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Sommario del 04/07/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: cristiani uniti nel sangue, non dividiamoci nella vita

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Un’invocazione per “l’unità di tutti i cristiani”. L’ha levata Papa Francesco in Piazza San Pietro, intervenendo all’iniziativa “Vie di unità e di pace – Voci in preghiera per i martiri di oggi e per un ecumenismo spirituale”, che ieri pomeriggio ha dato il via alla 38.ma convocazione di Rinnovamento nello Spirito. L’evento di preghiera, spiritualità ed evangelizzazione, alla presenza di rappresentanti delle comunità cristiane di tutto il mondo, prosegue allo Stadio Olimpico di Roma e sarà seguito, nel 2017, da un altro appuntamento in Piazza San Pietro “per festeggiare - ha annunciato il Papa - questa corrente di grazia”. Il servizio di Giada Aquilino

Signore, dacci l'unità di tutti i cristiani
Una preghiera ecumenica che è sgorgata dal cuore, non letta né recitata. In un pomeriggio prima caldo e assolato, poi bagnato dalla pioggia, davanti a vescovi, pastori, testimoni e gente comune provenienti da Oriente e Occidente, tutti uniti per mano, Papa Francesco ha chiesto al Signore di inviarci lo Spirito Santo, affinché “ci insegni tutto quello che Gesù ci ha insegnato” e ci dia memoria “di quello che Gesù ha detto”, perché “è quello che dà i carismi, che fa le differenze nella Chiesa” e che “fa l’unità”:

“Gesù, Signore, tu hai chiesto per tutti noi la grazia dell’unità in questa Chiesa che è Tua, non è nostra. La storia ci ha divisi. Gesù, aiutaci ad andare sulla strada dell’unità o di questa diversità riconciliata. Signore, Tu sempre fai quello che hai promesso, dacci l’unità di tutti i cristiani”.

Divisioni sono contro-testimonianza
“L'unico insostituibile nella Chiesa – ha spiegato – è lo Spirito Santo e l'unico Signore è Gesù”. Le divisioni tra i cristiani, quindi, sono “una contro-testimonianza”:

“L’unità dei cristiani è opera dello Spirito Santo e dobbiamo pregare insieme. L’ecumenismo spirituale, l’ecumenismo della preghiera. ‘Padre, io posso pregare con un evangelico, con un ortodosso, con un luterano?’ Devi, devi: avete ricevuto lo stesso Battesimo”.

Ecumenismo del sangue
D’altra parte - ha proseguito - la realtà di oggi e i nostri martiri ci uniscono in un “ecumenismo del sangue”, ricordando che pochi mesi fa, 23 egiziani copti sono stati sgozzati su una spiaggia  della Libia:

“Se il nemico ci unisce nella morte, ma chi siamo noi per dividerci nella vita? Lasciamo entrare lo Spirito, preghiamo per andare avanti tutti insieme”.

Agire e "perdersi nell'oceano"
Al Rinnovamento ha chiesto di proseguire l’impegno per i poveri ed i bisognosi, nell’unità e nella diversità, secondo “il modello del poliedro che riflette la convergenza di tutte le parti”. Rifacendosi alle parole del cardinale Leon-Joseph Suenens, tra i primi promotori del movimento che fu per questo ringraziato anche da Paolo VI nel 1975, l’invito del Pontefice è stato ad agire: “il fiume - ha detto - deve perdersi nell'oceano, se diventa fermo si corrompe”. Per questo, ha proseguito, se “questa corrente di grazia non finisce nell'oceano di Dio, lavora per sé stessa” e ciò è opera del maligno, “del padre della menzogna”. Come pure la vanità che tenta chi ha il potere:

“Quanti leader diventano pavoni? Il potere ti porta alla vanità! E anche ti senti capace di fare qualsiasi cosa, puoi scivolare negli affari, perché il diavolo sempre entra per i portafogli! Questa è  la porta d’entrata”.

Relazioni artigianali anche nei movimenti
Anche nella Chiesa, ha sottolineato Francesco, è conveniente che tutti i servizi “abbiano una scadenza” nel tempo. Leader “a vita” ci sono solo “in alcuni Paesi dove esiste la dittatura”. Francesco ha quindi esortato i presenti in Piazza ad investire nelle “relazioni artigianali”, di tutti i giorni, invece che in quei “grandi raduni che spesso finiscono lì”. Alla fine dell'udienza ha benedetto le Bibbie dei fedeli, esortando ad avere sempre in tasca il Vangelo.

Preghiere e canti
I canti affidati alle voci di Andrea Bocelli, Noa, Don Moen e altri artisti internazionali si sono intrecciati alle testimonianze da tutto il mondo, per un ‘concerto in preghiera’ – come l’hanno definito gli organizzatori – centrato sul dramma delle persecuzioni religiose in Medio Oriente, in Asia e in altre parti del mondo. Salvatore Martinez, presidente nazionale di Rinnovamento nello Spirito, ha sottolineato come Piazza San Pietro sia “una delle poche piazze al mondo in cui sia ancora possibile confessare pubblicamente la propria fede senza essere fermati o anche essere oggetto di sanzioni o di violenze”.

Le testimonianze
Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha ribadito come si creda davvero “alla necessità e alla bellezza della fraternità tra i cristiani”. Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e il vescovo siro ortodosso Policarpo Eugenio Aydin hanno pregato assieme per la pace, ricordando che “ogni elemento di divisione può essere vinto e superato”. A loro si sono uniti il pastore pentecostale Giovanni Traettino, presidente della Chiesa evangelica della riconciliazione in Italia e amico di Papa Francesco, e i rappresentanti copto ortodosso, anglicano, evangelico, siro-cattolico. Quindi il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha esortato all’unità e a scambiarsi un segno di pace, perché se è vero che “l’uomo può trasformare il mondo in un giardino di pace” è anche vero che quello stesso uomo è capace di trasformarlo in “un cumulo di macerie”.

Vittorio Aliquò, palermitano, magistrato, già membro del ‘pool antimafia’: fu lui a dirigere l’arresto del boss Totò Riina. Si è definito “un sopravvissuto”, per essere venuto a contatto con “ogni tipo di criminalità”. Ha ricordato commosso i colleghi magistrati, gli uomini delle scorte e delle forze dell’ordine, i giornalisti, gli imprenditori uccisi, come il beato don Pino Puglisi:

“Ho visto tanto, tanto sangue innocente scorrere sotto i miei occhi. Guardando ai martiri di oggi e di ieri, e pensando alle nuove generazioni, vorrei dire che la memoria di questo sangue versato nelle strade delle nostre città non deve essere cancellata”.

Il diciassettenne marchigiano Ugo Esposto, dopo un’infanzia travagliata in famiglia che gli ha portato sfiducia e solitudine, ha conosciuto la “grande famiglia” del Rinnovamento nello Spirito:

“Con la preghiera per una nuova effusione dello Spirito la mia esistenza si è completamente trasformata! Ora ho qualcosa anche io da dire e da dare al mondo. La Parola ha acceso un fuoco che non posso più trattenere. La Parola di Dio mi ha rivelato che sono amato e non abbandonato, che sono prezioso, che la mia esistenza ha un senso e un fine. Se Gesù ha ridato speranza alla mia vita, allora può donarla a tutti i ragazzi come me”.

Decine di migliaia, dunque, i fedeli accorsi all’incontro promosso dal Rinnovamento nello Spirito per ascoltare le parole di Papa Francesco e per pregare insieme per i martiri della fede, di ieri e di oggi. Ascoltiamo alcuni commenti raccolti da Marina Tomarro: 

R. – E’ importante essere qui per pregare per la fede: oggi siamo coinvolti, perché il mondo sta vivendo una situazione un po’ drammatica e ha bisogno della preghiera e soprattutto dell’intervento dello Spirito Santo, affinché ci dia la forza per andare avanti.

R. – Oggi siamo qui proprio per unire in un’unica preghiera i fratelli cristiani, ma lungo i secoli separati. Confidando che una preghiera forte possa avvicinarci sempre di più in Gesù fino a raggiungere l’unità piena per cui Lui stesso ha pregato.

R. – I martiri della fede ci fanno sentire veramente una comunione ecclesiale di tutte le confessioni cristiane. Noi, in comunione con loro, con tutti i Santi, preghiamo affinché riceviamo questa forza. Preghiamo anche e soprattutto per coloro che sono in questa vita di difficoltà e di problemi.

D. – E questo silenzio, su questi martiri, come si vince?

R. – Vivendo noi stessi la testimonianza di ogni giorno.

R. – Dobbiamo reagire di fronte a questo silenzio: il male avanza, ma noi come cristiani non possiamo essere indifferenti. Dobbiamo essere uniti nella fede e lottare!

D. – Il Papa vi ha anche invitato ad un lavoro comune. In che modo si potrà fare una cosa del genere, secondo lei?

R. – La risposta la dà lo Spirito Santo, perché quando ci sono incontri carismatici ecumenici non c’è nessuna divisione, siamo tutti uniti nella gioia, nella pace e nell’invocazione allo Spirito.

D. – E a lei cosa ha colpito di questo incontro?

R. – Mi ha colpito la grande comunione, anche con le altre Chiese.

R. – Secondo me, trovando dei momenti di preghiera insieme. Quella penso sia la base di partenza. L’essere – diciamo – movimento nel quale si prega lo Spirito Santo sicuramente può aiutarci.

R. – Il Papa ci ha anche indicato che tutti abbiamo ricevuto lo stesso Spirito, ed è lo Spirito che ci rende figli di Dio e fratelli tra di noi. Lo Spirito ci fa camminare verso la verità e l’unità.

D. – In che modo si porta il messaggio del Rinnovamento anche al di fuori?

R. – La semplicità, quella che ci insegna ancora oggi Papa Francesco; la concordia; il saperci abbracciare, senza guardare ciò che ci divide, ma ciò che ci unisce, e così la pace scenderà nei nostri cuori.

R. – Noi portiamo la Parola attraverso l’esempio, con le opere concrete. Il Papa a noi chiede di dare testimonianza con il sorriso alla gente che incontriamo per strada.

R. – Prima di tutto, noi come Rinnovamento abbiamo questo desiderio di andare fuori e di chiamare le altre persone per conoscere Gesù e non per forza per entrare all’interno del Rinnovamento. Noi lo vogliamo testimoniare così. Per esempio, l’anno scorso abbiamo vissuto l’esperienza “E-state evangelizzando”, a Policoro, in cui abbiamo fatto proprio l’evangelizzazione per la strada, per far capire che il messaggio di Gesù è attuale; è un messaggio vivo anche nella nostra vita quotidiana.   

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L'attesa del Papa in Ecuador. Quito pronta ad abbracciare Francesco

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Inizia questa domenica il viaggio di Papa Francesco in America Latina. Alle 9.00 di mattina la partenza dall’aeroporto di Fiumicino. Alle 22 ora italiana, l’arrivo a Quito, capitale dell’Ecuador, prima tappa della nuova missione papale che si concluderà il 13 luglio. Un viaggio impegnativo che vedrà il Papa visitare in successione anche Bolivia ed Ecuador. Tre Paesi  che alcuni osservatori hanno definito “periferia della periferia” , in linea con la logica pastorale cara al Pontefice. Sull’attesa in Ecuador, ascoltiamo il nostro inviato a Quito, Mario Galgano: 

Il primo dei tre Paesi  visitati dal Papa è l’Ecuador, tra i più poveri del continente latinoamericano. La sua storia, fatta anche di conflitti e dittature, farà da sfondo importante. L´Ecuador cerca di riscattarsi anche attraverso la visita del Santo Padre, come hanno sottolineato gli organizzatori ecuadoregni del viaggio. La capitale Quito è pronta ad accogliere a braccia aperte il primo Papa sulla soglia di Pietro proveniente dall'America Latina. Strade pulite, forze dell'ordine al lavoro per la sicurezza e i luoghi degli incontri preparati ad accogliere il Santo Padre. Le aspettative sono tante, ma prevale soprattutto la voglia di abbracciare Papa Francesco. Unica incertezza: in alcune zone della capitale ci sono manifestazioni con migliaia di persone che protestano contro il governo, ma non sembrano intenzionati a “rovinare la festa di benvenuto”, come ha precisato un dimostrante ad una tv dell'opposizione. Dal canto loro, gli organizzatori cercano di non dare spazio ai politici per fare propaganda, ma di dare la possibilità alla gente di salutare “il loro” Papa Francesco.

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America Latina. L'incontro del Papa con le etnie: la Chiesa unisce

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Particolare rilievo sarà dato durante il viaggio del Papa in America Latina alla presenza nei Paesi visitati di varie etnie. Le preghiere della Messa del 9 luglio a Santa Cruz de La Sierra, in Bolivia, che aprirà il Congresso Eucaristico Nazionale, saranno ad esempio in lingua spagnola, guaranì, quechua e aymara. E’ in questa stessa ottica che Francesco parteciperà sempre in Bolivia al secondo incontro dei movimenti popolari. A sottolinearlo è padre Alejandro Manenti, economo dell’arcidiocesi di Santa Cruz de La Sierra che, al microfono di Paolo Ondarza, sottolinea la continuità con la visita in Bolivia di San Giovanni Paolo II nel 1988: 

R. – La Bolivia usciva da un periodo dittatoriale e allora le aspettative erano chiaramente diverse. Di certo, un cammino è stato compiuto - dal 1988 al 2015 - e penso che l’annuncio di Papa Francesco ci aiuti a continuare l’opera di Gesù Cristo, che è iniziata più di 2000 anni fa e che continua oggi. E credo che la Chiesa in Bolivia avrà uno slancio diverso, anche davanti alle sette: in America Latina abbiamo moltissime sette che si scontrano con la Chiesa. Quindi penso che la sua presenza possa anche in questo senso portare un rinnovamento.

D. – Tra l’altro il Papa inaugurerà il V Congresso Eucaristico Nazionale in Bolivia, che proseguirà poi a Tarija…

R. – Sì, la sua presenza sarà proprio un momento per inaugurare il Congresso e anche per compiere questo cammino – l’Eucarestia è il centro della nostra fede – e come tale dobbiamo celebrarlo. Sarà l’unica Messa che Papa Francesco celebrerà in Bolivia: la mattina di giovedì 9 luglio.

D. – Significativo che le preghiere durante questa celebrazione vengano pronunciate nelle varie lingue…

R. – Sì, in quechua, aymara e guaranì, che sono le tre lingue più diffuse in Bolivia. Lo scopo è proprio quello di dare una dimensione diversa: nel senso che in Bolivia non c’è solo la lingua spagnola ma, a livello culturale, ci sono altri tre idiomi, che sono anche proprio le lingue originarie di questa terra…

D. – Che poi è la ricchezza di questa terra: tanta multiformità…

R. – Sì, la ricchezza culturale ha un significato anche molto importante; sono lingue storiche: i gesuiti, quando arrivarono nel 1500, si imbatterono in queste lingue originarie. Quindi penso che sia importante non dimenticare la nostra ricchezza culturale.

D. – E oggi la Chiesa riesce a far convivere al suo interno queste realtà così diverse?

R. – Sì, senza nessun problema. Io stesso sono andato a Cochabamba e ho imparato il quechua. Quindi si può imparare, ed è anche una cosa importante da fare: dobbiamo anche essere in grado di parlare nel loro linguaggio.

D. – In questo solco si inserisce la partecipazione del Papa al secondo Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari a Santa Cruz de la Sierra…

R. – Sì, in quest’occasione saranno rappresentati anche tutti gli indigeni, originari dei luoghi. Quest’incontro serve per dare uno slancio, e per mostrare che l’annuncio del Vangelo arriva a tutti, non solo alle città, ma anche alle persone più distanti dalle città, anche a quelle che parlano una lingua diversa. L’annuncio di Cristo deve arrivare a tutti.

D. – Un’attenzione pastorale alle differenze, che non le appiattisce, non le schiaccia, ma le valorizza in un’ottica di unità…

R. – Esatto, deve essere così, non si possono fare differenze ma solo promuovere l’unità: la Chiesa unisce, non divide.

D. – Questo può essere forse anche l’auspicio per la Bolivia, una volta che Papa Francesco avrà lasciato la vostra terra…

R. – Certo, perché adesso siamo tutti indaffarati per la visita, però chiaramente bisognerà poi pensare al dopo. Pensare al dopo significa riflettere su ciò che Papa Francesco ci avrà lasciato nei suoi interventi e questo servirà anche a dare delle linee chiare alla Chiesa boliviana. 

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Papa, tweet: ci dà libertà e felicità l’amore compassionevole di Cristo

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Ciò che ci dà la vera libertà e la vera felicità è l’amore compassionevole di Cristo”.

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Papa nomina mons. Jean Laffitte prelato dell'Ordine di Malta

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Papa Francesco ha nominato prelato del Sovrano Militare Ordine di Malta il vescovo Jean Laffitte, segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

In Paraguay, il Papa ha nominato mons. Joaquín Hermes Robledo Romero vescovo della diocesi di San Lorenzo, trasferendolo dalla Sede di Carapeguá. Il presule è nato ad Asunción il 26 settembre 1950. È stato ordinato sacerdote il 25 dicembre 1975 ed incardinato nell’arcidiocesi di Asunción. Ha conseguito la Licenza in Filosofia presso l’Università Cattolica di Asunción ed una Licenza in Science Religiose presso l’Istituto Superiore di Teologia della medesima Università. Nell’anno 2000, con la creazione della diocesi di San Lorenzo è diventato Vicario Generale, ufficio che ha svolto fino alla sua nomina come Vescovo Coadiutore di Carapeguá il 1° luglio 2009. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 30 agosto successivo. Il 10 luglio 2010 è diventato Vescovo di Carapeguá.

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Benedetto XVI: la musica sacra porta alla verità di Dio

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La grande musica sacra “non può scomparire dalla liturgia”, come auspicato dal Vaticano II, e la sua presenza “può essere un modo del tutto speciale di partecipazione alla celebrazione sacra”. È l’auspicio espresso dal Papa emerito, Benedetto XVI, che a Castel Gandolfo è stato insignito del Dottorato honoris causa dalla Pontificia Università “Giovanni Paolo II” e dall’Accademia Musicale di Cracovia, conferitogli dal cardinale arcivescovo della città polacca, Stanislaw Dziwisz. Il servizio di Alessandro De Carolis

Amore e morte e Dio. È dall’incontro delle massime esperienze umane col divino che scaturisce la musica più alta. Alta come la grande musica sacra occidentale – quella di Mozart, di Bach e di altri sommi maestri – che possiede una unicità di ispirazione e arte tali da condurre a cogliere la “verità” di Dio stesso.

I tre “luoghi” della musica
Le convinzioni del magistero di Benedetto XVI, già passato alla storia per il suo indiscutibile spessore teologico, risuonano nette come sempre ma con un’eco se possibile ingigantita dal silenzio degli ultimi due anni, rotto di tanto in tanto da fugaci immagini pubbliche del Papa emerito, prive però del contorno delle parole. Questa volta le parole di Papa Benedetto rubano la scena per cantare, è il caso di dirlo, la bellezza della musica e i “tre luoghi” da cui essa, sostiene, ha origine. Il primo, afferma, è “l’esperienza dell’amore” che schiude all’essere umano “una nuova grandezza e ampiezza della realtà”. Il secondo luogo della musica, all’opposto, è “l’esperienza della tristezza”, l’essere toccati dalla morte, dal dolore”. Il terzo luogo “è l’incontro con il divino”:

“Forse è possibile affermare che in realtà anche negli altri due ambiti – l’amore e la morte – il mistero divino ci tocca e, in questo senso, è l’essere toccati da Dio che complessivamente costituisce l’origine della musica (...) Si può dire che la qualità della musica dipende dalla purezza e dalla grandezza dell’incontro con il divino, con l’esperienza dell’amore e del dolore. Quanto più pura e vera è quell’esperienza, tanto più pura e grande sarà anche la musica che da essa nasce e si sviluppa”.

Un rapporto contrastato
Alle delegazioni della Pontificia Università “Giovanni Paolo II” e dell’Accademia Musicale di Cracovia – giunti a Castel Gandolfo per insignirlo del Dottorato honoris causa – Benedetto XVI ricorda come con la riforma conciliare si fosse rinnovato l’“antichissimo contrasto” tra i sostenitori della musica sacra nella liturgia e i fautori della partecipazione attiva dei fedeli nelle celebrazione della fede con la loro maggiore semplicità, anche musicale. Per Benedetto XVI proprio la liturgia celebrata da San Giovanni Paolo II in ogni continente, ha mostrato “tutta l’ampiezza delle possibilità espressive della fede nell’evento liturgico” e, insieme, che la “grande musica della tradizione occidentale non sia estranea alla liturgia, ma sia nata e cresciuta da essa”. E con un valore, soggiunge, senza paragoni:

“Nell’ambito delle più diverse culture e religioni è presente una grande letteratura, una grande architettura, una grande pittura e grandi sculture. E ovunque c’è anche la musica. E tuttavia in nessun altro ambito culturale c’è una musica di grandezza pari a quella nata nell’ambito della fede cristiana: da Palestrina a Bach, a Händel, sino a Mozart, Beethoven e Bruckner. La musica occidentale è qualcosa di unico, che non ha eguali nelle altre culture. Questo ci deve far pensare”.

Musica di rango teologico
“Non conosciamo il futuro della nostra cultura e della musica sacra. Ma una cosa è chiara – asserisce Benedetto XVI –: dove realmente avviene l’incontro con il Dio vivente che in Cristo viene verso di noi, lì nasce e cresce nuovamente anche la risposta, la cui bellezza proviene dalla verità stessa”:

“Quella musica, per me, è una dimostrazione della verità del cristianesimo. Laddove si sviluppa una risposta così, è avvenuto l’incontro con la verità, con il vero creatore del mondo. Per questo la grande musica sacra è una realtà di rango teologico e di significato permanente per la fede dell’intera cristianità, anche se non è affatto necessario che essa venga eseguita sempre e ovunque. D’altro canto è però anche chiaro che essa non può scomparire dalla liturgia e che la sua presenza può essere un modo del tutto speciale di partecipazione alla celebrazione sacra, al mistero della fede”.

Ascoltiamo il cardinale arcivescovo di Cracovia, Stanislaw Dziwisz, al microfono di Stefan von Kempis

R. - Sono venuto qui dopo 10 anni. E’ la prima volta dopo la morte di Giovanni Paolo II: non ero mai più venuti a Castel Gandolfo. C’è grande emozione naturalmente... Oggi è una occasione molto, molto speciale per Benedetto XVI, perché lui certamente era molto unito a Giovanni Paolo II e anche unito alla storia di Cracovia, che visitava anche quando era a Monaco, in Germania. E’ venuto anche nella sua prima visita papale, che ha fatto proprio a Cracovia. Perciò c’è questa continuità di contatti, di simpatia e anche di amicizia. Il cardinale Ratzinger è stato uno dei più stretti collaboratori di Giovanni Paolo II, ma erano uniti anche da amicizia, come professori, dalla stessa cultura e dall’amore per il Signore.

D. – Il Papa emerito fa praticamente la sua prima uscita pubblica con un discorso…

R. – Sì, secondo me questo discorso, che non è lungo, è importante per questo suo pensiero sulla musica: musica non solamente liturgica, ma come espressione dell’anima dell’uomo. E’ stato veramente un importante discorso per lo sviluppo della dottrina sulla musica.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Gli arcivescovi di Quito, di Asuncion e di Santa Cruz de la Sierra sul viaggio del Papa (dal 5 al 12 luglio) in Ecuador, Bolivia e Paraguay, e un articolo di Silvina Pérez sulle parole del viaggio papale. 

Chi siamo noi per dividerci? Al Rinnovamento nello Spirito il Papa raccomanda l'impegno per l'unità dei cristiani. 

Musica e verità: il ringraziamento di Benedetto XVI per il dottorato honoris causa conferitogli dalla Pontificia università Giovanni Paolo II e dall'Accademia di Musica di Cracovia. 

La teologia del popolo: la prefazione di Bernadette Sauvaget al libro di Juan Carlos Scannone sull'amico Bergoglio. 

Luca M. Possati sulla lezione greca: il progetto dell'Unione e la sfida di Tsipras.

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Oggi in Primo Piano



Grecia: crisi di liquidità agita la vigilia del referendum

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Occhi di tutta Europa puntati sulla Grecia dove, domani mattina, apriranno le urne per il referendum sul piano proposto dai creditori internazionali. I sondaggi mostrano un Paese spaccato a metà, con un testa a testa tra i "sì" e i "no". E in questo sabato pre-elettorale dominano gli spettri della mancanza di liquidità, come confermato dalle banche elleniche, e del prelievo forzoso sui conti correnti, ipotesi però smentita dal ministro delle finanze, Varoufakis. Il servizio di Marco Guerra: 

A poche ore dalla apertura dei seggi, i greci fanno i conti con ulteriori due preoccupazioni che possono influire sul voto: l’allarme sulla mancanza di liquidità lanciato dalla banche elleniche e le indiscrezioni rilanciate dal Financial Time riguardo a un possibile prelievo forzoso per i depositi sopra gli ottomila euro. Sul primo punto è intervenuta anche Louka Katseli, presidente dell'Unione delle Banche greche, che ha ammesso che dopo lunedì “ci sarà un problema serio di finanziamento" per gli istituiti di credito se non verrà attivato l'Emergency Liquidity Assistance della Banca centrale europea (Bce). Per quanto riguarda il prelievo sui conti correnti si registra, invece, la secca smentita del ministro delle finanze, Varoufakis, che ha definito i creditori terroristi. “Oggi quello che vogliono Bruxelles e la troika - ha detto il membro del governo ellenico - è che il 'sì' vinca per poter così umiliare i greci”. Intanto, secondo i sondaggi il Paese resta diviso a metà, ieri le piazze a sostegno del "sì" e del "no" erano entrambe gremite. Il premier Tsipras chiede di bocciare il piano dei creditori per ottenere taglio del 30% debito e un periodo di moratoria per il pagamento degli interessi. Dall’Europa, però, arrivano risposte di segno opposto. Il presidente della Commissione Ue, Juncker, ha detto che “anche nel caso” in cui il risultato del referendum greco “sarà sì, il negoziato sarà difficile”. Domani, le urne saranno aperte dalle 7 alle 19 ora locale. I primi "exit poll" sono attesi alla chiusura dei seggi.

Per comprendere con quale spirito La Grecia vive questa sentiamo l’inviato del Corriere della Sera, Antonio Ferrari

R. – E’ tutto estremamente confuso. C’è chi dice che sia un "derby" tra l’euro e la dracma. Secondo me, è improprio questo, perché i greci non vogliono uscire dall’euro. Il problema è che se non accettano le condizioni e non trattano su queste condizioni, rischiano di non ricevere più quel sollievo economico che servirebbe anche a mettere le basi per ristrutturare il debito. Io dico, può darsi che sia un derby, come dice qualcuno, tra la rabbia e la disperazione di una parte – quelli che votano "no" e quindi che sostengono il governo di Syriza – e quelli che hanno paura – e sarebbero quelli dei "sì", cioè dei "sì" agli accordi che stavano per essere firmati. Non c’è stato tempo per ragionare. I greci non hanno potuto ragionare. Questo referendum è arrivato come un fulmine a ciel sereno. E quelli che vanno a fare gli scrutatori nei seggi per il "no", sono gente di Syriza, di Alba Dorata e dell’altro partito di estrema destra, Greci Indipendenti di Kammenos. Ma come si può tenere assieme tutto questo?

D. – Campagna elettorale molto breve, come ha detto lei, non c’è stato il tempo di ragionare. Quindi, sarà un voto di "pancia" e di cuore?

R. – Sarà un voto di pancia, di cuore, di confusione voluta nella testa della gente. Come si fa oggi a spiegare alla gente, ai greci: “Sai, abbiamo assunto 250 nuove persone nei metro e in più abbiamo assunto più di 2.300 bidelli, alla vigilia di questo voto”, questo per cercare di guadagnare consensi. E’ vero che dall’altra parte c’è qualche imprenditore che ha detto chiaramente che l’azienda resterà e andrà avanti soltanto se vincerà il "sì", e questo è un motivo di ricatto anche nei confronti dei suoi dipendenti, ma tutto questo rivela una approssimazione che un tema del genere non doveva meritare. Quindi, tutto quello che sta accadendo dà un po’ l’idea di un grande pasticcio. Speriamo che il grande pasticcio non preluda a scontri e a violenze.

D. – Ci sono anche minacce incrociate, ci sono dei moniti e delle ombre che pesano su questo voto, fra le quali la mancanza di liquidità nelle banche dal prossimo lunedì e un prelievo forzoso che, comunque, è stato smentito…

R. – E’ stata fatta una politica folle negli ultimi cinque mesi. Dal voto di gennaio a oggi, non si è impedito o, comunque, non si è limitata la fuga dei capitali. I grandi ricchi avevano magari esportato i loro capitali all’estero. La gente, però, sistematicamente, è andata a ritirare mille euro per volta dai propri conti, nascondendoli o nelle cassette di sicurezza delle banche oppure sotto il materasso di casa, senza alcun limite. Questo ha portato alla situazione di oggi. E’ chiaro, però, che se adesso si dice che da lunedì non ci sarà più liquidità, anche questa è una forte pressione. Tutti hanno fatto forte pressione, a cominciare da Junker, che l’altro giorno ha detto una cosa che non doveva dire, e cioè “votate sì’”. Questo è un intervento a gamba tesa sulla decisione sovrana di un popolo ed è profondamente sbagliato. Ecco perché il greco oggi è schizofrenico e confuso. Lo spirito è di un Paese schizofrenico. E quando sei schizofrenico, stressato, non stai benissimo e hai questa rabbia che monta da una parte e dall’altra, hai rabbia con l’altro che non ha capito, si crea una miscela esplosiva a livello sociale.

D. – In caso di vittoria dei "sì", però, Tsipras sarebbe fortemente indebolito e invece in caso di vittoria dei "no" andrebbe a trattare con le spalle coperte dal popolo greco…

R. – Ci sono già uomini della sua maggioranza che potrebbero cominciare a dire che non sono d’accordo con questa situazione. Pensiamo alle banche senza liquidità, pensiamo ai pensionati che hanno preso 120 euro alla settimana e che magari adesso si troveranno a non poterne prendere più di 60, prendiamo il cittadino che poteva prendere 60 euro al massimo e adesso potrebbe prenderne soltanto 20... Sono queste cose che avranno un peso e una ricaduta di tensione sociale enorme. Se la battaglia di Tsipras fosse quella di cercare di rendere l’Europa più solidale, la battaglia sarebbe largamente condivisibile. Il problema è che dopo aver detto anche troppe bugie – non solo da parte dell’Europa, ma anche della Grecia – non so cosa potrà succedere se vince il "no". Certo, se vince il "sì" le autorità europee avranno maggior gioco per poter compiere quel passo, magari sapendo che a trattare con loro non andranno più Tsipras e Varoufakis, ma andrà magari il capo di un governo tecnico.

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Giornata Coop: al centro l'uomo, togliere potere a finanza

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Si celebra a livello internazionale la Giornata delle cooperative. Il tema di questa edizione è: "Scegli cooperativo, scegli l'ugualianza". L'intento è quello di sottolineare il contributo delle coop per risolvere i problemi globali, primo tra tutti quello dell'iniqua distribuzione della ricchezza. Eugenio Murrali ha intervistato Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative: 

R. – Nel mondo vediamo una grande disuguaglianza: la metà più povera della popolazione mondiale possiede meno dell’1% della ricchezza, mentre solamente l'1% possiede la metà della ricchezza. È un dato di grandissima disuguaglianza, che produce delle conseguenze economiche e sociali spesso sottovalutate. Noi vogliamo, attraverso più cooperazione nel mondo, ridurre la disuguaglianza e offrire a tutti i cittadini del pianeta le medesime opportunità: un reddito, un lavoro, una dignità.

D. – Che senso ha essere ancora cooperatori in un momento in cui prevale l’economia di finanza?

R. – In un momento come questo occorre uno scatto d’orgoglio della cooperazione: riaffermare – così come il Papa ha fatto anche nell’ultima Enciclica – il bisogno di rimettere al centro l’uomo togliendo il potere alla finanza, soprattutto quella speculativa che ha prodotto la crisi. Rimettere al centro l’uomo con la sua dignità e il suo sviluppo. Una visione antropocentrica dell’economia che ci consentirà di fare un salto di qualità e di progettare anche un futuro più stabile per tutto il mondo.

D. – Durante la crisi, le cooperative sono state un presidio contro la disoccupazione…

R. – Sì, durante la crisi le cooperative sono cresciute dell’8% per l’occupazione. Hanno fatto un grande sacrificio, però hanno soprattutto cercato di coniugare un loro dovere: fare meno utili, ma al tempo stesso salvaguardare l’occupazione.

D. – Il cooperativismo ha anche molti nemici: il ritardo della pubblica amministrazione nei pagamenti, le false cooperative, ma soprattutto le mele marce che danneggiano l’immagine generale…

R. – Questo è il pericolo numero uno, perché quando gli attacchi vengono dall’esterno sappiamo che hanno necessità di risposte di un certo tipo. Quando invece vengono dall’interno, a causa di cattivi cooperatori – cellule tumorali che si inseriscono all’interno di un corpo sano, rischiando di farlo morire – bisogna che scatti il meccanismo di autodifesa, di espulsione delle cellule cancerogene, per dare alle cellule sane la possibilità di far vivere il corpo. Noi stiamo facendo questo: un processo drastico di pulizia, che riaffermi la centralità delle classi cooperative, la centralità della partecipazione dei soci, che devono essere i primi garanti e i primi controllori delle loro cooperative. Si diceva nell’assemblea dell’Alleanza delle cooperative: “Scegliete gli amministratori migliori e controllateli come se fossero i peggiori”, che non è un’azione di controllo, è un’azione di partecipazione e di responsabilità dei soci nella vita della cooperativa.

D. – Che futuro aspetta il mondo delle cooperative, che processi di innovazione prevedete?

R. – Noi dobbiamo innovare la visione del welfare che oggi abbiamo: ci siamo ritrovati ad Assisi a trent’anni dalla prima conferenza, avvenuta quando ancora non c’era la legge quadro. Dobbiamo fare innovazione del credito: non basta più essere piccole banche di credito cooperativo – piccole o medio-grandi – bisogna essere coerentemente inseriti in un contesto complessivo di gruppo cooperativo, che sappia avere le opportunità e le difese per reggere sul mercato più ampio. Le cooperative agricole devono capire che l’orizzonte è il mondo, devono innovarsi nei processi produttivi, facendosi carico, come già stanno facendo, della necessità di produrre con una sostenibilità complessiva ambientale ed economica. C’è molto da fare, ma le cooperative sono pronte alla sfida. 

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Taizé: Settimana di riflessione sulla vita religiosa

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“La vita religiosa come luogo di fraternità fra tutti i cristiani”. Questo uno dei temi al centro della Settimana di riflessione sull’attualità della vita religiosa, che si apre questa domenica nella Comunità di Taizé, in Francia, e in programma fino al 12 luglio. Oltre 350 i partecipanti tra responsabili di Congregazioni, comunità e monasteri, giovani religiosi cattolici, ortodossi e protestanti per riflettere sulla vocazione religiosa. Grazia Serra ha intervistato frère Richard, della Comunità di Taizé: 

R. – In quest’anno del Giubileo, a cento dalla nascita di frère Roger e nei 75 anni della fondazione della Comunità, abbiamo invitato giovani religiosi fino a 40 anni per condividere con noi questa settimana di riflessione. Partecipano 350 religiosi, un po’ più di 20 responsabili di comunità, di monasteri, che condivideranno la loro esperienza con noi facendo anche riferimento a intuizioni di frère Roger, che possono forse rinnovare qualcosa della vocazione monastica e religiosa.

D. – Come aiutare i giovani a scoprire la loro vocazione religiosa?

R. – Sono giovani già impegnati nelle comunità religiose o nei monasteri. Dunque, allo stesso tempo, a Taizé continuano gli incontri di giovani come ogni settimana, ma in parallelo abbiamo invitato persone impegnate con i voti e in formazione ma che appartengono a comunità religiose.

D. – Che cosa spinge tanti giovani a raggiungere la Comunità di Taizé?

R. – E’ difficile dirlo. Noi siamo sempre un po’ meravigliati che i giovani vengano a condividere la preghiera e forse – è questo al primo posto – sono accolti asnsieme a noi nella preghiera comune. Tre volte al giorno ci troviamo nella chiesa della Riconciliazione e noi tutti ci lasciamo accogliere da Dio assieme ai giovani. Poi, c’è questa grande diversità: ci sono giovani cattolici, ortodossi, protestanti... Anche nella Settimana sulla vocazione religiosa ci sono religiosi cattolici in gran numero, ma anche ortodossi e protestanti e forse è anche questo aspetto dell'universalità non solo delle lingue e dei Paesi ma anche delle origini confessionali.

D. – Qual è il modo per riuscire a vivere insieme, pur venendo da tradizioni cristiane differenti?

R. – Frère Roger aveva dall’inizio sentito che ciò che ci unisce in Cristo è molto più importante di ciò che ci divide. Questo è stato detto dai Papi, dal Concilio Vaticano II, e questo presuppone una grande disponibilità ad ascoltare l’altro, a capire l’altro.

D. – Centrale il tema della riconciliazione...

R. – Sì, riflettiamo su come vivere oggi questo impegno di vita nel celibato, nella comunità dei beni, e questo per i religiosi è proprio il punto forte. Già il fatto che la vocazione monastica e religiosa esista – sia nella Chiesa cattolica e in quella ortodossa, ma che sia anche un po’ rinata nelle Chiese protestanti – ha un’implicazione anche di riconciliazione e di unità della Chiesa. C’è pure un aspetto ecumenico e noi speriamo che la vita religiosa possa essere un luogo di fraternità fra tutti i cristiani, di fraternità aperta a tutti gli uomini.

D. – Fin dalla fondazione della Comunità di Taizé, importante è stato il ruolo della musica e del canto…

R. – Sì, le preghiere sono cantate. Questo è per noi fratelli molto importante: che la preghiera sia una lode di Dio, una lode cantata. E frère Roger ha spesso cantato la bellezza della preghiera comune cantata. E questo aiuta tanto i giovani a entrare in una preghiera personale, attraverso il canto che poi conduce anche al silenzio.

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Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella 14.ma domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù torna a Nazareth per portare anche qui la buona notizia del Regno, ma non può compiere alcun prodigio a causa dell’incredulità dei suoi conterranei. Quindi dice:

«Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti

Il Vangelo di oggi ci tocca in modo particolare, specialmente chi tra noi è un poco un abituè della domenica: fedeli al precetto festivo, come gli abitanti di Nazareth erano fedeli frequentatori della Sinagoga, ascoltiamo la Parola, ne seguiamo i dotti commenti, facciamo la Comunione e poi ritorniamo ai nostri affari. Ma oggi, come quel giorno a Nazareth, ci aspetta una sorpresa: Gesù non commenta la Parola, ma annuncia e dimostra con prodigi che Lui è venuto a compiere la Parola per tutti noi. Il mondo oggi non ha bisogno di uditori della Parola ma di cristiani che, scoprendo le immense ricchezze del loro battesimo, vivano radicalmente il Vangelo. A Nazareth  i conoscenti di Gesù, i suoi amici…, invece di ascoltare, di accogliere la parola, aprono la bocca per mormorare e criticare: Ma come? Chi si crede di essere?.. Noi lo conosciamo bene. “E si scandalizzavano di Lui”. Proprio come noi! In un mondo che cambia, che propone ogni giorno valori diversi, spesso opposti al Vangelo, ci sentiamo più intelligenti, più capaci di rispondere ai problemi di oggi, più moderni: “cristiani adulti”, diciamo, pronti a seguire le mode che ci sono proposte! E ci scandalizziamo del Vangelo, della croce, e ricorriamo a tanti giochini intellettuali per giustificare che si tolga la croce non solo dalle scuole e dai luoghi pubblici, ma anche dalle nostre case, dalla nostra vita. Ci vergogniamo di farci un segno di croce in pubblico. Questa parola viene oggi a tirarci fuori dalla nostra ”religione soft” per renderci credibili testimoni del Vangelo.   

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovi europei: migrante persona concreta con una sua dignità

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"La pastorale della Chiesa nei confronti dei migranti è animata da alcuni principi chiaramente espressi nella dottrina sociale", fra cui: "il diritto della persona a emigrare, ovvero il diritto di ognuno di stabilirsi dove crede più opportuno per una migliore realizzazione delle sue capacità, aspirazioni e dei suoi progetti"; e "il diritto di ogni persona a non emigrate, a rimanere nella propria terra di origine (nessuno dovrebbe essere obbligato a dover lasciare il proprio Paese, i propri legami familiari, i propri affetti)". Questi principi "sono ispirati e sono fondati sul rispetto della dignità umana che rimane il cardine e il paradigma di qualsiasi attività pastorale della Chiesa". È la valutazione finale che il Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali d‘Europa) trae dall‘incontro denominato "Accoglienza migranti: la sfida educativa", che ha portato a Vilnius dal 30 giugno al 2 luglio i direttori nazionali della pastorale dei migranti delle Conferenze episcopali in Europa.

L‘accoglienza del migrante è un obbligo morale del cristiano
In una nota diffusa dalla sede di San Gallo in Svizzera, l‘organismo ecclesiale europeo afferma: "Di fronte alla globalizzazione del fenomeno migratorio occorre rispondere con la globalizzazione della solidarietà, con la fantasia della carità. I drammi che oggi accompagnano quanti desiderano raggiungere il continente europeo interpellano la coscienza dell‘umanità". Il migrante, afferma ancora il Ccee, "non è un problema da risolvere, il nemico da combattere, l‘invasore da cui proteggersi. Il migrante è innanzitutto una persona concreta con una sua dignità da rispettare e tutelare". Ancora: "Se l‘accoglienza del migrante è anzitutto un obbligo morale del cristiano, la vera sfida che la Chiesa in Europa deve affrontare è quella educativa". 

Tra i temi trattati la pastorale e l‘annuncio del Vangelo ai cinesi in Europa
Vari gli aspetti del fenomeno migratorio sviscerati nel seminario tenutosi nella capitale lituana: l‘emergenza dei rifugiati; la tratta degli esseri umani e le nuove forme di schiavitù; le comunità di migranti e la questione della celebrazione dei sacramenti; la pastorale e l‘annuncio del Vangelo ai cinesi in Europa. Erano fra l‘altro presenti ai lavori di Vilnius il card. Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria, mons. Gintaras Grusas, arcivescovo locale, il card. Audrys Juonas Bačkis, arcivescovo emerito di Vilnius, mons. Pedro López Quintana, nunzio apostolico nei Paesi baltici. 

Le sfide della Chiesa in una realtà sociale che esclude i migranti
"Dalle riflessioni e dalle discussioni presentate attorno ai vari volti del fenomeno migratorio, emerge - per il Ccee - un quadro molto variegato, un mosaico di esperienze e attività che, se da una parte mostrano bene la lunga e consolidata esperienza della Chiesa nella pastorale delle persone in mobilità, allo stesso tempo, dipingono una realtà sociale con tendenze alquanto preoccupanti e in continuo cambiamento obbligando ad una vigilanza permanente". (R.P.)

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Missionario in Sierra Leone: epidemia Ebola peggiore che in Liberia

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“Purtroppo non sembra esserci fine a questa tragedia. In Sierra Leone la situazione Ebola è peggio che in Liberia” riferisce all’agenzia Fides fr. Luca Perletti, Camilliano, appena rientrato dalla Sierra Leone. “Dopo una pausa registrata verso maggio – racconta il missionario - in cui i casi erano scesi a zero, a 7/8 giorni di distanza c’è stata una ripresa del virus, con una media di 2/3 contagi al giorno in particolare in 3 zone del Paese: Freetown, Kambia e Port Loko. Le motivazioni della recrudescenza sono molteplici e varie", continua il religioso Camilliano. 

La popolazione scappa dalla quarantena
​"La popolazione tende a scappare dalla quarantena, non rispettando per inconsapevolezza le indicazioni sanitarie. Le fughe, in particolare, avvengono dalle case poste in quarantena, con la conseguente ripresa della diffusione del virus che rimane incontrollata. La gente sembra non capire o non accettare gli effetti che questa ‘leggerezza’ ha sulla sanità pubblica”. Un altro aspetto importante da considerare è quello culturale, sottolinea fr. Luca: “ci sono troppi miti ancora da sfatare, le persone fanno fatica ad assimilare la comunicazione scientifica, soffrono di una sorta di disistima e mancanza di fiducia verso il loro sistema sanitario, che temono possa essere addirittura la causa diretta di questa situazione.” (L.P.-A.P.)

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Germania: no della Chiesa a progetti di legge sull'eutanasia

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Il Bundestag, il Parlamento federale tedesco, ha messo in discussione quattro proposte di legge a vario titolo inerenti l’eutanasia, il fine vita ed eventuale regolamentazione del suicidio assistito. La discussione, davanti a un tema sensibile e che molto impatto ha sulla società tedesca - riferisce l'agenzia Sir - ha visto i deputati confrontarsi su posizioni opposte. Il dibattito è stato seguito con interesse dalle Chiese e da associazioni di categoria dei medici, anch’esse divise su quali debbano essere le condizioni e le eventuali concessioni o divieti da considerare relativamente al suicidio assistito.

Progetti prosentati dai diversi schieramenti del Bundestag
I progetti hanno la caratteristica, da un lato, di essere presentati da parlamentari di diversi schieramenti, dall’altro, di avere in comune la sollecitazione al governo federale per giungere a una legge di rafforzamento delle cure palliative e del potenziamento del sistema di hospice. Nei progetti si passa da un divieto totale del concetto di suicidio assistito e di eutanasia a una libertà del diritto dell’autodeterminazione del fine vita esente da colpa e pena. Uno dei progetti, presentato dal vicepresidente del Bundestag, il cristiano democratico (Cdu) Peter Hinze, con due deputati socialdemocratici (Spd), permetterebbe il suicidio assistito davanti a una malattia terminale con sofferenza estrema certificata con almeno un anno di trattamenti medico-ospedalieri. 

Cristiano democratici ribadiscono il divieto al suicidio assistito
Nella discussione del Bundestag il progetto di legge dei Verdi rende impunibile il suicidio assistito e sdogana definitivamente la non colpevolezza di medici e associazioni eutanasiche come strumento di regolamentazione del procedimento di scelta e realizzazione della morte. Articolato il dettato del progetto misto Cdu, Spd, Verdi e Sinistra, che alla depenalizzazione del suicidio assistito lega l’illiceità dell’assistenza a scopo di lucro e della ripetitività del gesto d’accompagnamento. Categorica, infine, la posizione del progetto presentato dai cristiano democratici Patrick Sensburg e Thomas Doerflinger che ribadiscono il divieto al suicidio assistito e la punibilità con la reclusione sino a cinque anni per chi fornisca aiuto o inciti al suicidio.

La Chiesa contro ogni forma di suicidio assistito
Le posizioni hanno generato le riflessioni chiare della Chiesa cattolica, più volte espressasi contro ogni forma di suicidio assistito. In particolare viene rifiutato il progetto misto Cdu/Spd “in quanto il suicidio assistito in primo luogo è definito come un presidio medico e fornito, quindi, come opzione di trattamento, al pari delle possibilità di cure palliative e hospice”, come detto da mons. Karl Jüsten, responsabile dell’Ufficio cattolico di Berlino dei vescovi tedeschi. Mons. Karl Jüsten ha sottolineato che persone in difficoltà e situazioni di vita complesse “potrebbero ritenere di adoperare l’opzione legalizzata di suicidio”. Mons. Peter Neher, presidente della Caritas tedesca, ha invece ribadito che serve una severa normativa che impedisca lo sviluppo di “uomini d’affari del suicidio assistito” perché “i malati, nell’ultima fase della vita, hanno bisogno di cura umana e buona assistenza medica”. (R.P.)

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Iraq: è nata la Lega caldea per i diritti sociali, politici e culturali

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Si chiama Safah Sabah Hindi ed è un caldeo iracheno emigrato in Svizzera, il primo presidente eletto della Lega Caldea, l'organizzazione - fortemente voluta dal patriarca caldeo Louis Raphael Sako – che ha concluso ieri a Erbil la sua conferenza di fondazione. Alla riunione, oltre al patriarca, hanno preso parte anche vescovi, sacerdoti e laici caldei provenienti dall'Iraq e dalle comunità caldee della diaspora, sparse in tutto il mondo. Durante le giornate della conferenza – si legge nel comunicato finale ripreso dall'agenzia Fides – si è svolto un dibattito vivace e democratico che ha portato alla modifica di molti passaggi delle bozze degli statuti, e sono stati eletti per votazione – oltre al presidente – altri 11 membri del Consiglio direttivo, destinato a durare in carica per un anno.

La vocazione primaria della Lega: custodirà i diritti sociali, politici e culturali
Le modifiche apportate alle bozze degli statuti hanno accentuato le venature identitarie e “nazionaliste” della Lega Caldea. Anche nel comunicato finale della conferenza si sottolinea la necessità di salvaguardare e promuovere in tutti i modi – compresi convegni, corsi di lingua e iniziative culturali – l'identità caldea, presentata come primordiale fattore di civilizzazione della regione mesopotamica. La vocazione primaria della Lega Caldea – viene ribadito nel comunicato finale del convegno – sarà quella di “custodire i nostri diritti sociali, politici e culturali”, senza che la rivendicazione di tali diritti diventi appannaggio esclusivo di singole sigle partitiche. (G.V.)

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Usa: Chiesa stanzia oltre un milione di dollari per l’Africa

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1.205.236 dollari per un totale di 47 sovvenzioni: è la somma stanziata quest’anno per la Chiesa in Africa dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti, che le ha approvate durante una recente riunione a St. Louis della sua sotto-commissione episcopale per l’Africa. 

Una Chiesa in piena crescita che ha bisogno di aiuti
Le sovvenzioni serviranno ad aiutare le comunità cattoliche africane a prendersi cura dei migranti, dei rifugiati, di giovani e bambini e di quanti vivono in condizioni di povertà estrema. Di primaria importanza sono i programmi per la formazione catechetica e di leader laici, ma anche quelli destinati alla pastorale familiare e finalizzati a rafforzare la fede dei fedeli. “La Chiesa africana  è viva e si sta sviluppando con grande rapidità” , ha detto il card. Theodor McCarrick, presidente della Sottocommissione, sottolineando che: “I popoli africani hanno tratto grandi benefici da una migliore formazione alla pastorale, alla leadership e alla gestione”. 

Tra i beneficiari le Chiese in Angola, Etiopia e Liberia
Tra i beneficiari degli aiuti quest’anno figura l’Angola, dove l’arcidiocesi di Luanda, e le diocesi di Viana e Caixito hanno ricevuto una sovvenzione per un programma di formazione dei laici nella pastorale dei migranti e gli itineranti. I fondi serviranno anche ad aiutare l’integrazione degli stranieri nelle comunità parrocchiali locali e a prevenire fenomeni di xenofobia. Un’altra sovvenzione è stata destinata a sostenere un programma di pastorale familiare in Etiopia. In vista del prossimo Sinodo ordinario sulla famiglia a ottobre, il programma si preoccuperà di formare i fedeli per aiutarli a comprendere appieno il matrimonio cristiano e l’insegnamento della Chiesa in materia. In particolare, saranno affrontati temi quali: le sfide della famiglia in Etiopia; il sacramento del matrimonio come spiegato nel Catechismo, la formazione dei laici sul matrimonio, come insegnare ai bambini a crescere nella fede e la cura pastorale per le coppie sposate. La diocesi di Cape Palmas, in Liberia, invece, ha ricevuto una sovvenzione per aiutare un’organizzazione di donne cattoliche, con l’obiettivo quindi di promuovere i diritti e la dignità delle donne nella Chiesa e nella società liberiana.

I finanziamenti frutto della colletta annuale dei vescovi per l’Africa
I fondi a favore della Chiesa in Africa sono il frutto delle donazioni raccolte ogni anno dalla speciale colletta dei vescovi americani destinata a questo scopo.  Come ha sottolineato il card. McCarrick questo sostegno è anche un importante contributo “agli sforzi della Chiesa in Africa per diventare autosufficiente e rispondere alle esigenze spirituali  della sua gente”. (A cura di Lisa Zengarini)

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Lesotho: è crisi politica. Alta tensione per uccisioni e fughe

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Sono arrivati ieri a Pretoria i Capi di stato che fanno parte della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc) per discutere della crisi politica in corso nel vicino Lesotho. L’uccisione dell’ex comandate dell’esercito Maaparankoe Mahao e la fuga in Sudafrica dell’ex primo ministro Tom Thabane - riferisce l'agenzia Misna - hanno portato la situazioni a livelli di alta tensione.

La preoccupazione di Sudafrica e Usa
Il presidente sudafricano Zuma ha condannato l’uccisione di Mahao, dicendo che “questo sfortunato e tragico incidente rischia di minare gli sforzi del Lesotho verso una transizione pacifica”.  Il primo ministro del Lesotho, Pakalithi Mosisili ha affermato che non sa tuttavia come Mahao sia stato ucciso. In una dichiarazione il portavoce dell’esercito ha dichiarato che il generale Mahao ha tentato di resistere all’arresto ed è morto in uno scontro a fuoco. I familiari del generale accusano l’esercito di averlo ucciso deliberatamente. Gli Stati Uniti hanno detto che sono “profondamente preoccupati per l’uccisione di Mahao “ ed ha esortato il governo di Maseru di “garantire un’indagine approfondita e trasparente della morte del generale”. 

Il Paese nel caos dopo un tentativo di golpe
Nel 2014, il Paese era entrato in una crisi costituzionale a seguito di un tentativo di colpo di stato che ha visto il primo ministro Jacob Thabane fuggire nel vicino Sud Africa. Con la mediazione del Sadc si arrivò alla riapertura del parlamento e a stabilire la date delle elezioni generali. Nel febbraio scorso il Paese ha tenuto elezioni che hanno visto Mosisili sconfiggere l’ex primo ministro Thabane. Pakalitha Mosilisi era stato già al potere tra il 1998 e il 2012. Il nuovo primo ministro aveva affidato il comando dell’esercito a Tlali Kamoli, accusato da Thabane di un tentativo di golpe lo scorso anno. (C.O.)

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Padri Scolopi: Pedro Aguado rieletto padre generale

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Pedro Aguado Cuesta è stato confermato come padre generale dell’Ordine degli Scolopi per il prossimo sessennio 2015-2021, durante il 47° Capitolo generale che si è aperto il 30 giugno ad Esztergom (Budapest) e si concluderà il 21 luglio. Ne dà notizia oggi l’ufficio comunicazione della Curia Generalizia dei Padri Scolopi. Padre Aguado, già eletto nel capitolo del 2009, diviene, con il secondo mandato, il 42esimo Padre Generale dalla fondazione dell’Ordine, avvenuta nel 1617 da parte di san Giuseppe Calasanzio. Il Santo fondatore, patrono universale di tutte le scuole popolari, ha orientato la spiritualità dell’Ordine totalmente verso l’educazione integrale dei bambini e dei giovani, soprattutto i più poveri. Oggi gli Scolopi sono presenti in 36 Paesi sparsi in 4 continenti e contano sulla collaborazione di centinaia di membri laici integrati nella vita e nella missione scolopica. 

I temi dell'Assemblea al Capitolo generale
​Nei prossimi giorni il capitolo generale, indetto con il motto “Discepoli e Testimoni”, discuterà tre temi principali: la cultura vocazionale scolopica, la vita comunitaria e il vivere la chiamata a essere religiosi scolopi in modo autentico e credibile. “Il compito dell’Assemblea - puntualizza l’ufficio comunicazione - sarà quello, inoltre, di pianificare alcune linee di azione per il prossimo sessennio, finalizzate alla stabilizzazione di alcune nuove fondazioni dell’Ordine, al rafforzamento e alla rivitalizzazione di quelle già esistenti”. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 185

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.