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Sommario del 01/01/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: è nella Chiesa che incontriamo Gesù, impossibile separarli

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“Non si può capire Gesù, senza sua madre”, non si può separare Cristo “dalla Chiesa”. E’ uno dei passaggi forti dell’omelia di Papa Francesco nella Messa celebrata in San Pietro per la Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e nella 48.ma Giornata Mondiale della Pace. Il Pontefice ha sottolineato che, come Maria, la Chiesa è chiamata ad esprimere con tutti la sua maternità, quindi ha levato un appello per combattere contro ogni forma di schiavitù. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Maria, la Chiesa, la pace. Nella prima Messa dell’anno 2015, Papa Francesco incentra la sua omelia su questo trinomio in una Basilica petrina gremita di fedeli. L’universalità della celebrazione, nella Solennità di Maria Madre di Dio, è contraddistinta dalla pluralità delle lingue in cui vengono pronunciate le preghiere, dal cinese al tamil, dal polacco allo spagnolo. Si prega per il dono della pace, per quanti sono perseguitati a causa della fede, per il rispetto della vita e della dignità umana e ancora per tutte le famiglie e in particolare per le madri e i padri cristiani affinché siano illuminati dal Signore nella guida dei loro figli. E proprio ad una madre, la Madre di Gesù, è dedicata l’omelia di Francesco che subito sottolinea che “nessun’altra creatura ha visto brillare su di sé il volto di Dio come Maria, che ha dato un volto umano al Verbo eterno”.

Maria e Gesù sono inseparabili
Tra Maria e Gesù, evidenzia il Papa, “esiste un rapporto strettissimo come tra ogni figlio e la sua madre”. Di più, “Cristo e sua Madre sono inseparabili”. “Maria – ribadisce – è così unita a Gesù perché ha avuto di Lui la conoscenza del cuore, la conoscenza della fede, nutrita dall’esperienza materna e dal legame intimo con il suo Figlio”.

“La Vergine Santa è la donna di fede, che ha fatto posto a Dio nel suo cuore, nei suoi progetti; è la credente capace di cogliere nel dono del Figlio l’avvento di quella ‘pienezza del tempo’ (Gal 4,4) nella quale Dio, scegliendo l’umile via dell’esistenza umana, è entrato personalmente nel solco della storia della salvezza. Per questo non si può capire Gesù senza sua Madre”.

E’ nella Chiesa che incontriamo Gesù
“Altrettanto inseparabili – riprende Francesco - sono Cristo e la Chiesa”, perché annota a braccio “Chiesa e Maria vanno sempre insieme e questo è proprio il mistero della donna nella comunità ecclesiale”. Dunque, afferma, “non si può capire la salvezza operata da Gesù senza considerare la maternità della Chiesa”:

“Separare Gesù dalla Chiesa sarebbe voler introdurre una dicotomia assurda, come scrisse il beato Paolo VI (cfr Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 16). Non è possibile ‘amare il Cristo, ma non la Chiesa, ascoltare il Cristo, ma non la Chiesa, appartenere al Cristo, ma al di fuori della Chiesa’ (Ibid.) Infatti è proprio la Chiesa, la grande famiglia di Dio, che ci porta Cristo”.

“La nostra fede – prosegue – non è una dottrina astratta o una filosofia, ma è la relazione vitale e piena con una persona: Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio fattosi uomo, morto e risorto per salvarci e vivo in mezzo a noi”:

“Dove lo possiamo incontrare? Lo incontriamo nella Chiesa nella nostra Santa Madre Chiesa gerarchica. È la Chiesa che dice oggi: 'Ecco l’agnello di Dio'; è la Chiesa che lo annuncia; è nella Chiesa che Gesù continua a compiere i suoi gesti di grazia che sono i Sacramenti. Questa azione e missione della Chiesa esprime la sua maternità. Infatti essa è come una madre che custodisce Gesù con tenerezza e lo dona a tutti con gioia e generosità”.

Francesco avverte che “nessuna manifestazione di Cristo, neanche la più mistica, può mai essere staccata dalla carne e dal sangue della Chiesa, dalla concretezza storica del Corpo di Cristo”. E ancora ribadisce che “senza la Chiesa, Gesù Cristo finisce per ridursi a un’idea, a una morale, a un sentimento”:

“Senza la Chiesa, il nostro rapporto con Cristo sarebbe in balia della nostra immaginazione, delle nostre interpretazioni, dei nostri umori”.

“Gesù Cristo – soggiunge – è la benedizione per ogni uomo e per l’intera umanità”. E “proprio questa – rammenta – è la missione del popolo di Dio: irradiare su tutti popoli la benedizione di Dio incarnata in Gesù Cristo”. E Maria, “la prima e perfetta discepola di Gesù, la prima e perfetta credente, modello della Chiesa in cammino, è Colei che apre questa strada di maternità della Chiesa”.

Mai più schiavitù, pace nei cuori
Francesco ricorda così che il primo giorno dell’anno coincide con la Giornata Mondiale della Pace, occasione per chiedere “pace nei cuori”, nelle famiglie, tra le nazioni. Quest’anno, in particolare, il messaggio per la Giornata della Pace è: “Non più schiavi, ma fratelli”:

“Tutti siamo chiamati a essere liberi, tutti a essere figli e ciascuno secondo le proprie responsabilità, a lottare contro le moderne forme di schiavitù. Da ogni popolo, cultura e religione, uniamo le nostre forze. Ci guidi e ci sostenga Colui che, per renderci tutti fratelli, si è fatto nostro servo”.

Maria Santa Madre di Dio
“Guardiamo Maria, contempliamo la Santa Madre di Dio”, conclude il Papa a braccio rivolgendo lo sguardo alla statua di Maria a lato dell’altare e ricorda il “coraggioso popolo di Efeso, che gridava davanti ai suoi pastori quando entravano in Chiesa: ‘Santa Madre di Dio”:

“Dice una storia, non so se è vera, che alcuni, fra quella gente, avevano i bastoni in mano, forse per far capire ai Vescovi cosa sarebbe accaduto loro se non avessero avuto il coraggio di proclamare Maria “Madre di Dio”. Invito tutti voi, senza bastoni, ad alzarvi e per tre volte salutarla, in piedi, con questo saluto della primitiva Chiesa: “Santa Madre di Dio!”. 

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Il Papa all’Angelus: pace sempre possibile, sua radice è la preghiera

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“In questo primo giorno dell’anno, nel clima gioioso del Natale, la Chiesa ci invita a fissare lo sguardo sulla Madre di Gesù”. E’ quanto affermato da Papa Francesco all’Angelus aggiungendo che la pace è sempre possibile e la sua radice è la preghiera. All’inizio di un nuovo anno, ha poi soggiunto, ci fa anche bene “ricordare il giorno del nostro Battesimo”. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Il Battesimo - ha detto il Santo Padre invitando a ricordare il giorno in cui siamo stati battezzati - “ci innesta come membra vive in Cristo e ci inserisce nella sua Chiesa”. Grazie al Battesimo – ha spiegato - “siamo stati introdotti nella comunione con Dio e non siamo più in balia del male e del peccato”. E poi riferendosi a dei cartelli sulla pace esposti in Piazza San Pietro, ha detto:

La pace è sempre possibile
“Questa prossimità di Dio alla nostra esistenza ci dona la vera pace: la pace, il dono divino che vogliamo implorare specialmente oggi, Giornata Mondiale della Pace. Io leggo lì: 'La pace è sempre possibile'. Sempre è possibile la pace! Dobbiamo cercarla… E di là? 'Preghiera alla radice della pace'. La preghiera è proprio la radice della pace. La pace è sempre possibile e la nostra preghiera è alla radice della pace. La preghiera fa germogliare la pace. Oggi Giornata Mondiale della Pace, 'Non più schiavi, ma fratelli': ecco il Messaggio di questa Giornata. Perché le guerre ci fanno schiavi, sempre! Un messaggio che ci coinvolge tutti".

Il Santo Padre ha poi invitato tutti a promuovere la pace:

“Tutti siamo chiamati a combattere ogni forma di schiavitù e a costruire fraternità. Tutti, ciascuno secondo la propria responsabilità. E ricordate bene: la pace è possibile! E alla radice della pace, sempre c’è la preghiera. Preghiamo per la pace. Anche ci sono quelle belle scuole di pace, scuole per la pace… Dobbiamo andare avanti con questa educazione per la pace”.

La grazia vince la mentalità legalistica
Cristo, ha aggiunto il Papa, “ha assunto la condizione umana liberandola dalla chiusa mentalità legalistica”:

“La legge infatti, privata della grazia, diventa un giogo insopportabile, e invece di farci bene ci fa male. Gesù diceva: 'Il sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato. Ecco allora il fine per cui Dio manda il suo Figlio sulla terra a farsi uomo: una finalità di liberazione, anzi di rigenerazione. Di liberazione per riscattare coloro che erano sotto la legge e il riscatto avviene con la morte di Cristo sulla croce”.

Campane di pace
Dopo la preghiera dell’Angelus, il Pontefice ha ricordato in particolare “la marcia nazionale che si è svolta ieri a Vicenza e la manifestazione “Pace in tutte le terre”, promossa a Roma e in numerose città del mondo. Poi, grazie al collegamento con Rovereto, in Trentino, sono risuonati in piazza San Pietro i rintocchi della campana denominata “Maria Dolens”, realizzata in onore dei caduti di tutte le guerre e benedetta dal Beato Paolo VI nel 1965:

“Che sia l’auspicio che mai più vi siano guerre – mai più le guerre! - ma sempre desiderio e impegno di pace e di fraternità tra i popoli. Buon anno a tutti. Sia un anno di pace – di pace! - nell’abbraccio di tenerezza del Signore e con la protezione di Maria, Madre di Dio e Madre nostra”.

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Gioia e speranza per l'anno nuovo tra i fedeli in Piazza San Pietro

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Piazza San Pietro, questo primo gennaio, era gremita da decine di migliaia di fedeli arrivati da ogni parte del mondo per ascoltare il primo Angelus del 2015, nel quale Papa Francesco ha ricordato anche la Giornata Mondiale della Pace che ricorre oggi. Su questo tema ascoltiamo alcuni commenti raccolti tra i pellegrini da Marina Tomarro

R. – Il tema della pace è un tema cui la Chiesa è molto attenta. Il creare veramente persone di pace è importante, perché si deve vivere da fratelli e veramente da fratelli in un mondo di pace. Preghiamo veramente per la pace, soprattutto per i cristiani perseguitati. Preghiamo per la pace!

R. – Penso che sia importante lottare per la pace insieme. Noi possiamo farlo solamente con tutti gli altri che hanno lo stesso pensiero, la stessa mentalità e vogliono la pace per tutte le terre.

R. – Con l’amore di Dio, perché senza l’amore di Dio non si può fare niente. E diventare fratelli e sorelle di qualsiasi persona! Quando tu conosci una persona, ci sarà la pace: non si deve guardare altro; non si deve vedere da dove viene o da dove non viene… Prova a conoscere le persone! Dobbiamo avere l’amore, senza l’amore non si può fare niente!

D. – In che modo si educa alla pace, soprattutto i più giovani e i bambini?

R. – E’ l’esempio, che ognuno di noi deve dare, di rispettare l’altro, di voler bene e – come dice il Vangelo – fare agli altri quello che vorresti che altri facessero a  te. Semplicemente…

R. – Si trasmette insegnando loro a vivere insieme ai bambini di tutte le provenienze.

D. – Oggi è anche la giornata della Madre di Dio: cosa vuol dire la figura di Maria nella sua vita? Quanto la guida la Madonna nella sua vita?

R. – Mi ha guidato, mi guida e mi guiderà. Direi che è la nostra protettrice, la Madre di tutti. E’ una figura molto significativa e una figura di grande amore, di questa Madre di Dio che sapeva che non avrebbe avuto per tutta la vita il Figlio: ha rinunciato, per un amore più grande.

R. – Intanto Maria è la tenerezza, è la tenerezza nei confronti dei bambini e degli anziani. Quindi anche un senso della famiglia largo, che non è soltanto chi mi è immediatamente vicino e che mi può restituire l’affetto che io do, ma è anche l’affetto largo, un senso anche proprio della Chiesa come una famiglia di chi anche non ha famiglia. Con questo sentimento di fondo che comunica Maria, che è la tenerezza per gli altri e soprattutto per i più deboli della famiglia: quindi i poveri, i soli, gli anziani, i malati…

D. – Oggi è il primo giorno dell’anno. Qual è il suo augurio per Papa Francesco?

R. – Una lunghissima vita in mezzo a noi.

R. – Di poter continuare così, a far "uscire tutta la Chiesa" e a farla essere sempre più missionaria.

R. – L’augurio è quello che porti la Chiesa veramente dove vuole Cristo, dove vuole il Vangelo e che ci sia sempre di esempio.

R. – L’augurio è quello di riuscire a comunicare il Vangelo dell’amore, della tenerezza sempre di più e quindi di poter mostrare sempre di più il volto tenero della Chiesa.

R. – (Coro di bambini) “Buon anno Papa Francesco!” 

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Il Papa al Te Deum: difendere i poveri e non difendersi dai poveri

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Quando una società ignora i poveri o li perseguita si impoverisce fino alla miseria. Così Papa Francesco durante i Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, celebrati nella Basilica vaticana,  a cui è seguita l’esposizione del Santissimo Sacramento e l’inno del Te Deum in segno di ringraziamento al Signore per l’anno 2014.  Al termine della celebrazione, il Papa ha visitato il Presepe allestito in Piazza San Pietro e si è poi fermato a salutare molte delle persone presenti. Il servizio di Debora Donnini

Parte dal significato del tempo il discorso del Papa: il tempo non è una realtà estranea a Dio perché Egli ha voluto rivelarsi nella storia. Il tempo è stato, quindi,  “toccato” da Cristo ed “è diventato ‘il tempo salvifico’”. La liturgia parla della pienezza del tempo e la Chiesa insegna infatti a concludere l’anno e le giornate con un esame di coscienza. Quello che facciamo anche oggi al termine di un anno, ricorda il Papa, è lodare il Signore e nello stesso tempo chiedere a Lui perdono. La lode parte dal grande dono che abbiamo ricevuto: “Egli ci ha fatti suoi figli”.

Gesù ci riscatta dalla schiavitù
A causa del peccato originale però questa relazione è profondamente ferita ma Gesù ci riscatta dalla schiavitù . E dunque, il dono che abbiamo ricevuto ci spinge a domandarci se viviamo da figli o da schiavi:

“Esiste sempre nel nostro cammino esistenziale una tendenza a resistere alla liberazione; abbiamo paura della libertà e, paradossalmente, preferiamo più o meno inconsapevolmente la schiavitù. La libertà ci spaventa perché ci pone davanti al tempo e di fronte alla nostra responsabilità di viverlo bene”.

La schiavitù riduce “il tempo a momento” e ci fa vivere momenti slegati dal passato e dal futuro e quindi, ricorda Francesco, “ci impedisce di vivere pienamente” il presente. Per far capire questo il Papa si rifà ad un "grande artista italiano", ovvero Roberto Benigni, che qualche giorno fa diceva che è più facile togliere gli israeliti dall’Egitto che l’Egitto dal cuore degli israeliti:

“Nel nostro cuore si annida la nostalgia della schiavitù, perché apparentemente più rassicurante, più della libertà, che è molto più rischiosa. Come ci piace essere ingabbiati da tanti fuochi d'artificio, apparentemente belli ma che in realtà durano solo pochi istanti! E questo è il regno, questo è il fascino del momento!”.

Necessario impegno per una città più solidale con i poveri
Il Papa ricorda che dall' esame di coscienza dipende anche per noi, cristiani, “la qualità del nostro operare”. Quindi si sofferma sulla città di Roma rilevando che “senz’altro le gravi vicende di corruzione, emerse di recente, richiedono una seria e consapevole conversione dei cuori per una rinascita spirituale e morale, come pure un rinnovato impegno per costruire una città più giusta e solidale” dove i poveri siano “al centro delle nostre preoccupazioni e del nostro agire quotidiano”:

“È necessario un grande e quotidiano atteggiamento di libertà cristiana per avere il coraggio di proclamare, nella nostra Città, che occorre difendere i poveri, e non difendersi dai poveri, che occorre servire i deboli e non servirsi dei deboli!”.

E Francesco sottolinea che quando in una città i deboli sono aiutati a promuoversi nella società, “essi si rivelano il tesoro della Chiesa e un tesoro nella società”:

“Invece, quando una società ignora i poveri, li perseguita, li criminalizza, li costringe a 'mafiarsi', quella società si impoverisce fino alla miseria, perde la libertà e preferisce ‘l'aglio e le cipolle’ della schiavitù, della schiavitù del suo egoismo, della schiavitù della sua pusillanimità e quella società cessa di essere cristiana”.

Non avere nostalgia della schiavitù
Ritornando alle parole della liturgia, il Papa sottolinea che concludere l’anno è ricordarsi che esiste un'"ultima ora” e la “pienezza del tempo” ed esorta a “domandare la grazia di poter camminare in libertà per poter così riparare i tanti danni fatti e poter difenderci dalla nostalgia della schiavitù”.

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Messaggio del Papa a Rio de Janeiro: vostra fede più forte delle ingiustizie

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La luce che irradia dal Cristo del Corcovado illumini il cuore di tutti i brasiliani. È l’augurio che Papa Francesco rivolge in un videomessaggio agli abitanti di Rio de Janeiro, in occasione dei 450 anni di fondazione della città carioca. Una metropoli piena di luce e ombre ma nella quale, afferma il Papa, “abita Dio”, che chiede a tutti di agire per rimuovere ingiustizie e violenza. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

A braccia spalancate e non conserte. Così si salva Rio de Janeiro dai mali che la popolano e si fa risplendere la luce di una fede che, riconosce Papa Francesco, non è mai mancata “fin dalla sua fondazione”, avvenuta quattro secoli e mezzo or sono. Lo spunto è facile e immediato per quelle braccia stese dall’alto a contenere la metropoli carioca. Francesco evoca la statua del Cristo Redentore inaugurandone anche il nuovo impianto di illuminazione, come fece Paolo VI 50 anni fa, e anzi ripetendo l’auspicio di Papa Montini in quel primo gennaio 1965: che questa luce “che illumina la città di Rio de Janeiro si diffonda in tutto il Brasile”.

Bellezza e contraddizioni
“Hoje, se pudéssemos nos colocar… Oggi, se potessimo metterci nella prospettiva del Cristo Redentore, che dalla cima del Corcovado domina la geografia della città, cosa salterebbe agli occhi? Senza dubbio, in primo luogo, la bellezza naturale che giustifica il titolo di ‘Città meravigliosa’. Tuttavia, è innegabile che, dall’alto del Corcovado, percepiamo anche le contraddizioni che sporcano questa bellezza”.

Non perdere la speranza
Purtroppo, prosegue Papa Francesco, sotto gli occhi della grande statua scorre sia “il contrasto generato da grandi disuguaglianze sociali: opulenza e povertà, ingiustizia, violenza”, sia la vista di quelle “città invisibili”, cioè di quei “gruppi o territori umani” di vario tipo per cui, riconosce il Papa “pare esistano diverse città, la cui coesistenza non è sempre facile in una realtà multiculturale e complessa”. E tuttavia, assicura Francesco, non si deve “perdere la speranza”, perché – e lo esclama per due volte –  “Dio abita nella città”.

A braccia aperte come Cristo Redentore
“Cristo, il Redentore, non ignora i bisogni e le sofferenze di coloro che sono sulla terra! Le sue braccia aperte ci invitano a superare queste divisioni e a costruire una città unita dalla solidarietà, dalla giustizia e dalla pace. E qual è la via da seguire? Non possiamo stare ‘a braccia incrociate’, ma a braccia aperte, come il Cristo Redentore. Così, il cammino comincia con un dialogo costruttivo. Perché “tra l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre possibile: il dialogo”.

Una civiltà più giusta
“Indipendentemente dal proprio livello di istruzione o di ricchezza – conclude Papa Francesco – ognuno possiede qualcosa per contribuire alla costruzione di una civiltà più giusta e fraterna”. E per riuscirvi, indica il Papa, guardate le “persone più semplici”: tutti possono “imparare molto” dal loro “esempio di generosità e solidarietà”.

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Tweet del Papa: tanti innocenti soffrono al mondo, Signore, donaci la tua pace!

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“Quanta gente innocente e quanti bambini soffrono al mondo! Signore, donaci la tua pace!”. E’ il tweet di Papa Francesco pubblicato sul suo account @Pontifex in 9 lingue.

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Anno della vita consacrata, la testimonianza di una clarissa di Perugia

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Il 2015 è l’Anno della Vita Consacrata. Nel suo messaggio, il Papa chiede ai religiosi di “svegliare il mondo, illuminarlo con la loro testimonianza profetica e controcorrente”;  li esorta ad “essere gioiosi, coraggiosi, uomini e donne di comunione”. “Le persone consacrate – ha detto Francesco – sono lievito per la crescita di una società più giusta e fraterna”. Nei prossimi dodici mesi il Santo Padre redigerà una nuova Costituzione Apostolica sulla vita contemplativa: si apre dunque un tempo di riflessione e preghiera come conferma, al microfono di Paolo Ondarza, suor Maria Chiara Cavalli, clarissa del monastero di Sant’Agnese di Perugia: 

R. – Viviamo questo anno insieme alla Chiesa che prega e celebra la vita consacrata. Noi, in modo particolare, essendo un po’ nel cuore della Chiesa, nascoste ma sempre presenti, preghiamo, offriamo, gioiamo, parliamo - come ci è possibile - con chi ci viene a trovare e cerchiamo di credere sempre di più in questa vocazione così bella e, come ha detto il Papa, profetica.

D. – La vostra è una scelta controcorrente e il Papa ha chiesto a tutti i consacrati di “svegliare il mondo”. Da cosa? Il mondo è addormentato oggi?

R. – Il mondo si agita. Non so se è addormentato… C’è anche tanta tristezza in giro, delusione, mancanza di aspettative, poco coraggio. Bisogna svegliarlo – credo – nel senso di dare speranza. C’è un futuro! C’è un futuro per tutti, appoggiandosi sul Signore Gesù. Questo è stato così per la mia vita e lo propongo a tutti. “Per trovare la sorgente, bisogna andare in su, controcorrente”, ci ha lasciato detto San Giovanni Paolo II. Certo, ci sono delle mode, dei modi di pensare che non fanno trovare la sorgente della vita, ma portano alla morte. Io vorrei dire a tutti che c’è un altro modo di vivere. La gioia, come ci ricorda il Papa, si trova quando uno ha trovato il senso della propria vita e il senso della propria vita è un incontro. Il Verbo si è fatto carne e Lui ci precede, ci “primerea” - un’altra espressione che piace tanto al Santo Padre - ci viene a cercare, come un innamorato che aspetta da tempo l’altra metà della sua vita e quando l’ha incontrata tutto si illumina.

D. – Lei è stata chiamata, così come le sue consorelle, alla vita di clausura. Questa vocazione così particolare, per molti incomprensibile, come si coniuga con la "Chiesa in uscita", che Papa Francesco raccomanda a tutti?

R. – Mi piace tantissimo questo essere “Chiesa in uscita” e lo sono! Lo sono dal mattino alla sera, perché “con la mia preghiera sostengo le membra deboli e vacillanti del suo Corpo, che è la Chiesa”, per dirlo con una espressione di Santa Chiara; lo sono perché se c’è qualcuno che cammina per le strade, c’è qualcun altro che sostiene, in qualche luogo nascosto, con la preghiera, questo andar per le strade, questo annunciare il Vangelo dai mezzi di comunicazione... La Chiesa è un corpo: non tutte le parti del corpo hanno la stessa funzione; non tutti possiamo essere mani, non tutti possiamo essere bocca; ci sono anche delle parti nascoste del corpo, ma perché sono nascoste non vuol dire che non siano importanti.

D. – Per tutti i consacrati quest’anno rappresenta un momento per guardarsi dentro, per un esame di coscienza?

R. – Certo! Può essere che il logorio, la fatica, l’abbandono di alcuni creino tristezza, delusione. Invece no! La vocazione alla vita consacrata è una vocazione necessaria, importante, bellissima. E noi siamo chiamati a riscoprirla, ad essere quindi uomini e donne di gioia, di coraggio.

D. – Chiamati ad essere il lievito per la crescita di una società più giusta e fraterna…

R. – Lievito! L’immagine del lievito è molto interessante: ce ne vuole pochissimo per far fermentare la farina! A volte noi ci scoraggiamo perché siamo pochi, non sappiamo che cosa lo Spirito può far sorgere da qualcosa che sembra morire. Non ci è lecito essere tristi o scoraggiati. Dio è fedele e porta avanti la sua storia: l’ha portata avanti finora e la porterà avanti anche dopo di noi.

D. – E qui si apre anche il tema del calo di vocazioni negli ultimi anni. A dispetto di quanto questo dato indurrebbe a pensare, l’immagine del lievito suggerisce che non è poi necessariamente il numero a far la differenza…

R. – No! E’ la forza di pochi… I nostri fondatori, quando sono partiti, erano soli: una persona a cui si sono accodati altri: quindi, non è necessario essere tanti. Tutto ciò che nasce è piccolo, poi cresce e diventa grande, però nasce piccolo. Le cose non nascono grandi.

D. – Dunque si può ripartire anche dai piccoli numeri…

R. – Si può ripartire dai piccoli numeri. E’ opera dello Spirito, non siamo noi i fautori della storia. Grazie a Dio, siamo nelle sue mani e quindi possiamo essere sereni.

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Oggi in Primo Piano



Coree: Kim Jon-un apre a colloqui con Seul

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Il leader nordcoreano Kim Jon-un, nel discorso di fine anno, ha  affermato  di voler tenere colloqui col presidente sudcoreano Geun-Hye, sottolineando la necessità di un "grande cambiamento" nelle relazioni con la Corea del Sud. Seul accoglie la mano tesa parlando di proposta “significativa”. Il servizio di Marco Guerra

Pyongyang “metterà in atto ogni possibile sforzo” per portare avanti il dialogo e la cooperazione con Seul; così, in diretta tv, il leader nordcoreano Kim Jong-un nel discorso di inizio anno alla nazione. “Non abbiamo motivi per non intraprendere colloqui ad alto livello” – ha aggiunto Kim Jong-un - se il Sud vuole davvero migliorare le relazioni bilaterali attraverso il dialogo.  L'offerta del capo del regime nordcoreano è presa sul serio da Seul che parla di proposta “significativa”. “Il nostro governo spera che la Corea del Sud e quella del Nord terrano dialoghi senza formalità nel prossimo futuro”, ha dichiarato Ryoo Kihl-Jae, ministro sudcoreano per la riunificazione, che solo tre giorni fa aveva proposto di tenere colloqui con la Corea del Nord sulle “questioni in sospeso”. L'ultimo contatto ad alto livello tra i leader delle due Coree risale al 2007, quando si incontrarono a Pyongyang l'allora presidente sudcoreano Roh Moo-Hyun e l'allora leader nordcoreano Kim Jong-Il. E l’eventuale disgelo dei rapporti tra i due Paesi appare ancora più significativo anche alla luce delle recenti condanne espresse dalla comunità internazionale contro il governo di Pyongyang, accusato di aver guidato il cyber-attacco contro la multinazionale americana Sony.

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Napolitano nell'ultimo discorso di fine anno: “Mettiamocela tutta”

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"Mettiamocela tutta, con passione e spirito di sacrificio, per uscire dalla crisi". Così, ieri sera, il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, nel tradizionale discorso di fine anno, l’ultimo del suo mandato dopo quasi nove anni di presidenza. Apprezzamenti dal premier Renzi, dure critiche da Lega, Forza Italia e Movimento 5 Stelle. Il servizio di Giampiero Guadagni: 

Un discorso “speciale e diverso”. Così lo ha definito in apertura lo stesso Napolitano, che come previsto ha annunciato le sue imminenti dimissioni, pur senza indicare una data precisa: “Sto per lasciare, non posso sottovalutare i segni di affaticamento”, ha sottolineato il presidente che quest'anno compirà 90 anni. Dopo l’inedita rielezione dello scorso anno, sollecitata dalla quasi totalità delle forze politiche per dare avvio alla legislatura, per Napolitano è necessario tornare ora alla positiva normalità costituzionale attraverso la serena elezione del nuovo presidente, una prova di maturità e responsabilità per il Parlamento. 

Il capo dello Stato ha poi insistito con la consueta passione sulla necessità di completare il percorso di riforme istituzionali. Con un appello ai cittadini a non cedere alla sfiducia generalizzata nei confronti della politica. Al centro, naturalmente, anche la crisi economica, con un particolare accento sulla disoccupazione giovanile. Apprezzamento al governo che nel semestre di presidenza italiana della Ue ha sollecitato un cambiamento delle politiche dell’Unione nel senso della solidarietà. E a proposito, da Napolitano una forte critica al “pericoloso velleitarismo di chi vuole tornare alle monete nazionali”. Passaggio che ha provocato la dura reazione di Lega e Movimento 5 Stelle.

Ma i toni più duri, il capo dello Stato li ha riservati alla corruzione, “un sottosuolo di marciume da bonificare”, ha detto Napolitano con esplicito riferimento all’indagine "Mafia Capitale". A questi “italiani indegni”, il presidente ha contrapposto un elenco di “italiani esemplari”: ultimi in ordine di tempo coloro che con perizia e generosità hanno soccorso i passeggeri del traghetto in fiamme sulla rotta tra la Grecia e l’Italia. Un messaggio, insomma, di fiducia e coraggio, per evitare, è la conclusione di Napolitano, quella indifferenza globale denunciata con vigore da Papa Francesco.

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Cuba, Iran, Sri Lanka: fari di speranza per l'anno appena iniziato

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A due settimane dallo “storico” disgelo tra Stati Uniti e Cuba, Washington ha espresso preoccupazione per l’arresto di diversi dissidenti sull’isola caraibica. Resta però il fatto che l’annuncio del presidente Obama della ripresa delle relazioni diplomatiche con l’Avana, dopo 53 anni di crisi, è una delle poche notizie positive di un 2014 segnato purtroppo dal dilagare dei conflitti. Per mettere meglio in luce i fari di speranza dell'anno che si è appena concluso, Francesca Sabatinelli ha intervistato Natalino Ronzitti, professore emerito di Diritto internazionale presso l'università Luiss e consigliere scientifico dello Iai, Istituto Affari Internazionali: 

R. – Almeno due fatti possono essere sottolineati: il riconoscimento e la instaurazione di relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e Cuba, e l’apertura che c’è stata recentemente anche da parte degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran. Qualora l’Iran abbandonasse definitivamente, come si dice, la volontà di poter avere delle armi nucleari, allora in questo caso dovrebbero cadere pure le sanzioni. Altri fatti positivi li possiamo intravedere a livello mondiale, ad esempio, per quanto riguarda la lotta alla pirateria, abbiamo visto come questa sia stata abbastanza efficace e come la pirateria sia scemata. Il che significa che questo è un beneficio per i traffici commerciali mondiali. Un altro fatto che è abbastanza importante, spesso misconosciuto, è l’entrata in vigore del Trattato internazionale sul commercio della armi, il 24 dicembre scorso. Questo Trattato non elemina i traffici di armi, però li regolamenta. E’ un passo positivo, perché già fu tentata una Convenzione del genere al tempo della Società delle Nazioni, ma il relativo Trattato non è mai entrato in vigore. Questa volta, invece, questo Trattato è entrato in vigore, tutti i Paesi dell’Unione Europea lo hanno ratificato e si spera che abbia una adesione universale.

D. – Il 2015 è anche l’anno della Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare, in primavera a New York. Che tipo di segnale potrebbe arrivare da questo appuntamento?

R. – Purtroppo qui non ci sono grandi speranze. Però un fatto positivo è che almeno l’ordine del giorno sia stato adottato e che quindi la Conferenza si tiene. Sarebbe veramente molto pericoloso che conferenze del genere non si tenessero.

D. – Nell’ipotesi in cui arrivassero dei segnali concreti di riavvicinamento tra Iran e Stati Uniti, questo, secondo lei, avrebbe un effetto domino sui Paesi dell’area?

R. – Questo è difficile dirlo, per quanto riguarda l’effetto domino, ma probabilmente potrebbe avere un effetto notevole per quanto riguarda la riappacificazione, specialmente nell’area del Golfo Persico, un'area che è attraversata da controversie territoriali, da controversie di navigazione e tra gli Stati e tra Stati terzi che intendono entrare nel Golfo. Quindi diciamo che un effetto lo potrebbe avere. Se poi lei si riferisce al fatto che l’eventuale soluzione del conflitto possa avere un effetto domino su tutta l’area, specialmente per quanto riguarda l’Is e per quanto riguarda Siria e Iraq, ovviamente è difficile dirlo, perché lì le ostilità sono in corso, esiste questo movimento terrorista che ormai controlla un territorio. E’ praticamente la prima volta, a parte la "questione di Bin Laden",  che un movimento insurrezionale di marca terroristica controlla una notevole parte di territorio. Io direi che in questo caso un effetto domino non dovrebbe averlo, se non nel senso che questi Paesi possano tutti insieme, come Paesi della coalizione, aiutare a sconfiggere questo movimento dell’Is. Ma ovviamente non possiamo parlare di pace a questo riguardo, perché verrebbe sconfitto con la forza delle armi. E non c’è altro metodo per sconfiggere questo movimento terrorista.

L’America Latina ha un altro fronte in cui il processo di pace continua a consolidarsi, sebbene ancora oggi non manchino episodi di violenza, e questo Paese è la Colombia. Ne parla al microfono di Francesca Sabatinelli, Raul Caruso, docente di Politica economica all’Università Cattolica di Milano e direttore delle rete europea "Scienziati per la pace": 

R. – La Colombia è un Paese che è stato per anni dilaniato da un conflitto perenne tra governo, paramilitari e gruppi ribelli, ma che comunque, a dispetto di tante difficoltà e a dispetto di qualche evento di recrudescenza, vede colloqui di pace che stanno andando avanti, peraltro nell’isola di Cuba, in questo momento sembra che Cuba sia un po’ lo spartiacque di tante speranze.  E’ chiaro che la Colombia ci fa venire in mente anche un altro aspetto: il Paese è in una situazione molto difficile dal punto di vista della diseguaglianza sociale, della giustizia sociale ed evidentemente i nodi principali di quel processo di pace passano proprio attraverso la risoluzione della profonda ingiustizia sociale, che purtroppo è cristallizzata da molti anni nel Paese.

D. – I colloqui vanno avanti, non si sono mai interrotti e questo nonostante non ci sia un cessate-il-fuoco…

R. – Il conflitto colombiano è molto particolare, perché i colloqui di pace sono cominciati tempo fa, ma il presidente Santos e anche i ribelli hanno sempre specificato che le normali operazioni “di guerra” sarebbero andate avanti. Non c’è mai stato un vero e proprio cessate-il-fuoco, ce ne fu solamente uno, unilaterale da parte delle Farc, dell’Eln (Esercito di liberazione nazionale, organizzazione di guerriglia marxista ndr), in occasione delle elezioni presidenziali di qualche mese fa. Ma tecnicamente non sono colloqui di pace che seguono ad un vero e proprio cessate-il-fuoco come noi siamo abituati a pensare. Quindi quando accadono degli episodi violenti, non bisogna immaginare che stiano pregiudicando il processo di pace in corso.

D. – Il Papa sta per partire per il viaggio nello Sri Lanka, Paese che è stato dilaniato da anni di guerra civile. Negli ultimi tempi sembra che ci si sia veramente incamminati verso una riconciliazione…

R. – La piccola isola dello Sri Lanka, per quanto piccola, era comunque un caso molto particolare perché la guerra civile è stata protagonista di quell’isola per almeno 25 anni. Adesso la situazione si sta normalizzando dal punto di vista della pace, tant’è che è notizia di pochi giorni fa la riapertura della linea ferroviaria che collega il Nord, in mano a ribelli, con il Sud. Il processo di pace quindi continua, anche in virtù di questa integrazione che sta prendendo piede nella società srilankese.

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Solennità di Maria Madre di Dio, occasione per implorare la pace

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La Chiesa celebra oggi, nell’ottavo giorno dal Natale, la solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Sulle origini di questa ricorrenza liturgica si sofferma, al microfono di Federico Piana, il mariologo Antonino Grasso, docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Catania: 

R. – Nell’ottava del Natale, la Chiesa celebra la solennità di Maria Santissima Madre di Dio, che sottolinea il mistero e la portata salvifica di questo evento. Alcuni studi hanno evidenziato come nella liturgia romana, prima ancora delle grandi feste importate dall’Oriente, si celebrasse a Roma l’ottava del Natale. Ora questa antica festa mariana è stata ripristinata nel nuovo calendario romano, promulgato da Papa Paolo VI, a seguito delle precise indicazioni del Concilio Vaticano II, e costituisce l’elemento centrale del rinnovamento del culto liturgico a Maria. Questa solennità, oltre a permettere di celebrare la maternità divina nel suo giusto legame con il Natale, ha un forte carattere ecumenico, in quanto in molte altre liturgie orientali si celebra, attorno ad un ciclo natalizio, una commemorazione specificamente mariana. E quindi questa solennità, sia in Occidente che in Oriente, presenta la maternità verginale di Maria come il segno augurale e propiziatorio della presenza rigenerante e benedicente del Dio vivente nella nostra storia.

D. – Quali sono gli insegnamenti dei testi liturgici, in merito a questa solennità?

R. – La liturgia della solennità focalizza anzitutto il suo interesse sulla figura di Maria scelta con predilezione da Dio, per cui è oggetto della sua benevolenza e resa piena di grazie. Sottolineando poi la concezione verginale, la liturgia considera l’entrata di Cristo nel mondo come l’atto iniziale della Salvezza. Attraverso la concezione verginale, Dio manifesta che la Salvezza è gratuita e viene dall’alto; trascende le facoltà dell’eros, sottolinea la fecondità dell’agape, è inizio di una nuova creazione.

D. – Qual è il legame tra questa solennità e la Giornata della Pace che si celebra oggi?

R. – Nello stesso giorno, proprio in cui si celebra la solennità di Maria Santissima Madre di Dio, si celebrano anche l’inizio dell’anno civile e la Giornata mondiale della pace. Il collegamento della solennità con le due ricorrenze è sottolineato con chiarezza da Paolo VI, che la considera un’occasione propizia per rinnovare l’adorazione al Neonato Principe della pace, implorare da Dio, mediante la Regina della pace, questo dono supremo e far maturare nel cuore degli uomini frutti di pace. Quindi l’armonizzazione delle tre ricorrenze allarga anche il significato della maternità di Maria per tutta l’umanità. Inoltre, nella figura di Maria Madre risplende la creatura umana originariamente e strutturalmente chiamata ad amare; si rivela la vera vocazione della persona, che è quella di partecipare alla sorgività dell’amore. La Vergine e Madre dimostra che la creatura umana, tanto più è quanto più ama; che il suo essere è amore e che dove c’è pienezza di amore, c’è anche pienezza di vita.   

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Nella Chiesa e nel mondo



A Shanghai 36 morti nella calca per i festeggiamenti del 2015

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È di almeno 36 morti e circa 40 feriti il bilancio delle vittime della calca per i festeggiamenti del Capodanno a Shanghai, in Cina. Le vittime sono in prevalenza giovani di età compresa tra i 16 e i 36 anni, rimasti schiacciati dalla folla 25 minuti prima di mezzanotte nell'affollatissima piazza Chen-Yi Square.

Secondo le prime ricostruzioni dei media cinesi, il caos è durato una dozzina di minuti e a provocare il massacro sarebbe stato il lancio di false banconote in dollari dal terzo piano di un edificio. Le autorità di Shanghai, che con quasi 25 milioni di abitanti è la più grande metropoli della Cina, hanno annullato tutte le celebrazioni previste per oggi, mentre il presidente Xi Jinping ha annunciato un'inchiesta sull'incidente. (M.G.)

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Video italiane rapite in Siria: “Siamo in grande pericolo”

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Preoccupazione ma anche flebile speranza per le due giovani cooperanti italiane rapite in Siria il 31 luglio scorso, dopo la loro apparizione in un video di soli 23 secondi pubblicato ieri su You Tube. Nelle immagini, registrate il 17 dicembre  scorso, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo indossano una veste e un velo nero e in lingua inglese una delle due “supplica” le autorità italiane dicendo che la loro vita  “è in grave pericolo” e che “il governo  è responsabile delle nostre vite”. Il video sembra autentico. Sembra che le due ragazze siano nelle mani dei qaedisti di Al Nusra. “Dopo aver visto quel video io non ho parole", è stato il commento di Salvatore Marzullo, il papà di Vanessa; la Farnesina - ha aggiunto - “continua a lavorare” per la liberazione delle due ragazze.

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Abu Mazen chiede adesione Palestina a Corte Penale Internazionale

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Dopo la mancata approvazione, per un solo voto, al Consiglio di Sicurezza Onu della risoluzione che prevedeva il riconoscimento della Palestina come Stato e il ritiro dell’occupazione israeliana, il presidente dell'Anp, Abu Mazen, ha firmato la richiesta di adesione alla Corte Penale Internazionale dell'Aja che indaga sui crimini di guerra e contro l'umanità.

Dura la reazione del premier israeliano Benjamin Netanyahu, secondo il quale sono proprio i palestinesi ad “avere più da temere” da un giudizio del tribunale. Commenti negativi anche dagli Stati Uniti che si “oppongono alla decisione palestinese” – si legge in una nota del Dipartimento di Stato – perché “contro-produttiva” rispetto alle "aspirazioni del popolo palestinese di ottenere uno Stato sovrano”.

Se la richiesta di Abu Mazen sarà accolta i palestinesi potranno chiedere il giudizio per crimini di guerra e contro l'umanità di esponenti del governo e delle forze armate israeliane. Tuttavia tale richiesta non avrebbe alcun effetto immediato perchè Israele, insieme ad altri Stati come Usa, Russia e Cina, non ha aderito. 

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Nigeria: attentato kamikaze contro chiesa evangelica

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Ennesimo attacco contro una chiesa cristiana in Nigeria. Questa mattina un attentatore suicida si è fatto esplodere, durante le celebrazioni per il nuovo anno, davanti ad una chiesa evangelica a Gombe, nel nord-est del Paese. Secondo fonti locali l’uomo, arrivato sul posto, con una motocicletta ha provocato un numero imprecisato di feriti.

Gombe, la capitale dello Stato omonimo, è stata finora relativamente risparmiata dalle azioni dei guerriglieri islamisti, per lo più concentrati nei tre Stati vicini di Yobe, Borno e Adamawa, dove Boko Haram ha assunto il controllo di venti città.

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Parrocchia romana danneggiata dall'esplosione di un ordigno

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La parrocchia romana di San Lino Papa, nella zona di Primavalle, è stata teatro ieri di una forte esplosione. La deflagrazione di un ordigno rudimentale – riferisce il quotidiano “Il Messaggero” - non ha fortunatamente provocato vittime, ma danni nell’ufficio del parroco. Le grate esterne si sono piegate e i vetri si sono frantumati. Secondo gli artificieri, intervenuti poco dopo l’esplosione, l’ordigno avrebbe potuto provocare vittime. Ancora da chiarire i motivi del gesto criminale. Il parroco, don Francesco Galluzzo, ha subito in passato minacce da parte di alcuni giovani spacciatori della zona e ha anche fatto installare delle telecamere intorno ai locali della parrocchia. Alcune immagini registrate dalle telecamere mostrano alcuni ragazzi mentre posizionano un pacco sotto la finestra dell’ufficio del parroco. L’esplosione è stata avvertita in tutta la zona. (A.L.)

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Sierra Leone: ebola pregiudica ancora le pratiche religiose

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L’impatto dell’ebola avrà una lunga durata in Sierra Leone. La popolazione totale è di sole 6 milioni di persone. Al 19 dicembre il numero complessivo di casi registrati erano 8.880 tra sospetti, probabili e confermati. Secondo quanto riferito all’agenzia Fides dalla Camillian Task Force impegnata nel Paese, le morti collegate al virus sono 2.529 sempre tra casi sospetti, probabili e confermati. 1.326 casi confermati sono stati curati e molta gente è riuscita a sopravvivere.

Ebola condiziona le celebrazioni natalizie
Il virus continua a portare conseguenze in tanti settori, anche nelle pratiche religiose. In chiesa, ad esempio, sono autorizzate a sedersi solo tre persone per ogni panchina. O ancora entrando in chiesa, invece dell’acqua santa ci si deve lavare le mani con la clorina. Dopo la funzione religiosa alle persone viene controllata la temperatura con gli infrarossi. Non si fa lo scambio della pace per evitare di stringere le mani degli altri. Non vengono celebrati nè battesimi, unzione degli infermi, matrimoni. Quest’anno non c’è stata la veglia di Natale e nella maggior parte delle parrocchie si è celebrata un’unica Messa.

Discriminati i bambini orfani
Tra le altre conseguenze dell’ebola ci sono tanti bambini orfani oltre a tanti sopravvissuti che vengono discriminati nonostante non possano trasmettere il virus in quanto immunizzati. Stigma e discriminazione anche per quelli che seppelliscono i morti di ebola perché in contatto diretto con i portatori. Inoltre, risulta un aumento nelle gravidanze precoci forse a causa della vita stagnante e della chiusura di scuole e università. (R.P.)

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Sri Lanka: le alluvioni non fermano la corsa elettorale

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A conferma dell’importanza del voto per il rinnovo del parlamento dell’8 gennaio, le autorità elettorali hanno fatto sapere che la consultazione non sarà sospesa, nemmeno per le conseguenze delle alluvioni che hanno colpito diverse aree del Paese negli ultimi giorni. Sono 24 finora i morti accertati e 8 i dispersi. La situazione sul terreno - riporta l'agenzia Misna - ha costretto in alcuni distretti a interrompere la distribuzione delle schede, posticipata di due-tre giorni, tuttavia, “nessun candidato o loro rappresentante o legale ha protestato o chiesto (di posticipare il voto) a questo dipartimento”, ha comunicato il portavoce della segretariato elettorale.

Migliaia di evacuati
11 i distretti interessati da valanghe e smottamenti che hanno interrotto diverse strade e costretto a interrompere i servizi ferroviari nelle regioni centrali. Migliaia anche gli evacuati da importanti località turistiche e di pellegrinaggio, come la città di Anuradhapura e Polonnaruwa, al centro di ampie aree risicole ora allagate. Sono 800.000 gli srilankesi ufficialmente colpiti dalle alluvioni e di questi 80.000 sono ospitati nei centri di raccolta. Almeno 7.000 i militari coinvolti nelle operazioni di soccorso.

Il voto anticipato
Dopo la perdita di consensi evidenziata dalle ultime consultazioni locali, Mahinda Rajapaksa ha anticipato il voto, proponendosi per una terza volta alla presidenza, con la forte opposizione di avversari politici e società civile. (C.O.)

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Rapporto sulle mine antiuomo: in 14 anni 348 morti

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Il rapporto Landmine Monitor 2014 documenta 3.450 incidenti tra il 1999 e la fine del 2013 e circa 348 morti. Ai primi posti tra i Paesi con il più alto numero di vittime causate da esplosioni di mine antiuomo in tutto il mondo: la Colombia, una nazione che ha trascorso cinque anni in lotta con un insurrezione marxista finanziata dal traffico di droga, seguita dall’Afghanistan, un Paese devastato dalla guerra apparentemente interminabile per la maggior parte degli ultimi 35 anni ed al terzo posto il Myanmar.

I casi in Myanmar
Yeshua Moser-Puangsuwan, il ricercatore Landmine Monitor per il Myanmar, ha detto in una conferenza stampa a Yangon che il rifiuto del Paese a ratificare il Trattato di Ottawa e consentire l’ispezione diretta dei focolai di conflitto ha reso difficile compilare un numero preciso di vittime, ma le stime ufficiali della Campagna internazionale per il bando delle mine antiuomo (Icbl) sono stati quasi certamente sottostimati. Yeshua ha aggiunto che, nonostante la richiesta del Presidente Thein Sein di assistenza dell’Unione Europea nella creazione di programmi di bonifica nel 2012, le organizzazioni internazionali sono state impedite di viaggiare in zone contaminate con mine. Militari e governo si accusano a vicenda per il rifiuto di accesso. Secondo il rapporto Landmine Monitor, negli ultimi due anni non c’è stato alcun sminamento da parte di organizzazioni accreditate, anche se alcuni gruppi etnici armati e organizzazioni, come la Free Burma Rangers, si sono impegnati in alcuni programmi di sminamento locale.

Accuse all'esercito birmano
Il rapporto segnala anche “accuse credibili” di uso di mine antiuomo da parte dell’esercito birmano negli ultimi due anni nel Kachin e nell’Arakan, tra cui una lunga striscia di terra a meno di 100 metri dal confine con il Bangladesh e da parte di gruppi armati etnici che non hanno rinunciato all’uso di mine poiché i negoziati per un cessate il fuoco a livello nazionale, iniziati nel 2011, non si sono ancora conclusi.

Il presidente giustifica l'uso delle mine
Sono 162 i Paesi firmatari del Trattato per il bando delle mine 1997. Essi rappresentano più dell'80% dei governi di tutto il mondo. Il governo birmano si è ripetutamente astenuto sulla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di vietarne l’uso, lo stoccaggio e la produzione e il Presidente Thein Sein ha detto in pubblico in occasione del vertice Asean 2012 a Phnom Penh che l’uso continuato di mine nel Paese era necessario ”per salvaguardare la vita e la proprietà della gente". (P.L.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 1

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.