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Sommario del 12/07/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa a Bañado Norte: la fede ci rende prossimi, ma muore se non è solidale

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La fede ci rende prossimi. Ma muore se non è solidale. E' quanto ha affermato Papa Francesco in Paraguay visitando Bañado Norte, quartiere povero di Asunción abitato da oltre 100 mila persone, in cui sono attivi diversi progetti di assistenza dello Stato e della Chiesa, in particolare dei gesuiti. Il servizio di Amedeo Lomonaco

A Bañado Norte, uno dei quartieri più poveri di Asunción in una zona acquitrinosa e spesso inondata dal fiume Paraguay, Papa Francesco ha visto volti, ascoltato storie. In una casa gli è stata offerta una zuppa paraguayana. In questa povera terra, ricca solo di polvere e fango, il Santo Padre ha ricordato le difficoltà causate dalla povertà e quelle incontrate della Sacra Famiglia.

“Todo lo quen hacen…".
"Tutto quello che fate per superare l’inclemenza del tempo, le inondazioni di queste ultime settimane, tutto mi riporta alla memoria - tutto questo - la piccola famiglia di Betlemme. Una lotta che non vi ha rubato il sorriso, la gioia, la speranza. Un darsi da fare che non vi ha tolto la solidarietà, al contrario, l’ha stimolata e l’ha fatta crescere”.

La fede ci rende prossimi

Il Pontefice ha poi ricordato che, dopo la nascita di Gesù, “si avvicinarono dei pastori”, “si fecero prossimi”, “diventarono subito la famiglia di Maria e Giuseppe”:

“Eso est lo que sucede…".
"Questo è ciò che accade quando Gesù appare nella nostra vita. Questo è ciò che la fede suscita. La fede ci rende prossimi, ci fa prossimi della vita degli altri. La fede suscita il nostro impegno, la nostra solidarietà. La nascita di Gesù risveglia la nostra vita. Una fede che non si fa solidarietà, è una fede morta".

"È una fede - ha ffermato il Pontefice - senza Cristo, una fede senza Dio, una fede senza fratelli”. Papa Francesco ha poi aggiunto di voler essere come i pastori dopo la nascita di Gesù:

“Me quiero hacer prójimo…".
"Voglio farmi prossimo. Voglio benedire la vostra fede, benedire le vostre mani, benedire la vostra comunità. Sono venuto a rendere grazie con voi, perché la fede si è fatta speranza ed è speranza che stimola l’amore. La fede che Gesù suscita è una fede con la capacità di sognare il futuro e di lottare per esso nel presente”.

Il Papa ha incoraggiato infine gli abitanti di Bañado Norte a continuare “ad essere missionari”, ad “essere prossimi specialmente dei più giovani e degli anziani”, “sostegno delle giovani famiglie e di coloro che stanno attraversando momenti di difficoltà”.

 

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Francesco: mondo più umano è possibile se non si è inerti a ingiustizie

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Un mondo più umano è possibile se non si resta inerti davanti a tante ingiustizie, un mondo più giusto e fraterno in cui non si sacrificano le persone sull'altare del denaro e del profitto: è quanto ha detto il Papa incontrando i rappresentanti della società civile del Paraguay nel Palazzetto dello Sport "León Condou" di Asunción. Il servizio di Sergio Centofanti

Ad aprire l'incontro un'orchestra giovanile di strumenti riciclati, applauditissima. Poi si sono susseguite alcune testimonianze: una contadina a rappresentare i popoli indigeni e un'altra donna, dirigente degli industriali cristiani, e quattro uomini in rappresentanza dei movimenti cattolici e dei lavoratori del Paese, hanno parlato delle speranze, delle difficoltà e delle lotte in Paraguay per una società migliore. Papa Francesco apprezza le loro testimonianze forti, perché “un popolo che vive nell’inerzia dell’accettazione passiva – dice - è un popolo morto”. “Dio è sempre a favore di tutto ciò che aiuta a sollevare, a migliorare la vita dei suoi figli”, a vincere le “tante inequità” che scartano un numero sempre maggiore di persone.

"La verdadera felicidad pasa por la lucha". ...
“Quanto è importante" – esclama il Papa - che i giovani comprendano che "la vera felicità passa attraverso la lotta per un mondo più fraterno“ e giusto. “La felicità e il piacere - osserva - non sono sinonimi” perché  “la felicità richiede l’impegno e la dedizione”, esige “grandi ideali” per non vivere la vita come “anestetizzati”. Papa Francesco invita i giovani a dare il meglio di sé: "mi dà tristezza vedere un giovane pensionato" - dice - "giocatevela tutta", "non cercate la sistemazione per evitare la lotta", Ma "questa lotta non fatela da soli", fate tesoro dell’esperienza dei più anziani e trovate consolazione “nella forza della preghiera, in Gesù”, perché Dio è "la garanzia della nostra dignità di uomini”. 

Papa Francesco indica un metodo: il dialogo. Certo, “non è facile”, perché esige la cultura dell’incontro:

"Un encuentro que sabe reconocer que la diversidad no solo es buena ...".
“Un incontro che sappia riconoscere che la diversità non solo è buona: è necessaria. L'uniformità ci annulla, ci trasforma in automi". Quindi "il punto di partenza non può essere che l’altro si sta sbagliando". Invece, "il bene comune si cerca a partire dalle nostre differenze, dando sempre la possibilità a nuove alternative. Vale a dire: cerca qualcosa di nuovo”. Nello stesso tempo, "dialogare non è negoziare", perchè solo "con una forte identità posso dialogare". L'identità non si negozia.

La scelta del dialogo – aggiunge – significa non temere il conflitto, “al contrario siamo invitati a farcene carico” per “trasformarlo” in una “unità che non rompe le differenze, ma che le vive in comunione attraverso la solidarietà e la comprensione. Cercando di capire le ragioni dell’altro, cercando di ascoltare la sua esperienza, i suoi desideri, potremo vedere che in gran parte sono aspirazioni comuni”.  Alla base c’è la consapevolezza che “siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre celeste", e che "ciascuno con la propria cultura, la propria lingua, le proprie tradizioni, ha molto da offrire alla comunità”:

"Las verdaderas culturas nunca están cerradas en sí mismas, ...".
“Le autentiche culture non sono chiuse in sé stesse, perché se si chiudono in se stesse muoiono, ma sono chiamate ad incontrarsi con altre culture e creare nuove realtà". "Senza questo presupposto essenziale, senza questa base di fraternità sarà molto difficile giungere al dialogo. Se qualcuno considera che ci sono persone, culture, situazioni di seconda, terza o quarta categoria... qualcosa di sicuro andrà male, perché manca semplicemente il minimo, il riconoscimento della dignità dell’altro”. 

L’appello del Papa è ad “accogliere il grido dei poveri per costruire una società più inclusiva”: “Un aspetto fondamentale per promuovere i poveri è nel modo in cui li vediamo":

"No sirve una mirada ideológica, que termina usando a los pobres ...".
Non serve uno sguardo ideologico, che finisce per utilizzare i poveri al servizio di altri interessi politici o personali”. Il Papa afferma di avere l'allergia ai discorsi "magniloquenti" sui grandi ideali di fraternità, giustizia, pace, dignità, che si risolvono solo in parole vuote, bugiarde, senza concretezza. Parole che utilizzano le ideologie: "le ideologie finiscono male, non servono", "hanno una relazione incompleta o malata o cattiva con il popolo". E "per questo le ideologie finiscono sempre con le dittature...pensano per il popolo, ma non lasciano pensare il popolo ... tutto per il popolo, ma non con il popolo":

"Todo por el pueblo, pero nada con el pueblo".

E’ necessario - prosegue - “avere una vera preoccupazione" per i poveri ed “essere disposti a imparare" da loro. I poveri "hanno molto da insegnarci in umanità, in bontà, in sacrificio e solidarietà. E noi cristiani abbiamo inoltre un motivo in più per amare e servire i poveri: in loro vediamo il volto e la carne di Cristo”.

Oggi - afferma il Papa - "l'adorazione dell'antico vitello d'oro ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto". Esorta quindi a costruire uno sviluppo economico dal “volto umano” in cui ci sia lavoro, casa, pane e dignità per tutti:

"Les pido que no cedan a un modelo económico idolátrico que necesita sacrificar vidas humanas ...".
“Vi chiedo di non cedere ad un modello economico idolatrico che abbia bisogno di sacrificare vite umane sull’altare del denaro e del profitto. Nell’economia, nell’azienda, nella politica, la prima cosa è sempre la persona e l’ambiente in cui vive”.

Poi c'è l'appello contro la corruzione: "la corruzione è la cancrena, il marcio di un popolo".

"La corrupción es la polilla, es la gangrena de un pueblo".

Papa Francesco indica un modello: le missioni promosse dai Gesuiti in quest’area tra il 1600 e il 1700, le cosiddette “Riduzioni”, villaggi dove i popoli indigeni potevano vivere in pace e in autonomia, “una delle più interessanti esperienze di evangelizzazione e di organizzazione sociale della storia”:

“In esse, il Vangelo era l’anima e la vita di comunità dove non c’era fame, né disoccupazione, né analfabetismo né oppressione. Questa esperienza storica ci insegna che una società più umana è possibile anche oggi". "Quando c'è amore per l’uomo, e volontà di servirlo, è possibile creare le condizioni affinché tutti abbiano accesso a beni necessari, senza che nessuno sia escluso”.

L’amore per i poveri – ha concluso il Papa - testimonia che “un altro modello di sviluppo è possibile”.

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Vespri. Il Papa: preghiera non è alienazione, noi siamo le mani di Dio

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“La preghiera è riflesso dell’amore che sentiamo per Dio, per gli altri, per il mondo creato”. Così ieri pomeriggio il Papa nella cattedrale di Asunción per la celebrazione dei Vespri con il clero, i religiosi e i movimenti cattolici. Francesco ha esortato all’unità ribadendo il primato di Cristo. Massimiliano Menichetti: 

Una gioia incontenibile di migliaia di persone ha accolto il Papa al suo arrivo alla cattedrale di Asunción, che custodisce la “Cruz de la Parra”, l’unica croce rimasta delle 29 che Cristoforo Colombo avrebbe piantato durante i quattro viaggi in America.

Il Papa nel suo discorso ha subito ribadito la bellezza dello stare insieme in preghiera: 

“¿Cómo no soñar con una Iglesia que refleje y repita la armonía ...”.
“Come non sognare una Chiesa che rifletta e ripeta l’armonia delle voci e del canto nella vita quotidiana?”, ha detto il Papa, indicando il dinamismo del cristianesimo che non si stanca di ricostruire in “risposta a Dio”.  

“Cada uno de nosotros en nuestra oración queremos ir pareciéndonos ...”.
“Ognuno di noi nella nostra preghiera vogliamo diventare più somiglianti a Gesù”, ha aggiunto. Il Papa ha parlato di una preghiera viva che fa emergere quello che “stiamo vivendo” nella “vita quotidiana”, “almeno la preghiera che non vuole essere alienante o solo decorativa”.

E riprendendo i Salmi ha sottolineato: “Siamo noi, le mani di Dio, che dall’immondizia rialza il povero”:

“Somos nosotros las manos de Dios «que alza de la basura al pobre»”.

Il Papa parla dell’impegno nelle piccole e grandi sfide quotidiane, come la difesa della vita. “La preghiera - ha aggiunto - è riflesso dell’amore che sentiamo per Dio, per gli altri, per il mondo creato”.

Francesco ha evidenziato la bellezza “della collaborazione pastorale”, di ogni “vocazione” e “carisma” esortando all’unità e alla missionarietà.  

“Todos tenemos limitaciones, ...”.
“Tutti abbiamo limiti, e nessuno può riprodurre Gesù Cristo nella sua totalità”, ha ammonito, “sebbene ogni vocazione si configura con alcuni raggi della vita e dell’opera di Gesù”.

“El llamado por Dios no se pavonea, ...”.
“Chi è chiamato da Dio - ha chiarito ancora una volta - non si vanta, non va in cerca di riconoscimenti né di applausi effimeri, non sente di esser salito di categoria e non tratta gli altri come se fosse su un piedestallo”.

Citando la Lettera gli Ebrei Francesco ha sottolineato “il primato di Cristo” esortando all’obbedienza, alla preghiera, e indicando il campanile della Cattedrale, rifatto più volte, ha detto:

“El sonido de las campanas antecede y acompaña en muchas oportunidades ...”.
“Il suono delle campane precede e accompagna in molte occasioni la nostra preghiera liturgica: fatti nuovi da Dio ogni volta che preghiamo, saldi come un campanile, gioiosi di suonare a festa le meraviglie di Dio, condividiamo il Magnificat e lasciamo che il Signore compia, mediante la nostra vita consacrata, grandi cose nel Paraguay”.

Al termine, ancora applausi e canti che stanno accompagnando il Papa in questo viaggio in America Latina.

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Messa nel Santuario di Caacupé: Maria è madre sempre accanto ai figli

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Un popolo raccolto ai piedi di Maria. E’ questa l’emblematica immagine della celebrazione eucaristica, presieduta da Papa Francesco nel Santuario di Caacupé, dedicato all’Immacolata Concezione. Come Maria – ha affermato il Santo Padre – le donne del Paraguay hanno vissuto momenti difficili. Con coraggio - ha aggiunto - hanno saputo far rialzare un Paese distrutto dalla guerra. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Maria – ha detto Papa Francesco - è “una Madre che ha imparato ad ascoltare e a vivere in mezzo a tante difficoltà”. Ripercorrendo la sua vita - segnata da momenti difficili come la la nascita di Gesù in una stalla, la fuga in Egitto e la morte del Figlio sulla croce - ci sentiamo compresi:

“Su vida, es testimonio de que Dios…
La sua vita è testimonianza che Dio non delude, che Dio non abbandona il suo Popolo, anche se ci sono momenti o situazioni in cui sembra che Lui non ci sia”.

Maria è sempre accanto ai suoi figli
Maria, come si comprende anche nel Santuario di Caacupé che "custodisce gelosamente la memoria di un popolo", è stata al fianco dei suoi figli in tante situazioni difficili:

“Ha estado y está…
E’ stata e rimane nei nostri ospedali, nelle nostre scuole, nelle nostre case. E’ stata e rimane con noi nel lavoro e nel cammino. E’ stata e rimane alla mensa di ogni casa. E’ stata e rimane nella formazione della Patria, facendo di noi una Nazione. Sempre con una presenza discreta e silenziosa. Nello sguardo di un’effigie, di un’immaginetta o di una medaglia. Sotto il segno di un rosario, sappiamo che non siamo soli, che Lei ci accompagna”.

Le donne hanno fatto rinascere il Paese
Come Maria, anche le donne e le madri paraguayane hanno vissuto situazioni molto difficili e hanno continuato a credere, anche “sperando contro ogni speranza”. E rivolgendosi proprio alle donne del Paraguay, il Papa ha detto:

“Con gran valor y abnegación…
“Con gran coraggio e abnegazione, avete saputo rialzare un Paese distrutto, sprofondato, sommerso dalla guerra. Voi avete la memoria, il patrimonio genetico di quelle che hanno ricostruito la vita, la fede, la dignità del vostro Popolo, insieme a Maria”.

Dio benedica la donna paraguayana
Quando “tutto sembrava crollare”, ha aggiunto il Santo Padre, le donne paraguayane hanno trovato nella fede la forza per non lasciar sprofondare la loro terra nel caos:

“Dios benedica este tesón…
Dio benedica questa tenacia, Dio benedica e conforti la vostra fede, Dio benedica la donna paraguayana, la più gloriosa d’America”.

Non si perdano le radici e le testimonianze di fede
Le parole pronunciate dall’Angelo e ascoltate da Maria “Rallegrati, … il Signore è con te” sono un appello per il popolo paraguayano "a non perdere la memoria":

“... les raíces, los muchos testimonios…
....le radici, le tante testimonianze che avete ricevuto di gente credente e messa a rischio dalle sue lotte. Una fede che si è fatta vita, una vita che si è fatta speranza e una speranza che ci porta a precedere nella carità. Sì, alla maniera di Gesù, continuate a precedere nell’amore. Siate voi i portatori di questa fede, di questa vita, di questa speranza. Voi, paraguayani, siate i costruttori di questo oggi e domani”.

Affidamento del Paraguay a Maria
Al termine della celebrazione eucaristica, il Pontefice ha rinnovato l’atto di affidamento del Paraguay a Maria, fatto da San Giovanni Paolo II, nel Santuario di Caacupé, il 18 maggio del 1988.

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Papa nell'ospedale pediatrico Niños de Acosta Ñú: i bambini prediletti da Gesù

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Dobbiamo "imparare” dalla fiducia, gioia, tenerezza dei bambini. Papa Francesco è stato questo pomeriggio ad Asunción, in Paraguay, nell’ospedale pediatrico “Niños de Acosta Ñú”. Francesco ha visitato tre reparti e poi ha incontrato una rappresentanza dell’ospedale. Il servizio di Alessandro Guarasci

C’è un rapporto speciale tra il Papa e i piccoli ammalati. Non è infatti la prima volta che entra in un ospedale pediatrico. E anche in questo suo viaggio in America Latina Francesco ha voluto visitare i bambini che sono in un letto . Dapprima un momento privato con i piccoli, al riparo dagli occhi delle telecamere, poi un saluto alle migliaia di persone nello spazio antistante l'edificio. Il Papa chiama questi giovani malati “veri lottatori”.

“Dobbiamo imparare da voi, dalla vostra fiducia, gioia, tenerezza - dice il Pontefice -  Serve  "diventare umili come i bambini, spontanei come i bambini".

Il Santo Padre si rivolge direttamente ai tanti genitori presenti Niños de Acosta Ñú: "Ci sono momenti di angoscia forte che opprime il cuore e ci sono momenti di grande gioia. I due sentimenti convivono, sono dentro di noi. Ma non c’è miglior rimedio che la vostra tenerezza, la vostra vicinanza".

Un ospedale, questo, che conta un centinaio di posti letto, e dove si curano malattie gravissime, una vera isola di speranza in un Continente immenso. E il Papa quindi ringrazia medici,  infermieri, impiegati, insomma tutto il personale, che non solo cura ma “accompagna” il dolore di tanti. Un compito che può essere aiutato dalla vicinanza di Gesù, che “sta bene vicino, nel cuore”.

D’altronde, rimarca il Pontefice, “i bambini sono tra i prediletti di Gesù. Non è che non voglia bene ai grandi, ma si sentiva felice quando poteva stare con loro…. Li portava come esempio”. Un esempio anche per i discepoli: “Se non diventerete come i  bambini non entrerete nel regno dei Cieli”.

E poi ricorda: “Dove c’è un bambino c’è la madre. Dove c’è Gesù c’è Maria, la Vergine di Caacupe. Chiediamo a Lei che vi protegga col suo manto, che interceda per voi e le vostre famiglie". Poi dal Papa un ultimo appello: "Vi chiedo di pregare per me".

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Padre Lombardi: dal Papa un incoraggiamento a tutto il Paraguay

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Nell’incontro con i rappresentanti della società civile del Paraguay, il Papa ha lanciato un appello affinché il Paese intero si senta responsabile del proprio futuro. Nella  celebrazione eucaristica nel Santuario mariano di Caacupé, il cuore spirituale del Paese, il Santo Padre ha ricordato il profondo legame dei paraguayani con Maria.  E’ quanto sottolinea, al microfono della nostra inviata Linda Bordoni - riferendosi alla giornata di ieri - il direttore della nostra emittente e della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi: 

R. – Questo Santuario è un po’ il cuore spirituale di questo Paese. Ed esprime molto bene la profondità della religiosità popolare paraguayana. Anche gli emigrati paraguayani in tutto il mondo pensano a questa Madonna come alla loro Madre. La sentono come punto di riferimento e di unità con il loro popolo e la loro origine. Papa Francesco conosce bene questa immagine della Madonna e che cosa significhi per i paraguayani: conosceva moltissimi emigrati paraguayani a Buenos Aires ed ha istituito una parrocchia per loro. Una parrocchia dedicata proprio a questa Madonna di Caacupé. Quindi sapeva molto bene che cosa questo significhi. Il Papa ha un grande apprezzamento per la religiosità popolare: a volte i teologi o persone intellettuali pensano che la religiosità popolare sia a rischio di sentimentalismo, di superstizione o di altro; invece Papa Francesco, con la sua grande esperienza anche di vicinanza al popolo, capisce la profondità della la religiosità popolare. Comprende l’importanza che può avere nel mantenere viva la fede e nell’essere un’espressione viva, completa, integrale nella vita delle persone. Perché la religiosità popolare non solo esprime la fede, ma coinvolge anche proprio i sentimenti, le capacità espressive, la cultura; forgia cultura per un popolo e per la sua storia. Quindi, questo momento per me è stato uno dei momenti importanti di questo viaggio. Ci sono state anche le visite, ad esempio, al Santuario del Quinche, in Ecuador. Una celebrazione così intensa, così bella e partecipata come quella di questa mattina è caratteristica e quindi mi sembra che sia un po’ un segno di un culmine spirituale, in un certo senso, di questi giorni.

D. – Come lei dice, il tema mariano è stato un po’ il filo conduttore di questo viaggio. Oggi ci sono stati anche altri temi in evidenza, per esempio durante l’incontro con le società civili Papa Francesco ha invitato tutta la società a superare le barriere, a venirsi incontro; il Papa ha detto che la corruzione è il cancro della società …

R. – Sì, il tema della corruzione lo aveva toccato anche ieri nel discorso alle autorità del Paese e lo ha ripreso anche esplicitamente quest’oggi aggiungendolo a quello che era nel discorso preparato, perché sente che è un tema piuttosto importante. Però, il discorso di oggi era piuttosto articolato anche perché cercava di rispondere alle diverse domande che gli erano state presentate. Quello che mi sembra l’aspetto riassuntivo e coerente anche con l’insieme di questo viaggio, è proprio l’incoraggiamento al Paese intero, in tutte le sue componenti, a sentirsi responsabile del suo futuro. A sentirsi coinvolto nella costruzione di una società inclusiva in cui non ci siano emarginazioni, in cui ci sia una più giusta distribuzione dei beni. Una società in cui ci sia una libertà di espressione e capacità anche di contribuire partecipativamente al cammino. Sono discorsi che cercano di avvicinare alla realtà specifica di questi diversi Paesi i principi generali che il Papa ha manifestato anche con grande forza, già nei suoi documenti: nell’Evangelii Gaudium”, nella “Laudato si’” e, in Bolivia, nel grande discorso ai Movimenti popolari: un discorso che si è posto con un orizzonte globale, ma poi il Papa ripete tanti di questi aspetti, di questo tipo di magistero e di approccio anche per i singoli Paesi nel quali si reca. Una cosa che ho trovato interessante e un po’ caratteristica, forse, di questo discorso ai paraguayani – alla società paraguayana – è la sua evocazione dell’esperienza delle “Riduzioni”, o missioni gesuitiche, dei secoli passati come dimostrazione che è possibile cercare di costruire un sistema di società concreto. Un sistema che sia rispettoso della persona umana, che non sia costruito sugli interessi economici che poi diventano creatori di ingiustizia e di discriminazione. Un sistema fondato invece sul progetto comune di costruire insieme una società. E questo ispirato anche al Vangelo e con il contributo della Chiesa e della visione religiosa del mondo. Questo riferimento all’esperienza delle “Riduzioni”, così importante nella Storia del Paraguay, l’ho trovato originale, interessante e pertinente.

D. – Padre Lombardi, oggi è stato con Papa Francesco: è contento di come sta procedendo il viaggio?

R. – Direi di sì, certamente … tutti, a partire dal Papa, ma anche tutti noi siamo veramente molto colpiti dall’accoglienza: un’accoglienza straordinaria, un’accoglienza di popolo molto partecipata, molto profonda. Questo naturalmente tocca in profondità. E quindi sfida anche il Papa a dare il meglio di sé perché trova un popolo estremamente ben disposto e desideroso della sua benedizione, del suo insegnamento, della sua presenza.

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Oggi in Primo Piano



Ue: oggi l'Eurosummit sul nuovo piano d'aiuti alla Grecia

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Oggi pomeriggio i leader dei 19 Paesi dell’Eurozona si riuniranno ad oltranza per decidere se avviare o meno nuovi negoziati per salvare la Grecia. In queste ore è in corso a Bruxelles la seconda riunione dei ministri delle finanze, dopo che ieri notte nove ore di colloqui non avevano portato risultati concreti. Il servizio di Michele Raviart

Dopo aver raccolto i pareri positivi dai creditori internazionali e dal parlamento greco, il nuovo piano di Tsipras sarà ora al vaglio degli altri Paesi dell’area Euro. Da valutare se riforma delle pensioni, nuove tassazioni e privatizzazioni saranno una base sufficientemente credibile per erogare un nuovo piano di finanziamenti, il terzo dal 2010. “Improbabile che i negoziati si avviino già oggi”, ha detto il commissario per l’euro Dombrovskis, anche se la cancellazione del Consiglio Europeo previsto per stasera per dare più spazio alle trattative può essere interpretato come un buon segno per arrivare ad un accordo. Scettici Paesi come la Finlandia, per cui le proposte di Atene sono del tutto insufficienti e la Germania, che attraverso il ministro delle finanze Schauble lancia la proposta shock di una Grecia fuori dall’euro per cinque anni. Ottimista il Commissario Ue all’economia Moscovici, secondo cui sarebbe sufficiente che il parlamento di Atene tramutasse piano di riforme in legge per far partire i negoziati, mentre per il premier italiano Renzi, “non si può immaginare un’Europa senza la Grecia”.

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Sempre più armi italiane nelle guerre in Medio Oriente

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Sempre più armi “made in Italy” alimentano conflitti e regimi repressivi, in violazione della legge 185 “sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”. E’ quanto denunciato dalla Rete Italiana per il Disarmo a 25 anni dall’approvazione della legge, nel luglio del 1990. Gli affari più consistenti, nell’ultimo quinquennio, riguardano alcune delle zone più turbolente del pianeta, Medio Oriente in testa. In cima alla lista, Paesi come Arabia Saudita, Algeria e Siria. Un andamento che rischia di svuotare di senso la legge. Al microfono di Giacomo Zandonini, il coordinatore nazionale di Pax Christi don Renato Sacco

R. – La 185 del ’90 è stato sicuramente un grande risultato ottenuto da tutto un movimento di società civile, religiosa… Pax Christi, Tonino Bello, il mondo missionario e tanti altri. In sintesi prevede non il massimo che si può sognare, cioè non si fanno le armi e non si vendono – questo, diceva don Tonino,  sarebbe il sogno. Ma prevede che non si possano vendere, da parte del governo italiano, armi a Paesi in guerra o a Stati dove vengono violati i diritti umani, che è già un grosso passo avanti. Credo sia una legge avanzatissima sia a livello europeo sia a livello mondiale.

D. – A 25 anni da questa data, come ricorda però Pax Christi insieme ad altre associazioni della società civile, sembra che qualcosa non abbia funzionato...

R. – In questi ultimi anni c’è una caduta di trasparenza e c’è una volontà, ovviamente da parte di chi ha grossi interessi, ad allargare le maglie, perché se uno non può vendere le armi dove c’é la guerra è chiaro che si trova un po’ soffocato. In questi ultimi cinque anni, siamo tra i principali fornitori di Paesi coinvolti in guerra nel Medio Oriente. Dove c’è guerra noi siamo presenti. E da lì poi capiamo anche perché la gente scappa, scappano dalle nostre guerre e anche dalle nostre armi. Penso in questi giorni alla notizia che l’Arabia Saudita sta bombardando lo Yemen: le armi usate,  le bombe utilizzate sono made in Italia, addirittura made in Sardegna.

D. – In questi giorni ricorre anche il triste anniversario del massacro di Srebrenica…

R. – Laddove c’è guerra l’industria delle armi fa grandi affari. Srebrenica, 11 luglio del ’95, più di 8 mila maschi uccisi: sicuramente l’Europa era distratta, forse complice, con grandi interessi anche nella vendita di armi. Io stesso ho fotografato contenitori di armi italiane che venivano usate dalle truppe serbo-bosniache per bombardare Sarajevo. E quindi eravamo in affari con chi bombardava Sarajevo, e poi siamo andati a bombardare quelli che bombardavano Sarajevo. Le armi sono un grande guadagno, a Srebrenica e in ogni altro luogo del mondo. Ricordare il massacro di Srebrenica vuol dire ricordare, come ci ricorda Papa Francesco in tutte le occasioni, che dobbiamo mettere le persone al centro, e non l’economia che uccide.

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I medici volontari di 'Emergenza Sorrisi' in Iraq

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Undici medici volontari sono appena tornati da una missione chirurgica in Iraq, a Nassiriya: 19 i bambini operati, affetti da gravi malformazioni al volto. L'equipe di 'Emergenza Sorrisi', l'ong che opera da anni in contesti di guerra come l'Iraq, il Kurdistan, il Bangadlesh e il Benin, nell'ultimo anno ha operato 270 bambini e avviato altre missioni in realtà poverissime. Fabio Massimo Abenavoli, presidente dell'associazione, spiega al microfono di Maria Cristina Montagnaro che situazione abbiano trovato gli operatori in Iraq: 

R. – Siamo stati a Nassiriya, che è una città che conosciamo bene, perché ci andiamo due volte l’anno a operare i bambini. L’Iraq attualmente è in grossa difficoltà; la popolazione ha questa necessità: chiede la pace dopo dodici anni di sofferenze. È una popolazione che ha poche possibilità economiche e che si trova a fronteggiare questa nuova guerra, che – purtroppo – come al solito colpisce la popolazione indifesa e i bambini.

D. – Voi siete stati proprio a Nassiriya: lì fate anche formazione locale. Ci può raccontare cosa fate?

R. – Al di là dell’intervento chirurgico diretto dei nostri volontari, lavoriamo con i medici e con le strutture sanitarie locali, affinché poi continuino questa nostra azione. Per cui stiamo creando 'Emergenza Sorrisi - Iraq', che ormai è una realtà effettiva all’interno della quale lavorano i medici e gli infermieri iracheni e le strutture sanitarie sono ben conosciute.

D. – Come scegliete i bambini che andrete ad operare?

R. – È molto difficile, in effetti, perché noi ci troviamo ogni volta con centinaia di casi clinici; le famiglie portano i loro bambini e purtroppo noi dobbiamo in qualche modo dare una preferenza. La nostra preferenza - anche se è brutto questo termine - è verso quei bambini che hanno il labbro leporino: una deformità del palato che provoca l’impossibilità di alimentarsi; senza il nostro intervento morirebbero nei primi anni di vita.

D. – Da che cosa è provocata questa patologia?

R. – È collegata in parte a carenze anche nutrizionali della madre – carenze di acido folico – in parte a infezioni durante le prime settimane di gravidanza, una gravidanza che non è seguita come nei nostri contesti sociali: chiaramente è tutto collegato con la povertà.

D. – Avete anche un film su di voi, ora nelle sale, di Gianluca Tavarelli: come è nata l’idea?

R. – Sì, questa è una cosa molto particolare: Gianluca Tavarelli ci ha seguito alcuni anni fa con molta attenzione, insieme ad altri suoi colleghi, durante una missione che abbiamo realizzato proprio nella base americana – all’epoca c’era la base di Tallil – e noi abbiamo lavorato, seguiti dai suoi appunti, dalla sua macchina fotografica e dalla sua cinepresa. E poi abbiamo scoperto che lui stava inseguendo questo suo sogno. E devo dire che è un film fatto molto bene: lui è un grande regista. Il film, che è in tutte le sale cinematografiche, si intitola: “Una storia sbagliata” e racconta un po’ la vita di un volontario, le privazioni delle popolazioni, ma anche quelle dei volontari, l’ambiente dove noi svolgiamo la nostra attività. È molto veritiero.

D. – Per chi volesse saperne di più e magari anche aiutarvi…

R. – Abbiamo il nostro sito che è: www.emergenzasorrisi.it.

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"L'onda opposta": un racconto di migrazione al contrario

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“L’onda opposta”. E' questo il titolo del romanzo scritto a quattro mani dalla giornalista Patrizia Caiffa e dal vicedirettore di Caritas italiana Paolo Beccegato. Un viaggio d’immigrazione al contrario, da Lampedusa a Tunisi, che vuole far riflettere sul concetto di migrante. Un libro che racconta storie di persone e ristabilisce una dimensione umana. Al microfono di Grazia Serra, la giornalista e scrittrice Patrizia Caiffa

R. – L’idea è nata durante un viaggio, con giornalisti e operatori della Caritas italiana, che abbiamo fatto nel 2011 nel campo profughi di Shousha, al confine con la Libia. Era il periodo della guerra in Libia, della primavera araba. Nel campo erano stati accolti centinaia di migliaia di profughi. Molti sono rientrati a casa, altri sono rimasti lì per diversi anni in una sorta di limbo: non avevano documenti e non si sapeva che fine avrebbero fatto. Partendo dal nostro lavoro quotidiano di giornalisti e di operatori ci siamo chiesti: come possiamo cercare di trasmettere in una modalità diversa, che non sia quella giornalistica, quella assistenziale o politica, quanto sia difficile vivere in questa condizione di migrazione, di profughi, agli italiani? Abbiamo cercato l’espediente narrativo, quindi la fiction e il romanzo, per fare in modo che i lettori potessero identificarsi con i personaggi, mettersi appunto nei panni dell’altro per capire che è un diritto di ogni essere umano aspirare alla dignità e alla libertà e sperare in un futuro migliore.

D. – I personaggi del libro rappresentano anche i volti della crisi italiana: è quindi centrale nel vostro libro il tema della fuga degli italiani all’estero…

R. – Sì, assolutamente. I due personaggi principali sono: una giovane giornalista precaria, sfruttata che guadagna molto poco, è del sud e rientra in uno stereotipo un po’ presente nelle nostre regioni del sud; l’altro è un camionista del nord, pieno di pregiudizi nei confronti dei neri, che ha perso il lavoro, che ha moglie e figli. Partiamo da una situazione di crisi che ha vissuto l’Italia in anni recenti, da cui ancora non è uscita, per rappresentare un po’ quello che è il clima nella nostra società. Un clima anche abbastanza amaro, disilluso, perché se questi italiani poi scelgono di fuggire all’estero e tentare questo viaggio della speranza assurdo vuol dire che si trovano in una situazione molto difficile. E sono contornati da una serie di personaggi, una quindicina, che viaggiano su questo barcone - che poi però è una barca con diversi confort, perché noi siamo comunque occidentali, ricordiamolo - e questi personaggi rappresentano anche uno spaccato di questa società: c’è quello che viene ricattato dalla camorra, c’è la donna che ha visto il marito uccidersi perché era pieno di debiti, c’è la ragazza che viene picchiata dal fidanzato… Abbiamo cercato di dare flash anche leggeri sulla nostra società.

D. – Nel libro si parla di persone e non di numeri: quanto è importante in un Paese in cui sempre più spesso s’invocano le ruspe, parlare di dignità e ristabilire una dimensione umana?

R. - E’ fondamentale perché se perdiamo l’umanità perdiamo tutto e bisogna sempre mettere al primo posto il rispetto dell’altro, dell’essere umano, la propria dignità e la propria libertà. Parlare di ruspe vuol dire comunque cavalcare il tema dell’immigrazione solo in maniera strumentale per avere voti in più e questo non è giusto perché dietro a questi slogan ci sono esseri umani che soffrono e in quella condizione ci potremmo trovare anche noi perché la storia non fa sconti a nessuno.

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A Illegio, in Friuli, la mostra sull'idea divina del femminile

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“L'ultima creatura. L'idea divina del femminile", è il titolo della mostra in corso a Illegio, piccolo paese di montagna in provincia di Udine, che vuole rendere testimonianza dell’importanza delle donne nella Bibbia e della notevole presenza di questo tema nell’arte occidentale. Quaranta le opere esposte fino al 4 ottobre, trenta i prestatori tra musei e altre istituzioni. Si tratta dell’undicesima mostra allestita dall'associazione culturale 'Comitato di San Floriano' di Illegio. Ma come è nata l’idea quest’anno di occuparsi della donna? Esiste qualche legame anche con l’attualità? Adriana Masotti lo chiesto a don Alessio Geretti, curatore dell’evento: 

R. – Da un lato, vogliamo riscoprire le grandi figure della donne che la Bibbia presenta  - e a dispetto della convinzione che quelle pagine siano segnate da una certa chiusura al femminile, in realtà si scoprono delle donne straordinarie - ma, soprattutto, rispetto all’attualità, c’è utile riscoprire perché Dio ha voluto l’uomo maschio e femmina e il femminile come un chiarimento dell’intenzione suprema di Dio sulla vita umana: vivere cioè prendendosi cura dell’altro, non vivere in funzione di se stessi. Questo il femminile lo mostra in maniera stupenda.

D. – Questa, quindi, in sintesi, la visione, l’idea divina del femminile? Questo essere dono per gli altri?

R. – Direi di sì. Nella Genesi le creature sono in successione studiata: entrano in scena a partire dal primo atto creatore - la separazione della luce dalle tenebre – fino all’ultima creatura che appare sulla scena, la donna, come per una progressiva manifestazione delle intenzioni divine. Potremmo in un certo senso dire che, proprio perché entra in scena per ultima, la donna costituisce il supremo chiarimento di quale sia l’obiettivo di tutta la creazione. Perché l’uomo, che ha scritto dentro il progetto di Dio, nella versione maschile rischia di essere un po’ più confuso della donna, in cui invece il progetto divino si manifesta con chiarezza, ed è il progetto di un essere che è predisposto per far vivere un altro. Nella propria struttura fisica e nei propri orientamenti interiori la donna ci ricorda che il bello della vita non è dire con forza “io”, ma dire con amore “tu”. E’ questo l’obiettivo ultimo da raggiungere.

D. – Dodici sono le donne di cui si occupa la mostra, attraverso una quarantina di opere. Può citarci qualche esempio?

R. – Ci sono le donne dello scandalo, come Tamar, donne che hanno avuto una condotta spregiudicata e interessante e ci mettono in evidenza la pazienza divina nel passare attraverso vie insolite per raggiungerci; le grandi madri, mogli dei patriarchi, sterili in origine, che una volta scoperta la fede diventano feconde; le grandi eroine che hanno liberato il loro popolo con coraggio, come Giuditta che ha sconfitto Oloferne, facendo arrossire di vergogna tutti gli uomini di Israele intimoriti e demoralizzati, con un vigore che Caravaggio, ad esempio, nella sua opera “Giuditta ed Oloferne”, mostra con una intensità drammatica insuperabile.

D. – L’obiettivo di questa iniziativa, che si ripete negli anni, non è solo artistico, ma anche di annuncio della fede…

R. – Assolutamente sì, certo, perché tutte le opere si visitano accompagnati da giovani mediatori, che aiutano a cogliere non solo gli aspetti storico-artistici, ma anche i messaggi religiosi, spirituali, biblici, aiutano ad imparare qualcosa di più sulla rivelazione cristiana. Non di rado chi ha fede esce dalla mostra dicendo “è stato come un ritiro spirituale” e chi non ce l’ha - o, perlomeno, si interroga - ne esce un po’ sorpreso, perché alcuni aspetti della rivelazione cristiana non li aveva mai presi in considerazione. Un qualche servizio, dunque, anche dal punto di vista dell’evangelizzazione, della vita della Chiesa, queste mostre lo fanno assolutamente.

D. – Un servizio anche per i giovani, per il territorio, perché appunto è occasione di formazione e anche di lavoro…

R. – Sì, la nostra idea era anche porre un segno di speranza nel cuore della nostra montagna friulana, che è purtroppo gravemente depressa dal punto di vista dell’economia, dal punto di vista dello spopolamento e dell’invecchiamento. Ci sembrava importante, da un lato collocare una cosa così ardita in un piccolo paese per dire che vivere in montagna si può, e contemporaneamente stimolare i ragazzi a non accontentarsi di troppo poco. E così - dicevo prima - ai 22 giovani che lavorano come mediatori in mostra: allenarsi ad avere ospiti, ad intrattenersi con gente di ogni genere, ad accogliere gli inviati del Louvre o del Tretyakov di Mosca, questo i nostri ragazzi hanno imparato a fare a Illegio. E questo mette in moto una micro economia: 30 mila persone che vengono lì, che sono più o meno quante quelle che vivono in Carnia, se trovano altro di bello o di buono lo apprezzano. E’ quindi uno stimolo a mettersi in moto e a dare il meglio di sé.

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Nella Chiesa e nel mondo



Caritas Internationalis: meno egoismo contro la povertà

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Più ambizione, meno egoismi nazionali e più partecipazione ai processi decisionali per sradicare la povertà: è quanto chiede il presidente di Caritas Internationalis, il cardinale Antonio Luis Tagle, ai leader mondiali che dal 13 al 16 luglio si riuniranno ad Addis Abeba per la terza conferenza internazionale sui Finanziamenti allo sviluppo, appuntamento che darà vita a un negoziato intergovernativo di fondamentale rilevanza per la crescita globale. La Caritas Internationalis sarà presente all’evento con tre delegati della Cafod - l’organizzazione caritativa della Conferenza episcopale inglese e gallese - del Sécours catholique francese, e di Caritas Ghana.

Tagle: regole giuste e inclusive per una più equa distribuzione delle risorse
“I governi devono impegnarsi a finanziare lo sviluppo dei Paesi poveri”, sottolinea il cardinale Tagle, invocando la necessità di “regole giuste e inclusive in grado di garantire una più equa distribuzione delle risorse e di prevenire le attività dannose del settore privato” e ammonendo che il fallimento della conferenza di Addis Abeba “pregiudicherebbe la volontà della comunità politica internazionale di procedere alle prossime scadenze del 2015” per sradicare la povertà nel mondo.

Addis Abeba terza tappa dopo le Conferenze di Monterrey e Doha
Ad Addis Abeba sono attese istituzioni e rappresentanti politici di alto livello che dovranno valutare i progressi compiuti fino a oggi verso i traguardi fissati nel 2002 dalla Conferenza di Monterrey, dove per la prima volta fu concepita l'idea di costituire un partenariato tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo, in grado di perseguire efficacemente gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, e dalla successiva Conferenza di Doha del 2008. In particolare, si cercherà di individuare gli ostacoli e i limiti incontrati nel raggiungimento di tali obiettivi, in modo da poter pianificare le azioni da intraprendere per superare i vincoli esistenti. Sarà, inoltre, compito dell’assemblea inquadrare e affrontare le problematiche emergenti, rinvigorendo e rafforzando il sistema di controllo dei finanziamenti allo sviluppo.

I rischi di un’economia dominata dalla finanza
Il rischio avvertito da Caritas Internationalis è, tuttavia, che in questa terza conferenza - fase finale di un meticoloso processo preparatorio iniziato nell’autunno scorso - prevarrà la linea dei Paesi più forti e dei grandi potentati finanziari ed economici nel mondo. Secondo l’organizzazione cattolica, infatti, nei documenti preparatori resta ancora enorme lo scarto tra gli obiettivi fissati e le soluzioni proposte per raggiungerli, che consistono nel dare più spazio alle grandi corporation e nell’imposizione delle regole internazionali da parte dei Paesi più sviluppati. Le nazioni ricche – si osserva - vogliono finanziare l’agenda dello sviluppo, affidandosi massicciamente al settore privato, attraverso incentivi, con il rischio di creare un’economia dominata dalla finanza che avrebbe conseguenze deleterie sui Paesi dove la regolamentazione bancaria è ancora debole.

Superare gli egoismi nazionali e gli interessi a breve termine
Queste nazioni, inoltre, vogliono anche restringere i processi decisionali a spazi da essi stessi controllati, piuttosto che estenderli a sedi più inclusive come l’Onu. In definitiva,  l’agenda per lo sviluppo post-2015, continuerà a essere affidata a organismi poco inclusivi come il G-20, l’Ocse, l’Fmi e la Banca Mondiale. “I governi – sottolinea il porporato - devono andare oltre gli egoismi nazionali e gli interessi a breve termine. Abbiamo bisogno di un accordo che rispetti la dignità e la partecipazione di tutti e che non metta a repentaglio le discussioni sullo sviluppo sostenibile e i cambiamenti climatici”. (L.Z.)

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Colombia: vescovi esortano un accordo di pace con le Farc

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Il processo di pace con la guerriglia Farc, la piaga del narcotraffico, l’inquinamento e il rispetto della vita umana sono al centro delle riflessioni dei vescovi della Colombia contenute nel messaggio pubblicato al termine della loro XCIX Assemblea Plenaria, tenutasi dal 6 al 10 luglio. Nel testo, citato dall’agenzia Fides, i presuli del Paese Sudamericano invitano lo Stato “a promuovere le condizioni per raggiungere la pace con la guerriglia delle Farc”  e propongono “una pedagogia che permetta a tutti di capire la portata dei negoziati” in corso a Cuba tra i vertici dei ribelli e gli esponenti di Bogotà.

Nel messaggio si ricorda quindi il problema dell’illegale sfruttamento delle risorse naturali e della produzione di energia in modo non conforme alla legge. I vescovi infine hanno espresso il loro disappunto per le decisioni prese da organismi dello Stato sulla promozione dell'aborto e dell'eutanasia, ricordando che sono un attacco alla dignità della persona e della famiglia. (M.G.)

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Perù: la Chiesa chiede il risanamento delle miniere di La Oroya

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Mettere a norma di legge il complesso metallurgico di La Oroya, in Perù, per garantire il futuro di oltre duemila lavoratori e delle loro famiglie, preservando l’ambiente e la qualità di vita della popolazione. È quanto chiede la diocesi peruviana di Huancayo, nel cui territorio rientra il complesso minerario, considerato il più inquinante del mondo, che ora rischia la chiusura. Secondo una nota inviata a Fides dalla Conferenza Episcopale peruviana, l'arcivescovo di Huancayo, mons. Pedro Barreto Jimeno, ha detto che La Oroya vive un grave problema ambientale, sociale e lavorativo, che se non viene risolto al più presto pregiudicherà le future generazioni. Il vescovo ha sottolineato che la qualità dell'aria è essenziale per la vita e la salute delle persone, ricordando che l'Organizzazione Mondiale della Sanità indica che il livello massimo di anidride solforosa è di 20 microgrammi per metro cubo. Egli ha aggiunto che il problema del processo di vendita del complesso metallurgico richiede l'adeguamento delle misure di protezione per garantire la qualità dell'aria.

La Chiesa aveva già denunciato la grave situazione provocata dalla richiesta di una terza proroga per l'applicazione della tutela ambientale, perché questa mancanza è un'offesa alla dignità e alla salute degli abitanti di La Oroya e dei lavoratori del complesso metallurgico che sono costretti a lavorare in condizioni per loro mortali. (M.G.)

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Libia: firmato il piano Onu, ma senza il governo di Tripoli

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Siglato ieri in Marocco l’accordo di pace proposto dalle Nazioni Unite per la Libia. A firmare il testo, proposto dall’inviato Onu Bernardino Lèon, il governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale e alcune fazioni minori, tra cui le milizie che controllano la città di Misurata. Non ha firmato invece il governo di Tripoli, composto da Fratelli Musulmani e dagli islamisti di “Alba Libica”. “Siamo ancora coinvolti nel dialogo, ma non comprendiamo onestamente questa fretta a firmare l’intesa prima che tutte le parti siano d’accordo”, ha detto il portavoce di Tripoli Mowafaq Hawas. Il piano prevede la fine dei combattimenti e la creazione di un governo di unità nazionale. “E’ un primo ed importante passo verso la pace”, ha detto Lèon. Intanto sul campo almeno 19 persone sono morte e 80 ferite durante gli scontri tra soldati libici ed estremisti islamici ad est di Bengasi, città contesa da esercito e milizie. (M.R.)

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Ritrovate antiche tombe all’Abbazia di Sassovivo, in Umbria

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Sono state trovate tombe di membri della comunità monastica, ma anche di esponenti dell’aristocrazia e del clero, durante la seconda campagna di scavo archeologico presso l’Abbazia di Santa Croce di Sassovivo a Foligno. Ne dà notizia la Pontificia Università Gregoriana che ha partecipato ai lavori che si concluderanno domani.

Bucarelli: scoperta di notevole interesse storico
L’eccezionale scoperta, con una grande ricchezza di reperti, apre un campo di notevole interesse storico e antropologico sugli antichi abitanti di Sassovivo. Ad affermarlo è Ottavio Bucarelli, docente di archeologia paleocristiana e medievale, della facoltà di Storia e Beni culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana. Gli scavi sono stati guidati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria e della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, con la direzione scientifica della Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio della Sapienza Università di Roma. Ha collaborato, da quest’anno, anche l’Hungarian Natural History Museum-University Eötvös Loránd di Budapest. (R.B.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 193

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.