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Sommario del 06/10/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco al Sinodo: lavorare con franchezza e umiltà per il bene della famiglia

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Papa Francesco ha aperto oggi i lavori del Sinodo straordinario sulla Famiglia, in Vaticano. Nel suo breve intervento, il Pontefice ha esortato i padri sinodali a parlare con parresìa, cioè con franchezza, e ascoltare con umiltà. Con questi “due atteggiamenti – ha evidenziato – si esercita la sinodalità”. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Parlare chiaro. Ascoltare con umiltà. Sono questi i binari su cui dovrà camminare il Sinodo per la famiglia. Due atteggiamenti fondamentali, ha osservato Francesco, perché ci sia vera sinodalità, autentico cammino comune. Il Papa ha pronunciato un breve discorso avviando i lavori sinodali, come breve era stata l’omelia nella Messa in San Pietro per l’apertura del Sinodo. Ma in questa brevità ha offerto delle indicazioni molto forti. Voi, ha detto, portate “la voce delle Chiese particolari”, una voce che “porterete in sinodalità”:

“E' una grande responsabilità: portare le realtà e le problematiche delle Chiese, per aiutarle a camminare su quella via che è il Vangelo della famiglia. Una condizione generale di base è questa: parlare chiaro. Nessuno dica: ‘Questo non si può dire; penserà di me così o così...’ Bisogna dire tutto ciò che si sente con parresia.

Dopo l'ultimo Concistoro del febbraio 2014, nel quale si è parlato della famiglia, ha rivelato il Papa, “un cardinale mi ha scritto dicendo: peccato che alcuni cardinali non hanno avuto il coraggio di dire alcune cose per rispetto del Papa, ritenendo forse che il Papa pensasse qualcosa di diverso”:

“Questo non va bene, questo non è sinodalità, perché bisogna dire tutto quello che nel Signore si sente di dover dire: senza rispetto umano, senza pavidità. E, al tempo stesso, si deve ascoltare con umiltà e accogliere con cuore aperto quello che dicono i fratelli. Con questi due atteggiamenti si esercita la sinodalità”.

Per questo, ha ribadito, “vi domando, per favore, questi atteggiamenti di fratelli nel Signore: parlare con parresia e ascoltare con umiltà”:

E fatelo con tanta tranquillità e pace, perché il Sinodo si svolge sempre cum Petro et sub Petro, e la presenza del Papa è garanzia per tutti e custodia della fede”.

Il Papa ringraziando quanti hanno lavorato e continuano a lavorare per il Sinodo, a partire dal cardinale Lorenzo Baldisseri, ha sottolineato che ha voluto che lo spirito di sinodalità fosse presente anche nell’elezione del relatore, del segretario generale e dei presidenti delegati al Sinodo:

“I primi due sono stati eletti direttamente dal Consiglio post-sinodale, eletto anch’esso dai partecipanti dell’ultimo Sinodo. Invece, siccome i presidenti delegati devono essere scelti dal Papa, ho chiesto alla stesso Consiglio post-sinodale di proporre dei nomi, ed ho nominato coloro che il Consiglio mi ha proposto”.

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Card. Erdö: famiglia non è modello fuori corso. Dare speranza e misericordia

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Dopo l’intervento di Papa Francesco, i lavori del Sinodo sono proseguiti con la “Relazione prima della discussione”, presentata dal card. Peter Erdö, relatore generale dell’Assise. “La famiglia non è un modello fuori corso”, ha detto il porporato, e ad essa la Chiesa guarda con speranza e misericordia. Ribadita, poi, l’indissolubilità del matrimonio, insieme al bisogno di “linee direttrici chiare” per le situazioni familiari difficili. Il servizio di Isabella Piro: 

Guardare alla famiglia con speranza e misericordia, annunciandone il valore e la bellezza perché, nonostante le molte difficoltà, essa non è “un modello fuori corso”. Va subito al cuore della questione la “Relazione prima della discussione” del card. Erdö: viviamo in un mondo di sole emozioni, dice il porporato, in cui la vita non è “un progetto, ma una serie di momenti” e “l’impegno stabile sembra temibile” per l’uomo reso fragile dall’individualismo. Ma è proprio qui, di fronte a questi “segni dei tempi”, che il Vangelo della famiglia si presenta come “un rimedio”, una “verità medicinale” che va proposta “ponendosi nell’angolazione di coloro che fanno più fatica a riconoscerla ed a viverla”.

No, dunque, al “catastrofismo o all’abdicazione” all’interno della Chiesa: esiste “un patrimonio di fede ampio e condiviso”. Ad esempio: forme ideologiche come la teoria del gender o l’equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio tra uomo e donna non hanno consenso nella stragrande maggioranza dei cattolici, mentre il matrimonio e la famiglia sono ancora largamente intesi come “un patrimonio” dell’umanità, da custodire, promuovere e difendere. Certo: tra i fedeli, la dottrina è spesso poco conosciuta o poco praticata, ma “questo non significa che sia messa in discussione”:

"Ciò vale in particolare per quanto riguarda l’indissolubilità del matrimonio e la sua sacramentalità tra battezzati. Non viene messa in questione la dottrina dell’indissolubilità del matrimonio in quanto tale, essa è anzi incontestata e nella maggior parte osservata anche nella prassi pastorale della Chiesa con le persone che hanno fallito nel loro matrimonio e che cercano un nuovo inizio. Quindi, non le questioni dottrinali, ma le questioni pratiche – inseparabili d’altro canto dalle verità della fede - sono in discussione in questo Sinodo, di natura squisitamente pastorale".

Di qui, la necessità di una maggiore formazione, soprattutto per i fidanzati, affinché siano chiaramente consapevoli sia della dignità sacramentale del matrimonio, basato su “unicità, fedeltà e fecondità”, sia del suo essere “un’istituzione della società”. Pur minacciata da “fattori disgreganti”, come il divorzio, l’aborto, le violenze, la povertà, gli abusi, “l’incubo” del precariato, lo squilibrio causato dalle migrazioni - spiega ancora il card. Erdö - la famiglia resta sempre una “scuola di umanità”:

"La famiglia è quasi l’ultima realtà umana accogliente in un mondo determinato pressoché esclusivamente dalla finanza e dalla tecnologia. Una nuova cultura della famiglia può essere il punto di partenza per una rinnovata civiltà umana".

Per questo, continua il porporato, la Chiesa sostiene concretamente la famiglia, anche se tale aiuto “non può prescindere da un fattivo impegno degli Stati” nella tutela e promozione del bene comune, attraverso politiche adeguate. Guardando, poi, a coloro che vivono in situazioni matrimoniali difficili, il card. Erdö sottolinea che la Chiesa è una “casa paterna”: nei loro confronti, è necessaria una “rinnovata ed adeguata azione di pastorale familiare”, soprattutto per farli sentire amati da Dio e dalla comunità ecclesiale, in un’ottica misericordiosa che non cancelli, però, “verità e giustizia”:

"La misericordia non toglie quindi neppure gli impegni che nascono dalle esigenze del vincolo matrimoniale. Questi continuano a sussistere anche quando l’amore umano si è affievolito o è cessato. Ciò significa che, nel caso di un matrimonio sacramentale (consumato), dopo un divorzio, mentre il primo coniuge è ancora in vita, non è possibile un secondo matrimonio riconosciuto dalla Chiesa". 

Inoltre, data la diversità delle situazioni – divorzi, matrimoni civili, convivenze – il card. Erdö evidenzia la necessità di “linee direttrici chiare” affinché i pastori delle comunità locali possano concretamente aiutare le coppie in difficoltà, “evitando le improvvisazioni di una pastorale ‘fai da te’ ”. Quanto ai divorziati risposati civilmente, il porporato sottolinea che “sarebbe fuorviante concentrarsi solo sulla questione della recezione dei sacramenti”: occorre, invece, guardare ad un contesto più ampio, di preparazione al matrimonio e di sostegno - non burocratico, ma pastorale - ai coniugi, per aiutarli a comprendere i motivi del fallimento della prima unione ed individuare eventuali elementi di nullità:

"Bisogna tener conto della differenza tra chi colpevolmente ha rotto un matrimonio e chi è stato abbandonato. La pastorale della Chiesa dovrebbe prendersi cura di loro in modo particolare. I divorziati risposati civilmente appartengono alla Chiesa. Hanno bisogno e hanno il diritto di essere accompagnati dai loro pastori".

Non solo: data la poca consapevolezza che si ha oggi del sacramento matrimoniale e la diffusa mentalità divorzista, “non è un azzardo” ritenere non validi diversi matrimoni celebrati in Chiesa. Di qui, il suggerimento – contenuto nella Relazione – di rivedere l’obbligo della doppia sentenza conforme per la nullità del vincolo, purché si evitino “la meccanicità, l’impressione di concedere il divorzio” o “soluzioni ingiuste e scandalose”. In questo ambito, dice il porporato, risulta necessario anche uno studio sulla prassi delle alcune Chiese ortodosse che prevedono la possibilità di seconde e terze nozze, a carattere penitenziale.

Nell’ultima parte, il documento del card. Erdö si sofferma sul Vangelo della vita: l’esistenza va dal concepimento alla morte naturale, sottolinea il Relatore dell’Assise,  e l’apertura alla vita è “parte essenziale, esigenza intrinseca” dell’amore coniugale, mentre oggi, soprattutto in Occidente, chi sceglie di non avere figli o chi li vuole ad ogni costo, appiattisce se stesso sulla propria autodeterminazione:

"L’accoglienza della vita, l’assunzione di responsabilità in ordine alla generazione della vita e alla cura che essa richiede, sono possibili solo se la famiglia non si concepisce come un frammento isolato, ma si avverte inserita in una trama di relazioni. (…) Diventa sempre più importante non lasciare la famiglia, le famiglie, da sole, ma accompagnarne e sostenerne il cammino. (…) Dietro le tragedie familiari c’è molto spesso una disperata solitudine, un grido di sofferenza che nessuno ha saputo scorgere".

È importante, quindi, “ritrovare il senso di una solidarietà diffusa e concreta”, superare quella “privatizzazione degli affetti” che svuota di senso la famiglia e la affida alla scelta del singolo; occorre creare, a livello istituzionale, condizioni che facilitino l’accoglienza di un figlio e l’assistenza ad un anziano, quali “beni sociali da tutelare e favorire”. Dal suo canto, la Chiesa deve dedicare una cura particolare all’educazione dell’affettività e della sessualità, spiegandone il valore ed evitando “banalizzazioni e superficialità”.

In conclusione, afferma il card. Erdö, la sfida del Sinodo è quella di riuscire a proporre nuovamente al mondo- oltre “la cerchia dei cattolici praticanti e considerando la situazione complessa della società- “il fascino del messaggio cristiano” su matrimonio e famiglia, dando “risposte vere e piene di carità”. Perché “il mondo ha bisogno di Cristo”.

Oltre al card. Erdö, la prima Congregazione generale ha visto l’intervento del presidente delegato, l’arcivescovo di Parigi, card. André Vingt-Trois, il quale ha ringraziato il Papa per “l’intenzione di sviluppare la pratica della collegialità tra i vescovi”. “La famiglia – ha detto il porporato – è uno degli elementi costitutivi della nuova evangelizzazione, in cui la Chiesa vuole rinnovare la sua missione”, con “una presenza calorosa” anche nei confronti delle “famiglie colpite dal fallimento”.  Quindi, il segretario generale dell’Assise, card. Lorenzo Baldisseri, ha ripercorso, in senso cronologico, il cammino preparatorio di questo terzo Sinodo straordinario, sottolineando la volontà del Pontefice di “dare nuovo impulso e potenziare la struttura sinodale”, garantendo “l’unicità nella diversità, l’apostolicità nella cattolicità”.

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Sinodo. Mons. Forte: dottrina cristiana non è clava che giudica

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La dottrina non è una “clava che giudica” ma uno “sguardo di misericordia di Dio sull’uomo. Alla prima conferenza stampa di apertura del Sinodo, è stata questa una delle risposte principali offerte dai padri sinodali ai media che chiedevano in che modo un Sinodo di indirizzo pastorale possa discutere dei problemi attuali riguardanti la famiglia senza mettere in discussione la dottrina. Il servizio di Alessandro De Carolis

È il Sinodo delle “novità” perché il primo a volerlo nuovo è stato Papa Francesco. Prima di tutto in alcuni degli elementi base ma tutt’altro che marginali, come la lingua e la modalità di redazione della relazione introduttiva che - ha spiegato ai giornalisti il suo autore, il cardinale Peter Erdö - è stata elaborata per la prima volta tenendo contro degli interventi dei Padri sinodali:

“Non si parla più del latino come lingua ufficiale. Questo ha facilitato un po’ il lavoro del relatore generale. Ricordiamo negli anni passati, quando ascoltare per un’ora una pre-lezione in latino non era facile per tutti. Questa volta, invece, si poteva e si doveva parlare in italiano. Altri cambiamenti più sostanziali sono stati introdotti riguardo al contenuto e al metodo di redigere la relatio ante disceptationem, (…) era prevista la possibilità di prendere in considerazione anche il contenuto di qualche intervento scritto, inviato in precedenza alla Segreteria del Sinodo”.

A interessare trasversalmente le domande dei giornalisti sono state le questioni già al centro da mesi dell’attenzione mediatica e riguardanti soprattutto le difficoltà che vivono le famiglie che si sentono escluse dalla vita ecclesiale per una condizione – come quella dei divorziati risposati, ad esempio – che non permette loro di avere una vita sacramentale. Dare risposte pastorali a questi casi, è stato osservato dai giornalisti in Sala Stampa, costringerà a modifiche della dottrina cristiana? Questa l’opinione sul punto del segretario speciale del Sinodo, mons. Bruno Forte:

“’Anime da salvare’, questo vuol dire pastorale. Cioè, non che gli aspetti dottrinali siano ignorati, ma che la dottrina non ha valore astratto in sé – quasi che debba essere ribadita come una clava in ogni momento – ma la dottrina è un messaggio di salvezza. Al centro della dottrina c’è la carità di Dio e c’è la misericordia. Io credo che questo sia il punto veramente fondamentale: dire quella che è la fede della Chiesa - e certamente su questo non è che la fede della Chiesa cambia – ma dirla guardando alle persone concrete reali, perché essa non sia sentita come una clava che ti giudica, ma come uno sguardo d’amore e di misericordia che ti raggiunge".

Molto diretta, e realistica, anche la risposta del presidente delegato del Sinodo, il cardinale Vingt-Trois, a chi, nonostante le annunciate novità sinodali, notava nell’assise vaticana una carenza di vero “dibattito”. Il Sinodo, ha affermato, è molto diverso da un parlamento, dove una maggioranza vince e una minoranza deve adeguarsi:

“Non siamo là per conquistare maggioranze su posizioni presentate: siamo là per lavorare al fine di fare crescere una volontà comune nella Chiesa. Evidentemente, dato che si tratta di fare risultare una volontà comune, non di decidere praticamente quel che si farà in ciascuna diocesi del mondo – sarebbe completamente illusorio – la volontà comune sarà di mobilitarsi su obiettivi il più preciso e il più chiaro possibili, e che lascino tutto lo spazio di azione e di messa in pratica alle Chiese particolari”.

Mons. Bruno Forte ha voluto aggiungere un commento sulla storia recente dei Sinodi, modificati proprio perché, ha detto, consentissero una autentica libertà di espressione:

“Il Sinodo appariva, ad un certo punto, troppo ‘ingessato’ e fu credo proprio Papa Benedetto che volle che si inserisse - al di là degli interventi programmati - la discussione libera, che non è semplicemente un’aggiunta coreografica, ma è veramente un momento di discussione franca, aperta, se naturalmente chi interviene ha quella libertà e quella ‘parresìa’ di farlo. Quindi, c’è stata una maturazione nel cammino sinodale che certamente consente, oggi, un passo avanti più importante”.

Maturazione, ha soggiunto, che deve molto a Papa Francesco:

“Papa Francesco crede fortemente nel valore della sinodalità, letteralmente nel camminare insieme, e quindi già nel suo intervento di questa mattina – l’avrete notato – questo forte richiamo alla libertà, alla ‘parresìa’, al fatto che ognuno deve parlare dicendo veramente – veramente! – quello che gli sta a cuore, quello che sente urgente per la Chiesa di oggi (…) a parlare con libertà, a essere vescovi (…) che portano il cuore della gente, i suoi problemi e le sue speranze nella ricerca comune”.

In apertura di conferenza stampa – alla quale ha preso parte anche uno dei padri sinodali, mons. Carlos Aguiar Retes, vescovo di Tlalnepantla, presidente del Celam – il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha riferito che al termine della Relazione introduttiva, i cardinali Maradiaga, Martinez Sistach, Takeo Okada, Napier e Marx si sono alternati per circa mezz’ora in un primo giro di commenti liberi, dai quali – ha detto padre Lombardi – è emerso un “apprezzamento per le relazioni iniziali”, per il “metodo” di lavoro, in particolare per la tematizzazione delle riunioni, e accenni ai temi centrali del Sinodo quali il matrimonio, l’importanza della trasmissione della fede da una generazione all’altra, il prosieguo dell’assemblea, che vivrà la sua seconda parte con la Sessione ordinaria del 2015.

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Card. Sistach: Sinodo vuole mostrare bellezza della famiglia

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“Avere i sentimenti del Buon Pastore che si prende cura delle novantanove pecorelle e va in cerca della pecorella smarrita, consapevoli del fatto che oggi in diverse latitudini della Chiesa il numero si sta invertendo”. Questo un passaggio dell’omelia del cardinale arcivescovo di Barcellona Lluis Martinez Sistach nella preghiera che ha aperto la prima congregazione del Sinodo. Al microfono di Paolo Ondarza, il porporato spiega come vive l’apertura dell’assemblea in Vaticano: 

R. – Con un senso molto ecclesiale, ieri abbiamo cominciato i lavori del Sinodo con la celebrazione dell’Eucarestia presieduta dal Papa. Ci ha detto cose molto belle nell’omelia, perché ha detto che “la vigna del Signore” è del Signore e non nostra, e noi dobbiamo servire e avere cura di questa opera, di questo sogno di Dio. La Chiesa esiste per evangelizzare; il nostro lavoro deve essere ecclesiale pertanto deve essere anche molto evangelizzatore.

D. – Rimandare a qualcosa che non dipende dalle volontà degli uomini, ma da un disegno più alto è un invito a rileggere il disegno di Dio sul matrimonio e famiglia…

R. – Penso di sì. Noi vogliamo presentare la bellezza del matrimonio, della famiglia come un’intima comunità di vita d’amore - come ci ha detto il Concilio Vaticano II – e questo è molto importante. Penso che il tema centrale della famiglia sia importantissimo, lo dice anche il Concilio Vaticano II: che il bene delle persone, della società umana e cristiana - cioè della società e della Chiesa – dipenda molto dalla famiglia. Dobbiamo lavorare molto per insegnare questo alla gioventù, ai giovani, perché quando si sposano sappiano che il loro amore deve essere amore maturo, per tutta la vita, fedele e fecondo.

D. – Che conoscenza c’è oggi dell’insegnamento della Chiesa e delle Sacre Scritture su matrimonio e famiglia?

R. – Penso che non ce ne sia tanta, penso ce ne sia poca. Non so perché succeda questo, sicuramente i motivi sono vari; le persone hanno poco tempo per studiare, per imparare, ascoltare; però, la ricchezza che il magistero della Chiesa offre sulla famiglia, sul matrimonio, sull’uomo, sulla donna, sull’amore per tutta la vita, sulla condivisione della vita in coppia, sull’apertura alla vita, sull’educazione cristiana dei figli, credo che tutto questo renda gli uomini felici. L’altro giorno ho celebrato una Messa per il Sinodo sulla famiglia e c’era una coppia che festeggiava l’anniversario di 50 anni di matrimonio. La loro testimonianza è un messaggio per tutta la gioventù: l’impegno per sempre, l’unione indissolubile fa, certamente, felici le persone e le aiuta a realizzarsi. È possibile. A volte è difficile, ma non impossibile.

D. – Quindi occorre trovare parole nuove, trovare modalità nuove per trasmettere l’insegnamento della Chiesa, delle Sacre Scritture. Si tratta di una sfida per la Chiesa, ma anche di una grande opportunità che viene offerta alle famiglie perché possano vivere in pienezza…

R. – Sì. Dio è amore, Dio comunica il suo amore a due sposi per una vita d’amore. Allora, penso che l’amore lo possano capire tutte le persone, di tutte le culture, di tutte le lingue. Amare è così facile ma anche così difficile: questo è il matrimonio, un impegno per sempre, fedele, un dono totale all’altra persona. L’amore perdona, accoglie; tutto questo è l’amore come dice San Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi.

D. – Cosa chiedono le famiglie in Spagna?

R. – Di “armonizzare” bene la fedeltà a Dio, l’indissolubilità del matrimonio e la misericordia verso tante persone che hanno alle spalle un matrimonio fallito. Si chiede che anche loro possano avere  una vita cristiana intensa.

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Papa, tweet: Spirito Santo manda i tuoi doni durante il Sinodo

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È una preghiera dedicata al Sinodo sulla famiglia il tweet lanciato da Papa Francesco dal suo account @Pontifex. Questo il testo: “Vieni, Spirito Santo. Fa’ scendere su di noi i tuoi doni durante il Sinodo”.

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Francesco alla Caritas Internationalis: alzate la voce per gli affamati

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Video messaggio del Papa alla Caritas Internazionalis, a sostegno della campagna mondiale “Una sola famiglia umana. Cibo per tutti”. Il servizio di Roberta Gisotti: 

"Tuve hambre y me diste de comer'. Las palabras….

“Avevo fame e mi avete dato da mangiare”. “Le parole del Signore – sottolinea Francesco – ci esortano oggi, dicendoci che noi guardiamo dall’altra parte, che noi guardiamo con indifferenza quando vediamo il nostro prossimo che ha fame”. Il messaggio del Papa apre la settimana di azione volta a rilanciare la campagna della Caritas Internationalis sul tema “Una sola famiglia umana. Cibo per tutti”, avviata in 164 Paesi il 10 dicembre 2013, nella Giornata dei diritti umani. Iniziativa tesa ad eliminare la fame nel mondo entro il 2025, con l’impegno rinnovato della rete di solidarietà ecclesiale verso i più poveri, estendendo quindi l’obiettivo del Millennio già fissato dall’Onu - che non sarà purtroppo raggiunto - di dimezzare il numero degli affamati entro il 2015. Da il rinnovato appello di Francesco:

“Animo a los fieles a participar en la campaña de Caritas "Alimentos para todos" y a que alcen su voz en favor de las personas hambrientas

Che i fedeli “alzino la loro voce – chiede il Papa - in favore delle persone affamate”.

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Mons. Zenari: violenza jihadista, comunità internazionale faccia di più

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Prosegue l’avanzata in Iraq e Siria dei jihadisti del sedicente Stato Islamico, nonostante i raid aerei della coalizione guidata dagli Stati Uniti. I miliziani hanno issato la loro bandiera nera in un quartiere della città siriana di Kobane, nonostante la strenua resistenza dei curdi. Alle porte della città, una donna curda si è fatta esplodere in mezzo agli islamisti. Intanto, dopo il vertice concluso sabato scorso in Vaticano, i nunzi del Medio Oriente stanno rientrando nelle loro sedi. Con quale messaggio? Sergio Centofanti lo ha chiesto al nunzio a Damasco, l’arcivescovo Mario Zenari

R. - Ritorno portando un messaggio di solidarietà ancora più forte e anche un messaggio di speranza che, nonostante tutto, credo bisogna sempre avere. È stata una bella riunione perché sono state messe insieme le situazioni di vari Paesi del Medio Oriente provati da questi conflitti, soprattutto le sofferenze del popolo siriano e di quello iracheno. Ci sono stati dei momenti di preghiera perché questa è la nostra arma principale.

D. - Nonostante i bombardamenti, i jihadisti continuano ad avanzare ...

R. - Purtroppo questo estremismo nasce anche perché trova un terreno favorevole: queste situazioni non risolte, questo conflitto siriano che si protrae da più di tre anni e mezzo, sono un humus che alimenta queste forze estremiste. Quindi, bisogna al più presto trovare una soluzione politica a questi problemi. In Iraq forse c’è uno spiraglio di soluzione; per la Siria purtroppo devo dire che la soluzione all’estremismo è ancora nel limbo, mentre le popolazioni patiscono le sofferenze dell’inferno. Ma direi che la chiave ancora non è gettata in fondo al mare. Si può ancora lavorare molto. La comunità internazionale deve aumentare i suoi sforzi e bisogna uscire da questa situazione di sofferenza immane per queste popolazioni, risolvere alla radice questo problema del terrorismo, dell’estremismo, tagliando l’erba sotto i piedi a queste correnti estremiste, favorendo una democrazia inclusiva e un pluralismo nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Questo è il principale campo di soluzione.

D. – Il suicidio della donna curda-kamikaze, madre di due figli, mostra ancora di più la disperazione di queste persone ...

R. - È chiaro, siamo in un contesto drammatico. Queste scene si vedono purtroppo quotidianamente. Queste atrocità e barbarie, perpetrate non solo ultimamente ad opera dall’Is, si vedono da una parte e dall’altra in Siria da più di tre anni.

D. - Al vertice dei nunzi si è detto che la sola riposta militare non basta…

R. - È chiaro. Credo che questa ormai sia un’idea condivisa un po’ dappertutto. Bisogna andare alle radici del problema.

D. - Qual è il futuro delle piccole comunità cristiane e delle altre minoranze in questi Paesi?

R. - Per quanto riguarda la Siria, ribadisco sempre, c’è una sofferenza trasversale che colpisce tutti quanti, che non fa distinzione. È anche vero comunque che i gruppi minoritari sono l’anello più debole della catena e quindi sono i più esposti. In questo momento, in cui inizia il Sinodo dei vescovi sulla famiglia il mio pensiero va alle famiglie di quella regione. Tante famiglie sono sfollate o rifugiate nei Paesi vicini. Ne ho viste e conosciute tante che hanno provato la tragedia di vedere uccisi il papà o la mamma, o vedere dei bambini uccisi o mutilati da questi ordigni di guerra. Non posso dimenticare quella bambina di nove anni che ho visitato in un ospedale a Damasco il Sabato Santo: ai piedi del letto c’erano i suoi genitori in un dolore profondo ma riservato. Tre giorni prima a questa bambina erano state amputate entrambe le gambe e cominciava a rendersi conto di cosa le era capitato. Questa tragedia è una delle tante tragedie; altre famiglie provate da tragedie simili, vedere i bambini uccisi ... Penso che in questo Sinodo verrà portata questa sofferenza e i patriarchi e i pastori di quelle Chiese si faranno carico di portare certamente questa sofferenza. Sarà una rinnovata solidarietà della Chiesa universale verso queste famiglie particolarmente provate.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Il vino buono della famiglia: in prima pagina, un editoriale del direttore per l’apertura della terza assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi dedicata alla famiglia.

Più solidarietà verso i rifugiati africani: intervento della Santa Sede a Ginevra.

Una risposta alla crisi del lavoro: Mario Benotti sull’Europa e l’emergenza disoccupazione.

Etica trasversale: Carlo Petrini su ricerca biomedica e interdisciplinarità.

Vero reale e vero ideale: Francesco Scoppola su vita comune e simboli universali nella rappresentazione contemporanea della famiglia.

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Oggi in Primo Piano



Presidenziali in Brasile: Rousseff e Neves al ballottaggio

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Elezioni presidenziali in Brasile: dopo le consultazioni di ieri, la presidente uscente Dilma Rousseff, con il 41,6% dei voti, accede al ballottaggio del prossimo 26 ottobre, contro il candidato del centro-destra Aecio Neves, che si è attestato al 33,6% delle preferenze. Esclusa dalla corsa l’ambientalista, ex favorita dai sondaggi, Marina Silva. Elvira Ragosta ha chiesto un commento su questa prima tornata elettorale a Marco Di Liddo, del Centro Studi Internazionali: 

R. - La volontà di continuità sembra in leggero vantaggio, ma dobbiamo sempre essere pronti alle sorprese dell’ultimo minuto. In questo momento, i brasiliani hanno un po’ messo da parte la condanna verso l’attuale establishment di governo e hanno optato per un voto un po’ più conservatore. Sorprendente è il risultato di Aecio Neves, che si candida ad essere il grande outsider e che dimostra una classe media brasiliana più consapevole di sé e più disposta a far sentire la propria voce.

D. - La candidata ambientalista Marina Silva ha invocato un cambiamento e gli analisti non escludono un suo appoggio al ballottaggio ad Aecio Neves. Ma cosa hanno in comune questi due candidati nei loro programmi, visto che politicamente sono distanti?

R. - In questo momento, sicuramente questa retorica sul cambiamento, questa voglia di avvicendamento della classe politica brasiliana e poi soprattutto il concetto politico di sostenibilità.

D. - Il Brasile attende riforme importanti: quali sono le priorità, alla luce, della situazione economica e sociale del Paese?

R. - Il Brasile ha usufruito di una lunga stagione di sviluppo economico - anche se negli ultimi anni ha un po’ rallentato - e le precedenti amministrazioni, quella di Lula in primis, hanno avuto il grande merito di far uscire milioni di cittadini dalla povertà. Naturalmente il Paese, nella sua enormità e nella sua complessità sociale, ancora ha molte sfide da affrontare e risolvere: sicuramente uno sviluppo infrastrutturale e uno sviluppo del welfare in grado di far cambiare passo al Brasile. Queste sono le grandi richieste, appunto, della popolazione: un maggiore interesse alla formazione, all’università; una maggiore attenzione verso i temi della sanità pubblica e dei sussidi a chi non riesce ad inserirsi nell’attuale mercato, nell’attuale struttura di lavoro brasiliana.

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Sud Sudan: stallo nei colloqui. Restrizioni per le radio cattoliche

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Sono stati ancora una volta aggiornati i colloqui di pace per il Sud Sudan, in corso ad Addis Abeba, in Etiopia, per tentare di porre fine alle violenze scoppiate nel dicembre 2013 tra esercito fedele al capo di Stato sud-sudanese Salva Kiir e forze vicine all’ex presidente Riek Machar. Lo stallo giunge quando le autorità di Juba hanno proibito, in particolare ad alcune radio cattoliche, di coprire le questioni politiche e di sicurezza del Paese. Radio Bakhita, emittente dell’arcidiocesi di Juba, era stata chiusa a fine agosto, per poi essere autorizzata a riprendere le trasmissioni senza però occuparsi di notizie politiche; Radio Voice of Hope, della diocesi di Wau, è stata minacciata di chiusura a meno che si non si limiti a riportare informazioni locali. Ce ne parla Enrica Valentini, direttrice del Catholic Radio Network, la Rete delle radio cattoliche del Sud Sudan e dei Monti Nuba. L’intervista è di Giada Aquilino

R. - In alcune aree è stato detto che coprire questi eventi favorisce l’insicurezza. Il divieto è stato fatto non soltanto a noi, ma in generale ai media. C’è stata una esplicita richiesta del governo di non coprire la versione dell’opposizione o, comunque, eventi e informazioni che vengano date da quella parte.

D. - Quindi c’è un collegamento con le tensioni in atto tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir e quelle vicine all’ex presidente Riek Machar ?

R. – Sì. E’ stato chiesto esplicitamente di coprire solo la versione del governo, per non fomentare insicurezza e violenza.

D. - Di fatto come hanno agito le autorità nei confronti delle radio cattoliche, in particolare di Radio Bakhita e Radio Voice of Hope?

R. - Ci sono state critiche aperte sull’operato delle radio e sull’aver presentato vicende includendo anche la visione dell’opposizione. L’ultima richiesta, per esempio nel caso di Radio Voice of Hope, è stata di non riportare notizie che vengano dal di fuori dello Stato di Bahr al-Ghazal - dove ha sede la radio - perché presentare notizie che arrivano ad esempio dall’Equatoria o dall’Upper Nile crea un’ulteriore insicurezza.

D. - Qual è la risposta delle radio e del vostro Network?

R. - Il ruolo della Chiesa e quello delle radio è favorire la conoscenza della gente, che deve sapere cosa succede in maniera bilanciata ed equilibrata. C’è dunque il tentativo di continuare a lavorare, cercando di rispettare l’etica del giornalismo e i valori della Chiesa, quindi il rispetto della verità e la promozione delle persone.

D. - Tra l’altro, le radio comunitarie sono spesso l’unica fonte di informazione a livello locale…

R. - Sì, a parte la radio gestita dalle Nazioni Unite, che copre molto aree ma che spesso non parla le lingue locali. Le radio comunitarie hanno il vantaggio - appunto - di poter parlare le lingue locali, permettendo alla gente di comprendere realmente ciò che viene detto.

D. - Le radio cattoliche danno conto anche dei colloqui di pace?

R. – Sì. Si cerca di far sapere alla gente cosa succede anche ad Addis Abeba e come procedano i colloqui, perché sono incontri che hanno poi un impatto sul Paese e quindi tutta la popolazione ne risente, in maniera positiva o negativa.

D. - Perché i colloqui sono stati, ancora una volta, rimandati dopo 10 mesi di contrasti tra esercito fedele a Salva Kiir e forze vicine a Riek Machar?

R. - La sospensione sembra adesso sia dovuta alla mancanza di chiarezza su alcuni punti, come la formazione di un governo ad interim: in particolare ci sono dubbi su quanto questo periodo debba durate e che struttura il governo debba avere. L’altro elemento in discussione è la creazione della carica di primo ministro.

D. - Al di là di questi contrasti per il controllo del potere, il conflitto ha provocato decine di migliaia di morti, un milione e mezzo di sfollati, in un Paese che poi è gravemente minacciato dalla fame, come ha detto l’Onu. Che momento è per il Sud Sudan?

R. - C’è molto da fare e c’è la necessità di fornire mezzi di sussistenza alla popolazione. Una priorità, in particolare dal punto di vista dell’agricoltura: ci stiamo avvicinando alla fine della stagione delle piogge e quindi si sta cercando di sfruttare al massimo questo momento per poter produrre. Le varie agenzie umanitarie stanno incrementando il loro lavoro nell’ambito dell’approvvigionamento e della distribuzione di generi alimentari. Si sta anche cercando di far rientrare la popolazione nei luoghi di residenza, in modo che possa così ritornare ad una vita che si possa dire normale.

D. - La speranza del network delle radio cattoliche ma anche della Chiesa in Sud Sudan per i prossimi mesi qual è?

R. - Prima di tutto che il cessate-il-fuoco sia veramente rispettato. Questo è stato anche l’appello dei vescovi del Sud Sudan nella loro recente assemblea. Quindi che ci sia veramente e immediatamente pace e assenza di conflitto e di combattimenti.

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Parroco a Ragusa denuncia: braccianti rumene ridotte in schiavitù

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Sfruttate due volte, come braccianti e come schiave sessuali. E’ il dramma che vivono in alcune serre nella provincia siciliana di Ragusa, nel totale isolamento, molte donne immigrate, in particolare rumene. Fra i primi a denunciare questo orrore, che riguarda soprattutto piccole aziende a conduzione familiare, è stato don Beniamino Sacco, parroco della Chiesa dello Spirito Santo di Vittoria. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Nelle campagne intorno a Ragusa lo sfruttamento lavorativo e sessuale per diverse lavoratrici immigrate, soprattutto rumene, si accompagna a condizioni estreme di promiscuità e di degrado. Molte di queste giovani braccianti vivono segregate in luoghi sperduti. Abitano, spesso anche con figli piccoli, in case fatiscenti o in magazzini in prossimità delle serre. Sono vittime da parte di alcuni datori di lavoro – in diversi casi titolari di piccole aziende agricole - di abusi psicologici e di ricatti sessuali. Don Beniamino Sacco, che ha ricevuto anche gravi minacce, è stato il primo a denunciare il fenomeno dei cosiddetti “festini agricoli”:

“Abbiamo un centro di accoglienza, qui in parrocchia, che da 25 anni è attento ai problemi dell’immigrazione. Siamo venuti a conoscenza da diversi anni del fatto che purtroppo nelle campagne si sono verificati questi festini agricoli, che erano un po’ il sollazzo di alcuni datori di lavoro, che invitavano anche gli amici a fare altrettanto con dei festini che si ripetevano. Questa è un po’ la situazione nel nostro territorio. Una situazione che, però, non deve essere considerata in modo estensivo, perché ci sono datori di lavoro che trattano le donne e gli uomini in modo dignitoso”.

Si teme che dietro questo drammatico fenomeno delle violenze nelle campagne, ci sia anche la tratta di ragazze per lo sfruttamento sessuale. Non sono da escludere forme di connivenza tra alcuni datori di lavoro e organizzazioni criminali….

“Ci sono organizzazioni che fanno paura, fanno paura in tutti i sensi. Molte volte queste ragazze sono costrette a finanziare questi gruppi loschi attraverso il loro corpo”.

Si stima che siano oltre 5000 le donne che lavorano nelle serre della provincia siciliana di Ragusa. Per alcune di loro, giovani migranti rumene, alle truffe su salari e ore di lavoro si aggiungono le violenze e lo sfruttamento sessuale. Numerosi anche i casi di aborti. La piccola cittadina di Vittoria, in proporzione, è tra i primi comuni d’Italia per il numero di richieste di interruzioni di gravidanza.

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"Sentinelle in piedi" aggredite: libertà d'espressione minacciata

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Più di 10mila “Sentinelle in piedi” hanno manifestato ieri pacificamente – e nel silenzio, com’è il loro stile - nelle piazze di 100 città italiane per manifestare a favore della libertà d’espressione e della famiglia. I dimostranti in alcuni casi sono stati insultati o aggrediti da gruppi estremisti, ma non hanno reagito alle violenze. Sergio Centofanti ne ha parlato con una Sentinella in piedi che per motivi di sicurezza ha chiesto di mantenere l’anonimato: 

R. – Ieri è stata una giornata importante perché le Sentinelle in piedi, nate nell’agosto 2013, sono scese contemporaneamente in 100 piazze d’Italia. Sentinelle che – lo preciso onde evitare fraintendimenti – non sono confessionali: tra le Sentinelle abbiamo anche persone musulmane, atei … quindi, non hanno una matrice cattolica. Le Sentinelle in piedi sono un movimento spontaneo, un insieme di persone che manifestano in maniera apartitica e apolitica, semplicemente per riaffermare la libertà di espressione, principalmente. Libertà di espressione e di opinione che, come abbiamo visto soprattutto ieri, in tante piazze d’Italia è stata assolutamente violata: tante Sentinelle che si erano radunate per vegliare nel consueto modo – quindi in silenzio, con un libro in mano, semplicemente dimostrando con la loro presenza la loro coscienza e il loro essere preoccupati di fronte a determinate cose che si stanno instaurando a livello politico e sociale – queste Sentinelle che erano assolutamente pacifiche sono state aggredite. Quindi, la libertà di espressione che le Sentinelle stesse vanno a difendere, si è dimostrata essere violata da atteggiamenti spesso anche molto violenti.

D. – Ci sono stati feriti?

R. – Posso dirle, perché ero presente lì, del caso di Rovereto dove una trentina di giovani sedicenti anarchici si sono presentati un quarto d’ora prima dell’inizio della veglia nella piazza che era stata adibita per la manifestazione, e hanno minacciato gli organizzatori che in quel momento erano presenti per sistemare le ultime cose, intimando loro di abbandonare il luogo, di andarsene, insomma. E quando gli organizzatori hanno risposto di avere un regolare permesso della Questura e che quindi la manifestazione era autorizzata, hanno iniziato a lanciare uova e gavettoni. Il risultato è stato che due persone, tra cui anche un sacerdote, sono finite al pronto soccorso: uno degli organizzatori si è ritrovato con il setto nasale rotto mentre il sacerdote ha avuto una prognosi di due giorni.

D. – Voi manifestate in silenzio, in particolare contro il disegno di legge sull’omofobia …

R. – Esatto. Diciamo che il disegno di legge sull’omofobia, che adesso è al Senato, ha tra le proprie corde proprio il fatto di togliere la libertà di espressione, impedendo alle persone di dire, per esempio, che il matrimonio è solo ed esclusivamente tra un uomo e una donna o che i bambini hanno diritto ad avere un padre e una madre … Sono cose assolutamente banali: Chesterton direbbe che si stanno sguainando le spade per dimostrare che in estate le foglie sono verdi … Però, ci troviamo in un contesto sociale che ci chiama a riaffermare anche queste cose assolutamente basilari.

D. – C’è un clima preoccupante in Italia?

R. – Direi che in molte piazze è emerso proprio questo, ieri. Tante persone che sono scese in piazza con le Sentinelle in piedi – in totale si è fatta una stima di 10 mila persone che hanno vegliato ieri in Italia – in maniera silenziosa, assolutamente pacifica, senza fare del male a nessuno, sempre nel pieno della legalità, con permessi chiesti alla Questura, sono state insultate semplicemente per la loro presenza silenziosa. Questo denota un clima decisamente aggressivo e certamente preoccupante, nel senso che la libertà d’espressione sembra molto minacciata in Italia, molto più di quello che noi crediamo e pensiamo.

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Nobel per la medicina per la scoperta del "Gps" cerebrale

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Sono l’americano Jonh O’Keefe e i coniugi norvegesi May-Britt e Edvard Moser i vincitori del Premio Nobel per la medicina. L’accademia svedese delle scienze li ha premiati per aver scoperto le cellule nervose che ci permettono di orientarci nello spazio, come una sorta di "Gps" biologico. Gli scienziati hanno individuato una rete che permette al cervello di avere costantemente le coordinate spaziali del luogo in cui ci si trova. In questo modo hanno potuto spiegare come riusciamo a muoverci in un ambiente complesso. Maria Gabriella Lanza ha intervistato il prof. Filippo Maria Boscia, presidente dell’associazione medici cattolici italiani, sull’importanza delle scoperte scientifiche in campo neurologico: 

R. - Le scoperte sul campo neurologico e delle neuroscienze sono sicuramente scoperte che toccano un ambito strategico. Queste ricerche ovviamente implicano l’elaborazione anche di linee etiche, fondate sui valori della persona, sui diritti dell’uomo e che siano rispettose anche di tutte le confessioni religiose: orientamenti che non possono essere esclusi dai quei codici deontologici professionali, attuali e futuri, dei ricercatori.

D. - Scienza e fede possono dialogare tra loro...

R. - Certamente non sono contrapposte: assolutamente! Sono due realtà che non solo si possono integrare, ma si devono integrare ed è obbligatorio che questi aspetti particolari, che sono di grandissima rilevanza, siano tenuti presenti.

D. - Quanto è importante investire nella ricerca scientifica?

R. - E’ estremamente importante: la vita umana è sicuramente influenzata dalla ricerca. Ovviamente va sempre ribadito che non tutto quello che è tecnicamente possibile, è anche eticamente lecito. Questo è un fortissimo richiamo a quegli obiettivi e a quegli approfondimenti che i ricercatori devono avere presente come momento chiave che definisce il loro principio di responsabilità come principio universale che regola lo sviluppo tecnico-scientifico e i suoi effetti nel mondo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovi europei: leggi e politiche a sostegno della famiglia

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“Snellire e accelerare i processi di annullamento laddove i presupposti richiesti sono evidenti”. A chiederlo all’inizio del Sinodo della famiglia sono i presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) che al tema “La famiglia e il futuro dell’Europa” hanno dedicato l’Assemblea plenaria che si è svolta a Roma dal 2 al 4 ottobre.

“Benché sono diverse le cause - scrivono i vescovi nel comunicato finale diffuso oggi -, molti matrimoni sembrano oggi non essere validi. Nella coscienza di tanti drammi che portano al fallimento di molti matrimoni, oltre all’appello alla perseveranza, è emersa la necessità di snellire e accelerare i processi di annullamento laddove i presupposti richiesti sono evidenti. Insomma solo una pastorale che sappia essere attenta alle persone e fedele alla Parola di Dio potrà annunciare con gesti e parole la bellezza della famiglia, anche nei momenti di crisi, e potrà diventare testimonianza dell’amore misericordioso di Dio”.

L’incontro dei vescovi europei a Roma - si legge nel comunicato - “voleva essere innanzitutto un momento di riflessione, alla vigilia del Sinodo della famiglia, sulle questioni e i fenomeni che toccano più da vicino la famiglia e la pastorale della famiglia oggi in Europa e che obbligano a un’azione convinta”. Ne è emersa una prima convinta conclusione. “La famiglia - scrivono i vescovi - non è un problema, ma una soluzione per l’Europa”.

E aggiungono: “È fonte di risorse inestimabili per le nostre società europee di cui costituisce il capitale umano”. Da qui una richiesta molto puntuale in tempo di austerity ai governi europei affinché promuovano “leggi e politiche che sostengono la famiglia”. “La Chiesa in Europa - incalzano i vescovi - invita i Governi a prendere coscienza che non vi è altra realtà che possa ‘produrre’ capitale umano come la famiglia”.

I vescovi esprimono poi la loro gratitudine per la “testimonianza” di tante “famiglie cristiane che vivono la loro fedeltà anche in mezzo ad una cultura spesso individualista”. Queste famiglie - sostengono i vescovi - necessitano di una “pastorale adeguata” che “parte dall’esperienza reale dell’uomo, cercando in essa le tracce della presenza di Dio”. E aggiungono: “La ‘pastorale adeguata’ non è quindi l’esecuzione di un progetto elaborato a tavolino, ma si declina nell’accompagnamento da parte del sacerdote e della comunità cristiana, di coppie e famiglie che sono le vere protagoniste per comprendere il progetto di Dio”.

Nel comunicato i vescovi parlano anche di “un paradosso molto europeo”. “Se molti giovani desiderano fondare una famiglia - spiegano -, molti prediligono la convivenza o altre forme che ritardano l’investimento in un legame duraturo e stabile”. A questi giovani, i vescovi dicono: “L’impegno fedele è sorgente di bene e di felicità”. (R.P.)

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Hong Kong: spiragli di dialogo fra democratici e governo

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Centinaia di giovani e membri di Occupy Central rimangono accampati in alcune delle arterie più importanti di Hong Kong dopo l'ultimatum del governo di liberare le strade occupate da decine di giorni. L'ultimatum - riferisce l'agenzia AsiaNews - scadeva la notte scorsa, ma nulla è successo anche perché i manifestanti hanno liberato percorsi per permettere a impiegati e operai di giungere al loro lavoro. Rimangono però centinaia di giovani ad Admiralty e poche centinaia a Mong Kok.

I sit-in sono stati lanciati alla fine di settembre, dopo che Pechino ha deciso di non concedere piena democrazia alla popolazione del territorio: le elezioni del capo dell'esecutivo nel 2017 saranno a suffragio universale, ma i candidati potranno essere solo tre, scelti da un comitato pro-Pechino.

Le dimostrazioni, pacifiche ed educate, sono state colpite ad Admiralty dalla violenza della polizia- che ha caricato gli studenti con gas lacrimogeni, manganelli e spray urticanti - e a Mong Kok da gruppi di persone pro-Pechino legate alla mafia cinese.

Le violenze hanno suscitato ancora più sostenitori che nelle scorse serate si sono riversati nei luoghi di occupazione a dimostrare solidarietà e sostegno alla democrazia.

Al presente molte personalità democratiche consigliano agli studenti e ad Occupy Central di terminare le loro proteste per evitare un'escalation di violenze. Nei giorni scorsi, a causa degli attacchi della polizia e della mafia cinese, i pro-democratici avevano chiesto le dimissioni del governatore Leung Chun-ying, che appoggiato in toto dalla Cina, ha rifiutato. Ma alcuni spiragli di dialogo si sono aperti con il segretario del governo, Carrie Lam Cheng Yuet. Già stanotte gruppi di studenti si sono incontrati con membri del governo per stilare l'agenda degli incontri. Le difficoltà non mancano a causa della durezza di Pechino che difficilmente vorrà cambiare posizione.

Intanto, in Cina, tutte le notizie provenienti da Hong Kong sono oscurate o bloccate, anche se molti cinesi riescono a superare i filtri della censura. I media statali continuano a pubblicare non notizie, ma editoriali in cui condannano le dimostrazioni come opera di teppisti che rifiutano la legge e minano l'armonia sociale ed economica del territorio.

Nei giorni scorsi tutti i consolati presenti ad Hong Kong avevano ricevuto lettera del ministero cinese degli esteri che esigeva dagli stranieri di non appoggiare le proteste, né di farsi vedere vicino ai dimostranti. (P.W.)

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Chiesa del Mali: stabilizzare la Libia per far cessare gli attacchi

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“Occorre che la comunità internazionale prenda in seria considerazione il problema della stabilità della Libia, perché i gruppi armati attivi nel nord del Mali si rifugiano nel sud libico per poi tornare nel nostro Paese per compiere attacchi mortali” dice all’agenzia Fides don Edmond Dembele, segretario generale della Conferenza episcopale del Mali, dove il 3 ottobre scorso 9 Caschi Blu nigeriani della Missione Onu Minusma hanno perso la vita in un attentato che è stato rivendicato dal “Mouvement pour l'unicité et le jihad en Afrique de l'Ouest” (Mujao).

Quest’ultimo è uno dei gruppi armati cacciati dalle città del nord del Mali dalle truppe francesi dell’operazione Serval. “Questi gruppi si sono rifugiati nei Paesi limitrofi, soprattutto in Libia” spiega don Dembele. “Quindi fintanto che il sud della Libia non sarà stabilizzato i Paesi limitrofi, come il Mali e il Niger, subiranno attentati” dice il sacerdote, che aggiunge: “in Mali molti pensano che un’altra ragione del rinnovato dinamismo dei gruppi armati nel nord del Paese derivi dalla riduzione dell’impegno militare della Francia nell’area.

La forza Serval è stata sostituita dalla forza Barkhane, che è meno impegnata sul terreno rispetto alla prima. L’esercito maliano da maggio si limita a controllare le grandi città del nord, come Tombouctou e Gao, ma ha abbandonato le città secondarie”.

La speranza, conclude don Dembele, “è affidata ai negoziati in corso ad Algeri per far uscire il Mali dalla crisi. Sperando che sia rispettato il desiderio che prevale nella popolazione sulla preservazione dell’integrità territoriale del Paese e della laicità dello Stato”. (R.P.)

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Usa: i vescovi lanciano le Giornate con i religiosi

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Mentre la Chiesa universale si prepara a celebrare l’Anno della Vita Consacrata indetto da Papa Francesco dal prossimo 29 novembre, prima Domenica di Avvento, al 2 febbraio 2016, la Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb) lancia una nuova iniziativa di promozione vocazionale. Si tratta delle “Days with Religious”, un programma di incontri in cui religiosi e religiose potranno condividere con le famiglie le loro esperienze di preghiera, di servizio e di vita comunitaria.

“Le Giornate saranno una grande occasione per far vedere ai fedeli in quanti modi i religiosi e le religiose che rispondono alla chiamata alla vita consacrata servono Cristo e la Chiesa”, così mons. Michael Burbidge, presidente della Commissione episcopale per il clero, la vita consacrata e le vocazioni illustra il senso dell’iniziativa, promossa in collaborazione con le tre organizzazioni dei Superiori e Superiore degli ordini femminili e maschili degli Stati Uniti: il Council of Major Superiors of Women Religious, la Leadership Conference of Women Religious e la Conference of Major Superiors of Men.

“I nostri fratelli e sorelle consacrati – ricorda infatti il presidente della Usccb mons. Joseph E. Kurtz - danno un grande contributo alla nostra società con la loro opera pastorale in numerosi ambiti: insegnano nella nostre scuole, assistono poveri e gli ammalati, portano la compassione e l’amore di Cristo a chi è respinto dalla società, mentre altri conducono una vita di preghiera contemplativa per il mondo”.

Tre gli appuntamenti in programma. Il primo è stato fissato per l’8 febbraio 2015 ed è rivolto in particolare alle famiglie in vista del prossimo incontro mondiale a Philadelphia. Tra le attività previste: visite guidate in monasteri, conventi, abbazie e case religiose; ricevimenti e conferenze sulla storia dei vari ordini religiosi.

Il secondo appuntamento sarà la Giornata della missione e del servizio con i religiosi che si terrà l’estate prossima: i visitatori saranno invitati a partecipare alle varie attività di apostolato svolte dagli ordini religiosi con gli anziani, i poveri i senza tetto e i meno fortunati.

Infine, il 13 settembre è prevista una Giornata di preghiera con i religiosi, in cui i fedeli saranno potranno partecipare alla liturgia delle ore del giorno e alla Recita del Rosario. La Conferenza episcopale ha inoltre messo in rete sussidi e materiale informativo sulla vita consacrata. (R.P.)

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Guatemala. Violenze a Sacatepéquez: governo chiede mediazione Chiesa

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Il governo del Guatemala ha chiesto la mediazione della Chiesa cattolica nei negoziati con gli indigeni, che si rifiutano di accettare le attività dell'industria estrattiva nelle loro comunità. Il Presidente guatemalteco Otto Perez Molina, accompagnato da ministri e assistenti - riferisce l'agenzia Fides - nei giorni scorsi ha avuto un incontro presso la sede della nunziatura apostolica con alcuni membri della gerarchia cattolica, per presentare la richiesta e valutare la situazione.

In una nota pubblica, il governo ha comunicato di aver chiesto alla Conferenza episcopale del Guatemala "una mediazione per favorire il dialogo e risolvere le situazioni che si stanno verificando riguardo all'industria mineraria e all'energia idroelettrica".

Le comunità indigene si oppongono da tempo ai progetti nelle loro terre, in quanto ritengono che inquinano e distruggono l'ambiente naturale, inoltre non portano benefici alla popolazione locale. Nella comunità indigena del Comune di San Juan Sacatepéquez, il 19 e 20 settembre ci sono stati episodi di violenza che hanno lasciato otto morti, sei feriti e 150 persone denunciate.

Per ristabilire l'ordine e garantire la sicurezza, il governo ha dichiarato il coprifuoco in questo Comune. Poiché tuttavia proseguono manifestazioni, interruzioni del lavoro, blocchi stradali e altre iniziative che provocano feriti e scontri violenti tra residenti e forze di sicurezza, dopo l'incontro avuto con i rappresentanti della Chiesa cattolica, il governo ha annunciato altri 15 giorni di coprifuoco. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 279

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.