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Sommario del 25/07/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Manca un anno alla Gmg di Cracovia. Il Papa: è il tempo della misericordia

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Conto alla rovescia per la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia: manca un anno all’inizio, il 26 luglio 2016. Sono attesi almeno due milioni di giovani da tutto il mondo per la Gmg polacca che si inserisce nell'Anno della misericordia voluto da Papa Francesco. Per il Papa “questo è il tempo della misericordia", "favorevole per curare le ferite" di quanti “sono in attesa di vedere e toccare con mano i segni della vicinanza di Dio". Un tempo per "offrire a tutti la via del perdono e della riconciliazione”. Questa domenica entra in funzione anche un grande orologio che segnerà i giorni che ci separano dall'evento. Intanto si sono aperte le iscrizioni. Quale gli auspici per questo appuntamento? Benedetta Capelli lo ha chiesto a padre Gregorio Suchodolski, segretario generale del Comitato organizzatore della Gmg di Cracovia: 

R. – Speriamo che la Giornata mondiale di Cracovia, che si svolgerà durante l’Anno giubilare della misericordia, sarà un vero Giubileo dei giovani. Ci stiamo veramente preparando. Devo dire che abbiamo già allestito i tre terreni, i tre luoghi per gli eventi principali. Il primo è un prato al centro di Cracovia, che si chiama “Blonia”, di 45 ettari, dove si svolgeranno i tre primi atti centrali: la Messa di apertura – martedì – l’accoglienza del Papa – giovedì – e la Via Crucis – venerdì. Poi, il secondo luogo, è legato a due santuari di Cracovia: il Santuario della Divina Misericordia e, ad un chilometro, il grande Centro di Giovanni Paolo II, un nuovo centro che si sta ancora costruendo, ma che sarà pronto per l’anno prossimo. Proprio lì faremo, da martedì a venerdì, per quattro giorni, in modo continuo, la cosiddetta catechesi itinerante. Qui noi vogliamo far passare tutti i giovani, tutti i gruppi iscritti a questi due luoghi: i due santuari della Divina Misericordia e di Giovanni Paolo II. E proprio lì sarà costruita una “Porta della misericordia”. Speriamo che anche Papa Francesco, come pellegrino, entrerà in questa Basilica, attraversando la “Porta della misericordia”. Accanto alla Basilica della Divina Misericordia, sarà costruita la zona del perdono, proprio per amministrare il Sacramento della Confessione in diverse lingue. Il terzo terreno più grande che stiamo preparando è nelle vicinanze di Cracovia, a 12 km dal centro della città, e l’abbiamo chiamato “Campus Misericordiae”. Lì sono previsti due grandi incontri: la Veglia di sabato e la Messa domenicale.

D. – Come si sta preparando invece il cuore dei giovani in vista della Gmg di Cracovia?

R. – Già da parecchi mesi siamo in cammino spirituale con i giovani della Polonia. Quest’anno stanno realizzando un programma spirituale, che si chiama proprio “Cuore 2.0”, che è una riflessione approfondita sui Sacramenti: il Sacramento della Riconciliazione e il Sacramento dell’Eucaristia. In ogni diocesi polacca c’è un centro diocesano della Gmg e dentro questo centro, oltre ad affrontare le questioni logistiche, c’è anche una sezione dedicata alla formazione. Facciamo incontri mensili per i giovani. Per noi è importante questo: organizzare piccoli gruppi di formazione per creare comunità vere, comunità cristiane.

D. – Cosa avrà di particolare, secondo lei, questa Gmg polacca?

R. – San Giovanni Paolo II, perché lui è stato l’iniziatore delle Giornate mondiali. Cracovia è la sua  diocesi. Lui abitava qui e qui faceva il suo servizio da sacerdote, da vescovo e da cardinale. Allora, ritornare sui passi di Karol Wojtyla, sicuramente sarebbe un segno di gratitudine per il dono delle Giornate mondiali della gioventù. Ma oltre a questo, dobbiamo sempre ricordare che Cracovia è la città della misericordia. Qui, infatti, è vissuta anche suor Faustina Kowalska; qui è morta e qui è il suo santuario. Allora, anche questo tema della misericordia, nell’Anno giubilare della misericordia, sarà sicuramente un segno forte per tutto il mondo. Noi vogliamo che proprio da Cracovia, da questa Giornata, esca per tutti quella scintilla che preparerà il mondo all’ultima venuta del Signore: sono le parole di Gesù, dette proprio a suor Faustina. Noi allora ci prepariamo veramente per dare da qui, da Cracovia, una spinta forte, una spinta spirituale, per riscoprire il bisogno della necessità della misericordia.

D. – In questo cammino di preparazione, cosa si aspettano i giovani anche dalla presenza di Papa Francesco?

R. – Ultimamente abbiamo visto il suo viaggio in America Latina. Anche qui sicuramente verranno tanti giovani e disoccupati, con le loro debolezze, con la mancanza di speranza, di lavoro, spesso anche di famiglia. Sicuramente faranno ad alta voce le stesse domande a Papa Francesco. Speriamo che lui, dalla sua esperienza e saggezza, risponderà per ridare loro, forse, la speranza: la speranza per la vita futura. Non dobbiamo dimenticare poi che Cracovia è molto vicino - è solo ad un’ora di viaggio - dal campo di concentramento di Auschwitz. Penso che anche qui questo messaggio di speranza, che proviene dallo sperimentare la misericordia divina, debba essere lanciato per tutto il mondo. Oggi, infatti, non più qui ad Auschwitz, ma in diversi luoghi del mondo, c’è gente che muore di fame, c’è gente che soffre per la guerra. Ci vuole questa parola di speranza e anche di conforto per tutti quelli che soffrono ancora oggi.

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Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale William Baum

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Il Papa ha espresso il suo profondo cordoglio per la morte, avvenuta giovedì scorso, del cardinale statunitense William Wakefield Baum: aveva 88 anni. In un telegramma inviato all’attuale arcivescovo di Washington, il cardinale Donald Wuerl, Papa Francesco ricorda “con gratitudine” il servizio episcopale svolto dal porporato nelle diocesi di Springfield-Cape Girardeau e Washington e “il suo lungo servizio alla Sede Apostolica come prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica e, successivamente, come penitenziere maggiore della Penitenzieria Apostolica”.

Nato a Dallas il 21 novembre 1926, era stato ordinato sacerdote a 24 anni. Professore di teologia e storia ecclesiastica a Kansas City, nel 1956 fu inviato dal suo vescovo a Roma per concludere gli studi teologici al Pontificio Ateneo Angelicum. Rientrato negli Stati Uniti, viene nominato parroco di Sugar Creek nei pressi di Kansas City e nel contempo ricopre gli incarichi di notaio del Tribunale ecclesiastico, segretario della Commissione diocesana per l'Apostolato liturgico e vice-cancelliere della Curia vescovile. Appassionato promotore della causa dell'unità dei cristiani, viene chiamato in qualità di perito ai lavori del Concilio Vaticano II. E' segretario esecutivo, dal 1964 al 1967, del Comitato per gli affari ecumenici della Conferenza Nazionale dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti. Nello stesso periodo, nella sua Diocesi, è stato parroco di St. James e cancelliere della Curia Vescovile di Kansas City.

Il 18 febbraio 1970 Paolo VI lo nomina vescovo di Springfield-Cape Girardeau. Nel 1973 diventa arcivescovo di Washington e presidente della Commissione per gli affari ecumenici della Conferenza episcopale statunitense. Nel 1976 Paolo VI lo crea cardinale. Chiamato a Roma da Papa Giovanni Paolo II per ricoprire l’incarico di prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, rinuncia alla guida dell’Arcidiocesi di Washington il 18 marzo 1980. Nel 1990 viene nominato penitenziere maggiore della Penitenzieria Apostolica, ricoprendo l’incarico fino al 22 novembre 2001.

Dopo la sua scomparsa, il Collegio cardinalizio conta 220 porporati, di cui 120 elettori e 100 non elettori.

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Il Papa al nuovo patriarca armeno cattolico: speranza di fronte alle sfide

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E’ motivo di profonda gioia per il Papa l’elezione al seggio di Cilicia degli Armeni di Sua Beatitudine Gregorio Pierre XX Ghabroyan, eletto patriarca il 24 luglio dal Sinodo di quella Chiesa Patriarcale. Lo scrive lo stesso Francesco nel messaggio di congratulazioni inviato al patriarca, con il quale concede la “Ecclesiastica Communio”, richiesta dallo stesso Gregorio.

“L’elezione di Sua Beatitudine – si legge nel messaggio del Papa – avviene in un momento in cui la vostra Chiesa si confronta con diverse difficoltà e nuove sfide”. Francesco fa riferimento alle difficili prove che sta vivendo una parte dei fedeli armeno cattolici del Medio Oriente. "Tuttavia - afferma - illuminata dalla luce della fede in Cristo risorto, la nostra visione del mondo è piena di speranza e di misericordia, perché siamo certi che la Croce di Gesù è l'albero che dà la vita".

Francesco si dice inoltre convinto che Sua Beatitudine, in comunione con gli altri Padri sinodali, e attraverso l’aiuto dello Spirito Santo, saprà essere, con "sapienza evangelica", il “Pater et Caput”, il Buon Pastore di quella porzione di popolo di Dio che gli è stata affidata, con l’intercessione dei molti martiri armeni e di San Gregorio di Narek, Dottore della Chiesa.

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Festa dei nonni in Spagna. Il Papa: prendersi cura degli anziani

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“Confermare la fede con la vicinanza al Signore che non ci abbandona mai” e nella convinzione di poter contribuire con la propria saggezza e gesti amorevoli alla vita e alla crescita umana delle proprie famiglie:  è l’esortazione rivolta a tutti gli anziani spagnoli nel messaggio agli organizzatori e partecipanti alla XVI edizione della Festa dei Nonni che viene celebrata questa domenica in tutta la Spagna. Nel messaggio, trasmesso dalla Nunziatura di Madrid, il Santo Padre  ribadisce anche il suo sostegno “a quanti si prendono cura degli anziani con amore contribuendo al bene comune della società”. 

La Giornata viene promossa ogni anno in occasione della Festa dei Santi Gioachino e Anna - i nonni di Gesù - dall’associazione cattolica spagnola “Edad Dorada-Mensajeros de la Paz” impegnata nell’assistenza e nella promozione della terza età. L’obiettivo è di sensibilizzare la società sul rispetto dovuto alle persone anziane che tanto hanno dato nella loro vita, di far apprezzare il valore prezioso dei nonni in ogni famiglia e di richiamare l’attenzione sui bisogni della popolazione anziana. Concetti sottolineati nei messaggi per l’occasione dall’arcivescovo di Madrid, mons. Carlos Osoros, e dall’ordinario militare spagnolo mons. Juan del Río Martín.

Sarà Madrid ad ospitare quest’anno l’evento centrale della giornata: una Messa presieduta nella Chiesa di Sant’Antonio della capitale da mons. Luis Gutiérrez Martín, vescovo emerito di Segovia. Al termine della celebrazione ci sarà la lettura del messaggio del Santo Padre con la sua benedizione apostolica. (A cura di Lisa Zengarini)

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Tweet del Papa: "La testimonianza cristiana è concreta"

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Papa Francesco ha lanciato oggi un nuovo tweet dall'account @Pontifex: "La testimonianza cristiana è concreta. Le parole senza l’esempio sono vuote".

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Rinuncia episcopale in Colombia

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In Colombia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Tumaco, presentata da mons. Gustavo Girón Highita, O.C.D., per sopraggiunti limiti d’età.

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Nomine di inviati speciali di Papa Francesco

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Il Papa ha nominato il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, Legato Pontificio per la celebrazione del V centenario dell’evangelizzazione della Repubblica Democratica del Timor Orientale, in programma a Dili il 15 agosto 2015

Francesco ha nominato il card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano, Suo Inviato Speciale alla solenne celebrazione eucaristica che avrà luogo a Bobbio (Italia) il 30 agosto 2015, in occasione del XVIII meeting internazionale delle Comunità Colombaniane, nel 1400° anniversario della morte di San Colombano.

Il Pontefice ha nominato il card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni conclusive del 1500° anniversario della fondazione dell’Abbazia di Saint-Maurice (Svizzera), che avranno luogo il 22 settembre 2015.

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Anniversario Humanae Vitae. Mons. Martinelli: testo profetico

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47 anni fa, il 25 luglio 1968, veniva pubblicata l’Enciclica “Humanae Vitae” di Paolo VI sulla dottrina della Chiesa sul matrimonio, l’apertura alla vita, la paternità e la maternità responsabile. Sull’attualità di questo documento, Monia Parente ha intervistato mons. Paolo Martinelli, vescovo ausiliare di Milano: 

R. – Si tratta ancora oggi di un testo di straordinaria attualità proprio per la situazione di crisi antropologica in cui spesso la persona umana si trova e in rapporto al tema degli affetti, del matrimonio e della famiglia. Penso soprattutto a quanto sta accadendo in Occidente e in generale a quanto la Chiesa sta considerando intorno alla famiglia, proprio in riferimento al Sinodo dei vescovi. C’è una premessa fondamentale, mi sembra, da fare su questo: cioè che di fatto il Beato Paolo VI, ancora da giovane sacerdote e anche poi da arcivescovo di Milano, aveva capito anche prima di tanti altri quello che stava realmente succedendo alla fede nel nostro tempo e soprattutto il rapporto tra fede e cultura contemporanea che stava venendo meno. Diceva ancora in età giovanile: “Cristo ormai per la nostra cultura è diventato sconosciuto”. E ancora, sentiva la necessità di riproporre il nesso profondo tra Cristo e l’esperienza umana.

D. – E anche Papa Francesco ha parlato dell’attualità dell’Humanae Vitae…

R. - Direi molto importante anche il fatto che lo stesso Papa Francesco nel viaggio nelle Filippine ebbe modo di dire, a coloro che gli ponevano delle domande, dei giornalisti, circa grande attualità profetica di questo testo, soprattutto perché andava contro una sorta di impostazione ideologica di neomalthusianesimo che voleva essere un controllo di fatto sulle nascite e sullo sviluppo della realtà umana. In questo senso invece, Papa Paolo VI ha riportato profondamente il tema nell’ambito antropologico, nell’ambito della libertà e della responsabilità che le persone devono avere nei confronti della propria vita e della vita degli altri.

D. – Quale a suo avviso il punto più attuale dell’Enciclica?

R. - Mi sembra che il punto più attuale di questa Enciclica sia proprio l’implicazione antropologica del discorso riguardo all’unità che c’è nella vita matrimoniale tra l’amore reciproco degli sposi e l’apertura alla vita. Infatti l’accusa fondamentale che era sottesa in questo documento era proprio questa disarticolazione tra amore unitivo e la procreazione che, di fatto, oggi vediamo essere un punto di estrema espansione dal punto di vista culturale. Pensiamo a questo sviluppo fino alla sua esasperazione, fino ad arrivare oggi ad esempio in questa disarticolazione a pratiche come quelle dell’utero in affitto, che non  sono che un’strema conseguenza della disarticolazione tra l’amore unitivo e il compito procreativo. Questo permette purtroppo di arrivare a una “cosificazione” del corpo, soprattutto del corpo della donna e dall’altra parte c’è il rischio di ridurre il figlio ad un prodotto meccanico invece di essere il frutto di un amore generativo. E mi sembra che Paolo VI proprio nel difendere il principio fondamentale, ossia che l’amore coniugale ha in se stesso in modo inscindibile l’amore unitivo, l’affermazione dell’unità con l’altro, e nello stesso tempo l’amore generativo, era proprio per evitare questa disarticolazione che poi avrebbe portato a quello che di fatto stiamo sperimentando. E mi sembra anche molto importante il principio che lui ha affermato in questo documento riguardante la paternità e la maternità responsabile che essenzialmente era tutta tesa a sottolineare la responsabilità e quindi la libertà della persona all’interno del rapporto amoroso.

D. - Cosa si vuole sottolineare con queste argomentazioni?

R. - Qui mi sembra che il tema del poter ricorrere ai periodi infecondi come anche il tema della castità siano proprio dimensioni che vengono messe a tema per sottolineare il soggetto umano, l’uomo e la donna, come soggetti di responsabilità e da questo punto di vista mi sembra veramente profetico il richiamo che Paolo VI ha fatto alla dimensione casta dell’amore coniugale. In questo senso la castità è proprio una figura umanizzante perché dice che la persona nella relazione amorosa non deve essere determinata semplicemente dall’impeto istintivo o dalla pulsione ma che deve entrare la responsabilità, la libertà, la volontà. Quindi in questo senso la castità è un’espressione della temperanza degli affetti dentro il rapporto coniugale. Questo permette che la persona rimanga pienamente soggetto di libertà. In questo senso la dimensione della castità negli affetti aiuta a tenere l’io in rapporto con tutta la realtà in modo adeguato, a dare un ordine agli affetti, a trattarsi sempre come persona e mai a ridurre l’altro a un proprio tornaconto. E questo mi sembra ancora un aspetto molto profetico che vale la pena ribadire e sottolineare.

D. – L’Humanae Vitae è stato comunque un documento che ha trovato delle difficoltà nell’accoglienza …

R. - Paolo VI era ben consapevole delle difficoltà che questi aspetti del magistero della Chiesa avrebbero incontrato su questo punto. Nello stesso documento lui in un certo senso dice anche che si aspetta una grossa difficoltà. Qui emerge proprio la libertà e la responsabilità di questo Pontefice nel voler ribadire questi principi della dottrina nelle loro grandi implicazioni antropologiche con una responsabilità che la Chiesa deve avere nei confronti dell’umanità. Una responsabilità che si fa promotrice, più che mai oggi, di un nuovo umanesimo che mette al centro le persone nelle loro relazioni costitutive. Tra queste relazioni costitutive certamente c’è quello dell’uomo e della donna nel matrimonio perché vivano un amore profondamente autentico e generativo di nuova vita.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Un buon pastore per chi soffre in Medio Oriente: Lettera pontificia per la concessione della comunione ecclesiastica a Grégoire Pierre XX Ghabroyan.

Il telegramma di crodoglio del Papa per la morte del cardinale statunitense Baum.

Nuova fase della guerra all'Is: la Turchia lancia altri raid contro i jihadisti al confine con la Siria.

Dolcissima e saggia: Carlo Carletti su storie tardoantiche di spose bambine.

Solo noi nell'universo: José Gabriel Funes dopo la scoperta del nuovo pianeta.

Silvia Guidi su Indiana Jones all'Ecole biblique di Gerusalemme: è uscito in Francia il thriller a fumetti "Les explorateurs de la Bible".

Cartolina da Trastevere: Marcello Filotei su disagi e degrado.

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Oggi in Primo Piano



Turchia: continuano raid e arresti contro Is e Pkk

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Questa mattina la Turchia ha lanciato una terza ondata di raid aerei contro lo Stato Islamico in Siria e il Pkk curdo in Iraq. Continuano anche gli arresti di persone sospettate di terrorismo, finora 590, come ha confermato il premier turco Davutoglu. L’Is ha accusato il governo turco di non fare nulla per l’islam e di essersi schierato a fianco dell’occidente, mentre il Pkk ha dichiarato conclusa la tregua in vigore dal 2013. Ankara, da più parti accusata di non combattere efficacemente lo Stato Islamico per evitare un rafforzamento dei curdi, ha quindi deciso di cambiare strategia. Sulle ragioni di questa scelta Michele Raviart ha intervistato Valentina Scotti, ricercatrice di Diritto Pubblico Comparato alla Luiss e studiosa di questioni turche: 

R. – Bisogna fare una serie di considerazioni. La prima è di carattere internazionale ed è l’accordo sul nucleare iraniano che cambia gli assetti dell’area e quindi mette la Turchia nella condizione di dover riconsiderare una serie di alleanze, anche con una vicinanza molto più stretta all’Iran. Dall’altro lato, ci sono considerazioni di carattere nazionale. L’Is, nei cui confronti la Turchia si era sempre mostrata abbastanza indifferente, ha cominciato ad attaccare la popolazione turca. Ricordiamo i recentissimi eventi a Suruç, dove appunto 32 studenti aleviti, che pare si recassero a Kobane per portare i giocattoli ai bambini curdi, sotto l’attacco dell’Is, sono stati uccisi e questo ha emotivamente colpito il Paese.

D. – L’altro obiettivo dei raid turchi sono le basi del Pkk in Iraq. Perché i curdi sono accomunati allo Stato Islamico?

R. - Il Pkk ritiene che l’incapacità del governo turco di contenere l’Is sia una strategia mirata e, come rappresaglia, a Suruç uccide due poliziotti turchi, dichiarando la fine del cessate-il-fuoco. In tutto questo scenario, quindi, la Turchia si può permettere di guardare all’Is come effettivamente una forza nemica e decidere di scendere in campo contro il terrorismo che attacca la Turchia, creando un binomio fra l’Is e il Pkk e attaccando entrambi. Per lungo tempo Erdogan aveva evitato di essere troppo interventista nei confronti dello Stato Islamico, proprio nella consapevolezza che sul fronte, a combattere contro lo Stato Islamico, c’erano i curdi e, quindi, attaccare lo Stato Islamico avrebbe significato creare un’alleanza con i curdi.

D. – Poi cosa è cambiato?

R. - Questa scelta dei curdi di rivolgersi contro lo Stato turco, come responsabile di finanziamenti e di prestiti di armi all’Is, facilita il compito di Erdogan che crea un binomio inscindibile secondo cui sono terroristi tanto quelli dello Stato Islamico quanto quelli del Pkk, e a questo punto la guerra all’Is non è più solo una necessità per difendere lo Stato, ma diventa anche l’escamotage migliore per risolvere un problema antico, per quanto riguarda la Repubblica di Turchia.

D. – Tra le decisioni più importanti di questi giorni c’è anche la concessione di un’importante base Nato nel Sud della Turchia alla coalizione internazionale. Come cambia il ruolo della Turchia all’interno dei Paesi che già stanno combattendo contro l’Is?

R. – La Turchia concede alla coalizione guidata dagli Stati Uniti, a partire da agosto, la base di Incirlik, che è nel Sud – per la coalizione sarà più facile, quindi, attaccare il territorio siriano -; si riposiziona all’interno di quello scenario internazionale occidentale a cui ha sempre cercato di appartenere - ricordiamo che la Turchia è un membro della Nato -; e, soprattutto, si mette nella condizione di poter richiedere un intervento non più di una coalizione internazionale, ma direttamente della Nato.

D. – E’ cambiata anche la strategia della Turchia per il futuro della Siria?

R. – Decisamente la strategia sembra essere cambiata. Ancora una volta Davutoğlu ha utilizzato questa espressione: “Prima l’Is, poi Assad”. Quindi se fino agli eventi di Suruç la Turchia non si era schierata contro lo Stato Islamico, ritenendo che questo avrebbe favorito un ritorno alla stabilità del regime di Assad, adesso invece la scelta è “prima ci liberiamo dei terroristi e poi ragioniamo su quale possa essere il futuro della Siria”, un futuro che la Turchia vede certamente senza Assad.

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Ucraina: crisi economica e instabilità politica. Al bando i comunisti

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Ucraina nella totale instabilità. Nonostante non sia più alla ribalta della cronaca, il Paese affronta una crisi finanziaria che l’Europa sta cercando di sostenere e non trova pace con i separatisti dell’Est. 4 i morti nelle ultime ore, per lo più civili. In più sono forti gli attriti interni, specie con i comunisti, messi al bando dalla vita politica in quanto equiparati, nella propaganda, al nazismo.“Prospettive difficili” dunque, come spiega al microfono di Gabriella Ceraso l’inviato di Avvenire ed esperto dell’area Luigi Geninazzi

R. – Non se ne parla perché ci sono tante situazioni di crisi nel mondo, di violenza, di guerra, ma questo Paese è allo sfascio economicamente. C’è in ballo un pagamento parziale del debito che però l’Ucraina, un po’ come la Grecia, vorrebbe in parte cancellare. Il prodotto interno lordo è sceso in due anni del 25 per cento e la moneta ucraina, ha perso il 300 per cento nei confronti del dollaro. Per cui Poroshenko fa molta fatica a portare avanti un piano di riforme. Sta cercando per esempio di formulare uno statuto di autonomie per le regioni dell’Est, però le regioni dell’Est non lo vogliono perché desiderano l’indipendenza. Poi ci sono i settori di destra che sono agitati, c’è la corruzione che continua e tutta la situazione nel Donbass e nella repubblica di Lugansk, è un’amputazione dolorosa che prosegue.

D. – E che sarà sancita dalle elezioni che i ribelli hanno proclamato il 18 ottobre e il primo novembre?

R. – Loro le elezioni le hanno già fatte un anno fa, ma sono un po’ una farsa, nel senso che lì c’è una situazione in cui molti sono scappati, si sono rifugiati chi in Russia, chi invece in Ucraina. E chi è rimasto sono combattenti o poveracci che non possono scappare, sostenuti dai militari russi. E’ ormai un segreto di Pulcinella, anche se Mosca continua a smentire, ma ogni giorno si hanno prove di soldati russi che sono lì. Qualcuno ha detto che sono in vacanza… Purtroppo la tregua di Minsk ha solo messo sopra un accordo verbale dimenticando i problemi reali: l’accordo era che si facessero elezioni libere e indipendenti però dentro un contesto ucraino, cioè elezioni per l’autonomia non per la separazione. Questa ambiguità conta molto.

D. - Ricordiamo che nella regione di Leopoli ci sono anche operazioni congiunte con i Paesi della Nato e con gli Stati Uniti a cui l’Ucraina partecipa. Questo è da vedere sempre nell’ottica di un rafforzamento con l’aiuto dell’Europa per eventuali guerre future?

R. - Le esercitazioni servono per dimostrare a parole, secondo me, il sostegno dell’Occidente all’Ucraina però di fatto l’Ucraina non entrerà molto presto nella Nato. In realtà diciamo che l’Occidente e l’Europa non hanno nessuna intenzione di fare guerra per l’Ucraina contro la Russia, quindi si continuerà purtroppo con questa situazione di scontri sporadici e con questa situazione economica che è difficile tamponare.

D. – Va nella direzione del sostegno al nazionalismo l’iniziativa del governo dell’Ucraina di mettere al bando completamente il partito comunista ed estrometterlo dalla vita politica del Paese?

R. – E’ una cosa giusta e doverosa ma non avrà grande efficacia. Nel senso che l’Ucraina della rivoluzione di Maidan vuole rompere i legami con il passato, anche con tutti gli strascichi post-comunisti che sono proseguiti. Quindi questi sono gesti simbolici, come la distruzione dei monumenti che si richiamano non solo a Stalin ma anche a Lenin. E’ una decisione che mette d’accordo tutti però non risolve i problemi attuali.

D. – Comunque il partito potrebbe rinascere sotto altre forme, potrebbe cambiare volto?

R.  - Potrebbe farlo, anche perché non ha ormai un grande peso, quindi  potrà benissimo cambiare nome e fingersi socialdemocratico… Ma ripeto non sono questi i veri problemi. Oggi in Ucraina c’è un’instabilità che può toccare anche il livello politico perché la gente incomincia a essere un po’ critica verso il presidente Poroshenko; c’è anche una certa dialettica con il governo che vorrebbe azioni più incisive nei confronti della Russia, Poroshenko invece è sempre più aperto al dialogo con la Russia non si sa in che modo. E’ una fase quindi di stallo che si prolunga che però vede purtroppo, almeno finora, non una ripresa ma un continuo degrado e questo è davvero pericoloso perché può succedere di tutto.

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Brasile: uccisa suora francescana, lavorava in una comunità di recupero

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E’ morta ieri suor Irma Odete Francisca, vittima di un’aggressione all’interno della comunità di recupero per tossicodipendenti “La Estrella”, nel sud-est del Brasile. Suor Odete ha dedicato la vita al lavoro sociale e all’evangelizzazione, in un contesto segnato da povertà, disoccupazione e violenza. L’impegno della comunità “La Estrella” era stato riconosciuto da Papa Benedetto XVI, che nel 2007 aveva visitato proprio il centro in cui operava suor Odete, luogo di nascita delle Fazendas da Esperança, centri di recupero che danno oggi sostegno a oltre 3000 persone tossicodipendenti in tutto il mondo. Al cuore delle "fazendas", il carisma di San Francesco e l'esperienza di Chiara Lubich. Il servizio di Giacomo Zandonini: 

Con la morte di suor Odete viene a mancare uno dei pilastri della “Fazenda da Esperança” di Guarantiguetà, nel sud-est del Brasile, salita all’onore delle cronache per la visita di Papa Benedetto XVI nel 2007. La drammatica notizia è stata diffusa dalle consorelle della Congregazione Francescana di Siessen, che hanno trovato il corpo esanime di suor Odete all’alba di venerdì 24 luglio. Secondo le prime ricostruzioni, la religiosa era intervenuta per sventare un tentativo di furto nei locali della comunità di recupero per tossicodipendenti, innescando la violenta reazione del ladro. Le forze dell’ordine hanno fermato un sospetto, mentre proseguono le indagini. Suor Odete, 65 anni, si occupava della catechesi e dell’accompagnamento spirituale dei 350 ospiti del centro, gran parte dei quali sono giovani sottratti alla vita di strada. Il suo è il quinto omicidio di religiosi in America Latina nel 2015.

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Il titolare dell'azienda incendiata dalla camorra: non siamo più soli

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Negli anni scorsi aveva fatto arrestare e condannare gli estorsori di un clan camorristico. Mercoledì scorso la sua azienda a Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, è stata devastata dalle fiamme. Protagonista di questo impegno civico e, per questo, vittima della criminalità organizzata è Antonio Picascia, amministratore delegato della Cleprin. Poche ore dopo il rogo, la società civile si è mobilitata e ha organizzato una manifestazione davanti all’azienda che non intende cedere di fronte alle violenze della camorra. “Noi andiamo avanti”, sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco l’imprenditore Antonio Picascia

R. – Noi abbiamo la certezza – la certezza – che lunedì ricominceremo a lavorare, a contattare i nostri clienti e i nostri fornitori. Stiamo già lavorando…

D. – La sua azienda è stata avvolta dal fumo, dalle fiamme, ma subito dopo lei ha detto: “Si può bruciare tutto, ma non si può riuscire a mandare in fumo un sogno”…

R. - Non ci hanno fermato! Se pensavano di farci uno sgambetto, ci hanno dato invece uno slancio ancora più forte per andare avanti. Ci sono dei danni, ci sono delle problematiche. La cosa ora sarà un po’ più difficile e complicata, ma noi ricostruiremo l’azienda più bella di prima, più efficiente di prima e raggiungeremo obiettivi più prestigiosi di quelli che abbiamo raggiunto finora.

D. – La storia della sua azienda – la Cleprin – è cominciata nel 1996. Nel 2007 ha bussato alla porta della Cleprin la camorra…

R. – Erano dei camorristi che volevano che noi assumessimo il fratello di un boss e questo, tra parantesi, vuol dire dare le chiavi al clan. Chiaramente noi siamo semplicemente andati dai carabinieri, come prevede la legge. Non abbiamo fatto niente di straordinario… Poi sono ritornati per chiedere soldi e anche noi siamo ritornati dai carabinieri. Loro sono stati arrestati e noi siamo andati avanti col nostro lavoro. Ci hanno chiesto testimonianza, ce lo ha chiesto Confindustria. Siamo andati e abbiamo detto: “Guardate che lo Stato c’è e ci sarà sempre ogniqualvolta un cittadino chiede legalità”. Non c’è stata nel 2007 la solidarietà della cosiddetta società civile, ma sicuramente ieri c’è stata! E questo vuol dire che in otto anni è cambiato tanto. E’ vero che oggi non siamo più soli. E’ vero che con il “Comitato Don Peppe Diana”, con quelli di “Facciamo un pacco alla Camorra” e con “Libera”, ieri qui c’erano tantissime persone. Quindi vuol dire che oggi siamo più forti del 1995, siamo più forti del 2007… Abbiamo superato quello, supereremo questo: per la nostra soddisfazione, per la soddisfazione di queste terre, che sono le terre di Don Peppe Diana e non terre di camorra, per i nostri sogni, la nostra famiglia, i nostri figli, noi andremo avanti più di prima e meglio di prima!

D. – Chi veramente deve avere paura è la camorra…

R. – La camorra è debole! Quello che hanno fatto non è stato un atto di forza. E’ stato un atto di debolezza. La nostra civiltà, la nostra società è sicuramente più matura.

D. – Quindi l’incendio della sua azienda è una manifestazione di debolezza da parte della camorra?

R. – Un topolino messo nell’angolo reagisce contro un gatto. Sa che non ce la farà, che non ce la potrà fare! Noi siamo il gatto, noi siamo i buoni che si sono arrabbiati: noi buoni ci siamo arrabbiati! Il mondo ce lo riprendiamo… Quindi dico che oggi è un bel giorno!

D. – La speranza è che la “terra dei fuochi” sia una terra dei fuochi della speranza, che si accenda veramente una nuova luce e si apra una nuova pagina…

R. – In questo caso il fuoco non è il fuoco dell’inferno, ma il fuoco della passione, il fuoco dell’amore. Un saluto a tutti e un ringraziamento alle persone che ci stanno vicino: si sente questo calore, si sente questo fuoco ed è quello buono! Il loro lo abbiamo già dimenticato e lo stiamo spazzando via!

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Mons. Galantino: su Ici paritarie sentenza "ideologica"

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“Una "sentenza pericolosa", "ideologica". Così mons. Galantino, segretario generale della Cei, giudica il pronunciamento di ieri della Corte di Cassazione che impone il pagamento dell’Ici per le scuole paritarie. Alessandro Guarasci: 

Con la decisone di ieri della Cassazione viene intaccata "la garanzia di libertà di educazione richiesta anche dall'Europa". Ma non solo, viene messa fortemente a rischio la sopravvivenza" degli istituti paritari. Il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, invita dunque chi è chiamato ad adottare decisioni a "essere meno ideologico" e avverte: "non ci si rende conto del servizio che svolgono gli istituti pubblici paritari". Il segretario dei vescovi italiani poi punta il dito contro "l'ideologizzazione" della questione, che viene posta sul piano di "un fatto tutto cattolico", mentre "qui bisogna parlare di "scuole pubbliche paritarie".

In questi istituti, vanno circa un milione e 300 mila ragazzi. In contributi, lo Stato spende circa 500 milioni di euro, ma nei fatti risparmia sei miliardi. Per il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini c’è sicuramente “una riflessione da fare", perché in alcune regioni, dove le paritarie offrono un servizio che colma le lacune dello Stato, ci potrebbero essere enormi difficoltà economiche e strutturali

 

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Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella 17.ma domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Era vicina la Pasqua ebraica e Gesù, di fronte ad una gran folla senza cibo, dice a Filippo:

«Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere.

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti

L’evangelista Giovanni nota, non casualmente, che era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Il segno che Gesù sta per compiere e la parola con cui accompagna il segno, marcano una svolta nella missione del Signore, perché da questo momento si separano coloro che accolgono pienamente Gesù, compimento delle promesse antiche, della Pasqua, e coloro che ritengono questa parola insopportabile, inaccettabile. La moltiplicazione dei pani e dei pesci non vuole essere un “miracolo” che risolve un problema concreto, ma un segno con cui il Signore intende preparare il popolo all’avvento della Pasqua definitiva nel suo corpo e nel suo sangue, per ricongiungere l’uomo al suo Dio e condurlo, in un nuovo esodo, al di là della morte. Il popolo, come anche noi, non coglie questa dimensione, si accontenta di avere risolto il problema della fame oggi e di poterlo risolvere, forse anche domani facendo Gesù re. Il Messia è visto dai “tetti in giù”, per risolvere i nostri problemi. La tentazione del pane, la tentazione di vedere la vita solo come una risposta ai problemi della fame, del non soffrire, del vivere una vita borghese, senza anima. E’ una visione terribilmente riduttiva: l’uomo ridotto a stomaco da riempire, una visione piccola, borghese, senza nessuna dimensione celeste, divina. Gesù, posto davanti a questa tentazione fugge, si ritira, tutto solo, sulla montagna. E quando incontra nuovamente la folla sarà per metterla nella verità.

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Nella Chiesa e nel mondo



Barack Obama in Kenya: " Africa, continente che cresce"

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 “L’Africa è in cammino, è una delle regioni del mondo con la più alta crescita”: il presidente Usa, Barak Obama, si è rivolto così al vertice mondiale degli imprenditori, a Nairobi, nel suo secondo giorno di visita in Kenya, terra che ha dato i natali al padre. E' la prima volta da quando è presidente che Obama arriva in Africa, un’occasione per rendere omaggio alle sue radici, sin da ieri, con una cena in famiglia con nonna e sorella. “C’è una ragione per la quale mi chiamo Barack Hussein Obama”, ha detto ancora rivolto agli imprenditori dai quale, ha aggiunto, "ci si aspettano grandi cose".  

In Africa “le persone stanno uscendo dalla povertà - ha proseguito - i redditi sono in aumento, la classe media cresce e i giovani con la tecnologia cambieranno il modo in cui l'Africa fa affari". Il presidente americano ha poi rivolto un appello affinché le donne siano più coinvolte nella vita economica del Paese. Dopo la visita al memoriale dell’attentato all'ambasciata Usa del 1998, l'incontro con il presidente Kenyatta per parlare di sicurezza.

 

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Tunisia: sì alla legge antiterrorismo, torna la pena di morte

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Dopo 25 anni di moratoria, in Tunisia torna la pena di morte per alcuni reati. Lo prevede la nuova legge antiterrorismo e contro il riciclaggio del denaro sporco, votata la notte scorsa dal Parlamento riunito in seduta plenaria. Tre i giorni di dibattito, alla fine dei quali la norma è passata con 174 voti a favore, 10 astenuti e nessun voto contrario. Il provvedimento era stato annunciato subito dopo la strage di Sousse dove, il 26 giugno scorso, in un attacco jihadista, rimasero uccise 38 persone, la maggior parte delle quali turisti stranieri, ma anche a seguito dell’attacco il 18 marzo al museo del Bardo di Tunisi, con 24 morti.

La pena capitale si prevede che verrà applicata per chiunque "consapevolmente uccida qualcuno godendo di tutela internazionale", un riferimento a diplomatici o funzionari di agenzie internazionali, e anche per chi commetta stupri nel corso di azioni di terrorismo.

Critiche alla legge sono arrivate dalle organizzazioni di difesa dei diritti umani tunisine, soprattutto per la possibilità concessa alle forze dell’ordine di trattenere un sospetto per 15 giorni senza l’assistenza di un legale, o senza essere portato davanti a d un giudice. Proteste anche per la mancata chiara distinzione tra manifestazioni di protesta e atti di terrorismo. Il rischio, denunciano le opposizioni, è che si soffochino i movimenti popolari. Per il premier Habib Essid, al contrario, il provvedimento faciliterà il compito di polizia, militari e magistratura. 

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Vescovi del Ghana: promuovere cultura vita, famiglia e democrazia

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“Promuovere i valori della vita e della famiglia di fronte all’attuale cultura della morte”: si intitola così il convegno che la Conferenza episcopale del Ghana ha organizzato per i prossimi 7 ed 8 agosto nella Cattedrale del Santo Spirito di Accra. In particolare, l’iniziativa viene promossa dalla Commissione episcopale per la salute, guidata da mons. Josepph Afrifah-Agyekum, e si pone l’obiettivo – informa una nota dei vescovi - di “approfondire la riflessione sul Vangelo e sulla santità della vita, sulla purezza del matrimonio e sulla dignità della sessualità umana”.

Promuovere l’unità e l’indissolubilità del matrimonio
In quest’ottica, si auspica che il convegno possa contribuire a “rafforzare la testimonianza dei cattolici e dei cristiani nella promozione della dignità della vita dal concepimento e fino alla morte naturale; nella difesa dei valori della famiglia, quali l’unità, l’indissolubilità del matrimonio e l’apertura alla vita; nella collaborazione tra governo, responsabili e popolazione per costruire un’autentica cultura della vita in Ghana”.

Rispetto del diritto alla vita, pilastro della società civile
“Noi vescovi – prosegue la nota – riconosciamo il nostro importante compito di ribadire la dottrina della Chiesa e la bellezza dei suoi insegnamenti sulla santità della vita e la bellezza dell’amore”. Di qui, il richiamo alla necessità del “rispetto incondizionato del diritto alla vita di ogni persona”, in quanto esso è “uno dei pilastri sui cui si basa ogni società civile”. Ed è per questo che “lo Stato ha il dovere primario di difendere la vita”.

Non c’è democrazia senza dignità, non c’è pace senza difesa della vita
“Essere a favore della vita – aggiunge mons. Afrifah-Agyekum – significa contribuire a rinnovare la società attraverso la promozione dei valori della famiglia e del bene comune”, poiché “non può esserci democrazia senza il riconoscimento della dignità di ogni persona e non può esserci vera pace senza la difesa e la promozione della vita”. Quindi, il presule lamenta la diffusione di una “cultura della morte” in Africa, a causa del propagarsi di metodi artificiali destinati al controllo delle nascite e propagandati da organizzazioni multi-nazionali. In quest’ambito, rientra anche l’allarme lanciato dal presule per “l’aumento degli aborti tra le adolescenti del Ghana”, a volte praticati con “metodi di ogni genere”.

Una marcia in favore della famiglia
Ad accompagnare la conferenza saranno anche una campagna di preghiera ed una marcia in favore della vita e della famiglia che l’8 agosto percorrerà le principali vie di Accra, a partire della Cattedrale del Santo Spirito. (I.P.) 

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Malawi, i vescovi: tecnologia non distrugga relazioni umane

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“Come usare la tecnologia per restare in contatto gli uni con gli altri? E come genitori ed educatori possono aiutare bambini e ragazzi a vivere responsabilmente nel mondo digitale?”: parte da queste due domande la riflessione che mons. Martin Mtumbuka, responsabile delle Comunicazioni sociali per la Conferenza episcopale del Malawi, ha diffuso in vista della 49.ma Giornata delle comunicazioni sociali che, a livello locale, nel Paese, si celebreràa domenica prossima, il 26 luglio.

Tecnologia essenziale alla vita sociale, ma attenzione all’uso sbagliato
Nel documento, il presule prende spunto dal tema scelto da Papa Francesco per la Giornata, ovvero “Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore”. Mons. Martin Mtumbuka scrive: “Secondo alcuni studi, il Malawi è uno dei Paesi la cui popolazione ha adottato velocemente l’uso delle tecnologie, in particolare di computer e telefoni cellulari”, divenuti “parte essenziale della vita politica, sociale ed economica di molti abitanti, nelle zone sia urbane che rurali”. Tuttavia, mons. Mtumbuka evidenzia anche segnali non incoraggianti, come il clima di sospetto che si crea tra marito e moglie che spesso non hanno accesso al computer del coniuge, oppure il tempo eccesivo che i giovani trascorrono sui dispositivi mobili, trascurando lo studio e con il rischio di accedere a materiale pornografico.

Allarme per quei sacerdoti troppo distratti dai nuovi media
Non solo: il presule punta il dito anche contro “alcuni sacerdoti, religiosi e religiose che cedono all’uso sbagliato di queste tecnologie, ad esempio prestando loro attenzione durante la celebrazione della Messa o durante i pasti, invece di dedicarsi alla vita comunitaria”. “Se coloro che hanno rinunciato a tutto per seguire e servire Cristo si comportano così – si domanda il vescovo del Ghana – come possono essi aiutare le famiglie ed i giovani ad imparare l’uso corretto della tecnologia?”.

Famiglia sia luogo privilegiato di incontro con Dio
Di qui, il richiamo a fare della famiglia “un luogo privilegiato di incontro con Dio”, “una scuola i cui membri imparano a comprendere ed a perdonare le debolezze degli altri”, cercando di usare i nuovi media “in modo davvero cristiano”, così da “vivere una felice vita familiare, vicina a Dio”. “Le nuove tecnologie – è l’appello conclusivo di mons. Mtumbuka – non ci sottraggano tempo per la famiglia e per Dio e non ci allontanino dall’adempiere al nostro dovere di educare alla vita”. (I.P.) 

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San Giacomo, mons. Barrio: basta silenzio su persecuzioni anticristiane

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“Abbiamo bisogno di forza e di coraggio morale per uscire dall’irresponsabilità, dallo scettiscismo e dalla mancanza di solidarietà”. E’ questa l’esortazione dell’arcivescovo di Santiago de Compostela, mons. Julián Barrio Barrio, nell’omelia durante la celebrazione in occasione della solennità dell’apostolo Giacomo. La persecuzione dei cristiani, il dramma degli immigrati e l’impoverimento delle famiglie e delle persone in Spagna e in altre parti del mondo, sono state al centro delle riflessioni del presule. “Solo chi si sente pellegrino verso Dio – ha detto - può offrire speranza e pace alla società”. Non si può percepire – ha aggiunto - la dignità della propria vocazione di uomo manifestata in Cristo uomo, se viviamo posseduti da noi stessi.

Basta silenzio sulle persecuzione dei cristiani
Nel ricordare che Giacomo è stato il primo apostolo a versare il sangue per Cristo, mons. Barrio ha condannato l’indifferenza e il silenzio di fronte alle persecuzioni di cristiani in diverse parti del mondo. Con la fede – ha detto - dobbiamo illuminare la nostra realtà, dando fermezza e chiarezza alla nostra etica.  Il presule ha anche affermato che la preoccupazione per i più deboli porta a combattere le cause delle disuguaglianze e della povertà, senza dimenticare che gli immigrati, i più poveri tra i poveri, sono fatti della stessa nostra carne.

La Chiesa vicina a chi soffre
L’arcivescovo di Santiago di Compostela ha ribadito che la Chiesa non è estranea alla sofferenza delle famiglie in difficoltà economica, a quelle dei giovani senza lavoro e senza risorse per formare una famiglia. Non è estranea alle difficoltà degli adulti che hanno perso la speranza di ritornare alla vita lavorativa, a quelle dei bambini che non beneficiano di una ambiente familiare e sociale appropriato. La Chiesa non dimentica le sofferenze degli anziani abbandonati e dimenticati, quelle delle donne impoverite, sfruttate e vittime della violenza domestica. Mons. Barrio ha sottolineato che la società deve ricomporsi con persone formate nei valori della verità, dell’onestà e del servizio al prossimo, unica ancora di salvezza per non soccombere alla cupidigia, all’ambizione di potere e all’indifferenza.

Preghiere per il Giubileo della Misericordia
Nel corso della celebrazione, ha avuto luogo la tradizionale colletta nazionale di Spagna, istituita più di cinque secoli fa, per esprimere la gratitudine del popolo spagnolo all’apostolo Giacomo. L’arcivescovo ha chiesto di proteggere il Papa, la Chiesa, i popoli e le famiglie della Spagna perché possano continuare il loro compito di formare le nuove generazioni. Una speciale intenzione è stata chiesta per i frutti spirituali del Giubileo straordinario della Misericordia “fonte di letizia, di serenità e di pace” e per l’imminente Incontro europeo dei giovani ad Ávila, ad agosto, per celebrare i 400 anni della nascita di Santa Teresa di Gesù, dottoressa della Chiesa e patrona di Spagna. (A. T.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 206

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.