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Sommario del 27/07/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



La famiglia Dall’Oglio: grazie al Papa, il suo appello ci dà consolazione

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Restituite la libertà a padre Paolo Dall’Oglio e agli altri sequestrati in Siria. Le parole di Papa Francesco, ieri all’Angelus, hanno avuto un’ampia eco, soprattutto in un momento in cui purtroppo la drammatica situazione siriana sembra essere quasi dimenticata. Dal canto suo, stamani, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ribadito che resta massimo l’impegno italiano per liberare il religioso gesuita sequestrato due anni fa in Siria. La famiglia Dall’Oglio - attraverso la Radio Vaticana - esprime la propria gratitudine a Papa Francesco. Al microfono di Alessandro Gisotti, la sorella di padre Paolo, Francesca Dall’Oglio

R. – A nome della nostra famiglia desidero esprimere tutta la nostra gratitudine al Papa per l’appello che ha rivolto ieri all’Angelus per la liberazione di nostro fratello Paolo, a due anni dal suo rapimento in Siria. Vorrei sottolineare che è stato per noi fonte di grande consolazione e nello stesso tempo di emozione e di speranza.

D. – Papa Francesco ha ricordato anche gli altri sequestrati in Siria. Attraverso padre Paolo si ricorda la sofferenza di tante altre persone proprio nell’amata Siria di padre Paolo. Un suo pensiero…

R. – La nostra famiglia è vicina alla sofferenza dei familiari di tutti gli altri sequestrati in Siria e non solo.

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Sako: iracheni sentono vicinanza Papa, ma serve intervento internazionale

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Sentiamo la vicinanza del Papa e la preghiera dei cristiani ma abbiamo bisogno di un intervento internazionale per sconfiggere il terrorismo dello Stato islamico: è quanto afferma ai nostri microfoni il patriarca caldeo di Baghdad Louis Raphaël I Sako, che oggi, a Jelsi in provincia di Campobasso, riceve il Premio internazionale “La traglia, etnie e comunità”, istituito a difesa delle minoranze. Ascoltiamo il patriarca Sako nell'intervista di Sergio Centofanti: 

R. – Questo premio non è per me, personalmente, ma per tutti coloro che lavorano per la pace, per il dialogo. Secondo me, è dato a tutti, non solo ai cristiani, ma anche ai musulmani che vogliono un mondo migliore, un mondo in cui tutti possano vivere nella gioia e nella dignità.D. – Qual è la situazione oggi dell’Iraq?

R. – E’ una situazione molto brutta a causa della guerra che fa tanti morti, tanti rifugiati e distruzione.

D. – Qual è la situazione dei cristiani e che Chiesa è oggi quella irachena?  

R. – I cristiani pagano il prezzo di questa guerra settaria fra sunniti e sciiti, ma anche della guerra nel Medio Oriente. L’identità di questa Chiesa è quella di una Chiesa martire.

D. – Ci sono tanti sfollati che vivono una situazione drammatica…

R. – 120 mila sfollati. Ma c’è anche un’angoscia psicologica un po’ dappertutto: come sarà il futuro? Ci sarà un’avvenire o no? La risposta è oscura.

D. – I cristiani continuano a lasciare l’Iraq?

R. – Sì, purtroppo.

D. - La comunità internazionale cosa fa e che cosa può fare di più

R. – E’ una politica alla ricerca degli interessi economici e non del benessere delle persone: loro non cercano la pace. Fabbricare armi vuol dire fabbricare anche guerre. Ci vuole un rinnovamento della politica e dell’economia, ma anche della religione. I musulmani devono fare una lettura all’interno dell’islam per scoprire il messaggio positivo per la vita umana, il rispetto della dignità della persona.

D. – Come combattere il terrorismo dello Stato Islamico?

R. – Ci vuole un’azione effettiva, internazionale, perché questi Paesi da soli non possono combattere l’Is, che è uno Stato: ha soldi, vende petrolio, ha armi e tanti jihadisti che aumentano.

D. – Che cosa possono fare i cristiani di tutto il mondo per voi?

R. – Possono aiutare, ma ciò di cui noi abbiamo più bisogno è l’amicizia, la solidarietà, la vicinanza. Io direi che la preghiera può fare un miracolo, cambiare il cuore di questi uomini: la conversione, la riconciliazione fra i politici.

D. – I cristiani iracheni sentono la vicinanza di Papa Francesco?

R. – Sì, sì, ma aspettano una sua visita pastorale. Abbiamo bisogno della sua presenza fra noi, in modo che ci dia tanta forza, tanta speranza, non solo ai cristiani, ma a tutti. Il Papa è un simbolo non solo per i cristiani - è un’autorità internazionale, spirituale e morale - e tutti aspettano questa presenza in mezzo a noi. Ci potrà dare tanta forza per perseverare e non lasciare.

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Card. Rylko: Gmg di Cracovia sarà Giubileo dei giovani

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“La Gmg di Cracovia sarà un vero e proprio Giubileo dei giovani a livello mondiale”. E’ quanto scrive il card. Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, in un messaggio ad un anno dalla Giornata Mondiale della Gioventù, la seconda in Polonia dopo quella del 1991 celebrata a Częstochowa. A Cracovia, sottolinea il porporato, “i giovani saranno chiamati a riflettere sul tema della ‘misericordia come un ideale di vita e come criterio di credibilità per la nostra fede’”. Da Cracovia, soggiunge, “dovrà diffondersi nel mondo intero il messaggio, carico di speranza, dell’amore misericordioso di Dio per ogni uomo della terra”. Centro spirituale di questo Giubileo dei Giovani, scrive il card. Rylko, “sarà il Santuario della Divina Misericordia e di Santa Faustina Kowalska, Apostola della Divina Misericordia, inaugurato da San Giovanni Paolo II nel 2002”.

Riconciliazione e misericordia al centro della Gmg
Nel Santuario, evidenzia, “sarà allestito anche un grande ‘Centro della misericordia’ con numerosi confessionali dove i giovani avranno la possibilità di accostarsi al sacramento della riconciliazione in diverse lingue”. Anche nella Gmg di Cracovia, nel luogo del grande raduno conclusivo dei giovani denominato Campus Misericordiae, informa il porporato polacco, “sarà allestita una simbolica Porta Santa, quale segno visibile del carattere giubilare dell’evento”. Francesco, accompagnato da alcuni giovani, varcherà questa Porta all’inizio della Veglia di preghiera di sabato 30 luglio, veglia che culminerà con l’adorazione eucaristica. Infine, domenica 31 luglio, dopo l’Eucaristia, il Papa consegnerà a cinque coppie di giovani dei cinque continenti delle lampade accese, simbolo del fuoco della misericordia portato da Cristo, e invierà i giovani in tutto il mondo come testimoni e missionari della Divina Misericordia. (A.G.)

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Libertà per i sequestrati in Siria: appello del Papa nel secondo anniversario del rapimento del gesuita Paolo Dall'Oglio.

Giubileo della gioventù: all'Angelus Francesco apre le iscrizioni al raduno mondiale in programma a Cracovia nel 2016.

Menorah ecumenica: l'arcivescovo Bruno Forte ricorda la visita di Papa Francesco, un anno fa, alla chiesa evangelica della Riconciliazione a Caserta.

Il mondo visto dalla Cina: l'arcivescovo Jean-Louis Bruguès presenta la mostra, dal 29 luglio a Macao, che espone riproduzioni di mappe provenienti dalla Biblioteca apostolica vaticana.

Bellissimi banchi vuoti: Maria Barbagallo sul cattolicesimo latinoamericano dopo Medellin e Puebla.

Un articolo di Carlo Petrini dal titolo "Se i rischi violano l'etica": tra pratica clinica e sperimentazione.

Ivan Di Stefano Manzella sulla solitudine dei numeri romani: sopravvive con difficoltà l'uso dell'antica notazione.

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Oggi in Primo Piano



Forza Onu contro Is: proposta di Mosca che offre leadership

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Una coalizione internazionale contro l'Is sotto l'egida dell'Onu: è la proposta della Russia, di cui parla il vice-ministro degli Esteri, Siromolotov, ex capo del servizio di contro spionaggio dell'Fsb, in un’intervista al quotidiano Kommersant. Il ruolo di Mosca – dice – sarebbe di primo piano. Dell’ipotesi, Fausta Speranza ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento: 

R. – E’ abbastanza complicato perché per poter avere una azione militare o una coalizione militare all’interno dell’Onu ci vorrebbe la co-partecipazione di una serie di attori all’interno dell’Onu stesso. Bisogna vedere se all’interno del Consiglio di Sicurezza tutti sono d’accordo su una iniziativa del genere. L’idea lanciata dal vice ministro degli esteri russo è un’idea estremamente interessante, ma soprattutto è estremamente importante proprio perché lanciata dalla Russia, che è alla ricerca, negli ultimi tempi, di un ruolo internazionale ben preciso. Abbiamo visto ultimamente quanto sia importante il ruolo della Russia: gli Stati Uniti dovrebbero ricordare che senza un intervento deciso di Mosca non si sarebbe arrivati ad un accordo con l’Iran…

D. – Russia in primo piano, ma poi quali sarebbero gli altri equilibri?

R. – Le due chiavi sono sicuramente Stati Uniti e Russia. Poi bisogna tener conto anche di altri interessi nell’area. La terza potenza, cioè la Cina, non ha al momento grandi interessi in quella precisa zona: intendo la zona in cui si è creato il Califfato dell’Is; la Cina ha interessi nel Vicino Oriente. Quindi bisognerebbe dare il giusto ruolo alla Russia. Non dimentichiamo che la Russia ha come alleati sia l’Iran che la Siria ed ha dei problemi o potrebbe avere dei problemi di confine con la Turchia, anche a causa di possibili infiltrazioni terroristiche. Una cosa che non deve essere dimenticata è che la Russia, da anni e anni, combatte il terrorismo radicale islamico e mi riferisco alla questione cecena: la questione cecena non viene più affrontata ed è dimenticata, ma è ancora una questione estremamente viva, estremamente attiva nel cuore del Caucaso, che è la porta verso l’Europa.

D. – A proposito del sedicente Stato Islamico, come combatterlo? E’ pensabile ancora lanciare bombe sul sedicente Califfato? Parliamo di Iraq, abbondantemente bombardato negli ultimi anni e della Siria, terreno anche sconosciuto in questo momento…

R. – In guerre come queste il ruolo fondamentale e centrale lo gioca l’intelligence. Se sul terreno non ci sono uomini dell'intelligence che individuano gli obiettivi – i veri obiettivi! – sono inutili i bombardamenti a tappeto! In un modo o in un altro l’Afghanistan ha dimostrato questo: se non si hanno contatti sul terreno e agenti sul terreno, gli obiettivi non vengono assolutamente individuati. Così come i bombardamenti di questi giorni da parte della Turchia: sono, da una parte, attacchi dimostrativi e, dall’altra, attacchi che servono a colpire le basi più individuabili, che non sono quelle dell’Is, ma purtroppo sono quelle dei curdi.

D. – Diciamo una parola sull’eventuale ruolo della Turchia?

R. – La questione della morte di decine di attivisti turchi – ed è fondamentale ricordare che sono turchi prima che socialisti o prima che qualsiasi altra appartenenza - ha spinto, per ovvie ragioni, il governo turco ad agire. Però, attenzione a quello che fa sul terreno: sul terreno – lo ripeto – ha sì cominciato ad attaccare alcune basi dell’Is,  - credo che l’intelligence turca sia quella che al momento ha la maggiore contezza delle basi dell’Is ai confini, perché ha dei contatti diretti con l’Is stesso - ma l’azione turca è sicuramente un modo per risolvere una serie di problemi con la minoranza curda che ultimamente aveva avuto particolare simpatia internazionale: non dimentichiamo che i curdi sono gli unici che hanno difeso la città importante, da un punto di vista strategico, di Kobane. E quindi si tratta di risolvere una serie di problemi andando ad attaccare soprattutto la leadership dei vari partiti dei curdi e in particolare modo quello del Pkk.

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Scontri sulla Spianata delle Moschee: dialogo sempre più lontano

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Ancora tensioni a Gerusalemme e nei Territori occupati dopo gli scontri di ieri sulla Spianata delle Moschee tra palestinesi e polizia israeliana: quest'ultima è accusata di aver fatto irruzione nella Moschea di Al Aqsa, ma ha risposto di averlo fatto solo per chiudere le porte del luogo di culto e impedire il lancio di oggetti e petardi. Intanto un palestinese di 19 anni è stato ucciso in Cisgiordania durante un tentativo di arresto da parte dei militari israeliani. Sulla situazione, Michele Raviart ha sentito Eric Salerno, inviato del Messaggero: 

R. – La tensione a Gerusalemme è andata crescendo nell’ultimo anno, questo sia per la mancanza di negoziati tra israeliani e palestinesi che per una crescente frattura all’interno del mondo palestinese tra quelli che stanno abbandonando la vecchia leadership di Fatah, cioè quelli che fanno capo ad Abu Mazen, presidente palestinese, e incominciano a guardare a gruppi più estremisti come Hamas e forse anche all'Is. Per cui qualche cosa ci si poteva aspettare, che prima o poi ci sarebbe stato uno scontro maggiore. Il livello dello scontro di ieri, sì, ha fatto molto clamore, soprattutto il fatto che le forze di sicurezza israeliane sono entrate per qualche metro nella Moschea ma tutto sommato non è un incidente di grandissime proporzioni.

D. – L’ultima volta che uomini israeliani sono saliti sulla Spianata delle Moschee era stata nel 2000 con Sharon e questo aveva poi portato alla seconda Intifada. C’è il rischio che gli incidenti di ieri possano portare a delle conseguenze?

R. – Quello fu incidente di tipo diverso. Qui invece c’è stato uno scontro dovuto al fatto che i gruppi palestinesi protestavano, come fanno ogni tanto, contro la possibilità che gli ebrei o gruppi di ebrei potessero salire sulla Spianata, che peraltro è un discorso vietato dagli stessi israeliani: cioè la polizia, le forze di sicurezza israeliane dovrebbero impedire agli ebrei israeliani di salire sulla Spianata per pregare. Questa è una vecchia storia, è concordato non soltanto tra palestinesi e israeliani ma tra israeliani e giordani, che sono quelli che hanno la tutela dei luoghi santi islamici di Gerusalemme.

D. – Eppure un movimento di estrema destra israeliano aveva nei giorni scorsi avvertito che voleva risalire sulla Spianata delle Moschee e dall’altra parte la polizia aveva detto che i palestinesi erano pronti per fare questi scontri…

R. – Non c’è dubbio. E’ quasi una pièce teatrale che si ripete da anni. Da una parte gli estremisti religiosi ebrei che parlano di ricostruire l’antico Tempio degli ebrei sulla Spianata delle Moschee, che infatti loro definiscono la Spianata del Tempio. Per cui è una cosa che succede di tanto in tanto. Direi che bisognerebbe sottolineare anche una cosa molto importante, che è avvenuta nelle ultime settimane, che agenti e soldati israeliani hanno sparato contro giovani e non soltanto giovani palestinesi che manifestavano intorno a Gerusalemme nei Territori occupati e questo è un segnale del degrado della situazione.

D. – Il dialogo, lo stiamo vedendo, è quanto mai lontano: che cosa può succedere perché si riprenda quantomeno a parlare?

R. – Non c’è una leadership palestinese in grado di andare avanti. Di fatto, oggi, un negoziatore palestinese e un altro israeliano si sono sentiti per cercare di vedere se è possibile riprendere i negoziati perché sia la leadership palestinese attuale che Netanyahu stesso sanno che di fronte a questo vuoto totale di dialogo e mancanza di speranza non può succedere che violenza. E’ evidente che basterebbe una cosa appena più grave di quello che è accaduto ieri  per scatenare una nuova Intifada o qualcosa di peggio.

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Farmaci salvavita a basso costo: allarme Msf per negoziati Pacifico

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Saranno tra le questioni più delicate da affrontare al vertice dei Paesi del Pacifico dedicato alla cosiddetta Trans-Pacific Partnership (Tpp), in corso fino a venerdì sull'isola di Maui, nelle Hawaii: si tratta delle discussioni sui periodi di monopolio per i nuovi farmaci salvavita, che rientreranno nel dibattito più ampio dedicato ai negoziati per una liberalizzazione degli scambi commerciali tra Stati Uniti e altri 11 Paesi dell’area, tra cui Australia, Canada, Giappone e Messico. Alcune disposizioni relative al mercato farmaceutico rischiano infatti di “mettere in pericolo la salute di milioni di persone nei prossimi decenni”, denuncia Medici Senza Frontiere. L’accordo, secondo l’organizzazione, potrebbe rafforzare, prolungare e creare nuovi monopoli su brevetti e normative per i prodotti farmaceutici, con il risultato di aumentare il prezzo dei farmaci e ridurre le potenzialità di un sistema concorrenziale in grado di abbassare i prezzi. Ce ne parla Stella Egidi, responsabile medico di Msf Italia, intervistata da Giada Aquilino

R. – Di fatto riguarda tutta una serie di prodotti commerciali - e quindi tutta una serie di regolamentazioni - che include però anche i prodotti farmaceutici, tutelando sostanzialmente le grosse industrie farmaceutiche, a svantaggio invece dei prodotti generici, che sono invece quelli a più basso prezzo e su cui fanno affidamento governi, programmi nazionali, ma anche organizzazioni come la nostra per poter fornire cure e trattamenti in particolare in Paesi a basse risorse.

D. – In sostanza, perché si minerebbe l’accesso ai farmaci a prezzi contenuti?

R. – Per due motivi. In primo luogo, perché questo trattato prevede la protezione di un fenomeno che in gergo chiamiamo “evergreening”, che è la pratica con la quale le case farmaceutiche rinnovano i brevetti che hanno sui farmaci, sostanzialmente proponendo per il brevetto nuove formulazioni di vecchi farmaci: presentano cioè delle piccole modifiche rispetto al farmaco vecchio, senza però aumentarne i benefici. Di fatto si tratta dello stesso farmaco che viene riproposto in una veste leggermente diversa, quindi senza benefici per i pazienti, ma garantendo invece profitti alla casa produttrice. E in secondo luogo, l’altro fattore è la tutela dei dati clinici: il trattato prevede che, per dodici anni, i dati di ricerca clinica su cui è stato sviluppato un prodotto farmaceutico non possano essere utilizzati da altre case farmaceutiche - e quindi da quelle dei generici - per poter produrre lo stesso farmaco in forma generica. Questo comporterebbe che ogni singola casa farmaceutica generica dovrebbe ricominciare da capo tutto il processo di ricerca clinica prima di poter produrre un farmaco.

D. – Stiamo parlando di farmaci salvavita: quali malattie andrebbero a riguardare?

R. – Uno spettro amplissimo di malattie: Hiv/Aids, tubercolosi, ma anche patologie quali leucemie e tumori. Per cui veramente questo rischierebbe di avere un impatto devastante su un enorme raggio di condizioni patologiche, quindi di riguardare milioni e milioni di persone.

D. – Decisioni prese nell’area del Pacifico potrebbero poi avere in qualche modo una ricaduta anche in altre zone del mondo, come ad esempio in Africa?

R. – Assolutamente sì. In primo luogo, perché questo Trattato riguarda gli Stati Uniti ed altri undici Paesi che sono in negoziazione: tra questi ci sono il Perù, il Messico, la Nuova Zelanda, l’Australia ed altri. Quindi questi Paesi sarebbero essi stessi in primo luogo coinvolti dalle conseguenze di questi accordi. Lo sarebbero anche in via indiretta, in quanto produttori di farmaci generici, perché queste imposizioni comporterebbero pure difficoltà dei Paesi produttori di generici a commercializzarli rispetto a Paesi terzi. Ed inoltre c’è anche la possibilità infausta che questo trattato rappresenti un precedente che venga poi copiato in futuro per ulteriori intese commerciali, che quindi vadano a ricalcare questo per quanto riguarda le condizioni imposte sulla vendita dei prodotti farmaceutici. 

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Nepal: a 3 mesi dal sisma, allarme violenze su donne nei rifugi

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A tre mesi dal terremoto in Nepal, resta alta l’emergenza umanitaria soprattutto nelle zone interne del Paese e l’Oxfam, il network internazionale di organizzazioni impegnate nella lotta alla povertà e e all'ingiustizia, denuncia il rischio di violenze sulle donne nei rifugi temporanei. Il servizio di Elvira Ragosta

Cerca di rialzarsi il Nepal dal sisma che il 25 aprile scorso ha provocato oltre 8.890 morti e più di 22 mila feriti, ma ci sono ancora villaggi semi-isolati e resta il problema dei quasi 3 milioni di sfollati che hanno perso la propria casa e sono costretti a vivere in rifugi temporanei e sovraffollati. Crescono, soprattutto, i timori per le donne e le adolescenti: a lanciare l’allarme è l’Oxfam, secondo cui, nel distretto di Dhading - nella zona centrale del Nepal - le donne vivono con la paura di subire abusi fisici e sessuali per la mancanza di sicurezza e di privacy dovuta alla promiscuità dei campi. L’indagine di Oxfam ha evidenziato come le toilette comuni e le aree prive di luce elettrica siano considerate i posti più insicuri. Inoltre, nei distretti più colpiti, molte famiglie sono ancora costrette a vivere all’aperto sotto teloni o in strutture fatte di lamiera. E sale anche il rischio per le epidemie, soprattutto per i bambini, perché in alcune zone l’accesso all’acqua potabile non è garantito. Abbiamo raccolto la testimonianza telefonica di Shyam Chirakar di “Viva il Nepal”, una delle tante associazioni impegnate sul territorio:

R. - Sentiamo delle piccole scosse però la maggior parte della gente in città sta tornando alla vita normale. Nella zona epicentro del terremoto, dove stiamo andando anche noi, non stanno bene e tante case sono crollate. Adesso stanno arrivando i monsoni per cui per tutta le persone che hanno perso la casa si troveranno in difficoltà perché non hanno posto dove dormire la notte. Perciò dovremo aiutare tutti a costruire alloggi temporanei.

D. – Cosa può dirci riguardo al rischio di violenza nei confronti delle donne e delle adolescenti nei rifugi sovraffollati?

R. – E’ vero. Perciò noi come associazione stiamo costruendo le case per ogni singola famiglia. Però tanti villaggi ancora non sono riusciti a fare la casa per ogni famiglia e quindi la maggior parte degli sfollati vive tutta insieme in un unico campo grande, con 50 famiglie tutte insieme e lì ci sono problemi per le donne e i bambini. Abbiamo sentito di un paio di casi di violenza nei villaggi.

D. – Riguardo alla situazione dei bambini, soprattutto dei bambini che hanno perso le loro famiglie, i loro genitori, qual è il rischio maggiore in questo momento, che cosa state facendo per loro?

R. – I bambini adesso sono malati… e non stanno andando a scuola per cui c’è bisogno di qualcuno che si prenda cura di questi bambini e che dia loro da mangiare.

D. – Per quanto riguarda gli aiuti internazionali come sono distribuiti e come la sua associazione è impegnata nella distribuzione degli aiuti umanitari?

R. – Ci sono tanti villaggi, nella maggior parte non sono ancora arrivati gli aiuti, oggi siamo andati in un villaggio in cui non era ancora andato nessuno.

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Tabaccaia uccisa ad Asti, don Gallo: un esempio di vita cristiana

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La vita di Maria Luisa Fassi, la tabaccaia assassinata nel suo negozio ad Asti durante una rapina, è stata illuminata dalla fede e dai valori cristiani, gli stessi principi che sostengono anche i suoi familiari. E’ quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, il parroco della Collegiata di San Secondo, don Giuseppe Gallo, che ha celebrato i funerali di Maria Luisa. Ma alla famiglia della vittima - precisa don Gallo - sono state attribuite, nelle ultime ore, dichiarazioni non fondate: 

R. – L’evento in sé è stato un evento drammatico che ha sorpreso tutti. Il modo meraviglioso, splendido, con cui la famiglia ha reagito - in modo veramente cristiano - è importante, perché evangelizza veramente la cultura della vita, il rispetto della persona, la disponibilità al perdono e alla misericordia. Credo che sia emersa questa grande luce della persona che è stata uccisa - la cui vita sicuramente è luminosa secondo il Vangelo - ed anche la bella lezione di vita che hanno dato i loro familiari. Quindi riconosciamo che tutto coopera al bene di quelli che amano il Signore, come dice San Paolo. E per fortuna che sia così. Vuol dire che il Mistero della Salvezza è una realtà che sorprende e che va al di là dei nostri schemi. E la luce è più forte di ogni realtà di tenebra.

D. – Non c’è assolutamente desiderio di vendetta dalla famiglia…

R. – No, anche perché li induce a questo la bella testimonianza di vita, radicalmente evangelica, di Maria Luisa. Tutta la sua famiglia è poi molto ispirata ai valori cristiani. Questa bella figura di donna, di mamma e di sposa continua a sostenere, a catechizzare, a orientare in modo cristiano la famiglia.

D. – Bisogna però dire che sono state riportate su questa vicenda delle notizie non corrette attribuite alla famiglia…

R. – Sì, soprattutto quella comparsa ieri, dove si direbbe che il papà di Maria Luisa si è detto disponibile ad aiutare la figlia malata di Pasquale Folletto, che ha massacrato Maria Luisa. Questo proprio loro non lo hanno detto! Appena ho visto questa bella notizia, ho telefonato per rallegrarmi e mi hanno detto che non avevano detto così. È un’espressione inventata da qualche giornalista.

D. – Una notizia inventata che però poi potrebbe diventare realtà…

R. – È meglio inventare notizie belle che inventare notizie brutte, però - ad onor del vero - bisogna essere molto oggettivi. Credo che non lo escluderebbero, se ci fosse qualche opportunità al riguardo, però questo non lo hanno detto…

D. – Quindi c’è una famiglia che ha reagito proprio con i valori cristiani a questo dramma, ce n’è un’altra che è stata devastata dal gesto omicida...

R. – Certo, è quest’altra famiglia che mi fa veramente compassione, nel pieno senso evangelico, come provo compassione di fronte a Pasquale Folletto, che ha ammazzato Maria Luisa. Credo che un fatto di questo genere sia un fatto che inquieta le nostre coscienze: persone che si possono trovare in situazioni di disperazione non ne conosco poche. Questa situazione dovrebbe essere una sfida per la coscienza sia della società sia delle pubbliche istituzioni, ma anche una sfida per la Chiesa ad essere più attenta e più vicina. Anche se non possiamo risolvere i problemi di tutti, comunque occorre una vicinanza più cordiale e affettuosa verso tutti quelli che sono in situazioni di bisogno e di necessità.

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Caritas: al via il progetto "Una famiglia per la famiglia"

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Una famiglia a sostegno di un'altra famiglia in difficoltà, con il coinvolgimento di tutti componenti di entrambi i nuclei per un aiuto ma anche per un arricchimento reciproco. E’ il progetto “Una famiglia per una famiglia”, promosso dalla Fondazione Paideia in collaborazione con la Caritas Italiana e diocesana e l’assessorato alle Politiche sociali di Roma, presentato questa mattina in Campidoglio. L’iniziativa, già attiva dal 2003 in diverse regioni d’Italia, avrà nella Città Eterna una fase di sperimentazione di due anni, durante i quali verranno avviati otto affidi della durata di 12 mesi. Marina Tomarro ha intervistato il direttore di Paideia Fabrizio Serra.   

R. – E’ un progetto di intervento preventivo a sostegno di quelle famiglie che si trovano in un momento particolare della loro vita a vivere una situazione di fragilità. In modo pratico: una famiglia, che definiamo “famiglia risorsa”, si mette a disposizione di una famiglia che consideriamo fragile per accompagnarla durante un percorso educativo, per evitare in modo particolare il rischio anche di allontanamento del minore dalla famiglia di origine. L’obiettivo, naturalmente, è quello di riuscire a trasformare una buona prassi in una politica attivabile, sostenibile sui vari territori, in modo che i servizi possano essere attrezzati e dotati di una modalità di intervento in più per andare a coprire un’area di vulnerabilità e di fragilità di quelle famiglie che si trovano nella fascia grigia, famiglie che necessiterebbero di interventi più impegnativi, anche dal punto di vista delle risorse economiche che dovrebbero essere messe in campo.

E nel progetto forte è l’impegno anche della Caritas italiana e diocesana che si va ad affiancare così al lavoro dei servizi sociali. Il commento del direttore della Caritas italiana don Francesco Soddu:

R. – Ciò che io ritengo sia necessario sottolineare è l’apporto che, attraverso Caritas, sia gli enti locali come le famiglie e le diocesi riescono a produrre, dando un nuovo parametro e qualche respiro in più ai servizi sociali, affinché possano uscire da una sorta di standardizzazione del loro essere verso delle forme che possono essere inedite fino a questo momento.

D. – In che modo individuate le famiglie che hanno bisogno di aiuto?

R. – Ogni Caritas e ogni centro di ascolto registra quelle che sono le criticità del territorio: e non soltanto le criticità, ma anche quelle che sono le potenzialità. Pertanto “Una famiglia per una famiglia” è il raccogliere quelle belle opportunità che dai centri di ascolto, passando attraverso gli osservatori delle povertà e delle risorse, già sono evidenti.

Infatti nella capitale, sempre di più sono le famiglie in serie difficoltà economiche costrette a chiedere aiuto alla Caritas diocesana. Il direttore della Caritas diocesana, mons. Enrico Feroci:

R. – Noi abbiamo grandi difficoltà con le famiglie che si riferiscono alla Caritas diocesana. Sappiamo che gli interventi che possiamo fare sono quelli di ordine materiale: li mandiamo all’emporio, paghiamo anche qualche volta – quando è possibile – le utenze… Ma ci siamo resi conto che c’è un’altra difficoltà, che è molto più interiore, che è molto più profonda ed è quella della incapacità, molte volte, delle famiglie di sapersi gestire. Allora abbiamo pensato che un tutor, una famiglia che potesse star vicino alla famiglia per aiutarla a individuare i percorsi e venire fuori dalle difficoltà materiali e qualche volta anche psicologiche dei rapporti: questo potrebbe essere un esperimento e una realtà molto bella, molto positiva. Quindi abbiamo voluto sottolineare come la famiglia, in quanto tale, possa essere aiutata dalla famiglia: non solamente il singolo, la persona, il bambino perché minore o l’anziano perché solo, ma far diventare la famiglia una risorsa in modo che le famiglie possano ritrovare la strada e un percorso per camminare da soli.

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Un successo la 45.ma edizione del Giffoni Film Festival

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Italia, Germania, Belgio, Stati Uniti d’America e Corea del Sud: vengono da tutto il mondo i vincitori del Giffoni Film Festival 2015, la rassegna cinematografica della provincia di Salerno, in cui i giurati sono bambini e ragazzi. Tra i premi speciali anche quello assegnato dall’Università Pontificia Salesiana. Da Giffoni, il servizio di Corinna Spirito

Si è conclusa con successo la 45.ma edizione del Giffoni Film Festival, la kermesse cinematografica per ragazzi, che ha portato nella provincia di Salerno grandi ospiti italiani ed internazionali e oltre 100 pellicole da tutto il mondo. Cinque quelle premiate dai ragazzi con il Grifone d’oro: il fantasy italiano “Grotto” di Micol Pallucca è stato il preferito dei bambini tra i 6 e i 9 anni; il film d’avventura “Labyrintus” del belga Douglas Boswell ha vinto nella sezione dei giurati tra i 10 e i 12 anni; i ragazzi tra i 13 e i 15 anni hanno invece preferito il drammatico “Sancturay” diretto dal tedesco Marc Brummond; e infine i vincitori delle categorie +16 anni e +18 sono stati rispettivamente l’americano “All the wilderness” di Michael Johnson e il sud-coreano “Coin Locker Girl” di Han Jun-Hee. Carpe Diem, cogli l’attimo, è stato il tema dell’edizione di quest’anno che i 3600 giovani giurati hanno preso veramente a cuore, come ha spiegato il direttore artistico Claudio Gubitosi:

“Il Giffoni resta uno dei progetti più belli d’Italia, perché attraverso il cinema i ragazzi hanno l’opportunità e la possibilità di poter incontrare anche temi forti con i quali però nella vita loro devono confrontarsi e superare. Dentro ognuno di loro porta qualcosa di indelebile che non si riesce più a cancellare. Qui diventano adulti, scoprono la propria personalità, la propria identità, capiscono che cos’è la tolleranza, il rispetto delle culture diverse, incominciano a parlare con i musulmani, non solo, con tutte le altre religioni… Stanno a pranzo con loro, condividono questa esperienza. E qui ci sono anche, per esempio, i palestinesi o i ragazzi che sono sfuggiti all’Is dall’Iraq del nord... Vedere tante famiglie insieme che giocano, genitori e figli che giocano o ai giochi tradizionali o ai videogames, dove però i figli insegnano ai genitori come fare ... è un’atmosfera cordiale, piacevole, affettuosa”.

Anche l’Università Pontificia Salesiana ha voluto conferire un premio per sottolineare l’importanza del cinema educativo. In occasione dei 200 anni dalla nascita di Don Bosco, è stato assegnato il DB Educational Award a "Young Tiger", pellicola francese che racconta in maniera realistica il fenomeno della migrazione di minori non accompagnati. Il premio di 10.000 euro sarà donato a due realtà missionarie salesiane, scelte dal regista Cyprien Vial: una si trova in Amazzonia e l’altra in Tunisia. Anche l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù ha conferito un premio speciale: al film franco-belga “Birds of Passage” di Olivier Ringer, per aver raccontato con verità e delicatezza il mondo dei bambini, i loro sogni e le loro aspirazioni.

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Nella Chiesa e nel mondo



Iraq: Acs dona viveri a 13mila famiglie di rifugiati iracheni

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Nuovo progetto in Iraq di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs). Alla fine di giugno la fondazione pontificia ha donato pacchi viveri a 13mila famiglie cristiane rifugiate nel Kurdistan iracheno, per un totale di 690mila euro. Dall’inizio dell’avanzata del sedicente Stato Islamico nel giugno 2014, Acs ha sostenuto la Chiesa irachena con oltre 7milioni e 300mila euro. Nella sola arcidiocesi caldea di Erbil, dove hanno trovato rifugio i cristiani fuggiti da Mosul e dalla Piana di Ninive, la sola fondazione ha contribuito ad oltre il 60% degli aiuti ricevuti a livello internazionale.

Alle famiglie, viveri per almeno un mese
«Il supporto di Acs ha avuto un grande impatto sulla vita della nostra comunità - ha scritto l’arcivescovo caldeo di Erbil, mons. Bashar Matti Warda, dopo l’invio dei pacchi viveri - Dal profondo del nostro cuore vi ringraziamo per essere vicini alle nostre famiglie in un momento tanto drammatico». I doni sono stati distribuiti da gruppi di volontari di età compresa tra i 15 ed i 18 anni. Ognuna delle famiglie ha avuto di che vivere per almeno un mese: riso, zucchero, olio, fagioli, carne, formaggio e acqua. Aiuto alla Chiesa che Soffre continuerà a raccogliere fondi per garantire il costante invio di viveri nei prossimi mesi.

Il contributo di Acs per alloggi e scuole prefabbricate
Nel Kurdistan iracheno i cristiani si preparano al primo triste anniversario della fuga dalla Piana di Ninive. Nella notte tra il 6 ed il 7 agosto 2014, oltre 120mila fedeli sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni a causa dell’avanzata dello Stato Islamico. Dopo i primi mesi trascorsi nelle tende, nelle chiese o in palazzi abbandonati, grazie al contributo di Aiuto alla Chiesa che Soffre, le famiglie cristiane hanno trovato alloggio in case in affitto o nelle strutture prefabbricate fornite dalla fondazione. E tra pochi giorni inizierà l’anno scolastico, nelle otto scuole prefabbricate donate da Acs per garantire un futuro ai piccoli rifugiati.

La Chiesa vicina ai rifugiati
​Piccoli segni di speranza che aiutano i cristiani a sopportare l’incertezza e le difficoltà quotidiane, come le alte temperature estive e la mancanza di elettricità anche per 14 ore al giorno. La Chiesa continua a rappresentare l’unico punto di riferimento per le migliaia di famiglie di rifugiati, «assieme – nota mons. Warda - alla vicinanza e alle preghiere dei cristiani di tutto il mondo». (M.P.)

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Vescovi Usa: 228 progetti sociali ed ecclesiali in America Latina

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La Conferenza dei vescovi cattolici statunitensi ha stanziato 3,3 milioni di dollari per finanziare i 228 progetti approvati dal sottocomitato per la Chiesa in America Latina e i Caraibi e destinati a favorire l’evangelizzazione, la comunicazione, la formazione di catechisti laici e le attività negli oratori. I Paesi maggiormente interessati da questi aiuti saranno Colombia, Perù, Haiti, Messico e Ecuador, senza escludere il resto dei Paesi della regione.

Haiti: “ancora tanto lavoro da fare”
Per continuare il proprio aiuto umanitario in seguito al devastante terremoto di Haiti, avvenuto nel gennaio del 2010,  il sottocomitato ha deciso di finanziare 32 progetti pastorali nel Paese, del valore di 346mila dollari. Oltre a questi, è stato approvato l’invio di circa 580mila dollari, suddivisi in quattro piani di ricostruzione di infrastrutture legate alla Chiesa cattolica haitiana. Mons. Thomas Wenski, arcivescovo di Miami e presidente del Comitato Consultivo per Haiti,  ha affermato che è stato fatto molto ad Haiti, sia nell’immediato aiuto umanitario sia nell’aiuto a lungo termine per la ricostruzione.  “Ma c’è ancora molto lavoro da fare”- ha aggiunto. “Continueremo a stare vicino agli abitanti di Haiti e a lavorare insieme a loro in tutto il processo di ricostruzione”.

Una chiesa che custodisce e salvaguardia identità e cultura dei popoli
Il sottocomitato ha inoltre approvato una serie di progetti per incoraggiare e mantenere l’identità e l’eredità culturale degli afro-discendenti dell’America Latina e l’area dei Caraibi. Uno dei progetti dell’arcidiocesi di Cali, Colombia, propone una serie di  incontri dove attraverso la musica e le danze tradizionali le persone della comunità, di qualsiasi età, potranno comprendere e vivere a pieno l’esperienza della fede all’interno della loro cultura. Questi incontri avranno come tema la storia degli strumenti e della musica afro-colombiana e alcune riflessioni sull’intrecciarsi di fede e cultura nell’ottica della Nuova Evangelizzazione. Un altro progetto riguarderà la creazione di un congresso per i giovani nell’area dei Caraibi di lingua inglese.

Nicaragua: Al di sopra di ogni disabilità
La diocesi di Managua, Nicaragua, continuerà a ricevere dei fondi per consolidare il proprio programma di formazione nella Pastorale nel linguaggio dei segni. L’obiettivo di questo programma è di aiutare le persone affette da disabilità legate all’apparato uditivo, rendendo più accessibili il ricevere i sacramenti e partecipare alla Messa e alla vita parrocchiale. Il presidente del Sottocomitato per l’America Latina, il vescovo ausiliare di Seattle, mons. Eusebio Elizondo ha affermato che le persone dell’America Latina e dei Caraibi hanno una storia e una cultura estremamente ricca e i progetti in quest’area aiutano ad aumentare la loro fede”. “Sono grato - ha aggiunto - per tutto il supporto dato a queste iniziative volte ad aiutare una crescita dal punto di vista spirituale”. (A cura di A. Dormetta)

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Tragedia Germanwings: cerimonia interreligiosa a Vernet

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Un omaggio alle vittime dell’incidente aereo della compagnia Germanwings a 4 mesi dalla tragedia si è svolta a Vernet il 24 luglio scorso in presenza delle famiglie. La cerimonia interreligiosa - riferisce l'agenzia Sir - è stata presieduta dal vescovo di Digne, monsignor Jean-Philippe Nault, alla presenza dei rappresentanti protestanti, musulmani ed ebrei, e si è svolta sotto una grande tenda allestita davanti alla stele eretta in memoria delle 149 vittime. Ogni responsabile religioso ha preso la parola ed ha condiviso intenzioni di preghiere per le vittime e i loro familiari e per i soccorritori e gli abitanti dei luoghi vicini all’incidente. 

La preghiera segno di vicinanza, amicizia e intercessione
“Insieme, ciascuno secondo la sua tradizione, chiediamo al Signore di ascoltare la nostra preghiera, il nostro grido di dolore, per coloro che ci hanno lasciato così tragicamente”, ha detto il vescovo Nault. “Possa questa preghiera raggiungere ciascuno di voi ed essere segno della nostra vicinanza, amicizia e intercessione”. Alla fine della cerimonia, sotto una pioggia battente, dopo un tempo di silenzio, musica e raccoglimento, sono stati lanciati in cielo 149 palloncini bianchi. 

Assente il presidente della Lufthansa
​Il presidente della Lufthansa, Castor Spohr, non ha partecipato alla cerimonia. Un’assenza che un portavoce della compagnia ha giustificato per “l’atmosfera tesa” che c’è a causa dei risarcimenti da parte della compagnia ai familiari delle vittime e la volontà di non “disturbare” la cerimonia con questa questione. (R.P.)

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Mattarella: Italia in prima linea contro il terrorismo

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L’Italia è in prima linea nella lotta al terrorismo. Massimo impegno viene assicurato anche per arrivare alla liberazione dei quattro tecnici italiani rapiti in Libia e di padre Paolo Dall’Oglio, sequestrato in Siria nel 2013. E’ quanto ha affermato il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, intervenendo alla XI conferenza degli ambasciatori, incentrata sul tema “Diplomazia per l'Italia”.

Europa e crisi greca
Durante la conferenza è stato affrontato il tema delle prospettive dell'Unione Europea scossa dalla crisi greca: “Adesso – ha affermato il Presidente Mattarella - alle regole comuni vanno affiancate altre istituzioni comuni, sollecitamente, per evitare di restare in mezzo al guado di una costruzione incompleta con il forte rischio di scivolare indietro”. “L'Europa – ha aggiunto - fa meno di quello che dovrebbe, dobbiamo liberarla dagli egoismi nazionali”.

Immigrazione
Il Capo dello Stato si è anche soffermato sulla questione immigrazione sottolineando il valore della solidarietà: "Aiutare chi chiede aiuto o salvare chi sta annegando è un dovere elementare". Le politiche dell'immigrazione europee – ha spiegato - "dovrebbero essere omogenee".

Terrorismo, buco nero dell’umanità
Il terrorismo è “un buco nero dell’umanità”. “Quella che dobbiamo intraprendere – ha affermato Mattarella - è una battaglia politica e culturale, prima che militare, contro gli estremismi, contro chi fomenta divisioni, odio e radicalismo. Non abbiamo bisogno di una guerra di civiltà, ma di un patto di civiltà".

Vicenda dei due marò
L'Italia - ha detto il Capo dello Stato italiano - è un Paese pronto a proteggere i propri cittadini e che “intende continuare a battersi con determinazione per la liberazione dei due marò”, Massimiliano Latore e Salvatore Girone accusati di aver ucciso due pescatori keralesi nel febbraio 2012 mentre erano in servizio antipirateria a bordo della petroliera “Enrica Lexie”. (A.L.)

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Vescovi peruviani: sradicare la corruzione e la povertà

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“E’ nostro dovere sradicare i grandi nemici della libertà: la violenza, la corruzione, la povertà, la disuguaglianza sociale e l’ignoranza”.  Questa l’esortazione dei vescovi del Perù nel Messaggio alla nazione in occasione delle festa dell'indipendenza che si celebra domani e dopodomani. In una lettera, i membri   del Comitato permanente della Conferenza episcopale peruviana affermano che “si apre per il Perù un futuro promettente che purtroppo è offuscato dalla mancanza di consenso e di unità, perché se sono lasciati in disparte gli autentici e reali interessi della nazione, si trasmette un'immagine e una morale negativa” . In questo contesto, di fronte alla domanda su cosa succede alla classe politica che causa tanta insoddisfazione tra i peruviani, i vescovi  rispondono che si deve governare con umiltà e amore verso il popolo, essendo la politica una delle forme “più alte di carità al servizio del bene comune”.

La vita alla base di ogni speranza
I vescovi ricordano che il valore della vita stessa dell’uomo è alla radice di ogni speranza, e questa si costruisce con l’impegno quotidiano nel lavoro, nella creatività, nell’onestà, nella solidarietà, nella fede e nell’amore fraterno. In particolare, il messaggio ribadisce che la famiglia peruviana è la cellula fondamentale della Patria e punto di riferimento dei valori del Paese, la cui realtà deve essere promossa e protetta dallo Stato. “La nostra società - si legge - deve essere frutto dei valori che abbiamo ricevuto nelle proprie famiglie come dono pregiato di Dio; valori che dobbiamo conservare e promuovere, non solo come azioni individuali ma anche nella propria esperienza sociale”.

Consapevolezza ecologica
Tra le numerose sfide che presenta il mondo d’oggi: le nuove forme di pensiero, lo sviluppo tecnologico, la sicurezza cittadina e la coscienza ecologica, la  Chiesa peruviana invita ad aprire la mente e il cuore per affrontare queste nuove realtà tenendo al centro la persona umana che deve essere rispettata, protetta e promossa dalla società. Nel messaggio si esalta la varietà, la bellezza e la bontà della terra  donata da Dio, “autore di tanta generosità”. Dunque, ricordano le parole del Papa nella enciclica Laudato si: "Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode".

La libertà è un dono di Dio
​Infine, i vescovi ricordano il ritornello che nell’inno nazionale invoca la “libertà per sempre”, conquistata con la nascita della Repubblica 194 anni fa. I vescovi sottolineano che la libertà è un dono di Dio, che “illuminato dalla fede e dalla Parola, ci aiuta a vivere in modo consapevole, responsabile e  solidale”, per camminare sempre di più verso la costruzione di un Perù più giusto e fraterno. Come ogni anno, la Messa del Te Deum nella cattedrale di Lima, sarà presieduta dal primate del Perù, card. Juan Luis Cipriani, alla presenza del Presidente della Repubblica, rappresentanti del governo e diverse autorità civili e militari . (A cura di Alina Tufani)

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Il Cammino Ignaziano: sulle orme del pellegrino di Loyola

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Il Cammino Ignaziano, inaugurato nel 2012 inizia una nuova tappa nel suo  “Anno Giubilare” che inizia il 31 luglio - festività liturgica di Sant’Ignazio di Loyola - e si concluderà lo stesso giorno del 2016. Con questa promulgazione si intende dare un nuovo impulso e una maggiore visibilità pensando all’anno 2022 quando ricorrerà il V centenario  dell’arrivo del pellegrino Ignazio di Loyola, a Montserrat e Manresa (Catalunya). 

I pellegrini possono rivivere l'esperienza umana e spirituale di sant'Ignazio
L’itinerario ignaziano coincide in parte geograficamente con uno dei Cammini compostelani ma possiede una sua specificità tenendo conto del percorso storico realizzato da Ignazio di Loyola nel 1522 dopo la sua conversione spirituale in cerca di un nuovo orientamento per la sua vita per mezzo della penitenza e della preghiera. In questo modo oggi i pellegrini possano rivivere, con il pellegrino di Loyola, la sua esperienza umana e spirituale. 

Un itinerario suggestivo sulle orme di sant'Ignazio
Proprio grazie ai suoi scritti autobiografici conosciamo in dettaglio il suo pellegrinaggio che partendo dalla sua casa di Loyola, nei Paesi Baschi e attraversando le regioni della Navarra, la Rioja, Aragon e Catalunya si é concluso  a Manresa dopo una sosta al santuario di Montserrat. Sono in tutto 650 chilometri lungo i quali il pellegrino, normalmente a piedi, può incontrare paesaggi diversi e suggestivi, una notevole ricchezza artistica e culturale, differenti stili di vita e perfino un tratto definito come un vero' deserto'. I promotori del Cammino Ignaziano hanno previsto la possibilità di offrire ai pellegrini, necessari punti di informazione, servizi alimentari, sanitari e alloggio. Sono 27 le principali tappe del percorso tra piccole e grandi città. Tutto il Cammino può contare su una valida segnaletica. 

Si vuole dare impulso al Cammino per aumentare il numero di pellegrini
Gli organizzatori cercano di dare a questa esperienza spirituale e culturale la necessaria pubblicità pensando a quanti vogliano vivere, secondo la formula classica del pellegrinaggio cristiano, una forte esperienza spirituale, culturale e umana. Sono stati 200 i pellegrini nel 2014. Si spera che il Cammino Ignaziano possa ricevere un nuovo impulso tra il 2015 e il 2016 guardando sempre verso il 2022 quando ricorrerà il V centenario del pellegrinaggio ignaziano. Per un'informazione completa e aggiornata consultare il sito web: www.caminoignaciano.org. e l'e-mail: info@caminoignaciano.org. (Dalla Spagna: padre Ignazio Arregui)

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Russia: accordo patriarcato-Corte dei Conti contro la corruzione

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La Chiesa ortodossa russa può aiutare lo Stato nel combattere la corruzione in modo efficiente, in quanto educa le persone nello spirito dei valori evangelici e dei più alti requisiti morali. La proposta - riferisce l'agenzia AsiaNews - è del patriarca di Mosca Kirill, che il 24 luglio scorso ha firmato un accordo di cooperazione con la Corte dei Conti russa. La cerimonia si è svolta nella sala del Trono nella residenza del patriarca, al monastero di San Daniele a Mosca. Per la Corte dei Conti ha firmato la presidente, Tatiana Golikova.

Migliorare la morale e preservare il patrimonio spirituale, storico e culturale in Russia
Il documento si propone di migliorare la morale in Russia e preservare il patrimonio nazionale spirituale, storico e culturale, necessario per le buone condizioni di vita dei cittadini e lo sviluppo dello Stato, ha scritto l’agenzia ufficiale Ria Novosti. “Il lavoro della Corte dei Conti ha un impatto sostanziale sul clima morale nella società - ha dichiarato il patriarca - Sappiamo che la corruzione degrada l’essere umano. E se la corruzione raggiunge una portata significativa, erode il tessuto sano della società e mina le fondamenta dello Stato”.

Cooperazione tra Stato e Chiesa
Secondo Kirill, gli “attuali vizi, connessi con il furto di proprietà pubbliche e statali” vanno attribuiti alle difficoltà affrontate dalla popolazione negli anni ’90 e nei primi anni 2000, vale a dire “il collasso dell’economia, la distruzione di certi ideali e il tentativo di crearne di nuovi”. Per questo la cooperazione della Chiesa con la Corte dei Conti - “il più efficace” e forse “il più forte organismo in grado di controllare l’uso delle risorse governative” - è “opportuna e giusta”, a detta del primate ortodosso russo. “Mi sembra che si tratti della giusta cooperazione tra Chiesa e Stato”, ha dichiarato dal canto suo la Golikova.

Danni subiti dallo Stato dai reati di corruzione ammontano a circa 630 milioni di euro l'anno
La corruzione è ancora una piaga endemica in Russia, nonostante le promesse del governo di sradicare il fenomeno, che colpisce tutti gli strati della società. Di recente, il portavoce del Comitato investigativo russo, Vladimir Markin, ha fatto sapere che i danni subiti dallo Stato dai reati di corruzione ammontano a circa 40 miliardi di rubli l'anno (630 milioni di euro). Allo stesso tempo, però, le autorità sembrano non voler riconoscere fino in fondo le dimensioni del problema. Markin ha rassicurato che la corruzione “per lo più è diffusa a livello base", in forma di tangenti a medici o insegnanti, che "hanno bisogno di aumentare i proprio salari”, non accennando neppure alla corruzione nel grande business e nelle istituzioni.

Tra i Paesi più colpiti dalla corruzione la Russia è al 136° posto su 175
Nel 2014, la Ong Transparency International nel suo annuale "indice di percezione della corruzione" ha inserito la Russia al 136° posto su 175, al pari di Paesi come Nigeria, Libano, Camerun e Iran, dove la corruzione è una vera e propria piaga che affligge il sistema economico e sottrae allo Stato preziose risorse. (N.A.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 208

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.