 1994, incardinandosi nell’arcidiocesi di Cartagena. Ha svolto i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale nelle Parrocchie di “Santa Catalina de Alejandría” e “Nuestra Señora del Carmen”; Amministratore Parrocchiale delle Parrocchie di “El Espíritu Santo” e “San Nicolás de la Rosa”; Parroco delle parrocchie di “San Estanislao Kostka”, “Inmaculada Concepción” in Soplaviento, “María, Madre de los pobres”, “Cristo Salvador”, “María, Madre de la Iglesia” e “Santa Catalina de Alejandría”; Responsabile arcidiocesano per la pastorale vocazionale, Delegato per l’infanzia missionaria e Delegato arcidiocesano per l’animazione biblica della pastorale. Dal 2011 è stato Vicario arcidiocesano per la pastorale e Parroco di “Nuestra Señora del Perpetuo Socorro” in Bocagrande.

In Cile, il Papa ha nominato vescovo di San Marcos de Arica il sacerdote Moisés Carlos Atisha Contreras, del clero dell’arcidiocesi di Santiago de Chile, finora parroco della Parrocchia di “La Ascensión del Señor” a Santiago. Mons. Atisha Contreras è nato a Santiago de Chile (Cile), il 27 febbraio 1969. Ha compiuto la formazione sacerdotale presso il Seminario dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie – Scolopi in Cile e presso la Pontificia Università Cattolica di Cile. L’11 marzo 1994 ha emesso la professione religiosa nei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie – Scolopi ed è stato ordinato sacerdote il 14 dicembre 1994. Nel 2001 è stato incardinato nell’arcidiocesi di Santiago de Chile. Nelle istituzioni dei padri Scolopi ha lavorato nell’ambito educativo e come Direttore Spirituale del “Colegio Hispano-americano y Calasanz”. Nell’arcidiocesi di Santiago è stato Vicario Parrocchiale e Parroco della Parrocchia di “Jesús Servidor” e dal 2010, Parroco della Parrocchia di “La Ascensión del Señor” a Santiago. È stato inoltre Segretario della Commissione nazionale per la Pastorale dei giovani della Conferenza Episcopale cilena.

Sempre in Cile, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di La Serena, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Luis Carlos Gleisner Wobbe.

Francesco ha nominato ausiliare di Lomas de Zamora il sacerdote Jorge Martín Torres Carbonell, parroco del Santuario di San Cayetano a Buenos Aires. Mons. Torres Carbonell è nato in Buenos Aires, il 22 aprile 1954. Ha fatto suoi studi di Teologia e Filosofia nel Seminario Maggiore di Buenos Aires e ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 18 novembre 1983. È stato Vicario parrocchiale della Parrocchia di San Cayetano di Belgrano, Parroco delle Parrocchie Santa Clara, Niño Jesùs e Nuestra Señora de la Esperanza, Responsabile della Pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Buenos Aires e del Pellegrinaggio a Luján, Vicario Episcopale para las Villas de Emergencia, Decano e Membro del Consiglio Presbiteral. Attualmente è Parroco del Santuario di San Cayetano.

 Il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha nominato vicedirettore de L'Osservatore Romano il dott. Giuseppe Fiorentino, finora redattore del quotidiano della Santa Sede.

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Francesco a Strasburgo. Card. Parolin: cristiani diano un'anima all'Europa

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Papa Francesco il prossimo 25 novembre si recherà a Strasburgo in visita al Parlamento europeo e al Consiglio d’Europa. Un viaggio che arriva 26 anni dopo quello di Giovanni Paolo II, che aveva indicato come campi di missione per l’Europa unita la custodia del creato, la solidarietà verso migranti e rifugiati e la ricostituzione di una visione integrale dell’uomo. Alessandro Di Bussolo, del Centro Televisivo Vaticano, ha chiesto al cardinale segretario di Stato Pietro Parolin se questi siano temi ancora attuali? 

R. - Direi che sono temi di grandissima attualità, forse potremmo aggiungere di drammatica attualità, e ancora di più parlare di emergenze, di autentiche emergenze, come ha sottolineato del resto più volte lo stesso Papa Francesco, ecco, questi temi della Custodia del Creato, declinato più laicamente, della difesa dell’ambiente, e il tema della solidarietà nei confronti della gente che cerca nuove opportunità fuori dal proprio paese, è un tema che ricorre spesso nei suoi discorsi… soprattutto questo della solidarietà, che non è soltanto uno dei valori dell’Europa unita, ma direi che è l’obiettivo stesso dell’esistenza dell’Europa, e certamente una delle sue dimensioni fondamentali, e io direi che la giusta prospettiva anche per affrontare e per trattare questi temi è quella di questa visione integrale dell’uomo, che è il terzo aspetto che lei richiamava nella visione e nella proposta di Giovanni Paolo II. Un uomo considerato in tutte le sue dimensioni, quindi compresa anche la dimensione spirituale e la dimensione trascendente, che è attrezzato proprio per questa integralità di approccio a dare una risposta adeguata e costruttiva a queste sfide che si trova ad affrontare.

D. - I sondaggi dicono che oggi solo il 30% degli europei ha una visione positiva dell’Unione, anche per effetto della crisi economica. L’idea di unità europea ha perso il suo smalto. Come può l’Europa riscoprire il senso della propria identità?

R. - L’Europa molte volte è percepita dalla gente come una realtà molto lontana, una realtà molto distante, una realtà burocratica che non si interessa degli effettivi problemi che vive ogni giorno la gente.. E d’altra parte si articola questa crisi anche nella perdita di speranza, una perdita di fiducia che l’Europa possa dare risposta ai tanti problemi che il continente si trova a vivere. Sappiamo per esempio che a differenza di qualche decina di anni fa è caduto proprio anche questo ottimismo verso il futuro e verso la capacità di dare risposte. Probabilmente, io penso, non è più un dato comunemente accettato quello che è stato all’origine dell’Europa, i valori che sono stati all’origine dell’Europa. Non è più un presupposto comune che permetta appunto di affrontare insieme anche i problemi, le difficoltà e le sfide. Per questo io credo che è molto importante svolgere un opera di formazione e di educazione soprattutto nei confronti dei giovani, per cercare di mostrare concretamente la validità del progetto europeo. Che il progetto europeo, se vissuto secondo lo spirito e i valori dei padri fondatori, che gli hanno dato vita, può essere ancora in grado, oggi, di rispondere alle sfide dell’Europa attuale e di dare risposte concrete alla gente. Credo che questa sia una dimensione fondamentale, accanto anche a questa spiritualità che io identificherei con questa visione integrale dell’uomo non ridotto ad una sola dimensione ma preso nell’interezza dei suoi aspetti e delle sue dimensioni.

D. - “L’Europa è stanca. Dobbiamo aiutarla a ringiovanire” ha detto Papa Francesco il 15 giugno alla Sant’Egidio, ricordano poi che ci sono 75 milioni di giovani europei che non lavorano e non studiano. Coniugare la sicurezza e la solidarietà può essere la strada giusta?

R. - Io credo di sì, che questa è la strada che si deve percorrere. Oggi purtroppo il grande problema dell’Europa è la disoccupazione, la mancanza di lavoro da parte soprattutto di tanti giovani. Per cui aumenta l’esclusione sociale. Invece una solidarietà ed un’attenzione a questa categoria di persone, come a tante altre categorie di persone, pensiamo ai migranti, pensiamo alle madri che si trovano sole a dover educare i figli, pensiamo agli anziani, pensiamo ai disabili… tutte queste categorie di persone, un’attenzione particolare a loro potrà essere un cammino sicuro per ridare vigore al progetto dell’Europa. Perché, ripeto, l’Europa è nata proprio per questo, per assicurare la pace e per assicurare un’attenzione particolare nei confronti delle categorie più svantaggiate.

D. - Le 12 stelle della bandiera europea richiamano quelle della corona della Vergine Maria. Queste sono le radici dell’Europa, purtroppo messe tanto in discussione. Crede che si stia davvero pensando di rivalutarle?

R. - Io credo di sì. Se guardiamo il trattato di Lisbona, lì nel primo articolo, mi pare, sono richiamati una serie di valori che sono fondamentalmente valori cristiani, che hanno le loro radici nella storia e nell’apporto che il nostro cristianesimo ha dato al continente, a partire dalla dignità della persona umana, il tema della libertà, il tema della democrazia, il tema dell’uguaglianza, il tema dello stato di diritto, il tema del rispetto dei diritti umani. Ecco, sono tutti valori che nascono dall’humus del cristianesimo e quindi se si cerca di viverli  e di realizzarli io credo che si sta dando vigore alle stesse radici cristiane dell’Europa. Senza dimenticare il contributo specifico che i cristiani devono dare anche alla costruzione europea. Credo che noi cristiani, e noi cattolici in particolare dobbiamo essere convinti della bontà e della validità di questo progetto, e portare il nostro contributo in due sensi. Da una parte dare un cuore all’Europa, dare un’anima all’Europa. Quello di cui ci si lamenta spesso è proprio questa mancanza di anima. Credo che questo è un contributo specifico che possiamo dare noi, e dall’altra parte mi richiamerei ad un concetto molto caro al Papa Benedetto che è quello di allargare gli spazi della ragione, tra fede e ragione non c’è opposizione, come spazi di incontro e collaborazione con tutti per la costruzione di quest’Europa che tutti desideriamo e che tutti sogniamo.

D. - Il Papa visiterà due istituzioni diverse: una prettamente politica, come il Parlamento europeo, e un’organizzazione intergovernativa che riunisce rappresentanti di 47 stati come il Consiglio d’Europa. Anche i due discorsi avranno accenti diversi…

R. - Sono organismi che hanno differenti aspetti, hanno differenti dimensioni. Il Papa certamente terrà conto delle caratteristiche di ognuno di questi due organismi, ma nello stesso tempo anche sottolineerà quello che è comune e lo sforzo che entrambi devono mettere soprattutto per quanto riguarda la pace, la difesa dei diritti umani nella costruzione dell’Europa.

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Giornata claustrali: dalla contemplazione la capacità di vivere

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La Chiesa celebra oggi la giornata “Pro Orantibus” dedicata alle religiose e ai religiosi di vita claustrale. In mattinata, si è aperto all’Antonianum di Roma un Convegno dal titolo “Dalla contemplazione la capacità di vivere”, al quale hanno preso parte anche i vertici della Congregazione per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Alessandro De Carolis ha raccolto un commento del segretario del dicastero, l’arcivescovo José Rodriguez Carballo

“Da un anno, abbiamo pensato che ogni celebrazione della giornata ‘Pro Orantibus’ prenda in considerazione qualche maestro di vita spirituale, qualche contemplativo. L’anno scorso, abbiamo centrato la nostra attenzione sulla contemplazione carmelitana. Quest’anno, l’attenzione è centrata sulla contemplazione francescana. Francesco e Chiara rappresentano due grandi contemplativi nella Chiesa. Chiara nella contemplazione a partire dalla chiusura del chiostro, della vita raccolta e separata dal mondo. Francesco, invece, è il contemplativo per le strade del mondo, un contemplativo itinerante. Così si vede anche la complementarietà di queste due anime”.

Alla sequela del Papa delle “periferie” attraverso il dinamismo della contemplazione. Così una religiosa di clausura presente al Convegno – madre Patrizia Girolami, priora del Monastero cistercense di stretta osservanza a Valserena, in provincia di Pisa – spiega come i ripetuti inviti di Francesco a essere annunciatori del Vangelo nei luoghi più dimenticati siano condivisi da chi fa vita di preghiera nel chiostro. L’intervista è di Alessandro De Carolis

R. – Io credo che in realtà questo invito ad andare fuori ci riguarda profondamente, anche se magari non andiamo in strada. La vita contemplativa paradossalmente è proprio il luogo di questa apertura universale, che è apertura a ogni uomo, al suo bisogno, perché la vita monastica e contemplativa accoglie la realtà del mondo universale e la porta davanti a Dio. Quindi, in questo senso le parole del Papa ci interpellano profondamente. Ci ricordano questa dimensione universale della vita contemplativa, quindi sono parole preziose anche per noi.

D. – Quindi chiostro e periferia per dirla in sintesi non sono parole antitetiche?

R. – No, non sono affatto parole antitetiche. Anche il chiostro in maniera paradossale è un modo di aprirsi alle periferie perché è un modo di accogliere attraverso la preghiera, in particolare, attraverso l’accoglienza – noi siamo Benedettini, quindi l’accoglienza è anche una parte integrante della nostra vita – è un modo di aprirci alle periferie.

D.  – “Svegliate il mondo” è ciò che Papa Francesco ha detto ai religiosi in uno dei suoi primi incontri con l’universo della vita consacrata. Come sveglia il mondo una comunità monastica?

R. – Una comunità monastica può svegliare il mondo prima di tutto con quella voce silenziosa che è la voce della preghiera. Per esempio, nella nostra vita, come Benedettine, manteniamo la preghiera notturna. Quell’iniziare la giornata alle 3 di notte, nel cuore della notte, è in un certo senso uno svegliare il mondo: uno svegliare il mondo a quella speranza più grande, che è il grande richiamo della nostra vita. E forse questo oggi è la testimonianza particolare, anche profetica della vita contemplativa: essere segno del primato di Dio in un mondo che invece sembra cancellare o voler cancellare le tracce della presenza di Dio. E in questo senso credo che la vita monastica debba dare il suo contributo a svegliare il mondo e lo può dare, come del resto l’ha sempre dato.

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Movimenti ecclesiali: rinnovare se stessi per rinnovare la Chiesa

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“Rinnovare se stessi per rinnovare la Chiesa”: questo il tema della relazione tenuta dal prof. Guzmán M. Carriquiry, a lungo sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Laici, che ha aperto i lavori della seconda giornata del Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità iniziato ieri a Roma. Poi altri interventi sul rapporto tra i carismi e le diocesi, sul coraggio e la gioia dell’uscita verso le periferie, sulla collaborazione da incentivare fra tutti per portare maggiori frutti. Il servizio di Adriana Masotti

Una relazione quella del prof. Carriquiry incentrata sulla novità rappresentata dal Pontificato di Papa Francesco e su che cosa significhi per ciascun movimento e comunità. “Poveri noi, ha detto, se continuassimo a vivere come se nulla fosse accaduto” e a fare come sempre si è fatto. Carriquiry parla di un ‘ora di grazia”, di un dirompente “ effetto Francesco” che descrive “come una scossa di destabilizzazione per aiutare a rompere ciò che c’è di conformismo mondano nella vita cristiana, per andare oltre il “tran-tran” quotidiano, per superare stanchezza e ripetizione, per non accontentarci di ciò che si considera come già acquisito, per evitare che la forza dirompente del carisma diventi schema e istituzione, per superare la ricorrente tentazione di appiattire il dinamismo di un movimento dentro una logica associativa, per non limitare il dispiegarsi della libertà e della corresponsabilità secondo forme cristallizzate”. Da qui il richiamo ad un esame di coscienza per ciascuna delle realtà presenti che porti ad un rinnovamento. Dove puntare? Alla fedeltà al carisma originario, afferma Carriquiry, all’essenziale che è l’incontro con Cristo, al riconoscimento della propria non autosufficienza e quindi al ricorso alla preghiera. Si tratta, dunque, di una conversione pastorale, cioè apertura a una permanente riforma di sé, e di una conversione missionaria. "L’attrazione che suscita il Papa, conclude Carriquiry, ci pone davanti a straordinarie possibilità di evangelizzazione. Questo è il “tempo favorevole”, tempo propizio per scatenare generosità e creatività. Dobbiamo andare verso le persone, le famiglie, le comunità, i popoli, per comunicare e condividere con tutti il dono dell’incontro con Cristo che ha riempito le nostre vite di ‘senso’. Non possiamo rimanere tranquilli, urge, invece, correre in tutte le direzioni per proclamare che il male e la morte non hanno l’ultima parola e che l’amore è più forte.” Sui lavori in corso sentiamo Daniela Sironi, della Comunità di Sant’Egidio presente al Congresso:

R. – Il clima che caratterizza questi giorni è un clima di ascolto, di incontro e di ricerca, perché l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium ha aperto effettivamente la strada per uno slancio missionario nuovo e per un nuovo incontro con gli uomini e con le donne di tutti i continenti e su tutte le strade, per tutti i movimenti. Perché noi ci siamo trovati di fronte a un pensiero e a una testimonianza di Papa Francesco, che ha interrogato e ha dato coraggio, da una parte, a tutti noi e, dall’altra, ci ha proposto nuovi orizzonti, più larghi. Vorrei dire che ci ha restituito una vita cristiana libera dalla paura e profondamente fraterna, più sinceramente evangelica e anche che chiede a tutti noi uno sguardo nuovo su noi stessi e sul mondo.

D. – Uno sguardo nuovo su noi stessi e sul mondo: che cosa significa?

R. – Uno sguardo nuovo su noi stessi per capire, da una parte, il valore del carisma che abbiamo ricevuto per la Chiesa e per il mondo, come si è sempre detto ma oggi il mondo ha il significato del mondo globale. E poi uno sguardo rinnovato sul mondo che è ciò che Papa Francesco chiama la rivoluzione della tenerezza: cioè, guardare con compassione alla vita di tutti gli uomini, a tutte le sofferenze e, direi, a tutte le condizioni umane per riuscire a dare il calore e la salvezza che viene da Gesù Risorto e dal suo Vangelo all’uomo di questo tempo, che è cambiato, che cambia. E quindi è il Vangelo che si comunica in un tempo di cambiamento. Siamo in un’epoca che sta preparando il futuro, con grandissime contraddizioni e grandissime sofferenze, ma il futuro è anche una creazione dello Spirito che noi cerchiamo di realizzare essendo docili allo Spirito che nessuno possiede, ma di cui tutti siamo discepoli. Questo essere insieme è qualcosa di particolarmente importante. Nella Chiesa c’è un’armonia, vorrei dire, di differenze, che soltanto lo Spirito può comporre e soltanto l’incontro fraterno fa stare insieme con stima reciproca, ma anche con la fiducia reciproca di vedere i germogli del nuovo nella propria esperienza ma anche nelle esperienze degli altri.”

Paolo Tantaro è il presidente nazionale del movimento “Fede e Luce”, ispirato dal canadese Jean Vanier. Ci dice che cosa rappresenta per lui il Convegno in corso: 

R. – E’ una grazia, essere qui riuniti con tutti i movimenti ecclesiali. E’ una grazia perché ci permette di confrontarci e di crescere in comunione ed è una responsabilità nostra vivere questo dono, il dono dell’unità dei movimenti.

D. – "Fede e Luce" di che cosa si occupa? E quali sono le nuove prospettive che in questo momento si pone davanti?

R.  – Il nostro è un movimento che si rivolge alle famiglie con ragazzi con disabilità mentale. E’ un movimento in cui si vengono a creare davvero dei legami con i ragazzi, con le famiglie. Operiamo nelle parrocchie. Quello che ci auguriamo è che possiamo lavorare ancora meglio all’interno della Chiesa e con le parrocchie stesse nelle diocesi, di essere proprio una stampella delle diocesi e delle parrocchie.

D. – Avete problemi particolari che un tempo non c’erano, difficoltà da affrontare?

R. – Le difficoltà ci sono sempre. Sicuramente oggi è ancora più difficile cercare di rinnovarsi continuamente e mantenere l’entusiasmo. Il nostro movimento è nato a Lourdes più di 40 anni fa e ha mantenuto la vocazione iniziale in cui i ragazzi disabili sono davvero un nuovo vento di evangelizzazione. Perché sono loro che evangelizzano noi, che riescono a darci quella forza, quell’energia per poter comprendere dalle cose semplici il vero cammino che ci porta a Cristo.

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Vaticano. Vendita francobollo speciale per aiutare i migranti

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Un francobollo per aiutare i migranti. L'Ufficio Filatelico del Vaticano ha emesso una serie di due francobolli commemorativi dei viaggi del Papa nel 2013, in Italia, a Lampedusa, Cagliari e Assisi, e in Brasile, a Rio per la Giornata mondiale della gioventù. Il ricavato dalla vendita filatelica sarà donato a Papa Francesco per iniziative caritative a sostegno di migranti e rifugiati. Il francobollo che ricorda il viaggio a Lampedusa raffigura Papa Francesco mentre celebra la Messa nella spianata davanti al mare, su un altare ricavato dai legni delle barche degli scafisti naufragate con il loro carico di vite umane. Al microfono di Luca Collodi, il direttore dell’Ufficio Filatelico e Numismatico della Città del Vaticano, Mauro Olivieri

R. – Cerchiamo, nel nostro piccolo, di aiutare il Santo Padre nella sua missione verso gli ultimi. Per questo, abbiamo deciso di donare il ricavato della vendita di un francobollo, dedicato ai viaggi del Papa del 2013 in Italia, ad Assisi, Cagliari e Lampedusa. Il francobollo raffigura il Papa durante l’omelia che ha tenuto a Lampedusa: quella famosa omelia con il leggio fatto da un falegname dell’isola di Lampedusa con un timone di una di queste carrette del mare che trasportano tanta disperazione e tanta speranza. Abbiamo quindi proposto ai superiori del Governatorato dello Stato Vaticano di donare il ricavato della vendita del francobollo e di un libretto filatelico, composto da quattro valori, al Papa per le opere che egli riterrà opportuno sostenere nei confronti dei migranti e delle persone che vengono in Italia, in particolare. 

D. – Olivieri, è la prima volta che l’amministrazione postale vaticana dedica un francobollo a sostegno di opere caritative?

R. – Abbiamo fatto una iniziativa del genere nel ’99 – se non ricordo male – realizzando un francobollo per il Kosovo. In quel momento, c’era una crisi internazionale che coinvolgeva quella parte dei Balcani e, anche in quel caso, la gente fuggiva, soffriva. C’erano grandi numeri di persone che migravano da una zona all’altra di quella terra, in quel momento, martoriata. Facemmo un francobollo proprio per aiutare queste persone. In passato, sono state fatte anche altre iniziative simili: una – lo ricordo – l’anno scorso con l’attestato per il restauro del colonnato, ma era certamente una occasione diversa. Di fatto, però, una operazione di questo tipo, con la donazione al Santo Padre di una somma di denaro da destinare secondo i suoi desideri ai migranti, con questi modi e in questi termini, è la prima volta che la facciamo.

D. – Il francobollo a sostegno dei migranti riguarda il viaggio del Papa a Lampedusa. Ha un valore facciale di 0,85 centesimi ed è in vendita da oggi…

R. – Sì, potrà essere acquistato dal 21 novembre presso i punti vendita dell’Ufficio Filatelico e Numismatico in Vaticano, così come presso tutti gli sportelli delle Poste Vaticane. Potrà anche essere acquistato per posta, scrivendo all’indirizzo "mail order.ufn@scv.va". Il costo di un libretto e di un francobollo, incluse le spese postali, è di 6 euro circa.

D. – L’Amministrazione Postale girerà poi al Papa il ricavato della vendita del francobollo…

R. – La nostra vendita filatelica normalmente è intorno ai 100 mila euro e quindi speriamo di dare non meno di 100 mila euro al Santo Padre. Speriamo che l’iniziativa incontri però anche quel pubblico non strettamente di collezionisti filatelici, anche quelle persone che si sentano in qualche modo coinvolte in questo piccolo progetto - un piccolo progetto - di aiuto a chi soffre. E speriamo anche che ricevere poi anche una carta telefonica o un paio di calzini possa essere per una persona che arriva senza nulla un motivo per sentirsi accolto meglio in un Paese. E questo se lo fa il Papa è ancora più bello.

D. – Quindi, si può fare del bene anche acquistando un francobollo…

R. – Si può fare del bene e si può aiutare il Papa a svolgere questa sua missione che tanto sta segnando i nostri giorni e il nostro tempo.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Nessuno è straniero: Papa Francesco invita a costruire società inclusive, creative e rispettose della dignità di tutti.

La trappola di Narciso: in un videomessaggio il Papa ricorda che la crisi non deve essere un alibi per ignorare il grido dei poveri.

Progetto Europa: intervista al cardinale segretario di Stato sulla visita del Pontefice a Strasburgo.

Sotto il piedistallo: in prima pagina, Gualtiero Bassetti sull’essere preti oggi.

Cinquant'anni fa la “Lumen gentium”: Carlos Maria Galli sulla ricezione della costituzione dogmatica in America latina e il cardinale Angelo Sodano sul capolavoro di Dio.

I vantaggi dell’accoglienza: Obama presenta le nuove norme che puntano alla regolarizzazione di oltre cinque milioni di immigrati.

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Oggi in Primo Piano



Usa. Il presidente Obama vara il decreto sull’immigrazione

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"Non è un'amnistia di massa. Si tratta di responsabilità e di buon senso": così, dalla Casa Bianca, il presidente Barak Obama ha parlato del decreto che di fatto regolarizza cinque milioni di immigrati illegali, garantendo loro un permesso di soggiorno e di lavoro. Il servizio di Massimiliano Menichetti: 

E’ l'atto sull'immigrazione più significativo degli ultimi 30 anni. Voluto dal presidente Obama e portato avanti a colpi di decreto, che costa al leader statunitense l’accusa dei repubblicani di abuso di potere. In diretta tv dalla "East Room", della Casa Bianca, Obama parla delle origini migratorie dell’America, ribadisce la necessità di “uscire dall’ombra” in un “sistema malfunzionante visibile a tutti”, rimarca. In dettaglio il piano di Obama, che rafforza anche il controllo dei confini dello Stato, prevede che circa 5 milioni di immigrati clandestini scampino alla cosiddetta “deportation”, ovvero il rimpatrio forzato nei Paesi di origine. Il provvedimento riguarderà chi vive da più di cinque anni negli Stati Uniti, o chi ha un figlio nato negli Usa, o chi è titolare di un permesso di soggiorno permanente. Con questi requisiti e senza reati a carico, si potrà ottenere un permesso di lavoro di tre anni. Obama ha lanciato anche una sfida alla destra, che da gennaio avrà il controllo di entrambe le camere del Congresso: Per “i membri che mettono in dubbio la mia autorità di rendere il nostro sistema dell'immigrazione migliore – dice – ho una risposta. Varate voi una legge". 

Per un commento, abbiamo intervistato la professoressa Raffaella Baritono, docente di storia e politica degli Stati Uniti d'America, dell'Università di Bologna: 

R. – Obama riprende con forza un progetto che doveva essere quello del "Dream act", cioè una proposta di legge per regolarizzare l’immigrazione clandestina, che ha numeri non banali e riguarda persone che vivono negli Stati Uniti da anni. Queste persone svolgono lavori importanti, manodopera, servizi relativi alla cura, attività che gli americani di classe media non vogliono più fare.

D. – I repubblicani parlano di abuso di potere da parte di Obama. Lui ha rilanciato: “Allora varate voi una legge in tempi brevi”…

R. – Obama ha utilizzato uno strumento che la Costituzione dà al presidente, il decreto. Naturalmente è una prova di forza per dimostrare che lui non è stato indebolito dal risultato disastroso che il Partito democratico ha avuto nelle elezioni di metà mandato, e questo deve avere un significato per i prossimi due anni sia per la sua legacy, sia per la possibilità che il Partito democratico potrà avere nelle elezioni presidenziali, di fronte ad un Partito repubblicano che apparentemente sembra essere stato rilanciato.

D. – Quanto conta la manodopera che viene dalla migrazione e quanto conta sanare adesso questa situazione?

R. – La manodopera conta tantissimo. Lavori a bassissimo costo e senza tutele… E' un’immigrazione particolarmente significativa che coinvolge gli Stati a ridosso della frontiera, soprattutto di quella messicana, ma anche persone provenienti da altre parti del mondo. Sicuramente, l’immigrazione latinoamericana è quella più consisitente e pesa di più a livello politico. Rispetto a una tendenza registrata dal censimento americano, questo tipo di migrazione vede la componente latinoamericana come quella con i tassi di crescita più elevati nel prossimo futuro. Quindi, la conquista del voto latino, la necessità di affrontare un tema come quello dell’immigraizone clandestina è sicuramente un elemento importante sia dal punto di vista della stabilità sociale, sia dal punto di vista delle prosepttive politiche.

D. – In realtà, dunque, la decisione di Obama non è una riforma…

R. – Non è una riforma perchè non è che vengano messe in discussione o riviste le norme che riguardano i flussi di ingresso, le norme di naturalizzazione. Il decreto di Obama semplicemente dà delle garanzie, delle sicurezze, a coloro che non hanno un legale permesso di soggiorno e si trovano in determinate condizioni. Questo non significa però che non sia un atto molto coraggioso da parte di Obama, che mette all’interno della discussione pubblica un tema su cui si gioca il futuro degli Stati Uniti. Su cui si gioca anche una certa immagine americana di Paese aperto. Un Paese, che come Obama stesso ha più volte espresso, “di immigrati” e che sugli immigrati ha costruito la sua fortuna e la sua capacità di proporsi come modello al mondo.

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Economia. Draghi (Bce): Eurozona sull’orlo della deflazione

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Resta difficile la situazione in area euro: lo ha ammesso senza mezzi termini, oggi, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, intervenendo al Congresso europeo dei banchieri in corso a Francoforte. La priorità è dunque il varo di riforme per creare un ambiente favorevole al business e agli investimenti. Intanto, al termine del discorso di Draghi, tutte le borse europee hanno ripreso a guadagnare. Il servizio di Roberta Barbi: 

Non ci sarà, nei prossimi mesi, un’accelerazione della ripresa economica come tutti speravano: interpreta così, il presidente della Bce Mario Draghi il dato diffuso ieri sull’indice Pmi, che in Eurozona monitora l’attività manifatturiera e dei servizi e che nel mese di novembre è sceso ancora, stabilendo un record nel calo degli ordinativi che non si vedeva dal luglio 2013, ma non sono positivi neppure i dati Eurostat di ottobre, che fotografano un’area euro sull’orlo della deflazione, con un tasso d’inflazione media che si attesta allo 0.4%. La Bce, dunque – assicura il suo presidente – s’impegna per alzare l’inflazione il più velocemente possibile, eventualmente anche ampliando l’acquisto di titoli di Stato. Cosa comporterebbe, invece, un prolungamento di questa situazione? Lo abbiamo chiesto al prof. Giovanni Farese, docente di Storia dell’economia e Storia del pensiero economico dell’Università Europea di Roma:

"L’area dell’euro è entrata in deflazione da un pezzo: alcuni Paesi ne stanno soffrendo patendo di più i colpi. La deflazione ha molte conseguenze negative: la prima è che crollando i prezzi, crollano i profitti e quindi a catena gli investimenti, l’occupazione e i redditi. Detto questo esiste una autorità monetaria, che è la Banca Centrale Europea: il suo compito principale è quello di garantire la stabilità dei prezzi. Lo strumento classico di manovra che sono i tassi di interessi, che sono già al limite: l’acquisto di Abs, prestiti cartolarizzati... Un’altra strada è quella delle obbligazioni bancarie coperte, che si chiamano "covered bond", e la terza strada – che è quella che Draghi ha annunciato – è che la Banca Centrale Europea possa procedere all’acquisto di titoli pubblici".

L’Eurozona, secondo il presidente Draghi, ha bisogno di tornare appetibile per gli investitori economici e il business. Ha quindi bisogno di profonde riforme strutturali, ma anche di una nuova politica monetaria e di una politica fiscale a lungo termine. Di che tipo? È quindi sempre una questione di fiducia?

"La stabilità, la stabilità monetaria, è una cosa. Poi l’altra gamba, l’altro motore è lo sviluppo: lo sviluppo si fa con l’innovazione, si fa con le infrastrutture e ci vogliono degli investimenti. Questi investimenti possono essere evidentemente o pubblici o privati. Per favorire gli investimenti privati la cosa più importante è costruire delle condizioni di ambiente e di sistema che siano in grado di attrarre gli investitori".

A proposito di investimenti, sembra sia andato bene l’incontro di oggi tra il nuovo commissario europeo al Commercio, Cecilia Malmström, e il suo omologo statunitense, Michael Froman, sul partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti. Cosa significa?

"Un’idea antica quella di una partnership tra le due sponde dell’Atlantico. L’idea è quella di un mercato più largo nel quale si scambi liberamente, secondo delle proprie specializzazioni produttive, possibilmente con vantaggi per entrambi le parti".

Il presidente Draghi ha infine affermato davanti ai banchieri che l’unione bancaria costituisce il primo passo verso un’integrazione profonda di unione economica e monetaria in Europa, ma al tempo stesso ha ammesso che molti cittadini si domandano se il progetto europeo manterrà la promessa di una prosperità economica condivisa. È vero che l’euroscetticismo si sta rafforzando e che s’insinua un sentimento sempre più profondo contro la moneta unica?

"È chiaro che l’euroscetticismo cresca, crescono anche le critiche all’euro da parte di chi crede nel progetto europeo. Non penso ci sarà un ritorno alle monete nazionali da parte almeno dei grandi Paesi, ma potrebbe avere delle conseguenze politiche importanti: può rallentare alcuni processi".

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Card. Vallini: parrocchie romane aperte a cultura dell'incontro

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Dopo i fatti di Tor Sapienza e il conseguente appello di Papa Francesco ad assumere come priorità quella che ormai costituisce un’emergenza sociale, il cardinale vicario, Agostino Vallini, ha inviato una lettera ai parroci della diocesi di Roma e ai membri dei Consigli pastorali parrocchiali. Obiettivo è quello di diffondere la “cultura dell’incontro”. Il servizio di Davide Dionisi

L’invito del Papa di domenica scorsa, pronunciato durante l’Angelus, è stato prontamente raccolto dalla sua diocesi e il vicario, il cardinale Agostino Vallini, ha preso carta e penna e ha scritto a tutti i parroci spiegando che dopo i fatti di Tor Sapienza e in uno scenario di giustizia negata è importante impegnarsi affinché cresca, assieme alla giustizia e alla legalità, la cultura della solidarietà, dell’accoglienza e dell’inclusione sociale. Così come è importante adoperarsi per abbattere muri e costruire ponti. Ma come intende rispondere concretamente la diocesi di Roma all’appello lanciato da Papa Francesco? Ce lo ha spiegato lo stesso cardinale Agostino Vallini:

R. – Senz’altro, con un rinnovato impegno nell’essere presente soprattutto nei contesti più problematici, più difficili, più sofferti. In verità, l’incontro con le realtà locali normalmente avviene già, ma certo il Santo Padre ci incoraggia a intensificare con una più consapevole responsabilità che abbiamo. E' proprio la Chiesa in uscita, di cui parla tanto insistentemente Papa Francesco, che muove – in particolare i laici – a questa presenza nel sociale per costruire una cultura dell’incontro. Ci rendiamo conto che si tratta di una grande sfida, perché Roma è una realtà profondamente cambiata: anche gli stessi nostri quartieri sono realtà con tanti problemi. E quanto è successo a Tor Sapienza non riguarda soltanto il rapporto con il Centro di accoglienza, che forse è stato l’occasione, ma il malessere che vive quel quartiere insieme ad altri quartieri, di quelle persone che si sentono abbandonate dalle istituzioni perché né i servizi sociali, né attenzioni, né esperienze di rispetto della vita personale e familiare avvengono. Allora, ecco che è come un segno che si è voluto dare, proprio per prendere maggiore consapevolezza della responsabilità di tutti. E noi cattolici, cristiani, dobbiamo sapere che non si può stare in finestra e il Papa ce l’ha ricordato e dobbiamo darci da fare.

D. – Le tensioni tra residenti e immigrati devono diventare una priorità perché costituiscono oggi un’emergenza sociale. Come si è arrivati, secondo lei, a questo?

R. – Siamo arrivati a questo perché sono quartieri abbandonati. Cioè, lì la presenza delle istituzioni non si avverte. Quando la prostituzione dilaga, la vendita e lo spaccio della droga sono di tutte le ore, quando non c’è l’illuminazione, quando la gente non si sente sicura, è chiaro che se poi c’è una presenza di persone che vengono da fuori e magari qualcuno non equilibrato può esprimere con dei gesti e delle manifestazioni che la gente non gradisce, poi certo esplodono queste forme. Ma la gente stessa l’ha ripetuto più volte in questi giorni, non è gente razzista, non sente di avere disprezzo verso gli altri, soprattutto perché proprio in quel Centro di accoglienza si accolgono giovani, ragazzi, soli, disperati, senza famiglia, che vengono da esperienze durissime – la traversata del deserto, la paura del Mar Mediterraneo … C’è stato un giovane che ha detto: “Ma come posso essere io nemico delle persone che ci accolgono? Sono sorpreso di questo. Io spero di trovare in Italia la mia seconda patria”. Allora, tutto questo dice che certamente è un momento particolare, da non sovraesporre, direi io, al di là del fatto doloroso che è capitato. Però, è un segno che è necessario lavorare per una cultura dell’incontro, che è un po’ più difficile rispetto a delle dichiarazioni che in questi giorni tutti vanno facendo. La cultura dell’incontro è un lavoro paziente, quotidiano, in cui le persone si ritrovano, in cui ognuno esprime la propria posizione, si è aperto al confronto, all’ascolto e poi certo anche a elaborare proposte che possano – e devono – essere date agli organi competenti, perché sono le istituzioni che devono intervenire.

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Preposito Gesuiti: ospitalità è essenziale per chi fugge da guerra

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“L’ospitalità è essenziale per chi cerca asilo dalla guerra”. Così padre Adolfo Nicolás, preposito generale della Compagnia di Gesù, intervenendo ieri all’incontro  “Le frontiere dell’ospitalità”, in occasione del 34.mo anniversario della nascita del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (Jrs). Il servizio di  Elvira Ragosta: 

“Se per molti Stati oggi la sicurezza dei confini prevale sulla protezione delle persone, non dobbiamo dimenticare che accogliere è un valore umano”. Ha introdotto così padre Adolfo Nicolás il suo intervento su accoglienza, frontiere e asilo, ricordando che il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati è l’ospitalità del Vangelo in azione. Sono oltre 50 i Paesi in cui, da 34 anni, il Jrs porta avanti progetti di assistenza umana e sanitaria, ai quasi 950.000 rifugiati e richiedenti asilo del Mondo. Tra le aree più difficili c’è sicuramente la Siria, in cui i bambini, il 40% della popolazione, rappresentano anche la metà dei rifugiati. Alla scolarizzazione dei bambini siriani in Libano è dedicato un programma del Servizio dei Gesuiti. Padre Peter Balleis, direttore del JRS internazionale:

R. – Here in Lebanon we try to prepare children in a couple of schools …
In Libano, ci sono scuole, alcune musulmane, altre cristiane, in cui stiamo cercando di preparare i bambini – sono circa 30 mila - con programmi di apprendimento accelerati, perché raggiungano il livello necessario per essere integrati nel sistema libanese. Nonostante i bambini raggiungano il livello previsto, rimane sempre difficile per le scuole libanesi, per diverse ragioni, integrare questi bambini, anche se ho potuto constatare la buona volontà dei presidi. E’ una vera preoccupazione! Probabilmente dovremo cambiare il sistema o il nostro programma: lo scopo finale è che questi bambini devono andare a scuola. Dobbiamo anche fare un grande lavoro perché ci sia una presa di coscienza di questa necessità, affinché le risorse messe a disposizione dai governi siano utilizzate per raggiungere questo scopo, che i bambini vadano a scuola.

All’Europa come terra d’asilo ha fatto appello padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, la sede italiana del Jrs Internazionale:

“La vera sicurezza nasce dall’incontro e dalla conoscenza reciproca e quindi dall’aprire le porte ed essere accoglienti verso i rifugiati, verso i richiedenti asilo. E dalla conoscenza – come diceva anche il padre generale – nascono appunto delle prospettive nuove per tutti”.

Tareq ha 27 anni, è siriano, 2 anni fa è venuto a Milano per lavorare in una casa editrice. Da quando la guerra ha portato tantissimi siriani in Italia, Tareq si è trovato a incontrarli, ascoltare le loro storie, dare loro un sostegno:

“Una volta sono andato alla Stazione Centrale di Milano. C’erano più di duecento siriani tra bambini e donne che dormivano per terra. Arrivavano dalla Sicilia e cercavano di andare verso la Svezia. Da allora mi sono detto: 'Non posso rimanere a casa, accendere il pc e lavorare cinque o sei anni al caldo, dentro casa, mentre queste persone sono al freddo fuori, nella stazione'. Mi sono detto che non potevo continuare, che dovevo uscire , e forse non lavorare ma stare con loro. Mi ricordo che i primi giorni sono andato alla stazione e non ho fatto nulla. Ha mangiato con loro, ho fatto telefonate con loro, ho dormito con loro. Non ho fatto niente! Ma per me andare a casa era una cosa sbagliata”.

E il suo impegno umanitario si è tradotto anche in impegno cinematografico. Tareq, infatti, è uno dei protagonisti di “Io sto con la sposa”, un docu-film vincitore di diversi premi, che racconta la storia di un gruppo di migranti siriani e palestinesi che da Milano cerca di raggiungere la Svezia inscenando un finto matrimonio.

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Al via restauro "Resurrezione" Piero della Francesca a San Sepolcro

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Presentato questa mattina a San Sepolcro l’avvio del primo restauro della Resurrezione di Cristo di Piero Della Francesca, dipinto a tecnica mista intorno al 1450. Durante i 18 mesi di intervento conservativo, l’opera definita “la più bella pittura del mondo” resterà visibile al pubblico nella sua collocazione abituale del Museo Civico, grazie ad un ponteggio innovativo e funzionale. Il servizio di Paolo Ondarza

La luce rosa di un’alba primaverile illumina il bianco dell’Appennino e la natura silente. In primo piano l’umanissima figura di Cristo. Nel corpo i segni della Passione, in mano il vessillo della Resurrezione. Un piede poggia sul bordo del sarcofago nell’atto di uscire: ha vinto la morte, simboleggiata dai quattro personaggi abbandonati nel sonno nella parte bassa della composizione. Cecilia Frosinini, direttore del Settore Restauro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze:

“Questa è l’umanità che aspetta di essere chiamata alla Resurrezione che con Cristo trionfa”.

Tra loro, frontale rispetto allo spettatore, Piero si autoritrae:

“Ed è come chiedere di essere insieme a Cristo in questo evento della Resurrezione”.

Per la prima volta la "Resurrezione", dipinta a tecnica mista di affresco e stesure a secco, sarà sottoposta a restauro al fine di pulirne la superficie e conservarla per le future generazioni:

“Questi Sali (affiorati sull’intonaco - ndr. ) sono dovuti all’apporto di materiale inquinante, ma con l’umidità e con il tempo si vengono a creare per risalita sulle pareti e offuscano il dipinto perché creano un efflorescenza di gesso ed è come se, in un certo senso, interponessero tra il nostro occhio e l’affresco una strato lattiginoso che rovina il colore e nel tempo può portare ad un degrado totale. La percezione che il tutto si svolga in una bellissima alba di un giorno di primavera è quasi obnubilata da questa patina opaca. In realtà, crediamo di vedere il cielo azzurro, perché sappiamo che atmosfericamente è azzurro, ma in realtà il nostro occhio oggi vede uno strato grigio e giallognolo disomogeneo. A causa dello stato di degrado dell’opera non riusciamo più a capire nemmeno quelle che sono le differenze tra una zona e l’altra del paesaggio: da una parte, un paesaggio spoglio e, dall’altra, un paesaggio che rinverdisce per via del miracolo della Resurrezione”.

Profondo il significato simbolico della "Resurrezione" di Piero a San Sepolcro, emblema a pieno titolo delle radici cristiane dell’Europa:

“La città è stata fondata sulle reliquie del Santo Sepolcro portate qui da due santi pellegrini direttamente dalla Terra Santa. Nell’opera di Piero, noi siamo di fronte al mistero d’eccellenza del cristianesimo, la Resurrezione, in un ambiente civico. Quest’opera non è mai stata situata in una chiesa. L’edificio che oggi la ospita è sempre stato l’edificio pubblico, la sede del Comune della città. E la cittadinanza di San Sepolcro si è voluta stringere, creare, intorno al mistero cristiano della Resurrezione”.

Nei prossimi 18 mesi, tanto durerà il restauro, sarà possibile seguire il "work in progress" e continuare nel contempo ad ammirare il capolavoro di Piero.

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La "frontiera" tema del 18.mo Tertio Millennio Film Fest

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E’ stato presentato presso il Pontificio Consiglio della Cultura il 18.mo "Tertio Millennio Film Fest", organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo e in programma a Roma dal 9 al 14 dicembre. Il tema scelto quest’anno è “Frontiere. Cercando un’immagine tra due mondi”, ispirato dalle parole e dalle esortazioni di Papa Francesco a superare le divisioni tra i popoli e le religioni. Il servizio di Luca Pellegrini: 

Il cinema cerca nuove immagini, attraversando le frontiere. Quelle reali e quelle immateriali e simboliche. Il "Tertio Millennio Film Fest", organizzato in collaborazione con i Pontifici Consigli della Cultura e delle Comunicazioni Sociali, mostra la consapevolezza dell’estrema difficoltà dei tempi presenti e, come ha affermato mons. Carlos Azevedo, Delegato del Dicastero della Cultura, proprio quello della frontiera “è un tema profondamente cristiano, che risuona nella Lettera agli Efesini quando San Paolo scrive che Cristo è la nostra pace…Colui che ha abbattuto il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia”. Sono quindici i film in cartellone scelti da Marina Sanna, in collaborazione con Gianluca Arnone. E don Ivan Maffeis, presidente dell’Ente dello Spettacolo, precisa che la scelta del tema è stata ispirata dal pensiero del Santo Padre:

R. – Abbiamo voluto scegliere il tema della frontiera proprio provocati dalle parole di Papa Francesco, laddove più volte ha esortato ad abitare le frontiere. Noi sappiamo che la frontiera tante volte diventa un confine, diventa un luogo di chiusura, all’interno del quale noi difendiamo noi stessi, le nostre idee, i nostri pregiudizi, il nostro disimpegno. Il Papa ci provoca ad uscire, ad abitare la frontiera, a farla diventare un luogo di incontro. Ecco, le opere che abbiamo messo in rassegna per questa XVII edizione del "Tertio Millennio Film Fest" sono accomunate proprio dal tema della frontiera, la frontiera tante volte appunto come chiusura, la chiusura della dittatura, la chiusura dello sfruttamento, la chiusura della violenza che calpesta anche gli affetti più sacri, quali quelli di una famiglia. Partendo da questa realtà, che purtroppo appartiene all’aria che respiriamo tutti i giorni, vogliamo lasciarci interpellare da quello che il cinema, attraverso queste opere, offre per arrivare a una risposta, una risposta nella linea, appunto, indicata dal Papa.

D. – Talvolta, però, le frontiere si riescono ad attraverso, i mondi entrano in contatto tra di loro, anche mondi diversi… Le persone hanno ancora la capacità di sapersi accogliere?

R. – Viviamo tutti un grande desiderio proprio di questo incontro, di questa accoglienza. Ci rendiamo conto che questa stagione che stiamo vivendo, per tanti aspetti di crisi, sta impoverendo i rapporti, sta impoverendo la nostra speranza, la nostra disponibilità. Però, rimane questa fame, questa sete di incontro, di incontro con l’Assoluto, di incontro con l’altro. Viviamo l’incontro: viviamo di luoghi che, mentre ci provocano a uscire da noi stessi, ci restituiscono ciò che siamo.

D. – Il cinema, in questa stagione – appunto, come lei diceva – di difficoltà, percepisce maggiormente frontiere chiuse o frontiere che si aprono e dei popoli che vengono a conoscersi l’un l’altro in un dialogo costruttivo e di civiltà?

R. – Il cinema per certi versi funziona anche da finestra sul mondo, che ci lascia intuire quello che sta arrivando. Quindi, anche laddove racconta e documenta una realtà pesante, lo fa spesso lasciandoci la porta aperta alla speranza, facendoci capire che non possiamo né rassegnarci né fermarci a quella che è la logica dell’esclusione, la logica appunto della chiusura, del confine. Il cinema e tante di queste opere, a partire proprio dalla prima che inaugurerà il Tertio Millennio, che riguarda proprio la Santa Sede, l’Archivio Vaticano della Santa Sede, ci fa capire che anche laddove sembra che ci sia il mistero, che ci sia la chiusura, in realtà c’è un disegno. Attraverso i corridoi dell’Archivio Segreto Vaticano – per restare nell’esempio – noi siamo portati a scoprire una ricchezza, il valore di una tradizione. Ecco, penso che questo, per certi versi, valga anche per tutte le altre forme dove si è portati a vedere il confine, ma in realtà – attraverso il confine – c’è il volto dell’altro, che ci restituisce a noi stessi.

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Nella Chiesa e nel mondo



Strage di Boko Haram in Nigeria: 45 i morti

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È di almeno 45 morti il bilancio di un attacco attribuito a Boko Haram al villaggio di Azaya Kura nello Stato nigeriano del Borno. Secondo le testimonianze tuttavia il bilancio delle vittime potrebbe ulteriormente aggravarsi. Continua, dunque, l’avanzata del gruppo jihadista con l’obiettivo di creare un califfato islamico su modello di quello in Siria e Iraq. Da rilevare che nella giornata di ieri il Parlamento nigeriano ha deciso - peraltro  innescando polemiche a non finire - di non prorogare di 18 mesi lo stato di emergenza nelle province nordorientali del Paese, come richiesto invece dal presidente Goodluck Jonathan. Prima del voto, le forze dell’ordine avevano lanciato gas  lacrimogeni all’arrivo di Aminu Tambuwal, presidente della Camera. Ex alleato dello schieramento di governo,  Tambuwal è passato recentemente all’opposizione e molti gli contestano il diritto di continuare a presiedere l’assemblea. I deputati hanno preso la loro decisione al termine della Camera di consiglio senza poter votare in sessione plenaria, dopo che il presidente del Parlamento, David Mark, aveva disposto la chiusura dell’edificio in seguito all’incidente di ieri mattina. (A cura di Giulio Albanese)

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Bartolomeo: Papa in Turchia porterà forte messaggio di fratellanza

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"Attendiamo con gioia la visita di Papa Francesco per la festa patronale della nostra Chiesa, la festa di Sant'Andrea, il primo chiamato tra gli apostoli, il 30 novembre". Lo dice il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, in un'intervista al direttore di Famiglia Cristiana don Antonio Sciortino, in vista del viaggio del Papa in Turchia, dal 28 al 30 novembre.

"Lo scambio delle delegazioni tra le nostre Chiese per le rispettive feste patronali – afferma il Patriarca – testimonia quell'attenzione e quel rispetto reciproco, fraterno". "Sua Santità visita il nostro Paese, che come sapete è laico. Vedrà monumenti simbolo per la nostra nazione, sia ad Ankara che a Istanbul. Certamente il Papa porterà alla nazione turca un forte messaggio di convivenza e fratellanza. Questo Paese, in cui il cristianesimo dei primi secoli ha celebrato i suoi grandi Concili, ha bisogno di gesti forti. Anche il Patriarcato ecumenico attende il giusto riconoscimento che gli deriva dal suo ruolo all'interno della Chiesa ortodossa, ma anche dalla sua storia millenaria".

"Francesco", continua Bartolomeo, "è un Papa semplice, non semplicistico. Ha un grande amore, non bonarietà. L'Oriente ha molto apprezzato il suo sottolineare di essere innanzitutto il vescovo di Roma. Da buon conoscitore dell'Oriente, ci ha molto colpito il fatto di avere nominato otto collaboratori, per aiutarlo nelle grandi decisioni. E' un governo sinodale della Chiesa e non verticistico. Questo può facilitare molto anche il dialogo teologico su questo tema".

"Il dialogo teologico" tra cattolici e ortodossi prosegue - afferma Bartolomeo - "e farà scoprire frutti che neppure immaginiamo. Nel frattempo le relazioni interpersonali tra i capi delle Chiese, come tra il popolo di Dio, saranno il propulsore per affrontare tanti temi che affliggono le nostre Chiese e il mondo secolarizzato. Insieme dobbiamo parlare all'uomo di oggi".

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Messico: migliaia in piazza per i 43 studenti scomparsi

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Un'imponente marcia di protesta, con migliaia di persone e tre carovane, si è svolta ieri a Città del Messico per chiedere, ancora una volta, giustizia e verità sulla sorte dei 43 studenti scomparsi dal 26 settembre. Nessuna vittima ma scontri tra manifestanti e polizia si sono registrati all’aeroporto e davanti la sede del governo, con il lancio di pietre e bottiglie molotov. 

“Non ci fermeremo finchè non incontreremo i nostri figli o non ce li consegnino, perchè siamo sicuri che sanno dove si trovano”: così Felipe de la Cruz, il padre di uno dei 43 studenti scomparsi, ha parlato davanti alle migliaia di persone che hanno manifestato a Città del Messico. Divisi in tre cortei, che hanno seguito percorsi diversi, sindacalisti, insegnanti, studenti e ong si sono uniti alla protesta dei genitori dei desaparecidos per chiedere conto al governo della sorte dei ragazzi. Non credono infatti alla versione ufficiale secondo cui, dopo scontri con la polizia di Iguala, sarebbero stati uccisi e poi bruciati da un cartello di narcotrafficanti. Violenze, si sono registrate nei pressi dell'aeroporto della capitale e davanti la sede del Governo. Le autorità messicane avevano comunque cancellato le celebrazioni per l'anniversario della Rivoluzione del 1910, per il timore di scontri,mentre il presidente Peña Nieto ha ribadito che il suo governo rifiuta ogni tipo di violenza. E pacifiche, ma decise, sono state le oltre 200 manifestazioni di protesta organizzate dall'Europa all'Oceania. (A cura di Adele Lapertosa)

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Filippine, si rafforza impegno del movimento “Silsilah” per il dialogo

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Dopo trent’anni di lavoro nel dialogo islamo-cristiano, il movimento “Silsilah”, avviato nelle Filippine sud nel 1984 per opera del missionario del PIME Sebastiano D’Ambra, raccoglie e riconosce i frutti del cammino percorso e rinnova il suo impegno. Come riferito a Fides da una nota di “Silsilah”, la spiritualità della “vita-in-dialogo” si è diffusa nelle Filippine e all’estero, e l’esperienza ha ricevuto premi nazionali e internazionali.

Per l’occasione del trentennale, “Silsilah” ha celebrato nei giorni scorsi la sua Assemblea nazionale, riunendo persone di diverse tradizioni religiose e culture. A conclusione dell’incontro, i partecipanti hanno firmato e diffuso una dichiarazione in cui si impegnano a: nutrire la spiritualità della vita-in-dialogo attraverso il costante rinnovamento e approfondimento del rapporto con Dio, con sé, con gli altri e con tutta la creazione; a rispettare la pluralità religiosa e culturale attraverso l'educazione e la formazione continua; a rafforzare la collaborazione nel “Forum Silsilah”, attraverso la comunicazione e la condivisione di risorse, esperienze e riflessioni; a promuovere in tutti i modi possibili la cultura del dialogo come via alla pace per le famiglie, luoghi di lavoro, scuole, gruppi e altre istituzioni; a usare responsabilmente i social media e le altre tecnologie per diffondere lo spirito del dialogo, in particolare la “Catena dell’armonia”; espandere la cultura della vita-in-dialogo oltre Filippine.

La “Catena dell’armonia” è la diffusione di una speciale “preghiera per l’armonia”, aconfessionale, che “è un segno di speranza per sostenere il nostro impegno di dialogo e di pace”. La preghiera, che oggi trova spazio in scuole, moschee, chiese, gruppi, parrocchie, in tutto il mondo, è raccomandata come una preghiera comune che possono recitare musulmani e cristiani. E’ stata approvata dalla “Bishops Ulama Conference”, la conferenza che unisce vescovi cristiani e leader musulmani delle Filippine.

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India. Francescani in prima linea per la “sicurezza alimentare”

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I francescani in India si impegnano a livello nazionale per combattere contro la fame e per dare un contributo alla sicurezza alimentare della popolazione. Il concetto di “sicurezza alimentare”, elaborato in sede Onu, implica che “ogni persona abbia a disposizione facilmente ogni giorno la quantità di cibo necessaria al suo sostentamento”.

Come riferito a Fides, i francescani dell’AFFI (l’Associazione delle Famiglie Francescane dell’India, che accoglie componenti religiose e laiche) hanno aderito a una consultazione nazionale sull'alleviamento della povertà estrema e della fame nel paese, tenutasi agli inizi di novembre a Bangalore. Nella conferenza si è rimarcato che in molti stati indiani vivono tuttora emarginati, tribali, poveri delle aree rurali, baraccati, dalit, migranti, ai quali non è garantito il diritto al cibo.

Il presidente dell’AFFI, padre A.J. Mathew, OFM, ha sottolineato che “la crescita della società non è nel veloce miglioramento socio economico del sistema che porta benefici a pochi, ma sta nella crescita totale, da cui nessuno è escluso. Questo è il focus del Vangelo e anche il senso profetico del carisma francescano”. Sulla base del concetto di “inclusione” e di “sviluppo inclusivo”, i francescani stanno preparando piani di azione concreti in diversi stati, come Orissa, Tamil Nadu, Bengala, Maharashtra, Kerala e Uttar Pradesh, focalizzandosi su anziani abbandonati, malnutrizione dei bambini, benessere delle donne e diritti delle tribù indigene, soprattutto delle aree rurali.

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La Lev pubblica il volume “Anno della Fede. Parole e immagini”

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Una pagina di storia della Chiesa contenuta in un libro: esce oggi, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, il volume “Anno della Fede. Parole e immagini”, a cura del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. In quest’opera di grande formato e ricca di immagini “si è cercato di raccogliere, per quanto possibile, la ricchezza del cammino compiuto nell’Anno della fede così come è stato vissuto a Roma” spiega nell’introduzione l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Dicastero vaticano per la Nuova Evangelizzazione, che ha curato l’organizzazione di questo speciale Anno indetto da Benedetto XVI e concluso da Papa Francesco, che si è svolto tra l’11 ottobre del 2012 e il 24 novembre del 2013. “Sono stati momenti intensi di preghiera, di catechesi, di incontro gioioso e di festa che hanno coinvolto più di otto milioni di fedeli” ha proseguito il presule, per poi concludere: “L’Anno della fede ha permesso di far riscoprire che il mondo ha ancora bisogno del Vangelo e di testimoni credibili che lo rendano visibile con la gioia della loro vita”.

Nel libro si riflette sulla preghiera del Credo e sull’indulgenza plenaria per l’Anno della fede concessa in varie occasioni; vengono illustrati il logo e l’inno dell’Anno, le statistiche riguardanti il sito web e i social network che ne hanno accompagnato lo svolgimento. Ma il cammino parte da più lontano, cioè dall’Anno della fede indetto da Paolo VI poco tempo dopo la conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II e che si è svolto a cavallo degli anni 1967 e 1968.

Il volume ripercorre quindi i grandi eventi che hanno caratterizzato questo speciale Anno, a partire dal suo inizio, l’11 ottobre 2012, cinquant’anni dopo l’apertura del Concilio Vaticano II. “L’Anno della fede che oggi inauguriamo – affermò Benedetto XVI nella sua omelia – è legato coerentemente a tutto il cammino della Chiesa negli ultimi 50 anni: dal Concilio, attraverso il Magistero del Servo di Dio Paolo VI, il quale indisse un «Anno della fede» nel 1967, fino al Grande Giubileo del 2000, con il quale il Beato Giovanni Paolo II ha riproposto all’intera umanità Gesù Cristo quale unico Salvatore, ieri, oggi e sempre”. Segue la canonizzazione dei martiri e confessori della fede in Piazza San Pietro il 21 ottobre 2012, poi la celebrazione ecumenica nella Basilica di San Paolo fuori le mura il 25 gennaio 2013 e la giornata della vita consacrata il successivo 2 febbraio. Nel cammino dell’Anno della fede si innesta anche il cambio di pontificato, dopo la rinuncia di Benedetto XVI l’11 febbraio 2013 e il Conclave che ha portato all’elezione di Francesco il 13 marzo.

Il primo evento dell’Anno della fede presieduto dal nuovo Pontefice è l’amministrazione delle cresime il 28 aprile. Seguiranno le Giornate delle confraternite (3-5 maggio), dei movimenti, delle nuove comunità, delle associazioni e delle aggregazioni laicali (18-19 maggio), l’adorazione eucaristica in contemporanea mondiale (2 giugno), la giornata dell’Evangelium vitae (15-16 giugno), quella dei seminaristi, novizi, novizie e di quanti sono in cammino vocazionale (4-7 luglio), la Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro (23-28 luglio), quella dei catechisti (26-29 settembre), la giornata mariana (12-13 ottobre), la giornata della famiglia (26-27 ottobre), quella per la vita contemplativa (21 novembre) e infine l’incontro con i catecumeni a conclusione dell’Anno della fede (23 novembre). L’Anno si è chiuso con una solenne celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro il 24 novembre.

Le Giornate si sono generalmente svolte secondo un comune schema celebrativo, centrato su quattro momenti principali: il pellegrinaggio alla Tomba di Pietro, la catechesi sul tema specifico della Giornata, il tempo dedicato alla riconciliazione e all’Adorazione eucaristica. Infine, la domenica, la Santa Messa presieduta dal Papa. Grazie ai testi che introducono ogni sezione del volume e alla raccolta degli interventi di Papa Benedetto e di Papa Francesco, uniti a un’amplissima selezione di fotografie dei diversi momenti che hanno scandito l’Anno della fede, quest’opera si caratterizza come una preziosa testimonianza documentale di una iniziativa definita “provvidenziale” da Papa Bergoglio, nell’omelia della solennità di Cristo Re, il 24 novembre 2013. Un Anno, ha aggiunto Francesco, che “ci ha offerto l’opportunità di riscoprire la bellezza di quel cammino di fede che ha avuto inizio nel giorno del nostro Battesimo, che ci ha resi figli di Dio e fratelli nella Chiesa. Un cammino che ha come meta finale l’incontro pieno con Dio, e durante il quale lo Spirito Santo ci purifica, ci eleva, ci santifica, per farci entrare nella felicità a cui anela il nostro cuore”.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 325

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.