Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 16/07/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa ai salesiani: non deludere i giovani, ascoltare loro aspirazioni

◊  

In occasione del Bicentenario della nascita di Don Bosco, Papa Francesco ha inviato al rettor maggiore dei Salesiani, don Ángel Fernández Artime, una lettera per rendere grazie a Dio per il dono del Santo dei giovani e “richiamare gli aspetti essenziali dell’eredità spirituale e pastorale di Don Bosco ed esortare a viverli con coraggio”. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Don Bosco ci insegna anzitutto a non stare a guardare, ma a porsi in prima linea per offrire ai giovani un’esperienza educativa integrale” che coinvolga tutta la persona umana. E’ quanto scrive Papa Francesco al rettor maggiore dei Salesiani, in occasione del Bicentenario della nascita di Don Bosco. Il Pontefice sottolinea che l’Italia e l’Europa sono molto cambiate in questi ultimi due secoli, ma non è cambiata l’anima dei giovani perché anche oggi “i ragazzi e le ragazze sono aperti alla vita e all’incontro con Dio e con gli altri”. Al tempo stesso, “ce ne sono tanti a rischio di scoraggiamento, di anemia spirituale e di emarginazione”. La pedagogia di Don Bosco, evidenzia il Papa, “è l’amorevolezza” e ribadisce quanto sia necessario che “l’amore dell’educatore si esprima mediante gesti concreti ed efficaci”. Ancora, nella lettera si sottolinea la consegna totale di Don Bosco a Dio “in uno slancio per la salvezza delle anime” in particolare dei giovani, atteggiamenti che “l’hanno portato ad uscire e a operare decisioni coraggiose: la scelta di dedicarsi ai giovani poveri, con l’intento di realizzare un vasto movimento di poveri per i poveri”.

I salesiani si impegnino sulle nuove frontiere educative
Anche oggi, prosegue Francesco, “la Famiglia salesiana si apre verso nuove frontiere educative e missionarie, percorrendo le vie dei nuovi mezzi di comunicazione sociale e quelle dell'educazione interculturale presso popoli di religioni diverse, o di Paesi in via di sviluppo, o di luoghi segnati dalla migrazione”. D’altro canto, constata il Papa, “le sfide della Torino del secolo XIX hanno assunto dimensione globale: idolatria del denaro, inequità che genera violenza, colonizzazione ideologica e sfide culturali legate ai contesti urbani”. Di qui l’invito ai salesiani a “far rifiorire la creatività carismatica dentro e oltre” le “istituzioni educative”. Don Bosco, scrive, “vi aiuti a non deludere le aspirazioni profonde dei giovani”: “bisogno di vita, apertura, gioia, libertà, futuro; il desiderio di collaborare alla costruzione di un mondo più giusto e fraterno, allo sviluppo per tutti i popoli, alla tutela della natura e degli ambienti di vita”. Francesco invita dunque i salesiani ad accompagnare i giovani “nella ricerca di sintesi tra fede, cultura e vita, nei momenti in cui si prendono decisioni impegnative, quando si cerca di interpretare una realtà complessa”.

Dare un’anima alle Reti sociali, impegnare i giovani nel volontariato
Il Papa segnala in particolare due compiti: “il primo è quello di educare secondo l'antropologia cristiana al linguaggio dei nuovi mezzi di comunicazione e delle reti sociali, che plasma in profondità i codici culturali dei giovani”; il secondo “è promuovere forme di volontariato sociale, non rassegnandosi alle ideologie che antepongono il mercato e la produzione alla dignità della persona e al valore del lavoro”. Francesco riprende il tema della “emergenza educativa” di Benedetto XVI e di qui invita la Famiglia salesiana a “favorire un’efficace alleanza educativa tra diverse agenzie religiose e laiche per camminare con la diversità dei carismi a favore della gioventù nei diversi continenti” e questo coinvolgendo anche le famiglie perché non può esserci “un’efficace pastorale giovanile senza una valida pastorale familiare”. E sottolinea che gli adulti sono chiamati ad ascoltare i giovani “con pazienza, comprendere le loro inquietudini o le loro richieste, e imparare a parlare con loro nel linguaggio che essi comprendono”. “Le attese della Chiesa riguardo alla cura della gioventù – conclude il messaggio ai salesiani – sono grandi”, assumete dunque “l’eredità del vostro fondatore” per parlare e agire “con i giovani e per i giovani”.

inizio pagina

Pubblicati i bilanci di Santa Sede e Governatorato

◊  

Il bilancio consolidato della Santa Sede per il 2014 indica un deficit di 25,621 milioni di euro, mentre il bilancio del Governatorato evidenzia un avanzo di 63,519 milioni di euro: è quanto riporta un comunicato pubblicato dalla Sala Stampa vaticana.

In occasione dell’ultima riunione del Consiglio per l'Economia lo scorso 14 luglio 2015 – riferisce il comunicato - il Cardinale Pell e lo staff della Segreteria per l'Economia hanno presentato il Bilancio Consolidato della Santa Sede e il Bilancio del Governatorato. Entrambi i bilanci sono stati preparati dalla Prefettura degli Affari Economici, e esaminati e  verificati dalla Segreteria, dall’Audit Committee e dal revisore esterno. È stato osservato come il 2014 sia stato un anno di transizione verso le nuove Politiche di  Financial Management basate sui Principi Contabili Internazionali per il settore pubblico (IPSAS). I  Bilanci 2014 sono stati preparati sulla base dei precedenti principi contabili e del precedente  perimetro di consolidamento (che comprende 64 Enti della Santa Sede). Ai responsabili è stato  comunque chiesto di includere tutte le attività e passività e di fornire adeguata garanzia di  completezza e accuratezza. Nel contesto del lavoro realizzato con il revisore esterno, è stata  richiesta conferma dei saldi alle terze parti, in linea con le normali prassi di revisione, in modo che  tutti gli importi potessero essere verificati in modo indipendente. Per includere tutte le attività e  passività nei saldi di fine anno e prepararsi per le nuove Politiche, è stato necessario effettuare una  serie di scritture contabili, che rendono difficile il confronto diretto con i dati del 2013. Dove  necessario, i principali dati di confronto sono stati forniti al Consiglio.

Il percorso di transizione verso le nuove Politiche – si legge nel comunicato - sta procedendo bene e la Segreteria ha  potuto fornire un quadro molto positivo di interesse e cooperazione da parte dei diversi Enti. I Bilanci 2014 sono il frutto di una enorme quantità di lavoro da parte del personale di molti Enti  della Santa Sede, in particolare della Prefettura degli Affari Economici e della Segreteria per  l’Economia, ed i membri del Consiglio hanno espresso la loro gratitudine tanto per il lavoro  rigoroso e professionale, come per il forte impegno profuso nell’implementazione delle riforme  finanziarie approvate dal Santo Padre.

Il Bilancio 2014 della Santa Sede indica un deficit di 25,621 migliaia di Euro, molto vicino  al deficit di 24.471 migliaia registrato nel 2013. Applicando anche ai risultati 2013 gli stessi  trattamenti contabili utilizzati per il 2014, il deficit 2013 sarebbe stato di 37.209 migliaia di Euro,  con un miglioramento dunque nel 2014 in gran parte riconducibile ai favorevoli investimenti  condotti dalla Santa Sede. Le principali entrate del 2014, oltre agli investimenti, includono i  contributi fatti secondo il Canone 1271 del Codice di Diritto Canonico (21 milioni di Euro) e il  contributo dell’Istituto per le Opere di Religione (50 milioni di Euro).

Il Patrimonio Netto si è incrementato di 939 milioni di Euro, in conseguenza di aggiustamenti fatti per includere tutte le attività e passività nei bilanci di chiusura del 2014. Per gli  Enti inclusi nel perimetro di consolidamento, le attività precedentemente gestite fuori bilancio  ammontavano a 1.114 milioni di Euro, mentre le passività erano pari a 222 milioni. Mentre la  situazione patrimoniale del Fondo Pensioni non trova riflesso nel Bilancio, nel Bilancio stesso è  stato riportato che al nuovo Consiglio del Fondo Pensioni sarà richiesto di preparare un aggiornamento sulla situazione.

Come negli anni precedenti, la spesa più significativa inclusa nel Bilancio della Santa Sede è  il costo del personale (126,6 milioni di Euro), con 2.880 dipendenti distribuiti tra le 64 Enti inclusi  nel perimetro di consolidamento.

Il Bilancio 2014 del Governatorato evidenzia un avanzo di 63.519 migliaia di Euro con un  miglioramento significativo rispetto al 2013 (33.042 migliaia di Euro), in gran parte dovuto alle  significative entrate ricorrenti derivanti dalle attività culturali (specialmente i Musei) e ad  investimenti favorevoli. Il Patrimonio Netto si è incrementato di 63,5 milioni di Euro, e non è stato  necessario effettuare alcun aggiustamento alle attività o alle passività nel bilancio di chiusura 2014.  Il Bilancio indica che il personale complessivo del Governatorato ammonta a 1.930 unità.  Successivamente alla riunione del Consiglio per l’Economia, la Segreteria per l'Economia è  stata informata che il revisore esterno ha confermato il rilascio di una relazione di revisione  favorevole (clear audit certificate) per il Bilancio della Santa Sede e del Governatorato.

Al Consiglio – riferisce il comunicato - è stato inoltre fornito un aggiornamento sul budget 2015. I budget sono stati  preparati secondo le nuove Politiche di Financial Management, approvate l'anno scorso dal Santo  Padre. Il Consiglio a fine maggio scorso ha ricevuto una proposta di budget dettagliata redatta dalla  Segreteria. La proposta evidenziava le attività pianificate, nonché le entrate e le spese previste per il  2015 e includeva raccomandazioni specifiche per ciascuno dei 136 Enti che figurano nell'elenco,  come approvato dal Santo Padre, che sono soggetti al controllo e alla vigilanza del Consiglio e della  Segreteria. I budget indicano che è probabile che i deficit registrati in questi ultimi anni continuino  anche nel 2015. Mentre si stanno facendo rapidi progressi nell'attuazione delle riforme richieste dal Santo  Padre, il passaggio completo agli IPSAS richiederà probabilmente qualche anno. I budget 2015 ed i  bilanci 2015 ne costituiscono il primo importante passo. A partire dal 2015, il Bilancio Consolidato  della Santa Sede includerà le nuove pratiche ed i nuovi Enti, come richiesto nel quadro delle nuove  Politiche di Financial Management e delle norme IPSAS.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

Guida per un Paese più giusto: il presidente del Paraguay sulla visita del Papa.

Effetto Vienna: Putin elogia Obama per l'intesa sul nucleare iraniano.

La stessa esperienza di Geremia: l'omelia dell'arcivescovo di Lucca, Italo Castellani, per le esequie del sacerdote e missionario Arturo Paoli.

Impaccio e originalità: Gabriele Nicolò su una mostra, a Madrid, su Zurbarán.

Un articolo di Silvia Gusmano dal titolo "Come le ammaccature di una mela": la complessità dell'animo umano nel romanzo postumo di Winifred Holtby.

Felice Accrocca sulla guerra di frate Chiarello: rileggendo Salimbene dopo le parole del Papa in Paraguay.

Sempre vino nuovo: Sergio Massironi su come comunicare Gesù.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Pakistan: minacce ad Asia Bibi in carcere da oltre 2.200 giorni

◊  

Asia Bibi, la donna cristiana pakistana condannata a morte per blasfemia è detenuta da oltre 2.200 giorni nel carcere di Multan, nella provincia del Punjab. In attesa del pronunciamento della Corte Suprema, che potrebbe decretarne la scarcerazione, resta alto il rischio sull’incolumità della donna, sulla quale penderebbe una taglia, equivalente a soli 80 euro, per chi, in cella o dopo l’eventuale scarcerazione, la uccidesse. A denunciarlo è suo marito, Ishaq Masih, in un’intervista ai media britannici. Sulle condizioni attuali della cinquantenne pakistana, Elvira Ragosta ha intervistato Paul Bhatti, presidente dell’Alleanza delle minoranze religiose pakistane ed ex ministro pakistano delle Minoranze: 

R. – Asia Bibi è in prigione, è sotto pressione … è una donna povera, lontana dai suoi figli … questa è la sua situazione. E anche la minaccia che lei sa che può morire in qualsiasi momento. Chiaramente, ci sono stati momenti di speranza e di delusione, perché a un certo punto, quando il suo caso è stato sentito nel Tribunale di Lahore, sembrava che forse ci fosse qualche spiraglio, che poi dopo non c’è stato più.

D. – Le condizioni in carcere, in questo momento, sono di isolamento?

R. – Sì: lei è in isolamento, anche perché si teme che anche in carcere possano esserci atti di violenza come è accaduto alcuni mesi fa a Rawalpindi, quando uno dei poliziotti ha sparato a due persone che erano state accusate di blasfemia … Comunque, credo che l’organizzazione del carcere e le forze dell’ordine in qualche modo abbiano un’attenzione particolare per Asia Bibi anche in funzione, probabilmente, della pressione internazionale che subisce tuttora il nostro governo.

D. – Quello di Asia Bibi è diventato un caso-simbolo della persecuzione dei cristiani in Pakistan e della controversa legge sulla blasfemia che vige in questo Paese …

R. – Sì. Noi stiamo seguendo il caso di Asia Bibi che però rappresenta la condizione anche di tanti altri cristiani o di altre minoranze. C’è Sawan Masih che è stato accusato dopo l’attentato di Lahore, che è ancora in prigione anche lui; ci sono tantissimi altri giovani che sono stati accusati falsamente e dei quali forse potrei dire che vivono anche peggio! Perciò la cosa nostra è trovare una soluzione al problema per cui possiamo aiutare queste vittime innocenti e possiamo fare in modo che questo tipo di odio possa finire, in Pakistan. Su questo noi stiamo lavorando su vari fronti, con il governo attuale: con il dialogo interreligioso, con il curriculum scolastico …

D. – Molte inchieste indipendenti hanno dimostrato l'estraneità di Asia Bibi alle accuse di blasfemia per le quali è stata condannata; si attende adesso il pronunciamento della Corte Suprema. Quali speranze ci sono per una scarcerazione a breve?

R. – Io ho tante speranze! Perché se guardiamo alle statistiche, finora nessuno dei casi con sentenza emessa dalla Corte è stato giustiziato. E questo io credo che succederà anche per Asia Bibi.

D. – Cosa può fare la comunità internazionale?

R. – Io penso che la comunità internazionale più che seguire il caso specifico, dovrebbe unirsi per fare passi concreti in modo che questo odio, queste discriminazioni che stanno nascendo con le persecuzioni dei cristiani ma anche di altre minoranze – pensiamo anche all’Is, a Boko Haram, a gruppi che nascono in nome di una religione e uccidono poi le persone – finiscano. Perché Asia Bibi è un caso, ma ci sono tante persone innocenti, anche giornalisti, che vengono giustiziate o uccise da persone che vogliono imporre una determinata filosofia loro – non dico neanche religiosa, nemmeno radicale: una filosofia terroristica, un’ideologia di violenza … Così, come comunità internazionale – inclusa in modo particolare la Comunità europea – si unisca e faccia dei passi concreti.

inizio pagina

Eurogruppo: via libera a salvataggio Atene dopo sì del parlamento greco

◊  

Via libera dell'Eurogruppo al terzo salvataggio finanziario della Grecia, dopo il sì - la scorsa notte - del Parlamento di Atene al primo pacchetto di riforme concordate dal premier Tsipras a Bruxelles per ottenere nuovi aiuti dai partner europei ed evitare l’uscita dall’Euro. Il voto favorevole è costato però la spaccatura del partito di governo Syriza, mentre la popolazione è scesa in piazza per contestare le misure di austerità imposte dai creditori. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Una notte drammatica per il premier Tsipras, per la tenuta del suo governo e per la Grecia tutta, spaccata sul Piano di Riforme, approvato oltre lo scadenza della mezzanotte fissata come termine ultimo da Bruxelles a garanzia di quanto pattuito, in cambio di 86 miliardi di nuovi aiuti dai partner europei. 249 i voti a favore alle misure di austerità, ben oltre i 151 necessari, grazie al supporto delle opposizioni al governo di Atene, il primo - ricordiamo - di estrema sinistra nella storia dell’Unione Europea, che esce spaccato da questa seduta, con ben 34 deputati - su 149 del partito Syriza del premier - che hanno detto no al Piano, mentre altri 6 si sono astenuti. Eppure Tsipras si era appellato all’unità della sua maggioranza: “senza il vostro sostegno nel voto di stasera  - aveva detto – sarà difficile per me restare alla guida del governo”, su cui ora pesa dunque una grande incognita. “Ho fatto una scelta di responsabilità e di dignità”, ha cosi difeso Tsipras l’accordo stretto con i creditori, che a Bruxelles sono al lavoro per un prestito ponte per il fabbisogno immediato del Paese e la riapertura delle sue banche. Una strada ancora tutta in salita e sconosciuta da percorrere per la Grecia. 

 

Ma quali scenari si aprono in Grecia nel giorno forse più difficile sul per il suo premier, che sarebbe già al lavoro per un rimpasto di governo? Lo abbiamo chiesto al prof. Carlo Altomonte, docente di Politica economica europea, all’Università Bocconi di Milano: 

R. – La Grecia ha avuto questo programma di aiuti rinnovato dal Consiglio europeo, sicuramente a condizioni forse più dure di quelle originariamente previste, però – mi faccia sottolineare – non più dure dal punto di vista dell’austerità finanziaria, questo è un errore, ma più dure dal punto di vista del controllo dei governi sul pacchetto di riforme che il governo di Atene dovrà fare.

D. – Si resta però perplessi quanto sentiamo che il ministro delle finanze tedesche, Schäuble, ancora oggi ha commentato che un’uscita temporanea dall’euro sarebbe per la Grecia la via migliore, ed ha aggiunto che un taglio del debito greco è inconciliabile con l’appartenenza all’Unione Europea. Come dire che siamo al punto di partenza dei negoziati?

R. – Schäuble ha la sua visione che evidentemente sta diventando una visione – purtroppo, diciamo – prevalente anche nel Parlamento tedesco. Schäuble pensa che solo i Paesi che siano in grado di rispettare un certo tipo di ortodossia finanziaria possano stare nella moneta unica. Schäuble è un convinto europeista, a modo suo. E quindi ritiene che la Grecia stia meglio fuori dalla moneta unica – ovviamente, che stia in Europa ma fuori dalla moneta unica – piuttosto che dentro. Detto questo, è vero che attualmente i trattati non consentono il finanziamento dei debiti tra uno Stato e l’altro. Però, un conto è dire che il debito non viene ridotto nel suo valore nominale, un conto è dire che la scadenza del debito e gli interessi che i greci pagheranno sul debito non possano essere rivisti in termini ancora più favorevoli.

D. – Se è vero, però, che le politiche di austerità imposte dalla Troika hanno impoverito la Grecia, perché non mettere sotto accusa proprio la Troika, specie il Fondo Monetario Internazionale, che in passato ha avuto esperienze fallimentari nelle politiche di austerità imposte in molti Paesi in via di sviluppo? Ecco, perché non si apre anche un dibattito su questo?

R. – Sono il primo a pensare che con la Grecia abbiamo fatto tanti errori, che abbiamo imposto al Paese un programma di austerità che il Paese non era in grado di sostenere, come si è visto nei risultati fallimentari che il programma di riforme ha avuto in Grecia dal 2010 fino al 2012-2013. Però, ricordiamoci anche che nel 2014 la Grecia stava iniziando a crescere: avrebbe segnato l’1,5% di crescita e nel 2015 i numeri erano ancora più positivi. Nel 2014 la Grecia aveva un avanzo primario di bilancio e aveva anche una crescita nelle esportazioni. Perché, alla fine, dopo una ricetta che – ripeto – è stata sicuramente più dura di quella che sarebbe stato legittimo somministrare al Paese, comunque la Grecia stava svoltando. Dopodiché è arrivato il nuovo governo ed ha cambiato le carte in tavola e la Grecia – ahimé! – si ritrova al punto di partenza, se non addirittura peggio. Il programma varato domenica è un programma che dice ai greci: dovete essere in grado di pagare il prestito che vi stiamo facendo, dovete piantarla di essere il Paese con la fiscalità più generosa d’Europa, perché tollerate troppe evasioni; inoltre avete le pensioni a 55 anni, avete i lavori usuranti, tra i quali ci sono anche i parrucchieri, eccetera eccetera. Quindi, si dice: “Noi diamo i soldi ma voi vi allineate agli standard di spesa pubblica riformata di tutti i Paesi europei, e partendo da qui fate una serie di altre riforme che vi consentano di riprendere la crescita, dopodiché siamo anche pronti a discutere una rimodulazione del debito”. Perché l’alternativa è che domani i greci non abbiano i soldi per le pensioni, per gli stipendi, per le medicine; con questo programma invece ce li hanno.

D. – L’importante, però, è che su questi Piani calati dall’alto sulle popolazioni ci sia anche un controllo ed un adeguamento, laddove non funzionino …

R. – Sono d’accordo con lei sul fatto che ovviamente – e il programma lo prevede – ci sia una revisione a brevissimo del programma di aiuti; io penso che già alla fine di settembre ci sarà una prima revisione. Anche perché a questa conclusione positiva della prima revisione del programma di aiuti è anche legata la discussione sulla moratoria del debito. Quindi i greci avranno tutto l’interesse a far bene nei primi mesi e poi riaprire il dibattito per valutare se sia possibile estendere la scadenza del debito. Forse la Grecia può essere l’esperimento attraverso il quale l’Europa impari a gestire le difficoltà di un suo Stato membro, aggirando in parte le regole strette che abbiamo e che ci impediscono di farlo. Se invece ci ostineremo, e se il piano non dovesse funzionare – e potrebbe non funzionare – a propinare alla Grecia la solita ricetta, a quel punto l’Europa avrà fallito ma evidentemente a quel punto, di nuovo, la Grecia sarà stata un laboratorio, perché non ci fermiamo lì. Ovviamente, dopo la Grecia arriverà la Spagna e arriveranno altri Paesi.

inizio pagina

Giappone rafforza ruolo militare nel mondo, proteste nel Paese

◊  

La Camera Bassa giapponese ha approvato una legge che consentirà alle truppe di combattere all’estero non più solo per difesa nazionale, ma anche in aiuto a nazioni amiche. Per il via libera definitivo bisogna attendere il verdetto della Camera Alta, ma nel Paese già infuriano le polemiche. Si tratta di un sovvertimento della Carta costituzionale nipponica, nata 70 anni fa con una forte impronta non interventista? Roberta Barbi lo ha chiesto al prof. Giovanni Battista Andornino, docente di Relazioni internazionali dell’Asia Orientale presso l’Università di Torino:  

R.  – Finora il Giappone ha avuto una Costituzione in cui un articolo specifico - il numero 9 - implica che le sue forze armate non possono intervenire in teatri internazionali di conflitto, ma possono soltanto essere ospitate a livello minimale nazionale per difendere il territorio nazionale. Questo articolo non è stato modificato, ma è stato reinterpretato dal governo in un’ottica “estensiva”.

D. – Ci sono già state molte proteste popolari - l’opposizione ha abbandonato l’Aula durante il voto - si contesta a questa legge di essere in contrasto con una Carta costituzionale che contiene una rinuncia perpetua alla forza…

R. – Tradizionalmente questo articolo numero 9 che viene enunciato in termini abbastanza non equivoci, e che in realtà dispone la rinuncia all’utilizzo della forza se non per motivi di autodifesa, è stato interpretato dal governo in senso “restrittivo” e quindi sostanzialmente deve esserci qualcuno che insidia la sovranità giapponese. Questo governo - ed è il motivo appunto di contesa - ha scelto una strada non di revisione costituzionale, pienamente legittima, che però avrebbe implicato vari passaggi parlamentari e anche una consultazione popolare, ma ha scelto la strada della reinterpretazione autonoma del dettato costituzionale. La maggioranza di governo è estesa, è ampia, quindi può operare anche se la Camera Alta, che ancora si deve pronunciare, dovesse esprimersi negativamente. Ci si può attendere che nell’arco dei prossimi 70 giorni la Camera Bassa, anche trovandosi di fronte a un no della Camera Alta, possa riconfermare i due dispositivi legislativi e, in questo modo, forzarne l’applicazione.

D.  – Quindi se approvata anche dalla Camera Alta presto potremo vedere il Giappone combattere all’estero per la prima volta da 70 anni?

R. – Io penso che lo vedremo progressivamente, però penso per esempio al supporto logistico. Il punto non è che il Giappone non lo abbia mai fatto in assoluto, è già avvenuto. Il punto è che questo dispositivo legislativo in via di approvazione prevede che non sarà più necessario, volta per volta, che il Parlamento si esprima su un intervento.

D.  – La Costituzione nipponica era stata in parte imposta dagli americani al termine della Seconda Guerra Mondiale, almeno sul tema dell’azione militare. Ora invece il Giappone potrà intervenire accanto agli Stati Uniti, o ad altri Paesi amici, in caso di minaccia diretta…

R. – Il punto è stato ben colto dal primo ministro Shinzo Abe quando ha spiegato e illustrato il progetto di legge dicendo che le condizioni ambientali in cui il Giappone si trova adesso nella regione e nel mondo sono profondamente diverse rispetto a quelle di 70 anni fa, quando finiva la guerra nel Pacifico. In questa situazione occorre che l’apparato legislativo e gli strumenti del governo giapponese siano all’altezza delle nuove sfide. Ci troviamo in una situazione un poco paradossale: gli Stati Uniti hanno scritto una Costituzione pacifista e oggi sono i primi a rallegrarsi di questi dispositivi che vengono approvati; la società giapponese è, invece, quella che punta con forza ad accendere la natura pacifista della Costituzione e quindi della politica estera giapponese.

D. – Il Paese risente del peso politico e militare della Cina, poi c’è lo sviluppo missilistico della vicina Corea del Nord: sono tra le motivazioni per cui si è giunti a questo provvedimento?

R. – Senza nessun dubbio. In realtà questo provvedimento è in via di approvazione, ma segue un lungo dibattito che è in atto da tempo in Giappone, che si è tradotto in svariate prese di posizione di questo governo e dei precedenti e in tutti questi casi non si è fatto mistero che la postura anche di difesa delle cosiddette “forze di autodifesa giapponesi” è una postura che va sempre meno a esporsi lungo in confini tradizionalmente critici - quelli per esempio con l’ex Unione sovietica al nord - e sempre di più si ri-orienta verso teatri orientali e sudorientali dove chiaramente è tangibile la presenza crescente della Cina.

D. – L’economia giapponese non è più florida come un tempo: ci sarà la copertura finanziaria per questa legge che rischia di compromettere l’immagine del premier, Abe?

R. – Questo è un procedimento legislativo “tossico” dal punto di vista politico e si inserisce anche in un contesto non facile perché il governo dovrà affrontare alcuni passaggi delicati: uno relativo al discorso che Shinzo Abe stesso dovrà fare per i 60 anni della fine della guerra, poi c’è la questione legata alle basi americane del territorio giapponese, un’altra è la riattivazione del reattore nucleare … Insomma, ha la necessità che questa legislazione passi il più in fretta possibile. Le risorse finanziarie sono un tema che viene toccato ma è la tossicità politica della scelta che viene messa in luce, più che non la sostenibilità economica.

inizio pagina

Cannabis. Garattini: dalla politica un brutto segnale

◊  

In Italia prosegue il dibattito politico sulla legalizzazione della cannabis. 218 parlamentari hanno sottoscritto e presentato una proposta di legge trasversale, per la liberalizzazione di questa droga, che prevede la possibilità di detenere una modica quantità di cannabis per uso ricreativo e di  coltivare in casa fino a cinque piante.  Questa proposta di legalizzazione è un brutto segnale ai giovani. E' quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il fondatore e il direttore dell’istituto dui ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano, Silvio Garattini: 

R. – Ritengo che la discussione che si sta facendo adesso sulla liberalizzazione o sulla legalizzazione sia un brutto segnale che diamo ai giovani. Abbiamo già due gravi forme di attentati alla salute, che sono rappresentati dal tabacco e dall’alcool: ora ne aggiungiamo un altro che evidentemente non giova certo a migliorare le cose… Dovremmo, invece, sviluppare come società un forte intervento di tipo culturale per aiutare i giovani ad evitare questa schiavitù da sostanze chimiche.

D. – Dunque un’educazione culturale, oltre il mero proibizionismo…

R. – Certamente bisogna lasciare a tutti la libertà di fare quello che vogliono, però bisogna anche dare informazioni e bisogna educare, a partire dalla scuola. Questo processo, in realtà, non esiste perché c’è questa forma di ambiguità da parte dello Stato che – da un lato – vorrebbe fare qualcosa di utile per la salute, ma che – dall’altro – non vuole rinunciare alle tasse che derivano dal tabacco e dall’alcool e che, presumibilmente, deriveranno anche dalla cannabis messa in circolazione.

D. – Una legalizzazione comporterebbe anche costi molto alti per il sistema sanitario?

R. – Non c’è dubbio che molte delle cosiddette cattive abitudini di vita che riguardano il tabacco, l’alcool, la cannabis e tutte le droghe, siano un attentato alla sostenibilità del nostro Servizio sanitario nazionale.

D. – Quali sono gli effetti della cannabis sia sul cervello, sia sulla personalità?

R. – Gli effetti della cannabis dipendono naturalmente molto dalle dosi e dalla frequenza con cui viene assunta. Gli effetti sul sistema nervoso centrale sono rappresentati soprattutto dalla dipendenza, prevalentemente di carattere fisico, e poi da una tendenza – soprattutto quando la cannabis è stata assunta in età giovanile – a sviluppare, anche a distanza di molto tempo, più malattie mentali, tra cui ansia, psicosi… Esistono, poi, anche degli effetti immediati che sono rappresentati, soprattutto negli adolescenti, dalla difficoltà di apprendimento, da una forma di distacco dai rapporti sociali. Non esistono soltanto effetti sul sistema nervoso centrale, ma anche effetti sul sistema respiratorio. Non dimentichiamo che la cannabis, dal momento che viene assunta sotto forma di sigarette, provoca la formazione di sostanze cancerogene e, quindi, la possibilità di avere tumori.

D. – Perché danneggia maggiormente i ragazzi e perché sono soprattutto i più giovani a farne uso?

R. – Il danno sembra essere correlato con il fatto che il cervello, fino almeno all’età dei 18 anni, è in sviluppo ed un sistema che è in sviluppo è molto più sensibile a qualsiasi attacco da parte di sostanze chimiche che vengano in contatto con il cervello. I ragazzi la usano perché, probabilmente, è una forma di reazione al mondo in cui vivono, ma rappresenta anche una moda. Una moda poiché molti dei modelli di riferimento dei ragazzi la usano, molti giovani la seguono.

D. – Una moda sempre più pericolosa e la cannabis, negli anni, è diventata sempre più nociva…

R. – Aumentano i contenuti di tetraidrocannabinolo nella cannabis e quindi possono aumentare anche gli effetti tossici.

D. – E’ vero che si possono registrare patologie anche dopo i 15 anni?

R. – Ci sono dei dati che indicano, certamente, che molti degli effetti si vedono a distanza di tempo, ma vi sono pure dei dati – che naturalmente vanno confermati e allargati – che indicato che si hanno anche alterazioni nella struttura celebrale. Quindi bisogna essere molto cauti e bisogna evitare di utilizzare termini come “leggera” che sono dei termini assolutamente inappropriati.

inizio pagina

Poveri 4 milioni di italiani. Caritas: le parole non bastano più

◊  

Nel 2014, 1 milione 470 mila famiglie, per un totale di 4 milioni di persone, risultano in condizione di povertà  assoluta in Italia. Lo riferisce l’Istat. Dopo due anni consecutivi di crescita, tuttavia, nel 2014 i dati sono rimasti stabili. Al microfono di Federico Piana, il commento di Francesco Marsico, responsabile area nazionale della Caritas italiana: 

R. – La prima considerazione da fare è questa: la crisi economica, che tutti noi speriamo sia finalmente agli sgoccioli, ha creato una percentuale di famiglie in condizioni di povertà che rischia di essere stabile. C’è una tendenza nel nostro Paese alla creazione di una condizione di ceti popolari che hanno un problema significativo, se non enorme, di ristrettezze economiche, di poco reddito. Il vero nodo è che queste condizioni incidono sul futuro soprattutto delle classi più giovani del nostro Paese, in termini di rischi di dispersione scolastica, e chiaramente riducono l’occupabilità e la possibilità di un futuro personale familiare sereno per quote significative di popolazione.

D. – Il Sud è ancora indietro, perché l’indice di povertà al Sud è quasi doppio rispetto a quello del Nord…

R. – Questo è l’altro nodo: evidentemente questa crisi economica ha inciso profondamente anche al Sud. Quindi c’è un dato strutturale: che evidentemente questa questione non si è mai “risolta”. E alcuni fenomeni, come la povertà, da una parte, e il minore sviluppo economico, dall’altra, purtroppo non sono risolvibili solo con la buona volontà o con i discorsi: c’è bisogno di politiche e di politiche verificabili. Lo Svimez ha parlato di “rischio desertificazione” per il Sud: vale a dire l’assenza, la rarefazione, di risorse innanzitutto culturali e sociali che possano rimettere in piedi queste regioni…

D. – Quali sono, secondo Caritas italiana, le soluzioni?

R. – La parola “soluzione” è molto impegnativa… Io dico quali sono le linee di tendenza per una possibile fuoriuscita. Innnazitutto, una misura nazionale di contrasto alla povertà - che noi stiamo portando avanti come lavoro culturale e sociale con l’Alleanza contro la povertà insieme a forze sindacali e sociali - vale a dire una misura universale per tutto il Paese che possa dare un sostegno, un reddito, per l’inclusione sociale delle famiglie che cadono in povertà. Ma ciò vuol dire, accanto a questo, territori che si fanno carico delle famiglie: non solo reddito, ma trovare tutte le possibilità di sostegno alle famiglie. Questo vuol dire figli che riescono effettivamente ad andare a scuola, genitori che possono essere riqualificati sul lavoro, e soprattutto genitori che si pongono la domanda del come creare nuovi fattori di sviluppo economico territoriale. Ovviamente questo interroga anche le comunità cristiane: queste sono grandi luoghi di inclusione sociale e di possibilità di relazione con le persone. Non lasciare le persone povere sole, non isolarle, dargli speranza, e soprattutto dargli non soltanto un aiuto, ma la possibilità di costruire un futuro differente. Questa è una responsabilità non soltanto delle istituzioni - anche se principalmente è delle istituzioni - ma anche di ogni persona che crede nella Costituzione italiana. E - mi faccia dire - per noi cristiani, che crede in una parola che è il Vangelo, cioè speranza, per una prospettiva differente sia sul piano personale sia su quello collettivo, e un orientamento che non guarda soltanto a questo tempo, ma a un tempo futuro da costruire.

inizio pagina

La Chiesa festeggia la Madonna del Carmelo

◊  

La Chiesa celebra la festa della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo,una ricorrenza istituita in ricordo dell'apparizione mariana che avvenne il 16 luglio 1251 all’allora generale dell’Ordine carmelitano, l’inglese Simone Stock, sul Monte Carmelo in Galilea. Durante l’apparizione, San Simone, che chiedeva alla Vergine di concedere un privilegio ai Carmelitani, ricevette uno scapolare, detto anche “Abitino”, e la rivelazione di privilegi connessi alla sua devozione. Per conoscere di più questa festa, Adriana Masotti ha intervistato il priore generale dell’Ordine dei Carmelitani, padre Fernando Millán Romeral, originario di Madrid: 

R. – Veramente è una delle devozioni mariane più popolari in tutto il mondo, vissuta in molti modi diversi. Per esempio, nel mio Paese è la Patrona del Mare, dunque oggi i marinai festeggiano portando l’icona di Maria nel mare … In altri Paesi, come per esempio in Cile, è la Patrona della Nazione, in Colombia è la Patrona degli autisti, dunque si celebra in tante maniere diverse. A Roma, a due passi dal Vaticano, a Trastevere, c’è la festa popolarissima della Madonna de’ noantri, che è anche molto popolare … Dunque, veramente una devozione estesa in tutto il mondo, anche attraverso lo scapolare che è un segno semplice, umile, che però ha un forte senso per tutto il popolo di Dio. La Madonna del Carmine tocca alcuni punti nodali della nostra fede, come ad esempio la bellezza del Carmelo, anche la semplicità di questa promessa dello scapolare arriva veramente al cuore del popolo semplice che, come ha detto Papa Francesco in molte occasioni, anche attraverso la pietà popolare manifesta le grandi verità della nostra fede. Dunque, io penso che sono la semplicità e l’umiltà di questa devozione ad attirare molto la gente semplice.

D. – Apparendo a Simone Stock sul Monte Carmelo in Palestina, Maria ha promesso che quanti indosseranno lo scapolare avranno il privilegio di entrare subito dopo la morte in Paradiso. Ecco: anche portare lo scapolare è una pratica diffusa?

R. – Si … Evidentemente, dal punto di vista storico ci sono tanti punti … Però, oggi abbiamo una teologia abbastanza salda e abbastanza sana dello scapolare, no? Non è un segno magico di salvezza, non è un amuleto, insomma. E' portare lo scapolare insieme ad una vita sacramentale, una vita di virtù. E perciò è un ricordo della nostra consacrazione alla Madonna, della protezione della Madonna, ma anche un ricordo della vita cristiana, della vita evangelica. Io sempre accenno che due grandi, grandissimi credenti del secolo XX, che non erano persone dolciastre, come Papa Giovanni Paolo II e come mons. Romero, appena beatificato, erano grandissimi devoti dello scapolare, l’hanno portato tutta la vita e per loro è stato un segno di grande devozione mariana ma anche di profonda vita cristiana, di impegno nel sociale, nella vita quotidiana …

D. – In sintesi, qual è il messaggio centrale della Madonna del Carmelo anche per i cristiani di oggi?

R. – Io sottolineerei due punti. Uno è che è la Madonna della Bellezza: il Carmelo, nella Scrittura, era il monte della bellezza e Maria, sotto questa vocazione del Carmelo, conserva quella spiritualità della bellezza. La Madonna del Carmine ci ricorda che nonostante i problemi, nonostante le delusioni della vita, nonostante le cose negative che ci sono – eccome! – dobbiamo promuovere la bellezza della fede, la bellezza della carità, del servizio fraterno. E’ un invito a scoprire e a promuovere la bellezza della nostra vita. Poi, io magari sottolineerei – da spagnolo quale sono – questo simbolismo del mare: direi che in questi tempi di crisi, quando tante famiglie se la passano male, quando ci sono necessità, problemi di lavoro, forse chiedere a Maria di essere più che mai “Stella del Mare”, che ci mostri il cammino verso Gesù. E' un segno di speranza, insomma, per tutto il popolo cristiano che la invoca e oggi canterà Maria, l’accompagnerà nelle processioni, le regalerà fiori … E’ dunque un segno di speranza anche per tante persone che stanno soffrendo in questi nostri tempi. Maria cammina con noi: non è un essere strano … Maria cammina con noi.

inizio pagina

La sinfonia della vita in uno spot promosso dalla Cei

◊  

La bellezza della vita raccontata attraverso l’armonia delle differenze. E’ la sfida del nuovo spot della Conferenza episcopale italiana intitolato  “Per una sinfonia della vita” che, in appena un minuto e 13 secondi, mostra la forza della vita dal suo inizio al suo termine naturale in un intreccio di suoni, immagini ed emozioni in cui unità e diversità si fondono senza soluzione di continuità. Alessandro Gisotti ha intervistato Domitia Caramazza, autrice e regista dello spot: 

R. – La vita umana è un concerto e lo spot invita a soffermarsi sul rito dell’accordatura che lo precede, che precede ogni concerto e garantisce l’armonia delle differenze. Noi vediamo nella scena iniziale una famiglia con la mamma in dolce attesa che rappresenta un ideale chiave di violino: una chiave di violino su un pentagramma musicale riproposto metaforicamente sui cinque righi di una ringhiera delle Cascate delle Marmore; oppure attraverso i cinque righi del leggio sopra il polmone d’acciaio di Giovanna; o nella corsa della campionessa paralimpica Martina Caironi, nello stadio di Grosseto. E qui c’è una ripresa con un drone che permette di vedere cinque corsie. Righi anche modellati sulla creta da due artisti non vedenti della Scuola d’Arte Sacra di Firenze. E’ uno spot in cui rumori e suoni sono da vedere e le immagini sono da ascoltare.

D. – Come nasce l’idea, come viene realizzato questo spot?

R. - L’idea nasce dall’esigenza di comunicare la possibilità di vivere questa sinfonia della vita, dal concepimento fino alla morte naturale e nell’armonia anche delle differenze. Tutto questo è possibile grazie al direttore d’orchestra, invisibile ma presente: Dio. Ho tratto anche ispirazione da un discorso di Papa Benedetto del 12 luglio 2012, in occasione della festa di San Benedetto. In questo discorso il Pontefice parlava del rito dell’accordatura necessario, prima di ogni concerto, a creare con impegno e anche con fatica questa sinfonia, questa armonia delle differenze. Concetto ripreso più volte, con forza, anche da Papa Francesco.

D. – Questo spot fa vedere come ogni persona, così come ogni nota, ha un valore unico anche perché ognuna non è più importante dell’altra e poi concorre alla sinfonia che è la vita…

R. - Sì, come ogni strumento ha un suo particolare e specifico timbro e così ognuno di noi concorre, può concorrere a questa armonia, a questa sinfonia,  se riesce ad accordarsi con l’altro.

D. – Cosa si aspetta da parte di chi vedrà questo video breve ma intenso? Come spera che venga recepito il messaggio che è al cuore di “Per una sinfonia della vita”?

R. – La mia sfida e provocazione è stata quella di proporre nel rito dell’accordatura un’armonia dei rumori e dei suoni della vita reale. Quindi mi auguro che sia uno spot che faccia innanzitutto riflettere, riflettere sulla vita, a 360 gradi, con un’attenzione particolare alla pienezza dell'esistenza, dal concepimento fino alla morte naturale, nell’armonia delle differenze.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Agenda di Addis Abeba per lo sviluppo: definite oltre 100 misure

◊  

“Un accordo globale” che “pone le fondamenta di una nuova alleanza per uno sviluppo sostenibile che non lasci indietro nessuno”: il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha definito in questi termini l’Agenda di Addis Abeba, approvata oggi nella capitale etiopica dai delegati di 193 Paesi. Un testo, si legge in una nota diffusa dalle Nazioni Unite e ripresa dall'agenzia Misna, che costituisce la base per raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile cardine dei programmi economico-sociali all'esame dell’Assemblea generale dell’Onu il prossimo settembre. Per tre giorni ad Addis Abeba rappresentanti di governi ed esponenti di organizzazioni della società civile si sono confrontati sulle strategie necessarie alla realizzazione dei programmi di sviluppo, nella consapevolezza che "i finanziamenti sono la chiave del successo dell'Agenda post-2015”.

Definite oltre 100 misure per lo sviluppo
​Nel testo approvato nella capitale etiopica sono definite oltre 100 misure. Si va dagli incentivi perché le società private "rendano compatibili" i propri investimenti con uno sviluppo sostenibile all’appoggio politico al Comitato di esperti dell’Onu sulla cooperazione internazionale in ambito fiscale, nodo cruciale soprattutto per i paesi del Sud del mondo depredati dall’elusione delle multinazionali. Non mancano impegni sul piano dell’Assistenza ufficiale allo sviluppo (Oda), che l’Unione Europea intende aumentare dello 0,2 del Prodotto interno lordo entro il 2030. Né, infine, la conferma della promessa di stanziare 100 miliardi di dollari entro il 2020 per aiutare i Paesi poveri a far fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici. (V.G.)

inizio pagina

Siria. Scomparsi sacerdote e laico melchiti: si teme un rapimento

◊  

Da domenica scorsa nessuno riesce più a entrare in contatto con il sacerdote greco-melchita Antoine Boutros e con il laico Said Al-Abdun, che lo stava accompagnando dalla città di Shahba a quella di Sama Hinadat, dove padre Antoine avrebbe dovuto celebrare la Messa domenicale. La notizia della loro sparizione è stata diffusa da organizzazioni assire impegnate sul fronte dei diritti umani. Le circostanze e le ragioni della loro scomparsa rimangono ignote, ma fonti consultate dall'agenzia Fides ritengono plausibile che i due siano stati rapiti da una delle bande criminali o delle formazioni jihadiste che operano nella zona.

Il sacerdote conosciuto per la sue iniziative caritative e umanitarie
50 anni, parroco della chiesa di San Filippo Apostolo nella città siriana sud-orientale di Shahba (50 miglia a sud-est di Damasco), padre Antoine Boutros è conosciuto anche per le iniziative caritative e umanitarie da lui coordinate nella provincia siriana di Suwayda, e per aver contribuito a mantenere in quell'area una relativa pace civile, coinvolgendosi in operazioni di mediazione tra le diverse fazioni in lotta.

Alcuni giorni fa il rapimento e la liberazione di un francescano
​Lo scorso 4 luglio, nel villaggio di Yacoubieh (provincia di Idlib, distretto di Jisr al-Chougour) era stato rapito padre Dhiya Azziz, francescano nella Custodia di Terra Santa. In un primo momento il sequestro era stato attribuito al gruppo jihadista Jabhat al-Nusra, ma poi quella fazione aveva negato ogni coinvolgimento nel rapimento del frate, caduto invece vittima di uno dei tanti gruppi di miliziani che infestano la regione e realizzano rapimenti per ottenere riscatti. La vicenda di padre Dhiya si è conclusa positivamente con la sua liberazione, avvenuta lo scorso 10 luglio. (G.V.)

inizio pagina

Colombia: sacerdote ucciso in sacrestia prima della Messa

◊  

L'anziano sacerdote Luis Alfonso León Pereira è stato barbaramente ucciso in sacrestia mentre si preparava a celebrare la liturgia eucaristica. Il tragico evento si è consumato ieri sera nella parrocchia di Santa Maria madre della Chiesa nel Barrio Sucre, quartiere della città di Monterìa.

L'omicida ha rischiato il linciaggio
A compiere l'omicidio è stato un senza fissa dimora, che era entrato in parrocchia con l'intento di rubare. Scoperto dal sacerdote mentre compiva il furto, l'indigente si è scagliato contro di lui con un moncone di bottiglia rotta, colpendolo al viso e ferendolo mortalmente al collo. Poi ha tentato di fuggire, ma è stato fermato dagli abitanti del quartiere, che stavano per impiccarlo. A salvarlo dal linciaggio è dovuta intervenire la polizia. Momenti di tensione tra le forze dell'ordine e la folla si sono registrati anche dopo l'arresto. Più di cento agenti, compresi quelli dei reparti speciali, sono stati coinvolti nell'operazione messa in atto per trasferire l'omicida in un luogo di detenzione lontano dal quartiere.

Tre giorni di lutto e celebrazioni in tutte le parrocchia della diocesi
La diocesi di Monterìa, con un comunicato firmato dal vescovo Ramon Alberto Rolon Guepsa, ha indetto tre giorni di lutto, durante i quali in tutte le parrocchie si celebreranno liturgie eucaristiche e si esporrà il Santissimo Sacramento “come atto di riparazione davanti a un fatto tanto riprovevole”. Anche nella parrocchia di Santa Maria Madre della Chiesa sarà celebrata una Messa di purificazione come atto di riparazione per il crimine commesso in quel luogo sacro.

Atti violenti a causa di una  decomposizione morale e sociale
Il vescovo esprime riprovazione per gli atti violenti che continuamente si succedono nella città e nel Paese, considerati come effetto di una decomposizione morale e sociale generalizzata. “Facciamo appello alle comunità che domani celebreranno la memoria liturgica della Vergine del Carmine” si legge nel comunicato della diocesi pervenuto all'agenzia Fides “affinchè si manifestino con tratti di sobrietà le espressioni della devozione popolare, in memoria di un sacerdote che ha speso 48 anni della sua vita al servizio della Chiesa come presbitero della nostra Chiesa particolare, distinguendosi per la sua passione civica in diversi settori della società civile”.

Padre Luis Alfonso León Pereira era molto noto a Monteria
Il sacerdote era arrivato a Monterìa nel 1968, dopo aver ricevuto l'ordinazione sacerdotale a Charalà, nel dipartimento colombiano nord-orientale di Santander, la sua terra natale. La sua figura era molto nota in città: nel corso degli anni '90, padre Leon aveva accettato la proposta di alcuni leader locali che gli avevano chiesto di candidarsi alle elezioni per la carica di sindaco: il sacerdote aveva vinto, sbaragliando i candidati dei partiti tradizionali. Da sindaco aveva guidato l'amministrazione comunale dal '95 al '97, per poi tornare a svolgere il suo ministero pastorale. Attualmente era parroco della chiesa di Sant'Antonio da Padova, ma negli ultimi giorni stava sostituendo per le celebrazioni liturgiche e sacramentali anche il parroco della chiesa dove è stato assassinato. (G.V.)

inizio pagina

Paraguay. Presidente Cartes: far germogliare le parole del Papa

◊  

In un messaggio alla nazione il Presidente del Paraguay, Horacio Cartes ha detto che  Papa Francesco ha lasciato “ un messaggio ricco di idee e suggerimenti, un seme che deve essere  responsabilità di tutti far germogliare, crescere e prosperare".

Parole del Papa per un Paese più equo per tutti
Tre giorni dopo la partenza del Papa - riferisce l'agenzia Misna - il  Capo dello Stato ha voluto innanzitutto ringraziare papa  Francesco “per la sua semplicità e calore, per l'enorme sforzo di incontrare le persone, sempre con un sorriso, e seguire un calendario  così intenso. E soprattutto un grazie per il tesoro delle sue parole, che fanno luce sul nostro presente e ci offrono una guida per affrontare le sfide future. Il suo orientamento illumina la strada e ci dà anche un grande compito: lavorare insieme, con sacrificio e perseveranza per avere un Paese più equo per tutti”.

Invito ad un dialogo sociale aperto, franco, senza ideologie
“ La visita di Papa Francisco  - ha detto il Presidente - ha toccato non solo l'anima della nostra nazione ma anche quella del mondo, che ha visto apprezzare le caratteristiche  nascoste della nostra gente”. Horazio Cartes invita  “tutti i leader politici, imprenditori, commercianti, contadini, i giovani, le donne perché  possano abbracciare le parole del Santo Padre e rinnovare la nostra convinzione per raggiungere: uno sviluppo economico dal volto umano che tenga in considerazione l'ambiente e le persone. Un lavoro onesto nel cercare soluzioni dignitose e definitive. E soprattutto, un dialogo sociale aperto, franco, senza ideologie. Parlare con un cuore libero, sapendo che la libertà non è sempre fare quello che si vuole”.

Papa ha lasciato un messaggio ricco di idee e di suggerimenti
​Il  messaggio del Presidente conclude:  “ Papa Francesco ci ha lasciato un messaggio ricco di idee e di suggerimenti, un seme che è responsabilità di tutti far germogliare, crescere e prosperare. I suoi insegnamenti e consigli hanno un solo obiettivo: il cuore di ogni paraguayano. E 'importante capire questo in modo che, dopo aver ricevuto la benedizione  ci si deve dire ‘al lavoro, per costruire un Paraguay che tutti sogniamo ’. E con profondo amore per la patria, lavoriamo insieme per un Paraguay  più giusto ed equo ”. (C.O.)

inizio pagina

Cuba: presentato il logo della visita del Papa ad Holguín

◊  

Una mitra stilizzata, contenente gli elementi-simbolo della città di Holguín: questo il logo della visita di Papa Francesco nella diocesi cubana, prevista per il 21 settembre prossimo. A presentare il disegno è stato il vescovo locale, mons. Emilio Aranguren Echevarría, in un incontro con la stampa. “All’interno della mitra stilizzata – ha spiegato il presule – sono rappresentati tre livelli: il mare, la città e le montagne, elementi geografici che compongono la regione. In alto, sopra il disegno dei monti, campeggia la Croce, simbolo di evangelizzazione, mentre al centro è presente la raffigurazione del cactus tipico della zona, ovvero il “tunas”, dal quale prende il nome una parte della diocesi.

Motto della visita: “Missionario della misericordia”
“Edifici, chiese e case missionarie, invece – ha continuato mons. Aranguren – rappresentano in modo astratto le città della provincia ed i luoghi in cui si svolge la vita del popolo cubano, mentre i rilievi sullo sfondo richiamano le principali catene montuose di Holguín”. In basso, al centro della mitra, è stata inserita la scritta “Papa Francisco en la diócesis de Holguín”, che sarà accompagnata dal motto della visita pontificia, ovvero “Missionario della misericordia”.

Il richiamo alla Vergine della carità del Cobre
Contestualmente, l’architetto Ana Luisa Salceda Hernández, membro del Comitato organizzatore della visita papale, ha presentato il progetto dell’ambone che Papa Francesco userà durante la Messa in Piazza della Rivoluzione: si tratta di un disegno molto semplice che richiama le onde del mare che circondano Cuba. Sul davanti, campeggerà il profilo della Vergine della Carità del Cobre, una piccola statua di 60 cm tratta in salvo dalle acque della Bahía de Nipe nel 1612, da tre umili pescatori.

Una visita breve, ma intensa
​Breve, ma intensa, la visita di Papa Francesco ad Holguín si articolerà in due momenti principali: alle ore 10.30, la celebrazione Santa Messa nella Plaza de la Revolución, seguita, alle 15.45, dalla benedizione della città dalla Loma de la Cruz. Da ricordare che, prima di Holguín, il 20 settembre il Pontefice visiterà L’Avana; il 22, invece, sarà a Santiago per poi spostarsi, dal 23 al 27 settembre, negli Stati Uniti. (A cura di Isabella Piro)

inizio pagina

Soddisfazione Pax Christi per accordo sul nucleare iraniano

◊  

“Un passo avanti fondamentale verso la non-proliferazione e, in ultima analisi, verso l’abolizione del nucleare”: così Pax Christi International definisce l’accordo sul nucleare iraniano raggiunto il 14 luglio tra l’Iran e i così detti Paesi 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania). Tra i punti principali dell’intesa c’è la graduale revoca delle sanzioni all’Iran in cambio di significative riduzioni dell'entità del suo programma nucleare e l’accesso, per gli ispettori dell'Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, a tutti i siti iraniani sospetti, compresi quelli militari. In caso di violazione dell’accordo, le sanzioni all’Iran saranno ripristinate entro 65 giorni. Non ancora  in vigore, l’accordo dovrà superare il test del Congresso americano e del Parlamento di Teheran.

Grazie alla diplomazia, evitata una guerra disastrosa
Tale intesa – scrive Pax Christi in una nota – deve essere accolta come “un segno di riavvicinamento tra l’Iran e l’Occidente. I negoziati hanno effettivamente migliorato la sicurezza e dovrebbero portare anche dei miglioramenti nella vita degli iraniani stessi”. Non solo: Pax Christi evidenzia che “l’accordo renderà l’Iran in grado di giocare un ruolo più attivo nelle politiche regionali, aumentando la possibilità di una soluzione diplomatica per la guerra in Siria” e “riducendo il potere del così detto Stato Islamico”. In particolare, l’opera diplomatica “ha evitato una guerra disastrosa in risposta alle ambizioni nucleari dell’Iran, una guerra che avrebbe messo in pericolo il mondo intero”.

Lavorare per l’abolizione totale delle armi nucleari
Quindi, Pax Christi evidenzia che tale intesa “ha il potenziale di ridisegnare il Medio Oriente” e di “rafforzare il Trattato di non-proliferazione”. “Invitiamo al pieno sostegno di tale accordo – conclude la nota – e preghiamo affinché la sua piena attuazione diventi un punto di svolta per tutte le nazioni, per porre fine all’acquisto, al possesso o alla modernizzazione delle armi nucleari, verso la loro totale abolizione”. (I.P.)

inizio pagina

Chiesa australiana: no a ridefinizione del matrimonio

◊  

I cattolici non subiscano pressioni per sostenere la ridefinizione giuridica del matrimonio: questo il monito lanciato da mons. Anthony Fisher, arcivescovo di Sydney, nel corso di una Santa Messa presieduta, nei giorni scorsi, nella cattedrale cittadina di Santa Maria. Alla celebrazione hanno preso parte numerose coppie che hanno rinnovato i loro voti matrimoniali. Nella sua omelia, il presule ha fatto riferimento al progetto di legge, attualmente in discussione in Australia, che mira a dare una nuova definizione giuridica del matrimonio, cambiandola da “unione tra un uomo ed una donna” ad “unione tra due persone” ed aprendo, quindi, alle nozze omosessuali.

Matrimonio, cellula basilare della Chiesa e della società
“Il matrimonio, tradizionalmente inteso ed universalmente compreso – ha sottolineato mons. Fisher - significa un’unione fisica, psicologia e spirituale tra un uomo e una donna, grazie alla quale essi diventano ‘una sola carne’ e formano una famiglia. Ecco perché le coppie non promettono di diventare 'partner', bensì 'marito e moglie'; ecco perché promettono di essere fedeli, fecondi ed indissolubili”. Purtroppo, ha notato mons. Fisher, questa dimensione del matrimonio oggi sembra essere “un segno di contraddizione”, dato che alcuni vogliono ridurre questa istituzione a poco più di “una dichiarazione pubblica relativa al legame fisico-emotivo tra due persone”. Nella visione cristiana, invece, la complementarietà tra marito e moglie è essenziale per “fondare una famiglia, cellula basilare della Chiesa e della società”.

Specificità del matrimonio
“Dire questo non significa criticare nessuno – ha poi spiegato l’arcivescovo di Sydney -  La Chiesa conosce ed ama coloro il cui matrimonio è fallito, chi non ha potuto avere figli, coloro che sono attratti da persone dello stesso sesso, chi vuole rimanere single”. Quindi, “dire che il matrimonio è speciale, non significa sminuire le altre realtà, bensì rispettare i diversi modi di essere umani e di amare, senza pretendere, però, di cancellare le differenze”.

No all’uguaglianza omologante
Di fronte, quindi, alla cultura attuale che ritiene “il matrimonio non debba più essere per sempre, aperto alla vita, fedele, tra uomo e donna” e di fronte a chi bolla come “bigotti coloro che sostengono il matrimonio tradizionale”, cercando di “costringerli ad accettare la decostruzione e la ridefinizione di un’istituzione fondamentale”, in nome di una “uguaglianza omologante”, mons. Fisher ha ribadito che, al contrario, il matrimonio “testimonia la visione cristiana della persona e della società” ed “illumina la comprensione del rapporto tra Cristo e la Chiesa”. (I.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 197

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.