Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 17/07/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: ascoltare grido vittime dello sfruttamento minerario

◊  

Il rispetto della dignità umana: primo tassello per raccogliere e rilanciare il grido delle comunità colpite dalle attività minerarie nel mondo. E’ uno dei concetti espressi da Papa Francesco in un messaggio indirizzato al cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. L’occasione è la Giornata di riflessione “Uniti a Dio ascoltiamo un grido”, da oggi fino a domenica a Roma,  promossa dal dicastero vaticano e dalla rete latinoamericana Iglesias y Minería. Il servizio di Sergio Centofanti: 

Papa Francesco invita a “far riecheggiare il grido delle numerose persone, famiglie e comunità che soffrono direttamente o indirettamente a causa delle conseguenze troppo spesso negative delle attività minerarie. Un grido per i terreni perduti; un grido per l’estrazione di ricchezze dal suolo che paradossalmente non ha prodotto ricchezza per le popolazioni locali rimaste povere; un grido di dolore in reazione alle violenze, alle minacce e alla corruzione”.

“Un grido di sdegno e di aiuto – afferma ancora - per le violazioni dei diritti umani, clamorosamente o discretamente calpestati per quanto concerne la salute delle popolazioni, le condizioni di lavoro, talvolta la schiavitù e il traffico di persone che alimenta il tragico fenomeno della prostituzione; un grido di tristezza e di impotenza per l’inquinamento delle acque, dell’aria e dei suoli; un grido di incomprensione per l’assenza di processi inclusivi e di appoggio da parte di quelle autorità civili, locali e nazionali, che hanno il fondamentale dovere di promuovere il bene comune”.

Ribadisce quindi il suo appello lanciato nell’Enciclica Laudato si’ “a collaborare nell’aver cura della nostra casa comune, contrastando le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri e degli esclusi, e avanzando verso uno sviluppo integrale, inclusivo e sostenibile (cfr n. 13). L’intero settore minerario – scrive - è indubbiamente chiamato a compiere un radicale cambiamento di paradigma per migliorare la situazione in molti Paesi. A ciò possono dare il loro contributo i Governi nei Paesi di origine delle società multinazionali e di quelli in cui esse operano, gli imprenditori e gli investitori, le autorità locali che sorvegliano lo svolgimento delle operazioni minerarie, gli operai e i loro rappresentanti, le filiere di approvvigionamento internazionali con i vari intermediari e coloro che operano sui mercati di queste materie, i consumatori di merci per la realizzazione delle quali ci si è serviti di minerali. Tutte queste persone sono chiamate ad adottare un comportamento ispirato dal fatto che costituiamo un’unica famiglia umana, «che tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri» (ibid., 70)”. “E’ partendo dalla dignità umana – conclude il messaggio - che si crea la cultura necessaria per affrontare la crisi attuale”.

inizio pagina

Card. Turkson: non restare indifferenti al dolore delle comunità minerarie

◊  

Esperienze dolorose e toccanti quelle raccontate in Sala Stampa vaticana da alcuni delegati delle comunità colpite da attività minerarie, che prenderanno parte alla Giornata di riflessione sul tema "Uniti a Dio ascoltiamo un grido”. Il servizio di Benedetta Capelli

Nessun giro di parole per il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Nel raccontare l’incontro, a Roma, al quale partecipano circa trenta rappresentanti di comunità colpite da attività minerarie e provenienti da diversi Paesi del mondo, denuncia le pressioni e le intimidazioni subite da alcuni partecipanti dopo la semplice richiesta del passaporto, ricorda le testimonianze di minaccia, violenze, uccisioni e rappresaglie giunte al dicastero vaticano. Per questo è necessario raccogliere il grido di queste persone vessate da “individui che lavorano senza uno scopo veramente umano”. Il cardinale Peter Turkson:

“Responsabili sono gli investitori, imprenditori, banche, politici e governanti dei Paesi dove si trovano i giacimenti oppure dei Paesi dove risiedono i quartieri generali delle multinazionali minerarie”.

Da qui l’invito a lavorare perché ci siano governi integri, genti educate e investitori con senso acuto di giustizia e di bene comune, sulla scia dell’Enciclica del Papa Laudato si':

“E’ moralmente inaccettabile, politicamente pericoloso, ambientalmente insostenibile ed economicamente ingiustificabile che «i popoli in via di sviluppo […continuino] ad alimentare lo sviluppo dei Paesi più ricchi a prezzo del loro presente e del loro futuro. (…Laudato si’, nn. 52 e 160)”.

Particolarmente toccanti le testimonianze di alcuni delegati di varie comunità, unite da storie di violenze e vessazione come quella che ha raccontato Héritier Wembo Nyama, della Repubblica Democratica del Congo. Nel suo villaggio, la presenza di una multinazionale impegnata nell’estrazione di metalli ha cambiato la sua vita e quella di tutti gli abitanti della comunità:

“Nous avons demandé de nous donner une espace qui nous allons travailler …
Abbiamo chiesto uno spazio per poter continuare a lavorare, per nutrirci, per pagare gli studi dei nostri bambini, ma ci è stato rifiutato! In questo caso abbiamo fatto una marcia e una manifestazione di protesta bloccando anche una strada e incendiando pneumatici. Sono arrivati i militari che ci hanno colpito: io sono stato preso e buttate nelle fiamme. E’ bruciato il braccio, ma anche il viso…”

Dal Cile la denuncia di aggressioni e intimidazioni dei leader locali e il grido di aiuto perché siano salvaguardate le risorse naturali. Juan Guillermo Peñaloza Sierra:

“Las empresas y sus aliados realizan actos de amenaza ...
Le aziende ed i loro alleati compiono atti di minaccia, di intimidazioni, di aggressione e di criminalità contro i leader che rappresentano le comunità e le persone che difendono l'ambiente, il Creato e i diritti umani. In molti casi, le aggressioni si concludono con l'uccisione dei difensori, come in diverse regioni dell'America Latina”.

Due i racconti dal Brasile: quello di Patricia Generoso Thomas che ha messo in luce lo sfruttamento delle risorse idriche nella città di Conceicao do Mato Dentro con inevitabili ripercussioni sull’agricoltura:

“Muitas famílias foram obrigadas...
Molte famiglie sono state obbligate a ritirarsi dai luoghi in cui vivevano da varie generazioni per lasciare posto alle cave minerarie e a laghi artificiali con gli scarti del processo di estrazione. Altre famiglie devono convivere quotidianamente con l’aggressione ambientale e hanno sofferto alterazioni violente del loro stile di vita, della loro tranquillità e buon vivere”.

Padre Dario Bossi è un missionario comboniano, lui ha raccontato l’impegno di “Iglesias y Mineria” che riunisce circa 70 gruppi di base cristiani latinoamericani, da tempo a fianco delle comunità locali:

“Le comunità si trovano, inoltre, a far fronte alla criminalizzazione e alla persecuzione dei leader impegnati a difendere la loro terra e i loro diritti. Un nostro amico e compagno, Alaide Abreu da Silva, leader di una delle comunità colpite dalle attività minerarie nello Stato del Maranhão, in Brasile, dice: ‘Solo nella nostra regione di Carajás, nel Nord del Brasile, abbiamo avuto negli ultimi tre anni 26 conflitti aperti tra l’impresa mineraria Vale, che è la maggior produttrice di ferro al mondo, e le comunità locali. Alle manifestazioni popolari, in molti casi la risposta del governo e della multinazionale è stata la criminalizzazione e la denuncia della nostra gente, e così l’impresa da aggressore diventa vittima, come se le nostre comunità disturbassero i suoi progetti e pregiudicassero i suoi guadagni’”.

Dal 17 al 19 settembre si terrà una seconda giornata di riflessione, dopo quella del settembre 2013, con i dirigenti delle compagnie minerarie, allora parteciparono solo una ventina di imprenditori. E’ necessario un cambiamento per combattere “l’indifferenza, il cinismo e l’impunità - afferma il cardinale Turkson - in vista del bene comune, della giustizia, della sostenibilità, della dignità umana”.

inizio pagina

Tra i nuovi Venerabili il vescovo di Verona Giuseppe Carraro

◊  

Papa Francesco ha ricevuto il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando il dicastero a promulgare i Decreti riguardanti le virtù eroiche di 8 nuovi Venerabili Servi di Dio. Tra questi, il vescovo di Verona mons. Giuseppe Carraro, morto nel 1980. Di famiglia povera, riuscì a laurearsi in scienze naturali. Ordinato sacerdote a 24 anni e vescovo a 53, restò alla guida pastorale di Verona per un ventennio. “Offro la mia povera vita - scriveva - con tutto ciò che il Signore mi riserverà di soffrire, agire, servire e pregare, particolarmente per la santificazione dei Sacerdoti: perché non deviino, non si scoraggino e non si smarriscano, non tradiscano i santi vincoli che li legano a Cristo, alla Chiesa e al popolo cristiano”. Ai cristiani di Verona diceva: “Dio non vi ha chiamato a una vita borghese, mediocre, di compromesso. Vi ha chiamato ad una vita fervente, animata di carità, di fede salda, coerente, operosa”. Mobilitò la diocesi per un'azione generosa di solidarietà in occasione del disastro del Vajont, delle alluvioni di Firenze e dei terremoti del Belice, del Friuli e dell'Irpinia.

Tra i nuovi Venerabili ci sono altri due italiani, impegnati tra emarginati e persone in difficoltà: Elisa Miceli, fondatrice delle Suore Catechiste Rurali del Sacro Cuore, un istituto nato all’inizio del 1900 per accogliere le ragazzi madri, all’epoca cacciate di casa e rinnegate dalla famiglia, e fra Simpliciano della Natività, francescano di Sorrento che nel 1800, tra accuse e calunnie di ogni tipo, si diede a soccorrere le donne finite in strada. “La carità non ha colori – diceva – non fa preferenze ma abbraccia tutti, previene i bisogni e perdona i colpevoli”.  Invitava a fare tanto e a parlare poco: "sforzati di possedere la virtù del silenzio – era la sua esortazione – è la chiave per possedere tutte le altre virtù”. Invece chi “parla troppo danneggia l’anima sua”.

Venerabile Servo di Dio è anche l’arcivescovo Maggiore di Leopoli degli Ucraini Andrea Szeptyckyj (al secolo: Romano Alessandro Maria), dell’Ordine di San Basilio (1865-1944). La sua azione pastorale è stata instancabile e coraggiosa, permettendo alla Chiesa greco-cattolica di sopravvivere alla persecuzione del regime comunista.

Gli altri quattro Venerabili sono:

- Agostino Ramírez Barba, Sacerdote Diocesano, Fondatore della Congregazione delle Suore Serve del Signore della Misericordia; nato il 27 agosto 1881 a San Miguel el Alto (Messico) e morto a Tepatitlán (Messico) il 4 luglio 1967;

- Maria del Rifugio Aguilar y Torres, vedova Cancino, Fondatrice della Congregazione delle Suore Mercedarie del Ss.mo Sacramento; nata a San Miguel de Allende (Messico) il 21 settembre 1866 e morta a Città del Messico (Messico) il 24 aprile 1937;    

- Maria Teresa Dupouy Bordes, Religiosa Professa della Società del Sacro Cuore di Gesù, Fondatrice della Congregazione delle Missionarie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria; nata a a Saint Pierre d’Irube (Francia) il 6 maggio 1873 e morta a San Sebastián (Spagna) il 26 maggio 1953;

- Isabella Méndez Herrero (in religione: Isabella di Maria Immacolata), Suora Professa della Congregazione delle Serve di San Giuseppe; nata a Castellanos de Moriscos (Spagna) il 30 agosto 1924 e morta a Salamanca (Spagna) il 28 dicembre 1953. (A cura di Sergio Centofanti)

inizio pagina

In udienza dal Papa mons. Rino Fisichella

◊  

Papa Francesco ha ricevutro l'arcivescovo Salvatore Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

inizio pagina

Papa, tweet: quando tutto crolla la speranza è che Dio ci ama

◊  

Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex, che ha di recente superato i 22 milioni di follower. Questo il testo: “Quando tutto crolla, solo questo sostiene la speranza: Dio ci vuole bene, vuole bene a tutti!”.

inizio pagina

Va avanti dialogo con i pentecostali. Farrel: pronto documento

◊  

Si è conclusa oggi a Roma una nuova sessione del Dialogo cattolico-pentecostale che si è svolta sul tema dei carismi nella Chiesa. Copresidenti sono stati mons. Michael F. Burbidge, vescovo di Raleigh (Stati Uniti), da parte cattolica, e il rev. Cecil M. Robeck (Assemblee di Dio, Stati Uniti) da parte pentecostale. Per fare il punto, Sergio Centofanti ha intervistato mons. Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani: 

R. - È la continuazione di un dialogo che va avanti da quasi trenta anni. Questa volta sono stati esaminati l’importanza e il ruolo dei carismi nella vita della Chiesa. È stato un dialogo molto interessante, franco e anche fruttuoso. Siamo quasi al punto di avere un documento finale che racchiude cinque anni di dialogo.

D. - Che cosa potrà emergere da questo documento?

R. – Si intende che questo documento sia una base di studio per una comprensione reciproca. Quindi la Commissione deve presentare una riflessione che poi deve essere ripresa in tutte le nostre facoltà, nei nostri gruppi, associazioni locali … Questo è il frutto del dialogo.

D. - Quali sono i progressi concreti che sono stati fatti in questo dialogo?

R. - Il punto fondamentale è capire sempre meglio il fenomeno, l’esperienza pentecostale - per noi cattolici non è facile capire questo modo di vivere il Vangelo - e da lì passare ad un nuovo livello di rispetto reciproco e comprensione cercando di andare avanti verso una collaborazione sempre più intensa.

D. - Quali sono le principali caratteristiche della spiritualità pentecostale?

R. - Innanzitutto il senso della presenza e dell’azione diretta di Dio nella vita anche dell’individuo. Questo è evidente anche nel loro modo di pregare e di capire le ispirazioni che costantemente dirigono la vita del cristiano. Poi un senso di missione, cioè di dover comunicare sempre il messaggio del Vangelo perché hanno un senso molto vivo del fatto che senza Cristo non si è salvati.

D. - C’è stato un impulso particolare per il dialogo con i pentecostali con Papa Francesco?

R. - Certamente anche lui porta una novità che è quel suo mondo di vivere il cristianesimo come esperienza e non solo come dottrina. Questo lo capiscono molto bene e sentono una vicinanza particolare.

D. - I pentecostali sono sempre più numerosi nel mondo, come i carismatici cattolici  …

R. - Credo che questo corrisponda al fatto che le persone oggi sentono il bisogno di una vera spiritualità che superi quel cristianesimo intellettuale che riduce tutto ad una fede di dottrine da accettare o non accettare. Invece l’uomo di oggi ha bisogno di sperimentare la presenza, la grazia di Dio, nella vita concreta, e questo i pentecostali e i carismatici cattolici o cristiani lo sentono vivamente e lo trasmettono nella loro allegria e nel loro senso di comunità.

D. - Questo dialogo come si inserisce nel dialogo più ampio con il mondo protestante?

R. - Bisogna distinguere due tipi di mondo con cui dialoghiamo, cioè quel mondo delle chiese storiche in cui abbiamo tanti elementi di comunanza e abbiamo la stessa storia e tutto questo mondo nuovo dei pentecostali, dei carismatici, una nuova forma vitale di vivere in modo autentico il Vangelo nella vita concreta. Questi sono due modi di fare il dialogo, perché le basi e i punti comuni sono diversi.

D. - Una nuova speranza per il cammino dell’unità dei cristiani?

R. - Sì, noi lavoriamo perché possiamo superare quelle divergenze e rivalità che per secoli hanno caratterizzato i rapporti tra le chiese. Adesso cerchiamo di costruire ponti di fratellanza e di comprensione che portino poi a collaborare perché c’è tanto lavoro da fare insieme in questo mondo secolarizzato.

inizio pagina

Eliporto del Papa a disposizione per emergenze del Bambin Gesù

◊  

Le eliambulanze o gli elicotteri che trasporteranno bambini in condizioni di salute critiche, diretti all’Ospedale Bambino Gesù, potranno atterrare d’ora in poi nell’eliporto vaticano per sveltire i ricoveri dei piccoli pazienti, con grande soddisfazione da parte di Papa Francesco.

La scelta di usare per scopi sanitari situato la struttura situata nei Giardini Vaticani è frutto di un accordo tra Governatorato dello Stato Vaticano e l’Ospedale pediatrico della Santa Sede, sottoscritta dal segretario generale del  Governatorato,  mons. Fernando Vérgez Alzaga,  e  dal  presidente  del Bambino Gesù, Mariella Enoc.

“Il Governatorato – si legge nel testo dell’accordo – concede al Bambino Gesù di Roma  l’autorizzazione all’atterraggio e al decollo, sia  diurno  che  notturno,  all'interno  dello  Stato  della  Città  del  Vaticano,  di  eliambulanze  ed elicotteri provenienti o diretti verso l'Ospedale, per gravi urgenze ed emergenze pediatriche o per casi  riguardanti espianti  e  impianti  di  organi. L'accordo  è  propedeutico  all'inserimento dell'eliporto del Vaticano all'interno della Rete regionale per la gestione delle emergenze. Informato  dell'iniziativa – si legge ancora –  Papa  Francesco  ha  manifestato  la  Sua  gioia  e  ha  espresso  la  Sua  benevolenza per l'accordo che sarà di grande aiuto ai bambini”.

“Siamo  grati” per  questa  opportunità, afferma la presidente  del  Bambino Gesù,  Mariella  Enoc, soprattutto  per “i  tanti  piccoli  pazienti  provenienti  da  tutta  Italia,  che  hanno purtroppo  urgenza  di  raggiungere  il  nostro  Ospedale.  E' un  gesto  importante  di  carità che risponde  ad  un  bisogno  di  salute  fondamentale:  la  vicinanza  fisica tra  lo  Stato  della  Città  del Vaticano e la nostra sede del Gianicolo, infatti, consentirà di accorciare in maniera significativa i tempi  di  trasporto, contribuendo  in  molti  casi  a  salvare  la  vita  dei  bambini”. Un grazie personale della Enoc viene rivolto al comandante Domenico Giani, capo della Gendarmeria Vaticana, “che molto si è adoperato con spirito di collaborazione – dice – per il raggiungimento di questo risultato”.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

Il grido di dolore dei popoli delle miniere: Papa Francesco chiede un radicale cambiamento di paradigma per l'intero settore.

Due tradimenti: Anna Foa sull'ultimo romanzo di Amos Oz.

In punta di piedi: la missionaria saveriana Virginia Isingrini sul centro di ascolto per i giovani ad Atemajac in Messico.

Un articolo di Silvia Guidi dal titolo "Le suore leggono di più": gli acquisti dei religiosi in libreria.

L'alfabeto dell'acqua: Laura Dalfollo sul cammino della storia umana dal Dio creatore al Dio salvatore.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Mosul ad un anno da cacciata dei cristiani. Mons. Yaldo: è martirio

◊  

Il 16 luglio di un anno fa, si ebbe notizia per la prima volta delle case dei cristiani di Mosul, in Iraq, segnate minacciosamente con la lettera araba "Nun" (N), cioè seguaci del "Nazareno". Oggi, nella città occupata dallo Stato Islamico non ci sono più cristiani, le chiese sono chiuse o trasformate in moschee. E la fuga della minoranza cristiana dall'Iraq continua, come testimonia al microfono di Roberta Barbi il vescovo ausiliare del Patriarcato caldeo di Baghdad, mons. Basilio Yaldo: 

R. – La situazione è tale per cui tutti gli iracheni soffrono, ma i cristiani in modo particolare, soffrono di più perché sono solo una minoranza nel Paese: non hanno alcun potere né alcuna autorità. Soffrono anche per il fenomeno delle emigrazioni, che divide le loro famiglie e che li porta a spostarsi in diverse parti del mondo: adesso ci sono cristiani iracheni in Giordania, in Siria, in Libano, in Turchia… Forse in Siria meno perché la situazione è anche peggiore della nostra.

D. – La situazione è preoccupante soprattutto a Mosul, che rappresenta una delle comunità cristiane più antiche, con una storia di oltre 1.700 anni, ridotta ora a solo poche persone…

R. – I cristiani erano la maggioranza attorno alla città di Mosul, che è la seconda città più grande dell’Iraq. Dopo Baghdad, che è la capitale, c’è Ninive, il nome antico di Mosul. Quasi tutti i cristiani dell’Iraq appartengono a questa città, Ninive, l’attuale Mosul, dove è presente lo Stato Islamico, il Daesh. I cristiani erano nei villaggi che appartengono a Ninive - tanti villaggi erano interamente cristiani, anch’io sono di lì - un giorno sono scappati e sono diventati rifugiati, hanno lasciato questi villaggi proprio un anno fa, quando è entrato l’Is. Era notte, hanno lasciato i loro villaggi e le loro case più di 120mila cristiani! Nessuno è più nei villaggi che appartengono a Mosul: la maggioranza dei cristiani è andata via.

D. – Molti sono stati costretti a scappare per paura, ma anche perché non possono pagare la tassa di protezione…

R. – Hanno dato loro tre possibilità: pagare la tassa, diventare musulmani o lasciare le loro case e andarsene da un’altra parte…

D. – Dove vanno i cristiani cacciati dalle loro case e come vivono?

R. – Sono andati verso altre città, Erbil e Duhok, che appartengono alla parte del Kurdistan. I primi giorni sono stati molto difficili per loro: la maggior parte di loro hanno dormito in strada. La Chiesa ha subito cercato di aiutare questi cristiani: prima di tutto ha costruito le tende, poi ha messo a disposizione roulotte e van. Dopo alcuni mesi ha pensato anche di affittare alcune case: in ogni stanza vivono tre famiglie. Dividono la stanza con una tenda e vivono tre famiglie: in una sola stanza! Adesso la Chiesa sta cercando di aiutarli anche in altri modi.

D. – Ci sono anche continue notizie di espropriazioni e distruzioni di chiese e conventi…

R. – Da una settimana la situazione è molto peggiorata rispetto a prima. La settimana scorsa hanno preso alcune case dei cristiani e hanno rapito 2 o 3 cristiani a Baghdad, che poi hanno ammazzato; altri 2 hanno pagato il riscatto e dopo una settimana sono stati rilasciati…

D. – Cosa può fare la comunità internazionale? Come vi può aiutare?

R. – La Comunità internazionale può aiutare il nostro Paese facendo pressione sul nostro governo e cercando di creare una sorta di protezione internazionale di questi villaggi. Nonostante mandino aiuti – aiuti sanitari, cibo, vestiario – mancano ancora tante cose. Prima in Iraq c’erano più di un milione di cristiani, questo prima del 2003; il numero poi è cominciato a diminuire e adesso non se ne trovano più di 400mila: meno della metà! Purtroppo noi siamo quel che ne resta, perché il martirio è il carisma della nostra Chiesa: all’inizio è stata perseguitata dai persiani, poi dagli arabi, poi dai mongoli, dagli ottomani. Adesso dal Daesh!

inizio pagina

Usa, Is non rivendica sparatoria a Marines, ma celebra su Twitter

◊  

Da un account twitter del sedicente Stato Islamico si celebrano le due sparatorie di ieri a Chattanooga, nel Tennesse, in cui un 24enne statunitense, originario del Kuwait, ha ucciso 4 marines, sparando contro due basi militari, prima di essere ucciso dagli agenti. Al momento non c’è alcuna rivendicazione ufficiale dell’Is. Il presidente statunitense Barak Obama ha espresso le sue condoglianze alle famiglie delle vittime e ha assicurato un’indagine a tutto campo sull’accaduto. A sparare contro i militari il giovane Mohammed Youssef Abdulazeez, laureato in ingegneria in un’università vicina al luogo delle sparatorie. Il giovane nei giorni scorsi aveva creato un blog in cui aveva scritto di jihad, ma il Site, l’istituto che monitora i siti di propaganda jihadista non ha ravvisato minacce tra i suoi scritti. Elvira Ragosta ha parlato di quanto avvenuto ieri a Chattanooga con il giornalista e scrittore Gianni Riotta

R. – Come in altri casi, c’è molta confusione, perché dapprima le autorità hanno parlato di “terrorismo domestico”, cioè di un caso di terrorismo interno e non internazionale; poi invece, sono venute delle smentite. Però sarei estremamente cauto, per due ragioni: una, può essere che gli inquirenti vogliano minimizzare la pista terroristica per non ostacolare o magari per non mettere in allarme gli indagati: questa è l’ipotesi “A”. E l’ipotesi “B” è che si tratti, invece, di un caso solitario di un individuo come anche è capitato in Francia, a metà tra disagio personale e scelta politica, e che quindi ci si voglia vedere chiaro. Di certo sono episodi che contribuiscono ad aumentare la paura e la tensione.

D. – Ecco, un attentatore solitario, si diceva. A questo punto si apre anche la riflessione sulla capacità, anche involontaria, di creare adepti …

R. – Ho assistito al “Council on Foreign Relations” a una discussione proprio sull’Is, qualche giorno fa, e quello che mi ha impressionato è che anche militari come il generale Bolger dicono: “Oggi, battere l’Is militarmente è difficilissimo; batterlo politicamente è altrettanto difficile. Però, per quanto riguarda la controffensiva su Internet e su web ci sono difficoltà ancora maggiori, perché il modo in cui il terrorismo islamico contatta le sue reclute, le affascina, le mobilita e alla fine le convince a trasferirsi al fronte è talmente sottile che non abbiamo nessuna contromisura".

D. – Questo aggressore, un 24.enne naturalizzato statunitense ma originario del Kuwait, laureato in un’università del Tennessee; di recente – negli ultimi giorni – aveva creato un blog in cui parlava di Jihad. Ma secondo un’indagine del “Site”, l’istituto che monitora i siti di propaganda jihadista, non c’erano elementi radicalizzanti tra le cose che lui scriveva …

R. – E’ molto difficile distinguere un caso dall’altro, e spesso noi – anche nell’opinione pubblica – usiamo la galassia del mondo islamico, del mondo islamista come se fosse una scacchiera in bianco e nero: “Sei un islamico – sei un islamista – sei un terrorista …”. Invece, ovviamene, ci sono moltissimi livelli di avvicinamento, di sfumature di gridio.,Si può evitare di mettere online un profilo da guerrigliero islamico, però poi si può partecipare a riti in una moschea fondamentalista; ci si può camuffare in mille modi … E poi spesso anche nel mondo della mobilitazione islamica ci sono esplosioni di rabbia individuale che magari non è rabbia politica organizzata. Gli americani sono rassegnati a dovere convivere con il terrorismo: sanno che convivranno con il terrorismo per una generazione, per trent’anni. Siamo noi europei che siamo ancora poco coscienti di questo.

D. – Questa non è la prima sparatoria avvenuta negli Stati Uniti: ci sono stati due episodi simili, uno nel 2009 in Texas, l’altro a Washington alla Navy Yard, nel 2013. Secondo lei ci sono legami con questi due episodi?

R. – Non ci sono legami diretti. Certamente, episodi del genere – cioè il lupo solitario che entra in una base e incomincia a fare strage – inducono a un effetto-imitazione.

inizio pagina

Usa, svelato commercio di feti umani in clinica abortiva

◊  

Sta scuotendo coscienze e suscitando clamori politici e mediatici, negli Stati Uniti, la denuncia di una Associazione statunitense che, attraverso un video, ha svelato le pratiche abortive illegali e il commercio di parti di feti umani in uso all’interno di una catena di cliniche abortiste del Paese. Il servizio di Alessandro De Carolis

Questa che vi raccontiamo, anzi ci uniamo a chi l’ha raccontata, è una storia di rassicuranti camici bianchi, che hanno a cuore la salute del prossimo (ovviamente pagante), ed è allo stesso tempo storia di un orribile retrobottega, in cui quegli stessi camici bianchi ottengono i loro successi studiando e usando “pezzi” di corpo di bimbi abortiti.

A ogni costo
I camici bianchi sono quelli sorridenti che campeggiano sul sito di un colosso della ricerca medica statunitense, che promette cure all’avanguardia della clinica “a ogni costo” e invita a donare sangue e midollo per consentire il progresso degli studi e regalare nuove speranze a chi è malato. L’orribile retrobottega è invece quello svelato da un video girato “undercover”, cioè di nascosto, da alcuni appartenenti al “Medical Center Progress” (Cmp), associazione no-profit americana nella quale, si afferma, lavorano giornalisti impegnati nel controllo delle pratiche mediche.

Una questione di forcipe
Quello che il video mostra è un’intervista con una donna, un medico di alto rango del colosso di ricerca, alla quale due attori dell’associazione no-profit, calatisi nei panni di imprenditori di biotecnologie, fingono di voler trattare l’acquisto di organi e tessuti fetali. La scena si svolge durante un pranzo al ristorante e proprio questa facciata di normalità rende il contenuto del dialogo ancor più agghiacciante. Tra un boccone d’insalata e un bicchiere di vino, la dottoressa illustra con esempi dettagliati e raggelante distacco come in azienda siano tra l’altro “molto bravi a ottenere cuore, polmoni, fegato”, eseguendo aborti sotto la guida dell’ecografo, perché così gli organi del bambino finito sotto il forcipe restano intatti e quindi riutilizzabili/vendibili.

Peccato sia illegale
Il rispetto per bimbi uccisi con l’impassibilità riservata all’ultima delle cavie ci impedisce di scendere in ulteriori particolari, che nel video sono comunque ben descritti. Ma non solo le parole della dottoressa dimostrerebbero l’esistenza, nelle strutture del colosso americano, della pratica del cosiddetto “aborto a nascita parziale”, dichiarato illegale negli Stati Uniti nel 2003. Quello che inquieta, appesantendo il senso di atrocità, è che la dottoressa appaia in certo senso dispiaciuta del fatto che, al momento, non si possa fare di più per spingere tutto ciò alla luce della legalità.

A scopo umanitario
Il colosso americano ha prontamente reagito all’uscita del video affermando che tutti i campioni di organi e tessuti ottenuti attraverso gli aborti sono da considerarsi legali, perché donati spontaneamente dalle pazienti – ed è francamente troppo ritenere una madre “proprietaria” del cuore o del fegato del figlio che ha deciso di abortire. Inoltre, il compenso che viene erogato alle pazienti, presentato come rimborso spese, certifica l’esistenza di un commercio attorno a tali campioni, con tanto di prezzo a seconda del tipo di organo.

Vita sacra e falsa compassione
Non ci interessa fare nomi – chi li vuole li trova sul web in un secondo. A noi interessa anzitutto essere per un momento la voce di quei piccoli e anche il loro nome, che voce e nome non li hanno mai avuti e neanche una vita perché la loro è finita in pezzi, letteralmente, prima di cominciare. A noi interessa ricordare la natura divina e il valore sacro di ogni vita umana fin dalla prima scintilla – la stessa da cui è iniziata anche quella della dottoressa e dei suoi colleghi che studiano ciò che nessuno si è mai sognato di fare a loro quando erano nelle condizioni di feti indifesi, cioè sezionarli e rivenderli al mercato. A noi interessa ricordare le parole di Papa Francesco, che parlando ai medici cattolici, lo scorso novembre, ha messo in guardia proprio dalla “falsa compassione” proposta dal “pensiero dominante”, che ritiene “una conquista scientifica ‘produrre’ un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono, o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre”. Quando è autentica, ha ricordato il Papa, la compassione non compra e non vende. È come quella del Buon Samaritano, generosa e soprattutto gratis.

inizio pagina

Proteste anti-immigrati, Caritas Treviso: inutile ogni barricata

◊  

I temi dell’immigrazione e dell’accoglienza dei migranti continuano a innescare forti tensioni. A Quinto di Treviso, l’arrivo di 101 profughi ha scatenato la rivolta dei residenti che ieri sera sono scesi in strada dando vita a una dura protesta. Disordini anche oggi, e i profughi sono stati trasferiti in un'ex caserma. Alta tensione, stamani, anche a Casale San Nicola, nella zona nord di Roma. Un coro di insulti e lanci di bottiglie ha accompagnato il pullman di 20 immigrati diretto a una struttura d'accoglienza. Tra i manifestanti, anche attivisti di estrema destra. Ma perché queste proteste rischiano di diventare esplosive? Amedeo Lomonaco  lo ha chiesto a don Davide Schiavon, direttore della Caritas di Treviso: 

R. – L’arrivo non preannunciato di questi fratelli migranti, una formazione anche a livello mediatico che ha insistito su certe tematiche relative alla salute e ai pericoli senza un fondamento concreto, hanno alzato la tensione oltre misura…

D. – In questa situazione, un peso ce l’hanno anche le dure posizioni di alcune forze politiche?

R. – Credo che, indubbiamente, certe posizioni abbiano la loro ricaduta. Avere insistito su certe tematiche, non aver voluto affrontare il problema, e porre sempre il “no” hanno creato anche delle paure. Paure sono comprensibilissime, ma che possono essere affrontate se ci si siede con calma attorno a un tavolo e si prende atto che questa non è un’emergenza, ma è un fenomeno epocale che va affrontato. Un fenomeno che non si esaurisce tirando su barricate ideologiche, né forme di conservazione fuori tempo.

D. – Il “no” della Lega in Veneto all’accoglienza dei migranti è una sorta di tradimento proprio nei confronti di gran parte della popolazione, che invece vede nella solidarietà la vera risposta a questo fenomeno?

R. – La gente delle nostre terre ha nel Dna questo elemento di solidarietà. Queste posizioni politiche sono espressione di una parte della popolazione, ma non di tutta la popolazione. La via che andrebbe pensata sarebbe proprio quella di un’accoglienza diffusa e, soprattutto, che le informazioni che vengono date siano corrette.

D. – Come aiutare gli immigrati, soprattutto in momenti come questi segnati da tensioni, da pregiudizi?

R. – Le persone che arrivano e che quindi hanno alle spalle anche dei percorsi molto faticosi, vanno il più possibile rasserenate. Bisogna far cogliere loro, però, che la realtà in cui arrivano presenta anche delle difficoltà per le persone che sono qui. E’ importante far cogliere che ci sono dei problemi – e guai a nasconderli! Isolare queste persone significa realmente innescare delle micce molto pericolose. Quando una persona è isolata e disorientata, non ha riferimenti e facilmente poi può cadere in tutte quelle conseguenze che alcune linee politiche stanno mettendo in luce. Dietro a tutta questa situazione, ci sono nomi e cognomi di chi non si assume le responsabilità.

D. – Nel percorso di accoglienza, di integrazione e di vicinanza fondamentale è il contributo della Chiesa, anche della Caritas…

R. – Nella nostra realtà ci siamo trovati proprio con un muro da parte anche degli amministratori locali, pur con le loro motivazioni che non spetta a me certamente giudicare…  Qui, Caritas, le cooperative legate a Caritas, hanno svolto un grosso lavoro e soprattutto nell’accoglienza. Ma questo anche poi con le parrocchie, con le Caritas parrocchiali, quindi con un movimento di persone e di volontari, che il più possibile cercano di vivere questa prossimità e vicinanza a queste persone.

D. – I volti spaesati degli immigrati e quelli esasperati dei residenti sono in fondo accomunati dallo stesso timore: quello di un futuro incerto su cui gravano le ombre della precarietà, della mancanza di lavoro. È su questo che si dovrebbe concentrare anche la politica…

R. – Sì, dinanzi a un mondo che cambia non possiamo pensare che ci siano persone che restano indietro. Per cui, credo che qui le fatiche siano comuni, anche se con tonalità diverse. Credo però ci sia veramente l’urgenza di lavorare in questa direzione: di non continuare a scatenare una guerra tra poveri, che poi va a vantaggio dei più forti, ma soprattutto di riuscire a cogliere questo grido che nasce dalle persone che vivono delle difficoltà, perché veramente ci sia un cambio di direzione. Altrimenti, andremo avanti a slogan, smuoveremo le pance di certe persone, ci saranno atti di violenza, ma che non porteranno da nessuna parte. La politica, in questo momento, deve veramente avere la capacità di placare i toni, di avere quella serenità di pensiero per disegnare un percorso che sia veramente favorevole per la dignità di tutte le persone.

inizio pagina

Povertà: il governo punta sul Ria, ma per le Acli le risorse sono scarse

◊  

Il governo sta dimostrando di voler lottare contro la povertà, ma a oggi le risorse sono insufficienti. E’ quanto in sostanza affermano le Acli, che ieri sera hanno partecipato assieme ad altre associazioni a un incontro col ministro del Lavoro, Poletti, per mettere a punto le strategie contro l’esclusione sociale. Il servizio di Alessandro Guarasci

L’aumento della povertà in Italia si è fermato nel 2014, ma il dato è comunque preoccupante. In questa condizione, sono poco più di quattro milioni di cittadini. Il governo ora punta sul Ria, il "Reddito di inclusione attiva", una misura che condiziona il sostegno in soldi all'adesione dei beneficiari ad un progetto che agisca sui bisogni della famiglia, sull'accompagnamento verso l'autonomia e sulla piena inclusione nella società. Lo stanziamento triennale sarebbe di 1.5 miliardi. Ma per le Acli è troppo poco. Il presidente Gianni Bottalico:

“Noi abbiamo sempre una nostra proposta di reddito di inclusione sociale che è il nostro riferimento e quindi aspettiamo. Il governo ci ha detto che siamo all’inizio di un cammino: ci attendiamo che il governo acceleri anche questo percorso o, in prospettiva, anche la legge di stabilità, in modo che l’introduzione di norme contro la povertà avvenga da subito, con la prossima legge di stabilità”.

Il reddito d’inclusione di cui parla Bottalico ha un costo di circa sei miliardi in quattro anni e prevede anche la partecipazione dell’associazionismo nell’inserimento sociale e lavorativo dei cittadini svantaggiati, oppure nell’erogazione di servizi come l’assistenza psicologica. Insomma, il nodo sono sempre le risorse. Ancora Bottalico:

“Avendo ancora questi limiti europei – e la Grecia ha fatto vedere cosa è successo – noi assolutamente non siamo in grado di operare. Quindi, credo che vada fatta una grande iniziativa politica da parte del governo Renzi per rivedere i patti di austerità che oggi sono improponibili in un Paese che vuole avviare un processo di sviluppo e di coesione sociale”.

inizio pagina

Apre il Giffoni Film Festival, cinema per ragazzi da 50 Paesi

◊  

Parte questa sera la 45.ma edizione del Giffoni Film Festival, la kermesse cinematografica dedicata ai ragazzi. Quest’anno il tema scelto per i film in concorso è: “Carpe Diem”. Ce ne parla la nostra inviata Corinna Spirito

“Carpe Diem. Cogliete l’attimo. Cogliete la rosa quand’è il momento.” Questo il consiglio che il professor Keating, alias Robin Williams, dava ai suoi studenti nel celebre film “L’attimo fuggente”. Ed è anche per ricordare l’attore, scomparso nel luglio del 2014, che la direzione artistica del Giffoni Film Festival ha deciso di dedicare la 45.ma edizione della kermesse al famoso monito di Orazio: “Carpe Diem”.

Un centinaio di film
Questo il filo conduttore di tutti i film in Concorso che le giurie di bambini e ragazzi dai 3 anni in su vedranno a Giffoni, dal 17 al 26 luglio. Le pellicole sono quasi 100 e provengono da tutto il mondo. Così come i giovanissimi giurati: quest’anno sono 3.600, divisi in sei fasce d’età, e arrivano da 52 Paesi, compresi Siria, Pakistan, Libano, Giordania e Iraq. Ce ne sarà per tutti i gusti: dai film indipendenti che difficilmente troveranno un distributore italiano a blockbuster già attesi da tempo, come il cartone Disney Pixar “Inside Out” o il film per ragazzi “Città di Carta”, dagli autori del successo “Colpa delle stelle”.

Amicizia, amore, coraggio
Tutti racconteranno storie di coraggio, amore e amicizia e cercheranno di trasmettere ai più giovani l’amore per la vita e il coraggio di seguire i propri sogni. Non mancheranno le grandi star, tra cui cinque internazionali: Mark Ruffalo, Martin Freeman, Tom Felton, Darren Criss e Orlando Bloom. Il Festival aprirà questa sera con l’anteprima di “Ant-Man”, il nuovo supereroe Marvel, nelle sale italiane dal 12 agosto. Domani mattina invece i primi film in Concorso: il tedesco “Nena” e il neozelandese “The Dark Horse”.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Messico. Vescovi: no a ridefinizione giuridica del matrimonio

◊  

Non si può ridefinire giuridicamente il matrimonio, poiché esso, in quanto unione tra uomo e donna, rappresenta “una istituzione umana e sociale basilare”: è quanto scrivono, in una nota congiunta, i vescovi della Provincia ecclesiastica di Acapulco, in Messico. In questo modo, i presuli rispondono alla proposta del governatore dello Stato di Guerrero, che il 3 luglio scorso ha presentato al Congresso un’iniziativa di legge per ridefinire l’istituzione matrimoniale a livello giuridico, eliminando la differenza sessuale come requisito necessario alle nozze. A sostegno della proposta, vengono citate due sentenze emesse quest’anno dalla Corte suprema di giustizia nazionale.

Rispettare la legislazione federale
Nella nota congiunta, dunque, i vescovi mettono in chiaro alcuni principi fondamentali: innanzitutto, essi ricordano che “l’obbligatorietà della giurisprudenza esiste solo per i Tribunali e quindi per gli organi federali non esiste l’obbligo giuridico di modificare la legislazione attuale in materia matrimoniale”. In base alla divisione dei poteri sancita dal sistema federale, infatti, spetta al “potere legislativo dello Stato di Guerrero determinare se, in base alla legislazione attuale, si debbano accogliere le sentenze della Corte suprema di giustizia”.

Matrimonio uomo-donna contributo a bene comune 
Tanto più che “lo Stato regolamenta la materia matrimoniale non in base alla legittimità giuridica o morale delle singole tendenze sessuali, bensì in funzione degli effetti potenzialmente procreativi dell’unione tra uomo e donna, del benessere dei figli che possono nascere come frutto naturale di tale relazione e dell’importanza che tutto questo ha per la società”.

Istituzione matrimoniale ha la sua origine in Dio
Di qui, il richiamo che i presuli di Acapulco fanno al matrimonio come "’istituzione umana e sociale basilare, che offre un contributo insostituibile per il bene comune della società”. “La Chiesa – prosegue la nota congiunta – insegna che tale istituzione ha la sua origine, la sua natura in Dio stesso”, poiché “è un’alleanza che abbraccia la totalità della vita tra un uomo ed una donna, stabilita con il reciproco consenso e finalizzata al bene comune dei coniugi e dei figli che ne possono nascere”.

Non alterare il significato del matrimonio
“Non spetta dunque all’arbitrio dell’uomo – concludono i vescovi messicani – alterare il significato e la struttura” di questa istituzione sociale. Al contrario, “la funzione della legge deve essere quella di riconoscerla e proteggerla in quanto tale”. In calce al documento, ci sono le firme dei responsabili della Provincia ecclesiastica di Acapulco: mons. Carlos Garfias Merlos, arcivescovo di Acapulco, mons. Dagoberto Sosa Arriaga, vescovo di Tlapa, mons. Maximino Martínez Miranda, vescovo di Ciudad Altamirano, e mons. Alejo Zavala Castro, amministratore apostolico di Chilpancingo-Chilapa. (I.P.)

inizio pagina

Filippine. Vescovi: aiutare giovani contro tossicodipendenza

◊  

Aiutare i tossicodipendenti, in particolare i giovani, a uscire dal tunnel della droga, presentando loro Dio come “l’unica strada per la felicità”, anche grazie a una pastorale “più creativa, pro-attiva ed efficace”: questo l’obiettivo presentato dalla Conferenza episcopale filippina (Cbcp) in una Lettera pastorale sul traffico di droga e la tossicodipendenza. Nel documento, che definisce la diffusione di stupefacenti “una delle forme più pericolose di colonizzazione”, si ribadisce innanzitutto che l’uomo è creatura di Dio, fatto a sua immagine e somiglianza, ed è per questo che la Chiesa “non deve mai stancarsi di ricordare che solo in Dio si può trovare il vero senso della vita”.

La Chiesa deve offrire una prospettiva di vita buona e piena
I presuli filippini insistono, poi, sul concetto di responsabilità della persona, che le permette di “non scegliere abitudini distruttive”, anche nei momenti di “frustrazione e di solitudine”. Tuttavia, viene ricordata anche “la dimensione sociale della tossicodipendenza”, perché – spiega la Chiesa di Manila – se una persona si droga vuol dire che “la società non le ha offerto una bussola morale efficace, dato che la stessa società è alla deriva”. Spetta, allora, alla Chiesa “fornire al gregge di fedeli la prospettiva di una vita buona e piena”.

Dialogare di più con i giovani
Di qui, l’ammissione della Cbcp di “non aver fatto abbastanza per combattere la droga” e l’esortazione ad “ascoltare di più i giovani, acquistando maggior familiarità con il loro temperamento e i loro stati d’animo” e collaborando con i laici, affinché la Chiesa possa essere davvero, “in senso spirituale e fisico, un rifugio per i ragazzi, in cui placare la loro irrequietezza grazie all’interazione tra coetanei, la condivisione della Buona Novella e la dimostrazione di quanto possa essere appagante la via del discepolato”. 

Polizia sia risoluta nel combattere il crimine
Quindi, i vescovi filippini lanciano un monito contro i produttori e gli spacciatori di droga, i quali “distruggono le persone e le comunità nel modo peggiore, anche rispetto alle calamità naturali”. Per questo, pur ribadendo la propria contrarietà alla pena di morte, la Chiesa di Manila chiede “risolutezza alla polizia e alle forze dell’ordine affinché impediscano il traffico di stupefacenti, fermino coloro che sono coinvolti nel commercio della droga, smantellino i ‘cartelli’ del settore e lavorino per garantire che gli stupefacenti non vengano riciclati e rimessi sul mercato così detto ‘sommerso’”. “Chiediamo – scrivono i presuli filippini – azioni giuridiche incessanti contro i responsabili del narcotraffico e coloro che usano le persone come corrieri della droga”.

Formare le comunità alla prevenzione
Non solo. La Chiesa filippina insiste sull’importanza di “formare la comunità per coinvolgerla nella prevenzione e nella persecuzione del crimine”, in quanto “è dovere della comunità stessa denunciare i reati e far sì che i criminali vengano assicurati alla giustizia”. Richiamando i fedeli all’unità, infine, i vescovi aggiungono: “Bisogna essere fermi nell’eliminare questa minaccia distruttiva, questo male sociale dalle nostre comunità in modo che i nostri giovani possano guardare ad un futuro sano”, stando “al sicuro e lontani” dalla tossicodipendenza. (I.P.)

inizio pagina

Zambia: Chiesa è sempre vicina a poveri e vulnerabili

◊  

“La Chiesa cattolica continuerà a raggiungere i poveri ed i vulnerabili della società, in particolare gli ammalati e i bisognosi nella salute del corpo, dell’anima e della mente”: è quanto ha affermato, in questi giorni, mons. Telesphore George Mpundu, presidente della Conferenza episcopale in Zambia (Zec), intervenuto all’open day dell’ospedale “Cardinal Adam Memorial” di Lusaka. Dedicato ad Adam Kozłowiecki, primo porporato del Paese, il centro sanitario è un punto di riferimento importante a livello nazionale, soprattutto grazie ai servizi offerti nel settore ostetrico, urologico ed oncologico.

Chiesa fornisce 60% dei servizi sanitari in zone rurali
“La Chiesa cattolica – ha detto mons. Mpundu – lavora a stretto contatto con il Ministero della salute per offrire un servizio sanitario di qualità accessibile a tutte le famiglie del Paese”. Da canto loro, le autorità statali presenti all’evento hanno ringraziato la Chiesa cattolica per il suo notevole impegno: attualmente, infatti, il 60% dell’assistenza sanitaria nelle aree rurali del Paese è fornita da strutture cattoliche.

Presenza capillare
D’altronde, la Chiesa cattolica zambiana è presente nel campo della salute in modo capillare, grazie al coordinamento operato dal Dipartimento nazionale cattolico per la salute della Zec, cui fanno capo 18 ospedali, 38 presidi sanitari rurali che lavorano in collaborazione con le strutture pubbliche, ma anche con organizzazioni caritative straniere cattoliche, come i "Catholic Relief Services" (Crs) statunitensi e altre ong cristiane locali.

200 centri di assistenza per i malati di Aids
Oltre all’ospedale“Cardinal Adam Memorial” di Lusaka, un altro centro d’eccellenza della sanità cattolica in Zambia è il “National Catholic Hospital di Bauleni”. Particolarmente prezioso, poi, è l’impegno nella lotta e nella prevenzione all’Hiv/Aids: attualmente la Chiesa locale dispone di 200 centri di assistenza comunitaria per malati, distribuiti in tutte le sue undici diocesi. A questa opera, va aggiunto quella della Caritas Zambia, impegnata insieme ai Dipartimenti Giustizia e Pace della Zec in vari programmi di sviluppo e promozione umana. (I.P.)

inizio pagina

Nel 2016 a Fatima Congresso eucaristico sulla misericordia

◊  

“Vivere l’Eucaristia, fonte di misericordia”: sarà questo il tema del Congresso nazionale eucaristico che si terrà nel 2016 a Fatima, in Portogallo. L’evento, in programma dal 10 al 12 giugno del prossimo anno, avrà due importanti riferimenti: il Giubileo straordinario della misericordia, che si apre il prossimo 8 dicembre, e il centenario delle apparizioni della Vergine ai pastorelli di Fatima, che ricorrerà nel 2017.

Evento accompagnato da una campagna per la donazione del sangue
Organizzato dalla Conferenza episcopale portoghese, in collaborazione con il Santuario di Fatima e l’Apostolato della preghiera, il Congresso vedrà anche il lancio di una campagna di sensibilizzazione per la donazione del sangue: come spiega padre Manuel Morujão, membro dell’Apostolato della preghiera, “donare il sangue è un gesto molto umano e molto cristiano” perché si rifà all’esempio di Cristo che “nell’Eucaristia continua ancora oggi a donare il suo corpo ed il suo sangue per la salvezza dell’uomo”.

Tra i relatori, mons. Marini ed il card. Braz de Aviz
Dopo quelli del 1924, 1974 e 1999, svoltisi a Braga, dunque quello del 2016 a Fatima sarà il quarto Congresso eucaristico del Portogallo. Tra i relatori più attesi, mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici internazionali, il quale il 10 giugno, alle 16.30, terrà una conferenza sul tema “L’Eucaristia, fonte di vita cristiana”. L’11 giugno, invece, alle 17.30, il card. João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, parlerà de “La misericordia nella vita della Chiesa”. (I.P.)

inizio pagina

Ad agosto, Giornata nazionale della gioventù in Nigeria

◊  

Fervono i preparativi, in Nigeria, per la Giornata nazionale della gioventù che si terrà dal primo al 5 agosto a Benin City, nello Stato di Edo. L’evento sarà inaugurato da una Santa Messa presieduta dall’arcivescovo Ignatius Kaigama, presidente della Conferenza episcopale locale, mentre l’omelia verrà pronunciata dal cardinale John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja. A seguire, mons. Peter Odetoyinbo, presidente dell’Ufficio per la Pastorale giovanile dalla Chiesa nigeriana, rivolgerà un discorso ai giovani.

Globalizzazione e misericordia tra i temi dell’evento
Ricco il programma che accompagnerà la Giornata: si prevedono numerose catechesi, accompagnate da momenti di preghiera, testimonianze, scambio di esperienze a livello parrocchiale, pellegrinaggi e festival giovanili. La conclusione dell’evento si articolerà in una veglia di preghiera e una Messa finale. Tra gli interventi più attesi, quello di mons. Emmanuel Badejo, vescovo di Oyo, il quale parlerà di “Globalizzazione dell’indifferenza, giovani ed agenti di cambiamento”, e quello di mons. Godfrey Onah, vescovo di Nsukka, che rifletterà sul tema “Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia”. Da evidenziare che questo stesso tema sarà il motto della Giornata mondiale della gioventù che si svolgerà a Cracovia nel 2016.

La Croce e l’icona di Maria in pellegrinaggio nel Paese
Nel frattempo, in Nigeria prosegue il pellegrinaggio della Croce nazionale dei giovani e dell’Icona della Vergine, simboli della Giornata della gioventù: iniziato a settembre 2014, tale pellegrinaggio ha già attraversato tutte le nove province ecclesiastiche del Paese e a fine glio si concluderà a Benin City. (I.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 198

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.