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Sommario del 01/10/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: carismi doni di Dio per tutti, non per l'orgoglio di pochi

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I carismi sono doni dello Spirito Santo, che Dio concede ad alcune persone perché li mettano a servizio degli altri con gratuità e senza orgoglio. Lo ha affermato Papa Francesco all’udienza generale in Piazza San Pietro, dopo aver salutato, in Aula Paolo VI, i partecipanti al pellegrinaggio delle Piccole Apostole della Carità, dedite in particolare all’assistenza dei disabili. Il servizio di Alessandro De Carolis

Non è certo un piedistallo per spiccare sulla massa, o un’eccellenza personale da sfruttare per se stessi e magari pochi altri. Piuttosto è una casa dove si fa, gratis e con amore, il bene di tanti. Per questo, spiega Papa Francesco all’inizio della catechesi, per un cristiano non è difficile distinguere quando si parla di “carisma”. Non è un sinonimo di talento, non si riferisce a “un’abilità naturale” che fa brillare una persona rispetto a chi la circonda:

“Il carisma è una grazia, un dono elargito da Dio Padre, attraverso l’azione dello Spirito Santo. Ed è un dono che viene dato a qualcuno non perché sia più bravo degli altri o perché se lo sia meritato: è un regalo che Dio gli fa, perché con la stessa gratuità e lo stesso amore lo possa mettere a servizio dell’intera comunità, per il bene di tutti”.

Eppure, qualche volta può esserci un uso umanamente distorto di un carisma divino. Sono “guai” quando “questi doni diventano motivo di invidia o di divisione, di gelosia”, osserva con esperienza Papa Francesco, che invita a scrutarsi dentro. Se c’è una “carisma che il Signore ha fatto sorgere in me”, lo vivo “con generosità”, oppure “lo trascuro e finisco per dimenticarmene”? O diventa “in me motivo di orgoglio”?:

“Sono domande che noi dobbiamo porci: se c'è un carisma in me, se questo carisma è riconosciuto dalla Chiesa, se sono contento con questo carisma o ho un po' di gelosia dei carismi degli altri, se volevo, voglio avere quel carisma. Il carisma è un dono: soltanto Dio lo dà!”.

Con questa larghezza di cuore, prosegue Papa Francesco, vanno dunque considerati i tanti “carismi diversi” elargiti da Dio alla Chiesa nel passato e nel presente, senza che essi siano mai “motivo di confusione o di disagio”:

“Sono tutti regali che Dio fa alla comunità cristiana, perché possa crescere armoniosa, nella fede e nel suo amore, come un corpo solo, il corpo di Cristo. Lo stesso Spirito che dà questa differenza di carismi, fa l'unità della Chiesa. È sempre lo stesso Spirito. Di fronte a questa molteplicità di carismi, quindi, il nostro cuore si deve aprire alla gioia e dobbiamo pensare: ‘Che bella cosa! Tanti doni diversi, perché siamo tutti figli di Dio, e tutti amati in modo unico’”.

Unici e amati come il carisma, indicato dal Papa a mo’ di esempio, delle Piccole Apostole della Carità, un Istituto secolare che svolge la sua missione attraverso l’Associazione “La nostra Famiglia”, dedita alla cura dei disabili, specie bambini, venuto a Roma in pellegrinaggio con tremila persone e accolto con grande affetto da Papa Francesco in Aula Paolo VI prima dell’udienza:

“Il fondatore, Beato Luigi Monza, intuì la necessità della vicinanza alle persone disabili, con competenza e con amore. Il suo carisma, sostenuto dal venerabile Paolo VI, quand’era arcivescovo di Milano, sia un esempio per le famiglie e per quanti hanno le responsabilità pubbliche”.

Papa Francesco conclude l’udienza generale del primo giorno di ottobre con un invito, ripetuto con insistenza ai gruppi linguistici, a dedicare tempo a una preghiera e a un’intenzione particolari:

“All’inizio di questo mese, dedicato alla meditazione della vita di Maria e del suo Figlio nei misteri del Rosario, invito tutti voi a pregare secondo le intenzioni della Chiesa, soprattutto per il Sinodo dei Vescovi dedicato alla famiglia. Pregate anche per me!”

I saluti finali del Papa sono andati, fra gli altri, ai pellegrini dell’Opus Dei, giunti a Roma dopo la recente Beatificazione di mons. Álvaro Del Portillo, e ai sacerdoti dei Pontifici Collegi Internazionali San Paolo e Mater Ecclesiae, esortati a vivere il loro apostolato “in comunione con la Chiesa e con atteggiamento missionario”.

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Udienze di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata mons. Lévon Boghos Zékiyan, amministratore apostolico “sede plena” di Istanbul degli Armeni, in Turchia.

Ieri, il Papa ha ricevuto il rev.do Mariano Fassio, delegato regionale della Prelatura dell’Opus Dei.

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Mons. Zenari: Chiesa in prima linea per la pace in Medio Oriente

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Dal 2 al 4 ottobre si svolge in Vaticano un vertice sulle crisi in Medio Oriente, che vedrà riuniti, insieme a Papa Francesco, i nunzi apostolici dell’area con i superiori della Curia Romana. Papa Francesco saluterà i partecipanti all'inizio dei lavori. Quali le speranze da questo importante evento? Sergio Centofanti lo ha chiesto al nunzio a Damasco, l’arcivescovo Mario Zenari: 

R. - Bisogna sempre avere la speranza perché l’umanità, e non solo i cristiani, è nelle mani di Dio. Questo incontro dei nunzi è un momento di preghiera, perché nel programma c’è anche la preghiera; l’incontro sarà aperto dal Santo Padre domani mattina, e poi ci sarà la condivisione di questi problemi che per buona parte sono problemi comuni “transfrontalieri”, come si dice. Pensiamo ai problemi della Siria, dell’Iraq, del Libano, della Giordania: sono problemi comuni. In un momento in cui la comunità internazionale è chiamata ad agire per vincere questo flagello della violenza, del terrorismo, e per trovare una soluzione ai conflitti, la Chiesa è in prima linea con i propri mezzi. A questo proposito, vorrei precisare il piano della Chiesa, un piano complementare a quello della comunità internazionale dove ciascuno deve fare la propria parte. La Chiesa, che non ha armi belliche, ha un’arma spirituale che è molto, molto efficace; come Chiesa siamo chiamati ad utilizzare questi mezzi efficaci come la preghiera, cercare l’incontro con le persone, cercare di far riflettere. Direi che questo piano spirituale è molto efficace, ed è ciò di cui ha bisogno in questo momento soprattutto la regione del Medio Oriente.

D. - Accompagneranno i vostri lavori le comunità cristiane sofferenti di queste regioni …

R. - Credo che sapere che il Santo Padre, i prefetti dei vari dicasteri interessati romani, che i nunzi apostolici, suoi rappresentanti in questa zona così martoriata, si trovano insieme per pregare, per riflettere, per trovare - se possibile - qualche soluzione, credo sia un incoraggiamento alle nostre comunità cristiane, ma direi anche, se guardo alla Siria, ma credo dappertutto, sia un incoraggiamento anche per tutte le persone di quella regione che aspirano, anelano e attendono con impazienza la soluzione di questi sanguinosi conflitti.

D. - Quali sono le sue speranze per un ritorno alla convivenza pacifica tra le religioni in queste regioni così martoriate?

R. - Se guardo alla Siria e all’esperienza che ho in questo Paese da circa sei anni, direi che le premesse sono buone, innanzitutto a livello della gente: c’è una convivenza finora buona - speriamo che non sia rovinata dal conflitto - e talvolta esemplare tra le varie appartenenze religiose, in particolare tra cristiani e musulmani; c’è rispetto reciproco, stima reciproca, e altrettanta stima reciproca e rispetto tra i leader religiosi. Direi che questa è già una buona base sulla quale costruire, e quindi far leva su questi aspetti positivi, per dare un contributo vitale da parte delle religioni - specialmente le religioni monoteistiche che sono nate in quella regione - che hanno un ruolo fondamentale da svolgere in questo momento. Quindi, direi che anche da questo incontro si penserà probabilmente di potenziare questo dialogo soprattutto tra queste tre religioni monoteistiche presenti nella regione che devono giocare un ruolo fondamentale per risolvere questi conflitti.

D. - Quindi si può sconfiggere questa ideologia dello Stato islamico …

R. - Direi di sì, perché c’è una potenzialità di bene, e con l’aiuto di Dio - al quale credono quelle religioni presenti nella regione - si può fare molto.

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Card. Baldisseri a convegno alla Lumsa su "Donne di fede e famiglia"

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Si è svolto a Roma, presso la Lumsa (Libera Università Maria Santissima Assunta), un convegno sul tema "Donne di fede e famiglia: tra tradizione e modernità" promosso da "Religions for peace" e Ifiie (International Foundation for Interreligious and Intercultural Education). E’ intervenuto all’evento il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, che ha portato ai partecipanti il saluto di Papa Francesco. Il porporato ha parlato della ormai prossima assemblea sinodale sulla famiglia (5-19 ottobre) inquadrandola, in particolare, nel contesto delle sfide poste dal rinnovato ruolo delle donne. Tracey McLure lo ha intervistato:

R. - Sono le sfide generali, quella cioè della promozione della donna nella società, ma che riguardano anche le situazioni particolari in cui vive la donna. Spesso la donna deve accudire la famiglia e questa famiglia non è più completa, forse c’è stato un fallimento dei rapporti tra l’uomo e la donna, e spesso è la donna che assume poi la responsabilità diretta dell’educazione dei figli. Si trovano oggi molte famiglie che noi chiamiamo “monoparentali”, fatta soprattutto di donne che si assumono tutta le responsabilità. E per noi è fondamentale riflettere, trovare delle risposte di carattere soprattutto pastorale, nel senso di un aiuto che riguardi la dimensione spirituale ma anche sociale, per aiutare queste persone che si trovano in situazioni difficili a uscirne con un progetto completo della vita.

D. – Questo convegno ha unito donne e persone di altre fedi: come possono le religioni imparare le une dalle altre per aiutare la famiglia?

R. - In questo Sinodo, come anche nel passato, ci sono “uditori” e “uditrici” che fanno parte dell’assemblea e sono cristiani, dato che si tratta di un’assemblea sinodale, però con lo sguardo aperto a tutte le religioni del mondo. Noi accogliamo il contributo delle altre religioni per vedere quali sono gli elementi fondamentali della famiglia naturale, quella che si presenta così com’è nell’esperienza di tutti, al di là delle culture e delle religioni. Per cui, noi accogliamo anche delle belle intuizioni o anche tradizioni che portano a un approfondimento corretto del concetto della famiglia che è costituita da un uomo, da una donna e dai figli. Tutti coloro che sono intorno a questa famiglia, a questo nucleo fondamentale, costituiscono la famiglia grande, quella che noi chiamavamo nel passato “patriarcale”; oggi si può chiamare in un’altra forma, però quello che è essenziale, e che noi vogliamo sottolineare, è che la famiglia si costituisce con il matrimonio tra un uomo e una donna che generano ed educano i figli.

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Plenaria Giustizia e Pace. Mons. Toso: riformare finanza mondiale

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Gli sviluppi della dottrina sociale della Chiesa, negli ultimi 10 anni, al centro  della plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, aperta a Roma a Villa Aurelia. Ad inaugurare i lavori sono stati il cardinale presidente del dicastero, Peter K. A. Turkson, e il vescovo segretario Mario Toso. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Tre giorni di studio e dibattito, dal primo al 3 ottobre, per guardare indietro e soprattutto avanti, nel decimo anniversario del Compendio di dottrina sociale, curato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II, 5 anni dopo l’Enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate, a quasi un anno dall’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco.

Un excursus storico sugli aspetti di continuità per concretizzare e tradurre nell’oggi le direttive di questi tre importanti documenti, capisaldi del magistero sociale contemporaneo, come ha messo in luce mons. Mario Toso, presentando stamane le attività del dicastero. In particolare ha riferito il lavoro svolto per sgomberare il campo da false interpretazioni riguardo l’“autorità politica mondiale”, citata da Benedetto XVI, nella Caritas in Veritate, collegata dal dicastero anche al tema della riforma dell’Onu e all’evoluzione del concetto di pace. Momento forte per il dicastero sono state anche “le riflessioni per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale, nella prospettiva di un’autorità pubblica a valenza universale”, che dopo “alcune critiche pretestuose e ingenerose”, hanno trovato – ha detto mons. Toso -  “un notevole consenso, anche presso istituzioni internazionali”, riscontrando poi “incisiva conferma” nella recente Evangelii Gaudium, l’esortazione che secondo alcuni “detrattori avrebbe condannato indiscriminatamente il libero mercato, la finanza e il capitale”; obiezioni respinte attraverso un seminario ad hoc, i cui atti finali, già disponibili sul sito del dicastero, saranno a breve pubblicati. Altri aspetti approfonditi: il bene comune, il lavoro dignitoso, la povertà, gli emarginati sociali, l’energia collegata alla giustizia e alla pace, la terra e il cibo.

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Omc, card. Turkson: libero scambio utile se tutti ne beneficiano

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Il libero scambio può interessare tutti “solo quando è a beneficio di tutti”, senza escludere o scartare nessuno e per questo non può prescindere dalla responsabilità e dalla giustizia sociale. E’ quanto afferma il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in un messaggio rivolto al Forum dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Omc), al via oggi fino al 3 ottobre a Ginevra sul tema “Perché il commercio interessa tutti?“ (“Why trade matters to everyone”).

Sicuramente – sottolinea il cardinale Turkson nel messaggio, letto dopo l’intervento del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e il videomessaggio della presidente del Cile, Michelle Bachelet – il commercio è un fattore di sviluppo. E tuttavia, asserisce il porporato, Papa Francesco ci ricorda che se la liberalizzazione del commercio internazionale oggi ha ridotto la povertà, spesso essa alimenta anche l’esclusione sociale. “Questo perché – sottolinea il presidente di Giustizia e Pace – ogni libertà deve essere accompagnata dalla responsabilità e ad ogni libertà deve corrispondere il dovere della giustizia”. Come sottolineava Paolo VI, il libero scambio può essere chiamato equo solo se subordinato “alle esigenze della giustizia sociale”. Tale principio non è rispettato quando esistono posizioni dominanti che trasformano la libera concorrenza in dittatura economica, quando viola la dignità delle persone, “trascura il bene comune di tutta l’umanità, peggiora la distribuzione delle ricchezze, non riesce a creare un’occupazione sostenibile o, peggio, approfitta del traffico di esseri umani e delle moderne forme di schiavitù e di fatto esclude i poveri i deboli e i vulnerabili dalla partecipazione alla vita economica”.

“Un simile sistema commerciale – incalza il card. Turkson – non può essere giustificato se rafforza la capacità delle grandi corporation di ridurre i costi e di evadere le tasse”, negando ai lavoratori i più elementari diritti umani, a cominciare da un salario giusto e da condizioni di lavoro umane e sicure. In questo senso, l’Omc ha un ruolo importante nella promozione di un’organizzazione del commercio internazionale più equo, aggiunge il messaggio, che conclude con l’auspicio espresso lo scorso gennaio da Papa Francesco al Forum di Davos che possa formarsi “una nuova mentalità politica ed imprenditoriale, capace di guidare tutte le azioni economiche e finanziarie nell’ottica di un’etica veramente umana”. (A cura di Lisa Zengarini)

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Capaci di amare: all’udienza generale Papa Francesco parla dei carismi nella Chiesa.

Alla vigilia del Sinodo sulla famiglia, anticipazione della prefazione al volume, a cura di Valerio Mauro, su matrimonio e teologia.

In prima pagina, Gualtiero Bassetti su un nuovo patto sociale di fronte alla crisi economica.

Tra leggenda nera e leggenda rosa: Anna Foa su Pio XII e la Shoah.

Il racconto del Novecento: Gaetano Vallini recensisce la mostra, al Museo dell’Ara Pacis, su Henry Cartier-Bresson.

Quella volta che portai in scena Celestino V: intervista di Silvia Guidi all’attore e regista Giancarlo Giannini.

Nonno marrano: Cristiana Dobner sull’albero genealogico di santa Teresa d’Avila.

Il tris di Leonardo, a proposito della “Dama con l'ermellino”.

Dedicato all'Africa il mensile “Donne chiesa mondo”.

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Oggi in Primo Piano



Hong Kong: ultimatum degli studenti al governatore Leung

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Dimettersi entro domani o affrontare nuove aggressive forme di protesta. È l’ultimatum lanciato dai manifestanti di Hong Kong al governatore locale filocinese di Chun-ying Leung, oggi contestato prima della cerimonia per il 65.mo anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese. Intanto, Pechino teme un contagio delle tensioni in altre parti del Paese e avvia una stretta sui dissidenti. Il servizio di Marco Guerra: 

Dimettersi entro la mezzanotte di domani o affrontare nuove e aggressive forme di protesta, fra cui l’occupazione di una serie di edifici pubblici. L'ultimatum al governatore di Hong Kong,  Chun-ying Leung, è stato lasciato dai leader dei due principali movimenti studenteschi che, da domenica scorsa, stanno animando le manifestazioni per le riforme democratiche nell’ex colonia britannica. Leung – che ha dichiarato più volte di non avere alcuna intenzione di lasciare la sua carica – è stato contestato anche questa mattina durante la cerimonia per il 65.mo anniversario della Repubblica popolare di Cina. E proprio per questa ricorrenza sono iniziati due giorni di festa nazionale e la gente per le strade di Hong Kong è ulteriormente aumentata. In tutta l'area di Admirality, occupata dai dimostranti,sono confluite migliaia di persone per esprimere solidarietà ai giovani contestatori. Oltre alle dimissioni di Leung, gli studenti chiedono a Pechino di ritirare le limitazioni che ha posto alle elezioni del 2017 per governatore. La Cina ha infatti concesso che si potranno presentare alle elezioni solo due o tre candidati, selezionati da un comitato di élite locali pro-Pechino. Nel frattempo, le autorità temono il contagio della protesta di Hong Kong. Su Internet cominciano  a circolare foto di attivisti cinesi con la maglietta nera e i nastri gialli che sono diventati il simbolo dei manifestanti. Amnesty International denuncia l’arresto di almeno 20 persone che hanno espresso simpatia per i dimostranti pro-democrazia. L'opinione di Laura De Giorgi, docente di Storia della Cina, all’Università Ca’ Foscari di Venezia:

R. – Si tratta, forse, del termine ultimo di un confronto che va avanti da mesi, e che riguarda particolarmente le relazioni tra questa ex colonia e Pechino, che negli ultimi anni mostrano vari elementi di tensione, che coinvolgono una parte della società di Hong Kong, non tutta, ma sicuramente la parte più sensibile a quelli che sono i temi dell’identità di Hong Kong e della difesa delle peculiarità, che sono anche garantite sul piano legislativo, della vita politica di Hong Kong, rispetto a Pechino. Per Pechino è un serio confronto, è il culmine di un processo che Pechino ha cercato di portare avanti per un’integrazione anche culturale. C’è stata battaglia sui curriculum scolastici, ad esempio, negli anni precedenti. E proprio sul tema della fedeltà patriottica di Hong Kong, rispetto alla madrepatria, che è l’oggetto del contendere, il comportamento di Pechino in questo frangente sarà rivelatore di quale scelta la dirigenza farà in futuro su temi di confronto simili, anche con altre regioni, come ad esempio Taiwan.

D. – Quindi, potrebbe uscire da questo confronto una sorta di cartina di tornasole di quelle che saranno le politiche di Pechino davanti alle aperture che chiederà la società civile?

R. – E’ difficile dire se Hong Kong, in realtà, rispecchi quelle che sono le dinamiche della società civile nella Repubblica Popolare Cinese. Io tenderei a distinguere. La storia di Hong Kong è una storia particolare, peculiare, ci sono delle dimensioni storico-geografiche di cui va tenuto conto. E’ una regione amministrativa speciale e quindi ha delle caratteristiche sicuramente diverse. Fra l’altro, non ritengo che chi sta protestando ad Hong Kong, stia protestando per tutta la Cina. La questione sono proprio le relazioni tra questa regione e il potere centrale, in quel modello di unificazione – un Paese a due sistemi – che era stato proposto, che è stata la base dell’unificazione 17 anni fa. E’ molto difficile, quindi, dirlo, anche perché ci sono delle tensioni culturali tra la società di Hong Kong e la Cina popolare.

D. –  Dunque, possiamo parlare più di una protesta autonomista che di un anelito alla democrazia...

R. – Io non lo chiamerei proprio “autonomista”, anche se di fatto a Pechino possono anche apparire così o sono accusati dalla propaganda di essere in parte separatisti. E’ sicuramente l’affermazione di una propria diversità e quindi del rispetto di quello che in fondo era stato promesso quando c’è stata l’unificazione. E riportavo il caso di Taiwan, perché, secondo me, nella prospettiva di una super-unificazione, ovviamente fra le due Repubbliche vicine, credo che tanti settori della società taiwanesi osservino con attenzione quello che sarà il comportamento di Pechino rispetto a questa istanza. Al di là dell’integrazione economica, infatti, che ormai certamente è definitiva tra Hong Kong e la Cina, rimangono aperte questioni legate all’identità culturale e quindi anche alle dinamiche della società civile.

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Iran: web si mobilita per salvare donna da impiccagione

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Coinvolge oramai centinaia di migliaia di persone la campagna di mobilitazione sui social network per salvare dall’impiccagione Reyhaneh Jabbari la ventiseienne iraniana condannata per l’omicidio, di un uomo che l’ha violentata. La sentenza è stata emessa nel 2009 senza la presenza di un avvocato e nonostante la ragazza abbia da subito confessato la legittima difesa. L’esecuzione già  rinviata due volte per motivi ignoti, è prevista tra dieci giorni. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

La giovane Reyaneh è in carcere in Iran da quando, all’età di 19 anni, nel 2007, fu arrestata perché si era difesa durante lo stupro di un uomo eccellente, un impiegato del Ministero iraniano dell’Intelligence. Per mesi è stata senza contatti con la famiglia e senza una difesa, l’avvocato tuttora dice di averla vista in tutto due volte in 7 anni.Oggi  la sua voce, a 9 giorni dall’esecuzione, arriva al mondo grazie alle Ong, tra cui Neda Day. Il portavoce Taher Djafarizad:

“Viene avvicinata da un signore, che sarebbe la persona che è stata uccisa, che la invita nella sua casa per arredarla, perché lei è un’arredatrice: lei entra e poi si arriva a questa violenza. Reyhaneh viene arrestata: in galera è stata torturata. Fin dall’inizio aveva spiegato tutta la vicenda ma purtroppo non è stata mai ascoltata”.

"Troppi dubbi sulle circostanze dell’omicidio", spiega Amnesty International; "occorre un processo credibile" rilancia Human Rights Watch chiedendo alle autorità iraniane una moratoria sulle condanne a morte, alla luce di "violazioni sostanziali e procedurali" nell'attuazione delle norme sulla pena capitale. Ed è sul web che le voci si amplificano: all’ #save reyhanehjabbari in migliaia chiedono a Teheran di fermarsi. Tra loro anche la mamma di Reyane che si appella  alle cancellerie internazionali. Già la Farnesina e i vescovi italiani si sono impegnati, e ora la mobilitazione sembra più importante che mai. Ancora Taher Djafarizad: 

“Ricordiamo il caso di Sakineh, la donna condannata alla lapidazione: siamo riusciti a prendere un avvocato italiano, a tradurre tutte le sentenze, e l’abbiamo portato al Parlamento europeo. La signora Sakineh attualmente è viva e vive con i suoi due figli. La campagna internazionale ha il suo peso".

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Onu, Giornata anziani. Auser: manca progetto sociale per ogni età

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“Senza lasciare nessuno indietro: promuovere una società per tutti” è il tema dell’odierna Giornata internazionale degli anziani, promossa dalle Nazioni Unite. Roberta Gisotti ha intervistato Enzo Costa, presidente dell’Auser, Associazione in Italia tra le più attive sul fronte della terza età: 

D. - Presidente Costa, lei ha un passato da sindacalista: chi difende e promuove gli anziani in Italia e nel mondo, soprattutto dalla “cultura dello scarto”, come ha denunciato Papa Francesco?

R. - Questa è una società terribilmente egoista, individuale, che ha fretta, che corre, per cui chi è leggermente più lento viene lasciato indietro, viene - come ha detto giustamente Papa Francesco - scartato. E allora dobbiamo mettere in piedi un meccanismo che rivaluti i vecchi valori che si chiamano coesione sociale, solidarietà.

D. - Nel 2050, gli anziani raddoppieranno nei Paesi in via di sviluppo e in quelli sviluppati ci saranno due anziani ogni bambino. “Questa tendenza - ammonisce il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon - avrà profondi effetti sugli Stati e sugli individui”...

R. - Se parliamo dell’Italia, il 21% dell’intera popolazione ha più di 65 anni e tra qualche anno sarà il 30%. Per cui, è una società che è composta anche di anziani. E gli anziani vanno rispettati. Ha ragione il Papa quando dice: una società che non rispetta gli anziani non è una società civile. Abbiamo bisogno di una società che diventi inclusiva con tutti e per tutto l’arco della vita. Che inizi con i bambini, prosegua nell’età dello studio e nel lavoro, ma anche nell’età post-lavorativa, che un tempo era brevissima mentre oggi ha una durata media che va dai 20 ai 25 anni.

D. - A parole, compresi i politici, tutti difendono in generale la famiglia. Ma ci si ricorda poco degli anziani che sono un "collante" irrinunciabile fra le generazioni…

R. - Si difende la famiglia, e parlo dei politici, perché la famiglia è il più grande ammortizzatore sociale dei bisogni di questa società che, come ho detto prima, corre e consuma tutto in fretta e utilizza gli anziani perché sono percettori di pensione. Noi dobbiamo invece concepire una società a misura di persone, per cui gli anziani possono essere - e lo sono ancora - una risorsa. L’Auser è una testimonianza di questo. Noi siamo nati e operiamo proprio con questa finalità: dare agli anziani una ragione di vita, vuol dire farli sentire utili. Noi abbiamo 304 mila persone associate all’Auser: la stragrande maggioranza, il 95 %, sono anziani e, di questi, 48 mila svolgono attività di volontariato. Fanno delle cose bellissime perché si rendono utili agli altri e contemporaneamente rendono un’utilità a se stessi. Il dramma di questa società è che quando non sei più produttivo - e la produttività è concepita solo in termini economici - non servi più e vieni messo da parte. Invece, gli anziani che operano con noi dimostrano che sono ancora produttivi, molto più produttivi, perché non producono economia monetaria, ma economia sociale: sono utili agli altri. Ecco una società seria dovrebbe avere un progetto di vita per tutte le età.

D. - A proposito di progetto di vita, per gli anziani rimasti soli Papa Francesco ha difeso “le case per anziani, purché - ha detto - siano veramente case e non prigioni! E siano per gli anziani e non per gli interessi di qualcun altro!” Qual è la vostra esperienza?

R. - L’Auser ha fatto uno studio proprio sulle residenze per anziani. Da quello studio, ciò che emerge è una realtà terribilmente triste. Prima ho detto che questa è una società che invecchia. Dovremmo ripensarla, soprattutto nel modo in cui abbiamo trasformato le città. Abbiamo chiuso tutta l’attività di quartiere: dai piccoli negozi, alle piccole botteghe e abbiamo trasferito tutto lungo le circonvallazioni delle città nei grandi centri commerciali. Questo ha sconvolto tutti, da nord a sud del Paese, ed è stato fatto con una logica tipicamente commerciale, speculativa. Oggi, abbiamo dei quartieri che sono svuotati. Dovremmo ripensare a città a misura d’uomo, sapendo che gli anziani hanno delle difficoltà naturali nel movimento, per cui man mano che cresce l’età il raggio di spostamento di una persona anziana diminuisce e il quartiere diventa il luogo amico, il luogo dove trovare serenità, il luogo dove esistono i punti di riferimento. Dobbiamo far rivivere i quartieri! Allora la politica dell’accoglienza non può essere relegata a quello che si chiama “residenza assistita per anziani”, la "Rsa", che un tempo si chiamava “ospizio”. Ma dobbiamo costruire delle politiche abitative che lavorino per tenere l’anziano nel luogo dove ha vissuto. Ne ha diritto, è una persona che per tutta la vita ha lavorato, e in questa società non può essere dimenticata negli anni più delicati della sua esistenza. 

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Calo delle nascite in Italia. Belletti: figlio è investimento sul futuro

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In Italia restano allarmanti i dati sulla natalità: nel 2013 le nascite hanno avuto una riduzione del 3,7%. Lo sottolinea un’indagine del Censis. A fare la differenza, secondo il rapporto, la difficile situazione economica degli italiani: dall’inizio della crisi sono oltre 62.000 i nati in meno all'anno. Scarsa anche l’informazione dei cittadini sulle problematiche legate all’infertilità. Il ministro della Salute Lorenzin, dal canto suo, ha annunciato un piano per incentivare le nascite che coinvolga tutte le istituzioni competenti. Una riflessione sui fattori cruciali che incidono sul fenomeno, Paola Simonetti l’ha chiesta a Francesco Belletti, presidente del Forum delle famiglie: 

R. – Certamente la vicenda economica è un argomento decisivo per il tema dei figli. Di fatto, una famiglia deve investire 25-30 anni di vita professionale, di tenuta delle relazioni, quando accoglie un bambino. Una domanda sulla sostenibilità economica è importante. In Italia, in particolare, una famiglia diventa povera anche solo perché ha un figlio in più: un terzo o un quarto figlio sono dei predittori di povertà e questo dice che il problema dei soldi non è un problema solo di crisi economica ma anche di politiche fiscali ingiuste.

D. – La ricerca del Censis, però, mette in luce come la crisi economica incida anche sull’impossibilità, per esempio, ad accedere alle cure contro l’infertilità di cui peraltro – occorre dirlo – gli italiani sanno molto poco. Come intervenire, secondo lei?

R. – La scelta radicale, rispetto all’infertilità, riguarda anche questa tremenda strategia del rinvio dei tempi di vita che il nostro Paese ha generato da diversi decenni; cioè, oggi si parla di ragazzi a 30-35 anni, non si parla di adulti. Una volta a 25 anni – anche solo 30, 40 anni fa – uno si sposava, metteva su famiglia e incominciava ad avere figli. L’età fertile veniva intercettata molto più puntualmente. Quindi, prima di tutto dovremmo restituire vita attiva alle traiettorie di vita delle persone. C’è perciò una grande emergenza di politiche per i giovani, di anticipazione dei tempi di vita, il che vuol dire far uscire i giovani dalla marginalità.

D. – Il ministro della Salute, Lorenzin, ha annunciato la volontà di mettere in campo un piano per far nascere più bambini in Italia, costruendo un tavolo di esperti e coinvolgendo più istituzioni per campagne informative, e non solo. Lei cosa ne pensa?

R. – Non possiamo che dire bene, perché è da tanto che l’associazionismo familiare, gli osservatori meno ideologici dicevano che il tema della natalità non è un problema di politiche demografiche di potenza, ma ne va del futuro del Paese. Una società che invecchia non ha più innovazione, non ha più giovani generazioni che prendano in mano il Paese … E nella gerontocrazia del nostro Paese, anche il tema di sostenere chi decide di scommettere sui nuovi figli è fondamentale. Probabilmente, il fatto che parta dal ministero della Salute chiede un ampliamento di questo, perché le risposte non possono essere solo mediche, di educazione alla salute; riguardano le politiche economiche, come dicevamo prima; riguardano anche la cultura perché oggi esiste anche una posizione culturale pubblica per cui si dice: “Sei un irresponsabile a mettere al mondo un figlio perché consuma il pianeta, perché non sai che futuro gli devi dare …”. Qui ci vuole coraggio e speranza, perché dare la vita a un figlio è una grande scommessa, è un grande investimento sul futuro, è un grande progetto.

D. – La Lorenzin mette in luce anche un’altra, grande problematica dell’Italia, cioè la non-conciliabilità dei tempi di lavoro delle donne con la maternità …

R. – E’ un nervo scoperto che soprattutto nel nostro Paese è grave. Qui, per una volta potremmo non parlare troppo male della politica che ha provato a mettere delle regole, ma il vero ostacolo è la cultura di impresa del nostro Paese. La flessibilità a misura di famiglia è indicibile ... spesso vengono dall’estero le aziende che introducono esperienze di conciliazione famiglia-lavoro, e questo è molto grave, perché è come se una persona con carichi familiari sia nemico della cultura di impresa. Invece, è verissimo il contrario: cioè, spesso concedere il part-time a una madre consente di lasciare nel gioco persone chiave che poi rientreranno, di investire meglio nel lavoro … Non credo proprio che vogliamo costruire una società nella quale l’idolo sia il lavoro. Qui è un problema più della cultura diimpresa: bisogna condividerlo con gli imprenditori, con i capi degli uffici del personale e anche con i sindacati, che poco hanno investito a tutela dei lavoratori e delle loro famiglie sulla questione dei tempi di lavoro …

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Sanità. Costi troppo alti, tanti italiani rinunciano alle cure

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Sempre più italiani rinunciano alle cure mediche a causa del costo del ticket e dei tempi di attesa troppo lunghi. E’ quello che emerge dal 17.mo Rapporto sulla Salute del Tribunale per i diritti del malato. In un anno, la spesa media di una famiglia per farmaci necessari e non rimborsabili è di 650 euro. I pazienti denunciano, inoltre, che solo per una risonanza magnetica si aspettano 9 mesi, 14 per una mammografia e fino a due anni per un intervento all'ernia. Maria Gabriella Lanza ha intervistato Valeria Fava, curatrice del Rapporto: 

R. - Le maggiori problematiche che i cittadini ci hanno segnalato riguardano le difficoltà di accesso alle prestazioni. In particolare, intendiamo la difficoltà e l’impossibilità di accedere a causa dei lunghi tempi di attesa, che sono davvero insopportabili  per circa il 58,5% dei cittadini  e, ulteriore ostacolo, i costi. Sono infatti aumentati, come sappiamo, quelli dei ticket.

D. - Quindi, le cure mediche stanno diventando un privilegio per pochi?

R. - La sensazione è davvero questa: che stia diventando quasi un privilegio e che le persone che vivono in una condizione sociale oggi abbastanza complessa, senza lavoro e con disoccupazione, si debbano portare dietro anche un aggravamento della situazione di salute.

D. - Cosa si dovrebbe fare per garantire a tutti delle cure accessibili?

R. - Noi chiediamo con forza al governo di abbassare il peso dei ticket. Ad esempio, come prima istanza, c’è quella di eliminare il "super ticket", questo balzello che è stato inserito nel 2012, che rende ormai concorrenziale il privato, tanto che molte persone ci segnalano che i costi privati a volte sono simili a quelli del pubblico. Le persone, quindi, potendo scegliere, addirittura si rivolgono al privato. Quello che noi chiediamo è di far tornare il Servizio sanitario di nuovo una scelta prioritaria, perché in questo modo alimentiamo anche il gettito nei confronti del Servizio sanitario pubblico. Un altro tema molto importante, che emerge dai dati, è quello della difficoltà nell’accesso all’assistenza territoriale. Pertanto, per fare un esempio, il ricovero dura 30 giorni e non interessa se il paziente, in effetti, si sia rimesso e sia stato riabilitato. Quando i costi che coprono il ricovero sono esauriti, il paziente viene dimesso, senza avere raggiunto l’obiettivo terapeutico. Anche questo continuo prevalere del criterio economico, riteniamo non sia assolutamente adeguato. Deve ancora una volta prevalere il criterio della salute dell’individuo.

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Chiude il mensile "Popoli". Padre Costa: la missione continua

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"Popoli", il mensile internazionale dei Gesuiti italiani, diretto da Stefano Femminis, termina a fine 2014 la sua attività, sia nella forma cartacea sia in quella online. L’annuncio è stato dato  dall’editore, la Fondazione Culturale San Fedele, che indica all’origine della scelta l’esiguo numero di abbonati rispetto ai costi da sostenere, nonché la generale crisi economica. Una  decisione dolorosa in considerazione della lunga storia di "Popoli", giunta alla soglia dei cento anni, spiega il gesuita padre Giacomo Costa, presidente della Fondazione San Fedele, che però aggiunge: la missione continua. L'intervista è di Francesca Sabatinelli: 

R. – E’ una decisione sicuramente dolorosa, però vorrei precisare che la missione di “Popoli” continua, questo è fondamentale, è importantissimo: continuerà l’impegno. Da una parte, prosegue l’impegno missionario e la riflessione missiologica anche del dopo-Vaticano II, di cosa voglia dire annunciare "ad gentes" nel mondo di oggi il Vangelo. Allo stesso tempo, deve continuare questa attenzione all’internazionalità, all’informazione su quanto avviene nelle varie regioni del mondo, non allineata e libera di provocare, di pensare, di stimolare una riflessione sulla giustizia, sul dialogo, una riflessione sui rapporti tra le culture.

D. – E quali saranno i canali attraverso i quali cercherete di far vivere l’eredità di “Popoli”?

R. – Primo, sicuramente, la rivista “Aggiornamenti sociali” che porterà e cercherà di sviluppare, più ancora di quanto abbia fatto fino ad adesso, questa attenzione per l’internazionalità e così via, con altri strumenti della Compagnia di Gesù. Poi il “Magis”, cioè la onlus che si occupa delle missioni, per portare l’aspetto più strettamente missiologico. E c’è anche la Fondazione Martini, qui, nella stessa sede di “Popoli”, per quanto riguarda il dialogo.

D. – La crisi economica, l’esiguo numero di abbonati, sono tra le ragioni della chiusura di “Popoli” e sono le ragioni che stanno mettendo a rischio anche molta della stampa periodica, a incominciare dalle riviste missionarie…

R. – E’ vero. E’ un punto delicato. Non possiamo negare che le difficoltà siano molte. Da una parte, per la crisi economica, come forze della Chiesa – parlo anche nei termini della Compagnia di Gesù – le risorse da poter investire in progetti non sono infinite e vanno veramente orientate, anche con queste decisioni dolorose. E’ vero anche che il contesto di questa crisi dell’editoria deve far riflettere e deve aiutarci anche a trovare nuovi canali, canali giusti e sostenibili, per fare questo tipo di lavoro, per portare avanti la missione che era quella di “Popoli” e quella di tante altre riviste di questo tipo, nel mondo di oggi. Quindi, trovare strumenti che permettano di più anche una partecipazione di quelli che prima erano visti solo come lettori, ma con i quali bisogna – insieme – cercare di formare una cultura e di promuovere una cultura internazionale, solidale, di giustizia e così via. Quindi, alcuni strumenti ci sono ma c’è moltissimo ancora da riflettere. C’è anche da prendere atto dei cambiamenti proprio nel modo di pensare, di apprendere, nel modo di informarsi. Quindi, questa crisi in noi ha stimolato appunto la domanda se fosse meglio continuare a sostenere una rivista cartacea, con tutte le enormi difficoltà che questo comportava, o se invece dobbiamo accogliere la domanda in maniera ancora più creativa e, nonostante la sofferenza per la chiusura, cercare canali proprio per ripensare in maniera più radicale questo tipo di attività.

D. – E quindi, mi ricollego a quanto già detto da lei: chiude la rivista ma resta lo slogan adottato alcuni anni fa da “Popoli”, una "nuova missione ci aspetta"...

R. – Esattamente. Questa nuova missione che è da assumere nel mondo di oggi. In questo senso, l’eredità preziosissima di 100 anni, in cui tante persone hanno dedicato e continuano a dedicare il loro impegno, deve – non “può”, ma “deve” – trovare oggi veramente delle possibilità perché non si perda la riflessione per una società, a livello internazionale, che tenga presenti le questioni di giustizia, di dialogo e che permetta invece di promuovere le teorie degli scontri tra le civiltà, di portare veramente un aiuto a capirsi e a trovare insieme dei modi per andare avanti.

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Le Scritture alla luce del carisma di san Francesco

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La Bibbia francescana “può essere bussola nel cammino di ogni giorno, e non solo per i francescani”. Così fra Mauro Jöhri, ministro generale dell’Ordine dei frati minori cappuccini e presidente della Conferenza della famiglia francescana (Cff), intervenendo oggi alla presentazione, presso la Radio Vaticana, della "Bibbia Francescana", pubblicata di recente dalle Edizioni Messaggero di Padova e da alcuni giorni in libreria. Una Bibbia che accanto al testo della Cei, propone una serie di approfondimenti che aiutano la lettura delle Scritture alla luce del carisma di san Francesco. Un'opera che pone in evidenza il legame profondo e indissolubile che il Poverello ebbe con la Parola di Dio, come spiega fra Jöhri al microfono di Giorgia De Angelis: 

Per quanto riguarda la prima Bibbia francescana, è stato Francesco stesso che prese molto sul serio le parole del Vangelo e che diceva che bisogna viverle sine glossa, cioè senza troppi commenti, bisogna viverlo così com’è. E, di fatti, quando venne a Roma nel 1208-1209, da Papa Innocenzo, per farsi confermare la sua Regola, si trattava semplicemente di passaggi del Vangelo che egli aveva recuperato e presentava al Papa. Qualcuno diceva che gli fecero notare che era troppo esigente. Ma lui disse: “Ma è il Vangelo di Gesù Cristo!”. Ora, in questa Bibbia, che è il testo biblico che conosciamo, sono state introdotte diverse voci che hanno a che fare con temi molto cari a San Francesco, al francescanesimo: la povertà, la letizia, l’obbedienza… con una piccola finestrella nella quale si mostra come il francescanesimo, partendo dal testo biblico, partendo dall'ispirazione di San Francesco, abbia vissuto questo elemento. Quindi qualcuno legge e dice: “Ah, per i francescani è così!”. Io penso che in questo senso possa essere qualcosa di arricchente.

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Nella Chiesa e nel mondo



Santa Teresa di Lisieux, Patrona delle missioni, apre il Mese missionario

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Con l’odierna festa liturgica di Santa Teresa di Gesù Bambino (1873-1897), proclamata nel 1927 Patrona delle missioni con San Francesco Saverio, si apre l’Ottobre missionario, che avrà il suo culmine nella celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale la penultima domenica del mese, il 19 ottobre. In alcune nazioni la Giornata viene spostata ad altra domenica per motivi pastorali.

Quest’anno - riporta l'agenzia Fides - nella Giornata Missionaria verrà celebrata la chiusura dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al tema “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” e la beatificazione di Papa Paolo VI, che nei suoi oltre quindici anni di pontificato ha dato un forte impulso alla coscienza missionaria di tutti i membri della Chiesa attraverso il suo magistero ed i suoi viaggi missionari.

In gran parte del mondo la Chiesa cattolica celebra il “Mese delle Missioni” ad ottobre, scelto in ricordo della scoperta del continente americano, che aprì una nuova pagina nella storia dell’evangelizzazione.

In apertura del suo Messaggio per la Giornata Missionaria 2014, il Santo Padre Francesco sottolinea che “oggi c’è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo. Rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria: la Chiesa è nata "in uscita". La Giornata Missionaria Mondiale è un momento privilegiato in cui i fedeli dei vari continenti si impegnano con preghiere e gesti concreti di solidarietà a sostegno delle giovani Chiese nei territori di missione. Si tratta di una celebrazione di grazia e di gioia”. (R.P.)

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Centrafrica. Mons. Nzapalainga: cattolici a rischio sincretismo

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La crisi politica e sociale che scuote la Repubblica Centrafricana a seguito della guerra civile scoppiata nel dicembre 2012, sta portando diversi cattolici verso la deriva del sincretismo religioso. Lo ha denunciato domenica scorsa - riporta l'agenzia Fides - mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui e presidente della Conferenza episcopale, nell’omelia della Messa per l’apertura dell’Anno pastorale 2014-15.

“La crisi che attraversa il nostro Paese dal dicembre 2012 ha generato in noi un forte bisogno di protezione, un desiderio di vendetta, una ricerca di potenza, d’inviolabilità. Per soddisfare questi desideri, alcuni cristiani hanno ceduto alla seduzione di credenze e di pratiche poco compatibili con la fede in Gesù Cristo” afferma mons. Nzapalainga. “Hanno fatto ricorso a sacrifici occulti, portato amuleti, stretto alleanze con stregoni continuando ad andare a Messa e a ricevere i sacramenti” denuncia l’arcivescovo, che rimarca: “ il veleno del sincretismo è inoculato ed è una tendenza che si rafforza continuamente”.

“È venuta l’ora di uscire da questa ambivalenza, facendo chiaramente ed esclusivamente la scelta di Gesù Cristo per affidargli la nostra vita e ricevere la redenzione. È venuto il momento di accogliere Dio come nostro Padre. Un Padre universale che non fa distinzioni di razze, tribù, religioni, quartieri. È il Padre che ci ha inviato Gesù, che ci ha rivelato il suo cuore universale” invita mons. Nzapalainga.

Si intitola proprio “I cristiani di fronte ad una crisi, il rischio del sincretismo” il tema dell’Anno pastorale inaugurato dal presidente della Conferenza episcopale di fronte a 800 delegati provenienti da diverse parti del Centrafrica. (R.P.)

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Boldrini: valori di San Francesco per chi ha ruoli istituzionali

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“Francesco sfida le contraddizioni del suo tempo con l’abbandono della ricchezza materiale e avanza una proposta di pace, di riconciliazione, che ci porta ad avvicinarci all’ambiente come parte essenziale della nostra vita”. Lo ha detto, stamattina, la presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, intervenendo all’incontro celebrativo per il 75° anniversario della proclamazione di san Francesco d’Assisi patrono d’Italia, nella Sala Aldo Moro di Palazzo Montecitorio.

“La sua figura rimane cara a tanti italiani e italiane, credenti o no, che lo sentono come patrono perché legati ai valori che san Francesco rappresenta”, ha aggiunto. Boldrini ha presentato alcuni valori di Francesco nell’ottica di chi riveste un ruolo istituzionale: “Il primo valore - ha affermato - è la pace, che oggi sembra perdere terreno con focolai di guerra anche ai nostri confini. Quei fenomeni che quasi romanticamente avevamo ribattezzato ‘Primavere arabe’ quasi mai hanno mantenuto le loro promesse di primavere e abbiamo misurato anche l’inefficacia degli interventi militari. Vediamo poi qualcosa di veramente inaccettabile: che in nome di Dio si legittimano degli orrori. Quello che ha detto Papa Francesco è forte: nessuno pensi di potersi fare scudo di Dio mentre progetta atti di violenza e sopraffazione. La pace è una priorità assoluta per tutti”. 

“Per avvicinare la pace - ha osservato Boldrini - la regola francescana offre ancora un ambito molto utile perché parla di rispetto, tolleranza, dialogo, apertura al diverso, riconciliazione e fratellanza. C’è chi, al contrario, considera attuale lo scontro di civiltà, ma questa è un’idea che ha fatto tanti danni”.

L’altro valore sottolineato è “l’umiltà che tradurrei dal punto di vista istituzionale in sobrietà - ha spiegato -, che ha una doppia valenza: sobrietà verso noi stessi e verso gli altri. È fondamentale che si assumano decisioni e uno stile di condotta ispirati ai valori di umiltà e sobrietà. Ispirati a questo principio di sobrietà che intendiamo anche mettere in atto in questa legislatura”.

La presidente della Camera - riferisce l'agenzia Sir - ha ricordato che “ieri, insieme con il Senato, abbiamo varato un difficile ma indispensabile riordino delle retribuzioni dei dipendenti”. Certo, ha proseguito, “la domanda di sobrietà che arriva dai nostri concittadini, piegati dalle disuguaglianze, trova in san Francesco un riferimento chiaro dopo otto secoli”. Infine, Boldrini ha citato il valore della natura: “Per troppo tempo abbiamo definito progresso un sistematico saccheggio della natura. Stiamo cominciando a capire oggi che l’unico sviluppo che possiamo avere è etico-sostenibile”. La cura del territorio può creare anche “posti di lavoro”. (R.P.)

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India: chiude cattedra universitaria intitolata a Madre Teresa

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Le autorità accademiche indiane hanno annunciato la chiusura della cattedra di insegnamento in “Salute, educazione e lavoro sociale”, intitolata a Madre Teresa di Calcutta, che era presente nella “Indira Gandhi National Open University” di New Delhi, interrompendo il corso e le lezioni.

Come riferisce l'agenzia Fides, la decisione è stata motivata dalla mancanza di fondi. Secondo quanto ha dichiarato M. Aslam, vicecancelliere dell’Ateneo, “anche alcuni membri del personale accademico hanno criticato la decisione”.

In ambienti cattolici si deplora fortemente la decisione. In una nota, l’attivista cattolico John Dayal, Segretario generale del “All India Christian Council, condanna il passo come “riprovevole” e invita l’università a reperire sponsor privati per tenere in vita il corso.

“La cessazione della cattedra intitolata a Madre Teresa – nota Dayal a Fides – giunge in un momento in cui vi è una campagna globale per la canonizzazione di Madre Teresa. La fondatrice delle Missionarie della Carità è un'icona della misericordia e della compassione umana verso i più poveri tra i poveri,verso i bambini e i malati terminali. Il sari bianco con il bordo blu che indossava è un simbolo universale di questi valori, di cui l’India ha forte bisogno”.

La cattedra è stata istituita nel febbraio 2000 grazie a un memorandum d'intesa tra la Conferenza episcopale dell'India e l'Università di Delhi e, negli anni, ha promosso il lancio di diversi programmi di studio sociologici. Il corso intendeva dare un contributo alla società indiana attraverso programmi educativi, attività di ricerca e studi di natura sociale. Tra gli altri argomenti, si è occupata di analizzare fenomeni come l’Aids, l’educazione alla vita familiare, le tossicodipendenze nella società indiana. (R.P.)

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Brasile: la voce degli indios al Consiglio dei diritti umani

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La Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb) tramite il Consiglio Indigeno Missionario (Cimi) ha sostenuto la partecipazione di Eliseu Lopes, leadership degli indios Guarani-Kaiowá brasiliani nella lotta per il riconoscimento del loro diritto alle terre, alla 27.ma sessione del Consiglio dei Diritti Umani, a Ginevra.

"Non possiamo più elencare tutte le denunce e rivendicazioni che abbiamo fatto in Brasile, ancora senza una risposta. Perciò, l'appello dei Guarani-Kaiowá adesso è rivolto innanzitutto alla comunità internazionale", ha dichiarato Eliseu Lopes alla Radio Vaticana da Milano, l'ultima tappa del suo viaggio in Europa.

Flávio Machado, coordinatore del Cimi nello Stato di Mato Grosso do Sul, al confine brasiliano con il Paraguay - dove le statistiche riportano un suicidio ogni sette giorni e un omicidio ogni dodici giorni tra il popolo Guarani-Kaiowá - ribadisce l'importanza della presenza di Eliseu in Europa come portavoce del suo popolo: "L'iniziativa di fare questa denuncia internazionale vuole richiamare l'attenzione dei tribunali internazionali perché il governo brasiliano risponda alle negligenze che hanno come conseguenza la morte di persone tra i popoli indigeni".

Il coordinatore del Cimi ha parlato anche del ruolo della Chiesa nella difesa dei diritti degli indios. "La Chiesa cattolica brasiliana - ha detto - ha molto da offrire nella prospettiva morale a questi popoli ed anche al governo. E lo sta facendo. La Chiesa difende i diritti dei popoli indigeni, soprattutto il loro diritto alla vita ed avere una terra".

Anche l'Ong inglese "Survival International", che da 45 anni difende le popolazione autoctone mondiali, mette in evidenza la situazione degli indios brasiliani. Sarah Shenker, responsabile dell'Ong per la campagna in difesa dei Guarani-Kaiowá, ridabisce l'importanza della cooperazione con il Cimi: "È essenziale - spiega - che ci sia una comunicazione e uno scambio d'informazioni tra Survival e Cimi, per promuovere il dibattito sulle campagne e sulle strategie da attuare per sostenere il popolo Guarani-Kaiowá". (R.B)

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Sud Sudan: un’altra radio cattolica minacciata di chiusura

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Un’altra radio cattolica nel mirino delle autorità del Sud Sudan. Si tratta di “Voice of Hope” della diocesi di Wau, nell’ovest del Paese. Secondo il Catholic Radio Network (Crn), il vice governatore dello Stato dello Western Bahr El Ghazal ha minacciato di chiudere l’emittente intimando alla redazione di limitarsi a fornire solo informazioni locali evitando di coprire gli eventi che accadono negli altri Stati del Sud Sudan, specialmente quelli relativi all’opposizione.

L’esponente governativo ha definito “Voice of Hope” una “stazione dannosa”, aggiungendo che il governo avrebbero preso gli opportuni provvedimenti se l’emittente non si fosse limitata a trasmettere solo “omelia e musica Gospel”.

Nelle scorse settimane Radio Bakhita dell’arcidiocesi di Juba (la capitale federale) era stata chiusa temporaneamente a seguito di un raid nella sede dell’emittente da parte del servizio di sicurezza, che aveva pure detenuto il caporedattore per alcuni giorni. Radio Bakhita è stata poi autorizzata a riprendere le trasmissioni, ma la stazione è ancora chiusa, a discrezione dell’arcidiocesi che intende valutare la situazione.

Mons. Paulino Lokudu, arcivescovo di Juba, ha lamentato che il Servizio di Sicurezza non lo ha avvertito che stava per imporre la chiusura dell’emittente. “Quando la Radio è stata chiusa, non sono stato consultato, gli agenti di sicurezza non sono venuti a dirmi che stavano per chiudere la Radio. Hanno semplicemente preso le chiavi dalle persone che si trovavano nelle sede dell’emittente e penso che questo non sia corretto” ha detto l’arcivescovo, che ha però aggiunto: “Penso che lo abbiano capito e che ci siamo riconciliati”.

Organizzazioni per la difesa dei diritti umani denunciano la censura di fatto imposta dal governo ai media sud sudanesi da quando è scoppiata la guerra civile tra le fazioni rispettivamente capeggiate dal Presidente Salva Kiir e dall’ex vice Presidente Riek Machar. Secondo queste organizzazioni, le restrizioni alla libertà d’informazione mirano a impedire la pubblicazione di notizie su massacri di civili nella capitale. Ai giornalisti è impedito di visitare ospedali, cimiteri e campi di rifugiati. (R.P.)

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Vescovi filippini: migliorare condizioni degli insegnanti

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Migliorare le condizioni lavorative e salariali degli insegnanti, “veri missionari dei tempi moderni”: è quanto chiede, in una dichiarazione, mons. Socrates Villegas, presidente della Conferenza episcopale delle Filippine (Cbcp). Nel testo, il presule sottolinea “il lodevole contributo che gli educatori offrono al Paese”, mettendone in luce “l’instancabile impegno nell’educare i giovani a diventare membri responsabili della società” ed esortando la popolazione a guardare ad essi come a degli “eroi” dell’epoca contemporanea.

“Gli insegnanti lavorano senza quantificare il loro impegno – scrive mons. Villegas – Sviluppano e coltivano negli studenti una forte consapevolezza ed un profondo senso di responsabilità civile e politica, impegnandosi nell’obiettivo di formare uomini e donne che facciano della civiltà dell’amore una realtà”.

Certo, il presidente della Cbcp non manca di enumerare le tante sfide e difficoltà che devono affrontare oggi i docenti: le migrazioni, gli stipendi bassi, la sproporzione numerica nel rapporto docenti-studenti, la carenza di fondi governativi e di esperienza professionale. Tuttavia, sottolinea il presule filippino, “anche di fronte a queste situazioni apparentemente terribili, gli insegnati persistono nella loro vocazione, perché essi credono nella causa dell’educazione e sanno che la formazione dona speranza e porta alla trasformazione sociale”.

I docenti, ha aggiunto ancora mons. Villegas, “con la loro testimonianza di fede e attraverso il loro esempio, trasformano gli studenti in santi ed eroi, usando la disciplina dell’amore” e “guardando all’esempio di Cristo”. Quindi, esprimendo apprezzamento per gli sforzi compiuti dalle istituzioni per migliorare le condizioni lavorative degli insegnanti, il presule esorta le autorità a fare ancora di più per sostenere “il sistema educativo”, ed invita al contempo i sacerdoti ad implementare il catechismo nelle scuole ed a rendere più accoglienti le parrocchie.

“I maestri ed i professori – nota quindi mons. Villegas – hanno sacrificato molto della loro vita per rendere gli studenti persone responsabili”; di qui, l’appello forte ad “amare e rispettare” i docenti ed a far sì che “le scuole siano luoghi di incontro con Dio”, in cui i ragazzi stessi possano anche “scegliere l’educazione come una vocazione”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 274

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.