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Sommario del 26/07/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: restituire la libertà alle persone sequestrate in Siria

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All’Angelus in Piazza San Pietro, davanti a una folla di fedeli nonostante il caldo, il pensiero di Papa Francesco è andato alla popolazione siriana provata da un conflitto che sembra non avere fine. In particolare, il Pontefice ha rinnovato l’appello per la liberazione del gesuita padre Paolo Dall’Oglio, a due anni dal sequestro, e di tutti gli ostaggi nelle zone di conflitto. Il Papa con un gesto simbolico si è inoltre iscritto, cliccando su un tablet, alla Gmg di Cracovia ed ha invitato tutti i giovani a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù, che inizierà fra un anno esatto nella terra natale di San Giovanni Paolo II. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Papa Francesco non dimentica la Siria, le sofferenze della popolazione e ancora una volta rinnova un accorato appello di riconciliazione per il martoriato Paese mediorientale.

Liberare padre Dall’Oglio e tutte le persone sequestrate in Siria
Il Pontefice ricorda, in particolare, che tra qualche giorno ricorre il secondo anniversario da quando è stato rapito padre Paolo Dall’Oglio:

“Rivolgo un accorato e pressante appello per la liberazione di questo stimato religioso. Non posso dimenticare anche i Vescovi Ortodossi rapiti in Siria e tutte le altre persone che, nelle zone di conflitto, sono state sequestrate. Auspico il rinnovato impegno delle competenti Autorità locali e internazionali, affinché a questi nostri fratelli venga presto restituita la libertà. Con affetto e partecipazione alle loro sofferenze, vogliamo ricordarli nella preghiera”.

Invito i giovani di tutto il mondo alla Gmg di Cracovia
Prima delle parole sulla Siria, Papa Francesco con un gesto simbolico, cliccando su un tablet con accanto due ragazzi, si era iscritto per primo alla Gmg di Cracovia, aprendo così ufficialmente le iscrizioni dei giovani a un anno esatto dal grande evento:

“Celebrata durante l’Anno della Misericordia, questa Giornata sarà, in certo senso, un giubileo della gioventù, chiamata a riflettere sul tema «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). Invito i giovani di tutto il mondo a vivere questo pellegrinaggio sia recandosi a Cracovia, sia partecipando a questo momento di grazia nelle proprie comunità”.

Nel commento del Vangelo domenicale, incentrato sul miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci da parte di Gesù, Papa Francesco ha sottolineato che questo prodigio avviene grazie alla “potenza misericordiosa di Dio, che guarisce da ogni male del corpo e dello spirito”.

Gesù sostituisce la logica del comprare con quella del dare
I discepoli, ha poi osservato, “ragionano in termini di mercato, ma Gesù alla logica del comprare sostituisce quella del dare”. I suoi gesti, ha soggiunto, “anticipano quelli dell’Ultima Cena, che danno al pane di Gesù il suo significato più profondo e più vero”:

“Il pane di Dio è Gesù stesso. Facendo la Comunione con Lui, riceviamo la sua vita in noi e diventiamo figli del Padre celeste e fratelli tra di noi. Facendo la Comunione ci incontriamo con Gesù, realmente vivo e risorto. Partecipare all’Eucaristia significa entrare nella logica di Gesù, la logica della gratuità, della condivisione. E per quanto siamo poveri, tutti possiamo donare qualcosa. ‘Fare la Comunione’ significa anche attingere da Cristo la grazia che ci rende capaci di condividere con gli altri ciò che siamo e ciò che abbiamo”.

Ognuno di noi può moltiplicare gesti di solidarietà
La folla, ha proseguito, “è colpita dal prodigio della moltiplicazione dei pani; ma il dono che Gesù offre è pienezza di vita per l’uomo affamato”. Gesù, infatti, “sazia non solo la fame materiale, ma quella più profonda, la fame di senso della vita, la fame di Dio”. Di fronte alla sofferenza, alla solitudine, alla povertà e alle difficoltà di tanta gente, si è quindi chiesto il Papa, “che cosa possiamo fare noi? Lamentarsi - ha risposto - non risolve niente, ma possiamo offrire quel poco che abbiamo”:

“Abbiamo certamente qualche ora di tempo, qualche talento, qualche competenza... Chi di noi non ha i suoi ‘cinque pani e due pesci’? Tutti ne abbiamo! Se siamo disposti a metterli nelle mani del Signore, basteranno perché nel mondo ci sia un po’ più di amore, di pace, di giustizia e soprattutto di gioia. Quanto è necessaria la gioa nel mondo! Dio è capace di moltiplicare i nostri piccoli gesti di solidarietà e renderci partecipi del suo dono”.

Infine, nella festa dei Santi Gioacchino e Anna, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ai nonni, figura a lui particolarmente cara. Dal Santo Padre il ringraziamento a tutte le nonne e i nonni “per la loro preziosa presenza nelle famiglie e per le nuove generazioni”.

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Il nunzio a Damasco: Papa Francesco è vicino a sofferenza dei siriani

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Tra gli attacchi sanguinosi che hanno sconvolto alcune aree del Medio Oriente, in particolare la Turchia e con l’avanzata del terrorismo del sedicente Stato islamico, la crisi siriana sembra purtroppo finita in un cono d’ombra, mentre la guerra intestina continua a provocare ogni giorno decine di morti e a ridurre la popolazione allo stremo. “Oltre la violenza quello che minaccia tutti quanti è la bomba della povertà”, dice mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco dal 2009, che al microfono di Cecilia Seppia denuncia il mancato impegno della Comunità internazionale e offre una testimonianza sulla situazione in Siria: 

R. – La dimenticanza è un male che si aggiunge al male che già esiste. Quando un conflitto si protrae a lungo rischia di cadere nella dimenticanza e questo fa molto male a tutti quanti.

D. – Tra qualche giorno il 29 luglio saranno trascorsi due anni dal rapimento di padre Paolo Dall’Oglio e ovviamente c’è tristezza, c’è rabbia, per una situazione che non si è risolta…

R. – Sì, tutti lo ricordiamo con grande amore, con grande simpatia, con grande stima: questo religioso che ha amato la Siria, che ha fatto molto per il dialogo interreligioso. Vorrei ricordare che assieme a lui sono sequestrati e non si hanno notizie altri sei ecclesiastici tra cui due vescovi, fino all’ultimo sacerdote rapito un paio di settimane fa, qui nel Sud della Siria. Questi sette ecclesiastici fanno parte di migliaia, sono migliaia le persone scomparse senza lasciare alcuna traccia e con dolore per tantissime famiglie.

R. - Si parla della crisi politica siriana delle alleanze geopolitiche nell’area anche in questo scenario estremamente mutevole e pericoloso. Si danno i numeri dei raid della Coalizione a guida americana su Iraq, su Siria, ci si dimentica della gente comune. Com’è la situazione?

D. – La situazione è veramente molto allarmante: si sono superati i 4 milioni di rifugiati nei Paesi vicini, si parla ancora di 7 milioni e mezzo, anzi più di 7 milioni e mezzo di sfollati interni. E oltre ai morti, ai feriti, c’è quello che minaccia tutti quanti, anche chi è sfuggito alle bombe o alle schegge: è la minaccia della bomba della povertà. Circa il 60 per cento della gente non ha lavoro, i prezzi salgono continuamente: la "bomba della povertà" fa male a tutti e colpisce tutti quanti. Si ripete continuamente anche nell’ambito delle Nazioni Unite, dell’inviato speciale delle Nazioni Unite, che non si deve dare una soluzione militare: occorre trovare urgentemente una soluzione politica e occorre che la Comunità internazionale faccia sforzi maggiori. Non si può più permettere che si arrivi a mesi e mesi di guerra.

D. – Quali sono secondo lei le aree che più necessitano di aiuti, di attenzione?

R. - Ci sono alcune aree come Aleppo nell’Est, Hassaké, Kamishlié, all’Ovest, Nord Ovest, ma anche al Sud della Siria direi. La piaga è diffusa un po’ in tutta la Siria, è difficile trovare zone risparmiate.

D.  – Come Chiesa lei persegue la strada del dialogo, dialogo che non è sempre facile visti anche gli interlocutori che agiscono in Siria …

R. – Sì, direi la strada del dialogo, anzitutto con le autorità religiose, di differenti confessioni religiose. E poi direi ancora l’impegno delle Chiese nel campo degli aiuti umanitari. Si sta facendo di tutto, si sta lavorando molto alacremente per cercare di coordinare sia la raccolta che la distribuzione  di aiuti umanitari. Naturalmente questa è una goccia in questo deserto di necessità, però è una goccia preziosa. Il valore aggiunto è dato anche dalla presenza sul posto di persone religiose, di sacerdoti, di persone consacrate, che sono persone rispettate e amate da tutti quanti, da tutte le varie confessioni religiose.

D. – Lei recentemente è stato ricevuto dal Papa: qual è la parola di Francesco che più si porta nel cuore e più l’aiuta a svolgere questo suo delicato compito?

R. – La sua vicinanza … Il Papa ha un cuore per queste sofferenze, è vicino a queste persone che soffrono e questo l’ho toccato con mano, l’ho sentito.

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Un anno alla Gmg di Cracovia, nella terra di Giovanni Paolo II

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Manca un anno esatto all’inizio dell’attesa Gmg di Cracovia alla quale parteciperà Papa Francesco che oggi all'Angelus si è "ufficialmente" iscritto all'evento. Tante le iniziative nelle diocesi di tutto il mondo in preparazione dell’atteso evento nella terra di San Giovanni Paolo II, ideatore delle Giornate Mondiali della Gioventù. Isabella Piro ha approfondito come si stanno preparando a questo appuntamento i giovani della Lombardia nell’intervista a don Samuele Marelli, coordinatore della Pastorale Giovanile delle diocesi lombarde: 

R. - La Gmg è un grande evento ma vogliamo che questo sia un evento preparato. Dunque dall’evento nasce un percorso che ogni diocesi svilupperà in modo certamente singolare, ma a partire dalle indicazioni che vengono dal Servizio nazionale di pastorale giovanile. Il tema centrale di questa Gmg è quello della misericordia, ma certamente non mancheranno i riferimenti alla figura di Giovanni Paolo II, così come alla grande devozione mariana presente vicino a Cracovia, a Czestochowa, un po’ in tutta la Polonia, ma anche a tutti i temi culturali in particolare un riferimento al tema del male e del grande male di Auschwitz. Quindi, è davvero un Gmg molto ricca di contenuti, di significati che ci vedrà impegnati in questo ambito con delle iniziative di catechesi, di riflessione e di preghiera per preparare adeguatamente i giovani per questo evento così importante.

D. - Sono previsti anche dei gemellaggi con le città polacche che accoglieranno i giovani italiani?

R. - Sono previsti dei gemellaggi; tutte e dieci le diocesi lombarde proporranno dei gemellaggi in varie città della Polonia.

D. - Quella di Cracovia sarà la prima Gmg con Giovanni Paolo II canonizzato, quindi San Giovanni Paolo II, colui che ideò appunto le Giornate mondiali della gioventù. Molti ragazzi che lei accompagnerà sono ancora giovani, magari hanno ricordi sfumati di Papa Wojtyla. Ma che impronta ha lasciato nei cuori dei ragazzi questo Pontefice?

R. - Questa sarà la prima Gmg in cui i giovani non hanno conosciuto direttamente San Giovanni Paolo II, per cui sarà molto interessante portarli in una terra dove tutto parla di lui e della sua straordinaria figura; è anche la Gmg in cui invece gli educatori, probabilmente gli accompagnatori dei giovani i giovani sacerdoti le religiose, gli accompagnatori laici sono cresciuti con la figura di questo grande Santo. Per cui sarà, credo, un momento molto significativo per far scoprire ai giovani questa figura che non hanno conosciuto direttamente, ma che certamente, credo, non mancherà di parlare al cuore di ciascuno.

D. - I ragazzi lombardi, quale contributo specifico possono portare a questo incontro mondiale dei loro coetanei?

R. - La pastorale giovanile lombarda è molto vivace, per certi versi molto strutturata e certamente molto originale, basata sull’esperienza quotidiana di vita dell’oratorio. Quindi credo che noi potremmo portare certamente la nostra tradizione, che è secolare, soprattutto quella della pastorale giovanile attraverso l’oratorio, e potremmo anche promuovere degli scambi significativi proprio per la tipicità della nostra tradizione di pastorale giovanile.

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Oggi in Primo Piano



Gerusalemme: polizia israeliana irrompe nella moschea di Al-Aqsa

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Azione senza precedenti della polizia israeliana che, stamani, ha fatto irruzione nella moschea di Al Aqsa a Gerusalemme, tra i primi tre luoghi santi dell’Islam. L’incursione è stata preceduta da duri scontri tra forze dello Stato israeliano e giovani palestinesi. Il servizio di Marco Guerra: 

Le versioni che circolano sull’irruzione degli agenti israeliani nella moschea di Al Aqsa sono due come le parti che si sono scontrate. Il portavoce della polizia israeliana, Micky Rosenfeld, ha riferito che gli agenti sono entrati solamente pochi metri all'interno del luogo sacro per i musulmani per chiuderne il portone principale ed impedire che decine di manifestanti che vi si erano barricati continuassero a lanciare pietre e petardi. Quattro agenti sono rimasti lievemente feriti nel lancio di oggetti, ha detto ancora Rosenfeld, aggiungendo che non è stato effettuato alcun arresto. Invece, secondo quanto circola su profili palestinesi sui social media, la polizia sarebbe entrata gettando fumogeni all'interno mentre i fedeli erano in preghiera, provocando almeno 10 contusi. A ogni modo, sembra certo che le tensioni siano iniziate con la protesta palestinese volta a impedire ai fedeli di religione ebraica di accedere alla Spianata delle Moschee per la commemorazione della distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dei Romani nel 70 d.c.. Sul luogo infatti si trovano anche le rovine del Tempio ebraico. L'incidente rischia di infiammare l'intero mondo musulmano che potrebbe vedere l'azione delle forze israeliane come una profanazione. Sui social network si è infatti immediatamente diffusa l'indignazione araba. Nel 2000, la visita dell'allora leader dell'opposizione israeliana Ariel Sharon alla  Spianata delle Moschee innescò la drammatica spirale di violenze della seconda Intifada palestinese.

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Nuovo prestito Fmi-Grecia. Fra Dalèzios: solidarietà tra la gente

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La Grecia è ancora in grande difficoltà economica. Atene secondo quanto rivela Bloomberg avrebbe fatto richiesta di un nuovo prestito al Fondo Monetario internazionale, tramite una lettera scritta dal ministro delle Finanze al direttore del Fondo, nella quale sono descritti i passi fatti e il tempo necessario per una ripresa. Intanto la popolazione sta dando prova di grande solidarietà, come racconta al microfono di Antonella Palermo, il frate cappuccino Josif Dalèzios raggiunto telefonicamente ad Atene: 

R. – Ad Atene, e in tutte le grandi città, la gente ha maggiori disagi. Questo Capital control rende difficile l’aiuto. La Chiesa, però, da parte sua – pure la Chiesa ortodossa – fa delle raccolte e distribuisce anche i pasti. A Creta, per esempio, una nave di quelle dirette in Italia, piena di rifugiati, a causa di una avaria è stata trainata dentro il porto. Sembra che il prelato di quella città abbia accolto i profughi, che però non sono neanche usciti dalla nave, perché il loro intento era quello di raggiungere l’Italia. Nonostante questa grande crisi, c’è questa voglia di aiutare sia da parte delle singole persone, che si prodigano, sia da parte delle istituzioni. La Caritas locale, per esempio, ha dei centri in cui distribuisce i pasti a quelli che non hanno agevolazioni nel trovare lavoro, cosa che è sempre più difficile. Si può dire, insomma, che tutto questo abbia incrementato la solidarietà, nonostante tutti soffrano.

D. – Vengono a bussare anche alle vostre porte?

R. – Sì, sì, parecchio. Adesso gli emigranti sono diminuiti un poco. La maggior parte sono romeni e albanesi e nella nostra parrocchia ormai sono la maggioranza. Negli ultimi 10, 15 anni solo un terzo dei bambini che hanno fatto la Comunione e la Cresima erano greci, il resto erano albanesi e romeni. Anche per loro è molto difficile, ma ci sforziamo, con l’aiuto dei parrocchiani, nel raccogliere i viveri e i vestiti. Da noi ci sono due conventi delle suore di Madre Teresa che aiutano molto e cercano di incrementare questo senso di solidarietà.

D. – Lei come vede il futuro della Grecia?

R. – Si farà uno sforzo e accoglieremo questo sostegno, nonostante le dure condizioni, alcune delle quali sembrano davvero esagerate. Credo che anche la classe politica farà degli sforzi per guardare in faccia la situazione e per migliorare il modo di fare politica, per combattere questo stato di clientelismo, di corruzione, di evasione fiscale, per cui tanto si soffre. La gente si fida. Noi guardiamo sempre al lato positivo, a questo patrimonio di civiltà, di intesa umana, di concordia, a un passato così ricco di cultura, di possibilità di integrazione, per migliorare ed arrivare ad uno Stato veramente moderno, con un senso di responsabilità da parte di tutti.

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Medici con l'Africa-Cuam: non abbassare la guardia sull'Ebola

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La diffusione del virus ebola non è sconfitta del tutto, ma la fase più critica sembra ormai superata: questa la situazione in Sierra Leone colpita 16 mesi fa dalla più grande epidemia della storia, insieme a Liberia e Guinea dove ancora si registrano nuovi casi di contagio. A confermare il lento ritorno alla normalità sono gli operatori di “Medici con l’Africa-Cuam” che in Sierra Leone continuano a mantenere però alta l’attenzione. L’organizzazione umanitaria sostiene le strutture sanitarie locali dove si tornano a curare anche le altre malattie come la malaria e ad assistere le donne nel parto. Adriana Masotti ha sentito don Dante Carraro, presidente del Cuam: 

R. – La situazione attuale è tale per cui i numeri complessivi si sono ridotti di molto, però l’epidemia non sta scomparendo: siamo passati da gennaio di quest’anno, dove ogni giorno si arrivava anche ad avere 180-200-220 casi al giorno, ad adesso che ci sono due-tre-quattro casi al giorno. Il problema è che fin tanto che non si arriva a zero, e quello zero viene mantenuto per 42 giorni - cioè il doppio del periodo di incubazione - fin tanto che non si raggiunge questa soglia, non si può parlare di un Paese “Ebola-free”. Ed essendo una malattia altamente infettiva, il rischio che l’epidemia riesploda rimane elevato. Quindi la guardia non può essere abbassata, in particolare per gli operatori sanitari.

D. – Secondo la responsabile del settore Progetti in Sierra Leone della sua associazione, la malattia si è adattata alla popolazione: che cosa significa?

R. – Significa che non ha più gli acuti che aveva in precedenza. La gente è diventata molto più attenta; per esempio tutta la pratica dei corpi dei defunti che venivano toccati, profumati in casa, secondo un antico rituale di questi Paesi: ecco queste pratiche non vengono più permesse e la gente ha accettato culturalmente questo fatto. In questo senso, la patologia si è adattata a una popolazione che è più attenta, ma non riesce ancora a sconfiggerla del tutto.

D. – In Sierra Leone, comunque, la popolazione ha voglia di tornare alla normalità: che cosa vuol dire normalità in questo caso?

R. – Io sono stato là nel pieno dell’epidemia varie volte, e quando vedi le strade semi-vuote, i fine settimana con il divieto di trovarsi nei luoghi pubblici - quindi quei baretti, piccoli centri di ritrovo vuoti - le chiese semi-vuote, il commercio zero assoluto, i mercati chiusi, la gente che non si tocca: ecco tutto questo è andato avanti per mesi e mesi! Le scuole sono state chiuse un anno, i bambini per strada! Allora la gente non ce la fa più, vuole tornare alla normalità, vuole poter celebrare un matrimonio, poter godere di un momento di festa, un compleanno… Tutto questo era vietato. Adesso, gradualmente, i segnali di questa ritrovata normalità stanno emergendo.

D. – Dover meno fronteggiare casi di Ebola permette ai medici di guardare con più attenzione alle altre malattie che comunque ci sono sempre…

R. – Il dramma vero della Sierra Leone è stato proprio questo: cioè tanti ospedali proprio per i tanti casi di Ebola sono stati chiusi. Questo vuol dire che patologie relativamente normali - come la malaria, una polmonite, una gastroenterite grave, una meningite, un parto non potevano essere garantite. E quindi ai decessi di Ebola si sono aggiunti purtroppo i decessi delle malattie normali. Non c’è dubbio che la scelta fatta dalla nostra Organizzazione in questo distretto sanitario di 350.000 abitanti - Pujehun - di mantenere aperti i servizi, sta portando i risultati sperati. Aver mantenuto i livelli di sicurezza elevata, da una parte, e aperto il servizio, dall’altra, via via sta dando alla gente la fiducia che è possibile entrare in ospedale. Ora i parti in ospedale e i bambini ricoverati stanno aumentando. Ed è un segnale di vita, di speranza, che è un fattore motivante altissimo per noi, perché siamo là per questo: per dare alla gente segni di fiducia e di speranza nel futuro.

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Unioni gay. Dalla Torre: famiglia penalizzata, invertire rotta

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In Italia, è sempre più acceso il dibattito in Parlamento e nella società civile sull’approvazione di una legge sulle unioni gay. Nei giorni scorsi, inoltre, la Corte di Strasburgo ha censurato la legislazione italiana per mancanze in materia di unioni civili. Un pronunciamento, tuttavia, che non obbliga affatto l’Italia ad approvare le “nozze gay” come qualche mezzo di stampa ha voluto far credere. Sul dibattito in corso e i risvolti sociali, Alessandro Gisotti ha intervistato il giurista Giuseppe Dalla Torre

R. – La nostra Costituzione fa riferimento al bene comune e il bene comune è il bene di tutti, non è il bene strettamente individuale. Il riferimento al bene comune mi sembra molto importante, in relazione tra l’altro proprio al tema della famiglia. Ci si preoccupa molto, infatti, di tale questione delle unioni civili e non ci si preoccupa affatto delle condizioni effettive, giuridiche ed economiche, della famiglia. L’art. 31 della Costituzione dice che l’Italia protegge la famiglia, ma ho l’impressione che nella concretezza del diritto vivente la famiglia, in molti casi, sia piuttosto penalizzata rispetto a quelle che sono le previsioni delle legislature ordinarie, quindi rispetto agli individui e ai singoli. Credo che un’inversione di rotta sia necessaria.

D. – Secondo lei, c’è anche un tasso di argomentazione ideologica in questo dibattito? Pensiamo, per esempio, alla questione dell’adozione dei bambini; uno degli argomenti spesso utilizzati è questo: "meglio avere due padri o due madri che stare in orfanotrofio"…

R. – La contraddizione ideologica certamente c’è ed è una contraddizione di carattere specifico, ma anche di carattere più generale, nel senso che oggi è singolare notare una sorta di schizofrenia, non soltanto da noi in Italia, tra - da un lato - un richiamo esasperato alla natura – pensiamo nell’ambito dell’ecologia – e dall’altro, invece, una distinzione tra natura e cultura, che è tipico di tutto il dibattito gender, che è collegato poi anche al discorso delle unioni civili e del matrimonio gay. Tutto questo naturalmente mette in evidenza, o svela, che cosa? Svela la presenza di una forte componente ideologica, certamente minoritaria, tra l’altro nell’ambito della nostra società e del dibattito che si sta ravvivando sempre di più.

D. – Lei faceva riferimento al gender. Al riguardo, in questi giorni, una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che per cambiare sesso sul documento di identità non è necessaria un’operazione chirurgica. Si faceva riferimento in particolare al caso di un transessuale. Ecco, anche qui si scuotono in qualche modo le fondamenta del diritto come finora lo abbiamo inteso…

R. – Non solo ma questa ultima decisione è l’ultima manifestazione di un orientamento della giurisprudenza, in particolare della Cassazione, ma non solo della Cassazione, sempre più evidente, cioè la cosiddetta “giurisprudenza creatrice”, giurisprudenza che interviene non solo laddove le norme non sono intervenute, laddove il legislatore è assente, ma addirittura una giurisprudenza che va contro il diritto vigente. A me pare di avere studiato nel diritto costituzionale una disposizione della Costituzione, che dice che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Allora, “soltanto alla legge” significa però che alla legge sono soggetti! Ebbene la legge in questa materia c’è: c’è una legge sul cambiamento di sesso, che prevede l’intervento di tipo chirurgico. Allora o il legislatore cambia la legge o i giudici debbono rispettare la legge.

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Don Pascolini: oratori non vanno in vacanza, esperienza unica

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Nessuna vacanza per gli oratori italiani che, proprio durante l’estate, diventano ancora di più luoghi di aggregazione, confronto e incontro per migliaia di ragazzi. Novità degli ultimi anni è la consistente presenza di giovani stranieri, tra di loro cattolici, cristiani di altre confessioni e pure ragazzi di altre religioni. Al microfono di Benedetta Capelli, don Riccardo Pascolini, presidente del Forum degli Oratori Italiani: 

R. – L’oratorio italiano vive di tutta quell’energia che è tipica dell’esperienza di una Chiesa che si mette in prossimità e si fa prossima alle nuove generazioni, ai bambini, con il motore del volontariato, che è unico e se non unico perlomeno il più importante a livello nazionale. Ci sono circa 6 mila oratori in Italia e in estate questi oratori vedono la presenza di 2 milioni di bambini, 500 mila volontari… A noi piace parlare di nomi più che di numeri, però chiaramente i numeri sono importanti proprio per renderci conto e per farci rendere conto che è una realtà, che è un polmone importantissimo di tutta la nostra realtà ecclesiale, ma anche sociale.

D. – Oggi come rispondete alle diversità dei giovani, sempre più impegnati in un mondo virtuale più che reale?

R. – “Dallo schermo allo sguardo”, ci dice Papa Francesco: quindi questo è anche un po’ quello che si vive in oratorio, non tralasciando comunque tutta quella che è la comunicazione e i linguaggi dei giovani che passano necessariamente anche per una comunità virtuale, quella appunto dei social network. Ma l’oratorio pone questo sguardo anche come riferimento di prossimità unica e incisiva: quindi l’oratorio diventa per i ragazzi un’occasione di volontariato, una occasione di formazione, un’occasione di crescita, uno strumento di crescita che ci permette e permette loro di fare un’esperienza importante e incisiva, che dà una struttura cristiana e umana per tutta la vita.

D. – Invece per un sacerdote, per un religioso che tipo di esperienza è quella di confrontarsi, ogni giorno, con ragazzi dalla sensibilità diversa?

R. – Per un sacerdote – almeno per quanto riguarda la mia esperienza – è un respiro: è un respiro bello, quotidiano; fatto di intuizione dei nuovi linguaggi; fatto anche di un interesse che deve essere sempre rinnovato e di un interessarci proprio al loro mondo per amare ciò che amano i giovani e anche appassionarci a quello che loro amano per poter in quell’ambito, nei loro ambiti, annunciare la bellezza del Risorto.

D. – Quali sono le più grandi difficoltà, ad esempio nel cercare di affrontare il senso di sfiducia che avvertono i giovani? 

R. – La realtà dell’oratorio ovviamente intercetta tutti i malumori e anche le fatiche esistenziali dei giovani. Un professore di un istituto superiore, qualche tempo fa, mi ha detto: “Don Riccardo, guarda che i giovani non vivono più, ma sopravvivono!”. E questa parola per me è stata una parola che mi ha lasciato un po’ così, mi ha destabilizzato un po’, proprio perché effettivamente vedo spesso negli occhi di questi ragazzi questa sopravvivenza e non una vita piena. Ecco allora che l’oratorio cerca proprio di ridonare - con l’impegno, mettendoli in prima persona, nel coinvolgimento e dando loro anche degli strumenti di sfida nella fede e nella vita – e di invitare alla vita e alla vita piena.

D. – C’è un’esperienza di un oratorio italiano particolarmente emblematica, che raccoglie – secondo lei – le sfide di questo tempo?

R. – Io da poco sono stato a Brembate, in un oratorio multiculturale veramente interessante: tantissime nazionalità, tantissime religioni… In quella realtà ho proprio fatto l’esperienza di una prossimità e di una accoglienza reale. L’oratorio riusciva a parlare diversi linguaggi: entravi in oratorio e c’era il benvenuto in 40 lingue e quindi 40 benvenuti. Lì ho capito proprio che l’oratorio oggi, soprattutto in molte realtà, può essere quel ponte tra la strada e la Chiesa per tutti, davvero per tutti!

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Al via il Fiuggi Film Festival, protagonisti i giovani

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Si inaugura questa sera a Fiuggi l’ottava edizione del Fiuggi Film Festival con un programma di film appositamente selezionati per la giovane platea e i giovani giurati, chiamati a riflettere sul male e sulla scelta del bene. Il servizio di Luca Pellegrini: 

Giovani che amano il cinema - vederlo e anche farlo - si danno ancora una volta appuntamento a Fiuggi, un festival dedicato, fin dalla sua nascita, alle famiglie e ai film che riescono a raccontarle nel mondo migliore. “The Dark Side”, ossia "il lato oscuro", è il tema scelto quest'anno e che accomuna, a diverso titolo, i film del concorso internazionale, cui si affianca un programma di formazione cinematografica d’eccellenza rivolto a quegli studenti che hanno scelto percorsi di studio o esperienze professionali nell’audiovisivo. Per questo, la scelta del tema conduttore è esemplare, come spiega il direttore organizzativo del Festival, Angelo Astrei:

R. - Abbiamo pensato da subito che, tra i modi per conoscere il bene, ci fosse senza ombra di dubbio quello di mostrare e di capire, quindi di affrontare anche il male, che oggi viene spesso proposto da tanto cinema e da tante serie televisive. La dimostrazione, la presentazione di quella che può essere l’autodistruzione del male, sicuramente è un percorso che va affrontato e può rivelarsi anche estremamente formativo. 

D. - I giovani a Fiuggi sono la parte attiva del Festival…

R. – Dall’anno scorso abbiamo istituito una giuria di giovani – tra i 14 e i 29 anni – e a loro, oltre al compito di vedere e valutare tutti i film in concorso, che sono sette, è anche offerta la possibilità di partecipare a master class e a workshop.

D. - Che cosa l’ha maggiormente colpita, negli anni, di questo coinvolgimento delle famiglie?

R. – La cosa più bella è quando i genitori di questi ragazzi ci dicono che con noi hanno affrontato degli argomenti che in altri contesti non sono riusciti ad affrontare. Questa sicuramente è una delle vittorie più grandi che possiamo ottenere: prendere spunto dal cinema che, a mio modo di vedere, non ha l’obbligo di dare delle risposte, l’importante è che faccia sorgere le giuste domande. E i ragazzi queste giuste domande le hanno percepite. E noi cerchiamo, come Festival, di dare una prospettiva, di dare un punto di vista di quella che è una risposta. 

Susanna Tamaro è stata chiamata a presiedere la Giuria ufficiale. Un’esperienza che la scrittrice italiana commenta così:

R. – E’ la prima volta che affronto una esperienza del genere, ma sono molto felice perché a me piace il rapporto con le persone giovani. Credo sia quasi obbligatorio, per non invecchiare mentalmente e nel cuore, stare con loro. E’ la prima volta, dunque, e penso che sarà una bellissima esperienza.

D. - La “parte oscura” ci spinge spesso a riflettere sulla fatica, oltre che sul valore, del bene. Come reagisce a questo tipo di proposta del Festival?

R. – Io ho accettato questo incarico, proprio perché sono rimasta molto colpita da questa scelta di parlare del lato oscuro. Mi sembra, infatti, che sebbene sia estremamente presente, se ne parli troppo poco e ci sia un’idea piuttosto confusa, soprattutto tra le generazioni giovani. Si pensa in fondo che sia bene ciò che è comodo per me, ciò che va bene per me. C’è una visione molto individualista e piuttosto confusa su cosa sia bene e cosa sia male. Parlarne, dunque, è ristabilire i confini del bene e del male: qualcosa che abbiamo l’imperativo morale di affrontare.

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Nella Chiesa e nel mondo



Attacchi di Boko Haram in Camerun e Nigeria: oltre 50 morti

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La violenza del gruppo jihadista africano Boko Haram non risparmia nemmeno i bambini per seminare morte e terrore. Una ragazzina di appena 12 anni ieri sera si è fatta esplodere in un bar di Maroua, nel Nord del Camerun, uccidendo 20 persone e ferendone oltre 70. Non ci sono finora rivendicazioni, ma le autorità riconducono l’azione al gruppo integralista nato in Nigeria e che adesso sta operando anche nei Paesi confinati. Maroua, infatti, è un'importante città commerciale che si trova al convergere dei confini tra Camerun, Nigeria e Ciad, e solo tre giorni fa era stata colpita da due attentati simultanei avevano causato 13 morti. Il bar attaccato ieri sera era uno dei locali più noti e frequentati di Maroua. La forze di sicurezza hanno subito compiuto rastrellamenti nella zona e hanno arrestato diverse persone, sempre secondo la tv statale.

Nigeria: attentato e assalti ai villaggi
E nuove violenze si registrano anche in Nigeria. Sono almeno 11 le vittime di un'esplosione avvenuta stamattina nell'affollato mercato di Damaturu, città del Nord, nello Stato di Yobe. Mentre nello Stato nigeriano del Borno, venerdì scorso, miliziani di Boko Haram hanno attaccato e dato alle fiamme  tre villaggi, uccidendo almeno 25 civili inermi. Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, i jihadisti hanno agito indisturbati e hanno inseguito coloro che hanno cercato di nascondersi nella boscaglia. I villaggi colpiti sono situati ai margini della vasta foresta di Sambisa, da tempo base dei Boko Haram che da qui spesso sono partiti per le loro sanguinose incursioni. Dall'inizio degli attacchi dei Boko Haram nel 2009 si contano almeno 15 mila morti e più di un milione e mezzo sfollati. (M.G.)

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Turchia: attentato in regione curda, morti 2 soldati

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È scontro aperto ormai tra la Turchia e le milizie curde del Pkk. Due militari di Ankara sono rimasti uccisi e altri quattro feriti per l'esplosione di un'autobomba a Lice, nella provincia sudorientale di Diyarbakir, a maggioranza curda. Al momento non c'è alcuna rivendicazione, ma l'attacco fa seguito ai raid di venerdì e sabato compiuti dall’aviazione turca contro le postazioni dei curdi nel Nord dell'Iraq e contro quelle del sedicente Stato Islamico in Siria. I bombardamenti hanno spinto i vertici del Pkk a dichiarare finita la tregua che durava dal 2013. “Queste operazioni continueranno finché ci sarà una minaccia contro la Turchia", ha fatto sapere il premier, Ahmet Davutoglu. Nella morsa che si stringe intorno al Pkk, oltre alle centinaia di arresti, è arrivata anche la censura a una decina tra i principali siti di informazione vicini ai ribelli curdi. Intanto, la Casa Bianca ha espresso il suo plauso per gli aumentati sforzi della Turchia nella lotta contro l'Is e ha definito il Pkk una organizzazione "terrorista". La dichiarazione è stata fatta da un funzionario della presidenza Usa, al seguito del presidente Obama in visita in Kenya.

Siria, discorso di Assad alla tv
E oggi è tornato a parlare anche il presidente siriano Bashar Assad che, in un discorso alla tv di Stato, ha affermato che il suo esercito si trova a corto di uomini e che potrebbe cedere alcune posizioni per tenerne altre di maggior importanza strategica nella guerra contro i ribelli. Assad ha quindi sostenuto che ci sono Stati stranieri che sostengono sempre di più gli insorti e che la "resistenza libanese" combatte al fianco dell'esercito siriano. Quindi, per Assad, parlare di una soluzione politica del conflitto è “vuoto” e “senza senso”. Infine si segnala il monito lanciato dal ministero degli esteri iraniano che ha chiesto alla Turchia di rispettare la sovranità territoriale della Siria. "Ogni azione che porti a indebolire i governi nazionali può, come effetto, incoraggiare i terroristi a realizzare le loro azioni criminali", ha detto un portavoce della diplomazia di Teharan. (M.G.)

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Pakistan. Conversioni forzate all’islam di ragazze cristiane e indù

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Ogni anno in Pakistan oltre mille ragazze cristiane o indù sono costrette a convertirsi all'Islam e a sposare uomini musulmani: lo afferma il recente rapporto pubblicato dall'organizzazione non governativa pakistana “Aurat Foundation”. In una nota inviata all’Agenzia Fides, la direttrice della Fondazione, Mahnaz Rehman, presenta una situazione difficile per le donne in Pakistan, affrontando lo specifico tema della discriminazione religiosa. Il reato di “conversione forzata” all’islam è diffuso e comune ma non viene preso in adeguata considerazione dalla polizia e dalla autorità civili, nota il testo.

E’ prassi utilizzare minacce e pressioni sulle vittime e sulle loro famiglie. In uno schema che si ripete costantemente – riferisce la Aurat Foundation – le ragazze, spesso minorenni, vengono rapite e date in moglie al rapitore o a terzi, senza il loro consenso. Se la famiglia sporge denuncia, il rapitore, a sua volta, presenta una contro-denuncia, accusando la famiglia e sostenendo che la ragazza si è convertita di sua spontanea volontà. Quando viene chiamata a testimoniare davanti a un magistrato, la ragazza, sottoposta a minacce e pressioni indicibili, dichiara di essersi convertita volontariamente e di acconsentire al matrimonio. Così il caso viene chiuso. “Tali casi mancano di serie indagini che provino questo fenomeno e il meccanismo che si instaura”, denuncia il Rapporto. Un fatto sembra determinante: “Nel momento in cui viene presentata la denuncia e nasce la controversia, fino all’udienza in tribunale, le ragazze restano in custodia dei rapitori e subiscono trami e violenze di ogni tipo”. Tra le pressioni cui vengono sottoposte le adolescenti, fragili e vulnerabili, si dice loro che “ormai sono musulmane e, se cambieranno religione, la punizione per gli apostatai è la morte”. Il Rapporto invita la polizia e le autorità civili a smascherare questa pratica e a salvare le ragazze delle minoranze religiose. La Aurat Foundation ha presentato anche una proposta di legge per impedire le conversioni forzate.

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Thailandia. Gesuiti in soccorso delle vittime di violenza e tratta

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Sono donne rifugiate, giunte da Paesi asiatici e africani come Somalia e Pakistan e giunte a Bangkok, capitale della Thailandia. Hanno affrontato la guerra, lo stupro e l'oppressione sistematica. Fuggono per necessità, costrette a pagare i contrabbandieri, a volte sono abbandonate e derubate. Sono le donne aiutate dal Jesuit Refugee Service (Jrs) di Bangkok, che ha avviato uno specifico progetto di assistenza psicologica e materiale alle donne rifugiate. Come riferisce l'agenzia Fides, il progetto offre supporto e consulenza a donne somale e pakistane e a ragazze non accompagnate.

Le donne rifugiate sono quasi tutte vittime di violenze sessuali
"Queste donne sono estremamente vulnerabili. Le aiutiamo a sentirsi meno sole”, dice Jennifer Martin, consulente psico-sociale del Jrs. “Dopo esperienze terribili, le donne possono condividere i loro sentimenti e sviluppare un senso di solidarietà e condivisione. Lo shock di essere in una cultura diversa può essere travolgente e creare tensioni, in particolare per le donne anziane. Le donne e le ragazze devono affrontare sfide importanti come guadagnarsi da vivere. Inoltre sono in un luogo in cui vengono considerate fuori legge”, dice Martin nella nota inviata a Fides.

Socializzazione e relazione umana restituiscono alle donne dignità e fiducia
​Il Jrs mira a costruire la coesione del gruppo, come un fattore protettivo a lungo termine per le donne, che condividono le loro esperienze di essere state vittime della tratta. Di fronte a problemi giuridici irrisolti per i rifugiati, nota il Jrs, è difficile aiutare queste ragazze ad adeguarsi al nuovo ambiente. Ma la socializzazione e la relazione umana restituiscono loro dignità e fiducia. (P.A.)

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Francia: in preparazione assemblea cristiana sull’ecologia

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Sarà dedicata ai cambiamenti climatici la seconda Assemblea cristiana sull’ecologia, in programma nella diocesi francese di Saint-Étienne dal 28 al 30 agosto. Dopo il riuscito esperimento del 2011, torna dunque l’iniziativa voluta dalla diocesi stessa, in partenariato con il Forum “Cristiani uniti per la Terra”, e con il patrocinio della Conferenza episcopale francese.

Disegnare una società più giusta e più rispettosa del Creato
“Il 2015 – informa una nota degli organizzatori – ci offre un’occasione particolare di riflessione, grazie alla pubblicazione dell’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco ed alla Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici (Cop21), in programma a Parigi il prossimo dicembre”. Attraverso conferenze, tavole rotonde, momenti di preghiera ed incontri culturali, si cercherà quindi di “giocare fino in fondo la carta della convivialità e della condivisione” per “disegnare insieme i contorni di una società più giusta e più rispettosa del Creato”.

La crisi ecologica, una questione che riguarda tutte le religioni
Tra i numerosi relatori che saranno presenti all’evento, anche il card. Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, il quale sabato 28 agosto interverrà sul tema “In cosa la crisi ci interpella sul piano etico e spirituale?”. A carattere interreligioso sarà, invece, la sessione del 30 agosto in cui si discuterà de “La crisi ecologica: come mobilitare le religioni?”, con interventi di mons. Bruno Feillet, vescovo ausiliare di Reims ed incaricato delle questioni ambientali e climatiche all’interno del Consiglio episcopale Famiglia e società; Amouar Kbibech, presidente del Consiglio francese di culto musulmano; Yeshaya Dalsace, rabbino a Parigi, e Cristian Krieger, vicepresidente della Federazione protestante di Francia.

Cambiare stile di vita verso una felice sobrietà
​Infine, si cercherà di comprendere “l’urgenza di andare verso una società di felice sobrietà”, come indicato anche da Papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’, in cui si legge: “La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante. Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto il contrario. Infatti quelli che gustano di più e vivono meglio ogni momento sono coloro che smettono di beccare qua e là, cercando sempre quello che non hanno, e sperimentano ciò che significa apprezzare ogni persona e ad ogni cosa, imparano a familiarizzare con le realtà più semplici e ne sanno godere. La felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono, restando così disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita” (n.223). (I.P.)

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Colombia: Dei Verbum, tema del Congresso Biblico Internazionale

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“A 50 anni dalla Dei Verbum”: sarà questo il tema dell’ottava edizione del Congresso Biblico Internazionale, che si svolgerà a Medellín, in Colombia, il 30 e 31 luglio. Organizzato dalla Pontificia Università Bolivariana, il convegno si ispirerà alla Lettera agli Ebrei, in particolare il passo 4, 12: “Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore”. 

Spiegazione e interpretazione della Bibbia: due momenti di un unico processo
Numerosi i temi in esame: si va dalla riflessione su “La spiegazione e l’interpretazione della Bibbia, due momenti di un unico processo”, a quella su “La lettura critica della Bibbia dopo la Dei Verbum”. Centrali anche le analisi critiche sui metodi esegetici di ieri e di oggi, relativi alla Parola di Dio. Ad aprire i lavori sarà padre Julio Jairo Ceballos Sepúlveda, rettore generale dell’Ateneo, e padre Guillermno León Zuleta Salas, direttore dell’Istituto di Umanesimo Cristiano.

Costituzione conciliare sulla divina Rivelazione
La “Dei Verbum” è una Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II, emanata il 18 novembre 1965, durante il Pontificato di Paolo VI. Come si legge nell’introduzione, essa “seguendo le orme dei Concili Tridentino e Vaticano I, intende proporre la genuina dottrina sulla Divina Rivelazione e la sua trasmissione, affinché per l'annunzio della Salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 207

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.