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Sommario del 10/01/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco, appello per Haiti: ancora molto da fare per terremotati

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L’aiuto portato ad Haiti manifesta che la Chiesa è un grande corpo, dove le varie membra hanno cura le una delle altre. E’ il ringraziamento di Papa Francesco al Pontificio Consiglio Cor Unum e alla Pontificia Commissione per l’America Latina, organizzatori dell’incontro, in Vaticano, su Haiti a cinque anni dal terremoto, una tragedia, dice il Papa, “che ha lasciato dietro di sé morte, distruzione e anche disperazione”. Servizio di Francesca Sabatinelli

Molto è stato fatto, ma molto resta da fare
Haiti è un Paese dove molto lavoro è stato fatto, ma dove molto resta ancora da fare. In entrambi i casi, è la raccomandazione del Papa, l’azione poggia su tre pilastri fondamentali: la persona umana, la comunione ecclesiale e la Chiesa locale:

"La persona è al centro dell’azione della Chiesa (…) Allora la nostra prima preoccupazione deve essere quella di aiutare l’uomo, ogni uomo, a vivere pienamente come persona. Non c’è vera ricostruzione di un Paese senza ricostruzione della persona nella sua pienezza".

Cercare bene integrale della persona
Ogni haitiano quindi oltre a dover avere il necessario dal punto di vista materiale, deve poter “vivere la propria libertà, le proprie responsabilità e la propria vita spirituale e religiosa”:

"La persona umana ha un orizzonte trascendente che le è proprio, e la Chiesa per prima non può trascurare questo orizzonte, che ha come sua meta l’incontro con Dio. Perciò, anche in questa fase di ricostruzione, l’attività umanitaria e quella pastorale non sono concorrenti, ma complementari, hanno bisogno l’una dell’altra: contribuiscono insieme a formare in Haiti delle persone mature e dei cristiani, che a loro volta potranno spendersi per il bene dei loro fratelli. Che ogni tipo di aiuto offerto dalla Chiesa a quel Paese possa avere questa ansia per il bene integrale della persona!".

Cooperazione significa non vivere divisi la carità
Altro aspetto fondamentale è la comunione ecclesiale, che ad Haiti si è manifestata attraverso “una buona cooperazione di molte istituzioni ecclesiali – diocesi, istituti religiosi, organismi caritativi - ma anche di molti singoli fedeli”. Tale pluralità di soggetti è un fattore positivo, perché è segno della vitalità della Chiesa e della generosità di tanti. Dio suscita in molti il desiderio di seguire la legge della carità, che però “è ancora più vera e più incisiva se vissuta nella comunione”:

"La comunione testimonia che la carità non è solo aiutare l’altro, ma è una dimensione che permea tutta la vita e rompe tutte quelle barriere di individualismo che ci impediscono di incontrarci. La carità è la vita intima della Chiesa e si manifesta nella comunione ecclesiale. Comunione tra i Vescovi e con i Vescovi, che sono i primi responsabili del servizio di carità. Comunione tra i diversi carismi e le istituzioni di carità, perché nessuno di noi lavora per sé stesso, ma in nome di Cristo, che ci ha mostrato la via del servizio. Sarebbe una contraddizione vivere la carità separati!".

Importanza della Chiesa locale
L’invito di Francesco è quindi quello di “rafforzare tutte quelle metodologie che consentano di lavorare insieme”, in collaborazione con le Autorità dello Stato e con le Istituzioni internazionali, per il bene e il progresso del popolo haitiano. Infine l’importanza della Chiesa locale, perché, conclude il Papa, è in essa che l’esperienza cristiana si fa tangibile. È quindi necessario che la Chiesa in Haiti diventi sempre più viva e feconda, per testimoniare Cristo e per dare il suo contributo al progresso di quel Paese. Di qui l’incoraggiamento ai vescovi, ai sacerdoti, agli operatori pastorali di Haiti, affinché “suscitino nei fedeli un rinnovato impegno nella formazione cristiana e nella evangelizzazione gioiosa e fruttuosa”.

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Haiti: in Vaticano il bilancio di una ricostruzione materiale e sprituale

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Prima di incontrare Papa Francesco, i partecipanti all’incontro per ricordare il terremoto di Haiti si sono incontrati in Vaticano per fare il punto sulla situazione umanitaria del Paese. Presenti esponenti della Curia, delle istituzioni internazionali e del mondo umanitario. Il servizio di Michele Raviart: 

Cinque anni fa il terremoto sconvolse Haiti. Cinquanta secondi di terrore che causarono 300 mila morti e 8 milioni di sfollati, per quello che è stato il più grande disastro umanitario dell’emisfero occidentale. Da allora grande è stata la solidarietà internazionale, con l’impegno in primo piano della Chiesa e delle istituzioni collegate, riunite in Vaticano per un incontro fortemente voluto da Papa Francesco. Il cardinale Marc Ouellet, presidente della Pontificia commissione per l’America Latina e prefetto della Congregazione per i Vescovi:

“Esta jornada es una mirada esperanzada…
Questa giornata è uno sguardo speranzoso, di incoraggiamento al popolo haitiano, che sa alzarsi e affrontare, con nobiltà, dignità, coraggio, con fede incrollabile in Dio, la sua vita e il suo destino. E’ tempo di comprendere che l’aiuto internazionale - o tutto l’appoggio dall’estero - non può rimpiazzare la coscienza cittadina, elemento indispensabile per la sopravvivenza e il ‘salvataggio’ nazionale”.

La maggior parte degli aiuti è andata ai soccorsi umanitari. Il resto per la ricostruzione. Ospedali – quello dedicato a San Francesco di Sales, a  Port-au-Prince, sarà inaugurato questo mese -, cliniche mobili, scuole, seminari e una nuova cattedrale dopo quella distrutta dal sisma. Una ricostruzione materiale che non può prescindere tuttavia da una ricostruzione materiale della persona, che deve essere al centro di ogni progetto. Il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino, già presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum:

"Cette centralité signifie que l’homme…
Questa centralità significa che l’uomo è il soggetto di tutto il processo e che concretamente, senza la ricostruzione della persona umana, non ci può essere una ricostruzione del Paese, così come solo guarendo il cuore dell’uomo, dandogli una nuova vitalità, potremo dare un nuovo slancio ad Haiti. Non può neanche esserci, nell’attività ecclesiale, un approccio pragmatico alla persona umana, né un approccio amministrativo o gestionale, che riducono l’essere umano a un semplice problema economico".

La distribuzione degli aiuti è stata possibile non solo grazie alle grandi istituzioni internazionali, alle ong e alle varie opere missionarie. Un contributo decisivo è stato dato dalle oltre 500 parrocchie della Chiesa locale, guidata dal cardinale Chibly Langlois, vescovo di Les Cayes e presidente della Conferenza episcopale di Haiti:

"Haiti est un pays de contrastes…
Haiti è un Paese di contrasti. La ricchezza prodotta sul territorio nazionale è lontana dall’essere sufficiente ai bisogni della popolazione. In una società di 10 milioni di abitanti, 6 milioni hanno grandi bisogni e tra questi  2 milioni e mezzo vivono in povertà estrema. Tuttavia la posizione strategica di Haiti, nel mezzo del Mare dei Caraibi, il suo potenziale turistico, la giovinezza della sua popolazione attiva e il suo ricco patrimonio culturale offrono un largo ventaglio di possibilità economiche e politiche".

Molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare, avendo come obiettivo finale sempre gli ultimi e bisognosi, “tesoro della Chiesa”.

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Carriquiry: Papa Francesco non dimentica Haiti

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Papa Francesco non dimentica Haiti: è quanto afferma Guzmánā€‹ Carriquiry Lecour, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, in occasione del quinto anniversario del catastrofico terremoto che il 12 gennaio del 2010 portò morte e distruzione nel Paese. Ascoltiamolo al microfono di  Alessandro Notarnicola: 

R. – Francesco porta sempre nel cuore le sofferenze e le speranze del popolo di Haiti. Non ha dimenticato, né vuole che si dimentichi, il terribile terremoto che il 12 gennaio causò in questo Paese un numero impressionante di morti e di feriti, una moltitudine di persone senza casa, la distruzione … Dunque, il Pontificio Consiglio Cor Unum e la Pontificia Commissione per l’America Latina hanno considerato opportuno convocare e organizzare una giornata di comunione con la Chiesa di Haiti e di solidarietà con il popolo haitiano.

D. – Perché la Santa Sede in questi cinque anni ha dimostrato una particolare sollecitudine per Haiti, per il suo popolo e anche per la sua Chiesa?

R. – Perché il Papa è stato, dal primo momento, molto coerente con quello che ha detto tre giorni dopo la sua elezione: “Desidero una Chiesa povera al servizio dei poveri”. Questa coerenza è stata ribadita in ogni giorno del suo pontificato. Come non manifestare la sollecitudine apostolica della Santa Sede nell’abbraccio della carità con una delle nazioni più povere del pianeta, la più povera del continente americano, dove la stragrande maggioranza della popolazione vive in condizioni di estrema povertà? Dunque, questo è un gesto di particolarissima comunione e solidarietà, che viene dal cuore stesso del Santo Padre e dalla sollecitudine apostolica della Santa Sede.

D. – La Chiesa è stata molto vicina al popolo di Haiti, in questi cinque anni. Qual è la situazione odierna del Paese?

R. – La situazione del Paese – come dicono gli stessi vescovi nel messaggio di Natale del 2 dicembre 2014 – è catastrofica: catastrofica! Pongono veramente tanti, tanti problemi; la situazione è instabile, caotica a livello politico, l’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità, il degrado dell’ambiente, la disperazione della grande maggioranza della popolazione e dei giovani in particolare, a causa – soprattutto – della mancanza di lavoro; l’immigrazione crescente e l’esodo continuato che distrugge le famiglie, la precarietà del sistema educativo: questi sono tutti i problemi sollevati dai vescovi di Haiti, che ovviamente chiamano ad una conversione che cambi il rapporto tra il popolo haitiano con Dio, che cambi gli atteggiamenti di fondo per un’autentica ricostruzione nazionale. I vescovi sono consapevoli che la ricostruzione non può essere semplicemente una ricostruzione materiale, pure necessaria, ma che ogni vera ricostruzione incomincia nel cuore delle persone quando le persone si alzano in piedi e scoprono la propria libertà, la propria dignità, la propria responsabilità e sviluppano atteggiamenti di solidarietà, in particolare con i più poveri. Solo così un popolo diventa veramente “soggetto” di un’autentica ricostruzione. I vescovi haitiani sono molto impegnati in tutto ciò ma hanno bisogno ancora dell’appoggio internazionale che sia sincero, chiaro, concordato perché il Paese affronta sfide enormi. Penso che la Chiesa di Haiti, con tutto l’aiuto internazionale che ha ricevuto da parte dei diversi circuiti e istituzioni della Chiesa cattolica, stia dando una testimonianza di carità e di solidarietà impressionante, che si rivolge a tutta la popolazione, senza chiedere identità né confessionali né politiche: si rivolge a tutta la popolazione, e in modo particolare ai più bisognosi. Questo è il vero senso della carità e della solidarietà cattolica. Certo, una parte dell’aiuto ricevuto dalla Chiesa di Haiti è stata molto importante per ricostruire una infrastruttura ecclesiastica minima: bisognava ricostruire delle chiese; bisogna ricostruire ancora il seminario, alcune scuole cattoliche. Però, la fantasia della carità è quella che si è manifestata nella diversità di opere che vengono incontro ai diversi bisogni della popolazione haitiana.

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Mons. Eugene Martin Nugent nuovo nunzio ad Haiti

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Nomina del nunzio ad Haiti
Papa Francesco ha nominato Nunzio Apostolico in Haïti S.E. Mons. Eugene Martin Nugent, Arcivescovo titolare di Domnach Sechnaill, finora Nunzio Apostolico in Madagascar, in Maurizio e nelle Seychelles e Delegato Apostolico nelle Isole Comore, con funzioni di Delegato Apostolico in La Riunione.

Nomina del Vescovo di Osorno (Cile)
Il Papa ha nominato Vescovo di Osorno (Cile) S.E. Mons. Juan de la Cruz Barros Madrid, finora Ordinario Militare per il Cile. Mons. Juan de la Cruz Barros Madrid è nato il 15 luglio 1956 a Santiago de Chile. Dopo gli anni di studi presso la Facoltà di Scienze economiche ed amministrative della Pontificia Università Cattolica del Cile, è entrato nel Pontificio Seminario maggiore dell’arcidiocesi di Santiago de Chile, dove ha frequentato i corsi filosofici e teologici. Ordinato sacerdote il 29 giugno 1984, ha svolto il ministero di parroco e ha collaborato con la Conferenza Episcopale come Direttore del Settore ecclesiale della Commissione pastorale. Nel 1994 ha ottenuto la Licenza in Teologia presso la Pontificia Università Cattolica del Cile. Nominato Vescovo titolare di Bilta ed Ausiliare di Valparaíso il 12 aprile 1995, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 29 giugno successivo. Il 21 novembre 2000 è stato nominato Vescovo di Iquique. Il 9 ottobre 2004 è stato nominato Ordinario Militare per il Cile.

Nomina del Coadiutore di Albenga-Imperia
Il Santo Padre ha nominato Vescovo Coadiutore della diocesi di Albenga-Imperia (Italia) S.E. Mons. Guglielmo Borghetti, finora Vescovo della diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello. S.E. Mons. Guglielmo Borghetti è nato il 25 marzo 1954 ad Avenza di Carrara, diocesi di Massa Carrara-Pontremoli e provincia di Massa Carrara. Dopo aver frequentato il Liceo Classico presso le scuole pubbliche, ha conseguito la Laurea in Filosofia, con indirizzo psicologico, presso l'Università di Pisa. In seguito, è entrato in Seminario, completando gli studi di Teologia. È stato ordinato sacerdote nella Cattedrale di Massa Carrara il 17 ottobre 1982 e incardinato nella diocesi di Massa Carrara-Pontremoli. Nel suo ministero ha svolto i seguenti incarichi: dal 1974 al 1992, Insegnante di Religione nelle Scuole statali; dal 1982 al 1986, Vice Rettore del Seminario diocesano; dal 1986 al 1992, Rettore del Seminario diocesano; dal 1992 al 1997 Parroco della Basilica Cattedrale di Massa Carrara; dal 1993 al 2010 Direttore Spirituale del Seminario diocesano e contemporaneamente Direttore dell'Ufficio diocesano per le vocazioni; dal 1993 al 1996, Vicario episcopale per la pastorale; dal 1997 al 2010 Parroco in Santa Maria della Rosa a Montignoso; dal 1999 al 2010 Preside dello Studio Teologico Interdiocesano "Mons. Enrico Bartoletti" di Camaiore. È stato Docente di psicologia della personalità, presso la Scuola "Edith Stein" di Savona, per la formazione di educatori di comunità ecclesiali. È stato Canonico effettivo della Basilica Cattedrale di Massa Carrara, autore di vari articoli per il settimanale diocesano e per altre riviste. Nel marzo 1996 è stato annoverato tra i Cappellani di Sua Santità. Eletto alla sede di Pitigliano-Sovana-Orbetello il 25 giugno 2010, è stato consacrato Vescovo il 15 settembre dello stesso anno.

Nomina dell’Ausiliare di Genova
Il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi metropolitana di Genova (Italia) il Rev.do Mons. Nicolò Anselmi, del clero della medesima arcidiocesi, Parroco della parrocchia di Santa Maria delle Vigne e Vicario Episcopale per la Pastorale Universitaria, Giovanile e dello Sport, assegnandogli il titolo vescovile di Utica. Mons. Nicolò Anselmi è nato a Genova il 9 maggio 1961. Ha conseguito la Laurea in Ingegneria Meccanica presso l’Università di Genova. Terminato il servizio militare è divenuto alunno del Seminario arcivescovile maggiore di Genova. Ha conseguito il Baccalaureato in Teologia presso la Facoltà Teologica di Genova - Sezione di Genova. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 9 maggio 1992 a Genova Quinto. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale della parrocchia dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce in Genova dal 1992 al 1996; Responsabile del Servizio pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Genova dal 1993 al 2007; Assistente diocesano del Settore Giovani di Azione Cattolica dal 1994 al 2001; Insegnante di religione presso il Liceo Classico "Andrea D’Oria" dal 1994 al 2007; Responsabile Regionale della Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Ligure dal 1997 al 2007; Amministratore parrocchiale della parrocchia San Giovanni Bosco della Rimessa dal 2001 al 2005. Nel 2005 è stato Membro della Delegazione diocesana al IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona; Vice Direttore del Centro diocesano vocazioni dal 2005 al 2007; Docente presso il Seminario maggiore di Genova (anno propedeutico) dal 2006 al 2007 e Responsabile del Servizio nazionale di pastorale giovanile dal 2007 al 2012. È stato Assistente Regionale dell’AGESCI Liguria e, per tre mandati, Membro del Consiglio Presbiterale diocesano. Attualmente è Vicario Episcopale per la Pastorale Universitaria, Giovanile e dello Sport; Direttore dell’Ufficio Università; Direttore dell’Ufficio per la Pastorale giovanile; Parroco Prevosto della parrocchia-Basilica di Santa Maria delle Vigne; Canonico effettivo dell’Insigne Collegiata e Basilica Santa Maria delle Vigne; Membro del Consiglio Presbiterale (2012-2017) e Membro del Collegio dei Consultori (2012-2017). Il 23 gennaio 2012 gli è stato concesso il titolo "Cappellano di Sua Santità".

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Tweet del Papa: la domenica troviamo il tempo di stare con Dio

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Il Papa ha pubblicato un nuovo tweet sull'account @Pontifex in nove lingue: "La domenica è il giorno del Signore: troviamo il tempo di stare con Lui".

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Arcivescovo Bangkok: Francesco in Asia col Vangelo e il dialogo

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Il secondo viaggio di Papa Francesco nello Sri Lanka e nelle Filippine sarà all'insegna del dialogo. Lo afferma l’arcivescovo di Bangkok, in Thailandia, Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, tra i prossimi cardinali. L’annuncio del suo nome tra i 20 nuovi porporati nominati dal Papa e che riceveranno la berretta rossa nel Concistoro del 14 febbraio, è arrivato a sorpresa, come lui stesso racconta nell’intervista di Adriana Masotti: 

R. – La cosa è che non lo sapevo prima… Qualcuno mi ha telefonato per dirmi che il Papa mi aveva nominato; poi anche un altro vescovo mio amico mi ha chiamato e mi ha detto: “Ho visto l’Angelus in Tv…”. Allora ho cominciato a credere che fosse vero quello che mi avevano detto. Prima ero un pochino meravigliato, perché non pensavo… Ma se il Papa mi vuole, sono pronto alla sua volontà. E’ così, no? E’ semplice! Ma subito sono andato in cappella e ho pregato.

D. – Dicendo che cosa a Dio?

R. – Ho detto il mio “sì” a Dio! Sì a tutto. Ho cercato di fare così tutta la mia vita, come sacerdote prima, come vescovo e poi anche adesso come cardinale. Ho detto “sì” a Lui, alla sua volontà. Farò tutto per il bene della Chiesa, per la Chiesa in Thailandia e adesso anche per la Chiesa universale come cardinale.

D. – La sua nomina, come anche quella che riguarda il Vietnam e il Myanmar, è un segno evidente dell’interesse del Papa per l’Asia. Anche lei la vede così?

R. – Il Papa stesso aveva parlato del fatto che pensasse molto all’Asia, in questo periodo, per il futuro della Chiesa. E lui considerava questo importante particolarmente per la Thailandia e anche per il Myanmar.

D. – Già Giovanni Paolo II aveva detto che l’evangelizzazione dell’Asia sarebbe stata la sfida del terzo millennio per la Chiesa…

R. – Sì, sì. Anche questo c’è in “Novo Millennio Ineunte”…

D. – In base alla sua esperienza pastorale, qual è il metodo – diciamo così – che la Chiesa deve adottare in Asia per portare il Vangelo alla gente, pensando che la Chiesa cattolica è una minoranza?

R. – Credo che – come anche il Papa ha detto – la strada sia il dialogo. Il dialogo è la via per entrare in rapporto con tutti, non soltanto a livello delle religioni. Dialogare è la cosa che ci vuole oggi per il mondo. Anche qui in Thailandia, la Chiesa seppur piccola è attenta all’aspetto del dialogo interreligioso e anche in vari altri campi per quello che la Chiesa può fare. Anche nella mia diocesi stiamo andando in questa direzione. Nel Concilio particolare della Chiesa in Thailandia – abbiamo svolto la prima parte e ci sarà la Plenaria nell’aprile 2015 - tutto si basa sull’evangelizzazione, ma importante è il dialogo per attuarla.

D. – In particolare guardando alla realtà della sua diocesi, quali sono le priorità che la Chiesa si trova ad affrontare ogni giorno?

R. - Credo sia il mondo secolarizzato. La cosa importante però non sono tanto i numeri, quanto la formazione, prima di tutto di noi cristiani e cattolici: in questa formazione bisogna impegnarsi molto di più. E poi è necessario aprirsi - non ci si può chiudere – aprirsi verso tutti e vivere insieme in qualsiasi luogo nella società thai.

D. – Fra poco Papa Francesco sarà di nuovo in Asia per visitare lo Sri Lanka e le Filippine. Questo avrà anche riflessi in tutto il Continente?

R. – Certamente! Io credo che il viaggio del Papa farà molto bene a tutti i Paesi in Asia e non solo per la Chiesa cattolica, ma per tutta la società. La sua persona è molto apprezzata dalla gente; il suo esempio e la sua testimonianza credo abbiano portato sempre gioia dappertutto. Ho scherzato con lui, in una udienza privata, dicendogli che venendo dall’Europa, per andare in Australia e in Estremo Oriente, i voli passano e fanno scalo sempre a Bangkok: allora gli ho detto che avrebbe potuto fare un piccolo scalo a Bangkok, che questo avrebbe fatto bene a tutta la Chiesa in Thailandia… E lui rideva e ha detto: “Speriamo un giorno, se Dio vuole”.

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Dicastero Dottrina Fede incontra Commissioni Dottrinali europee

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Si svolgerà dal 13 al 15 gennaio un incontro tra i superiori della Congregazione per la Dottrina della Fede e i presidenti delle Commissioni Dottrinali delle Conferenze Episcopali europee a Esztergom in Ungheria. Con l’Istruzione del 23 febbraio 1967 la Congregazione per la Dottrina della Fede – riferisce un comunicato del dicastero vaticano - per incarico del Beato Papa Paolo VI, aveva chiesto alle Conferenze Episcopali di istituire al loro interno una Commissione Dottrinale, quale organo consultivo di aiuto alle medesime Conferenze Episcopali e ai singoli vescovi nella loro sollecitudine per la dottrina della fede.

Per rafforzare la collaborazione fra la Congregazione per la Dottrina della Fede e le Commissioni Dottrinali – prosegue il comunicato - nel 1982 si decise di riunire periodicamente i Presidenti di dette Commissioni a livello continentale. Una delle caratteristiche originali di questi incontri consiste nel fatto che sono i superiori della Congregazione a spostarsi nei vari continenti, sottolineando in tal modo l’importanza delle istanze locali e regionali e la loro responsabilità nell’affrontare le questioni dottrinali. Il primo di questi incontri, nel periodo della Prefettura dell’allora cardinale Joseph Ratzinger, si svolse in America Latina, a Bogotá (1984); seguirono gli incontri a Kinshasa, Africa (1987); a Vienna, Europa (1989); a Hong-Kong, Asia (1993); a Guadalajara, America Latina (1996) e a San Francisco, America del Nord (1999). Durante la prefettura del vardinale William Levada si svolse un altro incontro in Africa, a Dar es Salaam (2009).

Ora il cardinale Péter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa – riferisce il comunicato - ha accolto la richiesta del cardinale Gerhard L. Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, per un nuovo incontro con i presidenti delle Commissioni Dottrinali europee a Esztergom. Tale incontro manifesta la volontà da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede di sostenere gli Episcopati locali – come sottolinea anche Papa Francesco – nel loro impegno per la promozione e la tutela della dottrina della fede, tenendo conto delle specifiche sfide da affrontare oggi nel continente europeo. 

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Tre pilastri per ricostruire: il Papa all’incontro promosso a cinque anni dal terremoto ad Haiti.

Ritorno in Asia: lunedì sera inizia il viaggio del Papa in Sri Lanka e nelle Filippine. Gli articoli del cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, e del vescovo Edoardo Aldo Cerrarto su Joseph Vaz.

E Benedetto XV aprì le porte di Santa Marta: Giuseppe Magliozzi a cent’anni dal terremoto con epicentro nella Marsica che provocò circa trentamila vittime.

Uniti contro il terrore: attese un milione di persone alla manifestazione di domani a Parigi per le vittime della violenza.

Nessuna meraviglia: Egidio Picucci descrive l’eccezionale normalità della convivenza nella Cronaca di Antiochia.

L’amore di Dio è rispetto: Matteo Coco su ciò che unisce l’esperienza di fede delle religioni monoteiste.

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Oggi in Primo Piano



Nigeria: civili in fuga dopo eccidio Boko Haram, offensiva dell'esercito

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Le forze armate nigeriane hanno lanciato un'offensiva con colpi di artiglieria e raid aerei contro i miliziani islamici di Boko Haram, per tentare di riconquistare la città nordorientale di Baga che, nel corso di questa settimana, è stata teatro del più grave attacco mai realizzato dal gruppo integralista africano. Almeno 2000 le vittime secondo Amnesty International. Intanto cresce la preoccupazione per l’imprecisato numero di sopravvissuti fuggiti nelle boscaglie fuori dal centro abitato. Il servizio di Marco Guerra: 

Corpi sparsi per le strade

Sono centinaia i corpi sparsi per le strade di Baga e nella savana attorno alla città. Le testimonianze che trapelano non riescono a quantificare il numero di vittime dell’eccidio compiuto da Boko Haram dopo la conquista della base militare presente nel centro abitato, quartier generale interforze delle truppe di Ciad, Niger e Camerun. Amnesty International parla “del peggior massacro nella storia” del gruppo terroristico e riferisce di rapporti che stimano almeno 2000 morti.

Civili rischiano di morire di stenti
E ora gli scampati alla strage rischiano di morire di fame e di stenti poiché sono fuggiti privi di qualsiasi bene di prima necessità. Chi non si è allontanato nella boscaglia ha raggiunto alcuni isolotti nel lago Ciad a bordo di piccole imbarcazioni. La conquista di Baga e di una quindicina di villaggi nella stessa area di rischia di avere pesanti ripercussioni anche sui Paesi confinanti. La Zona è infatti un crocevia commerciale e agricolo vitale per il Camerun, il Ciad e il Niger. L'aeronautica del Camerun ha infatti bombardato alcune basi dei Boko Haram per bloccare infiltrazioni e scorrerie.

Maiduguri circondata dai jihadisti
Ma il pericolo maggiore ora incombe su un'altra importante città della Nigeria, Maiduguri, capoluogo dello Stato di Borno, quasi completamente circondata dai jihadisti. Anche da qui la popolazione ha cominciato ad andarsene e va ad ingrossare la già enorme massa degli sfollati nigeriani: più di un milione e 600mila persone, secondo i calcoli delle organizzazioni umanitarie. 10mila sono invece le vittime del conflitto con Boko Haram solo nel 2014.

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Strage in Nigeria, Kaigama: è terribile, pregate per noi

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Sulla situazione in Nigeria, dopo la strage compiuta dagli estremisti islamici di Boko Harama a Baga, si sofferma l’arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza episcopale locale, mons. Ignatius Kaigama, raggiunto telefonicamente da Davide Maggiore:ā€‹ 

Notizia terribile

R. – It’s terrible news, but we are not really sure of the facts. You’ll get some people saying …
E’ una notizia terribile, ma non siamo certi dei fatti. Ci sono persone che affermano che i numeri sono esagerati o che non corrispondono a quello che è stato detto, ma questo non ci aiuta. Infatti, noi abbiamo bisogno di informazioni chiare e precise sugli incidenti o sulle violenze in qualsiasi parte della Nigeria. Se è vero quello che è stato detto, ci troviamo di fronte ad una tragedia monumentale per il fatto che questo gruppo terrorista sia in grado di creare tale terrore e una distruzione così terribile. Questo è il momento in cui il governo dovrebbe intervenire per cercare di fermare una simile aggressione nei riguardi di nigeriani innocenti e di mobilitare ogni dispositivo di sicurezza.

Sono sempre i civili a soffrire
D. – Quali sono i sentimenti della popolazione civile, per quanto lei possa verificare?

R. – Civilians suffer more, because they have no protection and I can imagine now …
I civili soffrono di più, perché non hanno alcuna protezione. Immagino che nei villaggi che sono stati attaccati, la popolazione sia completamente destabilizzata. Ora non sappiamo con certezza dove si trovi questa gente: si sono salvati? Sono nelle montagne, sono nella foresta? Sono scappati nei Paesi vicini? Pur senza sapere cosa esattamente sia accaduto, non c’è dubbio che siano ancora i civili a soffrire. Parlavo con il vescovo di  Yola, mons. Stephen Dami Mamza. Lui mi ha detto di avere accolto, negli ambienti della cattedrale, molti sfollati interni.

Estremisti in espansione
D. – Alcuni dicono che i terroristi, i miliziani di Boko Haram, stanno cercando di instaurare una sorta di “califfato”. Ma sono così forti da potersi opporre al governo fino a questo punto?

R. – So far, they have actually captured a number of local governments, and villages and towns have …
A tutt’oggi, hanno preso il controllo di diversi governatorati locali e di diversi villaggi e città, e dichiarano di avere stabilito un califfato islamico: questo è quello che dicono. E si stanno allargando anche verso Paesi confinanti come il Camerun, il Niger e il Ciad e via dicendo. Quindi, stanno raccogliendo “successi”, a loro modo di vedere. I governi della Nigeria, nonostante anche la collaborazione con altri Paesi limitrofi come il Ciad e il Niger e il Camerun, non sono stati capaci di fermare tutto questo: purtroppo, sembra addirittura esserci un’espansione.

Continuate a pregare per noi
D. – Lei vuole lanciare un appello, da parte della Chiesa nigeriana, a chi la ascolta tramite la Radio Vaticana?

R. – Continue your prayer for us, because this has gone beyond what you can manage on a human …
Continuate a pregare per noi, perché tutto questo è andato oltre le capacità di sopportazione umane.

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Parigi: massima allerta dopo attacco islamista, domani marcia solidarietà

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Dopo il blitz delle forze di polizia che ha chiuso con la morte dei tre killer islamisti la tre giorni di terrore per la Francia, il Paese si prepara ora alla grande marcia repubblicana di solidarietà in programma questa domenica a Parigi, a cui parteciperanno molti leader europei. All’Eliseo riunione per fare il punto sulle misure di sicurezza ancora in atto. Da Parigi Francesca Pierantozzi: 

Parigi resta città in massima allerta, dopo i tre giorni di terrore che sono costati 20 morti, tra cui tre terroristi uccisi ieri nei due blitz della polizia. Questa mattina ancora paura per spari vicino ad una sinagoga nel 19.mo arrondissement. Il Consiglio delle istituzioni ebraiche ha parlato poi di un falso allarme. E falso allarme anche a Eurodisney, dove è stato evacuato uno degli alberghi del parco, il Sequoia Lodge. Il dispositivo antiterrorismo Vigipirate resta sempre al massimo grado e domani Parigi sarà blindata per la marcia repubblicana di tutti contro il terrorismo, con il presidente François Hollande in testa al corteo. Intanto cominciano ad arrivare le prime testimonianze degli ostaggi, rimasti per tre ore ieri nelle mani di Amedy Koulibaly, in un supermercato ebraico a Vincennes. Una donna ha raccontato di essere rimasta per ore vicino ai cadaveri di due dei quattro ostaggi uccisi. Ma ci sono anche storie di eroismo ordinario, come quelle di un ragazzo musulmano, impiegato al supermercato kosher, che ha nascosto per ore dei clienti nella camera fredda del negozio. Ed è sempre in corso intanto la caccia ad Hayat Boumedienne, la compagna di Koulibaly: è considerata pericolosa e armata. Quattro persone sono in stato di fermo e interrgoate, ma non si conosce per ora la loro identità.

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Samir: maggioranza musulmani sono moderati, ma non osano criticare

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Gli attacchi islamisti di Parigi ripropongono con forza la questione del rapporto tra cultura occidentale e mondo musulmano, che appare sempre più diviso tra moderati e fondamentalisti. Cecilia Seppia ne ha parlato con padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut: 

Maggioranza musulmani sono moderati

R. – Esistono certamente i musulmani moderati e sono la maggioranza. E la maggioranza dei musulmani vorrebbe vivere in pace con tutti. Ma c’è un problema, perché l’islam in se stesso è diviso in gruppi opposti, e spesso in tutta la storia islamica, e ancora oggigiorno, i musulmani, quando non sono d’accordo, reagiscono con la guerra. Infatti l’Isis usa la violenza contro gli sciiti, contro altri gruppi musulmani senza distinzione, senza pietà. Allora, dire che quello che è accaduto in Francia non c’entra con l’islam, non è vero. Ma dire che questi sono estremisti, è vero. E gran parte, la maggioranza – penso – dei musulmani non è favorevole, ma non osa criticare. Si dice spesso: la violenza non fa parte dell’islam e dunque questi musulmani violenti non sono autentici musulmani. Devo dire: purtroppo non è la realtà, perché nel Corano stesso abbiamo dei versetti che dicono: “Uccideteli ovunque li troverete, trattandosi degli infedeli”, cioè di chi non ha accettato di diventare musulmano. Quando i musulmani dicono e ripetono – e lo fanno sempre, ogni volta che c’è un attacco – “questo non c’entra con l’islam”, è un gioco di parole inaccettabile. Perché? Perché chi lo fa non lo fa in quanto individuo qualunque, ma lo fa in nome dell’islam.

Fondamentalisti lottano contro Occidente neo-pagano
D. – L’Occidente è un obiettivo del fondamentalismo islamico, ma c’è anche chi sostiene che sia più che altro un attacco alla civiltà: in particolare, con l’attentato a “Charlie Hebdo” abbiamo visto violata la libertà d’espressione o la libertà di stampa, di pensiero. Questo perché?

R. – Fino a uno/due secoli fa, l’Occidente era visto positivamente, perché portava la tecnologia, la modernità eccetera, ed era credente, considerato dai musulmani come cristiano. Oggigiorno, è ovvio che l’Occidente non si considera, anzi rifiuta di considerarsi cristiano – anche l’Unione Europea ha rifiutato di mettere nella sua premessa perfino che è di origine cristiana – e allora nei fatti, i musulmani – a ragione – dicono: l’Occidente è un neopaganesimo e non ha le regole del credente. E così hanno identificato sempre di più l’Occidente con il nemico: nemico di Dio, nemico della religione … E questo è molto diffuso tra i gruppi fondamentalisti. Dunque, la lotta contro l’Occidente è una lotta contro il nuovo paganesimo, mentre la maggioranza dei musulmani dice: “No, facciamo la distinzione. Certi aspetti della vita moderna, come l’uguaglianza tra uomo e donna, la distinzione tra la religione e la politica, sono cose buone. Invece, l’uso delle armi è una cosa moderna ma cattiva”. Ma i fondamentalisti mettono tutto in un sacco: Occidente = ex-cristiani = pagani = modernità, dunque la modernità è pagana, dobbiamo lottare contro i nemici di Dio.

Musulmani devono introdurre interpretazione Corano
D. – Come si vince il terrorismo? Quale può essere la soluzione?

R. – C’è un problema di educazione, di riflessione che manca, oggigiorno, nel mondo musulmano. Ci vuole, il dialogo! L’altro aspetto è di aiutare i musulmani a fare autocritica, a rivedere il loro modo di agire e di pensare. Infine, in fondo in fondo, si tratta di ripensare il testo del Corano. Il testo non si può toccare, come per la Bibbia. Ma l’interpretazione del testo è una necessità, cioè situare questo testo nel suo contesto storico.

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Terrorismo e web. Tra propaganda e libertà di espressione

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I drammatici fatti di Parigi, nonché l’avanzare negli ultimi mesi del sedicente Stato Islamico in Iraq e Siria,  riportano in primo piano il delicato rapporto tra internet e la diffusione del terrorismo internazionale. E’ attraverso il web infatti che spesso vengono reclutati giovani combattenti o che singole cellule jihadiste entrano in contatto tra di loro. Tuttavia la rete è anche importante strumento di contrasto del fenomeno. Lo conferma Giovanni Ziccardi, docente di Informatica Giuridica all’Università Statale di Milano al microfono di Paolo Ondarza

R. – Internet è sempre stato il più grande mezzo di diffusione della conoscenza e delle informazioni. Così come questo viene usato nel bene per veicolare, ad esempio per messaggi positivi, è naturale che venga usato largamente anche per diffondere messaggi negativi. Anche nell’ambito del terrorismo può essere utilizzato per fini positivi o negativi. Se da un lato internet è utilissimo, ad esempio, per combattere il terrorismo, per svolgere investigazioni, dall’altro sono tantissimi ormai, da più di dieci anni, i siti che cercano di fare propaganda, vera e propria attività di reclutamento, su soggetti che sono d’accordo con le cause che vengono portate avanti e con le considerazioni che vengono fatte. È uno strumento che ha due volti, uno positivo ed uno negativo un po’ come tutti gli aspetti della nostra società. Secondo me, il rischio più grande è di voler criminalizzare il mezzo pensando che sia strettamente connesso al problema.

D. - Su internet possono circolare le più svariate informazioni. Quali riflessioni possono essere fatte in merito al binomio internet – libertà d’espressione, quando a circolare sono incitamenti all’odio, reclutamento di terroristi tra i giovani …

R. - Secondo me, occorre fare una distinzione tra espressioni che rientrano nella libertà di manifestazione del pensiero, che possono essere sgradevoli, violente, di odio, ma gran parte degli ordinamenti comunque le tutelano perché rientrano nella libertà di espressione. La cosa cambia quando queste informazioni diventano illecite, cioè contrarie alla legge di determinati ordinamenti. Se oggi in Italia una persona su un forum, o su un sito organizza un attentato terroristico o recluta persone per organizzare un attentato, ovviamente dopo due ore viene individuato e arrestato perché è un reato.

D. - La propaganda jihadista non viene invece perseguita …

R. - Dipende da quale Stato proviene, da quali tipi di siti proviene, dalla normativa e dai rapporti internazionali tra Stati in riferimento alla normativa. Il diritto richiede che la singola frase posta su un forum  di discussione venga analizzata per vedere se ci sono determinati tipi di reati.

D. - A suo modo di vedere questo stato di cose lascia spazi aperti alla divulgazione e al prosperare del terrorismo on line?

R. – Non lascia spazi aperti al prosperare del terrorismo, lascia spazi aperti alla comunicazione anche correlata al terrorismo. Secondo me questo è un bene, nel senso che il terrorismo vive essenzialmente di chiusura delle informazioni. Più internet è libera, cioè più permette la diffusione delle conoscenze e delle varie opinioni, più può essere utile per combattere il terrorismo. Molto spesso si pensa che chiudere i siti sia benefico, in realtà l’apertura della diffusione delle informazioni è di solito il metodo migliore per combattere fenomeni come il terrorismo che vivono invece nella chiusura.

D. - Nel 2014 ci sono stati 1025 attacchi hacker a siti istituzionali. Lo rivela il Centro nazionale anticrimine informatico. Gli hacker, terroristi o meno, possono entrare in possesso di documenti riservati dei servizi segreti? Se sì, si profila un altro vulnus della rete ... 

R. - È un tasto delicatissimo, sono d’accordo. Il numero degli attacchi probabilmente sarà sempre in salita e ci sarà sempre maggiore difficoltà nel mantenere segrete le informazioni. In futuro questi sistemi saranno sempre più vulnerabili. Secondo me mantenere il segreto, soprattutto per quelle organizzazioni che si basano sul segreto, sarà sempre più complesso. Il problema è che da un lato le competenze degli esperti di informatica sono aumentate molto, e dall’altra non si può pretendere oggi di mantenere sicuri dei documenti riservati se in qualche modo sono su siti web o collegati in rete. Ma del resto nessuno oggi può rinunciare alla connessione.

D. - E nel piccolo è un discorso che riguarda la privacy di noi tutti …

R. – Esatto, si pensi anche a tutti i dati personali. Però è molto raro che una persona sia oggetto di un attacco a meno che non ci siano delle motivazioni, mentre un’infrastruttura dei servizi o istituzionale diventa un obiettivo più evidente.

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Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella Festa del Battesimo del Signore, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù viene battezzato da Giovanni nel Giordano. Uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo:

«Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti: 

Gli inizi del Vangelo non potrebbero essere più semplici e, allo stesso tempo, più straordinari di quanto raccontato da Marco: “Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni”! Quale grande mistero si cela dietro queste parole: il Verbo che non ha esitato ad entrare nel seno di una donna per essere rivestito di carne d’uomo, e nascere, Lui Dio, come vero uomo, ora non teme di immergersi nelle acque del Giordano, simbolo della morte, per distruggere la morte stessa e ridare all’uomo la sua dignità di figlio di Dio, compiendo così la missione che il Padre gli ha affidato. E quando queste acque si aprono per farlo emergere, sono i Cieli stessi ad aprirsi e si ode la voce del Padre che proclama: "Tu sei il Figlio mio, il diletto: in te ho posto il mio compiacimento". Il battesimo di Gesù nel Giordano – che annuncia il dono immenso del nostro battesimo –, riapre i cieli chiusi dal peccato e possiamo accedere al mistero di Dio: l’amore tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. Il battesimo ci costituisce famiglia di Dio, mediante il dono dello Spirito. È per questo che siamo stati creati ed è a questa relazione d’amore che l’uomo è chiamato. Oggi siamo invitati a contemplare questi cieli aperti per noi, a ricevere questo nuovo anno come un cammino verso di essi, ad accogliere ogni evento come una pietra miliare di questo cammino. Riscopriamo oggi la bellezza del dono battesimale che abbiamo ricevuto. E siamone grati a Dio ed alla Chiesa.

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Nella Chiesa e nel mondo



Arcivescovo Parigi: no a panico, odio e semplificazioni

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Lutto unisce i francesi
“La tristezza del lutto e la convinzione che abbiamo qualcosa da difendere insieme, unisce i francesi. Una caricatura, anche se di cattivo gusto, una critica, anche se gravemente ingiusta, non possono essere messe sullo stesso piano di un omicidio. La libertà di stampa è, a qualunque costo, il segno di una società matura”: lo scrive il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, in un messaggio ai cattolici parigini a proposito degli attentati di questi giorni. Il testo – riferisce l’agenzia Sir - sarà letto questa domenica nelle Messe di tutte le parrocchie di Parigi.

Gravi interrogativi
“In Francia, e anche oltre le nostre frontiere, siamo tutti sotto choc - scrive il card. Vingt-Trois -. La maggioranza dei nostri concittadini hanno vissuto questa situazione come un appello a riscoprire un certo numero di valori fondamentali della nostra Repubblica, come la libertà di religione o la libertà d’opinione. Le riunioni spontanee di questi ultimi giorni sono state contraddistinte da un grande raccoglimento, senza manifestazioni di odio né di violenza”. “Che uomini nati nel nostro Paese, nostri concittadini - prosegue più avanti - possano pensare che la sola risposta giusta ad uno sbeffeggiamento o ad un insulto sia la morte dei loro autori, pone la nostra società davanti a gravi interrogativi”.

Non identificare qualche fanatico con una religione
E “che gli ebrei francesi - continua il card. Vingt-Trois - paghino ancora una volta un tributo agli sconvolgimenti che agitano la nostra comunità nazionale, raddoppia ancora la loro gravità”. L’arcivescovo di Parigi rende omaggio “ai poliziotti morti esercitando fino il fondo il loro servizio” e invita tutti i cattolici di Parigi a pregare per le vittime del terrorismo, i loro familiari e figli. “Preghiamo anche per il nostro Paese - conclude -: affinché la moderazione, la temperanza e la padronanza di sé che abbiamo dimostrato finora siano confermate nelle settimane e nei mesi che verranno: che nessuno si lasci andare al panico o all’odio; che nessuno si lasci andare alla semplificazione di identificare qualche fanatico con una religione intera. E preghiamo anche per i terroristi, perché scoprano la verità del giudizio di Dio”.

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Bagnasco: terroristi perdenti, ma approfittano di vuoto cultura

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Terroristi sono perdenti
I terroristi “sono perdenti perché la storia non può essere fermata” e la loro “brutalità esibita” serve “per spaventare perché loro sono spaventati dalla storia”: lo ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, in merito ai recenti attentati terroristici in Francia e, più in generale, alla diffusione del terrorismo a livello internazionale.

Occidente sempre più vuoto di cultura
Nello stesso tempo – ha detto - “la cultura occidentale si sta svuotando sempre di più e laddove la cultura si svuota è l’anima di popoli che si svuota e, allora, ideologie turpi, fanatiche, fondamentaliste e brutali, che disprezzano la vita umana, possono presentarsi in modo suggestivo all’anima di persone vuote”. Tali ideologie possono “avere un fascino, anche se truce e turpe, ma qualche cosa” in esse, “in qualche modo, può apparire degno di essere addirittura meritevole della propria vita”. Si tratta, ha concluso, di “un dinamismo sui cui l’occidente deve riflettere” perché “dove c’è il vuoto, qualcosa arriva”. Per questo, “bisogna creare la pienezza di ideali, di valori veri”. Al contrario, “l’occidente si è sempre più appiattito verso il nulla e quando c’è il nulla, ideologie forti anche se turpi possono avere buon gioco”. 

Essere liberi nel rispetto
Quanto è accaduto, per il cardinale, “ci deve insegnare la vera convivenza e la vera libertà, una libertà densa di valori, non per se stessa, acritica”. Una libertà “non autoreferenziale all’individuo, quindi una vera libertà ed anche il rispetto per tutti”. Infatti, “l’occidente deve imparare molto meglio cosa vuol dire essere liberi nel rispetto”. 

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Lega musulmana europea: islam moderato ha paura

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“In questo momento noi musulmani ci sentiamo come gli ebrei. Abbiamo ormai paura; è una guerra”. Parole forti e accorate di Alfredo Maiolese, presidente della Lega musulmana europea, e inviato in Italia dal Ministero degli Affari islamici del Kuwait, che sostiene come il terrorismo stia danneggiando in maniera fortissima il mondo musulmano alla ricerca di unione con i cattolici. Lo fa da Genova, la città dove abita ma dov'è anche responsabile della folta comunità composta da ottomila persone, di cui mille italiani. In particolare si rammarica perché, dice, “in Italia siamo un milione e mezzo e ci sentiamo quasi sotto accusa, in maniera generalizzata da parte di chi non comprende come questi che uccidono, che sono terroristi, siano innanzitutto nostri nemici”.

Secondo Maiolese c'è una parte di laici che fa “marketing”, dice, sulla “nostra pelle, non considera che noi siamo moderati”. “Abbiamo due problemi”, ci ha detto: "questo dell'ingiusta immagine che viene fatta di noi e i terroristi che, giudicandoci moderati, ci considerano loro nemici, come il resto del mondo occidentale e quindi potenziali obiettivi”. Il presidente del musulmani europei esorta a non permettere che prenda il sopravvento questa situazione e lancia un appello ad essere uniti, cattolici e musulmani, contro il terrorismo e la superficialità che assimila il mondo islamico a questi che definisce “criminali ed assassini”. Se ciò non avverrà, per Maiolese, sarebbe pericoloso per tutti. E fa un parallelo: i terroristi sono per i musulmani come la mafia e le Brigate Rosse per l'Italia. Ricordando, con orgoglio, gli sforzi del mondo musulmano verso l'Europa, in particolare esalta i buoni rapporti che lui stesso, a nome di chi rappresenta, ha con il Vaticano. “Noi siamo con voi per la pace. Quello che è accaduto in Francia – conclude – è vile, codardo vigliacco. Chi ha agito è nemico dell'Islam, e vuole creare scontro di religioni”. (A cura di Dino Frambati)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 10

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.