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Sommario del 02/10/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Vaticano, vertice su Medio Oriente. Papa denuncia traffico armi

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E’ iniziato stamani in Vaticano, con un discorso di Papa Francesco, l’incontro dei nunzi apostolici del Medio Oriente con i superiori della Curia Romana per fare il punto sulle crisi che stanno scuotendo tutta l’area. I lavori, che si svolgono nella Biblioteca della Segreteria di Stato, termineranno sabato mattina.

Partecipano alla riunione i rappresentanti pontifici in Egitto, Israele/Gerusalemme/Palestina, Giordania/Iraq, Iran, Libano, Siria, Turchia, oltre ai rappresentanti della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York e Ginevra e presso l’Unione Europea. Sono presenti anche i superiori della Segreteria di Stato e dei Dicasteri della Curia Romana direttamente interessati alla questione, nonché gli osservatori permanenti della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York e a Ginevra, e il nunzio apostolico presso l’Unione Europea.

Tema principale dell’incontro: “La presenza dei Cristiani in Medio Oriente”. “La riunione – ha riferito il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi - è un’espressione della vicinanza e sollecitudine del Santo Padre per questa importante questione”. Papa Francesco “ha voluto introdurre i lavori della riunione, ringraziando i partecipanti convenuti per pregare e riflettere insieme su che cosa fare per venire incontro alla drammatica situazione che vivono i cristiani del Medio Oriente e le altre minoranze religiose ed etniche che soffrono a causa della violenza che imperversa in tutta la Regione. Con parole molto sentite il Santo Padre ha manifestato la sua preoccupazione per le situazioni di guerra che si vivono in tanti luoghi e per il fenomeno del terrorismo, per il quale la vita delle persone non ha alcun valore. Ha accennato al problema del traffico delle armi che è alla base di tanti problemi, nonché al dramma umanitario che vivono molte persone costrette a lasciare i loro Paesi. Nel ribadire l’importanza della preghiera, il Santo Padre ha auspicato che si possano individuare iniziative e azioni a più livelli, al fine di manifestare la solidarietà di tutta la Chiesa verso i cristiani del Medio Oriente e coinvolgere anche la comunità internazionale e tutti gli uomini di buona volontà, così da rispondere ai bisogni delle numerosissime persone che soffrono nella Regione”.

Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin è intervenuto per presentare la riunione mettendone in rilievo il significato e lo scopo. Il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha svolto una relazione generale sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente, affrontando i diversi aspetti della questione e aprendo un interessante momento di dialogo con i partecipanti.

In seguito i rappresentanti pontifici della Siria e dell’Iraq hanno ragguagliato sulla situazione dei cristiani nei rispettivi Paesi, mentre il presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum” ha fatto un intervento sul ruolo della Chiesa di fronte a questa crisi umanitaria in Medio Oriente. Un altro momento di dialogo ha concluso i lavori di questa mattina.

Nel pomeriggio è prevista una relazione del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, sulle prospettive sul dialogo religioso con l’Islam e le sfide che si presentano ai cristiani in Medio Oriente.  Poi il cardinale Fernando Filoni presenterà una relazione sulla sua recente visita in Iraq come Inviato personale del Santo Padre. Dopo un altro momento di dialogo le sessione odierna avrà termine con la preghiera dei Vespri.

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Francesco a Mar Dinkha IV: persecuzioni anticristiane sono ingiustificabili

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Preghiamo per i cristiani del Medio Oriente che stanno “soffrendo una persecuzione quotidiana”. E’ l’esortazione di Papa Francesco nell’incontro di stamani con Mar Dinkha IV, Patriarca della Chiesa Assira d’Oriente. Il Pontefice ha inoltre assicurato il suo impegno affinché si possano approfondire le relazioni di amicizia tra la Chiesa di Roma e quella Assira. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Un momento di grazia e di gioia, che simboleggia la fratellanza di chi crede in Cristo Gesù. Si è svolto con questo spirito l’incontro di Papa Francesco con il Catholicos Mar Dinkha IV. Un’occasione soprattutto per condividere la sofferenza che stanno vivendo i cristiani in diverse regioni del Medio Oriente, così come gli appartenenti ad altre minoranze religiose, specialmente in Iraq e in Siria:

“Quanti nostri fratelli e sorelle stanno soffrendo una persecuzione quotidiana! Quando pensiamo alla loro sofferenza, ci viene spontaneo andare al di là delle distinzioni di rito o di confessione: in essi è il corpo di Cristo che, ancora oggi, viene ferito, colpito, umiliato. Non vi sono ragioni religiose, politiche o economiche che possano giustificare ciò che sta accadendo a centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini innocenti. Ci sentiamo profondamente uniti nella preghiera di intercessione e nell’azione di carità verso queste membra del corpo di Cristo che stanno soffrendo”.

Francesco ha dunque sottolineato che questa visita “è un ulteriore passo sul cammino di una crescente vicinanza e comunione spirituale tra di noi, dopo le amare incomprensioni dei secoli passati”. Ed ha rammentato la Dichiarazione Cristologica comune sottoscritta proprio da Mar Dinkha e da San Giovanni Paolo II. Questa, ha detto, “ha costituito una pietra miliare del nostro cammino verso la piena comunione”:

“Con essa abbiamo riconosciuto di confessare l’unica fede degli apostoli, la fede nella divinità ed umanità di Nostro Signore Gesù Cristo, unite in un’unica persona, senza confusione né cambiamento, senza divisione né separazione. Per usare le parole di quello storico documento, “noi confessiamo uniti la stessa fede nel Figlio di Dio che è diventato uomo perché noi, per mezzo della sua grazia, diventassimo figli di Dio”.

Il Papa ha quindi assicurato il suo “personale impegno nel continuare a camminare lungo questo sentiero, approfondendo ulteriormente le relazioni di amicizia e di comunione che esistono tra la Chiesa di Roma e la Chiesa Assira dell’Oriente”. In particolare, ha indicato il lavoro della Commissione mista per il dialogo teologico, con l’auspicio che “si avvicini il giorno benedetto in cui potremo celebrare allo stesso altare il sacrificio di lode, che ci renderà una sola cosa in Cristo”:

“Ciò che ci unisce è già molto di più di ciò che ci divide, per questo motivo ci sentiamo spinti dallo Spirito a scambiarci sin da ora i tesori spirituali delle nostre tradizioni ecclesiali, per vivere, come veri fratelli, condividendo i doni che il Signore non cessa di fare alle nostre Chiese, come segno della sua bontà e misericordia”.

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Il Papa: lavoro è diritto di tutti, non "variabile" dei mercati

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Lo Stato di diritto sociale “non va smantellato”, soprattutto “il diritto fondamentale al lavoro”. Lo ha ribadito Papa Francesco ricevendo in udienza i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio Giustizia e pace, in corso in Vaticano. Urgono, ha detto il Papa, “riforme” per la redistribuzione della ricchezza e garanzie di accesso all’istruzione e alla sanità per tutti i più poveri, così da cancellare squilibri e ingiustizie. Il servizio di Alessandro De Carolis

Non può essere un capriccio soggetto all’umore delle Borse ciò che per un essere umano vale la sua stessa dignità. Soprattutto quando c’è gente, anzi “miliardi di persone”, la cui dignità è valutata “meno di due dollari al giorno”. Papa Francesco come sempre non fa sconti nel riaffermare il lavoro come diritto non negoziabile e nel condannare qualsiasi forma di sfruttamento.

La sua riflessione affonda nel ventre molle della globalizzazione, processo spesso fuori controllo in quanto a equità, perché seppure ha accresciuto la ricchezza di molti Stati, tuttavia – stigmatizza il Papa – “ha anche inasprito i divari tra i vari gruppi sociali, creando diseguaglianze e nuove povertà negli stessi Paesi considerati più ricchi”:

“Un tale squilibrio non solo non rispetta la dignità di coloro che alimentano la manodopera a basso prezzo, ma distrugge fonti di lavoro in quelle regioni in cui esso è maggiormente tutelato. Si pone qui il problema di creare meccanismi di tutela dei diritti del lavoro, nonché dell’ambiente, in presenza di una crescente ideologia consumistica, che non mostra responsabilità nei confronti delle città e del creato”.

Nella "Evangelii gaudium”, ricorda Francesco, “l’istruzione, l’assistenza sanitaria e il lavoro per tutti” sono stati indicati come i “tre strumenti fondamentali per l’inclusione sociale dei più bisognosi”:

“In altre parole, lo Stato di diritto sociale non va smantellato ed in particolare il diritto fondamentale al lavoro. Questo non può essere considerato una variabile dipendente dai mercati finanziari e monetari (...) Visioni che pretendono di aumentare la redditività, a costo della restrizione del mercato del lavoro che crea nuovi esclusi, non sono conformi ad una economia a servizio dell’uomo e del bene comune, ad una democrazia inclusiva e partecipativa”.

“Altro problema” sul quale batte il Papa sono quelli che lui definisce i “perduranti squilibri tra settori economici, tra remunerazioni, tra banche commerciali e banche di speculazione, tra istituzioni e problemi globali”:

“È necessario tenere viva la preoccupazione per i poveri e la giustizia sociale. Essa esige, da una parte profonde riforme che prevedano la ridistribuzione della ricchezza prodotta e l’universalizzazione di mercati liberi a servizio delle famiglie, dall’altra la ridistribuzione della sovranità, sia sul piano nazionale sia sul piano sovranazionale”.

Papa Francesco apre e chiude il suo discorso riferendosi alla “Caritas in veritate” di Benedetto XVI, documento “fondamentale”, afferma, per “l’evangelizzazione sociale":

“Il principio  della Caritas in veritate è di estrema attualità. Un amore pieno di verità è infatti la base su cui costruire quella pace che oggi è particolarmente desiderata e necessaria per il bene di tutti. Consente di superare fanatismi pericolosi, conflitti per il possesso delle risorse, migrazioni dalle dimensioni bibliche, le piaghe perduranti della fame e della povertà, la tratta di persone, ingiustizie e disparità sociali ed economiche, squilibri nell’accesso dei beni collettivi”.

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Francesco: l'angelo custode esiste, ascoltiamo i suoi consigli

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L’angelo custode esiste, non è una dottrina fantasiosa, ma un compagno che Dio ci ha posto accanto nel cammino della nostra vita: è quanto ha detto Papa Francesco nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta, nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria dei Santi Angeli Custodi. Il servizio di Sergio Centofanti

Le letture del giorno – afferma Papa Francesco - presentano due immagini: l’angelo e il bambino. Dio ha messo al nostro fianco un angelo per custodirci: “Se uno di noi credesse di poter camminare da solo, sbaglierebbe tanto”, cadrebbe “in quello sbaglio tanto brutto che è la superbia: credere di essere grande”, autosufficiente. Gesù insegna agli apostoli ad essere come i bambini. "I discepoli litigavano su chi fosse il più grande tra loro: c’era una disputa interna … eh, il carrierismo, eh? Questi che sono i primi vescovi, avevano questa tentazione del carrierismo. ‘Eh, io voglio diventare più grande di te …’. Non è un buon esempio che i primi vescovi facciano questo, ma è la realtà. E Gesù insegna loro il vero atteggiamento”, quello dei bambini: “la docilità, il bisogno di consiglio, il bisogno di aiuto, perché il bambino è proprio il segno del bisogno di aiuto, di docilità per andare avanti … Questa è la strada. Non chi è più grande”. Quelli che sono più vicini all’atteggiamento di un bambino, sono “più vicini alla contemplazione del Padre”. Ascoltano con cuore aperto e docile l’angelo custode:

“Tutti noi, secondo la tradizione della Chiesa, abbiamo un angelo con noi, che ci custodisce, ci fa sentire le cose. Quante volte abbiamo sentito: ‘Ma … questo … dovrei fare così, questo non va, stai attento …’: tante volte! E la voce di questo nostro compagno di viaggio. Essere sicuri che lui ci porterà alla fine della nostra vita con i suoi consigli, e per questo dare ascolto alla sua voce, non ribellarci … Perché la ribellione, la voglia di essere indipendente, è una cosa che tutti noi abbiamo; è la superbia, quella che ha avuto il nostro padre Adamo nel Paradiso terrestre: la stessa. Non ribellarti: segui i suoi consigli”.

“Nessuno cammina da solo e nessuno di noi può pensare che è solo” – ha proseguito il Papa – perché c’è sempre “questo compagno”:

“E quando noi non vogliamo ascoltare il suo consiglio, ascoltare la sua voce, è come dirgli: ‘Ma, vai via!’. Cacciare via il compagno di cammino è pericoloso, perché nessun uomo, nessuna donna può consigliare se stesso. Io posso consigliare un altro, ma non consigliare me stesso. C’è lo Spirito Santo che mi consiglia, c’è l’angelo che mi consiglia. Per questo, abbiamo bisogno. Questa non è una dottrina sugli angeli un po’ fantasiosa: no, è realtà. Quello che Gesù, che Dio ha detto: ‘Io mando un angelo davanti a te per custodirti, per accompagnarti nel cammino, perché non sbagli’”.

Papa Francesco conclude così l’omelia:

“Io, oggi, farei la domanda: com’è il rapporto con il mio angelo custode? Lo ascolto? Gli dico buongiorno, al mattino? Gli dico: ‘Custodiscimi durante il sonno?’. Parlo con lui? Gli chiedo consiglio? E’ al mio fianco. Questa domanda possiamo risponderla oggi, ognuno di noi: com’è il rapporto con quest’angelo che il Signore ha mandato per custodirmi e accompagnarmi nel cammino, e che vede sempre la faccia del Padre che è nei cieli”.

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Il Papa a vescovi Ciad: dialogo interreligioso scoraggi violenze

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Papa Francesco ha ricevuto stamani i vescovi del Ciad, in visita ad Limina, e nel discorso consegnato ai presuli ha tracciato l’immagine di una Chiesa che ha saputo diventare “elemento strutturale” della società, in un Paese a maggioranza musulmana e ancora legato alle tradizioni religiose locali. Auspicata la via del dialogo interreligioso, per scoraggiare il diffondersi di quelle violenze contro i cristiani già manifestatesi nei Paesi limitrofi. Il servizio di Giada Aquilino

Una realtà “in crescita”, anche se minoritaria rispetto alla popolazione perlopiù musulmana e ancora in parte legata ai culti tradizionali. Questa l’immagine della Chiesa in Ciad tratteggiata da Papa Francesco, incontrando i vescovi del Paese africano. Ringraziando i presuli per l’opera di evangelizzazione portata avanti, il Pontefice ha sottolineato come le loro comunità stiano crescendo, “non solo numericamente, ma anche per la qualità e la forza del loro impegno”, soprattutto nei campi dell’istruzione, della salute e dello sviluppo. Le autorità civili, ha aggiunto, sono “molto grate” per il ruolo della Chiesa nella società locale: esiste infatti un legame profondo, ha messo in luce il Santo Padre, “tra evangelizzazione e promozione umana”.

L’azione evangelizzatrice comporta inoltre “un approfondimento e un radicamento della fede nel cuore dei fedeli” per “sopportare le prove, molte al giorno d’oggi”, e perché - ha proseguito - il comportamento dei credenti si accordi con le esigenze del Vangelo, soprattutto in un Paese in cui “il peso di certe tradizioni culturali è molto forte”, dove “proposte religiose più facili sul piano morale appaiono da tutte le parti” e quando “la secolarizzazione comincia a farsi sentire”.

In questo quadro, è necessario - ha notato il Papa - che i fedeli siano “saldamente formati” dal punto di vista dottrinale e spirituale. Innanzitutto attraverso la catechesi: l’invito del Pontefice è stato quello ad “aggiornare”, attraverso un “rinnovato spirito missionario”, i metodi catechistici: ciò che c’è di buono nelle tradizioni locali andrebbe “considerato e valorizzato”; ciò che “non è cristiano” dovrebbe invece essere “chiaramente denunciato”. Da garantire poi un’adeguata formazione intellettuale, umana e spirituale dei catechisti, che già “sono molto numerosi” nelle diocesi ciadiane e il “loro ruolo nell’annuncio della fede è insostituibile”. L’idea in questo campo potrebbe essere, secondo il Papa, quella di dotare ogni diocesi di un “centro di formazione” per la preparazione “continua dei laici”: in fondo “l’opera di evangelizzazione tra i fedeli è costantemente ripensare ed approfondire”.

Ciò vale anche per le famiglie, che sono la “cellula vitale della società e della Chiesa”, come riportato nell’Esortazione apostolica post sinodale Africae munus, ma che oggi sono molto vulnerabili. L’auspicio di Papa Francesco per i vescovi è stato a “fornire loro una cura molto attenta”. All’interno della famiglia poi è importante che “il ruolo e la dignità delle donne siano valorizzati”, a testimonianza eloquente del Vangelo.

Il Pontefice ha quindi ricordato il ruolo dei sacerdoti: si tratta di un compito “difficile”, spesso realizzato in condizioni di privazioni e solitudine. Occorre dunque una particolare cura della formazione nei seminari. Ha quindi esortato i vescovi a “investire personalmente”, visitando i seminari, stando vicini a insegnanti e seminaristi, per conoscere meglio ricchezze e lacune della formazione, al fine di rinforzare le une e rimediare alle altre. È certamente necessario inoltre ricordare “le esigenze della vita sacerdotale”, sotto tutti gli aspetti: spirituale, intellettuale, morale, pastorale, liturgico.

Il Papa ha infine incoraggiato i presuli a far sì che la Chiesa in Ciad conservi il proprio posto nella società, di cui è divenuta un “elemento strutturale”, nonostante sia una minoranza, e a sviluppare il dialogo interreligioso, già intrapreso dal compianto arcivescovo di N'Djamena, mons. Mathias N'Gartéri Mayadi, che molto aveva fatto per “promuovere la convivenza tra le diverse comunità religiose”. “Tali iniziative”, ha concluso il Papa, possono “continuare a scoraggiare” il diffondersi di quelle violenze di cui i cristiani sono già vittime nei Paesi vicini al Ciad.

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Il Papa a superstiti naufragio Lampedusa: europei aprano porte del cuore

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Uomini e donne d’Europa aprano le porte del cuore per dare nuova speranza alle persone che devono migrare. E’ l’esortazione rivolta nel pomeriggio in Vaticano da Papa Francesco ad una delegazione di superstiti e familiari del naufragio del 3 ottobre 2013, non lontano dalle coste di Lampedusa, costato la vita a 368 persone. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Il Papa ha incontrato 37 persone, tutti eritrei - oltre 20 superstiti e alcuni loro familiari - provenienti da diversi Paesi europei, dove hanno trovato accoglienza. La commozione e la fraterna vicinanza hanno scandito le parole del Santo Padre:

“Io faccio fatica a parlare perché non so cosa dirvi. Perché sento cose che non si possono dire, perché non si trovano le parole per dire tutto quello che voi avete sofferto. Questo soltanto si contempla nel silenzio, si piange, e si cerca il modo di esservi vicini”.

Papa Francesco ha poi esortato gli uomini e le donne d'Europa ad aprire le porte del cuore:

“La vita delle persone che devono migrare è dura, e quando alla fine per quelli che sono riusciti ad arrivare ad un porto che sembra sicuro sorgono cose anche durissime, porte chiuse, tante volte, e non si sa dove andare. Ci sono tanti uomini e donne qui in Italia che hanno il cuore aperto per voi. E’ la porta del cuore la più importante ad aprirsi in questi momenti. Io chiedo a tutti gli uomini e donne di Europa che aprano le porte del cuore”.

Uno dei rifugiati ha ricordato al Pontefice ulteriori drammi di quella tragedia, ad esempio quello legato al riconoscimento delle salme non ancora identificate Una giovane ha ringraziato il Santo Padre per il suo impegno nei confronti di migranti e rifugiati. Il Papa ha espresso la propria vicinanza:

“Sono vicino a voi, prego per voi, prego per le porte chiuse, perché si aprano. E tutto quello che è a disposizione mia è a disposizione vostra. Io vorrei che voi sentiate questa accoglienza non solo mia ma di tanta gente che vi vuole bene. Non dubitate, noi vi siamo vicini”. 

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Udienze di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, mons. Pedro Ricardo Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo, e il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, arcivescovo di Lima, entrambi in Perù.

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Papa, tweet: Sinodo è camminare e pregare insieme

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex, che in lingua italiana ha quasi raggiunto la soglia dei 2 milioni di follower. Questo il testo del messaggio: “Sinodo è camminare insieme ma anche pregare insieme. Chiedo a tutti i fedeli di partecipare. #praywithus”

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Sinodo, mons. Paglia: individualismo, vero pericolo per la famiglia

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Manca poco all’avvio della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi dedicato alla famiglia, che si aprirà domenica 5 ottobre con la Messa di inaugurazione e che proseguirà fino al 19 ottobre. Un evento molto atteso che si articola sull’Instrumentum Laboris, il documento di lavoro del Sinodo che si basa su tre ambiti: la famiglia di fronte al Vangelo, alle difficoltà e alla trasmissione della vita e della fede. E dunque qual è il problema che oggi mette a rischio la famiglia? Mario Galgano lo ha chiesto a mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia: 

R. – Io credo che, per la prima volta nella storia, ci troviamo di fronte ad un cambio radicale di civiltà, da un certo punto di vista, perché non era mai accaduto fino ad ora che quel triplice complesso matrimonio-famiglia-vita fosse mai scomposto. Oggi è come destrutturato e ciascun individuo lo ricostruisce a suo piacimento. Potremmo dire che avviene un po’ una sorta di creazione all’incontrario. Il Signore alla creazione dice: non è bene che l’uomo sia solo. Oggi noi viviamo sotto la convinzione opposta che scompone questo trittico: è bene che l’uomo sia solo, o meglio: è bene che ognuno pensi a se stesso. Ed è qui il problema di fondo, che riguarda certamente la famiglia ma molto, molto di più, perché in quell’atto creativo confermato da Gesù e arricchito ancora maggiormente, in realtà si gioca l’avvenire della società stessa. Qui, a mio avviso, dobbiamo porre un’attenzione assolutamente straordinaria e il compito della Chiesa è quello di dire alla società contemporanea che l’unione tra uomo e donna, la generazione che ne consegue, è un patrimonio dell’umanità che non può essere intaccato, pena la decomposizione della società stessa.

D. – Cosa la colpisce di più delle frasi, dei concetti, che Papa Francesco ha espresso in merito alla famiglia in generale?

R. – Appare evidente la sua preoccupazione per le difficoltà che le famiglie stanno vivendo: il problema del lavoro, il problema dei figli, il problema della disoccupazione, il problema della povertà. E poi, anche le tante famiglie che si sono sfasciate, che sono ferite, che fanno fatica a ricomporsi. Ecco, ho capito immediatamente che più che una sorta di dibattito da salotto su questioni teoriche, bisognasse intraprendere una sorta di lotta corpo a corpo con le famiglie concrete. Quindi, uscire dalle stanze, in questo caso, del Pontificio Consiglio e intraprendere un ideale cammino per confrontarsi con tutte le problematiche enormi delle famiglie ma che credo anche il Sinodo debba esortare a intraprendere a tutte le realtà ecclesiali del mondo intero. E’ cambiata la realtà delle famiglie, è cambiata la cultura che le circonda ed è indispensabile che la Chiesa, sull’ispirazione di Papa Francesco, davvero esca ed entri in tutte le case e in tutte le situazioni per confrontarsi e trovare qualche aiuto per le famiglie di oggi.

D. – Qual è la sfida più ardua da affrontare, per la Chiesa? I divorziati, i risposati, le coppie miste tra cattolici e appartenenti ad altre fedi …

R. – Io credo che la prima sfida in assoluto sia l’individualismo, perché l’individuo, oggi, si esalta a tal punto da piegare tutte le istituzioni a se stesso, compresa la famiglia. E se questo diventa la regola, tutto diventa possibile, tutto diventa frantumabile. Ogni legame stabile diventa troppo pesante. Allora, c’è anche la crisi dei matrimoni religiosi, ma anche di quelli civili, ma anche delle coppie di fatto. Per cui, quello che vediamo crescere soprattutto nei Paesi occidentali, è lo stare da soli. Ora, questa – secondo me – è la grande sfida, che è una sfida spirituale, culturale, antropologica ed è risolvendo o curando questa che poi ne consegue anche la cura per tutto il resto. Se c’è questa assunzione di responsabilità di legame, che parte dalla famiglia, allora è possibile anche risolvere tutto il resto, senza grandi cambiamenti. Il vero nodo è che oggi il virus non è nelle coppie di fatto o nelle coppie omosessuali o altrove: il virus è prima. Ha già avvelenato prima la vita. Oggi si dice: ogni modo di stare assieme può essere famiglia. Se ‘tutto’ può essere famiglia, niente è famiglia e chi resta è solo l’Io. Sull’altare dell’io si sacrifica tutto: famiglia, affetti, persino la propria stessa vita.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Niente giustifica la violenza: il Medio oriente al centro dell’incontro del Papa con i nunzi apostolici e con il patriarca Mar Dinkha IV.

Strage di bambini per un attentato a Homs.

Il nodo dimenticato: Silvia Guidi su matrimonio e famiglia nella tradizione ebraica e cristiana.

Gesù in città: Carlos Maria Galli e la Chiesa missionaria sulle orme di Paolo VI.

Fenomeno da governare in modo politico: l’emigrazione secondo Giovanni Battista Scalabrini.

Un articolo di Claudio Toscani dal titolo “Perché mi hai abbandonato?”: dalla maternità rifiutata alla rinascita.

Una mostra a Londra su Virginia Woolf e la simbiosi tra pittura e scrittura.

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Oggi in Primo Piano



Braccio di ferro Parigi-Berlino, Draghi difende le riforme

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In pieno braccio di ferro tra Francia e Germania in tema di austerità e rigore, la Bce conferma la sua politica di mantenimento dei tassi di interesse invariati. Il prewsidente Mario Draghi difende il ruolo fondamentale delle riforme spiegando che interventi strutturali possono aumentare la crescita potenziale e quindi la sostenibilità del debito, e possono creare i margini per usare in futuro la politica di bilancio in funzione pro-crescita. La Francia ha annunciato ieri che solo nel 2017 il suo deficit tornerà sotto il 3%. Berlino ha reagito ribadendo il rispetto delle regole. Del braccio di ferro tra Parigi e Berlino e delle possibili dinamiche economiche, Fausta Speranza ha parlato con l’economista Paolo Guerrieri: 

R. – Quella di Parigi è una dichiarazione unilaterale quindi, in quanto tale suona come sfida naturalmente, non tanto alle regole dell’Europa, ma quanto a chi di queste regole è l’interprete e, anche, diciamo il "dominus". E’, quindi, una sfida soprattutto nei confronti della Germania. Adesso si apre un capitolo nuovo, perché c’è una congiuntura difficile: ci sono indubbiamente delle regole che sono in qualche modo da interpretare, da adattare. Vedremo se la nuova Commissione Europea avrà la lungimiranza politica di trovare un compromesso da questo punto di vista che funzioni, perché non c’è dubbio che non si possa semplicemente riproporre il rigore fine a se stesso. Bisogna in qualche modo interpretare queste regole, in modo tale da non penalizzare quella che è una situazione di indubbia difficoltà, che riguarda la Francia, l’Italia, ma in realtà riguarda l’intera area Euro.

D. – L’Italia con Renzi ribadisce il rispetto delle regole, però preme già da un po’ per una crescita che in qualche modo non sia penalizzata troppo dal rigore...

R. – L’Italia, in realtà, rispetta la regola del 3 per centro, però poi chiede di non rispettare altre due regole, che sono: il pareggio di bilancio strutturale e la regola del rientro dal debito, il famoso fiscal compact. Lo chiede proprio in virtù delle circostanze eccezionali che si sono determinate per la recessione, che riguarda l’Italia, e per il ristagno che riguarda un po’ l’intera area Euro. Questo è il compromesso che si potrebbe profilare. Se Paesi come l’Italia e la Francia chiedono più tempo e però danno luogo a “ristrutturazioni”, cioè le famose riforme, si mettono in moto condizioni che possano poi rilanciare la crescita, la Commissione potrebbe leggere questo come una possibilità di scambio - cambiare, riformare, affrontare dei costi - allora si può dare più tempo per quanto riguarda il rispetto delle regole. Nella fattispecie, questo è possibile, perché le regole sono scritte anche permettendo una certa flessibilità. Starà tutto alla nuova Commissione trovare un compromesso politico che funzioni.

D. – In tutto questo, come si sta muovendo la Banca Centrale europea? Qual è il contributo che può dare la Bce?

R. – La Bce si sta muovendo come forse l’unico vero attore europeo, che sta più di altri - ma forse è l’unico - interpretando gli interessi dell’area nel suo complesso. Ha varato una serie di misure e le ultime sono anche relativamente fuori dell’ortodossia, cioè - diciamo così - non convenzionali. Sta cercando di rilanciare l’idea che ci voglia in una crisi così profonda anche una certa intraprendenza e anche una certa innovazione nelle politiche da fare. Il problema è, naturalmente, che la Bce da sola e la politica monetaria da sola non ce la possono fare. Questo, Mario Draghi, il presidente della Bce, lo ha detto più volte: la politica monetaria va resa espansiva per un lungo periodo, ma bisogna associarvi una serie di altre connessioni, tra cui appunto una politica fiscale a livello dell’area dell’Euro, che sia in qualche modo altrettanto espansiva dal punto di vista della capacità di rilanciare la crescita e che non può rimanere da sola, isolata, perché altrimenti – come stiamo vedendo – verrebbe addirittura rimessa in discussione la sua legittimità a fare una serie di iniziative. La Germania, nella persona del ministro delle finanze Schauble, ha criticato aspramente proprio il presidente e il Consiglio della Bce, perché Schauble giudica le ultime misure troppo innovative e troppo rischiose. Questo è un altro tipo di braccio di ferro che si sta aprendo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Hong Kong: assediata dagli studenti la sede del governo

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A Hong Kong, centinaia di studenti hanno bloccato gli accessi all’ufficio del capo dell’esecutivo. I manifestanti, che chiedono l’annullamento della legge elettorale imposta da Pechino, hanno lanciato un ultimatum al capo del governo Leung Chun-ying: deve dimettersi entro la mezzanotte di oggi o fronteggiare nuove e aggressive forme di protesta. La polizia ha reso noto che vi saranno “serie conseguenze” se i dimostranti faranno irruzione negli edifici pubblici. Il governo cinese, intanto, avverte che le manifestazioni a Hong Kong sono “illegali” e che nessun Paese “può tollerare queste violazioni dell'ordine pubblico”. “Tutti gli Stati – ha affermato il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, in visita a Washington – dovrebbero rispettare la sovranità cinese”. “La Regione amministrativa speciale di Hong Kong – ha aggiunto – ha la capacità di gestire propriamente la situazione nel rispetto della legge”. Ieri, infine, è stata duramente contestata ad Hong Kong la cerimonia dell'alzabandiera nel 65.mo della fondazione della Repubblica popolare di Cina. (A.L.) 

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Siria, uccisi 40 bambini. Turchia pronta a intervenire contro Is

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In Siria, decine di persone, tra cui circa 40 bambini, sono morti in un doppio attentato kamikaze ad Homs. Prosegue intanto l’avanzata dei combattenti jihadisti verso la città, a maggioranza curda, di Kobane. Da parte sua, la Turchia è pronta a schierarsi a fianco della coalizione internazionale, guidata dagli Stati Uniti, contro i miliziani del sedicente Stato islamico. Ma il governo turco avverte che i raid non bastano. Oltre allo Stato islamico – ammonisce Ankara – c’è un altro “nemico” da sconfiggere: il regime di Assad in Siria. Intanto, i mezzi corazzati turchi aspettano al confine il via libera all’attacco, che potrebbe arrivare nelle prossime ore. Il premier, Recep Tayyp Erdogan, ieri ha spronato i deputati del Parlamento ad approvare la risoluzione che consentirà al governo di inviare truppe in Iraq e in Siria. Intanto, in un rapporto dell’Onu si sottolinea, tra l’altro, che i jihadisti stanno commettendo in Iraq “crimini di guerra e contro l’umanità”. Sul terreno, le milizie curde peshmerga hanno ripreso il controllo di due villaggi nel nord dell’Iraq. (A.L.)

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Ucraina. Bombe su una scuola, almeno 10 morti

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Ancora una strage nell’est dell’Ucraina, nonostante il cessate-il-fuoco. A Donetsk, un colpo di mortaio, caduto nel cortile di una scuola, ha provocato la morte di almeno 10 persone, tra cui parenti e insegnanti degli alunni. Secondo l’Unicef, dall’inizio degli scontri, sarebbero state danneggiate almeno 74 scuole e 44 asili nelle province di Donetsk e di Lugansk. Intanto, arriva un monito alla Russia dal neosegretario generale della Nato, Jens Stoltenberg: Mosca, ha detto, “continua a violare i suoi obblighi internazionali” ed è necessario che “cambi atteggiamento”. E all’indomani della conferma delle sanzioni da parte europea, la Slovenia segnala che sono state dimezzate le forniture di gas dalla Russia. La cancelliera tedesca, Angela Merkel, in una telefonata con il presidente russo, Vladimir Putin, esorta poi Mosca “a esercitare la sua influenza” sui separatisti filorussi. “La tregua – ha aggiunto – deve essere pienamente rispettata”. Intervenendo a un convegno, Putin ha dichiarato infine che Mosca non intende “imporre restrizioni al movimento dei capitali stranieri”. (A.L.)

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Primo caso di Ebola diagnosticato negli Stati Uniti

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Primo caso di Ebola diagnosticato negli Stati Uniti. Il malato è un cittadino di nazionalità liberiana, arrivato secondo alcune fonti negli Usa dopo uno scalo in Europa. Il governatore del Texas, Rick Perry, sottolinea che non sussiste “nessun rischio di epidemia”. Sono subito scattati i primi controlli sui parenti del malato e sul personale ospedaliero venuto a contatto con l’uomo. Almeno tre paramedici sarebbero già stati messi in quarantena. Secondo fonti delle autorità locali, potrebbero essere tra le 12 e le 18 le persone monitorate. Tra loro, anche cinque bambini in età scolastica. Anche l’ambulanza utilizzata sarebbe stata ritirata dal servizio. L’ospedale di Dallas ha reso noto di aver messo a punto “un piano di emergenza” per fronteggiare eventuali altri casi. Il cittadino liberiano, ricoverato a Dallas con una grave forma di Ebola, avrebbe contratto il virus a Monrovia aiutando la figlia di una coppia di amici a recarsi in ospedale. Il New York Times fornisce una ricostruzione della rapida catena di eventi che hanno portato alla diagnosi del primo caso di Ebola negli Usa. (A.L.)

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Giappone. Il vulcano Ontake causa una cinquantina di vittime

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In Giappone, sono state sospese a causa della pioggia le operazioni di ricerca di eventuali superstiti sul vulcano Ontake, teatro sabato scorso dell’eruzione più grave nel Paese dal dopoguerra, in termini di vite umane perdute. Più di mille tra poliziotti, pompieri e soldati erano partiti all’alba alla ricerca di altri corpi. Sono 48 le vittime finora accertate. Si teme che il bilancio possa peggiorare. Sono infatti ancora molte le persone non hanno più notizie dei loro familiari. In Giappone non mancano, intanto, polemiche e forti interrogativi. Nel Paese, sono 110 i vulcani attivi. Sulla maggior parte di questi, nei pressi della sommità, non ci sono appositi ripari dove gli escursionisti possano trovare rifugio in casi di emergenza. Presenta queste lacune anche il Monte Fuji, meta di 280 mila visitatori nella stagione estiva che si è appena conclusa. Si stima che circa 250 persone si trovassero sul monte Ontake al momento dell’eruzione. Nelle ultime settimane, l’Agenzia meteorologica giapponese aveva registrato segni di attività sismica, ma non c’erano state indicazioni di una possibile eruzione. (A.L.)

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Campagna dei vescovi argentini contro tratta esseri umani

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La Commissione episcopale per le migrazioni ed il turismo della Conferenza episcopale argentina, insieme alle organizzazioni che lavorano per estirpare il flagello della tratta, del traffico e dello sfruttamento di persone, ha avviato, in tutto il Paese, una campagna di sensibilizzazione su questo grave crimine. “Si tratta di noi. No alla tratta di persone” è lo slogan dell’iniziativa, iniziata a Buenos Aires con un raduno in Piazza del Tribunale, e con un “flashmob” che ha coinvolto numerose persone. La campagna giunge al termine della settimana dedicata alla lotta contro la tratta, iniziata il 23 settembre in occasione della Giornata internazionale contro lo sfruttamento sessuale e il traffico di donne e bambini. Questa data è stata scelta, nel 1999, dalla Conferenza mondiale della coalizione contro il traffico di persone, a Dakar, per ricordare proprio la prima norma legale contro la prostituzione infantile emanata dal governo argentino nel lontano 1913. Nel 2013, la Commissione nazionale di Giustizia e Pace dell’Argentina ha convocato tutte le istituzioni e le organizzazioni che si occupano del problema della tratta in diversi ambiti - prevenzione, protezione e recupero delle vittime, servizi legali, inserimento sociale e politiche pubbliche - per creare una rete compatta nella lotta contro questo crimine. Anche la Commissione per le migrazioni ed il turismo dell’episcopato argentino ha aderito a questa rete sin dall'inizio, facendo attività di promozione, prevenzione e assistenza nelle diocesi e nelle parrocchie di tutto il Paese. Quest’anno, la campagna di sensibilizzazione promossa dalla Chiesa comprende anche la distribuzione di nastri blu e di  volantini con informazioni non solo sulle leggi e le istituzioni che si occupano del problema, ma anche sui metodi con cui le vittime vengono sequestrate e costrette alla prostituzione. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, nel 2012 le vittime dello sfruttamento sessuale oltrepassavano i 14 milioni e mezzo, di cui il 21 per cento era rappresentato da bambini e adolescenti. Una cifra che va raddoppiata se si considerano anche le vittime dello sfruttamento lavorativo, le persone costrette a mendicare o sottoposte ad espianto di organi. (A.T.)

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Appello dei Gesuiti a un anno dalla strage di Lampedusa

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Fermare la strage di migranti nel Mediterraneo con corridoi umanitari a guida Onu. A un anno esatto dal naufragio di Lampedusa, costato la vita di quasi 400 persone, il Jesuit Refugee Service (Jrs) chiede all’Europa e alla comunità internazionale misure più coraggiose per prevenire nuove tragedie nel Mediterraneo.

Secondo il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, la decisione dell’Unione Europea di sostituire a novembre l’operazione Mare Nostrum con la nuova operazione dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere Frontex, va nel senso opposto. In un anno il pattugliamento del Canale di Sicilia della Marina Militare italiana ha permesso di salvare 142mila persone “a riprova di quanto si possa fare quando gli Stati mettono la vita al di sopra della sicurezza delle proprie frontiere”, osserva la ong gesuita.

Ma per evitare nuove tragedie non basta salvare vite umane in mare:  “Occorre offrire ai disperati che fuggono dalle violazioni dei più elementari diritti umani, canali alternativi per entrare in Europa”, ha dichiarato il direttore, padre gesuita Peter Balleis. Offrire ai richiedenti asilo la possibilità di trovare rifugio in un luogo sicuro non li costringerebbe a rivolgersi alle reti dei trafficanti senza scrupoli.

Insieme all’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, il Jrs chiede quindi ai Paesi europei di concedere il rilascio ai richiedenti asilo di speciali visti umanitari, insieme alla possibilità di ottenere il ricongiungimento familiare e di aumentare le proprie quote di reinsediamento dei rifugiati.  “Di fronte all’aggravarsi delle crisi in Medio Oriente e in Nord-Africa, - ha avvertito il direttore del Jrs Europa, padre Michael Schoeps, sj. -  sigillare le nostre frontiere servirà solo a peggiorare le sofferenze di migliaia diu gente innocente”. (L.Z.)

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Vescovi australiani su migranti: dare speranza di un futuro migliore

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“Verso un mondo migliore”: è ispirato al titolo del messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2014 il tema della quarta Conferenza nazionale australiana sulla pastorale dei migranti e dei rifugiati in programma fino al 3 ottobre presso l’Università Cattolica di Sydney. L’iniziativa, spiega mons. Gerard Hanna, responsabile dell’Ufficio dei vescovi per le migrazioni (Acmro), è un’occasione per riflettere su come creare condizioni di vita migliori per i migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo. Come sottolinea infatti il Papa nel suo messaggio: “Ogni persona appartiene all’umanità e condivide la speranza di un futuro migliore con l’intera famiglia dei popoli”. Tra i temi in esame, il problema delle migrazioni da un punto di vista religioso, con riferimento in particolare agli insegnamenti della Chiesa; la situazione del personale religioso straniero operante in Australia, l’assistenza pastorale ai migranti e ai rifugiati e la loro diversità religiosa. Vengono inoltre affrontati temi come il multiculturalismo; le tendenze migratorie globali e locali; il traffico di esseri umani; le migrazioni provocate dai cambiamenti climatici; la detenzione dei minori stranieri senza documenti e le controverse politiche migratorie del governo australiano, soprattutto verso i richiedenti asilo. Un tema, quest’ultimo, tornato nuovamente al centro del dibattito politico nel Paese, dopo il nuovo accordo siglato dal governo conservatore di Tony Abbott e le autorità cambogiane per accogliere in Cambogia i richiedenti asilo che si rivolgono all’Australia. (L.Z.)

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Tanzania: governo riconosce seconda Università cattolica

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La Chiesa in Tanzania ha la sua seconda Università. Il governo tanzaniano ha infatti riconosciuto lo status universitario al “Mwenge University College of Education”, (Mwuce), istituto superiore magistrale sinora affiliato all’Università cattolica di Sant’Agostino di Tanzania (Saut). Fondato nel 2005 a Moshi, nella regione settentrionale del Kilimanjaro, il Mwuce è stato finora un istituto privato laico, anche se gestito dalla Conferenza episcopale tanzaniana. Le sue origini risalgono al 2001 quando, con il sostegno finanziario di Misereor, l’organizzazione della Conferenza episcopale tedesca impegnata nella lotta contro la povertà, fu creato il St. Joseph’s Teachers College. Dopo il 2005, ha diversificato ed esteso la sua offerta formativa: oltre a corsi universitari di abilitazione all’insegnamento secondario in scienze, matematica ed inglese, oggi offre corsi di sociologia, assistenza sociale, geografia, studi ambientali, matematica e statistica. All’inaugurazione del nuovo anno accademico nei giorni scorsi, il vescovo di Moshi, Isaac Amani Massawe ha sottolineato come il riconoscimento del nuovo status universitario sia una grande conquista per la comunità cattolica locale. (L.Z.)

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Salesiani del Medio Oriente inaugurano sito web

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www.donboscomor.org/ar/ : questo l’indirizzo Internet del sito ufficiale dei salesiani del Medio Oriente. Disponibile in tre lingue - arabo, inglese ed italiano – il sito è stato lanciato in questi giorni, in occasione dell’inizio delle celebrazioni per il bicentenario della nascita di Don Bosco, fondatore dei salesiani. “Era diventato necessario che ci fosse anche un legame che unisse i salesiani sparsi nel Medio Oriente in vari paesi della regione” commenta all’agenzia salesiana Ans il Superiore dell’Ispettoria della regione, don Munir El Rai. Il sito è pensato sia come punto di riferimento per i salesiani in Medio Oriente, nei settori della formazione e informazione; sia per i giovani, per andare incontro ai loro bisogni educativi e pastorali e rafforzare i legami tra coetanei. I lavori sul sito web, aggiunge don El Rai, sono stati avviati diversi anni fa, con la cooperazione di un gran numero di giovani laici e di salesiani; terminata la fase di ideazione e raccolta dati, si è potuti poi arrivare a costruire una pagina Interent dinamica e interattiva. Il link mette a disposizione una gran quantità di materiali preparati dalla Pastorale giovanile, soprattutto in lingua araba: catechesi, preghiere, canti, insieme ad attività estive, una biblioteca in Power point, musica, video e sussidi su argomenti utili per i ragazzi. La pagina web offre anche informazioni delle specifiche sulla Famiglia Salesiana e la sua missione, con una sezione riservata ai religiosi dell’Ispettoria, contenente le lettere ufficiali, i documenti ed i calendari delle attività istituzionali. “Tutto questo - prosegue don El Rai - ci aiuterà molto per l’animazione e la gestione dell’Ispettoria, per organizzare le riunioni, consultare la documentazione e conoscere meglio le attività in corso e quelle svolte in passato”. Per favorire la condivisione e la diffusione tra i giovani, il sito rimanda anche ai profili dell’Ispettoria del Medio Oriente su alcune delle reti sociali più amate dai ragazzi: Facebook, YouTube, Twitter, Google+ e Instagram. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 275

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.