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Sommario del 16/10/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: la preghiera di lode è difficile ma dona la gioia

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E' facile pregare per chiedere delle grazie, mentre è più difficile la preghiera di lode ma è questa la preghiera della vera gioia: è quanto ha detto Papa Francesco nella Messa mattutina a Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti

Al centro dell’omelia del Papa, la Lettera agli Efesini, in cui San Paolo eleva con gioia la sua benedizione a Dio. Si tratta di una preghiera di lode – osserva - una preghiera “che noi non facciamo tanto abitualmente: lodare Dio – afferma - è gratuità pura” ed è entrare “in una grande gioia”:

“Noi sappiamo pregare benissimo quanto chiediamo cose, anche quando ringraziamo il Signore, ma la preghiera di lode è un po’ più difficile per noi: non è tanto abituale lodare il Signore. E questo lo possiamo sentire meglio quando noi facciamo memoria delle cose che il Signore ha fatto nella nostra vita: ‘In Lui - in Cristo - ci ha scelti prima della creazione del mondo’. Benedetto sei Signore, perché tu mi ha scelto! E’ la gioia di una vicinanza paterna e tenera”.

“La preghiera di lode” – ha proseguito - ci porta questa gioia, a essere felici davanti al Signore. Facciamo uno sforzo per ritrovarla!” – esclama Papa Francesco – ma “il punto di partenza” è proprio “fare memoria” di questa scelta: “il Signore mi ha scelto prima della creazione del mondo. Ma questo non si può capire!”:

“Non si può capire e anche non si può immaginare: che il Signore mi abbia conosciuto prima della creazione del mondo, che il mio nome era nel cuore del Signore. Questa è la verità! Questa è la rivelazione! Se noi non crediamo questo non siamo cristiani, eh! Forse saremo impregnati di una religiosità teista, ma non cristiani! Il cristiano è uno scelto, il cristiano è uno scelto nel cuore di Dio prima della creazione del mondo. Anche questo pensiero riempie di gioia il nostro cuore: io sono scelto! E ci dà sicurezza”.

“Il nostro nome – ha osservato il Papa - è nel cuore di Dio, proprio nelle viscere di Dio, come il bambino è dentro la sua mamma. Questa è la nostra gioia di essere eletti”. E’ qualcosa – sottolinea – che “non si può capire solo con la testa. Neppure solo col cuore. Per capire questo dobbiamo entrare nel Mistero di Gesù Cristo. Il Mistero del suo Figlio amato: ‘Egli ha riversato il suo sangue in abbondanza su di noi, con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà’. E questo è un terzo atteggiamento: entrare nel Mistero”:

“Quando noi celebriamo l’Eucaristia, entriamo in questo Mistero, che non si può capire totalmente: il Signore è vivo, è con noi, qui, nella sua gloria, nella sua pienezza e dona un’altra volta la sua vita per noi. Questo atteggiamento di entrare nel Mistero dobbiamo impararlo ogni giorno. Il cristiano è una donna, è un uomo, che si sforza di entrare nel Mistero. Il Mistero non si può controllare: è il Mistero! Io entro”. 

La preghiera di lode – conclude il Papa - è dunque innanzitutto “preghiera di gioia”, poi “preghiera di memoria: ‘Ma quanto ha fatto il Signore per me! Con quanta tenerezza mi ha accompagnato, come si è abbassato; si è inchinato come il papà si inchina col bambino per farlo camminare’”. E infine preghiera allo Spirito Santo che ci doni “la grazia di entrare nel Mistero, soprattutto quando celebriamo l’Eucaristia”.

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Sinodo: necessità di raccontare modelli positivi di famiglia

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La famiglia deve essere accolta e accompagnata in tutte le sue difficoltà, ma c'è bisogno di proporre storie positive di vita familiare. E' uno degli aspetti emersi dal consueto briefing di fine mattinata, in Sala Stampa vaticana, che ha fatto il punto sulla giornata di lavori al Sinodo sulla famiglia. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Un cammino che prosegue nel nome della “trasparenza” e della “partecipazione”. Con queste parole padre Lombardi ha presentato la decisione dell’Aula sinodale di rendere pubbliche le relazioni dei 10 “Circoli minori”, che riflettono in sintesi il punto di vista dei vari gruppi linguistici in cui i Padri si sono suddivisi nella seconda settimana di lavori sinodali e che sono state lette durante la sessione di stamattina. La volontà dei Padri sinodali sul punto, ha spiegato padre Lombardi, è in coerenza con la scelta di rendere pubblica la “Relatio post-disceptationem”, e alla stregua di quest’ultima – ha indicato – anche le relazioni dei Circoli minori vanno ritenute dei “documenti di lavoro”, nulla di definitivo ma solamente un contributo all’interno del cammino del Sinodo.

Inoltre, a essere presentati oggi alla Segreteria del Sinodo sono stati anche i cosiddetti “modi”, cioè le proposte di revisione alla “Relazione dopo la discussione”, che dovranno essere elaborate per dar vita al documento finale del Sinodo, la cui approvazione dovrebbe avvenire sabato pomeriggio.

Peraltro, ha informato padre Lombardi, in seguito all’osservazione sulla mancanza di esponenti africani nella Commissione incaricata di stendere il documento finale, Papa Francesco ha deciso di aggiungere in questo ristretto organismo il cardinale Napier e mons. Hart in rappresentanza del continente africano e della Nuova Zelanda.

Prima di cedere la parola agli ospiti del giorno – il cardinale arcivescovo di Vienna, Schönborn, e i coniugi Miano, impegnati ai lavori sinodali – padre Lombardi ha riferito ai media una precisazione a nome del cardinale Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede:

“Mi ha chiesto di dire che quanto è stato riferito, che lui avrebbe detto, che la relazione era indegna, vergognosa e completamente sbagliata non è vero, non è il suo vocabolario, non è il suo modo di esprimersi e quindi lui ritiene, dice di non averlo detto e mi ha pregato di dirvelo, visto che la cosa stava girando abbastanza largamente. Questo è il mio compito”.

Il cardinale Schönborn ha messo in risalto l’enorme interesse suscitato dal Sinodo in corso, spiegandolo in sostanza con la visceralità delle situazioni che l’argomento famiglia porta con sé. E della famiglia, l’arcivescovo di Vienna ha sottolineato la sua dote di essere, in passato come oggi, una “rete di sopravvivenza”:

“Penso che, al di là di tante questioni morali, dobbiamo vedere il ruolo positivo, fondamentalmente positivo della famiglia. Penso che il Papa ci abbia invitato a vedere il tema della famiglia non per vedere tutto ciò che non funziona nella famiglia (…) ma per mostrare anzitutto la bellezza e la necessità vitale della famiglia. Per questo ci ha invitato ad avere uno sguardo attento alla realtà”.

E in questa realtà di forti chiaroscuri c’è necessità oggi più che mai – ha ribadito nel suo intervento Franco Miano – di raccontare storie positive di vita di famiglia e questo, ha detto, “non per presentare dei quadretti oleografici”, ma piuttosto per dire “che vi sono tante famiglie che, pur nella difficoltà della vita”, si “impegnano a vivere il Vangelo”:

“E questo però non significa un giudicare le altre situazioni, anzi al contrario: lo sforzo del Sinodo è uno sforzo appunto di accompagnamento, un saper mettere insieme la prossimità e la cura per le situazioni più difficili con la necessità di raccontare nuovamente la bellezza dell’essere famiglia, dell’essere famiglia oggi”.

Giuseppina Miano si è soffermata sul “realismo” mostrato dai Padri sinodali nell’affrontare i nodi della famiglia contemporanea, in altre parole una dichiarata “volontà”, ha osservato, di “partire dall’ascolto della vita e non di partire da una enunciazione teorica di alcuni principi”.

Tra le domande poste poco dopo al cardinale Schönborn, una ha chiesto nuovi chiarimenti sulle “tensioni” all’interno dell’Aula sinodale, riflesso della difficoltà di conciliare dottrina e accoglienza. Con simpatia, il porporato ha replicato prendendo a prestito proprio un esempio di vita familiare:

“Se alcuni padri del Sinodo dicono: ‘Attenzione, perché non dobbiamo dimenticare la dottrina’; dall’altra parte c’è anche il bisogno dell’accompagnamento di tante situazioni, per le quali il Papa parla di ospedale di campo. Accade spesso in famiglia che la mamma dica: ‘E’ troppo pericoloso’; e che il papà dica: ‘No, non avere paura’. Siamo in una grande famiglia. Così gli uni dicono: ‘Attenzione! Hanno ragione, è pericoloso!’; e gli altri dicono: ‘Non abbiate paura!’”.

Dalle risposte alle questioni poste dai giornalisti, due termini in particolare sono emersi come pilastri sui quali – hanno riferito gli ospiti al briefing – l’edificio del Sinodo ha scelto di poggiarsi: “accompagnamento” e “accoglienza”. Questo, per esempio, nel caso delle unioni di fatto, come per tutte le questioni di sofferenza che riguardano l’universo familiare. Sulle unioni omosessuali, il cardinale Schönborn  ha ribadito un principio chiaro alla fede cristiana: si deve “guardare alle persone prima che al loro orientamento sessuale”. “Questo – ha precisato – non vuol dire che il rispetto sia per ogni comportamento umano. Ma non bisogna guardare alla camera da letto delle famiglie. Prima guardiamo al soggiorno”.

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Le Relazioni dei 10 Circoli minori

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Una valutazione della “Relazione dopo la discussione” e ulteriori proposte per i documenti finali del Sinodo: questo lo sviluppo della 12.ma Congregazione generale del Sinodo straordinario sulla famiglia, svoltasi stamani, e che ha visto la presentazione, in Aula, delle Relazioni dei dieci Circoli minori. In particolare, è stata manifestata perplessità per la pubblicazione, anche se legittima, della “Relatio”, poiché, si è detto, essa è un documento di lavoro che non esprime un parere univoco e condiviso da tutti i Padri Sinodali. Quindi sono stati presentati alcuni suggerimenti. Il servizio di Isabella Piro:

Occorre dare maggior risalto al messaggio positivo del Vangelo della famiglia, senza guardare solo alle preoccupazioni delle famiglie in crisi, e ribadendo che il matrimonio come sacramento, unione indissolubile tra uomo e donna, è un valore ancora molto attuale e in cui tante coppie credono. Questo il primo suggerimento avanzato dai Circoli minori, i quali hanno poi chiesto che nei documenti finali dell’Assise vengano integrati ulteriori temi come le adozioni, per le quali è stato auspicato anche uno snellimento delle procedure burocratiche, e una nota sull’importanza di politiche in favore della famiglia.

Si è detto, poi, che occorre porre maggiore attenzione alla presenza degli anziani all’interno dei nuclei familiari e alle famiglie che vivono in condizioni di estrema povertà, denunciando anche i drammi della prostituzione, delle mutilazioni genitali femminili e dello sfruttamento minorile a scopo sessuale e lavorativo. E’ importante inoltre – si è detto in Aula – sottolineare il ruolo essenziale delle famiglie nell’evangelizzazione e nella trasmissione della fede, mettendone in luce la vocazione missionaria. 

Quanto alle situazioni familiari difficili, i Circoli minori hanno evidenziato che la Chiesa deve essere casa accogliente per tutti, affinché nessuno si senta rifiutato. Tuttavia, è stata auspicata una maggiore chiarezza, evitando confusione, tentennamenti ed eufemismi nel linguaggio: ad esempio, sulla legge della gradualità, affinché non diventi gradualità della legge. Per quanto riguarda l’accostamento dei divorziati risposati al sacramento dell’Eucaristia, sono state espresse, per lo più, due riflessioni: da una parte, si è suggerito che la dottrina non venga modificata e rimanga quale è ora; dall’altra si è pensato di aprire alla possibilità di comunicarsi, in un’ottica di compassione e misericordia, ma solo nel caso in cui sussistano determinate condizioni. In alcuni casi, inoltre, è stato suggerito che la questione venga studiata da una apposita Commissione inter-disciplinare.

Una maggiore attenzione è stata poi auspicata per i divorziati non risposati, testimoni talvolta eroici della fedeltà coniugale. Allo stesso tempo, è stata auspicata un’accelerazione nelle procedure di riconoscimento della nullità matrimoniale e di constatazione di validità dello stesso; è stato, inoltre, ricordato che i figli non sono un onere, ma un dono di Dio, frutto dell’amore tra i coniugi.

In questo senso, i Circoli minori hanno richiesto un maggiore orientamento cristocentrico, come pure una maggiore sottolineatura del legame tra i sacramenti del matrimonio e del battesimo. La visione del mondo deve essere quella che passa dalla lente del Vangelo, per invitare gli uomini alla conversione del cuore.

Inoltre, è stato ribadito che, ferma restando l’impossibilità di equiparare al matrimonio tra uomo e donna le unioni omosessuali, le persone con tale orientamento vanno accompagnate pastoralmente e tutelate nella loro dignità, senza tuttavia che ciò appaia come un’approvazione, da parte della Chiesa, del loro orientamento e della loro condotta di vita. Sulla questione della poligamia, in particolare dei poligami convertiti al cattolicesimo che desiderano accostarsi ai sacramenti, è stato suggerito uno studio globale e approfondito.

I Circoli minori hanno anche consigliato una riflessione più ampia sulla figura di Maria e della Sacra Famiglia, da proporre meglio come modello di riferimento per tutti i nuclei familiari. Infine, è stato chiesto di evidenziare che la Relazione finale del Sinodo, la così detta “Relatio Synodi”, sarà comunque un documento di preparazione all’Assemblea ordinario in programma nell’ottobre 2015.

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Sinodo. Pell: misericordia nella verità. Paglia: dibattito vivace

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Sulle relazioni dei Circoli minori lette questa mattina in aula del Sinodo si sofferma al microfono di Paolo Ondarza il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l'Economia: 

R. – I documenti di stamane sono veramente cattolici, nel senso migliore della parola. C’è qualche differenza tra una relazione e l’altra ovviamente, ma c’è questa fedeltà radicale al Vangelo e a Gesù Cristo. Secondo me è stata molto, molto incoraggiante questa atmosfera di franchezza, verità, di pluralità e diversità nell’unità: la dottrina della Chiesa di Gesù, il Vangelo sono assolutamente essenziali e centrali. Ovviamente questo significa misericordia, ma misericordia nella verità.

D. – La situazione si sta chiarendo riguardo al dibattito sulla Relatio post disceptationem?

R. – Sì. Dopo la pubblicazione delle relazioni dei Circoli minori la situazione sarà molto, molto più chiara. Sono certo che questa linea di chiarezza continuerà anche nel messaggio finale.

Questo il commento ai lavori del Sinodo espresso da mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, al microfono di Paolo Ondarza: 

R. – Si nota quello che il Papa aveva voluto: una grande vivacità nel dibattito. Andiamo verso una Relatio attenta, importante che non chiude ovviamente tutto il dibattito, ma apre un anno straordinario di lavoro e di impegno. Quello che io vorrei fosse accantonato sono rassegnazione e chiusura. Non c’è dubbio che quello che sta accadendo qui, in questi giorni, nel nostro Sinodo, sia un atto di amore per il mondo intero. Sulle spalle dei padri sinodali non c’è solo una questione intraecclesiale, ci sono in verità tutte le famiglie del mondo. Questi padri, seppur in maniera dialettica, vogliono che le famiglie del mondo possano essere sostenute nel loro cammino di indispensabile pilastro per l’umanità di domani.

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L'arcivescovo di Bratislava: Sinodo troverà risposte adatte a sfide odierne

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Valorizzare, oltre alle varie criticità, gli esempi positivi di famiglie cristiane e di quelle coppie che vivono con gioia e impegno il Vangelo prima e dopo il matrimonio. E’ quanto chiesto dai padri sinodali riuniti in Vaticano. Si sofferma su questo aspetto al microfono di Paolo Ondarza l’arcivescovo di Bratislava, mons. Stanislav Zvolenský: 

R. - Ci sono molte cose positive da valorizzare. Forse il documento che è stato pubblicato lunedì (la Relatio post disceptationem, ndr.) si è concentrato sulle cose negative di cui soffre la Chiesa, ma nei Circoli minori abbiamo parlato anche molto di ciò che è positivo. La Chiesa è orgogliosa dei suoi fedeli, perché ci sono anche molti giovani che vivono il valore della castità prematrimoniale ad esempio; sono molte le famiglie in cui i coniugi restano fedeli per tutta la vita cercando di vivere e praticare la fede insieme ai propri figli.

D. - Quanto è importante per queste persone ricevere da questa sede del Sinodo delle parole di conforto per non essere confuse?

R. - Stiamo lavorando su questo. Gesù aveva molta misericordia verso i peccatori, verso tutti noi. Ma dall’altra parte, non dobbiamo dimenticare che Gesù era anche esigente; Gesù vuole qualcosa che sia bello, importante, forse anche faticoso, non semplice, ma dà la forza per camminare. Forse ci si dimentica che Dio esige le cose e non lascia l’uomo da solo. Noi dobbiamo contare sull’aiuto di Dio, sull’aiuto della grazia.

D. - Questo concetto di “amore esigente” è stato tante volte espresso da San Giovanni Paolo II, canonizzato da Papa Francesco, che tante volte ha insistito su come la misericordia sia un dono che Dio fa ai cuori pentiti …

R. - La vera misericordia è necessariamente connessa alla verità. La misericordia non è una pura compassione verso qualcuno che si lamenta; deve essere necessariamente connessa alla verità.

D. - Come è stato anche ribadito qui al Sinodo, la misericordia non è un dono offerto a chi non lo chiede, a chi non lo cerca …

R. - Sì, è vero. La misericordia deve essere cercata; è pronta per tutti, ma Dio aspetta un certo movimento interiore da parte della persona che manifesta il desiderio di riceverla e di accettare la verità riguardo la situazione della propria vita personale. Anche nella mia vita di vescovo, ottenere la misericordia è connesso alla mia conversione personale.

D. - La Chiesa tiene molto, al fatto che non sia deformata la coscienza morale del Popolo di Dio, ed è per questo che non si stanca di indicare la bellezza, la bontà e la verità del matrimonio cristiano …

R. - Sì, è molto importante tenere questa coscienza morale nella verità della Dottrina cattolica di tutti noi. Nelle prime pagine dei giornali in questi giorni, i giornalisti liberali hanno messo in evidenza alcune cose che più interessavano loro della Relatio. Ma, poi saranno il consensus fidei della maggioranza dei padri sinodali, dei vescovi e il sensus fidei dei nostri fedeli, guidati dallo Spirito Santo, che ci aiuteranno a trovare le risposte più adatte a tutte le domande importanti del tempo che viviamo.

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36 anni fa l'elezione di Giovanni Paolo II. Zimowski: Papa della famiglia

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36 anni fa, era il 16 ottobre 1978 veniva eletto al soglio pontificio Giovanni Paolo II. Francesco, canonizzando il suo predecessore, lo ha definito “Papa della famiglia”. Lo ricorda mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che al Sinodo dei vescovi ha evidenziato il tema della famiglia come luogo di accoglienza di anziani e malati. Ascoltiamo il presule al microfono di Paolo Ondarza

R. - Oggi celebriamo la ricorrenza dell’elezione scelta di Karol Wojtyla al pontificato. Stamattina abbiamo celebrato la Santa Messa con un gran gruppo di sacerdoti e di laici per ringraziare per questo grande pontificato. Durante la canonizzazione di Giovanni Paolo II, Papa Francesco ha detto che Giovanni Paolo II è il “pontefice della famiglia”. Allora, possiamo dire che questo Sinodo prosegue quello che ha fatto per la famiglia Giovanni Paolo II. Il primo Sinodo che lui ha seguito era proprio sulla famiglia, al termine del quale è stata pubblicata la “Familiaris consortio”. Nella missione, soprattutto dinanzi ai grandi cambiamenti dal mondo contemporaneo, è importante che la famiglia sia considerata come soggetto imprescindibile per l’evangelizzazione. Tutti dobbiamo essere evangelizzatori per la famiglia.

D. - E se il matrimonio è una via verso la santità, San Giovanni Paolo II ci ha dato anche una testimonianza di come attraverso la malattia si possa conseguire la santità. Tante famiglie vivono al loro interno la realtà della malattia, di un malato presente all’interno della famiglia…

R. – Vorrei ricordare le parole del consenso durante il matrimonio. Gli sposi ripetono: “Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”. Così fa lo sposo, così fa la sposa. Allora, si può dire che nel momento in cui i giovani cominciano a essere sposi e in seguito genitori, sanno che verranno questi momenti di gioia e ci auguriamo che questi momenti di gioia esistano in ogni famiglia. Ma gli sposi dicono anche: nel dolore, nella salute e nella malattia.

D. – Sono parole forti per i nostri tempi, in cui è forte quella che Papa Francesco chiama la cultura dello scarto: chi è debole spesso viene scartato…

R. – Sì, l’uomo è via della Chiesa. Tramite la sofferenza ci santifichiamo. Guardando la sofferenza di Cristo, uniamoci alla sofferenza di Cristo, ma anche offriamo questi nostri dolori per la Chiesa, per le famiglie, per il Santo Padre, per i vescovi, per le vocazioni sacerdotali. La famiglia è un ambiente dove crescono le vocazioni sacerdotali religiose e il Sinodo è l’occasione giusta per ricordare questa dimensione. Allora è possibile far del bene con la propria sofferenza offrendola per queste intenzioni.

D. – Il suo augurio per questo Sinodo dei vescovi anche in vista del prossimo…

R. – Si può dire che questo era un assaggio dei problemi di cui abbiamo parlato e  trattato. Abbiamo anche pregato per le famiglie. Auguriamo che ogni famiglia guardando la Sacra Famiglia, cioè Gesù, Maria e Giuseppe, sia felice e gioiosa come gli sposi novelli dicono: di voler essere sempre fedeli nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. Allora, un augurio per tutte le famiglie anche quelle meno felici.

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Papa, tweet: cristiano misericordioso è centro del Vangelo

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex. “Il cristiano è necessariamente misericordioso; questo è il centro del Vangelo”.

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Card. Parolin: I Guerra mondiale "interminabile catastrofe"

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La prima guerra mondiale “rimane tuttora nella memoria comune come una immensa tragedia, le cui conseguenze si fanno ancora sentire all’alba del XXI secolo”. Lo ha detto il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, aprendo ieri pomeriggio - come riferisce il Sir - il Convegno internazionale “Inutile strage. I cattolici e la Santa Sede nella Prima guerra mondiale” promosso dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche.

“Si contava - ha ricordato il cardinale - su una guerra breve; fu una interminabile catastrofe. Si immaginava una guerra di movimenti; fu una guerra di posizione e di logoramento con 800 chilometri di fronte, dalla Svizzera al Mare del Nord. Un sentimento diffuso di esaltato ed eccessivo ottimismo dava per scontata, nei vari campi, la vittoria; il conflitto ha mobilitato 65 milioni di soldati, cancellato tre imperi, fatto 20 milioni di morti, civili e militari, e 21 milioni di feriti”. Il 2 agosto 1914, diciannove giorni prima di morire, il Papa San Pio X, ha detto il segretario di Stato tracciando un ampio “excursus” sull’impegno dei Papi a favore della pace, “fece sentire la sua voce, per scongiurare il pericolo della guerra”. La sua “Dum Europa” è “un testamento di pace fra i più alti che siano stati consegnati alle future generazioni”, eppure “non fu ascoltato e l’Europa cadde nel precipizio di una immane tragedia”.

“Nei conflitti - ha affermato il card. Parolin - la Santa Sede seguiva una via che non è quella della mera neutralità, bensì quella della perfetta imparzialità e della beneficenza. Mentre la neutralità di uno Stato implica una certa estraneità se non indifferenza rispetto alla sostanza di un conflitto tra terzi e agli interessi dei belligeranti, l’imparzialità contiene in sé un agire, ispirato ad una rivendicata equità, nonché orientato a un bene superiore”. Benedetto XV scelse di muoversi “su questa difficile ed ardua linea di condotta”, per esortare ad una “pace giusta e duratura” e cercare la cessazione di quella che, ogni giorno di più, appare una “inutile strage”.

“Benedetto XV - ha detto il cardinale - dovette soffrire che la imparzialità della Santa Sede fosse interpretata come una mancanza di coraggio politico, visto che non intendeva denunciare pubblicamente gli atti odiosi dell’avversario”. Già dalla fine del 1914, “si era preoccupato della sorte dei feriti e dei prigionieri di guerra” e aveva affidato a monsignor Pacelli la direzione di un “servizio di assistenza che, con il concorso degli Stati belligeranti, permise di trattare all’incirca 600mila lettere d’informazioni, di provvedere a 40mila rimpatri e di fornire più di 50mila comunicazioni alle famiglie”. 

“Sarebbe scorretto - ha proseguito il Segretario di Stato - valutare il ruolo della Chiesa limitandosi all’azione effettivamente limitata della Santa Sede, perché l’insieme dei cattolici, sacerdoti, religiose, religiosi, laici uomini e donne, fu coinvolto nella tragedia e ha lasciato numerosissime testimonianze di generoso, coraggioso e indefesso impegno nel servizio della carità e dell’assistenza sui campi di battaglia e nelle trincee, negli ospedali, nel soccorso agli orfani, così come nel servizio della patria, per il quale caddero a milioni, insieme ai loro fratelli di varie confessioni cristiane o di altre religioni”. 

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Aria e luce nuove nella Cappella Sistina

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La Cappella Sistina ha nuovi impianti di climatizzazione e di illuminazione. Su questo prezioso, duplice intervento si è soffermato stamani, incontrando i giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede, il direttore dei Musei Vaticani, il prof. Antonio Paolucci. A questi moderni impianti sarà anche dedicato, il 30 e il 31 ottobre, un Convegno internazionale. Mons. Paolo Nicolini, responsabile amministrativo dei Musei, ha ribadito inoltre che “la Cappella Sistina non potrà mai essere affittata perché non è un luogo commerciale”.  Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

La Cappella Sistina, suggestivo luogo liturgico dove i cardinali eleggono il Papa e impareggiabile spazio artistico visitato ogni anno da quasi sei milioni di persone provenienti da tutto il mondo, ha un “nuovo respiro” e una “nuova luce”. Dopo tre anni di minuziosi lavori, sono stati sostituiti i sistemi di climatizzazione e di illuminazione. Per presentare i nuovi impianti, si terrà il 30 e il 31 ottobre a Roma il Convegno internazionale “La Cappella Sistina 20 anni dopo”. Il direttore dei Musei Vaticani, il prof. Antonio Paolucci:

“La coincidenza simbolica delle date non è causale: era il 31 ottobre dell’anno 1512 quando il grande Papa Giulio II della Rovere inaugurava la volta della Cappella Sistina, appena conclusa da Michelangelo. Era ancora un 31 ottobre, dell’anno 1541, quando Paolo III Farnese scopriva il grande murale del Giudizio”.

Gli interventi, realizzati da due imprese leader nei loro settori – Carrier e Osram – sono costati tre milioni di euro, offerti a titolo di pura liberalità dalle due aziende. Il nuovo sistema di climatizzazione garantisce la corretta conservazione degli affreschi attraverso un adeguato ricambio dell’aria, l’abbattimento delle polveri e degli inquinanti, il controllo della temperatura e dell’umidità e il contenimento, a livelli accettabili, dell’anidride carbonica. Il vecchio impianto, infatti, era divenuto inefficiente a causa del considerevole incremento di visitatori.

“Era stato tarato per una popolazione di visitatori con i numeri di allora: circa 3 milioni erano i visitatori del ’94. Sono quasi 6 oggi. Quindi, andava ripensato, rimodulato l’impianto di condizionamento. E’ quello che abbiamo fatto con l’impegno che il numero attuale non dovrà crescere ancora. Io credo – e lo ho detto e scritto in più occasioni – che noi ormai abbiamo raggiunto il numero massimo possibile, perché – come è opportuno ripetere – ormai i Musei Vaticani chiedono la crescita zero”.

Il nuovo impianto di illuminazione, che sfrutta la tecnologia “led”, consente di poter vedere, con una luce totalmente rinnovata, i 2.500 metri quadrati della Cappella Sistina, “l’antologia artistica più importante del Rinascimento italiano”. Ancora il prof. Antonio Paolucci:

“Una luce soffusa, non invasiva, che non privilegia Michelangelo rispetto al resto. Una luce quieta, una luce tranquilla, che però permette di leggere in ogni minimo dettaglio non solo Michelangelo, ma anche i pittori del Quattrocento”.

Sono passati 20 anni da quando San Giovanni Paolo II inaugurò la Cappella Sistina dopo il restauro realizzato da Gianluigi Colalucci. E da questo anno, nel 450.mo anniversario dalla morte di Michelangelo, questa straordinaria “Cappella Magna” della Chiesa Cattolica accompagna con un respiro moderno e una luce nuova straordinarie opere dell’arte rinascimentale.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, in apertura "Presentate le relazioni dei circoli minori al Sinodo dei vescovi sulla famiglia"; i testi sono pubblicati integralmente nelle pagine interne del giornale.

Di spalla, "La crisi di cui nessuno parla: duecento milioni di bambini malnutriti nel mondo". Sotto,  "L’Is guadagna terreno in Iraq; amaro bilancio dell’inviato speciale statunitense in Vicino oriente".

Nelle pagine del servizio internazionale, "I gruppi islamisti armati si ritirano da Bengasi; avanzata dell’esercito e delle forze del generale Khalifa Haftar".

A pagina 8, "Come l’incenso che brucia". Nell’omelia della Messa celebrata nella mattina di giovedì 16 ottobre, nella cappella di Santa Marta, Papa Francesco ha scelto di soffermarsi sulla prima lettura della liturgia, che riporta il celebre inno di benedizione paolino, incipit della Lettera agli Efesini (1, 1-10). Un’autentica esplosione di lode: «sembra che Paolo — ha commentato — entri in una gioia, in una grande gioia». Consapevole di essere stato scelto personalmente prima ancora della creazione del mondo, ogni uomo deve riscoprire l’importanza della preghiera di lode a Dio. Gratuita e gioiosa.

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Oggi in Primo Piano



Condanna a morte per Asia Bibi. Bhatti: giustizia non esiste per i deboli

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In Pakistan l’Alta Corte di Lahore ha confermato la sentenza di condanna a morte per Asia Bibi, la donna cristiana accusata di blasfemia e condannata in primo grado nel 2010. La notizia è stata data all’agenzia Fides dall’avvocato della donna. Il giudice ha accolto come valide e credibili le accuse delle due sorelle musulmane che hanno subito testimoniato contro di lei. Ora resta l’appello alla Corte Suprema. Il servizio di Cecilia Seppia:

E’ il 14 giugno 2009, nel Punjab, quando due colleghe di Noreen Asia Bibi le chiedono di andare a prendere dell’acqua e poi la rifiutano: “è acqua impura – dicono - toccata dalle mani di un’infedele cristiana”. E’ il banale pretesto da cui ha inizio il calvario di questa donna di 45 anni, madre di cinque figli che viene subito accusata di aver risposto insultando Maometto e quindi di blasfemia e di essersi rifiutata di convertirsi all’Islam. Subito il carcere, che dura ormai da 1943 giorni, periodi lunghissimi di isolamento in cui Asia ha sempre pregato confidando – ha detto lei stessa - nel grande amore di Dio, e ancora un processo viziato da irregolarità, tra cui l’assenza di un avvocato per lei e deposizioni dei teste, intessute di contraddizioni e discrepanze. In primo grado la condanna a morte, l’8 novembre 2010, la seconda condanna è arrivata oggi, perché il giudice ha ritenuto valide le testimonianze di quelle due sorelle. Il caso di Asia è diventato una questione internazionale  e molti Paesi si stanno adoperando per modificare la legge sulla blasfemia, adesso però la parola passa alla Corte Suprema. “Assoluzione con formula piena perché il fatto non sussiste” questo chiedono i suoi avvocati che oggi hanno ribadito: la giustizia in Pakistan è sempre più in mano agli estremisti. Subito dopo la notizia, Cecilia Seppia ha sentito Paul Bhatti, leader dell’Apma All Pakistan Minorities Alliance che da sempre si batte in difesa delle minoranze religiose e fratello dell'ex ministro pakistano per le minoranze, Shabbaz, ucciso dagli estremisti: 

R. - È una notizia molto triste e dolorosa. È una notizia che ci fa pensare che la giustizia per i più deboli non c’è, non esiste. In ogni modo, questa notizia era un pò prevista, in quanto tutte le volte i processi venivano deviati e magari, in qualche modo, non venivano presi in considerazione; poi tutta la pressione da parte degli estremisti … Già questo indicava che probabilmente la giustizia non sarebbe fatta perché una volta il giudice non c’era, un’altra l’avvocato non si presentava … C’erano tutte queste scuse per prolungare o per deviare questo processo. In ogni modo, io ho comunque ancora speranza, in quanto questa non è una fase definitiva; ci sono altre fasi in cui si può fare ricorso.

D. - Adesso ci sarà l’appello alla Corte Suprema: che cosa succederà?

R. – Bisogna preparare  in modo giusto il caso e fare appello alla Corte Suprema perché anche in passato tantissime volte gli imputati in primo e secondo grado venivano condannati e la Corte Suprema poi li rilasciava. Se guardiamo alla storia del Pakistan una speranza c’è, perché fino ad ora nessuno è stato giustiziato a morte dalla Corte per questa legge. Sono ancora ottimista. Se noi adesso riusciamo a fare ricorso alla Corte Suprema questo darà una speranza e forse una soluzione al problema.

D. - L’avvocato di Asia, il crisitano Naeem Shakir, ha detto che la giustizia in Pakistan è sempre più in mano agli estremisti. Lei condivide questa posizione?

R. - Sì, non tutta la giustizia, ma spesso questa è molto influenzata dai gruppi estremisti: purtroppo questo è un problema. Io ho scritto recentemente un articolo su questo, dicendo che in Paesi come questo la giustizia spesso viene negata ai deboli, perché influenzata da queste ideologie così forti, estreme, che sono molto potenti e hanno molto seguito in Pakistan come in altre parti.

D. - A livello internazionale che cosa si può fare? Quali altre mobilitazioni si possono mettere in atto?

R. - Penso che le mobilitazioni a livello internazionale per Asia Bibi non servano a far pressione sul governo; serve un gruppo di avvocati che possa gestire, discutere e portare alla Corte delle prove nuove, perché anche se queste due sorelle hanno testimoniato contro Asia, ci sono tanti altri punti da cui lei potrebbe essere prosciolta, è un discorso lungo. Qui abbiamo già consultato altri avvocati, altra gente. Tra poco ritornerò li e spero di gestire personalmente questa faccenda per trovare una soluzione definitiva.

D. - Il caso di Asia Bibi è emblematico comunque di tanti cristiani che in Pakistan, come in altri Paesi, vengono perseguitati a causa della loro fede e spesso non sono soggetti a processi equi …

R. - Sì, è così. Vengono bersagliati. Poi spesso le persone sono più deboli, e sono facili vittime di queste accuse anche per motivi personali a volte. Abbiamo visto ad esempio quella chiesa che è stata bruciata a Peshawar, il quartiere di Lahore dato alle fiamme, prima ancora. Queste sono state vittime di un’ideologia estrema mossa da motivi personali e non perché avevano commesso qualcosa.

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Scontri a Bengasi tra filo-governativi e gruppi jihadisti

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In Libia “continuano gli scontri a Bengasi, anche se con minore intensità rispetto a ieri”. Lo riferisce all’agenzia Fides mons. Sylvester Carmel Magro, vicario apostolico della città, che da settimane è teatro di violenze tra gruppi islamisti e le forze filo-governative sotto il comando dell’ex generale Hftar. Una situazione delicata, che si inserisce nel quadro generale di instabilità politica della Libia, un Paese attualmente diviso, con due governi, due parlamenti, e sotto la pressione jihadista. Elvira Ragosta ne ha parlato con Gabriele Iacovino, del Centro Studi internazionali: 

R. – La situazione è così magmatica che in questo momento non si riesce neanche a capire quale sia la reale forza di Haftar e la reale forza delle milizie che lo seguono. La situazione è di forte instabilità, perché la frattura all’interno del Paese è sempre più profonda tra i due macroschieramenti, da una parte le milizie più laiche e dall’altra quelle di ispirazione islamista. Questa divisione sta mettendo a dura prova la tenuta del Paese, un Paese che di fatto è ormai diviso in due e dove le stesse istituzioni libiche hanno una scarsissima rappresentatività: di fatto stiamo parlando comunque di un Paese in cui vi sono due governi, uno a Tripoli e l’altro a Tobruk. Questo comporta delle difficoltà inevitabilmente anche per la Comunità internazionale, perché non vi è un soggetto forte con cui parlare per cercare di mettere in atto un processo di stabilizzazione del Paese.

D. – Il pericolo dell’espansione in Libia del Califfato islamico sembra concretizzarsi con un network di ispirazione jihadista…

R. – Sì, si può parlare di un network forte, che in questo momento vive in questo buco nero che è diventata la Libia e trova in Libia uno spazio di azione abbastanza ampio dove rafforzarsi. Per tutti i gruppi jihadisti quello che era una volta al-Qaeda, non solo come gruppo ispiratore, ma anche network di finanziamento e per assoldare nuove leve, sta sempre più diventando lo Stato Islamico.

D. – Come vivono gli Stati confinanti questa instabilità libica e le minacce che da essa derivano?

R. – Con molta preoccupazione, perché un Paese come la Libia - con le numerose risorse energetiche e finanziarie - così instabile diventa un retroterra sfruttabile da parte di questi gruppi che, di fatto, si muovono all’interno di tutta l’area del Sahel, ma trovano in Libia spazio di azione. Questo accresce la minaccia terroristica per i Paesi vicini, ma inevitabilmente potrebbe accrescere anche la minaccia per la stessa Europa.

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Somalia, mons. Bertin: agisce 'internazionale' fondamentalista

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Almeno cinque persone sono rimaste uccise in Somalia per l’esplosione di un’autobomba, nelle ultime ore a Mogadiscio. Soltanto domenica scorsa, un altro attentato aveva provocato tredici vittime. Le azioni non sono state rivendicate, ma i miliziani islamici Shabaab negli ultimi tempi hanno moltiplicato i loro attacchi, nonostante l’esercito somalo e i militari dell’Unione africana schierati nel Paese abbiano da poco riconquistato il porto strategico di Barawe, fino al mese scorso controllato dagli estremisti per i loro traffici. Ne parla mons. Giorgio Bertin, già amministratore apostolico di Mogadiscio, intervistato da Giada Aquilino

R. - Gli Shabaab, o forse anche altri gruppi che si nascondono dietro di essi, non hanno interesse che rinasca, che riparta uno Stato di diritto in Somalia.

D. - Perché di fatto, dopo la caduta di Siad Barre nel ’91, il Paese non è riuscito a creare strutture statali solide?

R. - Gruppi, personaggi e altro si sono impossessati di certi interessi per cui hanno sempre combattuto, di fatto, contro la rinascita di strutture statali.

D. - Si parla di corruzione dilagante, di traffici illeciti di droga e non solo, anche di esseri umani…

R. - Certamente, si può parlare soprattutto nel centro-sud di corruzione e di traffici. Penso che dall’estero sia soprattutto quella che potremmo definire una “internazionale” di un certo fondamentalismo islamico - che si tratti di Al Qaeda o di altri gruppi - ad avere un certo interesse in Somalia. Naturalmente, poi, ci sono anche alcuni commercianti che stanno approfittando della situazione. In questo modo, però, continuano a tenere in ostaggio il proprio popolo.

D. - Più volte, negli ultimi tempi, si è parlato di possibili collegamenti tra sedicente Stato Islamico e Al Shabaab in Somalia, ma anche Boko Haram in Nigeria: che rischi ci sono?

R. - Certamente, anche questo è possibile. In una situazione del genere tutto è possibile, pure se bisogna ammettere che ultimamente le forze del rinascente governo, con l’appoggio di quelle africane, sono riuscite a liberare molte città dalla presenza degli Shabaab.

D. - A tal proposito, l’esercito somalo e i militari dell’Unione Africana hanno recentemente riconquistato il porto di Barawe. Ma a cosa deve mirare ancora la politica contro gli estremisti?

R. - Non basta liberare alcune zone con la forza militare. Bisogna consolidare la liberazione con programmi di sviluppo economico, programmi di urgenza perché bisogna ricordarsi che attualmente almeno 800 mila persone in Somalia soffrono la fame. Oggi, è la Giornata mondiale dell’alimentazione e non bisogna dimenticare questo aspetto. Allora, accompagnando lo sforzo militare con uno di tipo economico, di sicurezza, di servizi, le nuove autorità potranno avere l’appoggio della popolazione, senza il quale sarà impossibile imporsi sugli elementi contrari alla rinascita dello Stato.

D. - Lei che per 25 anni è stato accanto alla popolazione somala ha potuto capire quanta fiducia c’è nel futuro?

R. - La fiducia per il momento è poca. Ma, appunto, per raccogliere fiducia è davvero necessario impegnarsi seriamente nella ricostruzione del Paese, per la popolazione. Questa è un po’ la mia speranza.

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Immigrazione, parte Triton. Perego: si torna a tutela frontiere

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Partirà il primo novembre Triton, l’operazione europea di pattugliamento del Mediterraneo. “Salvare vite umane”, ha detto il direttore esecutivo di Frontex, Gil Arias, “è una priorità assoluta, ma il mandato dell'Agenzia è quello di controllare le frontiere, non facciamo ricerca e soccorso". Intanto, il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha dichiarato che chiuderà Mare Nostrum, la missione della marina militare che in questi mesi ha salvato più di 100.000 persone. Maria Gabriella Lanza ha intervistato padre Camillo Ripamonti, presidente del centro Astalli:  

R. – Siamo preoccupati che l’operazione Triton affronti soltanto alcune delle problematiche dei salvataggi in mare, come invece l’operazione Mare Nostrum aveva fatto fin dall’inizio: cioè andare in acque internazionali anche ad accogliere quelle che erano le richieste di aiuto delle persone che stavano attraversando il mare per arrivare nel nostro Paese. L’obiettivo dell’agenzia Frontex è quello del controllo delle frontiere e non il salvataggio delle vite umane.

D.  – Quale potrebbe essere secondo lei una soluzione efficace?

R. – Non interrompere l’operazione Mare Nostrum che ha salvato effettivamente molte vite. L’obiettivo principale sarebbe quello di istituire canali umanitari per rendere totalmente sicuri i viaggi di queste persone.

D. – L’operazione “Triton” costerà quasi tre milioni di euro al mese e coinvolgerà 26 Paesi europei, le coste libiche però non verranno pattugliate, per questo Mare Nostrum resta essenziale come spiega mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes:

R. – Credo che l’abbandono dell’operazione Mare Nostrum, che è stata una grande operazione militare di pace e di accompagnamento nella logica della tutela e della protezione umanitaria di tante persone, desti una grande preoccupazione: dice che si ripetano ancora disagi e disastri.

D. – Un limite all’operazione Triton è che le navi si fermeranno a 30 miglia dalle coste italiane, cioè a 140 miglia più a nord dell’attuale pattugliamento condotto da Mare Nostrum…

R. – Perché la logica, ancora una volta, è un ritorno alla tutela e alla difesa delle frontiere e non invece a presidiare un Mediterraneo nel suo complesso per accompagnare le persone in fuga e persone che sono in difficoltà. La nostra preoccupazione nasce anche da questo fatto. Si ritorna a prima di Mare nostrum e si ritorna a considerare come dovere dell’Europa quello di presidiare i confini.

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La morte del filosofo Giovanni Reale

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Si è spento ieri il filosofo Giovanni Reale, uno dei maggiori interpreti del pensiero antico, studioso di Platone di fama internazionale. Aveva 83 anni. L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella sua casa di Luino (Varese). Nato a Candia Lomellina (Pavia) il 15 aprile 1931, era professore emerito dell'Università Cattolica di Milano, dove è stato a lungo ordinario di storia della filosofia antica, e dove ha anche fondato il Centro di Ricerche di Metafisica, luogo in cui si sono formati la maggior parte dei suoi allievi. Dal 2005 era passato a insegnare alla nuova facoltà di Filosofia del San Raffaele di Milano presso la quale aveva avviato il Centro Internazionale di Ricerche su Platone e sulle radici platoniche del pensiero e della civiltà occidentale. È autore di fondamentali contributi sui filosofi presocratici, Socrate, Platone, Aristotele, Seneca, Plotino e di una monumentale "Storia della filosofia greca e romana" (Bompiani 2004) in dieci volumi. Le sue opere sono tradotte in 13 lingue. Ha coordinato la traduzione completa dell'opera platonica, ora edita da Bompiani. Sempre per Bompiani con Antiseri ha curato "Storia della filosofia dalle origini ad oggi" in 14 volumi. 

Riascoltiamo la voce del prof. Giovanni Reale in una intervista del 2001, in occasione dell’uscita, per le edizioni Bompiani, del volume "Karol Wojtyla. Tutte le opere letterarie". Antonella Palermo aveva chiesto al prof. Reale, curatore della presentazione del volume, che inaugurava la collana "Il pensiero occidentale", le ragioni per cui la scelta monografica d'avvio fosse ricaduta proprio su Wojtyla:

R. - Ci si è dimenticati che l’uomo pensa in molti modi. Almeno in tre modi si arriva alla verità: con la filosofia, cioè pensando e ragionando; ma sia arriva alla verità con la bellezza, con la poesia che è un modo di pensare per immagini, per miti e, in ultimo con la fede che ha un valore conoscitivo come oggi si comincia a capire. Si era dimenticato il bellissimo circolo ermeneutico di Agostino: “Capisco per credere, e credo per capire”. Ecco, in questo circolo del pensiero occidentale sono previsti grandi mistici, perché ricordiamo che, anche il misticismo, è un’esperienza conoscitiva. Wojtyla ha avuto dal buon Dio una particolare fortuna: percorre tutte e tre le vie come poeta e drammaturgo. Ma qui sono rimasto stupefatto nel vedere come conosce le crisi matrimoniali e nella Bottega dell’orefice. Poi la spiegazione viene fuori: adorava, amava moltissimo la confessione e di conseguenza ha fatto un’esperienza del cuore umano che è veramente straordinaria. Aveva veramente in mano il cuore degli uomini.

D. - “Ciò che non è persona non è nulla”, diceva il filosofo Gadamer. È un concetto che attraversa praticamente tutte le opere poetiche di Wojtyla, vero?

R. - Ricordiamo questo: il concetto di uomo è nato solo nel pensiero cristiano. E vorrei ricordare un’altra cosa: se una persona mi chiedesse qual è il testo più bello che ti fa capire la dinamica da cui nasce la persona non ho dubbi: sono le Confessioni, un rapporto continuo dell’io con il tu, in questo caso l’”io” di Agostino e il “tu” di Dio persona. Ecco allora il nesso strutturale dell’uomo con Dio personale fa nascere il concetto di persona: togli il concetto di Dio, togli il concetto di persona.

D. - La fede in Karol Wojtyla è stata un’esperienza molto precoce …

R. - Sono stato in Polonia perché ho avuto la grande soddisfazione e commozione di ricevere una laurea honoris causa a Lublino, proprio alla sua Università. E lì ho visto cos’è l’intagliatore: un artigiano, artista, che scolpisce nel legno figure di Cristo. Ce n’è una tipica che viene riprodotta in tutti i modi: i Santi. Ebbene, questa opera giovanile mi ha colpito moltissimo perché, rivolgendosi a Dio, Wojtyla dice esattamente questo: “Tu sei il più stupendo onnipotente intagliatore di Santi”. Aveva 19 anni! Aveva già detto in modo chiarissimo “Tu mi hai intagliato”.

D. – Ecco, come semplice lettore, quale messaggio dell’opera di Wojtyla conserva la colpisce particolarmente?

R. - L’amore. Le leggo tre versi: “Lasciati plasmare dall’amore, conosco soprattutto una forza che mi vince, mi vince intensamente quell’amore”. E  questo: “L’amore mi ha spiegato ogni cosa. L’amore ha risolto tutto per me, perciò ammiro questo amore dovunque questo si trovi”. É un pensiero che mi ricorda quello che è poco conosciuto ma un grande scrittore Gomez D’Avila che, in modo icastico e tagliente, ha espresso in questo pensiero: “La domanda tace solo di fronte all’amore. Perché amore? Ma perché è l’unica domanda possibile. L’amore non è un mistero, ma è il luogo in cui il mistero si dissolve”. E il Papa questo dice esattamente: “L’amore mi ha spiegato ogni cosa”. Ma quanti uomini oggi sanno o pensano questo?

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Nella Chiesa e nel mondo



Liberia: bambini sopravvissuti all’ebola emarginati e abbandonati

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L’epidemia di ebola in Africa Occidentale non sta portando solo gravi problemi di natura sanitaria ma anche conseguenze di natura sociale. Infatti, migliaia di bambini sopravvissuti al virus non riescono a reintegrarsi in famiglie o comunità che li allontanano per paura e li considerano pericolosi. Tanti, privi di ogni attenzione, muoiono abbandonati per le strade. In alcuni casi, è anche difficile trovare parenti di questi piccoli sopravvissuti perché non si hanno dati anagrafici precisi.

Un’alternativa proposta dall’Unicef è quella di cercare qualche sopravvissuto, quindi immune al virus, che possa prendersi cura di un bambino ma con il rischio che la popolazione li emargini entrambi.

L’organismo ha previsto nei prossimi 6 mesi una campagna di formazione per 2.500 adulti sopravvissuti all’ebola, affinchè aiutino i piccoli rimasti orfani e altri che si trovano in condizioni di vulnerabilità, i quali, pur non avendo perso i genitori a causa della malattia subiscono discriminazioni.

In Liberia, Sierra Leone e Guinea, sono stati chiusi o non funzionano diversi Centri sanitari e alcuni operatori si rifiutano di andare a lavorare per paura o per le cattive condizioni lavorative. Donne incinte o madri con bambini non vanno ai controlli medici per timore di contagio e questo preoccupa per l’eventuale diffusione di ulteriori malattie come paludismo, malaria e altre.

Nel campo dell'istruzione, la situazione non è particolarmente incoraggiante. Le autorità della Guinea hanno rinviato il ritorno a scuola a novembre, mentre in Liberia e Sierra Leone 3,5 milioni di bambini non frequentano le lezioni per il proliferare dell’epidemia. (R.P.)

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Congo: vescovi condannano aggressione a sacerdoti e religiose

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“È inammissibile prendersela con il personale ecclesiastico che, fedele alla gerarchia, esercita il suo ministero pastorale” afferma un comunicato della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo (Cenco) che condanna l’aggressione subita da due parroci domenica 12 ottobre a Lodja, a 750 km a nord di Mbuji-Mayi capoluogo del Kasai orientale.

Lo stesso giorno un convento di suore era stato devastato. I due sacerdoti erano stati aggrediti da alcuni giovani dopo aver letto durante la Messa domenicale la Lettera pastorale della Conferenza episcopale che critica la proposta di revisione costituzionale che permetterebbe al Presidente in carica, Joseph Kabila, di presentarsi alle elezioni per ottenere un terzo mandato.

Nel messaggio pubblicato il 14 ottobre i vescovi affermano che la Lettera pastorale “ha suscitato un vivo dibattito” ma ricordano di aver esercitato il loro diritto e “la loro missione profetica di sentinelle e di persone chiamate a ridestare le coscienze”. La Cenco precisa inoltre che “non c’è alcuna ribellione dei fedeli cattolici contro la gerarchia della Chiesa, ma una manipolazione di alcuni giovani non cattolici a fini inconfessabili”.

I vescovi chiedono alle autorità di garantire la sicurezza di preti, di religiosi e religiose, degli operatori pastorali, così come dei luoghi di culto. Si invitano infine i fedeli a pregare per il bene della nazione. A questo fine i vescovi hanno organizzato tre giorni di preghiera, dal 17 al 19 ottobre, in tutto il Paese “affinché Dio illumini l’avvenire della nazione”. (R.P.)

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Anno della Vita consacrata su Vangelo, profezia e speranza

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“Dopo un accurato discernimento abbiamo scelto che l’Anno della vita consacrata si concentri su tre parole: Vangelo, profezia, speranza”. Lo ha detto ieri sera all'agenzia Sir mons. José Rodríguez Carballo, segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, a margine della presentazione, presso la Pontificia Università Urbaniana, della seconda lettera circolare che la Congregazione ha indirizzato ai consacrati in preparazione all’anno della Vita consacrata che si aprirà il prossimo 30 novembre, prima domenica di Avvento.

Ad inaugurarlo - riferisce l'agenzia Sir - sarà la celebrazione eucaristica presieduta alle 10 da Papa Francesco nella basilica di san Pietro, preceduta, la sera di sabato 29, da una veglia di preghiera nella basilica di Santa Maria Maggiore (ore 19). La lettera, edita dalla Libreria editrice vaticana e intitolata “Scrutate. Ai consacrati e alle consacrate in cammino sui segni di Dio”, segue la prima, “Rallegratevi”, diffusa lo scorso 2 febbraio.

“La vita consacrata - prosegue mons. Carballo - guarda soprattutto a due cose. Anzitutto che i consacrati prendano coscienza della bellezza della sequela di Cristo, secondo la forma cui sono stati chiamati, poi che gridino al mondo senza complessi, né di superiorità ma neppure di inferiorità, la bellezza di questa vita”. 

“Oggi più che mai - assicura mons. Carballo - il mondo ha bisogno di uomini e donne che vivano il Vangelo, siano profeti e seminatori di speranza. Per questo la vita consacrata è attualissima, controcorrente ma attualissima”. Commentando nel suo intervento il titolo della lettera, il segretario del dicastero responsabile dei religiosi ha spiegato che l’esortazione “Scrutate” costituisce un passo avanti, rispetto a “Rallegratevi”, nel percorso di preparazione all’Anno della vita consacrata.

A cinquant’anni dal Concilio, per il segretario della Congregazione vaticana, i consacrati sono chiamati a fare memoria di “un evento vivo in cui abbiamo riconosciuto la nostra identità più profonda” e che ha affidato un metodo: “il metodo della riflessione che si compie sul mondo e sulla vicenda umana a partire dalla Parola di Dio”. La vita consacrata “sta attraversando un guado ma non può restarvi in modo permanente. Siamo invitati ad operare il passaggio”: ad essere “chiesa in uscita”, secondo la definizione del Pontefice. Con particolare vigilanza “per cogliere la sfida delle domande che provengono dai crocevia del mondo”, la vita consacrata è chiamata anche a individuare “strade nuove e coraggiose per raggiungere tutti” e a “vivere con particolare intensità la statio dell’intercessione”. (R.P.)

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Lourdes: sciopero ferrovie francesi blocca malati e disabili

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Sono oltre 600 i pellegrini dell’Unitalsi, tra cui 200 malati e disabili gravi, che da ieri alle ore 19 sono bloccati nella stazione di Ventimiglia a causa dell’ennesimo sciopero delle ferrovie francesi (Sncf). Il pellegrinaggio - riferisce l'agenzia Sir - era partito ieri alle ore 10,18 da Brescia e sarebbe dovuto arrivare a Lourdes alle ore 9 di oggi. In queste ore il personale Trenitalia e Rfi (Rete ferroviaria italiana) di Ventimiglia si è prodigata tutta la notte e questa mattina nell’assistenza alle persone ospitate sul treno. Solo poco fa, dopo forti pressioni dell'Unitalsi sulle ferrovie italiane, il treno è ripartito.

L’ennesimo caso di disservizio in Francia che già a fine settembre aveva bloccato in Italia la maggior parte dei treni dell’Unitalsi diretti a Lourdes in occasione del pellegrinaggio nazionale e anche lo scorso 11 ottobre un treno proveniente da Milano era stato fermato alla stazione di Milano San Cristoforo tutta la notte per impossibilità di entrare in territorio francese.

Una palese violazione - denuncia l'Unitalsi - della normativa europea, la quale prevede che “le persone disabili o con mobilità ridotta devono vedersi garantire il loro diritto al trasporto, perciò le imprese ferroviarie e i gestori delle stazioni devono predisporre un’adeguata assistenza e un accesso non discriminatorio ai treni”, soprattutto in caso di scioperi e di agitazioni sindacali. 

In sostanza per i convogli che muovono queste categorie sociali protette non si può e non si deve applicare l’interruzione improvvisa del servizio. A questo occorre aggiungere che gli accordi tra Unitalsi e la Sncf per tramite di Trenitalia per i pellegrinaggi in corso in questi mesi sono stati presi più di un anno fa. Oltre allo sciopero si è aggiunta anche l’inadeguatezza dei locomotori inviati dalla società francese che non sembravano compatibili per il movimento del convoglio.

“Una situazione - spiega Salvatore Pagliuca, presidente nazionale di Unitalsi - che è diventata insostenibile. Infatti, ancora una volta è stata violata la normativa europea che tutela le persone disabili e malate lasciandole in balia degli eventi per oltre 14 ore questa volta, ma in altri casi per più di 48 ore”. “Credo - aggiunge Pagliuca - che sia arrivato il momento di alzare la voce per tutelare il diritto dei malati e dei disabili affinché possano circolare liberamente e correttamente in Europa”. “Alla sofferenza del corpo - conclude Pagliuca - di molti pellegrini che partono con noi dobbiamo aggiungere quella derivante dall’indifferenza e dalla leggerezza con la quale si lasciano fermi i convogli per giorni”. (R.P.)

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Terra Santa: nuova cappella per i pellegrini inaugurata al “Cenacolino"

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Una nuova cappella dedicata allo Spirito Santo è stata benedetta e inaugurata all'interno del Convento di San Francesco Ad Coenaculum, conosciuto come il “Cenacolino”, a due passi dal Santo Cenacolo, sul Monte Sion. Ne dà notizia la Custodia francesacana di Terrasanta, riferendo che domenica 12 ottobre diversi fedeli, insieme a rappresentanti di istituzioni dilomatiche e ecclesiali, hanno preso parte alla liturgia celebrata presso la cappella e presieduta da mons. José Rodríguez Carballo, già Ministro generale dell’Ordine Francescano e attuale Segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica.

La cappella, insieme all'adiaciente giardino – anch'esso inaugurato nella sua nuova configurazione – si offrirà come luogo di preghiera e di meditazione a disposizione dei gruppi di pellegrini che visitano la Città Santa. La fisionomia e gli elementi figurativi della cappella sono opera di due artisti italiani, Michele Canzoneri e Rossella Leone, che hanno fatto ricorso a numerose figurazioni astratte, con vetrate ispirate a diverse scene evangeliche, come la lavanda dei piedi, l’apparizione ai discepoli, la Pentecoste e il discorso di Pietro.

Il Convento di San Francesco ad Coenaculum, per la sua posizione, ha un valore particolare per la Custodia di Terra Santa: si trova nei pressi del luogo in cui si ricorda l’Ultima Cena, e in cui i francescani stabilirono il loro primo convento, otto secoli fa.

Il Convento è stato interessato per lungo tempo da lavori di rifacimento eseguiti nel quadro del progetto denominato “Gerusalemme, Pietre della Memoria”, che ha visto la ristrutturazione dei diversi immobili della Custodia di Terra Santa. Nell'ambito di tale progetto, particolare cura è stata dedicata alla formazione professionale e umana degli operai assunti dalla Custodia di Terra Santa. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 289

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.