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Sommario del 18/10/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Messaggio finale del Sinodo: amore coniugale, miracolo più bello

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Battute finali al Sinodo straordinario della famiglia in corso in Vaticano: a larga maggioranza, stamani, l’Aula ha approvato il Messaggio conclusivo dei lavori. Rivolto alle famiglie del mondo ed in particolare a quelle cristiane, il documento contiene anche un appello alle istituzioni, affinché promuovano i diritti della famiglia, e ricorda la riflessione che è stata dedicata all’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati. Il servizio di Isabella Piro: 

“L’amore coniugale, unico ed indissolubile, che persiste nonostante le tante difficoltà del limite umano, è uno dei miracoli più belli” ed anche “il più comune”. Brilla di speranza il Messaggio conclusivo del Sinodo straordinario sulla famiglia, letto in Aula dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente della Commissione per il Messaggio.

Ringraziando innanzitutto per la “fedeltà, fede, speranza ed amore” che le famiglie offrono al mondo, nella prima parte il documento si sofferma sulla “realtà viva e complessa” in cui vivono i nuclei familiari, su “le luci e le ombre”, le “sfide esaltanti” e le “prove drammatiche”, là dove “il male ed il peccato” si insinuano tra le mura domestiche.

Le sfide, dunque: al primo posto, il Messaggio ricorda la fedeltà coniugale, messa a dura prova da individualismo, indebolimento della fede e frenesia quotidiana che possono provocare crisi matrimoniali affrontate senza pazienza, senza perdono, senza riconciliazione reciproca, senza sacrificio. Dai fallimenti matrimoniali – continua il documento – nascono “nuove relazioni, nuove coppie, nuovi unioni e nuovi matrimoni, creando situazioni familiari complesse e problematiche per la scelta cristiana”.

Ulteriori sfide: figli disabili, malattie, vecchiaia, morte di una persona cara, difficoltà economiche causate da sistemi perversi, da quel “feticismo del denaro” che umilia la dignità della persona. Il pensiero del Sinodo va quindi ai genitori disoccupati, “impotenti di fronte alle necessità primarie delle famiglia”, ed ai giovani che – in giorni vuoti e senza attesa – possono diventare preda di droga e criminalità. Le “ombre” calano anche sulle famiglie povere, profughe, perseguitate  a causa delle fede, colpite da guerre e oppressioni brutali, sulle donne vittime delle violenza e della tratta, sui minori “vittime di abusi persino da pare di coloro che dovevano custodirli”.

Per questo, il Messaggio lancia un forte appello “ai governi ed alle organizzazioni internazionali” affinché promuovano “i diritti della famiglia per il bene comune”. “La Chiesa, casa sempre aperta nell’accoglienza”, si legge ancora nel testo, non esclude nessuno. Gratitudine, quindi, viene espressa per tutti quei pastori, fedeli e comunità che operano nella pastorale familiare.

Ma il documento sinodale non dimentica la “luce” che splende in tante famiglie, quella luce che deriva dall’incontro “pari e reciproco” tra i coniugi, in cui ciascuno si apre all’altro, pur rimanendo se stesso. Centrale, quindi, porre l’accento sul fidanzamento e la preparazione al sacramento del matrimonio, che conosce anche “la sessualità, la tenerezza e la bellezza” che superano il tempo. Perché l’amore “per sua natura”, “tende ad essere per sempre”.

L’amore coniugale si diffonde attraverso la “fecondità e la generatività”, dice il Sinodo, intese non solo come procreazione, ma anche come dono della vita divina nel battesimo, nell’educazione e nella catechesi dei figli, e nella capacità di offrire affetto e valori anche per chi non ha potuto generare.

Il Messaggio sottolinea, inoltre, l’importanza della preghiera comune in famiglia, “piccola oasi dello spirito”, e dell’educazione alla fede ed alla santità, compito che spesso viene esercitato “con affetto e dedizione” anche dai nonni. In quest’ottica, la famiglia, vera “Chiesa domestica”, può esprimere la carità, la vicinanza a “gli ultimi, gli emarginati, i poveri, le persone sole, i malati, gli stranieri”.

Guardando, poi, all’Eucaristia domenicale, quando “la famiglia si siede alla mensa del Signore”, il documento ricorda che “in questa prima tappa del cammino  sinodale” si è “riflettuto sull’accompagnamento pastorale e sull’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati”.

Infine, il Messaggio dei Padri Sinodali guarda alla Sacra Famiglia di Nazaret ed innalza una preghiera a Dio Padre anche in vista dell’Assemblea ordinaria del 2015, sempre dedicata al tema della famiglia. L’invocazione è che il Signore doni “sposi forti e saggi”, giovani coraggiosi “nell’impegno stabile e fedele” , e “una Chiesa sempre più fedele e credibile”, per un mondo capace di amare “verità, giustizia e misericordia”.

Nel pomeriggio, i lavori nell’Aula del Sinodo proseguiranno con l’ultima Congregazione generale, la quindicesima: in programma, la votazione della “Relatio Synodi”, documento conclusivo di norma riservato solo al Papa. Sarà poi il Pontefice a stabilire se renderlo pubblico o meno.

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Sinodo. Il card. Ravasi: il Papa ha favorito la libertà di confronto

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Si è tenuto nella Sala Stampa vaticana il briefing sul Messaggio finale del Sinodo per la famiglia. Sono intervenuti il card. Gianfranco Ravasi, presidente della Commissione per il Messaggio, il card. Oswald Gracias e il card. Raymundo Damasceno Assis. Come sempre, il briefing è stato moderato dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il servizio di Alessandro Gisotti

In apertura di briefing padre Lombardi ha sottolineato che il messaggio finale del Sinodo è stato approvato a larga maggioranza, con 158 voti su 174, ed è stato ampiamente apprezzato. Un testo che è stato elaborato dal card. Ravasi assieme ad una commissione di padri sinodali rappresentativa di tutti i 5 continenti. Quindi è stata la volta del cardinale Damasceno Assis che ha voluto ricordare che questo Sinodo è solo la prima tappa di un cammino che prosegue con il Sinodo ordinario del prossimo anno:

R. – Yo creo que un balance...
“Credo – ha detto il porporato – che il bilancio che possiamo fare sia positivo, perché in questa prima tappa del Sinodo, non avevamo come obiettivo quello di arrivare a delle conclusioni definitive”.

Per il porporato il bilancio è positivo perché si è lavorato bene in attesa di arrivare a dei risultati che verranno al Sinodo del prossimo anno e poi con l’Esortazione post-sinodale. Dal canto suo, il cardinale Gracias ha osservato che questo Sinodo è molto importante per l’Asia per il ruolo che la famiglia ha ancora nel Continente. E rispondendo poi ad una domanda di un giornalista ha affermato che gli omosessuali sono i benvenuti nella Chiesa, fanno parte di essa. E’ stata dunque la volta del cardinale Ravasi che si è invece soffermato sullo stile e il contenuto del messaggio. Il porporato ha messo l’accento sulla brevità e immediatezza del testo in cui i padri si rivolgono direttamente alle famiglie. Ancora, ha affermato che il messaggio dà conto delle luci e delle ombre che deve affrontare la famiglia. Quindi il cardinale Gianfranco Ravasi ha evidenziato un passaggio del documento:

“Qual è la meta ultima della famiglia cristiana? Meta ultima della famiglia cristiana è l’Eucaristia. Abbiamo fatto – non era compito del messaggio affrontare il problema dell’accesso ai Sacramenti, però c’è una frase finale che dice: ‘Nella prima tappa del nostro cammino sinodale abbiamo riflettuto sull’accompagnamento pastorale e sull’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati’”.

Di fronte a situazioni difficili – ha detto il card. Ravasi rispondendo ai giornalisti – la Chiesa non deve avere un atteggiamento perbenista, ma deve prima di tutto accogliere, essere pronta a sentire e comprendere i mutamenti. Al tempo stesso però, ha soggiunto, la Chiesa ha una sua identità, una sua concezione e dunque non riconosce automaticamente modelli differenti da quello cristiano. Quindi ha espresso la sua opinione sul fatto che Francesco interverrà solo stasera, dopo non aver parlato durante i lavori:

“Questo silenzio del Papa, a mio avviso, è fondamentale, è proprio quasi la caratteristica del percorso sinodale, in cui riuniti attorno al Papa, i vescovi, come lui desiderava, hanno espresso le loro diverse concezioni”.

I tre porporati hanno detto dunque la loro sullo spirito della Relatio Synodi che sarà votata nel pomeriggio. Pur non anticipando i contenuti, hanno concordato nel definirlo un testo aperto. Il cardinale Gracias ha aggiunto che si tratta di un documento bilanciato, che accoglie modifiche e integrazioni elaborate nel lavoro dei Circoli minori. Da questo documento, ha osservato, si capisce che non bisogna avere tutte le risposte ora, ma camminare in questo processo che si concluderà con il Sinodo ordinario dell’anno prossimo.

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Card. Napier: abbiamo raggiunto visione comune

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“Abbiamo raggiunto un punto importante, con questo documento finale”, “una visione comune”: è quanto afferma ai microfoni della Radio Vaticana il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban (Sud Africa), membro della Commissione che ha lavorato alla stesura della Relazione finale. La visione comune - sottolinea - è che fosse necessario focalizzarci sul problema principale: il fatto che “la maggior parte delle persone unite in matrimonio sono quelle che hanno bisogno di noi e noi stiamo con loro per individuare quali siano le questioni per cercare le risposte a questi problemi. Quindi, penso che questo sia l’aspetto più importante del documento: il fatto di dover presentare in uno spirito onesto e aperto quello che è veramente stato detto dai membri del Sinodo, specialmente nei Circoli minori. Non è un compito facile quello di includere le idee di tutti, quando ci sono tutti gli orientamenti e si cerca di racchiuderli in uno solo. Ma penso che siamo riusciti abbastanza bene ad evidenziare le cose principali”.

“Nella maggior parte dei matrimoni – prosegue il porporato sudafricano - la gente lotta, ha alti e bassi, cade, si rialza e ci riprova di nuovo. Dobbiamo impegnarci a dire loro: ‘Siamo con voi e abbiamo bisogno che ci diciate come possiamo aiutarvi e sostenervi’. Penso che questo sia quello che molte persone sperano e si aspettano dal Sinodo. Questo risulterà essere un forte e deciso aiuto per il matrimonio come condizione di vita ma anche come modo di essere Chiesa e di essere salvezza l’uno per l’altro, redenzione l’uno per l’altro. Questo penso sia quello che la gente si aspetta e spero che il documento riesca a far uscire tutto questo chiaramente”. 

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Sinodo. Card. Scola: nessuna paura della dialettica, prevale comunione

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Non bisogna avere paura della dialettica, alla fine prevale la comunione: è quanto afferma il cardinale Angelo Scola, commentando i lavori del Sinodo sulla famiglia. L'arcivescovo di Milano ricorda la necessità di tenere uniti in un unico processo questo Sinodo straordinario e il Sinodo ordinario del 2015: in caso contrario si rischia di non cogliere il significato dell'attuale assemblea sinodale. Il porporato ha affermato anche che la vera rivoluzione da fare è quella di trasformare la famiglia da oggetto a soggetto della pastorale. Ma ascoltiamo il cardinale Angelo Scola al microfono di Paolo Ondarza

R. – Credo che bisogna evitare il limite, in cui forse taluni media sono caduti, di disinserire questa assemblea dal processo globale, nella quale invece il Santo Padre fin dall’inizio ha voluto collocarla: l’inchiesta con le domande, con il coinvolgimento di tutto il popolo di Dio; l’Instrumentum Laboris derivato dall’inchiesta; questa prima assemblea straordinaria e dal titolo mirato “Le sfide”, imposte al matrimonio, alla famiglia dalla società contemporanea; il ritorno ora dell’esito di questo lavoro nelle Conferenze episcopali, alla base, affinché il tutto sia valutato nel contesto ampio del Sinodo ordinario, che non a caso ha come titolo “La vocazione e la missione della famiglia nella società contemporanea”, prima che il Santo Padre attraverso l’Esortazione esprima il suo parere. Ecco, tutto questo processo va tenuto insieme. Se si separa il Sinodo straordinario e addirittura non si capisce che l’accentuazione data a certe questioni di emergenza, pur importanti, va collocata in questo contesto globale, si rischia di non coglierne il significato, il valore e neanche le scelte.

D. – I padri hanno guardato la famiglia in una visione di insieme e quelle problematiche che sicuramente più hanno colpito – vedi la Comunione ai divorziati risposati o la questione delle coppie omosessuali – sono state delle problematiche all’interno di questo ampio dibattito…

R. – Direi di sì, già fin d’ora, ma questo sarà ancora più evidente nel Sinodo ordinario. Da un certo punto di vista, è comprensibile che un Sinodo dedicato alle sfide poste alla famiglia dalla cultura contemporanea, si sia molto chinato su queste due problematiche specifiche. Ma già - come io penso si vedrà nella relazione finale se sarà resa pubblica - in questo Sinodo si è lavorato molto per recuperare tutto l’insegnamento di Gesù, della tradizione, del magistero, che ci ha condotto fin qui e soprattutto in un confronto serrato, che cercasse le ragioni della comprensione di questi fenomeni. Ma la cosa sarà ancora più evidente nel Sinodo ordinario che ci aspetta.

D. – E’ stato un Sinodo di carattere pastorale, ma è bene dire il binomio inscindibile – misericordia-dottrina, pastorale-dottrina – ha accompagnato questi lavori e anche la riflessione di chi da fuori ha guardato questo Sinodo. Che cosa si può dire in merito a questo?

R. – Guardi, io ho avuto l’esperienza molto straordinaria, in quanto Patriarca di Venezia, di poter accedere a taluni dei primi appunti con cui Giovanni XXIII ha cominciato a parlare della sua idea di pastorale, che poi tanto peso ha avuto nel Concilio , a partire dalla Gaudet Mater Ecclesia. Soprattutto lavorando sul cap. 10 di Giovanni, il tema del Buon pastore, Roncalli fin da allora sottolineava molto che “pastorale” significa storico salvifico: è presentare Gesù come “via, verità e vita”. Allora, la via che cos’è? E’ un orientamento. In un certo senso si può dire che è anche disciplina. “Disciplina” ha la stessa etimologia della parola “discepolo”. La vita è la concretezza della pastorale e la verità è la verità. Quindi bisogna vivere questi tre aspetti in un’unità estremamente radicale e profonda. Non si può disgiungerli l’uno dall’altro, non si può considerare la pastorale come un’applicazione di una dottrina, affermata in maniera astratta. A sua volta, una dottrina autentica che parte da Gesù, dal Vangelo, dall’esperienza cristiana, è già in se stessa capace di pastorale e quindi gli impegni che ne derivano, per usare la parola “disciplina”, sono a loro volta all’interno di questa grande unità. Io penso che una delle cose più belle del Sinodo, che è il dialogo nei Circoli minori in cui si è costretti a tirar fuori le ragioni, penso che questa unità dei tre elementi – in questi gruppi - sia stata in un certo senso meglio compresa ed affermata e questo ci aiuterà molto a trovare le soluzioni adeguate.  

D. – La pluralità delle posizioni emerse, insieme anche a quanto poi è stato interpretato, non crede abbia contribuito a generare, soprattutto in una certa fase di questo Sinodo, un caos interpretativo?

R. – Sì, lei qui dice una cosa da considerare con molta attenzione. Adesso tocca a noi vescovi che abbiamo partecipato al Sinodo, riportare a tutte le Conferenze episcopali, ai religiosi, alle religiose, ai diaconi, ai laici impegnati, tutto questo materiale e tutta questa riflessione attraverso un grande lavoro pedagogico che ha però il suo fulcro in un tema che è stato centrale in questo Sinodo. Il tema è questo: la famiglia deve diventare finalmente soggetto della pastorale e non essere più solo un oggetto della cura pastorale. Questa per me è la vera rivoluzione copernicana entro la quale anche i casi difficili - le famiglie ferite, la situazione degli omosessuali - troveranno nel rispetto dell’insegnamento di Gesù, della Scrittura, della tradizione autenticamente interpretata dal magistero, le giuste risposte. Quindi, adesso lei dice molto bene, una certa confusione - che può essere stata ingenerata da tanti fattori non dovuti a cattive intenzioni - avrà bisogno di un’azione pastorale più decisa da parte di tutte le comunità ecclesiali, parrocchia per parrocchia, aggregazione per aggregazione, nazione per nazione, cultura per cultura. Perché, per esempio, si è dato molto poco peso al problema della poligamia, che ha una grossa incidenza non solo in Africa ma anche in Asia, che presenta casi molto articolati e diversi. Io ho imparato molto in questo proposito. Allora, i padri africani e asiatici hanno un grande lavoro in questo senso. Per loro, infatti, sono meno pesanti certe questioni che per noi europei. Quindi lei ha ragione, la strada è segnata: la famiglia soggetto. E questo aiuterà anche quella semplificazione della vita delle nostre Chiese di cui tanto abbiamo bisogno, soprattutto in Europa.

D. – Un lavoro che avrà anche come sfida quella di riproporre concetti che sono emersi qui al Sinodo come ordine della Creazione: parlare ai giorni nostri di peccato, di cos’è il peccato, di indissolubilità, è una sfida vera e propria…

R. – Su questo ha perfettamente ragione. Devo dire – però non vorrei che fosse una civetteria - che in questo Sinodo si è sentita poco la teologia. Presi dalle urgenze concrete non abbiamo avuto il tempo di andare in profondità su queste categorie che lei ha ripreso, ma più in generale su una teologia della famiglia. Noi sappiamo che la teologia della famiglia è ancora in difficoltà. Si è sviluppata una teologia del matrimonio, in un certo senso, ma manca da una parte una teologia approfondita sugli elementi costitutivi del rapporto uomo-donna: differenza sessuale, amore come dono di sé, procreazione, visti insieme come espressione di un mistero nuziale. E dall’altra parte, manca ancora una teologia della famiglia che sia articolata. Questo pare a me che manchi oggettivamente e in effetti di questa mancanza abbiamo sofferto. Per esempio, ritornare alle espressioni “ordine della Creazione”, “ordine della Redenzione”, in un certo senso è fare un passo indietro rispetto al cristocentrismo elaborato da De Lubac in avanti. Però, questo è un linguaggio che all’interno di un testo come questo si può benissimo accettare e comprendere. Ma, quello che lei dice è molto importante perché apre anche un grande campo di lavoro per teologi, per filosofi, per cultori di scienze umane, come la psicologia, e quindi in questo senso si vede che la Chiesa è viva e mette al lavoro, ci sta mettendo tutti al lavoro. Da questo punto di vista, questo Sinodo è decisamente provvidenziale.

D. – Concludendo, potremmo dire che la famiglia “via della Chiesa” resta una priorità assoluta  e particolarmente per quest’anno, in vista del prossimo Sinodo…

R. – Assolutamente. Noi abbiamo finalmente capito quel che il grande Guardini diceva con una espressione dell’epoca: “La Chiesa deve rinascere dalle anime”. Noi possiamo dire che la Chiesa deve rinascere dalla persona. Ma la persona è sempre in relazione e le relazioni originarie costitutive quali sono? Prima di tutte, la famiglia. E Gesù ci ha rivelato in maniera splendida la bellezza del dono totale di sé, unico, fedele, indissolubile, per tutta la vita, che si sperimenta nel matrimonio, nella famiglia. Una delle esperienze più belle che ho - essendo vescovo da 24 anni - è che non c’è volta che io vada in parrocchia che non sia avvicinato, alla fine della Messa o di un incontro, da persone anziane della mia età che con una grande gioia mi dicono: “Eminenza ci benedica, sono 60 anni che siamo sposati…”, e si vede una felicità che io vorrei che fosse capita anche da tanti giovani. Quindi, a mio parere la Provvidenza ha lavorato in profondità durante questo Sinodo. Non bisogna aver paura della dialettica. Il Papa ci ha giustamente invitato a una grande franchezza. C’è stata una dialettica sana ma alla fine, nella Chiesa assistita dallo Spirito, come si potrà vedere, la comunione sempre prevale.

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Mons. Solmi: Sinodo apre prospettive fedeli a dottrina e pastorale

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Sulle battute conclusive del Sinodo dei vescovi si sofferma, al microfono di Paolo Ondarza, mons. Enrico Solmi, vescovo di Parma e presidente della Commissione per la Vita e la Famiglia della Conferenza Episcopale Italiana: 

R. – E’ stato un lavoro fatto bene, organizzato molto bene, soprattutto come attuazione di quelle parole del Papa che chiedeva un ascolto umile ed un parlare schietto, con parresìa. Allora, è stata un’esperienza di Chiesa molto significativa, molto importante e credo che i pastori siano stati supportati, oltre che dalle famiglie presenti nell’Aula sinodale, dalla loro preghiera e abbiano tenuto debitamente conto della loro situazione.

D. – Sarà deluso chi attendeva delle risposte su tematiche particolari, che tanto spazio hanno avuto sui giornali e nell’opinione pubblica negli ultimi giorni?

R. – Il Sinodo non è un referendum: questa era stata un’idea estremamente chiara del Santo Padre; e non è un referendum su questioni che hanno un grande impatto mediatico. Il Sinodo ha voluto ribadire il ruolo della famiglia, centrale nella Chiesa ed anche nella società: su questi temi sono state offerte indicazioni importanti, sottolineate strade che si stanno percorrendo e aperte prospettive fedeli alla dottrina e alla pastorale, che poi sono un tutt’uno, alla carità e alla misericordia. Quindi, diciamo che il Sinodo si conclude anche su queste questioni – mi pare di dire – “in levare”.

D. – Faceva riferimento alla fedeltà al magistero, alla Chiesa: di fatto sono state ribadite anche la centralità dei vari pronunciamenti dalla “Gaudium et Spes” alla “Humanae Vitae”, dalla “Familiaris Consortio” alla “Deus caritas est”, fino alla “Lumen Fidei”: quindi, una continuità che va comunque in un senso di continua apertura e ascolto …

R. – Assolutamente: la Chiesa si trova in continuità con il suo magistero che, come dicono i Padri, è in crescita mantenendo la propria identità – come dice un Padre – come un bambino che cresce e matura la dottrina della Chiesa, anche sollecitata dai segni che lo Spirito Santo mette avanti e anche da problemi nuovi che nascono. Non dimentichiamo che abbiamo una ricca produzione magisteriale. A questa hanno partecipato tante volte le famiglie: quindi, ci troviamo in questo tutt’uno che è fatto, da un lato, dalla fedeltà al magistero, e allo stesso tempo e sullo stesso lato, mi sento di dire, anche dalla vitalità delle suggestioni e delle domande che vengono poste.

D. – E’ stata evidenziata l’importanza di un accompagnamento delle coppie, prima e dopo il matrimonio, per una vera educazione all’affettività. Questo essere vicini è stato sottolineato anche per quanto riguarda la cura pastorale che si deve per quelle persone in situazione di divorzio, separazione, o irregolarità: quindi, cammini di accompagnamento nelle singole situazioni, chinarsi sulle singole persone …

R. – Certamente. La parola “accompagnamento” è stata una delle parole centrali del Sinodo: un particolare sviluppo necessita il tempo del fidanzamento, fino alle situazioni difficili, le situazioni delle famiglie ferite. Questo indica una Chiesa che “cammina con”, una dinamica sinodale sempre presente. Ma a questo punto ci si pone anche delle domande: come accompagnare, chi deve accompagnare, quali possibilità ha concretamente una Chiesa locale per fare questo? Allora la parola “accompagnamento”, di per sé così calorosa e bella, diventa anche una sfida molto importante e rischia di essere, per noi pastori, per noi vescovi, un autentico autogol se non riusciamo a porre modalità concrete e dinamiche amabili attraverso le quali questo avvenga.

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Sinodo. Teoria del gender, Occidente ricatta Sud del mondo

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Durante i lavori sinodali si è parlato anche della sfida posta dai promotori della teoria del "gender" e di quelle pressioni fatte dagli organismi internazionali che legano gli aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate a questa ideologia. Su questa sfida si sofferma mons. Tony Anatrella, tra i massimi esperti del fenomeno, psicanalista e consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia. L’intervista è di Paolo Ondarza

R. - I Padri sinodali hanno rilevato la grande sfida del pensiero unico imposto dalla teoria del "gender": è un fenomeno che non si vive soltanto nel mondo occidentale,  ma anche in Africa. Pensi che ad alcuni Paesi dell’Africa che non rispettano il pensiero unico della teoria del gender i Paesi occidentali taglieranno i finanziamenti. Siamo di fronte ad un’ideologia che va chiaramente a privare di significato il concetto di famiglia, imponendo l’idea che alla base della famiglia ci sia la pulsione sessuale, anche quella omosessuale. Tuttavia tutti i vari orientamenti sessuali non possono essere all’origine di una coppia o di una famiglia.

D. - Questa teoria viene imposta attraverso leggi che diversi Paesi stanno mettendo in atto in vari campi…

R. – Si tratta di leggi civili che i diversi Paesi fanno adottare dai loro parlamenti per cambiare completamente la rappresentazione della sessualità e dell’identità sessuale. Nelle scuole ad esempio si sta cercando di introdurre i bambini più piccoli, già alla scuola materna, all’idea che il sesso maschile o femminile non sia un dato di natura, ma che invece e è bene sperimentare i vari orientamenti sessuali a seconda di ciò che si desidera.

D. - Ritiene che oggi ci sia confusione anche in ambito cattolico su questi temi?

R. - Sì, c’è una confusione molto grande, anche in ambito cattolico. L’ideologia del gender, così come ha fatto il marxismo nel secolo scorso, continua a penetrare oggi nel corpo sociale e in quello ecclesiale, senza che i pastori e gli uomini di cultura se ne rendano conto e predispongano un’adeguata reazione culturale. Nei miei libri ho dimostrato come non si possa parlare di coppia omosessuale o di famiglia omosessuale. Questi concetti non esistono, la terminologia adatta piuttosto potrebbe essere “duetto” o “partenariato”… Ma la coppia è riservata all’uomo e alla donna, solo tra loro c’è una vera complementarietà sessuale che genera vita. Due persone dello stesso sesso non possono generare la vita di un’altra persona.

D. - Ribadire questi concetti non vuol dire giudicare le persone…

R. - Si, l’insegnamento della Chiesa, il catechismo della Chiesa cattolica dice: nessuna discriminazione nei confronti di persone omosessuali, accoglienza, comprensione, accompagnamento.

D. - La Chiesa rischia di essere messa a tacere su queste questioni?

R. – Sì, rischia chiaramente di essere attaccata su queste questioni, perché la teoria del gender è un’eresia antropologica contro la quale la Chiesa sarà sempre obbligata a dire lo stesso messaggio: tutti gli uomini sono figli e figlie di Dio chiamati alla salvezza e alla santità in Gesù Cristo ma non in qualunque modo e con qualunque mezzo. Il marxismo è stato sconfitto perché ci sono state minoranze che hanno saputo resistere al clima di omologazione culturale dell’epoca. Così anche l’ideologia di genere potrà essere superata, se vi saranno minoranze che supereranno la paura e sapranno offrire il loro tempo a una nuova evangelizzazione che sappia mostrare l’errore di questa nuova eresia antropologica.

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Il Papa incontra il premier del Vietnam

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Papa Francesco ha ricevuto oggi in udienza il primo ministro della Repubblica Socialista del Vietnam, Nguyễn Tân Dũng, il quale ha poi incontrato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

“Nel corso dei cordiali colloqui - riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - si è espresso compiacimento per l’odierno incontro, che segna un’importante tappa nel processo di rafforzamento delle relazioni tra Santa Sede e Vietnam, essendo questa la seconda visita che il primo ministro Dũng compie in Vaticano dopo quella del 2007. E’ stato messo in rilievo l’impegno della Chiesa a contribuire allo sviluppo del Paese, grazie alla sua presenza in vari settori a beneficio dell’intera società”.

“In tale contesto – prosegue il comunicato - è stato ribadito vivo apprezzamento per il sostegno dato dalle autorità alla comunità cattolica nel quadro degli sviluppi sanciti dalla Costituzione del 2013 in materia di politica religiosa, come anche per l’assistenza fornita al rappresentante pontificio non-residente della Santa Sede in Vietnam nello svolgimento della sua missione, volta alla promozione dei rapporti tra Chiesa e Stato in vista anche del comune obbiettivo delle relazioni diplomatiche. Ci si è quindi soffermati su alcune questioni che si auspica saranno approfondite e risolte attraverso i canali di dialogo esistenti. Si è, infine, proceduto ad uno scambio di opinioni su alcuni temi di attualità regionale e internazionale, con particolare riferimento alle iniziative volte a promuovere la pace e la stabilità nel continente asiatico”.

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Nomine papali per Accademia delle Scienze e Commissione Biblica

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In Francia, Papa Francesco ha nominato vescovo di Perpignan-Elne, in Francia, mons. Norbert Turini, finora vescovo di Cahors. Il presule è nato il 30 agosto 1954 a Cannes, nella diocesi di Nizza. Ha compiuto gli studi secondari presso il liceo “Carnot” di Cannes. Ha quindi intrapreso studi universitari in biologia, concludendoli con un diploma. Gli studi ecclesiastici sono stati compiuti nel Seminario Maggiore interdiocesano di Marsiglia, e conclusi con una Licenza in Teologia. Venne ordinato sacerdote il 27 giugno 1982 per la diocesi di Nizza. Dopo l’ordinazione fu nominato Aggiunto al Servizio diocesano per le vocazioni (1982-1986), e poi Responsabile della Casa “Saint-Paul” per studenti cristiani, del Servizio diocesano per le vocazioni e dell’anno propedeutico nel Seminario (1986-1996); Vicario episcopale per la pastorale dei giovani (1996-2000), e nello stesso tempo, dal 1999 al 2000, Amministratore parrocchiale della parrocchia “Saint-Jean-Baptiste” a Nizza. Dal 2000 al 2004 è stato Vicario Generale di Nizza. Nominato Vescovo di Cahors il 30 giugno 2004, è stato consacrato il 10 ottobre successivo. In seno alla Conferenza Episcopale è Membro della Commissione Episcopale per i ministri ordinati e i laici in missione ecclesiale.

Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi metropolitana di Malta, presentata da mons. Paul Cremona O.P., in conformità al canone 401 - paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico.

Il Pontefice ha nominato membri ordinari della Pontificia Accademia delle Scienze l'Illustrissimo Professore Yves Coppens, Docente di paleoantropologia e preistoria al Collège de France di Parigi (Francia), e l'Illustrissima Professoressa Ada E. Yonath, Docente di biochimica e Direttore dell'Helen and Milton A. Kimmelman Center for Biomolecular Structure and Assembly del Weizmann Institute of Science di Rehovot (Israele).

Inoltre, Papa Francesco ha nominato nuovi membri della Pontificia Commissione Biblica ed ha rinnovato il mandato di altri del passato quinquennio. La Commissione per il quinquennio 2014‑2019 risulta composta dai seguenti Membri: Rev.do Knut Backhaus (Germania); Rev.do P. Pietro Bovati, S.I. (Italia); Rev.da Suor Nuria Calduch Benages, M.N. (Spagna);  Rev.do Eduardo Córdova González (Messico);  Prof.ssa Bruna Costacurta (Italia); Rev.do Mons. Pierre Debergé (Francia); Rev.do Juan Miguel Díaz Rodelas (Spagna); Rev.do Luís Henrique Eloy e Silva (Brasile);  Rev.do P. Francolino Gonçalves, O.P. (Portogallo); Rev.do Adrian Graffy (Gran Bretagna); Prof.ssa Mary E. Healy (Stati Uniti d'America); Rev.do John Chijioke Iwe (Nigeria); Rev.do Thomas Manjaly (India); Rev.do Hugo Orlando Martínez Aldana (Colombia); Rev.do Levente Balázs Martos (Ungheria); Rev.do Jean‑Bosco Matand Bulembat (Repubblica Democratica del Congo); Rev.do Fearghus Ó Fearghail (Irlanda);

Rev.do Johan Yeong-Sik Pahk (Corea); Rev.do Eleuterio Ramón Ruiz (Argentina); Rev.do Henryk Jozef Witczyk (Polonia).

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Papa, tweet: mondo si cambia facendo il bene a chi non può ricambiare

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Per cambiare il mondo bisogna fare del bene a chi non è in grado di ricambiare”.

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Beatificazione di Papa Montini, il ricordo del nipote Fausto

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Papa Francesco presiede questa domenica in Piazza San Pietro, alle 10.30, la Santa Messa per la conclusione della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi e la Beatificazione del Servo di Dio Paolo VI. Una celebrazione a cui parteciperanno migliaia di pellegrini, giunti in particolare da Brescia e Milano. Ascoltiamo, al microfono di Elvira Ragosta, il ricordo che Fausto Montini, nipote di Paolo VI, fa di suo zio: 

R. - Ricordo che questa presenza dello zio in casa, soprattutto da piccolo, determinava la percezione di un personaggio importante della famiglia che poi, un po’ alla volta, ho scoperto essere il vero referente ultimo della nostra famiglia ancora prima che fosse eletto Papa.

D. - Com’è cambiato il rapporto con l’inizio del pontificato?

R. - Durante il primo incontro dopo la sua elezione si percepiva la sensazione fisica di una dimensione inarrivabile per noi; l’indicazione dei genitori che bisognava rispettare il protocollo nel rivolgersi a lui, devo dire, mi ha creato un po’ di problemi, rendendomi difficile affrontare un discorso se non limitandomi a rispondere semplicemente. Poi quanto è arrivata la sua fotografia a casa con la sua benedizione, con la firma di Papa Paolo VI, sotto c’era una scritta “Olim don Battista”, e abbiamo capito che per noi nel grande rispetto, nella grande affezione, poteva essere ancora chiamato lo zio don Battista.

D. - In quanto zio, lei raccontava, nella sua giovane età una figura fondamentale, a  volte anche di supporto a quella paterna, perché suo padre era spesso fuori per impegni internazionali. Oggi qual è il ricordo più forte di Papa Paolo VI che porta con se?

R. - Riferito al Papa, i due episodi principali sono l’annuncio della sua elezione e la notizia della sua agonia.

E sull’importanza di questa beatificazione, abbiamo raccolto il commento di don Angelo Maffeis, presidente dell’Istituto Paolo VI di Brescia:

R. - Credo che sia il senso di una beatificazione: in fondo, dichiarare la santità di un cristiano vuol dire indicarlo come modello e quindi proporlo come esempio a tutti i fedeli.

D. - C’è un elemento su tutti del suo magistero che vuole sottolineare?

R. - Mi pare che il suo magistero sia, anzitutto, in profonda sintonia con il Concilio Vaticano II. Lo si coglie fin dalla prima Enciclica, l’Ecclesiam suam, che, quasi con cautela, con molto rispetto interviene sul tema che era in discussione nell’aula conciliare, proponendo il suo contributo nella riflessione sulla Chiesa, sulla coscienza che è chiamata ad avere di sé sulla riforma e sul dialogo come metodo attraverso cui è chiamata a compiere la sua missione. Mi pare che questo sia stato uno stile che poi è continuato durante tutto il suo magistero, da una parte attento soprattutto a questo compito del successore di Pietro a conservare l’elemento irrinunciabile della fede - anche a costo di andare contro le aspettative che forse potevano esserci  - e dall’altra in documenti come la Populorum progressio attento a rinnovare la Dottrina sociale della Chiesa, introducendo questo punto di vista del Sud del mondo, dei popoli che si affacciano e che chiedono appunto di poter partecipare ad una maggiore giustizia.

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Consegnati i Nobel missionari dedicati a Paolo VI

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Sono stati consegnati presso la nostra emittente i riconoscimenti del Premio Cuore Amico, che da 24 anni identifica l’esemplare opera di evangelizzazione in favore dei poveri da parte di religiosi e laici. Da quest’anno – ha annunciato l’associazione – il premio sarà dedicato alla figura di Paolo VI. Il servizio di Roberta Barbi

Lo chiamano “il Nobel dei missionari” e quest’anno è stato consegnato alla vigilia della Giornata missionaria mondiale e della Beatificazione di Paolo VI, al quale da quest’anno il riconoscimento sarà dedicato e in onore del quale la cerimonia di premiazione è stata spostata da Brescia a Roma. L’importanza che Papa Montini riconosceva al ruolo dei missionari è stata ricordata dal presidente della onlus Cuore Amico, don Armando Nolli, che rievoca le parole pronunciate dal prossimo Beato al ritorno dal suo viaggio apostolico in Uganda:

“Perché il Vangelo non si diffonde da sé? La fede deve essere portata, deve essere annunciata dalla viva voce, da persona a persona. Affinché il mistero d’amore e di salvezza da parte di Dio si diffonda nel mondo, è necessario il ministero di amore e di sacrificio dell’uomo che accetta l’incarico, il rischio, l’onore di comunicare quel mistero agli altri uomini: quell’uomo indispensabile è il missionario”.

A salutare Cuore Amico e a ricordare l’impegno missionario di Paolo VI in favore delle vittime di guerra, è intervenuto il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi:

“Un sentimento profondo di stima e anche di simpatia verso Cuore Amico per le due dimensioni: missionarietà e l’attenzione ai poveri. Due cose che stavano particolarmente a cuore a Paolo VI che ha fatto tanto per le missioni. Credo che uno degli aspetti meno conosciuti di Paolo VI è proprio questa attenzione ai poveri e quello che lui ha fatto per i poveri. Dobbiamo dire che aveva il genio dell’aiuto ai poveri”.

In passato Cuore Amico ha premiato personalità come Giovanni Paolo II, nel 1998, e Chiara Lubich l’anno successivo; quest’anno i riconoscimenti – che prevedono anche un premio in denaro a sostegno dell’attività missionaria – sono andati a padre Paolo Dall’Oglio, a suor Bruna Chiarini e al laico Giuseppe Tonello. Quest’ultimo, direttore generale del Fondo ecuadoriano Popolorum Progressio per l’impegno in favore di uno sviluppo sostenibile e possibile per l’Ecuador, ha commentato così la vittoria:

“Fare cose è abbastanza facile, basta averne i mezzi. Costruire persone è la sfida che noi abbiamo in questo momento: le persone sono già costruite, ma dobbiamo aiutarle a crescere. Il nostro slogan è ‘Investiamo in umanità’. In un tempo in cui si investe in azioni, nelle banche in materie prime, in terra, in Ecuador, investire in umanità è qualcosa fuori moda. Però noi siamo sicuri che se le persone crescono migliorano le famiglie”.

Suor Bruna è missionaria in Burundi e nei suoi 40 anni in Africa si è occupata della formazione dei catechisti e di insegnamento, ma da qualche tempo si dedica al reinserimento degli orfani di guerra nella società; uno dei compiti secondo lei fondamentali per un missionario:

“Il missionario va per annunciare la parola di Dio. È quello che ho fatto e sono convinta che la gloria di Dio è l’uomo rimesso in piedi e quindi il messaggio è un segno di speranza, non solo la speranza nell’aldilà, ma la speranza ancora qui. Quindi l’intervento è quello di dare speranza con gesti concreti e di speranza”.

Particolarmente toccante la testimonianza di Francesca Dall’Oglio, sorella del sacerdote di cui si sono perse le tracce in Siria oltre un anno fa e che ha ritirato il premio in sua vece:

“Lui purtroppo non è qui, non sappiamo nulla di lui, ma so che sarebbe felice di essere qui. E comunque gli giunge il nostro amore, la condivisione di questo incontro. Vorrei pregare per la pace in Medio Oriente e per tutti coloro che vivono situazioni di guerra”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Nella comunione dei santi: editoriale di Lucetta Scaraffia sugli scritti spirituali di Montini.

Montini secondo Montini: tre testi scritti nel 1931, nel 1957, nel 1965.

L’omelia del cardinale arcivescovo di Monaco e Frisinga, Joseph Ratzinger, il 10 agosto 1978, per la morte di Paolo VI.

Un rapporto vitale: la meditazione letta dal priore di Bose, Enzo Bianchi, il 5 ottobre scorso nella cattedrale di Brescia.

Una casa con la porta sempre aperta: il messaggio dei padri sinodali alle famiglie di tutto il mondo.

Resta forte la minaccia dell’Is.

Mosca e Kiev più vicine, ma senza accordo.

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Oggi in Primo Piano



Scontri in Libia: a 3 anni dalla morte di Gheddafi Paese nel caos

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A tre anni dalla morte di Gheddafi (20 ottobre 2011), la Libia non ha ancora trovato una stabilizzazione politica né tribale. Il Paese resta geograficamente diviso in tre zone: Cirenaica, Tripolitani e Fezzan, mentre 2 governi e due parlamenti si contendono la rappresentanza della popolazione. Intanto gli scontri tra gruppi di ispirazione jihadista e truppe filo-governative sono all’ordine del giorno. Sugli eventi che hanno caratterizzato la Libia post Gheddafi, sentiamo Luciano Ardesi, esperto dell’area nordafricana, al microfono di Elvira Ragosta

R. - In questi tre anni il quadro statale, istituzionale che aveva costruito Gheddafi è totalmente crollato, creando le premesse per l’attuale instabilità del quadro politico ma anche sociale ed economico. Diciamo che la Libia, a questo punto, è un Paese completamente da ricostruire.

D. - Sembra che la caduta del raìs in Libia abbia generato lo stesso caos che ha creato in Iraq la destituzione di Saddam Hussein …

R. - Sì, credo che noi dobbiamo tirare una lezione dalla storia degli ultimi venti anni: si possono portare attacchi armati contro dittature, ma quando si distrugge l’infrastruttura statale è chiaro che noi portiamo del caos. Quindi dobbiamo completamente ripensare le strategie di portare la guerra al punto tale da far collassare gli Stati e le istituzioni. Guardando a quello che si sta ripetendo in Siria o che si minaccia altrove non so se noi abbiamo compresa questa lezione fino in fondo.

D. - Come potrebbe essere raggiunta l’unità del Paese, anche istituzionale?

R. - In realtà, questo mosaico tribale era ben vivo anche al tempo di Gheddafi che, con il suo carisma e soprattutto con il gioco di alleanze, aveva saputo ricostruire un equilibrio che aveva costituito la stabilità del Paese. Ora, tutto questo è venuto meno, e in questi tre anni abbiamo visto che il gioco di alleanze si sta, in qualche modo, ricomponendo con altre premesse. L’elemento predominante è quello, in qualche modo, ideologico. Durante la risoluzione si sono inseriti degli elementi riferiti al fondamentalismo islamico e, questi gruppi, un tempo tra di loro abbastanza indipendenti gli uni dagli altri, si sono ricomposti. Questa ricomposizione si è perfezionata questa primavera, quando c’è stato l’attacco dell’ex generale Khalifa Haftar contro questi gruppi islamici. Questo ha creato paradossalmente un rafforzamento, un’alleanza contro il campo avverso.

D. - Questa situazione di instabilità e il pericolo jihadista diventano oggi fonte della preoccupazione internazionale, e soprattutto dell’Europa, per possibili attentati terroristici dalla Libia …

R. - Storicamente la Libia, anche quella di Gheddafi, era stata un elemento di preoccupazione. Da lì, come sappiamo, sono partiti attacchi agli americani e alla stessa Europa. Oggi la Libia costituisce un pericolo; ci sono dei gruppi terroristici che si sono formati all’interno del Paese che sono in grado di portare gli attacchi anche in Europa o in Occidente.

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Nigeria: accordo con Boko Haram. Lunedì rilascio studentesse

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Potrebbero essere liberate lunedì da Boko Haram le 219 studentesse nigeriane rapite ad aprile a Chibok, nel Borno, e al centro di una mobilitazione internazionale. E' quanto filtra dal gruppo jihadista all'indomani dell'annuncio del governo nigeriano di un accordo per la tregua con gli estremisti dopo 5 anni di violenze e migliaia di vittime. La data è stata indicata dal segretario generale di Boko Haram, il quale ha anche assicurato che le "ragazze stanno bene”.Ma sull’accordo resta il mistero: se i mediatori del Ciad confermano e rimandano alla prossima settimana per una definizione dei particolari, i servizi di sicurezza nigeriani frenano e Washington non è in grado di confermare in modo indipendente la notizia. Di “tregua momentanea e sostanzialmente finalizzata” parla Valentina Colombo, ricercatrice di Storia dei Paesi islamici all’Università Europea di Roma. L'intervista è di Gabriella Ceraso: 

R. – Anzitutto, ribadiamo che siamo ancora nel campo delle ipotesi. Ci auguriamo che tutto questo, soprattutto la liberazione delle studentesse, avvenga. Ciò nonostante è scontato che un accordo di questo genere preveda un prezzo da pagare. Io credo che l’accordo più plausibile, più ipotizzabile, sia libertà di agire all’esterno, a fronte di rilascio delle studentesse e sicurezza interna al Paese. In questo momento, Boko Haram e tutte le altre realtà del Nord Africa e dell’Africa subsahariana, legate alle due realtà – Stato islamico e Al Qaeda – sono infatti compattate per combattere il nemico comune, la coalizione militare.

D. – Si potrebbe parlare di Boko Haram moderati, se si viene a trattare con loro?

R. – Io non ci credo. Io credo ad un loro estremo pragmatismo politico. Moderazione per loro significa semplicemente gradualità nell’ottenere l’obiettivo, che è uno Stato islamico. Tutta questa realtà, che in questo momento è compattata, nel momento in cui sarà risolta la questione “coalizione militare”, ritornerà a dividersi e quindi i Boko Haram torneranno ad avere le loro aspirazioni locali. Se, quindi, in questo momento, c’è un arretramento sulla questione “califfato” nel nord est della Nigeria, è un arretramento decisamente temporaneo. Sono convinta, come è sempre stato nel corso della storia, che nel momento in cui l’emergenza sarà conclusa, il problema si riproporrà. E’ questo il motivo per cui questo accordo, se accordo c’è stato, potrebbe diventare quello che l’Occidente molto spesso ha fatto con gli estremisti islamici. Corrisponde, comunque, a quello che Winston Churchill diceva: che "la persona condiscendente è colui che nutre il coccodrillo, nella speranza di essere mangiato per ultimo".

D. – Sullo sfondo rimane l’atteso annuncio da parte del presidente Goodluck Jonathan, di una sua ricandidatura il prossimo febbraio. Su questo, in coincidenza con l' annuncio della tregua, lei che pensa?

R. – Diciamo che mi fa chiudere il cerchio. Chi si vuole ricandidare ha assolutamente bisogno di sicurezza interna, ha bisogno di dimostrare di avere garantita questa sicurezza interna e di avere riportato dei successi. Per cui un accordo con i Boko Haram potrebbe essere sentito come funzionale a questa ricandidatura. E, ribadisco, purtroppo, che questo fatto, se funzionale ad una ricandidatura, potrebbe dimostrarsi un tallone d’Achille, qualora il presidente venisse riconfermato.

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Marino registra nozze gay. Cei: "arbitraria presunzione"

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Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha ufficialmente aperto oggi i registri comunali alla registrazione delle unioni omosessuali celebrate fuori dell’Italia. Il ministro dell’Interno Alfano e il prefetto di Roma Pecoraro ne hanno chiesto la cancellazione perché, affermano, l’atto è illegale. Per la Cei "una tale arbitraria presunzione, messa in scena proprio a Roma in questi giorni, non è accettabile. Anche il settimanale diocesano “Roma Sette” parla di “mistificazione” di sapore “demagogico”. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Nel giorno in cui il Sinodo sulla famiglia in Vaticano giunge alla conclusione della prima fase – la seconda avverrà fra un anno nel Sinodo ordinario – due chilometri e mezzo di là del Tevere il Comune di Roma trascrive nei suoi registri i primi 16 “matrimoni” celebrati all’estero di coppie gay. Il sindaco, Ignazio Marino, ha provveduto di persona alla prima registrazione, sotto l’occhio delle telecamere. Immediata la reazione del ministro dell’Interno, Alfano, per il quale il sindaco Marino non ha apposto altro che un “autografo” giacché la sua firma, ha detto, “non può sostituire la legge”. Anche il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, ha preso posizione contro il Comune: o le trascrizioni vengono cancellate, ha intimato, o “sarò costretto io a farlo per legge”. Una stroncatura è arrivata anche da parte del settimanale della diocesi “Roma Sette”. Il responsabile, Angelo Zema, ha definito la decisione di Marino “una scelta ideologica, che certifica un affronto istituzionale senza precedenti”, basato su una “mistificazione sostenuta a livello mediatico e politico”, illegittima e e “dal chiaro sapore demagogico”.

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Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella 29.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui i farisei, per mettere alla prova Gesù, gli domandano se sia lecito o no pagare il tributo a Cesare. Gesù risponde: 

«Rendete … a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti: 

Il Vangelo di oggi denuncia la malizia dell’ipocrisia: la doppiezza del cuore, così comune anche tra noi cristiani e così perversa, perché rovina la comunione con l’altro; sulle labbra risuona una parola, ma nel cuore c’è l’opposto, il desiderio di cogliere l’altro in fallo: “E’ lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”. La risposta di Gesù ha attraversato i secoli: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Il denaro non porta l’immagine di Dio, anche quando vi stampiamo sopra segni o simboli religiosi o lo stesso nome di Dio: “In God we trust” (noi confidiamo in Dio), c’è scritto sul dollaro. Gesù non disprezza l’ordine sociale o politico, ma lo pone al suo posto: non può mai assurgere o prendere il posto di Dio: diventa l’abominio della desolazione, contro l’uomo. Una nota della Bibbia di Gerusalemme (Rom 8,29) dice a questo proposito:  “…Cristo è venuto, mediante una seconda creazione, a rendere all’umanità decaduta lo splendore dell’immagine divina che il peccato aveva offuscato. Egli lo fa imprimendogli l’immagine più bella di figlio di Dio… Questa gloria che il Cristo possiede personalmente come immagine di Dio penetra sempre più il cristiano, fino al giorno in cui lo stesso suo corpo ne sarà rivestito a immagine dell’uomo ‘celeste’”. Noi cristiani siamo chiamati a diventare testimoni di questa nuova creazione, a farla brillare in tutti i campi della vita, in modo così esaltante che “… ancor oggi il mondo pensi che ‘siamo ebri’” (H. Rahner).

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Nella Chiesa e nel mondo



Indonesia, in centinaia a Giornata "Orgoglioso di essere cattolico"

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Si prova orgoglio a essere cattolico, specialmente dove chi crede nel Vangelo è una piccola parte di umanità all’interno di una maggioranza di fede diversa e non di rado avversa. Ed è questo senso di appartenenza, informa AsiaNews, a essere stato stimolato dalla giornata di incontro promossa in Indonesia, nello Java centrale, all’interno del sotto distretto di Santa Maria Immacolata di Cisumur, nella diocesi di Purwokerto. All’incontro, intitolato per l’appunto "Orgoglioso di essere cattolico", hanno partecipato centinaia di bambini, educatori cattolici e sacerdoti. I bambini di ciascuna comunità, riuniti all'interno di un campo da calcio, hanno presentato alcuni spettacoli preparati in previsione dell'incontro; essi hanno inoltre approfittato dello spazio comune per "mescolarsi" e socializzare. Padre Mahendra Christy, parroco di San Giuseppe, dove si è svolta la giornata, ha spiegato che lo scopo principale del raduno è stato quello di “rafforzare la morale” dei “nostri bambini cattolici” del sud della diocesi di Purwokerto, fin dalle elementari. È importante – ha sottolineato – la formazione nella fede non solo per quanti frequentano scuole private, cattoliche, ma anche per quelli che studiano nelle strutture pubbliche e che “a volte sono oggetto di atti ostili da parte dei compagni”". In Indonesia, la nazione musulmana più popolosa al mondo, i cattolici sono una piccola minoranza composta da circa sette milioni di persone, pari al 3% circa della popolazione totale. (A.D.C.)

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Ministro algerino: chi fa proselitismo verrà espulso

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“Il destino dei predicatori non musulmani in Algeria è l'espulsione". È netto il ministro per gli Affari religiosi dello Stato nordafricano, Mohammed Ayssa, nel ribadire cosa preveda la legge del suo Paese in caso di ciò che venga ritenuto dall’autorità “proselitismo”. “La pratica del culto da parte dei non musulmani in Algeria è garantita dalla legge e ogni individuo è libero di scegliere la sua religione”, ha ricordato Ayssa, e tuttavia, ha soggiunto, “la stessa legge vieta il proselitismo religioso da parte dei non musulmani". Dunque, chi viola queste norme “commette un reato” punito con “l’espulsione per gli stranieri e il carcere e una sanzione per gli algerini”. Riferendosi ai cristiani in Algeria convertiti dall’islam, il ministro Ayssa li ha definiti “molti pochi”. precisando che “lo Stato non vede in loro un pericolo". Il rappresentante del governo di Algeri ha poi annunciato che “presto nascerà in Algeria un'accademia di diritto islamico formata da giuristi, ricercatori ed esperti in medicina, astronomia e scienze sociali con il compito di pronunciare le fatwa”, ossia gli editti di carattere religioso, indicando che il suo presidente avrà la funzione di mufti di Stato. (A.D.C.)

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Caritas Spagna, campagna per i giovani senza lavoro

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“Vuoi scrivere il testo del tuo futuro?”. È un invito alla speranza la campagna antidisoccupazione giovanile lanciata dalla Caritas spagnola, in collaborazione con la Croce rossa e la Fondazione segretariato gitano. In Spagna, il fenomeno dei ragazzi senza un lavoro ha percentuali altissime, supera addirittura il 50%. L’idea di fondo della campagna –cofinanziata dal Fondo sociale europeo e dal ministero del Lavoro e della sicurezza sociale – si basa su una composizione musicale. I giovani hanno il compito di scrivere le parole della canzone, mentre la stesura del pentagramma è il compito affidato agli imprenditori. Si tratta, infatti, di una iniziativa con la quale queste tre organizzazioni umanitarie vogliono raggiungere un duplice obiettivo: far conoscere il lavoro portato avanti per promuovere l’inserimento lavorativo dei giovani in situazione di difficoltà sociale e, contemporaneamente, richiamare l’attenzione, specialmente delle imprese, sulla necessità di collaborare in questo tipo di iniziative. Tra i fattori che contribuiscono a incrementare la disoccupazione, viene rilevato, c’è spesso, infatti, anche la scarsa conoscenza del mercato del lavoro e dei meccanismi per la ricerca di un impiego. (A.D.C.)

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Rwanda, aperto nuovo Centro sanitario a Nyundo

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Un nuovo Centro sanitario è stato inaugurato nei giorni scorsi a Nyundo, nel Rwanda. A benedirlo, riferisce la Fides, è stato il vescovo della diocesi, mons. Alexis Habiyambere. La struttura è stata realizzata grazie alla generosità di “Misereor” – opera della Chiesa cattolica tedesca che promuove progetti contro la povertà in Africa, Asia, America Latina e Oceania – e del “Katholisch Zentralstere für Entwicklungshilfe”. Il Centro sanitario prende il posto di quello distrutto il 5 maggio del 2010 dalle piene del fiume Sebeya, conseguenza di una deforestazione selvaggia delle colline a monte. La struttura comprende un reparto di maternità, uno di pediatria, uno di day hospital, laboratori, un consultorio, un centro di nutrizione, una cappella. Mons. Habiyambere ha ringraziato quanti hanno contribuito alla realizzazione del complesso sanitario e in particolare la Germania e la sua ambasciata a Kigali. Ai fedeli della sua diocesi ha rivolto l’invito ad aver cura del centro e ad usufruire dei suoi servizi (soltanto il 19 per cento della popolazione di Nyundo si è iscritto ai servizi sanitari), ha inoltre esortato ad osservare le norme d’igiene, e le donne a seguire i programmi prenatali. (T.C.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 291

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.