Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 03/10/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: tutelare diritto genitori a educare figli secondo proprie convinzioni

◊  

Occorre tutelare l’imprescindibile diritto dei genitori a dare ai figli l’educazione secondo le proprie convinzioni morali e religiose: lo ha affermato Papa Francesco ricevendo i partecipanti alla plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, in corso a Roma sul tema «Famiglia e futuro dell’Europa». Il servizio di Sergio Centofanti

Pastori vicini al popolo e attenti alle esigenze della gente: Papa Francesco chiede questo ai vescovi europei di fronte alla complessità degli scenari e alle sfide della Chiesa in Europa:

“Siamo chiamati ad essere una Chiesa ‘in uscita’, in movimento dal centro verso la periferia per andare verso tutti, senza paure, senza diffidenze e con coraggio apostolico. Quanti fratelli e sorelle, quante situazioni, quanti contesti, anche i più difficili, hanno bisogno della luce del Vangelo!”.

E’ “importante – afferma il Papa - che Pastori e famiglie lavorino insieme, con spirito di umiltà e dialogo sincero, affinché le comunità parrocchiali diventino ‘famiglia di famiglie’”. Ed è in questo ambito, che sono fiorite interessanti esperienze all’interno delle Chiese locali:

“Fidanzati che vivono seriamente la preparazione al matrimonio; coppie di sposi che accolgono figli di altri in affido temporaneo o in adozione; gruppi di famiglie che in parrocchie o nei movimenti si aiutano nel cammino della vita e della fede. Non mancano diverse esperienze di pastorale della famiglia e di impegno politico e sociale in sostegno delle famiglie, sia quelle che vivono una vita matrimoniale ordinaria, sia quelle segnate da problemi o rotture”.

“La collaborazione tra Pastori e famiglie – ha proseguito Papa Francesco - si estende anche al campo dell’educazione”. Qui – ha rilevato – ci vuole “coraggio nelle proprie convinzioni”:

“Si tratta di sostenere i genitori nella responsabilità di educare i figli, tutelando il loro imprescindibile diritto a dare ai figli l’educazione che ritengono più idonea. I genitori, infatti, rimangono i primi e principali educatori dei loro figli, pertanto hanno il diritto di educarli in conformità alle loro convinzioni morali e religiose”.

A questo proposito – ha osservato – “si potranno delineare comuni e coordinate direttive pastorali da assumere, al fine di promuovere e sostenere validamente le scuole cattoliche”. Infine, ha rivolto ai vescovi europei questa esortazione:

“Vi invito anche ad essere una ‘voce profetica’ all’interno della società, soprattutto là dove il processo di secolarizzazione in atto nel Continente europeo tende a rendere sempre più marginale il parlare di Dio”.

inizio pagina

Il Papa: vescovi vigilino su vocazioni per il bene del popolo di Dio

◊  

Vocazione, formazione, evangelizzazione. Papa Francesco ha incentrato su questi tre punti il discorso ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero, guidati dal cardinale Beniamino Stella. Il Pontefice ha sottolineato che non bisogna limitarsi a “fare i preti” ma vivere con gioia la propria vocazione, ed ha invitato i pastori a vincere la tentazione di prendere giovani in seminario senza valutarne bene le qualità. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“Abbiamo bisogno di sacerdoti, mancano le vocazioni. Il Signore chiama, ma non è sufficiente”. Papa Francesco ha guardato con franchezza alla crisi vocazionale per poi rivolgere, a braccio, un ammonimento ai vescovi affinché vincano “la tentazione di prendere senza discernimento i giovani che si presentano”:

“Questo è un male per la Chiesa! Per favore, studiare bene il percorso di una vocazione! Esaminare bene se quello è dal Signore, se quell’uomo è sano, se quell’uomo è equilibrato, se quell’uomo è capace di dare vita, di evangelizzare, se quell’uomo è capace di formare una famiglia e rinunciare a questo per seguire Gesù".

"Oggi  - ha soggiunto – abbiamo tanti problemi, e in tante diocesi per questo errore di alcuni vescovi di prendere quelli che vengono a volte espulsi dai seminari o dalle case religiose perché hanno bisogno di preti. Per favore! Pensare al bene del popolo di Dio”. La vocazione è come “un tesoro nascosto in un campo”, ha detto ancora Papa Francesco che ha preso spunto dall’immagine del Vangelo di Matteo per sottolineare quanto la chiamata al ministero ordinato sia fondamentale. Ed ha avvertito che questo tesoro “non è fatto per arricchire solo qualcuno”:

“Chi è chiamato al ministero non è 'padrone' della sua vocazione, ma amministratore di un dono che Dio gli ha affidato per il bene di tutto il popolo, anzi di tutti gli uomini, anche di coloro che si sono allontanati dalla pratica religiosa o non professano la fede in Cristo”.

Al tempo stesso, ha soggiunto, “tutta la comunità cristiana è custode del tesoro di queste vocazioni, destinate al suo servizio, e deve avvertire sempre più il compito di promuoverle, accoglierle ed accompagnarle con affetto”. Ha quindi rivolto il pensiero alla formazione che, ha osservato, “è la risposta dell’uomo, della Chiesa al dono che Dio le fa tramite le vocazioni”. Si tratta, ha affermato, “di custodire e far crescere le vocazioni, perché portino frutti maturi”. Esse, infatti, “sono un diamante grezzo, da lavorare con cura, rispetto della coscienza delle persone e pazienza, perché brillino in mezzo al popolo di Dio”. La formazione perciò, ha voluto sottolineare, “non è un atto unilaterale, con il quale qualcuno trasmette nozioni, teologiche o spirituali”:

“Gesù non ha detto a quanti chiamava: ‘vieni, ti spiego’ o ‘seguimi, ti istruisco’; la formazione offerta da Cristo ai suoi discepoli è invece avvenuta tramite un ‘vieni e seguimi’, ‘fai come faccio io’, e questo è il metodo che anche oggi la Chiesa vuole adottare per i suoi ministri. La formazione di cui parliamo è un’esperienza discepolare, che avvicina a Cristo e permette di conformarsi sempre più a Lui”. 

“Proprio per questo – ha aggiunto – essa non può essere un compito a termine, perché i sacerdoti non smettono mai di essere discepoli di Gesù, di seguirlo”. Ed ha evidenziato che “un simile percorso di scoperta e valorizzazione della vocazione ha uno scopo preciso: l’evangelizzazione”. Francesco ha messo in guardia i sacerdoti dall’essere “più preoccupati del consenso altrui e del proprio benessere che animati dalla carità pastorale, per l’annuncio del Vangelo, sino alle più remote periferie”. Infine, il Papa ha ribadito che i sacerdoti devono “accrescere la consapevolezza di essere pastori, inviati per stare in mezzo al loro gregge”:

“Si tratta di ‘essere’ preti, non limitandosi a ‘fare’ i preti, liberi da ogni mondanità spirituale, consci che è la loro vita ad evangelizzare prima ancora delle loro opere. Quanto è bello vedere sacerdoti gioiosi nella loro vocazione, con una serenità di fondo, che li sostiene anche nei momenti di fatica e di dolore! E questo non accade mai senza la preghiera, quella del cuore, quel dialogo con il Signore…che è il cuore, per così dire, della vita sacerdotale”.

inizio pagina

Il Papa: la salvezza è solo in Gesù, non nei tanti precetti fatti da uomini

◊  

Credere in Gesù, portatore di un messaggio che salva l’umanità di ogni tempo, o rifugiarsi in una salvezza frutto di “comandamenti fatti da uomini”. È questo il dilemma che Papa Francesco ha sciolto nell’omelia della Messa mattutina presieduta nella cappella di Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

L’unico desiderio di Dio è di salvare l’umanità, ma il problema è che è spesso l’uomo a voler dettare le regole della salvezza. È il paradosso drammatico di tante pagine della Bibbia che arriva al suo culmine nella vicenda terrena di Cristo. Papa Francesco lo approfondisce partendo dal brano del Vangelo in cui Gesù esprime tutto il suo dispiacere nel vedersi osteggiato dalla sua stessa gente, dalle città che voltano le spalle al suo messaggio. “Se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi” – è il suo monito a Corazìn e Betsàida – già da tempo “si sarebbero convertite”. In questo severo, ma anche amaro paragone, è riassunta – osserva il Papa – “tutta la storia della salvezza”. Così come hanno rifiutato e ucciso i profeti prima di lui, “perché risultavano scomodi”, adesso fanno lo stesso con Gesù. “E’ il dramma della resistenza ad essere salvati”, innescato dai capi del popolo:

“È proprio la classe dirigente quella che chiude le porte al modo col quale Dio vuole salvarci. E così si capiscono i dialoghi forti di Gesù con la classe dirigente del suo tempo: litigano, lo mettono alla prova, gli tendono trappole per vedere se cade, perché è la resistenza a essere salvati. Gesù dice loro: ‘Ma, io non vi capisco! Voi siete come quei bambini: vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. Ma cosa volete?’; ‘Vogliamo la nostra: vogliamo fare la salvezza a modo nostro!’. E’ sempre questa chiusura al modo di Dio”.

Un atteggiamento che Papa Francesco distingue da quello del “popolo credente” il quale, dice, capisce e “accetta” la salvezza portata da Gesù. Salvezza che, al contrario, per i capi del popolo si riduce in sostanza al compimento dei 613 precetti creati, afferma il Papa, dalla “loro febbre intellettuale e teologica”:

“Loro non credono nella misericordia e nel perdono: credono nei sacrifici. 'Misericordia voglio, non sacrifici'. Credono in tutto sistemato, ben sistemato, tutto chiaro. Questo è il dramma della resistenza alla salvezza. Anche noi, ognuno di noi ha questo dramma dentro. Ma ci farà bene domandarci: come voglio io essere salvato? A modo mio? Al modo di una spiritualità, che è buona, che mi fa bene, ma che è fissa, ha tutto chiaro e non c’è rischio? O al modo divino, cioè sulla strada di Gesù che sempre ci sorprende, che sempre ci apre le porte a quel mistero dell’Onnipotenza di Dio, che è la misericordia e il perdono?”.

“Ci farà bene – insiste Papa Francesco – pensare che questo dramma è nel nostro cuore”. Riflettere sul fatto se ci accade di confondere “libertà con autonomia”, di scegliere la salvezza che riteniamo sia quella “giusta”:

“Credo che Gesù sia il Maestro che ci insegna la salvezza, o vado dappertutto ad affittare guru che me ne insegnino un’altra? Un cammino più sicuro o mi rifugio sotto il tetto delle prescrizioni e dei tanti comandamenti fatti da uomini? E così mi sento sicuro e con questa - è un po’ duro dire questo - sicurezza compro la mia salvezza, che Gesù dà gratuitamente con la gratuità di Dio? Ci farà bene oggi farci queste domande. E l’ultima: io resisto alla salvezza di Gesù?”.

inizio pagina

Riconciliazione e giustizia nell'incontro tra il Papa e il presidente srilankese

◊  

La visita che Papa Francesco compira nello Sri Lanka a gennaio “possa essere accolta come segno di vicinanza alla popolazione” e “come incoraggiamento a quanti si adoperano per il bene comune, la riconciliazione, la giustizia e la pace”. È l’auspicio che chiude la nota ufficiale dell'incontro del Papa col presidente della Repubblica Socialista Democratica dello Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa, il quale ha poi incontrato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin.

Nel corso dei “cordiali colloqui”, informa inoltre il comunicato, “si è parlato della situazione attuale del Paese, con particolare riferimento ai segni di miglioramento sociale ed economico, auspicando il raggiungimento di soluzioni corrispondenti alle legittime attese di tutti i cittadini”.

inizio pagina

Sinodo. Baldisseri: libertà di espressione e rispetto per ogni posizione

◊  

“Le famiglie felici sono essenziali per la Chiesa e per la società. #prayforsynod”: questo il Tweet lanciato dal Papa dall’account @Pontifex, in vista del terzo Sinodo straordinario dedicato alla famiglia, in programma in Vaticano dal 5 al 19 ottobre. Libertà di espressione e rispetto per ogni posizione caratterizzeranno i lavori in Aula, ha detto il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale dell’Assise, durante un briefing in Sala Stampa. Tra le novità dei lavori, la testimonianza di coppie di coniugi che apriranno ogni giorno i lavori in Aula, e una Messa quotidiana per la famiglia, nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore. Il servizio di Isabella Piro: 

È un Sinodo delle novità quello che si apre domenica prossima in Vaticano: l’Assemblea straordinaria dei vescovi, infatti, - la terza della storia – incentrata su “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, presenta alcune caratteristiche peculiari. Innanzitutto, i tempi: mai, prima d’ora, un Sinodo si era svolto in due tappe. Quello del 2014, infatti, è solo la prima parte di un percorso che si concluderà nel 2015, con un Sinodo generale sempre dedicato alla famiglia.

Altra novità, la metodologia di lavoro: nella “Relazione prima della discussione”, che verrà letta in Aula la mattina del 6 ottobre dal Relatore generale, card. Peter Erdö, è stato tenuto conto dei contributi dei Padri sinodali, che hanno inviato in anticipo i loro testi alla Segreteria generale del Sinodo. Non solo: nella prima settimana, il dibattito in Aula seguirà l’ordine tematico del “Documento di lavoro” preparatorio all’Assise. Ad esempio, l’8 e 9 ottobre ci si concentrerà sulle situazioni pastorali difficili e sulle sfide riguardanti l’apertura delle famiglie alla vita.

Ulteriore elemento innovatore saranno gli interventi – della durata di 4 minuti - che le coppie di sposi presenti tra gli uditori pronunceranno ogni mattina, in apertura delle 15 Congregazioni generali. Tra loro, anche l’esperienza di un matrimonio misto tra un uomo musulmano e una donna cattolica. La “Relazione dopo la discussione”, bilancio di metà percorso, è in programma per la mattina del 13 ottobre; dopo di essa, i lavori si svolgeranno a porte chiuse nei Circoli minori, che elaboreranno ai documenti finali.

Due quelli attesi, entrambi per sabato 18 ottobre: il consueto Messaggio conclusivo, che sarà pubblicato, e l’innovativa “Relazione del Sinodo” che sostituisce le classiche “Proposizioni finali”, presentata direttamente al Papa e che verrà probabilmente resa nota successivamente. Il documento, poi, coadiuvato da un piccolo questionario, farà da base al “Documento di lavoro” del Sinodo del 2015. Un segno, spiega il card. Baldisseri, della volontà del Papa di “consultare tutto il popolo di Dio”. Conservata, come nei precedenti Sinodi, l’ora di discussione libera quotidiana – dalle 18.00 alle 19.00 – tra i Padri sinodali. Il tutto, naturalmente, in un clima di confronto reciproco tra i 253 partecipanti all’Assemblea, come sottolineato dal cardinale Baldisseri:

"Ampia libertà di espressione caratterizzerà l’Assise sinodale, che certamente si svolgerà in un clima di rispetto per ogni posizione, di carità vicendevole e con autentico senso costruttivo.  (…) Infatti, è importante esprimersi chiaramente e con coraggio. Nel clima di un confronto sereno e leale, i partecipanti saranno chiamati a non far prevalere il proprio punto di vista come esclusivo, ma a cercare insieme la verità”.

Papa Francesco presiederà sia la Messa di apertura del Sinodo, domenica 5 ottobre, alle 10.00, nella Basilica Vaticana, sia la celebrazione conclusiva, domenica 19 ottobre, alle 9.30, in Piazza San Pietro. Una Messa particolarmente significativa, che coinciderà con la beatificazione di Paolo VI, il Pontefice che nel 1965 istituì l’Assemblea sinodale. Papa Francesco guiderà anche, ogni giorno, la preghiera iniziale delle Congregazioni. Auspicato un suo intervento in Aula all’inizio ed alla fine dei lavori.

Tutti i fedeli sono inoltre invitati ad accompagnare i lavori sinodali con la preghiera quotidiana in ogni parte del mondo. A Roma, ogni sera alle 18.00, un Padre sinodale presiederà una Messa per la famiglia nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Ancora il card. Baldisseri:

"Significativa sarà la presenza delle reliquie dei beati coniugi Zélie e Louis Martin, e della loro figlia Santa Teresa del Bambino Gesù, e quelle dei beati coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi".

Nuova anche la “macchina informativa” di questo Sinodo che vedrà un briefing quotidiano multilingue in Sala Stampa sull’andamento dei lavori, con la pubblicazione della lista dei Padri sinodali intervenuti ogni giorno e l’avvio di un servizio Twitter con l’hashtag #Synod14. Novità ulteriore, il canale, accessibile dal sito della Sala Stampa, che raccoglierà tutti i contributi relativi al Sinodo: documenti ufficiali, interviste audio e video con i Padri Sinodali, in diverse lingue. Verrà inoltre pubblicato un bollettino quotidiano di sintesi degli interventi in Aula:

"Il riassunto che viene fatto riporta esattamente quello che è stato pronunciato. Lo sforzo che noi dobbiamo fare è questo: dare libertà ai padri di potersi esprimere".

Rispondendo, poi, ad una domanda dei giornalisti sulla questione del sacramento dell’Eucaristia ai divorziati risposati, il card. Baldisseri ha sottolineato:

"Io credo che la libertà che il Santo Padre ha dato su questo tema, di poter discutere ampiamente, è sufficiente per poter dire quello che le persone attendono e anche riguardo a quello che il Sinodo decide è più urgente vedere globalmente tutto l’insieme. L’Instrumentum Laboris tratta di moltissimi temi: non dobbiamo nemmeno monopolizzare il tema nel campo occidentale. La sottolineatura da parte della Chiesa, anche in un consesso come questo, è quello di mostrare che il matrimonio è possibile per tutta la vita e che la famiglia è costituita da un uomo e una donna e figli. Una bellezza che dobbiamo ben presentare al mondo. Poi terremo conto di tutti questi problemi. La Chiesa deve chinarsi dinanzi a queste problematiche, chinarsi con misericordia".

Riguardo, infine, alle posizioni dei singoli porporati, il card. Baldisseri ha invitato a guardare al Sinodo in “una prospettiva globale”.

inizio pagina

Le udienze di Papa Francesco

◊  

Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza: il card. Jaime Lucas Ortega y Alamino, Arcivescovo di San Cristóbal de La Habana (Cuba); il card. Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore; mons. Hugo Nicolás Barbaro, Vescovo di San Roque de Presidencia Roque Sáenz Peña (Argentina) e mons. Fernando Martín Croxatto, Vescovo tit. di Fissiana, Ausiliare di Comodoro Rivadavia (Argentina).

inizio pagina

Medio Oriente: prosegue in Vaticano l’incontro dei nunzi della regione

◊  

Prosegue la riunione di alcuni rappresentanti pontifici e dei superiori dei dicasteri competenti, convocati in Vaticano, per desiderio del Santo Padre, per analizzare insieme “La presenza dei Cristiani in Medio Oriente”. Durante l’incontro di questa mattina, informa un comunicato della Sala Stampa Vaticana, il segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Dominique Mamberti, “ha fatto una presentazione generale sulla situazione politica in Medio Oriente e sui principi ispiratori dell’azione della Santa Sede, rilevando le ripercussioni a livello globale di quanto accade nella Regione”. La pace “va cercata tramite una soluzione ‘regionale’ e comprensiva, che non trascuri gli interessi di nessuna delle parti, tramite il dialogo e non con scelte unilaterali imposte con la forza”.

Con riferimento al fenomeno del terrorismo il segretario ha ribadito “l’importanza di combattere il fondamentalismo che ne sta alla base. Un ruolo importante dovrebbe essere svolto dai leader religiosi, favorendo il dialogo interreligioso e in particolare la collaborazione di tutti per il bene della società”. La Santa Sede, prosegue la nota, “nel seguire la situazione politica in Medio Oriente e in genere nel rapporto con i Paesi a maggioranza musulmana ha sempre presenti come questioni fondamentali la protezione e il rispetto dei cristiani e degli altri gruppi minoritari come cittadini a pieno titolo, e dei diritti umani, in particolare quello della libertà religiosa”.

Successivamente, il nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina ha presentato una relazione sul conflitto Israelo-Palestinese e sulla presenza dei cristiani in Terra Santa. “Centrale, per la stabilizzazione del Medio Oriente e per la pace della regione, è la soluzione del conflitto israelo-palestinese”. Infatti, si è rilevato, “dopo tanti anni questo continua irrisolto, con le gravissime conseguenze regionali e mondiali che implica. Al riguardo, si erano aperte speranze di pace con il pellegrinaggio del Santo Padre in Terra Santa ed il successivo incontro di preghiera in Vaticano”. Il recente conflitto a Gaza “ricorda che la situazione è grave e difficile, ma bisogna rinnovare gli sforzi diplomatici per una soluzione giusta e duratura che rispetti i diritti di ambedue le parti in conflitto”.

Dopo un momento di dialogo, il segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha ragguagliato sui rapporti della Chiesa cattolica con le altre Chiese e le confessioni cristiane in Medio Oriente. Nel pomeriggio sono previste due relazioni sul ruolo della Chiesa di fronte al dramma dei profughi e nella promozione della giustizia e della pace, presentate, rispettivamente, dal segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e dal prefetto del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

Dopo un prolungato dialogo, la sessione odierna si concluderà con la preghiera dei Vespri e una cena fraterna presso la Domus Sanctae Marthae. Per la giornata conclusiva di domani è prevista la celebrazione della Santa Messa nella Cappella Paolina del Palazzo Apostolico, presieduta dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, seguita da uno scambio di idee in vista delle conclusioni e indicazioni operative, frutto di questi giorni di studio e di riflessione.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

In prima pagina, in apertura, “Come parlare di Dio all’Europa. Papa Francesco al Consiglio delle Conferenze episcopali del continente: sostegno alle famiglie in difficoltà e ai genitori impegnati nell’educazione dei figli”.

“Nuovi scenari nella lotta contro l’Is, via libera del Parlamento turco a interventi militari di terra oltre confine mentre i jihadisti entrano nella città curda di Kobane”.

“Un anno senza vere risposte. La notizia di una nuova strage di migranti in Mediterraneo — con dieci morti accertati e decine di dispersi nel naufragio di un barcone davanti alle coste libiche — segna l’anniversario della tragedia che il 3 ottobre dell’anno scorso vide morire davanti all’isola di Lampedusa 368 persone nell’affondamento del mercantile sul quale erano imbarcati.

“Due milioni di espulsioni durante il mandato presidenziale di Obama” un articolo che commenta i dati diffusi nel rapporto annuale dell’ufficio Statistiche sull’immigrazione.

Nella cultura, pagina quattro è interamente dedicata al santo di Assisi: da “Un grosso dramma familiare; la decisione di Francesco di abbandonare tutto” di Felice Accrocca, ad “Alle 19.20 circa, accogliere la morte cantando” di Mauro Papalini. A pagina 5, Giulia Galeotti intervista dom Alessandro Barban, mentre il direttore del giornale presenta il Montini di Giacomo Scanzi nell'articolo intitolato “Mio padre non aveva paura”. Una breve recensione, “Quegli eroi dimenticati delle Filippine”, è dedicata all'ultimo libro di Juan Manuel de Prada, “Morir bajo tu cielo”.

“Salvi a modo nostro”, una sintesi delle parole del Papa durante la Messa celebrata venerdì 3 ottobre nella cappella della Casa Santa Marta. L’uomo vive «dentro di sé il dramma di non accettare la salvezza di Dio», perché vorrebbe «essere salvato a modo suo». E Gesù arriva persino a piangere per questa «resistenza» dell’uomo, riproponendo sempre la sua misericordia e il suo perdono. Insomma, non possiamo proprio dire, conclude Bergoglio, «Salvaci, Signore, ma a modo nostro!»

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Lampedusa, un anno fa la tragedia. Timori per il dopo Mare Nostrum

◊  

A Lampedusa questo 3 ottobre è la giornata della memoria. Un anno fa, al largo dell’isola siciliana, nel naufragio della loro “carretta del mare”, morivano 368 persone, tutti migranti. Ricordiamo quella tragedia con il servizio di Francesca Sabatinelli

Erano quasi tutte eritree le vittime, uomini, donne, bambini, in fuga da guerra e povertà, e in direzione dell’Europa, dove cercare protezione e avvenire. 155 i sopravvissuti, che oggi ancora faticano a dimenticare gli orrori di quanto avvenuto: quando per un incendio, purtroppo causato dai migranti stessi, naufraga un barcone con circa 500 persone a bordo. Le immagini sono di una tragedia senza precedenti, e nelle ore successive fanno il giro del mondo: una fila interminabile di corpi affiancati sul molo, avvolti in teli di plastica, decine e decine di vite spezzate. E poi l’infaticabile lavoro dei soccorritori che, per giorni interi immersi nelle acque siciliane, cercano superstiti e recuperano vittime.

A seguito di questo orrore che, primi fra tutti, mobilitò i lampedusani, l’Italia lanciò la vasta operazione denominata Mare Nostrum di pattugliamento e soccorso che in questi mesi ha condotto al sicuro oltre 140 mila persone. Nonostante questo, l’Oim, Organizzazione internazionale  delle migrazioni, denuncia che dall’inizio dell’anno nel Mediterraneo sono morte tremila persone. All’inizio di novembre Mare Nostrum, le cui spese non possono più essere sostenute dal solo portafoglio italiano, cederà il passo a Tritone (in un primo tempo denominata Frontex Plus), operazione congiunta gestita dall’agenzia europea Frontex, che però, secondo molti esperti, non sarà mai al livello di Mare Nostrum nella gestione dei soccorsi. L’Unione Europea, ripetono in coro le organizzazioni umanitarie, deve "sorvegliare le acque internazionali e garantire un rifugio in Europa alle persone che fuggono dai propri Paesi attraverso canali regolari, percorsi di solidarietà e visti umanitari".

A Lampedusa il 3 ottobre 2013 c’era anche Mauro Casinghini, responsabile del Cisom, Corpo italiano di soccorso dell'Ordine di Malta, dal  2008 impegnato nelle operazioni di primo soccorso medico nel Canale di Sicilia a bordo delle unità navali della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza:

R. – Ricordiamo un’emozione infinita. Io personalmente ricordo di essere arrivato la sera, portando da Roma due psicologi perché, a fronte di 368 morti, ci sono stati oltre 150 superstiti, soccorsi anche dal punto di vista sanitario dal nostro medico e dal nostro infermiere che erano sul posto. Quindi sono sceso di corsa per portare loro non solo la nostra solidarietà, ma anche un aiuto concreto, psicologico. Aiuto che poi, tra l’altro, è stato distribuito a tutte le forze che hanno partecipato a questo soccorso, primi tra tutti i cittadini che con i loro natanti hanno aiutato tanta gente e poi ovviamente la Guardia Costiera e la Guardia di finanza. Poi abbiamo rinforzato questo nostro contributo psicologico perché ce n’era bisogno, dando supporto a tutte le forze impiegate per il recupero delle salme in mare, un lavoro che è durato tantissimi giorni. Il lavoro degli psicologi si è poi prolungato per un mese e mezzo dopo il 3 ottobre, perché abbiamo voluto dare supporto psicologico a tutta la cittadinanza di Lampedusa, abbiamo fatto proprio uno sportello di ascolto, anche per i bambini. Penso alle forze di polizia, che hanno proceduto all’identificazione delle vittime: 368 salme da fotografare, da ricomporre, nessun tipo di addetto ai lavori ha mai visto tanti morti tutti insieme, in questa maniera. Io, che sono stato in quell’hangar, nell’hangar dell’aeroporto dove erano concentrate queste attività, mi sono reso conto che c’erano ragazzi e ragazze giovanissimi, bellissimi, nel fiore della loro esistenza, partiti con una speranza che è naufragata a un miglio e poco più dalla costa di Lampedusa.

D. – La morte di queste centinaia di persone ha dato il via a “Mare Nostrum”. Voi avete avuto un ruolo attivissimo in un’operazione che ad oggi è detta conclusa. L’Italia non può più, l’Europa intende sostituire “Mare Nostrum” con “Frontex plus-Tritone”. Le organizzazioni che lavorano con i migranti sono molto scettiche nei confronti di quello che potrà essere il reale apporto di questa nuova operazione. Voi cosa pensate e se avete timori, quali sono?

R. – Noi ci uniamo allo scetticismo. “Frontex” è un’agenzia europea che ha nel suo Dna il controllo delle frontiere, e quindi, dovrebbe essere declinata anche nell’ambito delle attività "Sar", nelle acque Sar di competenza dei singoli Stati (acque nelle quali viene espletata l’attività di “Search and rescue”, quindi di ricerca e soccorso). “Mare Nostrum” è stata giudicata, dalla comunità internazionale, come una straordinaria missione umanitaria, e i numeri non fanno che suffragare questa opinione. Siamo preoccupati, siamo scettici, perché un dispositivo come “Mare Nostrum” collocato ai margini, esattamente laddove poi si verificano questo tipo di drammi, di naufragi, se dovesse venir meno sicuramente verrà meno un elemento di salvataggio. Quindi, o l’Italia, insieme all’Europa, formula un dispositivo di soccorso di pari efficacia, oppure ci ritroveremo inizialmente sicuramente di fronte a tantissimi morti e a tantissimi naufragi. Ricordiamo che l’unica intenzione dei trafficanti di morte è quella di fare cassa, di fronte a questo dobbiamo capire come gradualmente ridimensionare “Mare Nostrum”, come sostituire “Mare Nostrum” con altre missioni: quello che conta è l’efficacia dell’attività di soccorso. Noi, come corpo di soccorso dell’Ordine di Malta, continuiamo ad essere presenti delle unità navali della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza e della Marina, se ci è richiesto. Continuiamo a prestare la nostra attività di soccorso sanitario a bordo. Certamente, è un problema che va veramente affrontato con grande attenzione. Rischiamo di riproporre dei drammi che speravamo fossero finiti.

D. – L’aspetto più drammatico e più importante è senz’altro il rischio che corrono queste persone. Non dimentichiamo però che a questo punto Lampedusa tornerà ad essere lo scenario di sbarchi che hanno trasformato il panorama dell’Isola in un panorama quasi apocalittico …

D. – Lampedusa, innanzitutto, è il primo esempio dell’ospitalità italiana, perché i lampedusani sono sempre stati pronti a farsi in quattro per questa povera gente. L’hanno fatto nel passato, torneranno a farlo sicuramente, perché è evidente che Lampedusa là dove è collocata, rappresenta il punto di partenza dei soccorsi e quindi anche il punto di arrivo dei migranti aiutati. Certamente dovrà essere riproposto un modello di intervento che contempli anche le esigenze di Lampedusa in quanto territorio italiano. Mai più abbandonare Lampedusa a numeri impressionanti di migranti che vengono soccorsi e lasciati sull’Isola: mai più! Certamente accoglierli, certamente soccorrerli, certamente portarli a Lampedusa per poi però rapidamente ritrasferirli nei punti dove poi verranno smistati anche, speriamo, con un intervento consapevole di un’Europa che non può far finta di nulla.

inizio pagina

Siria: jihadisti attaccano enclave curda di Kobane

◊  

Si allarga anche all’Australia la coalizione che sta combattendo in Iraq e Siria i jihadisti dell’Is, mentre sul terreno la situazione peggiora. Gli estremisti islamici avanzano in Siria alla periferia di Aleppo e a Est e a Sud della città strategica di Kobane, l’enclave curda al confine con la Turchia, che Ankara si prepara a proteggere con l’intervento militare varato ieri dal Parlamento. La Turchia diventa così tra i protagonisti assoluti del conflitto, come spiega al microfono di Gabriella Ceraso, Valentina Scotti, ricercatrice alla LUISS ed esperta dell’area: 

R. - Mi sembra assolutamente una decisione in linea con i progetti che la Turchia porta avanti da tempo, quindi l’accreditamento ulteriore del Paese come potenza regionale in accordo anche con i Paesi arabi che accettano posizioni moderate. La scelta conferma anche la scelta della Turchia di essere un attore importante all’interno delle decisioni strategiche occidentali - non dimentichiamo che comunque la Turchia è il secondo esercito della Nato - e, anzi, questa decisione sembra riprendere una linea di continuità che era stata interrotta quando venne negato l’utilizzo delle basi turche per l’intervento in Iraq nella Seconda Guerra del Golfo; la scelta risolve finalmente anche quella grande critica che a livello internazionale era stata mossa alla Turchia, quando adducendo la ragione degli ostaggi in mano allo Stato islamico, si era detto che la Turchia non poteva - almeno per il momento - intervenire.

D. - Perché questa città di Kobane è così importante?

R. - Perché da un lato rappresenta il luogo dove c’è la tomba del nonno del fondatore dell’impero ottomano Suleiman Shah; quindi per la storia del Paese vedere questa tomba cadere in mano ai miliziani dell’Is sarebbe uno smacco storico, ed è allo stesso tempo una forte enclave curda.

D. - Quindi proteggerla potrebbe anche significare gestire meglio la questione dell'autonomia dei curdi?

R. - Proteggerla significa intanto dimostrare che il governo di Ankara è dalla parte dei curdi: ha desiderio di proteggere i curdi, riconfermando così una volontà di pacificare la situazione nell’ottica di politiche che sono state avviate da tempo.

D. - C’è anche però nell’intervento della Turchia l’obiettivo di creare zone cuscinetto per trattenere i profughi curdi in territorio siriano?

R. - Sicuramente è anche una misura di contenimento di una grande massa di popolazione che si sposta verso la Turchia. Dobbiamo, con un po’ di realismo, riconoscere che se da un lato è vero che la Turchia vuole mantenere aperte le politiche con i curdi, dall’altro un eccessivo aumento di popolazione curda in Turchia potrebbe rafforzare poi la loro posizione nei negoziati.

D. - Questo intervento della Turchia invece sul fronte del contrasto al regime di Assad che cosa potrebbe significare, dato che Erdogan lo considera responsabile addirittura della nascita dello Stato islamico?

R. - Erdogan accusa Assad. In realtà il regime di Assad non è mai stato un regime amico della Turchia. Per grande parte dell’opposizione – soprattutto parlamentare – la scelta di Erdogan di intervenire è infatti strettamente legata alla volontà di abbattere definitivamente il regime, un po’ come se legittimando il proprio intervento in ragione della necessità di difendere Kobane, la Turchia ottenesse una sorta di legittimazione ad intervenire massicciamente in Siria, abbattere il regime e sostituirlo con un “ordinamento più amico”, per così dire.

D. - Anche perché in passato la Turchia è stata accusata più di una volta di aver chiuso un po’ gli occhi al passaggio attraverso il confine di militanti che poi sono andati a nutrire la rivolta islamica o di qaedisti o di volontari stranieri dello Stato islamico ...

R. - Quello che è certo è che Erdogan adesso si è reso conto che effettivamente i miliziani dell’Is o comunque queste persone favorevoli alla prosecuzione del califfato e all’estensione territoriale anche del califfato, vanno contro quelli che sono gli interessi della Truchia e quindi la Turchia ha deciso di intervenire.

inizio pagina

Libia: governativi controllano scalo Bengasi

◊  

Non si fermano le violenze in Libia, percorsa da attentati e scontri tra esercito - appoggiato dalle forze del generale Khalifa Haftar - e milizie islamiste che dall’inizio di settembre cercano di prendere il controllo dell’aeroporto di Bengasi, capoluogo della Cirenaica. Il generale Haftar ha da tempo lanciato un'offensiva anti-jihadista contro Ansar al-Sharia, gruppo che fa parte del Consiglio rivoluzionario della Shura e che è considerato “movimento terrorista” dal parlamento libico e dagli Stati Uniti. Nelle ultime ore tre autobombe e sanguinosi combattimenti attorno allo scalo hanno causato almeno 36 vittime e 60 feriti, ma le forze fedeli alle autorità libiche hanno annunciato di mantenere il controllo dell’aeroporto. Sui motivi di così tante forze in campo, Giada Aquilino ha intervistato Marcella Emiliani, esperta di questioni libiche e storica del Medio Oriente: 

R. - Da quando è caduto il regime di Gheddafi, nel 2011, si sono costituite delle milizie a base sostanzialmente locale e/o tribale, che si sono fin dall’inizio combattute tra di loro, rivendicando ognuna per sé il ruolo di più determinante nella caduta di Gheddafi. In realtà sono interessi di tipo economico che si scontrano, perché tutte le risorse della Libia sono concentrate attorno a Bengasi e a tutti i campi petroliferi della Cirenaica. Quindi per riuscire a tenere assieme le tre regioni della Libia sarebbe stata necessaria una reale democrazia. In realtà i vari governi che si sono succeduti al potere non hanno mai avuto né il controllo del territorio, né tantomeno il controllo delle milizie, anzi si è innestato un processo molto pericoloso: il governo, non potendo contare su un esercito forte e autorevole, si è affidato alle milizie stesse. Quindi si è messo nelle mani di quelli che avevano meno interesse di tutti a far funzionare una democrazia forte e autorevole. Le milizie poi - a partire da febbraio di quest’anno, quando è comparso sulla scena politica l’ex generale Khalifa Haftar - si sono coagulate su due ‘macro’ fronti: uno di stampo laico, che fa capo appunto ad Haftar, e l’altro che fa capo ai vari Consigli della Shura. Dunque un fronte laico e un fronte religioso, salafita, estremista.

D. - Quindi sono ragioni economiche quelle che muovono poi questi scontri degli ultimi mesi a Bengasi?

R. - Sono sostanzialmente ragioni economiche, perché la Tripolitania e il Fezzan, le altre due regioni oltre alla Cirenaica, non possono contrare sullo stesso tipo di risorse che ha la stessa Cirenaica. Quindi certamente c’è una grossa motivazione economica. Su questa poi si è innescata quella politico-religiosa: nel senso che molti leggono anche questo scontro frontale tra il fronte chiamiamolo laico e quello religioso come una battaglia da parte delle formazioni come Ansar al-Sharia per tenere in piedi quel po’ che può rimanere delle derivazioni della Fratellanza musulmana nel Maghreb. Più in generale si teme poi che tutto questo vada a fondersi con lo scenario più propriamente mediorientale, che si stiano cioè fondendo azioni, know how e jihadisti anche con quelli dell’Is.

D. - In questo momento di mobilitazione generale per l’avanzare del sedicente Stato Islamico (Is), che rischi ci sono allora per la Libia?

R. - I rischi sono reali, perché questo è un momento in cui - a livello di propaganda - certamente l’operato dell’Is ha avuto grossi ricaschi su tutti gli scenari in cui agivano delle forze di tipo islamista. Ciò non significa che abbiano una reale forza, però Ansar al-Sharia in Libia è indubbiamente forte e lo è soprattutto in Cirenaica. Esiste una Ansar al-Sharia anche in Tunisia, ma non è minimamente paragonabile a quella della Libia.

inizio pagina

A Roma il Simposio dei docenti universitari

◊  

“Una promozione incessante del rispetto e della dignità umana”. E’ questo il centro del messaggio, che Papa Francesco ha inviato ai 300 docenti riuniti a Roma nel XI Simposio internazionale promosso dall’Ufficio diocesano di Pastorale Universitaria, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca che si è aperto ieri pomeriggio in Campidoglio. L’incontro, che si concluderà domani, ha come tema “L’idea di università. Investire nella conoscenza in Europa e per l’Europa”. Ascoltiamo il vescovo Lorenzo Leuzzi, delegato per la Pastorale universitaria diocesana, al microfono di Marina Tomarro: 

R. – Il tema dell’undicesimo Simposio “L’idea di università. Investire nella conoscenza” risponde a un’esigenza che sempre più va diffondendosi nel contesto non solo italiano ma anche europeo di ripensare e rilanciare l’esperienza universitaria. Certamente, tutti sanno che l’università è in crisi di identità ma è la stessa crisi della società contemporanea che indirettamente sollecita l’università al suo ruolo. Perché l’Università è sempre stata la comunità accademica che ha favorito una sintesi della conoscenza, ed è proprio ciò di cui ha bisogno la società contemporanea.

D. – Quale deve essere oggi il ruolo della Chiesa nell’università?

R. – La Chiesa oggi deve non solo farsi garante dell’identità della vita universitaria, ma soprattutto deve sostenerla attraverso la sua azione pastorale ma anche mobilitando i credenti, i quali devono scoprire come la vita universitaria è una prima via importante, non solo per l’evangelizzazione ma anche per la costruzione della società.

E uno dei temi di questo undicesimo Simposio è l’importanza della ricerca come strada prioritaria per la crescita culturale e sociale dell’Italia. Mario Alì, direttore generale del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca:

R. – In Europa, così come già esiste la globalizzazione sulla moneta, si vorrebbe creare lo spazio europeo della ricerca perché diventa un fatto importante, perché ormai l’Università non può più essere considerata  soltanto ed esclusivamente nazionale, ma dobbiamo guardare a un’università che sia europea e che sia internazionale. Tant’è che gli sforzi che si stanno facendo sui programmi di ricerca - e mi riferisco a Horizon 2020 - vanno proprio in questa direzione: di un’unità di forze su grandi progetti di ricerca che abbiano un impatto, una ricaduta, sui prodotti interni lordi e ricerca, di tipo positivo. Questa idea di università dovrebbe passare anche attraverso il vaglio della nostra politica: capire oggi che il capitale immateriale è l’unico che crea innovazione e che quindi crea occupazione. Ossia, non guardare alla crescita dell’università e della ricerca nel contesto nazionale ed europeo significa non creare occupazione.

D. – Una delle sessioni del Simposio è dedicata all’Ageing society: perché è importante parlare di questo tema?

R. – Quella sessione non è dedicata soltanto all’Ageing society ma possiamo dire che è una derivazione da quelli che saranno i punti che noi affronteremo. E quali sono i punti? Sono le priorità previste nella strategia Europa 2020. Dicono in poche parole che dovremmo fare molta attenzione sul tema della scolarizzazione, sul numero dei laureati, guardare al tre per cento del Prodotto interno lordo e ricerca, al tema 2020 per quanto riguarda clima, ambiente, energia, al tema dell’occupazione e disoccupazione. E su questi temi l’Italia è in fortissimo ritardo. E, quindi, se ricolleghiamo questo all’idea del capitale immateriale che non facciamo, colleghiamo questo al tema della non occupazione e quindi all’invecchiamento del Paese.

inizio pagina

A LoppianoLab dal 3 al 5 ottobre c'è l’Italia che vuole ripartire

◊  

Quinta edizione di LoppianoLab: fino a domenica oltre venti gli appuntamenti in programma nella cittadella del Movimento dei Focolari sorta vicino a Firenze, in una sorta di laboratorio sui temi dell’economia e del lavoro. Al centro l’Italia e il bene comune, con l’obiettivo di contribuire al decollo del Paese attraverso la partecipazione dei cittadini e la costruzione di una società fondata su relazioni di reciprocità ed equità. Tra i relatori: Cristina Calvo, responsabile dell'Area Internazionale di Caritas Argentina, Stefano Comazzi dell’AMU, Davide Pati della Presidenza Nazionale di Libera, gli economisti Luigino Bruni, Giuseppe Argiolas e Vittorio Pelligra, e gli imprenditori Antonio e Beatrice Baldaccini. E ancora per l'ambito culturale ed educativo l’on. Lorenzo Basso coordinatore Intergruppo parlamentare sui temi del gioco d’azzardo, Jesús Morán filosofo e teologo, copresidente dei Focolari, Leonce Bekemans coordinatore.accademico Centro  Diritti Umani dell' Università di Padova ed Ezio Aceti, esperto in psicologia evolutiva e scolastica. Di LoppianoLab Adriana Masotti ha parlato con Michele Zanzucchi, direttore della rivista “Città Nuova”, tra i promotori dell'evento: 

R. – LoppianoLab è nato 5 anni fa per l’esigenza di trovare un luogo dove mettere assieme studiosi, operatori, tecnici, per elaborare delle idee da offrire alla nostra Italia, per uscire dalla crisi, per essere sempre di più un luogo in cui la cittadinanza sia non una parola vuota, un luogo dove poter condividere delle esperienze positive, delle buone pratiche rispetto al lavoro, alla cultura, alle relazioni, all’immigrazione, all’accoglienza e così via, per poter elaborare appunto delle idee da offrire all’Italia. Ora, è forse pretenzioso questo progetto, in realtà nasce dall’esperienza del Movimento dei Focolari e di tutte le forze che gli sono attorno, che cercano da decenni ormai di offrire all’Italia una via verso una convivenza civile adeguata. Ecco, quest’anno abbiamo concentrato il nostro tema sul lavoro, la cultura e le relazioni. Lavoro, perché ovviamente è l’emergenza più grave che abbiamo nel Paese; cultura, perché senza idee, le iniziative in favore del lavoro non avrebbero nessuna possibilità di arrivare in porto; relazioni, perché la crisi italiana è soprattutto una crisi di valori, una crisi di rapporti interpersonali, è una crisi, direi, quasi antropologica. In questo senso, ad esempio, ci saranno due laboratori sulla teoria del gender e sul rapporto tra governati e governanti, che ci sembrano particolarmente stimolanti.

D. – Particolare attenzione verrà data anche ai giovani con un workshop proprio su economia e lavoro…

R. – I giovani sono parte integrante di LoppianoLab. Tra l’altro Loppiano è un centro del Movimento, che ormai da 50 anni, - quest’anno festeggia appunto 50 anni e lo festeggeremo proprio a LoppianoLab –mostra un modello di convivenza tra generazioni diverse, che ha fatto scuola.

D. – Una cifra caratteristica di LoppianoLab è l’interazione tra esperti, tecnici e pubblico. Che cosa è nato da questo mettersi insieme: un esempio…

R. – Un esempio di ciò che è nato è quello che è stato chiamato “Cantiere legalità”. Sappiamo che in questo momento la cultura della legalità è uno degli obiettivi principali che l’Italia deve darsi per uscire dalla crisi, non solo al Sud. Ebbene, a partire da alcune idee che erano nate, a partire da alcune esperienze concrete, che sono state presentate a Loppiano qualche anno fa, si è costituito questo “Cantiere legalità” che porta in giro per l’Italia diverse iniziative tutte volte a rivalutare la legalità. Poi la grande azione di Slotmob, che abbiamo iniziato quest’anno insieme ad altri partner, che vuole portare non ad una demonizzazione del gioco d’azzardo, ma semplicemente a premiare coloro che non lo praticano, anche per questa attività LoppianoLab è stato un vero incubatore.

D. – Per concludere, qual è il filo rosso di tutto questo? Si potrebbe dire la persona, ma anche il bene comune, la collettività…

R. – Certamente, dalla persona al bene comune. L’uomo, la persona che viene presentata a LoppianoLab, è una persona che non è solo individuo, che non è solo un numero, che non è solo un disoccupato tra tanti, ma è “persona” nel senso forte. Le persone, per essere tali, devono essere in relazione tra di loro e le relazioni tra di loro possono portare ad una valorizzazione della singola persona. Persona e relazioni entrano quasi in un circolo virtuoso e si può fare tutto, poi, se la persona è valorizzata e se le relazioni sono adeguate alle persone che le realizzano. 

inizio pagina

Margherita Coletta vince premio Frate Jacopa: lo dedico al Papa

◊  

E’ Margherita Coletta, moglie del brigadiere dei Carabinieri, Giuseppe Coletta, caduto a Nassiriyah nel 2003, la vincitrice del premio “Rosa d’argento Frate Jacopa – Donne del nostro tempo testimoni di fede, speranza e carità”. Attraverso il suo impegno costante a fianco agli ultimi nell’associazione in memoria del marito, “Bussate e vi sarà aperto”, ha trasformato la sua vita in un segno costante di fede. Il riconoscimento è ispirato alla figura di Donna Jacopa dei Settesoli, che dopo l'incontro con San Francesco, è diventata testimone vivente dei valori del Poverelli d'Assisi. Maria Gabriella Lanza ha intervistato proprio Margherita Coletta: 

R. - Inizialmente ero un po’ disorientata, perché pensavo di averlo ricevuto immeritatamente. Poi, invece, ho compreso che è un dono di Dio e come tale va accolto e fatto poi in seguito fruttificare nella mia vita. Quindi deve essere un monito a migliorare sempre me stessa e a seguire più Francesco e la Chiesa.

D. - C’è qualcuno in particolare cui vuole dedicare questo Premio?

R. - A Papa Francesco, per ringraziare Dio di avercelo donato, perché lui - come tutti gli altri Papi, ognuno con il suo carisma - è sempre presente nella mia vita. Domani è anche la sua festa e quindi questo Premio è dedicato a lui.

D. - Quali sono gli insegnamenti di San Francesco che ispirano la sua vita?

R. - La figura di San Francesco è stata sempre presente nella mia vita: anche con mio marito venivamo qui ad Assisi un paio di volte l’anno. Poi, in seguito, ancora di più per il dolore subito e per le difficoltà… Quindi lui mi è stato sempre accanto, testimoniando che Dio è più forte del dolore e della morte e che dal dolore ricevuto trai cose ancor più grandi.

D. - Com’è riuscita a superare i momenti difficili che la vita le ha riservato?

R. - Se io mi fossi dovuta basare soltanto sulle mie forze, sarebbe stato impossibile! E’ l’amore infinito di Dio e la sua misericordia, che volge il male umano che accade a diventare un bene ancora più grande del dolore ricevuto. Lui sta lì, in quel dolore, in quel dolore che ti fa male all’anima, ma che non ti distrugge. Lui ti tira fuori da questo dolore, trasformandolo. Vorrei dire a chi ci ascolta di testimoniare Cristo ognuno con la propria vita, nel luogo dove si trova, nella famiglia dove si trova e soprattutto far vedere che Cristo c’è con la nostra vita, con la nostra gioia, perché ci si deve innamorare di Cristo!

D. - Quali sono i suoi progetti per il futuro: c’è qualche attività a cui si dedicherà nei prossimi mesi?

R. - Noi facciamo un po’ di attività durante l’anno per raccogliere fondi da destinare al Burkina Faso e alle difficoltà di bambini e famiglie italiane. Il prossimo Natale ci sarà nuovamente l’iniziativa con i ragazzi del carcere di Padova “Due Palazzi”, con cui da anni facciamo i panettoni e quindi la vendita. Poi non guardo mai più a lungo. Nostro Signore, man mano, ci darà lui il percorso da fare.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



I vescovi spagnoli: il diritto alla vita non è negoziabile

◊  

“Il diritto alla vita umana non è negoziabile”: lo scrive a chiare lettere la Commissione permanente della Conferenza episcopale spagnola, in una nota diffusa oggi, al termine della sua 233.ma riunione svoltasi a Madrid. Suddivisa in cinque punti, la nota fa riferimento, in particolare, alla “Legge di protezione dei diritti del concepito e della donna incinta”: già approvata in prima lettura, originariamente la normativa intendeva consentire l’interruzione di gravidanza solo in caso di reale pericolo per la salute psicofisica della madre e vietava l’aborto dopo la 14.ma settimana. In attesa del passaggio al Parlamento, però, la legge ha già subito alcune modifiche e sono proprio queste a preoccupare la Chiesa e le organizzazioni pro-life. Ad esempio: il progetto originario vietava l’aborto per motivi eugenetici in caso di malformazioni del non nato e definiva legale l’interruzione volontaria di gravidanza solo se la malformazione risultava “incompatibile con la vita”. Restavano esclusi, quindi, i casi di sindrome di Down o di emofilia, conciliabili con la vita. La nuova versione della normativa, invece, recita: “Gravi anomalie fetali, anche se compatibili con la vita, saranno un motivo legale per l’aborto”.

Di fronte al dibattito politico sorto intorno a tale normativa, dunque, i vescovi iberici ribadiscono che “la vita umana e sacra ed inviolabile e deve essere tutelata dal concepimento e fino alla morte naturale”, poiché “la scienza stessa prova che sin dal concepimento esiste un nuovo essere umano, unico ed irripetibile, distinto dai suoi genitori”. “Non si può costruire – spiegano i presuli - una società democratica, libera, giusta e pacifica se non si difendono e rispettano i diritti di tutti gli esseri umani, nella loro dignità inalienabile, in particolare il diritto alla vita, priorità tra tutti gli altri”.

Poi, la Chiesa di Madrid ricorda che “proteggere la vita umana è compito di tutti, soprattutto dei governi” e definisce “una triste eccezione” la Spagna, dove si vuole arrivare a “considerare l’aborto come un diritto”, puntando quindi il dito contro quei rappresentanti istituzionali che, per interesse politico, hanno rinunciato a tutelare la vita dei nascituri, nonostante gli impegni presi in precedenza davanti agli elettori.

Naturalmente, i vescovi si dicono consapevoli del fatto che “l’esistenza umana non è libera da difficoltà” e ribadiscono che “la Chiesa conosce bene le sofferenze e le carenze di molte persone, alle quali rivolge il suo aiuto, in tutto il mondo, nell’esercizio della carità”, tanto che sono “numerosi i volontari e le organizzazioni di sostegno alla vita e di promozione della donna e della solidarietà con i più bisognosi” che vogliono “estendere la civiltà dell’amore e la cultura della vita” nei confronti di tutti coloro che “vivono nelle periferie sociali ed esistenziali”. Al contempo, i presuli iberici chiedono alle istituzioni pubbliche “uno sforzo più generoso nell’attuazione di politiche efficaci per sostenere le donne incinte e le famiglie”.

La nota si conclude con un ulteriore appello ad “accompagnare le donne in gravidanza affinché, di fronte a qualsiasi tipo di difficoltà, non scelgano la morte, ma optino per la via della vita, che rappresenta la massima realizzazione della vera libertà e del progresso umano”. (I.P.)

inizio pagina

Padre Pizzaballa: contro barbarie dell’Is necessario dialogo interreligioso

◊  

“Contro la barbarie dei jihadisti dello Stato Islamico (Is) e affini che non sono civiltà” oggi è “più che mai necessario il dialogo interreligioso e interculturale”. Lo ha ricordato il Custode di Terra Santa Padre Pierbattista Pizzaballa invitato ad intervenire il primo ottobre come oratore ufficiale alla cerimonia di insediamento dei nuovi Capitani Reggenti della Repubblica di San Marino. Nel suo discorso il religioso francescano ha evidenziato tre rischi che presentano i drammatici sviluppi della situazione in Medio Oriente: quello dell’”indifferenza” e dell’assuefazione alla violenza; quello diametralmente opposto “della chiamata alle armi e allo scontro di civiltà” e quello di un “approccio interessato, ma parziale”. Quest’ultimo rischio è particolarmente evidente per il conflitto israelo-palestinese, la cui lettura è fortemente condizionata dai preconcetti personali di ciascuno.

Altri approcci parziali – ha proseguito padre Pizzaballa - sono quelli che cercano di comprendere quanto accade “da una prospettiva solo politica, o solo militare, o solo religiosa”, in un contesto che “non conosce questa distinzione” o di discutere le possibili soluzioni ai problemi solo con alcune componenti. Ma “senza una visione integrale – ha evidenziato - si lascia spazio libero all’integralismo”.

Secondo il Custode di Terra Santa, questa drammatica situazione, tuttavia, “può anche diventare un'incredibile opportunità”. “Oggi – ha sottolineato - si fa più che mai necessario, proprio a causa della minaccia di questi integralismi, rafforzare e approfondire il dialogo tra credenti delle diverse fedi. Il dialogo inter-religioso serio – ha proseguito padre Pizzaballa - è quello che parte dal reale, che non nega i problemi e le reciproche paure, ma nemmeno se ne lascia travolgere; rifiuta ogni forma di violenza; cerca a tutti i costi di comprendere l'altro, senza necessariamente condividerne l'opinione; non vuole convincere né convertire, ma rispettare ed essere rispettato. Il dialogo inter-religioso non afferma e nemmeno presuppone che siamo tutti uguali. Negare le differenze è infatti proprio degli integralismi”. Esso si può quindi considerare “come un pellegrinaggio, un invito ad uscire dal proprio mondo e dalle proprie certezze per incontrare l'altro e la sua esperienza di fede, cercando la crescita umana e spirituale di ciascuno”. (L.Z.)

inizio pagina

Irlanda, vescovi: impegno condiviso per la pace nell'Ulster

◊  

È necessario che il governo irlandese e quello britannico condividano “l’impegno al bene comune” per raggiungere “un futuro stabile e riconciliato” in Irlanda del Nord. Lo scrive la Conferenza episcopale di Dublino, in una nota diffusa ieri, nel corso della Plenaria d’autunno in programma a Maynooth. Nel documento, in particolare, i presuli esprimono apprezzamento per l’annuncio di un nuovo round di negoziati tra gli esecutivi di Londra e Dublino sulla questione dell’Irlanda del Nord. Incoraggiando le parti in causa, i vescovi esortano tutti gli esponenti a “guardare al di là degli interessi personali o di partito” e a “preservare le speranze delle generazioni presenti e future per un avvenire più prospero e pacifico”. La Conferenza episcopale, quindi, auspica che “i politici possano guardare ai negoziati come a un’opportunità per costruire la fiducia nell’efficacia della politica e nella capacità dei rappresentanti istituzionali di guidare il Paese verso un futuro migliore per tutti”. Essenziale, perciò, “la collaborazione”, già sperimentata in passato, tra “la comunità, la sfera civile e quella religiosa”, che va “riattivata alla ricerca di soluzioni per le difficoltà presenti e future”. Ispirandosi, poi, “all’imperativo cristiano di dare priorità alle necessità dei più vulnerabili”, i vescovi irlandesi lanciano “uno speciale appello di governi di Irlanda e Gran Bretagna affinché riconoscano la storia e le circostanze particolari dell’Irlanda del Nord e facciano tutto il possibile per aiutare i politici locali ad avviare un’economia più equilibrata e prospera”, così che si possano affrontare “gli alti livelli di povertà infantile e le esigenze legate al welfare ed alla sanità”. Infine, i vescovi irlandesi esortano l’Unione Europea e gli altri Paesi a “continuare a investire risorse sufficienti nella transizione verso un futuro sostenibile nell’Irlanda del Nord”. (I.P.)

inizio pagina

Ebola. Il ruolo delle Chiese contro la diffusione del virus

◊  

Le Chiese e le altre comunità religiose in Africa possono svolgere e di fatto già svolgono un ruolo cruciale nella lotta contro la diffusione dell’Ebola. È la comune convinzione emersa da una tavola rotonda organizzata dal Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc), che ha visto riuniti nei giorni scorsi a Ginevra esperti e rappresentanti di diversi enti internazionali e di organizzazioni cristiane impegnate nella lotta alla nuova epidemia, la più grave dalla scoperta del virus nel 1976. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), finora in Africa occidentale sono oltre 6.200 le persone infette e più di tremila i morti e si stima che nel gennaio 2015 il numero dei contagiati possa raggiungere il milione. Cifre allarmanti che in queste settimane hanno spinto la comunità internazionale a intensificare gli aiuti urgenti per assistere i malati, contenere diffusione del virus, ma anche per gestire le conseguenze a lungo termine dell’epidemia che sta mettendo in ginocchio le già fragili economie e i tessuti sociali dei Paesi colpiti, in primis Liberia, Sierra Leone e Guinea. Lo ha detto David Nabarro, inviato speciale Onu per l’Ebola, che intervenendo al telefono da New York ha sottolineato il ruolo vitale delle Chiese e organizzazioni confessionali anche nel dare sostegno psicologico e spirituale alle popolazioni colpite. Un sostegno che non è peraltro limitato solo a questi aspetti: le Chiese non solo sono impegnate attivamente in una capillare campagna di informazione e prevenzione, ma sono presenti con le proprie strutture e personale sanitario. Secondo il segretario generale del Wcc, il pastore Olav Fykse Tveit, queste strutture hanno bisogno di essere sostenute di più per affrontare meglio l’emergenza. (L.Z.)

inizio pagina

Turchia: composta una preghiera per la visita del Papa

◊  

In previsione della prossima visita di Papa Francesco in Turchia, la comunità della chiesa di Sant'Antonio a Istanbul - affidata alla cura pastorale dei Francescani Conventuali - ha composto una preghiera per invocare la protezione celeste sull'importante viaggio papale. Nella preghiera, pervenuta all'Agenzia Fides, si rende grazie a Dio Padre ”per Papa Francesco, che ha in programma di visitare la Turchia” e si chiede al Signore di stendere il manto della protezione divina “su ogni tappa del suo pellegrinaggio, affinché possiamo riconoscere in Lui un pellegrino credente, un maestro saggio e un'umile guida”.

Il proposito ecumenico del viaggio papale – durante il quale Papa Francesco prenderà parte alla festa di Sant'Andrea, Patrono della Chiesa di Costantinopoli - viene affidato a Cristo stesso: “Tu che hai chiamato Pietro e Andrea, suo fratello, che camminava lungo il mare di Galilea, li ha fatti diventare pescatori di uomini, e attraverso il loro ministero hai portato alle nazioni la luce del Vangelo - recita la preghiera - rendi l'incontro tra il Santo Padre e il Patriarca Ecumenico un chiaro segno della tua presenza in mezzo a noi, che elimina la paura, chiede la conversione e porta meraviglie. Signore Santo – prosegue il testo dell'orazione - così come hai pregato per l'unità della tua Chiesa 'che tutti siano uno', fai che quell'incontro sia un passo decisivo verso il raggiungimento dell'unità visibile tra i tuoi figli. Fai in modo che quell'incontro approfondisca in noi la consapevolezza della nostra identità cristiana; unisci tutti noi come tuoi veri discepoli, affinché possiamo renderti testimonianza nelle nostre comunità e nella nostra società”.

L'orazione rivolge anche lo sguardo ai conflitti e alle sofferenze che tormentano le popolazioni del Medio Oriente. “Fa in modo che l'incontro del Papa con le autorità politiche - si legge nel testo della preghiera - sia fruttuoso per la giustizia e la pace. Proteggi gli abitanti di questa terra dalla violenza, dall'odio e da ogni sorta di male. Dona saggezza a tutti i leader, così che possiamo vivere nell'armonia e nel dialogo e cooperare pienamente per il bene comune, soprattutto servendo i malati, i poveri e i molti profughi che ora cercano rifugio in questa terra”.

inizio pagina

Nigeria. Apostolato biblico: valori famiglia migliorano società

◊  

“Il ripristino dei valori della famiglia nella società è un fattore essenziale per la restaurazione di giustizia, equità, pace ed amore in Nigeria”: è questo uno dei passaggi fondamentali del comunicato diffuso dall’Apostolato biblico cattolico nigeriano (Cban), al termine dell’Assemblea plenaria svoltasi nei giorni scorsi a Kaduna e dedicata proprio al tema del "ripristino dei valori familiari in Nigeria”. Nella nota, a firma di mons. Matthew Ndagoso, arcivescovo di Kaduan, e Femi Adeojo, coordinatore nazionale del Cban, si ribadisce l’importanza della famiglia come “pietra miliare della Chiesa e della società”. All’evento, hanno preso parte i membri delegati di tutte e nove le province ecclesiastiche del Paese. Nel corso dei lavori, prosegue la nota, “sono stati evidenziati i rischi che derivano dalla carriera lavorativa dei genitori, i quali sacrificano le loro responsabilità familiari a vantaggio della professione; si è riflettuto sui genitori single, sulle unioni tra persone dello stesso sesso, sull’inadeguato sostegno offerto al percorso matrimoniale, sui pericoli derivanti da povertà, insicurezza, tratta degli esseri umani e altre ‘patologie sociali’ che indeboliscono la famiglia”. Nel corso dei lavori, inoltre, il Cban ha ribadito la collaborazione con la Chiesa nigeriana “nel sostenere la causa per una nazione migliore attraverso il ripristino dei valori familiari, in accordo con la dottrina della Chiesa”. Di qui, l’invito dell’Apostolato biblico al recupero della catechesi tra le famiglie e all’inclusione dell’educazione civica e morale nei programmi scolastici, là dove essa manchi. Ulteriori suggerimenti avanzati dalla Plenaria riguardano la condivisione della Bibbia nelle parrocchie, la creazione di “club biblici” nelle scuole, l’avvio di seminari di formazione ed accompagnamento sui valori familiari destinati alle coppie, ai giovani ed ai bambini, l’implementazione della preghiera in famiglia e l’incoraggiamento alla promozione dei valori familiari nei diversi contesti sociali. “Se genitori e figli ricopriranno il loro ruolo in modo efficace – conclude il Cban – i valori perduti della famiglia potranno tornare al centro della società”. (I.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 276

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.