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Sommario del 08/10/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: mai rassegnarsi alla divisione dei cristiani, vedere ciò che unisce

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Non bisogna mai rassegnarsi alle divisioni che ancora oggi esistono fra i cristiani, ma bisogna pregare gli uni per gli altri, “camminando insieme” e “facendo opere di carità”. E' stata dedicata all'ecumenismo la catechesi di Papa Francesco all’udienza generale tenuta in Piazza San Pietro di fronte a decine di migliaia di persone. Al termine, il pensiero del Papa sulla donazione degli organi: è una “testimonianza di amore al prossimo”, ha detto, “vengano evitati abusi, traffici e compravendita”. Il servizio di Alessandro De Carolis

Due parole che fanno rima, comunione e divisione, ma che rappresentano gli antipodi dell’esperienza cristiana. Entrambe presenti nella storia della Chiesa fin dal Cenacolo e che nel corso dei secoli hanno minato – per interessi e orgoglio – il “che tutti siano uno” di Gesù, spezzando l’unità tra i cristiani. Di fronte a questo stato di cose, la catechesi di Papa Francesco mette in allerta le coscienze dal pericolo della “rassegnazione” sulla separazione fra coloro che sono e dovrebbero sentirsi fratelli:

“Anche oggi i rapporti non sono sempre improntati al rispetto e alla cordialità… Ma mi domando: come ci poniamo di fronte a tutto questo? Siamo anche noi rassegnati, se non addirittura indifferenti a questa divisione? Oppure, crediamo fermamente che si possa e si debba camminare nella direzione della riconciliazione e della piena comunione? La piena comunione, cioè poter partecipare tutti insieme al Corpo e al Sangue di Cristo”.

Quando siamo divisi, “facciamo una ferita a Cristo”, incalza col suo stile Papa Francesco, che getta uno sguardo addolorato all’indietro, a quelle fratture della famiglia cristiana “protratte” così “a lungo nel tempo” che, ammette, “risulta ormai difficile ricostruirne tutte le motivazioni e soprattutto trovare delle possibili soluzioni”. E a quelle guerre scatenate in passato all’interno della Chiesa, bollate come una “vergogna”:

“Le ragioni che hanno portato alle fratture e alle separazioni possono essere le più diverse: dalle divergenze su principi dogmatici e morali e su concezioni teologiche e pastorali differenti, ai motivi politici e di convenienza, fino agli scontri dovuti ad antipatie e ambizioni personali… Quello che è certo è che, in un modo o nell’altro, dietro queste lacerazioni ci sono sempre la superbia e l’egoismo, che sono causa di ogni disaccordo e che ci rendono intolleranti, incapaci di ascoltare e di accettare chi ha una visione o una posizione diversa dalla nostra”.

La lezione che se ne ricava è chiara, riassume il Papa: bisogna ricercare con costanza la comunione oggi, in continuità “con quella di Gesù” degli inizi. Cristo, ripete, ci chiede anzitutto di pregare sempre “per l’unità dei cristiani” e insieme chiede quella larghezza di cuore in grado di aprire al buono presente in chi non la pensa come noi:

“Ci chiede di non fissare lo sguardo su ciò che ci divide, ma piuttosto su quello che ci unisce, cercando di meglio conoscere e amare Gesù e di condividere la ricchezza del suo amore (...) Aiutiamoci l’un l’altro! Ma tu la pensi così, tu la pensi così … In tutte le comunità ci sono bravi teologi: che loro discutano, che loro cerchino la verità teologica perché è un dovere, ma noi camminiamo insieme, pregando l’uno per l’altro e facendo opere di carità”.  

L’ultimo pensiero su quello che definisce “comunione in cammino”, “ecumenismo spirituale”, Papa Francesco lo desume da un anniversario personale, datato 8 ottobre 1944:

“Oggi, io sono tanto grato al Signore perché oggi sono 70 anni che ho fatto la Prima Comunione. Ma fare la Prima Comunione, tutti noi dobbiamo sapere che significa entrare in comunione con gli altri, in comunione con i fratelli della nostra Chiesa, ma anche in comunione con tutti quelli che appartengono a comunità diverse ma credono in Gesù. Ringraziamo il Signore per il nostro Battesimo, ringraziamo il Signore per la nostra Comunione, e perché questa Comunione finisca per essere di tutti, insieme”.

Al momento dei saluti ai vari gruppi linguistici in Piazza s. Pietro, Papa Francesco ne ha indirizzato uno speciale ai promotori della Giornata Europea per la donazione di Organi. Auspico, ha detto, “che con questa forma peculiare di testimonianza di amore al prossimo si salvaguardi la certezza della morte del donatore e vengano evitati abusi, traffici e compravendita”.

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Sinodo: confronto sulla crisi della fede nelle famiglie

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“La Chiesa è una fiaccola che accompagna il popolo in cammino”. Così padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, si è espresso nel briefing con i giornalisti, nel terzo giorno del Sinodo dei vescovi dedicato alla famiglia. La fede non è aderire ai contenuti – ha sottolineato padre Lombardi – ma un’adesione, un’incontro, un’alleanza con Cristo. Evidenziato anche che, tra ieri pomeriggio e questa mattina, molti sono stati gli interventi e testimonianze provenienti dall’Africa. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

Centrale nel confronto dei vescovi ha detto padre Lombardi il tema della crisi della fede e della famiglia:

La crisi delle famiglie nella Chiesa, e anche la crisi delle famiglie cristiane nella società, è molto collegata alla crisi generale della fede in questo tempo. Si è notato come bisogna essere attenti a ricordare che la fede non è aderire solo a dei contenuti, a degli insegnamenti, ma la fede è anzitutto una adesione personale a Cristo, una scelta per Cristo, un incontro con Cristo, un’alleanza con Lui”.

Quindi, i vescovi sottolineano la necessità di affidarsi a Dio piuttosto che cedere a se stessi:

Molti interventi hanno parlato della fiducia che bisogna avere nella grazia di Dio: non prendere la nostra debolezza come misura, ma la grazia di Dio e la fiducia nella grazia di Dio, come misura del nostro agire, delle nostre decisioni. E, in questo senso della fiducia nella grazia, si è parlato spesso dell’importanza della preghiera e della spiritualità nella vita familiare e ci sono stati alcuni interventi molto belli sul tema del perdono e della riconciliazione nella vita familiare, i pellegrinaggi ai santuari in cui si prega Maria, perché aiuti a trovare la grazia del perdono e della riconciliazione”.

E’ stata sottolineata, inoltre, la debolezza di fede di molti battezzati, che spesso porta al matrimonio senza che i coniugi ne abbiano la giusta consapevolezza. Il legame tra Battesimo e Matrimonio, rimarcano, non può essere solo una tradizione culturale o un’esigenza sociale, ma deve essere inteso come una decisione vocazionale. “Tema ricorrente – ha detto padre Lombardi – il rapporto tra verità e misericordia, tra fedeltà alla dottrina e magistero della Chiesa e l’attenzione alla sofferenza di tante persone”:

Si è fatto riferimento al contesto in cui viviamo come a un contesto di cultura della libertà, in cui noi dobbiamo muoverci nel riproporre la dottrina oggi. Un intervento interessante ha ricordato per analogia il Concilio Vaticano II: è riuscito, affrontando il tema della libertà religiosa, a conciliare il tema della fedeltà alla verità e dell’impegno della Chiesa per la verità e la libertà religiosa, pensando che possa esserci un’analogia sullo sforzo che il Sinodo deve fare adesso anche per i temi della pastorale familiare”.

Poi, si è guardato al servizio che la Santa Sede svolge nell’ambito internazionale per sostenere la famiglia e una corretta visione di questa realtà, in confronto alle ideologie che tendono a indebolirla, come la “dittatura del pensiero unico” che mira a introdurre nella società controvalori che distorcono la visione del matrimonio come unione tra uomo e donna.

Punti di criticità anche la crisi di valori, il secolarismo ateo, l’edonismo, l’ambizione del potere che – dicono – oggi distruggono la famiglia, la snaturano, indeboliscono le persone e, di conseguenza, rendono fragile anche la società. Quindi, i presuli hanno incoraggiato alla missionarietà, soprattutto nei giovani:

“Si è parlato della missionarietà che va incoraggiata, delle tante esperienze positive di annuncio della famiglia con entusiasmo da parte di giovani, da parte di movimenti. Si è ricordato il Papa Francesco a Rio de Janeiro, che invitava i giovani a essere missionari del coraggio della stabilità, nel confronto di una cultura del provvisorio. E quindi, il Sinodo è stato anche invitato a far sentire il suo sostegno per coloro che si impegnano per una missione positiva della famiglia oggi”.

E’ stata evidenziata la famiglia quale luogo di bellezza, di relazione e culla in cui nascono le vocazioni, dove il rapporto tra sacerdozio e famiglia cresce e si sostiene nella preghiera. Famiglia come luogo di accoglienza:

La famiglia, come luogo dell’accoglienza delle persone più fragili o più deboli, in particolare dei malati e degli anziani, come luogo di tenerezza e di conforto per la sofferenza, nell’ambito familiare”.

Numerosi interventi – ha detto padre Lombardi – sono stati dedicati all’Africa e  Medioriente che vivono in contesti politici, economici e religiosi difficili e dove vanno incentivati percorsi di pace e giustizia. In Africa, tante le sfide, come la poligamia, levirato, sètte, guerra, povertà, il doloroso dramma della migrazione, la pressione internazionale per il controllo delle nascite.

Quanto all’indissolubilità del matrimonio i vescovi hanno evidenziato che oggi sembra che la legge si contrapponga al bene della persona. In realtà, la verità del legame coniugale e della sua stabilità è iscritta nella persona stessa, precisano, quindi non si tratta di contrapporre legge e persona, ma di comprendere come aiutare a non tradire la propria verità. Guardando poi alle nuove tecnologie si sente l’esigenza di un nuovo linguaggio nell’annuncio del Vangelo. Suggerita infine una riflessione sulle famiglie che non hanno avuto il dono dei figli pur desiderandolo, così come su quelle delle regioni colpite dal virus Ebola.

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Card. Scherer: situazioni irregolari, riflessioni al Sinodo

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Già alla vigilia del Sinodo l’attenzione dei media e dell’opinione si è concentrata sulla possibilità di introdurre novità nella pastorale circa situazioni familiari difficili. “Siamo una Chiesa in cammino” spiega il cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo in Brasile. Paolo Ondarza lo ha intervistato:  

R. – Noi siamo in cammino e cerchiamo di fare luce sulla situazione. Secondo me, c’è un desiderio di cambiamento, ma alla fine cosa deve cambiare? La natura del matrimonio, la natura stessa della famiglia, quelli che sono i principi cristiani riguardanti la famiglia, il matrimonio, difficilmente si possono cambiare. Ma ci sono tante cose che dipendono da forme culturali, locali, storiche, che magari potrebbero cambiare e su questo si riflette e si rifletterà ancora, perché non è che dobbiamo decidere noi. Il Sinodo è consultivo, quindi il Santo Padre ascolta, si fa un’idea e poi deciderà quello che ritiene di dover decidere. La questione, per esempio, del concetto di indissolubilità del matrimonio e la questione delle coppie risposate, che vorrebbero una regolarizzazione del loro matrimonio e vorrebbero accedere ai sacramenti, è una questione che senz’altro ci impegna e che è al centro delle riflessioni. D’altra parte, c’è anche la domanda: noi sulla famiglia, sul matrimonio, dobbiamo davvero cedere a tutte le pressioni che ci sono e che sono anche queste storiche, di questo momento storico, con questa crisi di valori, o c’è un nucleo essenziale, del messaggio cristiano nella parola della Chiesa su famiglia e matrimonio che noi dobbiamo sostenere?

D. – Alcuni matrimoni sono stati celebrati senza che ci fossero le premesse per una validità effettiva...

R. – Sì, su questo c’è chiarezza. Quello che forse manca è la possibilità reale di accesso ai tribunali, all’assistenza canonica della gente. Tanti ancora pensano che non ci sia la possibilità di avere una dichiarazione di nullità o c’è la confusione di pensare che 'nullità’ sia lo stesso che ‘divorzio’. Manca la fattibilità pastorale. E’ su questo che dobbiamo insistere:  rendere più pastorale il servizio giuridico canonico, per favorire le coppie che hanno diritto ad una sentenza da parte della Chiesa riguardo la loro situazione.

D. - Crede che su questo si possano fare dei passi avanti significativi?

R. - Credo di sì. Il Santo Padre ha già nominato una commissione per studiare una forma più snella di processo canonico per il riconoscimento della nullità.

D. - Se da una parte viene evidenziata la bontà del disegno di Dio sul matrimonio tra uomo e donna, d’altro canto è stata evidenziata anche l’importanza di quelle coppie che si impegnano a vivere insieme senza celebrare il matrimonio. Questi, in qualche modo, possono essere considerate come una testimonianza di impegno laico di fedeltà?

R. - Sì, nella Chiesa siamo tutti in cammino. Chi è avanti può dare un contributo così come chi è all’inizio del cammino, chi ha dei problemi: tutti sono membri del popolo di Dio. Il popolo di Dio è fatto di santi e peccatori. Non vogliamo tenere solo i santi e cacciare i peccatori. Quindi, anche riguardo al matrimonio, ci sono coppie che vivono benissimo il Sacramento - Dio sia benedetto! -, ma altre che invece hanno problemi. Allora queste devono essere sostenute, incoraggiate. Ci sono coppie che non riusciranno mai “a mettersi in regola”, ma possono vivere tanti aspetti della vita cristiana, anche loro sono parte del popolo di Dio. Questo pensiero non è nuovo nella Chiesa, perché compare già molto chiaramente nella Familiaris Consortio di San Giovanni Paolo II. Però, tante volte questo viene dimenticato. Spesso tra l’opinione pubblica passa questa idea: “La Chiesa è fatta solo di santi. I peccatori sono esclusi”. Non è vero!

D. - In questo solco si inserisce anche tutto il dibattito sull’accesso alla Comunione per i divorziati risposati…

R. - Da una parte sì. Dall’altra bisogna verificare, perché lì c’è la questione di essere in comunione di fede con la Chiesa. A volte una situazione di “matrimonio rotto” rispecchia anche una situazione di non accettazione, di non essere, almeno in parte, in comunione di fede con la Chiesa. Perciò la questione della Comunione non si riassume semplicemente con il dire: “Si può, non si può …Lasciare, non lasciare …”, ma riguarda veramente questa questione di fondo di accettare o non accettare la fede della Chiesa.

 

Questo il link per intervista integrale a card. Scherer:

 

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Sinodo. Coniugi Pirola: matrimonio cristiano, casa di un amore felice

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L’importanza di un educazione all’affettività che ponga la sessualità al servizio dell’amore e della persona è stata evidenziata in aula dai padri sinodali. In un contesto sociale caratterizzato da un’erotizzazione esasperata che separa il sesso dall’amore, è stato invocata la necessità di una pastorale familiare che promuova una mistica familiare e coniugale. Paolo Ondarza ha raccolto la testimonianza dei coniugi australiani Romano e Mavis Pirola, uditori al Sinodo e responsabili dell’"Australian Catholic Marriage and Family Council": 

R. – Il matrimonio è un sacramento sessuale. La spiritualità del matrimonio è strettamente legata alla sessualità. Per sviluppare il Sacramento abbiamo bisogno di Dio, ma la coppia per sviluppare questa spiritualità non può prescindere dalla sfera sessuale.

D. – Spesso si pensa che la Chiesa sulla sessualità dica tanti “no”. In realtà dietro a questi “no”, è stato detto anche in Aula, si nasconde un grande “sì”: un "sì" che vuol dire pienezza di vita, sviluppo pieno della sessualità nel matrimonio, attraverso la grazia del Sacramento.

R. – Vero, vero. La società pensa che il sesso sia meglio fuori del matrimonio e che dopo il matrimonio non ci sia più spazio per la sessualità. Questa è un’idea ridicola! Quanti poveri ragazzi vanno in giro alla ricerca di esperienze fuori dal matrimonio e purtroppo finiscono per ferirsi... All’interno del matrimonio, l’amore è vissuto al massimo. E’ grazie all’aiuto di Dio, chiesto con la preghiera, che si va avanti, attraverso il Sacramento si ottengono tante grazie. Noi siamo sposati da 55 anni, abbiamo avuto tanti problemi, come tutti gli sposi, ma siamo qui ancora innamorati.

D. – Quando un giovane vede una coppia unita dopo 55 anni, vede anche un modello, qualcosa che desidererebbe essere?

R. – Speriamo che non si spaventi! Può darsi che non creda sia possibile, ma non si può dire che questo non sia possibile, perché eccoci, ci siamo.

D. – 55 anni non si fanno tutti insieme, si costruiscono giorno per giorno…

R. – Vero. Ogni giorno, sì. E’ come costruire una casa: si costruisce pian piano. Tante volte si sbaglia, torna indietro, ma con buona volontà, man mano che andiamo avanti, ci sentiamo sempre più uniti.

D. – Il disegno di Dio sull’uomo e sulla donna, l’antropologia cristiana, oggi, è messa in discussione da visioni del mondo che vorrebbero reimpostare il discorso su altre basi, su altre fondamenta. Come rispondere, come coppia, come famiglia, come laici, a questa sfida?

R. – Papa Giovanni Paolo II ha detto: “Famiglie, diventa ciò che sei”. Questo è molto importante. Bisogna far sapere alle coppie che sono già una testimonianza: la famiglia c’è da sempre e resterà per sempre. Bisogna avere speranza.

D. – Il modello di famiglia naturale oggi è in crisi. Come le famiglie, insieme con la Chiesa, possono affrontare questa sfida?

R. – Le famiglie devono imparare dalla Chiesa, ma la Chiesa deve imparare anche dalle famiglie, dalla Chiesa domestica. Questa è una cosa molto importante, perché in questo momento specialmente ci si chiede come conciliare  dottrina e misericordia. Questa è una cosa che si fa nella famiglia, sempre, ogni giorno. Ci sono famiglie che vivono quotidianamente questi problemi: come far osservare le regole ai ragazzi, ai bambini? Prima di tutto, mostrando amore nei loro confronti. Allora, è importante imparare dalle famiglie per capire cosa si può fare anche nelle parrocchie. Imparare tutte e due, le une dalle altre.

D. – La Chiesa ha molto da imparare dalla vita quotidiana in famiglia…

R. – Dalla vita quotidiana, con tutti i problemi, ma anche con tutti i successi, perché in famiglia, è bene dirlo, non esistono solo problemi.

D. – Venite dall’Australia: quali sfide vi trovate ad affrontare come coppia?

R. – Ci si può lamentare del fatto che i mass-media siano sempre contro il matrimonio. E’ vero, ma bisogna avere la speranza che le cose andranno meglio. Alla fine, la gente capirà che il matrimonio è un bel modo di vivere. Abbiamo rispetto per tutti, ma il matrimonio è una vita bellissima, importante, specialmente quando si hanno figli come noi fortunati, e nipoti.

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Nessuno è uno scarto: messaggio del Papa alla Catholic Charities Usa

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Offrire sempre accoglienza e un luogo sicuro, nessuno deve essere uno scarto. Così Papa Francesco in un video-messaggio, letto in lingua spagnola, inviato alla riunione annuale della Catholic Charities Usa, fondazione cattolica impegnata nella lotta alla povertà negli Stati Uniti, svoltasi a Charlotte in Florida, dal 5 al 7 ottobre, dal tema “Dettare il passo; cambiare il corso”. Servizio di Francesca Sabatinelli

Come nella parabola del Buon Samaritano, siamo chiamati oggi ad essere quel Samaritano che si e fermato durante il suo viaggio di affari per prendersi cura del suo prossimo, e siamo chiamati anche a essere come l’”albergatore”, e cioè restare aperti per curare e offrire un luogo sicuro di assistenza. Papa Francesco si rivolge così alla Catholic Charities Usa, esortando i fedeli a stare in strada:

"Siamo chiamati ad essere in strada, invitando e servendo gli emarginati e gli esclusi, affinché non lo siano.  Vediamo l’immagine di Dio negli occhi di tutte quelle persone".

Purtroppo oggi, continua Francesco citando la sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium, si tende a considerare l'essere umano come una merce che può essere usata e poi gettata via:

"Abbiamo dato inizio alla cultura dello scarto che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma  di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono sfruttati ma rifiuti, avanzi. Nessuno deve essere uno scarto, nessuno deve essere escluso dall’amore di Dio e dalla nostra attenzione".

Francesco si rivolge quindi a tutte le componenti della Catholic Charities, ai membri del consiglio, ai donatori, ai volontari, riconosce che il loro lavoro negli Stati Uniti, al fianco dei poveri, dei soli, degli anziani, delle giovani famiglie, degli adulti senza fissa dimora, dei bambini affamati, dei giovani rifugiati, dei padri migranti e di tanti altri, permette loro di conoscere e sperimentare l'enorme e abbondante amore di Dio per mezzo di Gesù Cristo:

"Siete le stesse mani di Gesù nel mondo. La vostra testimonianza aiuta a cambiare il corso della vita di molte persone, famiglie e comunità. La vostra testimonianza aiuta a cambiare i cuori".

Il Papa ricorda poi la visita fatta da San Giovanni Paolo II nel 1987, durante l’annuale riunione, a San Antonio in Texas. In quell’ occasione non mancò di esortare la Catholic Charities Usa a “unire, trasformare, e servire” coloro nel bisogno intraprendendo “azioni dirette  ad alleviare le loro ansie, a rimuovere i loro fardelli, e allo stesso tempo condurli alla dignità dell’autosufficienza, all’autogestione”. Non dimentichiamo, dice Francesco, che “servire i poveri significa anche difenderli e provare a  riformare le strutture che causano o perpetuano la loro oppressione”. In definitiva, aggiunge, “ciò che state facendo qui oggi - unire le persone e le comunità – deve essere fatto in tutto ciò che realizzate”.  Il Papa ringrazia quindi  le Catholic Charities per il loro quotidiano impegno in strada, curando i bisognosi attraverso le opere di giustizia e carità:

"Voi siete il motore della Chiesa che organizza l’amore - Caritas -  affinché tutti  i fedeli lavorino uniti, rispondendo con opere concrete di misericordia. Voi impostate il ritmo per la Chiesa perché sia ogni giorno nel mondo. Voi aiutate gli altri a cambiare il corso delle loro vite. Voi siete il sale, il lievito e la luce che regala un segno di speranza a coloro che sono nel bisogno. Voi con la vostra testimonianza di incontro con il  Signore, che ci dona una vita di abbondanza e gioia, aiutate a cambiare il corso delle vostre comunità locali, dei vostri Stati, del vostro Paese e del mondo. La gioia di servire, di promuovere il bene di tutti, segue la chiamata della Chiesa primitiva che voleva dare risposta a tutte le necessità".

L’invito di Francesco è quindi di praticare la misericordia, cuore del messaggio cristiano, e di anteporre sempre i poveri in tutto ciò che si fa. “Loro – conclude – ci precederanno nel Regno dei cieli, ci apriranno i cancelli. Siamo chiamati ad essere Chiesa, siamo chiamati a essere un popolo dei poveri e per i poveri”.

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Nomine episcopali in Italia, Spagna e Brasile

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In Italia, Papa Francesco ha nominato Vescovo della diocesi di Pistoia mons. Fausto Tardelli, finora vescovo della diocesi di San Miniato. Il presule è nato a Lucca il 5 gennaio 1951. Entrato nel Seminario diocesano nel 1964, vi seguì tutti gli studi in preparazione al sacerdozio. Venne poi ordinato sacerdote il 29 giugno 1974 e incardinato nell’arcidiocesi di Lucca. Dopo l’ordinazione sacerdotale, continuò a Roma gli studi teologici e fu per quattro anni alunno dell’Almo Collegio Capranica. Conseguì la Licenza in Teologia morale e il Dottorato presso la Pontificia Accademia Alfonsiana, con una tesi dal titolo “Alterità e etica. La relazione con l’altro e l’impegno etico nelle opere di Emmanuel Levinas”. Sempre a Roma, negli anni 1981 al 1982 frequentò alcuni corsi di Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense.  Ritornato in diocesi nel 1978, gli venne affidato l’incarico di docente di Teologia morale dapprima presso il Seminario di Lucca, poi presso lo “Studio Interdiocesano” di Camaiore, oggi affiliato alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale. Nel 1979 venne nominato Assistente di alcuni Gruppi Scouts di Lucca e dal 1978 al 1992 fu Assistente del Movimento Studenti d’Azione Cattolica. Nel 1983 il suo Ordinario lo nominò Vice Cancelliere prima e poi Cancelliere della Curia fino al 1993. Ricoprì altresì l’incarico di Assistente diocesano di Azione Cattolica dal 1984 al 1987 e Assistente della FUCI fino al 1992.  Nel frattempo, nel 1986 gli venne affidata la parrocchia di San Concordio in Moriano e nel 1992 quella di Massarosa, un grande centro situato tra Lucca e Viareggio. Nel 1995 venne chiamato a reggere un’importante parrocchia nel centro storico di Lucca, dedicata a S. Pietro Somaldi e S. Leonardo, dove rimase fino al 2001, quando venne nominato Pro-Vicario Generale dell’arcidiocesi e Moderatore della Curia. Nel 1994 gli venne affidata l’organizzazione della preparazione del Sinodo diocesano, di cui nel 1996 divenne Segretario. Terminato il Sinodo, venne nominato Vicario Episcopale per l’attuazione dei Decreti sinodali ed in particolare per la realizzazione delle Unità Pastorali, incarichi che ricoprì fino al 2001. Eletto alla sede vescovile di San Miniato il 6 marzo 2004, è stato ordinato Vescovo il 2 maggio dello stesso anno. Attualmente, in seno alla Conferenza Episcopale Toscana, ricopre l’incarico di Segretario.

In Spagna, il Papa ha nominato coadiutore dell'arcidiocesi di Mérida-Badajoz mons. Celso Morga Iruzubieta, trasferendolo dalla sede titolare di Alba marittima e dall'ufficio di Segretario della Congregazione per il Clero. Mons. Celso Morga Iruzubieta è nato a Huércanos, La Rioja, diocesi di Calahorra y Calzada-Logroño (Spagna), il 28 gennaio 1948. Compiuti gli studi istituzionali nel Seminario diocesano è stato ordinato presbitero il 24 giugno 1972 per la diocesi di origine. Dal 1974 al 1980 è stato Parroco di Anguiano, Viguera e Vicario giudiziale aggiunto nella propria diocesi. Nel 1978 ha conseguito il Dottorato in Diritto Canonico preso l'Università di Navarra. Dal 1980 al 1984, tramite la "Obra de Cooperación Sacerdotal Hispanoamericana" è giunto nell'arcidiocesi di Córdoba (Argentina), dove ha svolto gli incarichi di Vicario giudiziale aggiunto, Professore di Diritto Canonico e Confessore nel Seminario arcidiocesano. Dal 1984 al 1987 è stato Parroco della parrocchia di San Miguel nella città di Logroño. Dal 1987 al 2000 ha prestato servizio presso la Congregazione per il Clero come Officiale; dal 2000 al 2009 come Capo Ufficio e dal 2009 al 2010 come Sotto-Segretario. Il 29 dicembre 2010 è stato nominato Segretario del medesimo Dicastero e gli è stato assegnato la sede titolare di Alba marittima con dignità di Arcivescovo. Ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 5 febbraio 2011. A Roma, il presule ha collaborato pastoralmente nella parrocchia dei Santi Protomartiri Romani. È autore di alcuni libri di spiritualità e pastorale ed ha pubblicato diversi articoli su L'Osservatore Romano ed in altre riviste, riguardanti la vita ed il ministero dei sacerdoti.

In Brasile, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Goiânia il sacerdote Levi Bonatto, del clero della Prelatura Personale della Santa Croce e Opus Dei, finora Cappellano del Centro Culturale “Marumbi” a Curitiba, assegnandogli la sede titolare di Accia”. Mons. Bonatto è nato il 5 dicembre 1957 a São José dos Pinhais, nell’omonima diocesi. Accolto come numerario dell’Opus Dei nel 1980, ha compiuto gli studi di Filosofia presso lo Studium Generale della Prelatura a São Paulo e quelli di Teologia presso la Pontificia Università Santa Croce a Roma. Ha poi conseguito la Laurea in Economia presso l’Università Federale dello Stato di Paraná (1981) e la Laurea in Diritto Canonico presso la Pontificia Università della Santa Croce (1995). Il 10 marzo 1996 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale ed è stato incardinato nel clero dell’Opus Dei. Nel corso del ministero sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: Cappellano del Centro Culturale “Castelo” in Campinas (1997-2001); Cappellano del Centro Culturale “Alfa e Esplanada” a São José dos Campos (2001-2006); Padre Spirituale dei seminaristi della diocesi di São José dos Campos (2001-2006); Cappellano del Centro professionale “Os Pinhais” per ragazze dalle limitate risorse economiche (2001-2006); Professore di Diritto Canonico e di Teologia presso lo Studium Generale dell’Opus Dei a São Paulo (2001-2006). Attualmente è Cappellano del Centro Culturale “Marumbi”, Coordinatore della Società Sacerdotale “Santa Cruz” nello Stato del Paraná e Confessore presso il Seminario Minore “São José” dell’arcidiocesi di Curitiba.

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La Libreria editrice vaticana alla Fiera del Libro di Francoforte

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Si è aperta oggi a Francoforte la 66.ma edizione della Fiera Internazionale del Libro: oltre 7mila gli espositori provenienti da 103 Paesi. Presente con uno stand anche la Libreria Editrice Vaticana (Lev). Ascoltiamo il direttore della Lev, don Giuseppe Costa, al microfono di Sergio Centofanti: 

R. – La presenza della Lev è massiccia direi: siamo in uno stand di 110 metri quadrati, assieme a noi ci sono i Musei Vaticani e la Biblioteca Vaticana. Abbiamo cominciato ad avere i nostri incontri: arriveremo a 70 editori. L’interesse per i libri della Lev, ovviamente, verte soprattutto su Papa Francesco ma anche su altri libri, come il volume di mons. Toso sulla Dottrina sociale della Chiesa. Direi che l’editoria religiosa europea, nonostante la crisi complessiva, si muove più dell’anno scorso.

D. – Quali sono le novità quest’anno a Francoforte?

R. – Ci sono novità per quanto riguarda gli editori cattolici italiani; ci sono novità anche su Paolo VI, perché c’è un gruppo di editori cattolici italiani che espongono nello stand comune dell’Associazione italiana editori; la San Paolo ha messo molto in evidenza la Bibbia, richiamando l’iniziativa della distribuzione della Bibbia a Piazza San Pietro. Noi abbiamo la nostra intera produzione e gli editori sono molto interessati agli interventi di Papa Francesco, addirittura c’è gente che già prenota i prossimi documenti, prenota la prossima Enciclica, quando ci sarà. Quindi, c’è molto interesse su questo versante; poi, c’è anche interesse per temi tipo l’ecologia, la creazione, temi come la misericordia, la povertà; segno che oltre la parola stessa di Papa Francesco si vuol conoscere qualcosa in più sui temi ispiratori di questo Pontificato.

D. – Che atmosfera si respira a Francoforte?

R. – A Francoforte sembra si respiri un’atmosfera di speranza, perché gli editori qui dimenticano i loro guai e sperano sempre, acquistando un nuovo libro, di fare nuovi affari. Da qui si riparte, si arriva e si riparte, è questo l’atteggiamento sostanziale di questa Fiera, per cui si viene sempre volentieri. È un luogo di incontro, di scambi; sì, di difficoltà ma soprattutto di speranze.

D. – Quindi, il libro ha ancora un futuro?

R. – Sì, il libro certamente ha un futuro, ha un appeal; qui non si parla di nuove tecnologie, non si parla di eBook. D’altra parte le nuove tecnologie hanno un percorso diverso dal cartaceo, diverso dal libro.

D. – E il libro religioso continua ad attirare…

R. – Sì, senz’altro. Il libro religioso continua ad attirare anche se, ovviamente, c’è molta attesa per nuove proposte.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Non rassegnamoci alle divisioni: nella catechesi il Papa parla del cammino verso l’unità dei cristiani.

Sull’esempio del Marocco, in prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia dal titolo “Dove la tolleranza religiosa è una realtà”.

Tensione al confine tra Israele e Libano.

Lo sguardo: l’introduzione di Hilarion Alfeev, metropolita di Volokolamsk, al libro che raccoglie meditazioni di Jorge Mario Bergoglio sulla Madre di Dio (tradotto in russo, verrà presentato il 14 ottobre a Mosca).

Per superare il clericalismo: Hermann Geissler su John Henry Newman e il concilio Vaticano II.

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Oggi in Primo Piano



I jihadisti dell'Is perdono alcune posizioni a Kobane

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I miliziani dello Stato islamico (Is) sono stati costretti a indietreggiare da alcune delle posizioni che avevano conquistato nella citta' curda di Kobane, nel nord della Siria, a causa dei raid aerei della coalizione internazionale. E’ quanto riferisce l'Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), confermando però che i jihadisti sono riusciti a varcare l'entrata sud della città. Ieri sono degenerate, fino a provocare 12 morti, alcune delle manifestazioni in Turchia in solidarietà della città siro-curda di Kobane e contro la scelta delle autorità turche di non intervenire pur avendo l’esercito a 800 metri.  Ma ascoltiamo quanto riferisce, nell’intervista di Fausta Speranza, il free lance Tiziano Tinazzi che si trova proprio al confine tra Turchia e Siria, nei pressi di Kobane:  

R. - Sono appena rientrato dalla frontiera con Kobane. Mi sono trovato a circa un km e mezzo dalla cittadina. Più avanti non si poteva andare, perché i militari turchi hanno blindato la zona e vietano a chiunque di avvicinarsi alla cittadina che in pratica è attaccata al confine. La situazione è quella di intensi combattimenti nella zona est. Da quello che siamo riusciti a vedere si sentivano continui colpi di armi leggere e diverse grosse esplosioni; non so se siano stati colpi di tank o piuttosto di raid aerei da parte della coalizione. Un paio erano molto forti; grosse colonne di fumo si sono alzate verso il cielo.  

D. - Le ultime agenzie dicono che i raid aerei - sembra ce ne siano stati almeno cinque della coalizione - abbiano avuto qualche effetto, indebolito almeno in alcune aree della città la presenza dei jihasdisti dell’Is? È così?

R. - Sicuramente negli ultimi due o tre giorni i bombardamenti stanno sortendo qualche effetto rispetto a prima. Forse prima erano meno concentrati, meno diretti sui veicoli blindati, perché il problema interno che hanno i miliziani curdi dell’Ypg non è quello del combattimento corpo a corpo o comunque di abbattere o colpire i miliziani dell’Isis, ma tanto quello di fermare i carri armati. Non hanno armi adatte per fermare i tank che l’Is ha sequestrato sia al governo siriano che a quello iracheno, per cui non riuscivano a fermarli. Probabilmente adesso i raid stanno colpendo questi mezzi blindati.

D. - Tu sei lì al confine turco. Che dire della reazione della gente al fatto che le autorità turche non scelgono di intervenire? L’esercito è a 800 metri da Kobane ma non interviene. Ieri ci sono state manifestazioni con morti in Turchia. La popolazione è scossa da questa situazione?

R. - La situazione è caldissima. Ci sono diverse regioni a maggioranza curda cui è stato imposto il coprifuoco. I curdi che si trovano sulla prossimità del confine rimangono impotenti a guardare quello che avviene dall’altra parte. Ovviamente i curdi accusano i turchi ed Erdogan di non fare assolutamente niente. Ci sono decine di carri armati che aspettano sulle colline qui intorno a Kobane. Sono lì insieme a decine e decine di soldati e camionette e non fanno niente, anzi, in alcuni casi disperdono i curdi quando tentano di protestare e fanno esplodere candelotti lacrimogeni. 

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Rapimento cristiani. Vicario di Aleppo: il Papa ha la Siria nel cuore

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Sono ore di grande apprensione nella comunità cristiana in Siria per la sorte di padre Hanna Jallouf, frate minore francescano rapito forse da membri del movimento jihadista Jahbat Al-Nusra, assieme a una ventina di parrocchiani tra il 5 e il 6 ottobre scorsi nel villaggio cristiano di Knayeh, lungo il confine turco. Le notizie sono ancora poche, ma la vicenda appare emblematica della condizione vissuta dalle comunità cristiane di Siria nel caos del conflitto. Lo spiega al microfono di Gabriella Ceraso il vescovo francescano, mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo: 

R. – Il padre Hanna da tre anni e mezzo aiutava tutti, tutti i gruppi, a prescindere dalla loro appartenenza religiosa o politica, quindi è stato un uomo per tutti. Adesso è accaduto questo fatto e quello che ci addolora di più è che non c’è niente di certo. Sappiamo solo che domenica sera sono entrati, l’hanno rapito dal convento e assieme a lui hanno rapito una ventina di persone del villaggio. Chi l’ha preso, che cosa vogliono, non lo sappiamo e questa incertezza ci addolora. Però, come ha sempre fatto la Chiesa, soprattutto i primi discepoli, speriamo, pregando che il Signore illumini la mente di questa gente.

D. – Ha notizie più recenti della sorte del gruppo di persone che sono state rapite?

R. – Le notizie più recenti risalgono a due ore fa: hanno liberato le donne che erano state prese. E questo è un buon segno, vuol dire almeno che non ci sono cattive intenzioni.

D. – L’atteggiamento della comunità, però – mi sembra di capire – è sempre stato di apertura e di collaborazione…

R. – Noi questo lo faremo sempre, con la grazia di Dio. Questa apertura noi la prendiamo anche come missione: fa parte della nostra natura cristiana aprirci a tutti ed essere anche un mezzo di riconciliazione per tutti. Perché se anche noi siamo un gruppo come gli altri, allora chi può riconciliare? Almeno siamo lì, forse non abbiamo questa grande influenza, però siamo una luce nel buio di questa violenza, di questa guerra veramente assurda. Siamo noi come Chiesa, come cristiani, e questo noi vogliamo continuare a esserlo. E per questo anche chiediamo la preghiera degli altri, per continuare a vivere questa nostra fede, per continuare a essere un segno di speranza e di riconciliazione, soprattutto di riconciliazione.

D. – Come si può continuare a testimoniare senza farsi prendere dalla paura, quando ti impediscono, per esempio, di suonare le campane, ti impediscono di avere i simboli di fede, come può esser il Crocifisso?

R. – Ringraziamo il Signore che questo non succede ovunque… Poi, d’altronde, torniamo alle origini della nostra fede, con il Signore che ci dice: “Non aver paura, piccolo gregge”. Voglio ricordare le parole – credo – di Luther King, che diceva: “La paura ha bussato alla porta e la fede è andata ad aprire, ma non ha trovato nessuno”. E’ vero che a questa porta la paura bussa spesso, ma speriamo che la fede sia lì, sempre, ad aprire questa porta, per darci coraggio.

D. – Lei, come vicario apostolico di Aleppo, è stato a Roma dal Papa, nei giorni scorsi? Lo ha incontrato?

R. – Siamo stati nell’incontro con i nuovi vescovi…

D. – ...e ha avuto modo di consegnargli, o di ricevere dal Papa una parola?

R. – Mi ha detto che ha la Siria nel suo cuore e nella sua preghiera, e che prega per tutti i cristiani del Medio Oriente. E’ ben consapevole di quello che sta succedendo ai cristiani e per questo noi lo ringraziamo veramente. E io, quando sono andato a Roma, molti – non solo cristiani, ma soprattutto musulmani – mi hanno detto: “Per favore, ringrazi il Santo Padre a nostro nome per tutto quello che sta facendo per noi”.

D. – Certo, abbracciare e potere abbracciare il Papa e sentire queste parole e poi tornare in Siria e vivere il dolore di una notizia così, dev’essere stata dura 

R. – Sì. Ma io portato con me le parole del Santo Padre che per noi sono state parole di incoraggiamento e anche di speranza e di gioia.

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Violenze a Maiduguri, un religioso: Nigeria come Iraq e Siria

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Uccisioni, saccheggi, sequestri, violenze. Sono le azioni degli estremisti Boko Haram in Nigeria che hanno già provocato almeno 10 mila morti, perlopiù civili, e 700 mila sfollati, di cui 100 mila nella parte orientale del Niger, zona arida soggetta a continue crisi alimentari. I terroristi islamici, che detengono ancora circa 200 ragazze rapite in aprile, soltanto negli ultimi due mesi hanno incendiato 185 chiese nella diocesi di Maiduguri, il cui territorio comprende gli Stati settentrionali di Borno, Yobe e alcune aree di quello di Adamawa. Secondo la Chiesa locale, oltre 190 mila persone sono state costrette alla fuga ed ora vivono sfollate in ripari di fortuna nella stessa Maiduguri o in località vicine. Ce ne parla padre John Bakeni, segretario e cancelliere della diocesi di Maiduguri, intervistato da Giada Aquilino

R. - La situazione per noi è molto brutta. Ci sono tanti morti e anche molti sfollati, perché i terroristi hanno occupato tanti villaggi nella regione.

D. - Testimoni raccontano di occupazioni, incendi alle chiese, rapimenti, violenze sulle donne, anche decapitazioni, come sta succedendo nel sedicente Stato Islamico (Is) in Iraq e Siria: come avvengono le azioni di Boko Haram?

R. - Hanno la stessa metodologia dell’Is per occupare i villaggi, anche per uccidere la gente. Ci sono tante donne che sono già diventate musulmane, come i terroristi; ci sono anche tante donne che sono state uccise.

D. - Ci sono cioè donne che sono state uccise e altre donne che, per non morire, si sono convertite all’Islam?

R. - Convertite, sì, all’Islam…

D. - Perché, secondo lei, i guerriglieri di Boko Haram agiscono in questa maniera?

R. - La ragione è molto complicata. Vogliono stabilire la legge della sharia e il califfato, con i soli musulmani, come in Siria, in Iraq, in Somalia: sono tutti uguali.

D. - In Iraq e Siria si assiste alla decapitazione dei prigionieri, ma anche alla persecuzione dei cristiani e delle altre minoranze. Questo succede anche in Nigeria?

R. - Sì, anche qui. Già sono stati uccisi tanti cristiani e molte loro case sono state distrutte, bruciate.

D. - E dove si trovano ora i cristiani? Dove hanno trovato rifugio?

R. - Ce ne sono tanti qui, in particolare a Maiduguri, anche a Mubi, Yola, pure a Jos.

D. - A novembre entrerà in azione una forza regionale africana per fronteggiare l’avanzata di Boko Haram. Che speranze ci sono?

R. - Questo problema è più grande di noi. Possiamo chiedere aiuto ad altri Paesi, perché questi problemi sono troppo grandi perché la Nigeria possa gestirli da sola.

D. - E la Chiesa nigeriana, e in particolare la Chiesa di Maiduguri, che cosa si aspetta per i prossimi mesi?

R. - Preghiamo, come ci ha chiesto il vescovo, mons. Oliver Dashe Doeme. In questo momento, speriamo in Dio. Recitiamo questa preghiera ogni mattina, ogni settimana, specialmente durante la Messa della domenica. Facciamo processioni e recitiamo il Rosario per chiedere aiuto a Dio, invocando la pace e la conversione dei cuori tra i terroristi.

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Napoli. Aperto 11.mo Forum Greenaccord: "Sfamare il mondo"

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Sono 800 milioni le persone che soffrono la fame nel mondo, anche se grazie agli Obiettivi del millennio posti dall’Onu la sottoalimentazione si è ridotta dal 23% al 14% in 63 Paesi in via di sviluppo. Con questa fotografia fatta da Ren Wang, vicedirettore generale del dipartimento Fao per Agricoltura e protezione consumatori, si è aperto  questa mattina a Napoli l’11.mo Forum internazionale dell’informazione per la salvaguardia della natura, promosso dall’Associazione Greenaccord. Tema dell’incontro, che si concluderà sabato, è “Sfamare il mondo: alimentazione, agricoltura e ambiente”. Marina Tomarro ne ha parlato con Andrea Masullo, presidente del comitato scientifico del Forum: 

R. – Questo tema è stato scelto perché si tratta veramente della vera, grande sfida per il futuro dell’umanità. Noi siamo molto preoccupati per le guerre che ci sono in Medio Oriente. Ma c’è una vera grande guerra, che è latente, ed è la guerra per il cibo e per l’acqua, che si è già scatenata. Pensate soltanto che ormai nei Paesi poveri c’è una quantità di terre, pari a cinque volte la superficie agricola italiana, che sono state praticamente sequestrate dalle multinazionali alimentari che affittano i terreni per 50-100 anni e ne utilizzano le risorse sotterranee idriche e le produzioni agricole – in Paesi che soffrono la fame – per produrre per lo più mangimi e prodotti per il Nord ricco del mondo. Quindi, è veramente il problema dei problemi da affrontare per l’umanità.

D. – E parlando di alimentazione, naturalmente, non si può non parlare dello spreco alimentare. In che modo combatterlo?

R. – E’ chiaro come lo spreco nei Paesi ricchi comporti la sottrazione di cibo ai Paesi poveri. Spreco in senso lato, non soltanto alle quantità spesso eccedenti della nostra alimentazione, ma anche al tipo di alimentazione. Quindi, ridurre l’utilizzo di carni da allevamento e quindi cambiare i nostri stili alimentari, che fa bene alla salute individuale e alla salute del mondo, e si liberano risorse e alimenti per chi ne ha veramente bisogno.

D. – Quanto i cambiamenti climatici influiscono sulle risorse alimentari?

R. – La situazione è molto contraddittoria, perché purtroppo sempre i Paesi poveri si troveranno a soffrire di più per i cambiamenti causati dall’uso dell’energia da parte dei Paesi ricchi. Perché, tutti i processi di desertificazione e anche di crisi di produttività dei terreni sono soprattutto nei Paesi poveri e nei Paesi in via di sviluppo. Paradossalmente, i Paesi del Nord del mondo, i Paesi più ricchi, hanno più potenzialità per adattarsi, per modificare le pratiche agricole, modificare la stagionalità delle colture, per non veder ridotta eccessivamente la loro produzione alimentare. Ma sarà tragico che proprio quella parte del mondo che è destinata a crescere maggiormente come popolazione vedrà ridotta drasticamente la produzione alimentare.

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Beatificazione Paolo VI. Don Maffeis: suo grande merito istituzione Sinodo

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A pochi giorni dalla Beatificazione di Paolo VI, domenica 19 ottobre, si moltiplicano le iniziative sulla figura e il Pontificato di Papa Montini. Proprio al futuro Beato sarà dedicata la Convocazione regionale della Lombardia di Rinnovamento nello Spirito Santo, che si terrà il 12 ottobre a Montichiari nel bresciano, terra natale di Papa Montini. All’evento, interviene anche don Angelo Maffeis, presidente dell’Istituto Paolo VI, che – intervistato da Alessandro Gisotti – si sofferma in particolare su Paolo VI, il Concilio Vaticano II e la particolare sintonia con Papa Francesco: 

R. - Paolo VI ha ereditato il Concilio Vaticano II che il suo predecessore, Giovanni XXIII, aveva convocato. Credo che a distanza di 50 anni si percepisce in maniera particolarmente nitida la complementarietà di queste due personalità: Giovanni XXIII che ha avviato il Concilio e Paolo VI che lo ha portato a termine. Paolo VI ha guidato l’assemblea conciliare a redigere i documenti, ha cercato di creare le condizioni perché i padri si esprimessero con assoluta libertà, ma al tempo stesso arrivassero a concordare, a giungere ad un’unanimità - almeno morale - sui documenti che venivano redatti. Paolo VI ha interpretato questo Concilio come un esame di coscienza che doveva affinare la consapevolezza della Chiesa, della propria identità, della propria missione e rinnovare, di conseguenza, il modo di proporre il messaggio evangelico, le strutture e i modi di agire della Chiesa.

D. - A Montini è stato sempre riconosciuto di essere un uomo di grande intelligenza, di grande cultura. Invece è forse meno conosciuta la dimensione della sua spiritualità che certamente non è meno importante …

R. - Sì, perché credo che Montini appartenga a quella categoria di persone che non rivelano immediatamente la propria interiorità; c’è come pudore di manifestare quanto sta nell’intimo e nel cuore. Credo che questa dimensione di Montini sia apparsa soprattutto dopo la sua morte attraverso la pubblicazione di alcuni suoi scritti personali che anche l’Istituto Paolo VI di Brescia ha pubblicato in questi ultimi anni. Qui si coglie un Montini più personale, più intimo; e si coglie mi pare, anche con grande nitidezza, la radice spirituale che ha animato la sua azione pastorale, il suo sforzo di comprendere il tempo in cui ha vissuto e le scelte che ha compiuto.

D. - Come sappiamo Evangelii Nuntiandi di Paolo VI viene considerato da Papa Francesco il più importante documento di magistero sulla pastorale scritto finora. Quali altri elementi di contiguità, di particolare sintonia, ritrova tra Francesco e Paolo VI?

R. - Credo che sia felice questa coincidenza che vede la cerimonia di Beatificazione di Paolo VI coincidere con la conclusione dell’assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi. Il Sinodo dei vescovi è un’istituzione che Paolo VI ha voluto come continuazione di quella solidarietà, di quello scambio, di quel confronto all’interno del corpo episcopale che nel Vaticano II aveva trovato una sua espressione molto alta, ma che doveva poter trovare delle vie per esprimersi anche nella vita ordinaria della Chiesa. Nella linea della riflessione sulla missione della Chiesa che Paolo VI ha sviluppato, un elemento di continuità che Papa Francesco ricorda con questo Pontificato è certamente rappresentato dall’esortazione Evangelii Nuntiandi, che mi pare unisce questa consapevolezza del grande tesoro che la Chiesa ha ricevuto - e che deve proclamare con assoluta fedeltà - al dono che le è stato concesso, ma al tempo stesso questa sensibilità per la situazione contemporanea, per la cultura, per la realtà sociale in cui la Chiesa si trova a compiere la sua missione.

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Donne portatrici di speranza: una testimonianza al Sinodo

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“Donne seminatrici di speranza”: sarà questo il tema dell’Assemblea internazionale dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche, Umofc, previsto a Fatima a fine ottobre e questo è stato anche il tema proposto nel pomeriggio di ieri ad un incontro organizzato a Roma dall'Organismo, insieme all’Azione Cattolica Italiana, in occasione del Sinodo dei Vescovi dedicato alla famiglia. Tra i partecipanti Jeannette Tourè, uditrice al Sinodo. Il servizio di Adriana Masotti

A moderare l’incontro nella sede dell’Azione Cattolica Italiana la presidente dell’Umofc, Maria Giovanna Ruggieri che spiega che cosa significa parlare delle donne come seminatrici di speranza:

"Noi crediamo che oggi, come dice anche Papa Francesco, sia indispensabile trasmettere la speranza, trasmettere la gioia, perché il nostro è il Vangelo della gioia. Allora, noi crediamo che, per esempio, sia fondamentale il metodo del dialogo, dell’ascoltare l’altro, di mettersi in rapporto con l’altro, per creare un clima di reciproca fiducia e accettazione. Quindi, 'seminatrici di speranza' in ogni realtà, come dire che c’è sempre una possibilità. E’ vero, noi siamo sicuri della nostra speranza, Gesù Cristo, ma con quelli con cui non condividiamo un percorso di fede c’è comunque la speranza di creare insieme, per esempio, una realtà migliore, un ambiente più rispettoso della persona, dove i diritti della persona umana non vengono calpestati".

Molte le iniziative promosse dalle donne che aderiscono all’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche, presenti in oltre 60 Paesi. La presidente Ruggieri cita qualche esempio:

"L’obiettivo fondamentale è quello di aiutare la donna ad acquisire consapevolezza della propria vocazione, quindi della propria dignità, per avere anche un ruolo di protagonista, o comunque un ruolo partecipativo sia nella vita ecclesiale sia nella vita sociale. Abbiamo tante donne che hanno fatto o che continuano a fare un servizio anche in politica e nell’amministrazione locale, o a livello di Paese; in alcune realtà organizzano delle cooperative di lavoro, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo: mi viene in mente, per esempio, una cooperativa di pescatrici del Senegal. Poi, naturalmente, c’è tutto il discorso della cura della persona, soprattutto in Africa. Sono tutte coinvolte per la cura degli orfani dell’Aids sul fronte sia educativo, sia anche di prevenzione e di cura. Adesso abbiamo un gruppo della Guinea Conakry completamente immerso nel servizio per il problema Ebola, che si è sviluppato proprio in una zona dove vivono loro. Questa coincidenza tra la nostra assemblea e il Sinodo c’è sembrata una spinta in più a lavorare, perché noi lavoriamo molto sul discorso educativo nel nostro Organismo e, chiaramente, la famiglia è per noi l’ambiente naturale, per noi è stata sempre un punto di riferimento su cui lavoriamo e ci sono tante difficoltà. Mi viene in mente una donna del Gabon che diceva che nella sua comunità una ragazza è stata stuprata e nel villaggio – quando avvengono queste cose – le ragazze vengono emarginate; allora l’ha accolta nella sua casa, poi è nato anche il bambino e quindi ha curato lei e ha curato il bambino, e l’ha fatta studiare. Siamo molto prese anche dal tema del traffico di esseri umani: per esempio, quando sono stata in Nigeria, ho incontrato alcune signore della diocesi di Benin City, che ho subito convocato e ho chiesto loro: 'Ma sapete cosa succede in Italia con le ragazze di Benin City? Possiamo fare qualcosa insieme?'. C’è proprio questo aspetto della non consapevolezza. È vero, sono ragazze che vengono da realtà molto povere, per cui le famiglie non indagano troppo su come va a finire la storia della loro figlia in Italia… Poi, c’è anche il discorso che è un po’ più difficile – però in alcune realtà la nostra gente lo fa – del recupero anche di queste ragazze una volta che lasciano la strada".

Tra le partecipanti all’incontro anche Jeannette Tourè, presidente dell’Associazione donne cattoliche in Costa D’Avorio, AFEC, che aderisce all’Umofc. E’ una delle donne invitate a partecipare al Sinodo sulla famiglia e proprio stamattina è intervenuta durante la Quinta Congregazione. La Tourè è sposata con Mohammed, un musulmano molto credente e, nonostante le diversità, può testimoniare un matrimonio felice:

Je suis présente au Synode pour parler de ma vie de couple mariée a un…
"Sono presente al Sinodo per testimoniare della mia vita di coppia: io, donna cattolica, sono sposata con un musulmano; per questo mi hanno chiesto di partecipare, per parlare di questo. Mio marito ed io ci siamo conosciuti in Francia quando eravamo studenti; ci siamo sposati e oggi sono 52 anni che siamo sposati: 52 anni di vita in comune. I suoi parenti non erano d’accordo sul fatto che un musulmano sposasse una cattolica, e viceversa. Però, ci siamo sposati; abbiamo avuti cinque figli e sei nipoti, tutti i figli, in accordo con il mio sposo, sono stati battezzati e ora sono cattolici, e la stessa cosa vale per i nipoti. E grazie al Signore, abbiamo festeggiato i 52 anni di matrimonio vissuti nella tolleranza, nel rispetto reciproco delle nostre credenze, nel sostegno l'uno dell'altra. E’ stato proprio questo che ha spinto il cardinale Baldisseri a chiedermi di venire per rendere testimonianza della mia vita di coppia in tutti questi anni di matrimonio".

Ma che cosa si aspetta Jeannette Tourè dai lavori in corso in Vaticano?

Ce que j’ai remarqué c’est que tous les évêques parlent de la même chose …
"Ho notato che tutti i vescovi parlano dello stesso tema: parlano della famiglia, del matrimonio ma ci piacerebbe sapere, in concreto, quale sarà poi il seguito: che cosa si dirà perché i cattolici siano rassicurati. E io penso che l’ultima parola sarà quella del Papa … Io sono stata molto contenta di vedere il Papa seduto in mezzo a noi: è una grazia e per me un onore, perché è la prima volta che vedo il Papa di persona. Credo anche che questo Sinodo sia un dono di Dio. Il Sinodo è benvenuto: ciascuno dice quello che pensa. Ci sono famiglie in difficoltà, grandi difficoltà. Io penso che loro troveranno delle soluzioni per risolvere determinati problemi. In Africa, cerchiamo di fare il nostro meglio: cerchiamo di seguire Cristo, cerchiamo di vivere la nostra vita cristiana e cattolica liberamente, mentre in altri Paesi sono costretti – i cristiani – a nascondersi. Auguro a questo Sinodo buona fortuna, che i vescovi siano sempre illuminati, che ci insegnino quello che sanno, che ci dicano quello che vogliono che noi cattolici facciamo. E quello che loro vogliono che noi siamo sulla base dell’insegnamento che il Signore ci ha dato. Per quanto riguarda il problema delle coppie, ad esempio: Dio ha creato l’uomo e la donna, nella Genesi è scritto che: “uomo e donna li ha creati”, per vivere insieme e popolare la terra. Quindi, se oggi l’uomo vuole intenderla in altra maniera, cambiare la famiglia … non si può cambiare la famiglia! La famiglia è l’uomo, la donna e i figli, che formano un’unica persona. Per questo dobbiamo seguire la legge della Chiesa, la legge di Dio".

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria. Appello di Gregorio III: il mondo fermi i jihadisti

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"Tutto il mondo deve essere contrario a questi estremisti", che commettono violenze e costituiscono "una minaccia per tutti"; musulmani e cristiani "devono manifestare una ferma condanna", al riguardo è essenziale una "unità" di intenti "con l'islam e il mondo arabo". È quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. Gregorio III Laham, patriarca cattolico di Antiochia, di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti, commentando il sequestro del padre francescano nella notte fra il 5 e il 6 ottobre in Siria.

Nel condannare il rapimento il patriarca invita cristiani e musulmani e fare fronte comune contro "una minaccia" che riguarda "tutto il mondo"; egli parla di "attacco contro i cristiani" in Siria, la "culla del cristianesimo" che già "nell'anno 33 dopo Cristo può vantare le prime tracce della millenaria presenza". Infine, egli esorta a "tenere duro e non avere paura", al contrario di nutrire un sentimento di "speranza" che aiuti a "superare questa difficile situazione". 

Dall'inizio del conflitto siriano, le milizie jihadiste hanno sequestrato diverse personalità di primo piano della comunità cristiana locale; fra questi ricordiamo i due vescovi, il metropolita Boulos Yazigi (della Chiesa ortodossa di Antiochia) e il metropolita Mar Gregorios Youhanna Ibrahim (della Chiesa siro-ortodossa) prelevati nell'aprile 2013 ed altri due sacerdoti ortodossi. A questi si aggiunge il padre gesuita Paolo Dall'Oglio, sacerdote italiano rapito in Siria il 29 luglio 2013. (R.P.)

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Cina, morti due vescovi: fedeli a Cristo nonostante il carcere

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La Chiesa in Cina piange la scomparsa di due vescovi. Il 21 settembre scorso, è deceduto, all’età di 89 anni, mons. Giovanni Crisostomo Lan Shi, vescovo coadiutore emerito della diocesi di Sanyuan, nella provincia di Shaanxi (Cina Continentale). Il presule era nato nel 1925 a Tongyuan nella contea di Gaoling (Shaanxi) da una famiglia cristiana. A quattordici anni entrò nel Seminario diocesano; a ventinove fu ordinato sacerdote e assegnato come parroco a Jingyang, villaggio di Xiushidu. Nel 1965, all’approssimarsi della Rivoluzione Culturale, venne arrestato, detenuto e obbligato ai lavori forzati fino al 1979. Nel 1980, in seguito alla liberalizzazione delle attività religiose, gli fu nuovamente affidato l’incarico di parroco nello stesso villaggio di Xiushidu. Nel 2000 mons. Lan Shi fu approvato dalla Santa Sede come vescovo coadiutore di Sanyuan, diocesi retta allora da mons. Giuseppe Zong Huaide. Il 28 novembre dello stesso anno, egli ricevette l’ordinazione episcopale dall’allora vescovo della prefettura apostolica di Tongzhou/Weinan, mons. Lorenzo Zhang Wenbin. Durante il suo ministero episcopale, mons. Lan Shi si è dedicato in modo particolare ai giovani, accompagnandone alcuni al sacerdozio e alla vita consacrata. Essendo un amante della musica, compose anche alcuni brani per la liturgia. Le esequie hanno avuto luogo il 24 settembre scorso nella parrocchia di Xiushidu: vi hanno partecipato diversi vescovi locali, una quarantina di sacerdoti, un centinaio di suore e circa duemila fedeli.

All’alba del 23 settembre scorso, dopo una lunga malattia, all’età di 90 anni è deceduto mons. Giovanni Battista Wang Jin, vescovo di Yuci (Yütze), nella provincia di Shanxi (Cina Continentale). Il presule era nato il 22 aprile 1924 a Taiyuan, nello Shanxi, da una famiglia di lunga tradizione cattolica. Fin da piccolo avvertì la vocazione al sacerdozio e nel 1935 entrò nel seminario minore di Taiyuan. Costretto a rientrare in famiglia in seguito all’invasione giapponese del 1937, l’anno seguente poté riprendere gli studi in seminario. Nel 1943 passò al seminario maggiore di Taiyuan e nel 1949 perfezionò gli studi teologici presso il seminario di Macao. Dopo un anno di tirocinio pastorale nell’arcidiocesi di Taiyuan, fu ordinato sacerdote il 9 giugno 1951.

Successivamente svolse il proprio ministero in diverse parrocchie e come rettore del seminario, subendo anche l’arresto ed il carcere per venti anni (1965-1985). Scarcerato l’8 aprile 1985, riprese a svolgere il ministero sacerdotale nella diocesi di Yuci. Il 14 settembre 1999, dopo aver ottenuto l’approvazione della Santa Sede, ricevette l’ordinazione episcopale da mons. Silvestro Li Jiantang, arcivescovo di Taiyuan. Nel suo ministero episcopale si è sempre mantenuto fedele ai principi della Chiesa di Cristo, che ha profondamente amato in tutta la sua lunga vita. Nel periodo trascorso alla guida della diocesi di Yuci ha curato in modo particolare le vocazioni sacerdotali: dall’anno 2000 sono stati ordinati una trentina di sacerdoti, gli ultimi il 9 luglio scorso, dallo stesso presule, anche se da tempo malato e costretto a frequenti ricoveri. I funerali di mons. Wang Jin sono stati celebrati il 7 ottobre, nella cattedrale di Yuci. E’ stato sepolto nel cimitero dei sacerdoti a Dongergou (Taiyuan). 

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Hong Kong: sui colloqui con il governo, scettici gli studenti

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Mentre continua l’occupazione della aree attorno agli edifici governativi e altrove, con pesanti conseguenze sulla circolazione e di conseguenza sulla vita cittadina, la scorsa notte, un nuovo colloquio tra il sottosegretario per gli Affari costituzionali e cinesi, Lau Kong-wah, e i leader della federazione degli studenti ha delineato l’atteso incontro con il numero due del governo locale, la signora Carrie Lam. Avvio alle 16 di venerdì prossimo, senza pubblico come chiesto dagli studenti, ma con i mass media autorizzati ad essere presenti.

Per certo - riferisce l'agenzia Misna - nei futuri incontri non saranno discusse le richieste di base all’origine della protesta (scelta tra candidati proposti secondo criteri rappresentativi e elezione a suffragio universale), escluse dai negoziatori perché – dicono – richiederebbero un dibattito parlamentare e forse anche modifiche della Legge base, la costituzione della Regione autonoma speciale di Hong Kong.

Da qui la sfiducia di molti nel movimento di protesta verso l’iniziativa a cui comunque parteciperanno per non dare giustificazioni ad un eventuale repressione e lasciare anche la minima possibilità al dialogo. Come ha sottolineato ancora ieri Joshua Wong, popolare leader 17enne del movimento studentesco Scholarism, “dobbiamo usare questa opportunità per fare sentire la nostra voce e per chiedere a Carrie Lam (numero due del governo che sarà loro interlocutore) un chiarimento sulle violenze nei confronti degli studenti domenica 28 settembre”.

“Il governo dovrebbe chiudere con la finzione del suffragio universale piuttosto che impegnarsi a porre fine alla campagna studentesca. Noi combattiamo per la libertà del voto popolare e la nomina popolare dei candidati”, ha segnalato Wong.

Difficile quindi vedere una prospettiva di uscita dalla crisi e di fine delle iniziative di pressione degli studenti e di vari gruppi. Sondaggi di queste ore mostrano che il sosteno popolare alla protesta, arrivato al 70% due settimane fa, è ora dimezzato. Un risultato non inatteso, dati i disagi per la popolazione, a partire dal piccolo e medio business, dai trasporti locali e dalle famiglie, che il blocco delle aree di Admiralty, Wan Chai e Causeway Bay sull’isola di Hong Kong e Mong Kong sulla terraferma stanno provocando. (R.P.)

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Centrafrica: nonostante le violenze a Bozoum torna la normalità

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“Abbiamo riaperto le scuole e ripreso le attività pastorali, anche se la situazione non è certo pienamente stabilizzata” dice all’agenzia Fides padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano, parroco a Bozoum, nel nord-ovest della Repubblica Centrafricana, che cerca di uscire a fatica dalla crisi seguita alla guerra civile scoppiata alla fine del 2012.

Il 21 settembre una grande celebrazione eucaristica ha segnato l’inizio dell’anno pastorale. Come riferisce padre Aurelio nel suo blog, erano presenti “diversi movimenti con le divise o i foulard colorati. Danze e canti particolari, e un Offertorio, anzi due (il secondo per i poveri e gli orfani) che mi ha impressionato: pur nella povertà, tantissima gente ha portato doni, cibo, soldi per chi è meno fortunato”.

Le scuole hanno riaperto i battenti il 24 settembre, sia quelle cattoliche che le statali. “Le nostre scuole qui alla Missione (dall’asilo al liceo) accolgono anche quest’anno più di 1.100 alunni” sottolinea padre Aurelio.

“A Bozoum rispetto ad altre zone del Centrafrica la situazione è un po’ più tranquilla, anche se c’è ancora molta tensione e dobbiamo continuamente reagire a quello che accade attorno a noi” afferma padre Aurelio, che sottolinea però di avvertire “la mancanza delle autorità. In qualche modo cerchiano di sopperire alla latitanza dello Stato con il nostro Comitato di mediazione (composto tra gli altri dal segretario generale della prefettura, dal sindaco, dal parroco, da un pastore protestante, dal presidente delle Wali-Gala – le donne commercianti del mercato” .

“La scorsa settimana è venuta in visita una delegazione dell’Onu e degli organismi ad esso associati (Pam, Unicef, Unhcr, ecc.). I rappresentanti di questi organismi ci hanno ringraziato per quello che facciamo come Comitato di mediazione, ed hanno sollecitato le autorità ad essere presenti a Bozoum, la loro assenza si fa notare” conclude il missionario. (R.P.)

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India. Madhya Pradesh: governo annulla raduno cristiano

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"Una parodia della giustizia che colpisce la minoranza cristiana, su pressione dei nazionalisti indù e con il tacito accordo dell'amministrazione". Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), definisce così all'agenzia AsiaNews la recente presa di posizione del governo del Madhya Pradesh, che ha deciso di vietare un raduno cristiano perché "disturba la pace". In realtà, dietro questa scelta vi sono diverse organizzazioni radicali indù, in protesta da giorni per il matrimonio di un ragazzo cristiano con una ragazza indù.

Organizzato dall'All India United Christian Front (Aiuf) e dalla Moksha Foundation (Mf), il "Massihi Atmik Jagruti Sabha" sarebbe dovuto iniziare il 1° ottobre scorso, in un campo agricolo a due chilometri da Jorbat (distretto di Alirajpur), città natale della coppia. Il 30 settembre però, le autorità hanno cancellato il raduno, dopo che vari gruppi nazionalisti hanno minacciato di iniziare "una protesta a tempo indeterminato" fino a quando i due non fossero stati trovati e la ragazza non fosse stata "restituita" alla sua famiglia.

Joseph Pawar e Ayushi Wani sono stati arrestati in Gujarat - dove si erano recati per sposarsi - il 1° ottobre e riportati a Jorbat. Il 2 la polizia ha dichiarato il matrimonio "non valido". Tuttavia, Ayushi si è rifiutata di tornare dai suoi genitori ed è stata condotta in una struttura della Nari Niketan Trust, associazione che accoglie e sostiene donne vedove, povere e divorziate.

Nonostante i gruppi siano riusciti a separare i due giovani, le autorità non hanno permesso al raduno di svolgersi come da programma.

"I cristiani - sottolinea ad AsiaNews Sajan George - non sono solo cittadini rispettosi della legge, ma anche amanti della pace e impegnati nella mutua tolleranza e nella coesistenza pacifica". Secondo il presidente del Gcic, se a governare c'è il Bharatiya Janata Party (Bjp, nazionalisti indù) "alla comunità cristiana è negata la giustizia".

Il Bjp è alla guida del governo centrale dell'India e di quelli di diversi Stati, tra cui il Madhya Pradesh. (R.P.)

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Chiesa Sri Lanka: 100 giorni di preparazione alla visita del Papa

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Saranno 100 giorni di profonda preparazione spirituale, con Sante Messe, Veglie, opere di carità, durante i quali ogni credente è invitato a compiere un gesto penitenziale di “riparazione” al male fatto con un'opera di bene: è l’iniziativa lanciata dalla Chiesa cattolica in Sri Lanka, in vista della visita di Papa Francesco, che sarà sull’isola dal 13 al 15 gennaio 2015.

L’annuncio dei 100 giorni - riferisce l'agenzia Fides - è stato dato nel corso di una Messa celebrata il 5 ottobre nella basilica nazionale di Nostra Signora di Lanka. “Abbiamo bisogno di una preparazione spirituale più profonda per la visita del Santo Padre e per la canonizzazione del Beato Joseph Vaz”, ha spiegato il vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Colombo, mons. Emmanuel Fernando, inaugurando l'inizio dei 100 giorni.

Durante la celebrazione è stato illustrato il logo della visita e il tema prescelto, “Rimanete nel mio amore”, tratto dal Vangelo di Giovanni. Sono state poi annunciate le attività spirituali previste dal Comitato preparatorio: tra le altre, è stata diffusa una speciale preghiera da recitare nelle chiese e in casa e la traccia di una speciale ora di adorazione con i bambini, che verrà offerta al Santo Padre per la canonizzazione del Beato Joseph Vaz, preparata sia nelle scuole cattoliche, sia nei gruppi di catechismo dei fanciulli nelle parrocchie.

Ogni credente, poi, è stato invitato a compiere, in questo tempo, un gesto concreto di “riparazione”, nell’ottica penitenziale della misericordia e della compassione verso il prossimo. (R.P.)

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Zimbabwe: impegno Chiese cristiane per pace e riconciliazione

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“Vogliamo rafforzare e amplificare la voce delle Chiese, facilitando un migliore coordinamento delle diverse iniziative di pace per promuovere la libera e pacifica partecipazione dei cittadini alla vita nazionale, in particolare alle elezioni e al referendum” ha affermato Tendaiwo Maregere, direttore dell’ Ecumenical Peace Observation Initiative in Zimbabwe.

Si tratta di un’iniziativa promossa dallo Zimbabwe Heads of Christian Denominations, l’organismo ecumenico al quale partecipano le diverse comunità cristiane del Paese, tra le quali la Chiesa cattolica, rappresentata dalla locale Conferenza episcopale.

“Il nostro scopo è quello di mettere insieme le vittime e gli autori delle violenze e di educarli alla cultura della pace” afferma Tendaiwo Maregere.

Secondo quanto riporta l’agenzia Cisa di Nairobi il programma prevede l’invio di rappresentanti ecumenici in tutte le province per predicare i valori della pace e della riconciliazione alla luce degli insegnamenti evangelici, coinvolgendo leader religiosi e tradizionali e rappresentati della politica, dell’amministrazione, dell’imprenditoria e dei media.

Lo Zimbabwe dal 2000 attraversa una crisi politico-istituzionale profonda, derivante dal confronto acceso tra l’opposizione e il Presidente Robert Mugabe, e una grave crisi economica, che continua ad avere pesanti conseguenze sulla popolazione. (R.P.)

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Le lacrime della Madonna di Siracusa a S. Salvatore in Lauro

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Sarà per la prima volta al Santuario romano di San Salvatore in Lauro la “Madonna delle Lacrime” di Siracusa. A essere al centro della venerazione dei fedeli – in una serie di celebrazioni da oggi a sabato prossimo – sarà in particolare il prezioso reliquiario che contiene parte delle lacrime scaturite miracolosamente, tra il 29 agosto e il primo settembre 1953, da un quadretto di gesso raffigurante il Cuore immacolato di Maria, posto al capezzale di un letto di una giovane coppia di sposi, Angelo Iannuso e Antonina Giusto. Il cardinale Salvatore De Giorgi presiede alle 18 di oggi la Messa con la quale il Santuario di San Salvatore in Lauro accoglie il reliquiario mariano e altre celebrazioni eucaristiche, veglie di preghiera e recite del Rosario si alterneranno nei giorni successivi fino alla solenne Messa di chiusura, in programma alle 18 di sabato 11 ottobre. Presente a Roma in coincidenza con lo svolgimento del Sinodo, e non lontana dalla sede dell’assise, la presenza delle lacrime della Vergine si pone, si spiega in un comunicato, “come un’occasione di riflessione, preghiera e sostegno alle intenzioni di Papa Francesco e del Sinodo”. Furono molte le persone che all’epoca videro con i propri occhi, toccarono con mano e addirittura raccolsero e assaggiarono la salsedine di quelle lacrime straordinarie, riprese anche da un cineamatore di Siracusa, uno dei pochissimi eventi così documentati. Il responso della Commissione di medici e di analisti della scienza dell’epoca, voluta dall’autorità episcopale, fu netta: “Lacrime umane”. Terminata l’indagine scientifica, il quadretto smise di piangere. (A.D.C.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 281

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.