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Sommario del 01/05/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Expo, occasione per globalizzare la solidarietà: il Papa in video messaggio

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"Smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane non abbiano un impatto su chi soffre la fame”. E’ l’invito di Papa Francesco che, nel video messaggio in diretta con l’Expo di Milano nella mattinata di apertura, chiede “un cambiamento di mentalità” sulle questioni alimentari, per "nutrire ogni uomo e donna del pianeta nel rispetto dell'ambiente".  Francesco dice ‘no’ a spreco e scarto, e chiede di tenere ben presenti i volti di uomini, donne e bambini malnutriti. Così – dice – la Expo può essere “occasione propizia per globalizzare la solidarietà”. Il servizio di Fausta Speranza: 

“Importante”, “essenziale”: così Francesco definisce il tema dell’Expo: ‘Nutrire il pianeta, energia per la vita’. Poi la forte raccomandazione:  

“…purché non resti solo un “tema”, purché sia sempre accompagnato dalla coscienza dei “volti”: i volti di milioni di persone che oggi hanno fame, che oggi non mangeranno in modo degno di un essere umano.”

Il Papa parla di “una presenza nascosta di questi volti, che – dice - in realtà dev’essere la vera protagonista dell’evento”. Una presenza che il Papa vorrebbe – lo esprime esplicitamente – che “ogni persona che passerà a visitare la Expo possa percepire”.  L’obiettivo è chiaro e doveroso: cambiare mentalità. Di fronte a noi – ricorda – abbiamo il paradosso dell’abbondanza (come diceva Giovanni Paolo II alla FAO nel 1992), la cultura dello spreco, dello scarto. Abbiamo quelli che Francesco definisce “meravigliosi padiglioni” dell’Expo. Ma Francesco chiede a gran voce di cambiare mentalità:  

“…per smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane – ad ogni grado di responsabilità – non abbiano un impatto sulla vita di chi, vicino o lontano, soffre la fame. Penso a tanti uomini e donne che patiscono la fame, e specialmente alla moltitudine di bambini che muoiono di fame nel mondo.”

Francesco, dunque, si rivolge a tutti, parlando di diversi gradi di responsabilità. Poi il riferimento preciso:

“E ci sono altri volti che avranno un ruolo importante nell’Esposizione Universale: quelli di tanti operatori e ricercatori del settore alimentare. Il Signore conceda ad ognuno di essi saggezza e coraggio, perché è grande la loro responsabilità.”

Francesco, all’inizio del suo messaggio, chiarisce di parlare da vescovo di Roma, a nome del popolo di Dio pellegrino nel mondo intero, “voce – sottolinea - di tanti poveri che fanno parte di questo popolo e con dignità cercano di guadagnarsi il pane col sudore della fronte.” A questo titolo lancia il suo appello:

“La Expo è un’occasione propizia per globalizzare la solidarietà. Cerchiamo di non sprecarla ma di valorizzarla pienamente!”

Ancora l’auspicio di Papa Francesco:

“Il mio auspicio è che questa esperienza permetta agli imprenditori, ai commercianti, agli studiosi, di sentirsi coinvolti in un grande progetto di solidarietà: quello di nutrire il pianeta nel rispetto di ogni uomo e donna che vi abita e nel rispetto dell’ambiente naturale.

Come cristiani, Francesco ricorda il riferimento preciso alla preghiera del eccellenza: quella che ci ha insegnato Gesù: il Padre Nostro in cui diciamo “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.

“Questa è una grande sfida alla quale Dio chiama l’umanità del secolo ventunesimo: smettere finalmente di abusare del giardino che Dio ci ha affidato, perché tutti possano mangiare dei frutti di questo giardino. Assumere tale grande progetto dà piena dignità al lavoro di chi produce e di chi ricerca nel campo alimentare.”

Poi il Primo Maggio, giorno dedicato al lavoro, il Papa non vuole dimenticare i volti di tutti i lavoratori che hanno faticato per la Expo di Milano, specialmente dei più anonimi, dei più nascosti, che anche grazie a Expo hanno guadagnato il pane da portare a casa. E due appelli di Francesco davvero universali:

“Che nessuno sia privato di questa dignità! E che nessun pane sia frutto di un lavoro indegno dell’uomo!

E ancora:

“E che non manchi il pane e la dignità del lavoro ad ogni uomo e donna.”

Papa Francesco non ha dubbi: “tutto parte da lì, dalla percezione dei volti”.

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Al via Expo: il card. Ravasi parla di fame materiale e spirituale

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E' ormai visitabile fino 31 ottobre la Expo di Milano, apertasi ufficialmente nel giornod el Primo Maggio. La sera prima il concerto inaugurale, in piazza Duomo a Milano con l’accensione dell’albero della vita, la struttura simbolo del padiglione Italia, ha raccolto 20.000 persone. L'Expo, a nord ovest del capoluogo lombardo, con i suoi padiglioni su una superficie di 110 ettari, rappresenterà Paesi e culture secondo il filo rosso del cibo. Da parte sua, il presidente della Repubblica Mattarella, in un’intervista al Corriere della Sera, chiede che l’Expo sia punto di svolta: nutrire il pianeta – dice – è questione cruciale. Il servizio di Fabio Brenna: 

“Dichiaro ufficialmente aperta l’Esposizione Universale Expo Milano 2015”.

Sono le parole del premier Matteo Renzi. Insieme ai 145 Paesi partecipanti, i 9 cluster tematici sul cibo che ospitano i Paesi che non hanno potuto realizzare un proprio padiglione. Nel teatro del sito espositivo, dal palco immerso in un campo di grano, i discorsi inaugurali delle autorità italiane, davanti ai rappresentanti del mondo, ai cardinali Scola e Ravasi; e con l’intervento di Papa Francesco, un messaggio di speranza da tradurre in impegno attivo contro la fame e il sottosviluppo. Un’occasione di rilancio anche per l’Italia, come ha sottolineato il presidente del Consiglio:

“Mi piace pensare che oggi inizia il domani; inizia il domani di un Paese che ha un passato straordinariamente bello da far venire i brividi, ma che ha voglia di futuro e che sa che l’unico modo per costruire questo futuro è abbracciare il mondo e non avere paura di ciò che ci circonda”.

Una lotta contro il tempo che ha impegnato 9 mila lavoratori, e nella festa a loro dedicata è andato il grazie per aver portato quasi a termine il progetto. Da oggi cancelli aperti ai visitatori. 10 milioni i biglietti già venduti; il doppio le persone attese a Milano. 7.500 gli eventi previsti nel sito, 20 mila quelli a Milano, come ha ricordato il sindaco Giuliano Pisapia, lanciando la sfida alla sua città, ad saper essere aperta e solidale:

“Siamo qui, insieme, per dimostrare che tutti possiamo fare molto, che ognuno può fare qualcosa e che dobbiamo farlo”.

La giornata di festa termina con la Turandot alla Scala. Massima allerta nell’imponente sistema di ordine pubblico – 4 mila agenti – per le manifestazioni che si terranno nel pomeriggio.

 

Proprio per l’importanza del tema scelto: "Nutrire il pianeta, energia per la vita", la Santa Sede ha voluto essere all’Esposizione universale. Fabio Colagrande ha intervistato il cardinale Gianfranco Ravasicommissario generale della Santa Sede per l’Expo 2015: 

R. – Già nel 1851, quando regnava Pio IX, alla grande Esposizione del lavoro e dell’industria di tutte le nazioni che si svolgeva a Londra, era presente la Santa Sede e la sua presenza fu, in altre occasioni, anche molto imponente. Nell’Esposizione di New York del 1964, ad esempio, fu inviata nientemeno che la Pietà di Michelangelo, che per la prima volta lasciava la Basilica di San Pietro. Quindi la Santa Sede è sempre stata presente su questa grande ribalta delle nazioni del mondo, una vetrina delle produzioni, delle attività di tipo economico, delle questioni cruciali dal punto di vista pratico, sociale.

D. – “Nutrire il pianeta, energia per la vita” è il tema di questa Expo 2015; ma al di là delle intenzioni c’è chi teme che si trasformi soprattutto in una vetrina di carattere commerciale. In questo senso che significato ha la presenza della Santa Sede?

R. – La presenza della Santa Sede vuol essere quasi come una sorta di spina nel fianco di questa grande platea economico-commerciale. E’ l’unico padiglione, per esempio, che non espone e propone prodotti in vendita. Sono due i motti del padiglione e sono scritti anche sulle facciate del padiglione stesso, che è nello stile di Papa Francesco, molto sobrio; l’ingresso è affidato appunto a queste parole che vengono quasi ricordate come una memoria e nell’interno c’è un percorso distribuito su uno spazio di 330 metri quadri calpestabili, quindi non è così sontuoso come accade in altri padiglioni. I due motti sono: “Non di solo pane” e “Dacci oggi il nostro pane”, due frasi che sono prese dalla Bibbia e rimandano al fatto che l’uomo non vive di solo pane, supera se stesso, ha al suo interno qualcosa di più che va oltre i suoi meccanismi biologici. Ma dall’altra parte si ricorda anche che l’uomo e la donna devono vivere anche materialmente: quindi “Dacci oggi il nostro pane” e cioè un pane quotidiano, un pane che spesso, nella scena del mondo, è invece riservato solo ad alcuni pochi. Al centro di questo padiglione ci sarà un grande tavolo interattivo per cui i visitatori potranno in qualche modo essere coinvolti in una sorta di dialogo; e vuole rappresentare proprio il mondo: a un estremo ci siamo noi, il Nord del mondo che ha beni in abbondanza e dall’altra parte invece c’è una massa molto maggiore che deve accontentarsi soltanto di briciole. Ecco perché c’è anche il tema della fame che incombe, e tutto un tema secondario legato al “Dacci oggi il nostro pane” che è appunto quello del pane spirituale e ci fa entrare nel tema dell’Eucaristia.

D. – Ma il tema del nutrimento, della fame, affrontato dal punto di vista antropologico, sanitario, sociale, sarà al centro anche di altri dibattiti che si svolgeranno nel padiglione della Santa Sede, non è vero?

R. – Accanto a questo padiglione, che avrà al suo interno anche una serie di filmati che riguardano proprio questi temi - girati uno a Erbil in Iraq, un altro in Burkina Faso, un altro in America Latina - c’è anche un altro padiglione, direi quasi spirituale, mobile, che è fatto da una serie di eventi e manifestazioni collegati al padiglione della Santa Sede e che toccano tutti questi temi. Per esempio, la Caritas toccherà il tema della fame nel mondo e progetti efficaci per affrontarla. Ma ci sarà anche, da parte dell’ospedale del Bambin Gesù, una serie di incontri che toccano temi profondamente umani: pensiamo al dramma della bulimia e dell’anoressia, il tema dell’allattamento, molti temi antropologici che si intrecciano profondamente con la dimensione medica e con la dimensione esistenziale. E noi stessi faremo, il giorno ufficiale della celebrazione, l’11 giugno per la Santa Sede, una riflessione antropologica su questo tema - il tema della fame del mondo - e anche un Cortile dei Gentili, che vedrà la presenza, tra credenti e non credenti, di Nicolas Hulot, il presidente della conferenza sul clima che si svolgerà a Parigi: tratteremo quindi anche il tema della custodia del Creato. Inoltre, paradossalmente, noi alla fine saremo l’unico padiglione che chiederà qualcosa ai visitatori per la fame nel mondo, per la carità del Papa. E alla fine, distribuendo ai visitatori una calamita con l’immagine del Papa, chiederemo a chi può e vuole di compiere un gesto nei confronti di questo orizzonte che grida a noi la sua sofferenza.

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Il Papa ai Cursillos: sempre più in cammino verso i lontani

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“Più in là sempre oltre”, fedeli al vostro carisma: questo l’incoraggiamento del Papa alle migliaia di Cursillos di Cristianità, accolti ieri pomeriggio, nell’Aula Paolo VI, in Vaticano, in occasione del terzo incontro Europeo di questo movimento nato negli anni ’40 da un gruppo di giovani spagnoli nell’isola di Mallorca ed oggi diffuso in tutti i continenti, da 70 anni presente in Europa, da 50 anni in Italia. Il servizio di Roberta Gisotti

“Ultreya”, più in là sempre oltre: il saluto dei pellegrini di Santiago di Compostela, scelto per dare il nome a questo incontro europeo dei Cursillos, circa settemila, arrivati a Roma per incontrare il Papa. Ma l’evento era previsto domani, e Francesco si è simpaticamente scusato:

“E’ stata una confusione! Voi sapete che il Papa è infallibile quando fa definizioni dogmatiche, cosa che si fa, ma raramente … Ma anche il Papa ha i suoi difetti e con i suoi difetti non c’entra l’infallibilità! E questo Papa è poco ordinato e anche indisciplinato…”.

Tra i fondatori del movimento dei Cursillos il Papa ha citato Eduardo Bonnin Aguilo e il vescovo di Mallorca, Juan Hervas y Benet, che accompagnò la crescita del movimento:

“Furono autentici missionari: non esitarono a prendere l’iniziativa e coraggiosamente si avvicinarono alle persone, coinvolgendole con simpatia e accompagnandole nel cammino della fede con rispetto e amore. Questo è importante: la simpatia, la compagnia...  Una cosa del vostro movimento: voi non avete fatto proselitismo! E questa è una virtù”.

Quindi l’invito di Francesco ai Cursillos di oggi:

“Quanto è necessario uscire, senza mai stancarsi, per incontrare i cosiddetti lontani!”.

Ma per aiutare gli altri a crescere nella fede “occorre sperimentare in prima persona la bontà e la tenerezza di Dio”:

“Egli non ci chiede nulla in cambio, chiede solo di accoglierlo, perché l’amore di Dio è gratuità, dono puro”.

Proprio l’“ardente desiderio di amicizia con Dio” dei Cursillos ha aiutato – ha sottolineato Francesco - migliaia di persone in tutto il mondo “a crescere nella vita di fede”:

“Nel contesto odierno di anonimato e di isolamento, tipico delle nostre città, quanto è importante la dimensione accogliente, familiare, a misura d’uomo, che voi offrite negli incontri di gruppo”.

Ma restare nel “piccolo gruppo” non basta, bisogna aprirsi “ad una dimensione sociale ed ecclesiale più grande”:

“È bello aiutare tutti, anche chi fa più fatica nel vivere la propria fede, a rimanere sempre in contatto con questa madre, sempre vicini a questa grande famiglia accogliente che è la Chiesa”.

Poi l’invito:

“Vi incoraggio ad andare ‘sempre oltre’, fedeli al vostro carisma!”.

“A raggiungere i lontani, senza fare proselitismo - ha sollecitato Francesco - a uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie”:

“Voi questo lo avete sentito, ve lo ho detto parecchie volte. Ma nelle grandi città, città cristiane, anche in famiglie cristiane, ci sono bambini che non sanno fare il segno della croce. E questa paganizzazione della società ci richiama: fate qualcosa per evangelizzare”.

E poi ancora il Papa, sollecitato dalle domande poste dai Cursillos, ha chiesto:

“Come fidarsi dello Spirito Santo, a tal punto da osar portare l’annuncio della Misericordia di Dio, dove Lui non è cercato? Ma, se non ti fidi dello Spirito Santo, torna a casa tua, eh! E pensa. Va a cercare un’altra religione più gnostica, più ideologica. Gesù ci ha detto: ‘Io non vi lascio da soli. Io vi invierò lo Spirito’. E cosa fa lo Spirito? Due cose. Ci ricorda quello che Gesù ci ha insegnato e ci insegna cosa dobbiamo fare. Poi questo fidarsi dello Spirito è sorprendente!”.

Da qui l’importanza di pregare per discernere “la novità che lo Spirito Santo suggerisce dalla novità che, invece, allontana dal carisma”:

“Prega! Chiedi! La preghiera: senza la preghiera non può andare avanti nessun movimento. Nessuno!”.

Infine, Francesco chiudendo l’incontro:

“Com’è bello annunciare a tutti l’amore di Dio che salva e dà senso alla nostra vita!”.

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Vaticano: inaugurati nuovi spazi per le mamme al Dispensario S. Marta

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“C’è una culla per te”: è il nome dei nuovi locali a sostegno delle mamme bisognose, inaugurati nel Dispensario pediatrico Santa Marta in Vaticano. Ha partecipato mons. Fernzando Vérgez, segretario generale del Governato dello Stato della Città del Vaticano, ente che ha messo a disposizione gli spazi e provveduto ai lavori di ristrutturazione. All’evento era presente anche mons. Yoannis Lahzi Gaid, della segreteria particolare di Papa Francesco. L’inaugurazione è stata seguita per noi da Alessandro Gisotti: 

“I luoghi in cui si manifesta la Chiesa diventino isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza”. Con questo spirito sono stati inaugurati al Dispensario pediatrico Santa Marta in Vaticano dei nuovi locali dove sarà disponibile tutta una serie di servizi a sostegno della maternità, dalle vaccinazioni a corsi sull’alimentazione. Un’iniziativa che, significativamente, è stata denominata “C’è una culla per te”. Su questo nuovo impegno si sofferma la responsabile della struttura caritativa, suor Antonietta Collacchi:

“I servizi sono proposti alle mamme a partire dalla preparazione al parto con un sostegno di carattere ginecologico e ostetrico. Vi saranno inoltre corsi sull'alimentazione, la ginnastica, le norme igienico-sanitarie e la medicazione del cordone ombelicale. E ancora vi saranno corsi sulle manovre di disostruzione, sullo svezzamento così come sull'allattamento materno e artificiale. Non mancheranno poi incontri sul l'importanza delle vaccinazioni”.

All’inaugurazione, ha preso parte mons. Fernando Vérgez, segretario generale del Governatorato Vaticano, che ha messo a disposizione gli spazi e ha provveduto gratuitamente ai lavori di ristrutturazione. Mons. Vérgez ha guidato un momento di preghiera al termine del quale ha ringraziato i volontari del Dispensario per l’impegno quotidiano per i più piccoli:

“L’accoglienza dei bambini è più di una opera buona, perché significa l’accettazione dell’opera redentrice di Gesù. Grazie a tutti voi per il vostro impegno! Il Governatorato è stato ben lieto di partecipare ai lavori di realizzazione di questo spazio. Un piccolo contributo che è poca cosa rispetto a tutto ciò che di buono voi fate ogni giorno”.

Con questi nuovi spazi, dunque, il Dispensario che opera da oltre 90 anni sotto la guida delle Figlie della Carità, rafforza il proprio impegno in favore dei più bisognosi. Lo scorso anno, sono stati circa 500 i bambini assistiti dal Dispensario, senza distinzione di razza o religione. Oltre 50 i volontari (medici e non) che ogni settimana si alternano nell’aiutare le suore vincenziane che, ispirate dal loro fondatore San Vincenzo de’ Paoli, “non passano accanto a nessuno con il volto indifferente, il cuore chiuso o il passo affrettato”.

Il 14 dicembre del 2013, Papa Francesco ha visitato il Dispensario che si trova a pochi passi da “Casa Santa Marta” e successivamente ha ricevuto in Aula Paolo VI le famiglie dei bambini assistiti assieme a quelle dei volontari.

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Oggi in Primo Piano



In Nepal l'esercito parla di 15mila morti, certi 6mila

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Sale inesorabilmente il bilancio del sisma che ha devastato il Nepal sei giorni fa: oltre seimila le vittime accertate, più di 13mila i feriti, ma alcuni distretti non sono stati ancora raggiunti dai soccorsi e l’esercito teme un’ecatombe da 15mila morti. Gli aiuti arrivano con difficoltà; in Italia scatta la colletta nazionale della Cei domenica 17 maggio in tutte le chiese. Roberta Barbi: 

Un Paese allo stremo. Il Nepal a sei giorni dal sisma fa i conti con le cifre impressionanti di morti e feriti ma anche con i danni: 130mila case distrutte e 85mila danneggiate secondo una prima stima dell’Onu, che significa quasi tre milioni di persone sfollate e bisognose di aiuto. Due miliardi di dollari la prima cifra stimata dal governo per la ricostruzione; 8 milioni, secondo la Fao, sarebbero necessari per aiutare i contadini nell’imminente stagione della semina del riso. Ma la prima emergenza è quella sanitaria: 54 squadre di soccorso di diversi Paesi sono al lavoro e proprio ieri, giorno in cui sarebbero state interrotte le operazioni, 4 persone sono state estratte vive dalle macerie. L’Unicef ha distribuito già 29 tonnellate di aiuti nel tentativo di raggiungere i quasi due milioni di bambini che vivono nelle aree più colpite e ieri sera è arrivato a Kathmandu un aereo militare italiano con un ospedale da campo da montare. Bisogna fare presto, perché ora il rischio è quello di epidemie: malattie da acqua infetta, diarrea, ma lo spettro peggiore è il colera, come fu per Haiti cinque anni fa. Intanto resta lo stato di crisi in 12 distretti e il governo nepalese ha stabilito multe e pene carcerarie per i saccheggiatori e per chi aumenta i prezzi dei prodotti di prima necessità, mettendo anche in guardia contro chi mette in giro false voci di nuove scosse, seminando il panico tra la popolazione.

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Primo Maggio, più di 200 milioni i senza lavoro nel mondo

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Anche questo Primo Maggio purtroppo si caratterizza per la mancanza di lavoro in tante aree del mondo. Secondo l’Ilo, l'Organizzazione internazionale del lavoro, la debole ripresa economica non ha portato ad un deciso miglioramento sui mercati mondiali. Il quadro dei dati nel servizio di Alessandro Guarasci

Ad oggi i disoccupati a livello mondiale rimangono più di 200 milioni. Secondo l’Ilo, nel 2019, con questa tendenza il numero globale dei senza lavoro supererà i 212 milioni. A questo va aggiunto che la crescita dei salari ha subito un rallentamento, passando dal 2,2 per cento del 2012 al 2,0 per cento nel 2013. Due regioni, l’Asia del Sud e l’Africa subsahariana, contano insieme per i tre quarti dell’occupazione a rischio nel mondo. L’America del Nord è in piena ripresa, l’Europa viaggia a più velocità. Eppure, si può risalire la china. Sempre secondo l’Ilo, il piano di investimenti su tre anni avviato dal presidente della Commissione Europea (CE) Jean-Claude Juncker potrebbe portare alla creazione di oltre 2,1 milioni di nuovi posti di lavoro entro la metà del 2018. L’opinione di Carlo Costalli, presidente del Movimento Cristiano Lavoratori:

R. – L’Europa dà alcune direttive in questo campo, soprattutto dal punto di vista delle riforme, soprattutto dal punto di vista di creare le condizioni perché riprendano gli investimenti. Poi sta anche ad alcuni Stati cercare di agganciare la ripresa che, in alcuni Paesi, sta partendo  o comunque  è più avanti che da noi in Italia.

Meno finanza, più investimenti, più innovazione. Molti economisti pensano che sia questa ricetta per far ripartire il lavoro. E un insegnamento forte viene da Papa Francesco, come dice Costalli:

R. – Quando lancia appelli forti su questa economia, con alcune dichiarazioni fortissime – “questa economia uccide”, “la finanziarizzazione dell’economia a scapito del lavoro” – non c’è dubbio che chiama in causa anche gli imprenditori, perché qui il rischio è anche quello che possa esserci una ripresa senza lavoro!

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Centrafrica, crisi umanitaria dimenticata

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La situazione nella Repubblica Centrafricana si fa sempre più difficile, anche per i tanti sfollati e profughi che hanno lasciato le loro case per sfuggire alle violenze tra opposte fazioni armate. A tre anni dall’inizio del conflitto interno, sono circa 460.000 i rifugiati nei quattro Paesi confinanti. La risposta dai Paesi occidentali è ancora troppo blanda e i finanziamenti necessari per garantire la protezione di tutti i profughi garantiscono il minimo necessario. Ai microfoni di Federica Bertolucci, il padre carmelitano Aurelio Gazzera, missionario nella Repubblica Centrafricana: 

R. – La situazione è ancora molto fragile, perché ci sono appunto zone del Paese totalmente sotto il controllo del gruppo Seleka e altre zone che sono sotto il controllo di nessuno, dove ci sono bande armate che fanno violenze e tutto quello che vogliono. In questi giorni, passavo da Baboua, una cittadina sulla frontiera, e alcune persone armate sono andate a minacciare il padre missionario: hanno chiesto dei soldi sotto minaccia di una granata, di una bomba a mano. Quindi la situazione è ancora molto fragile.

D. – Cosa si sta facendo per dare un’adeguata assistenza ai rifugiati nei quattro Paesi confinanti con la Repubblica Centrafricana?

R. – Ci sono alcune Ong che si danno da fare; ad esempio c’è la Croce Rossa internazionale. All’interno del Paese ci sono ancora moltissimi rifugiati. Nel nostro convento a Bangui, ad esempio, ci sono 4 mila persone che sono lì perché hanno perso la casa e hanno soprattutto paura di tornare nei loro quartieri.

D. – Cosa dovrebbe fare l’Occidente affinché questa crisi umanitaria non sia dimenticata?

R. – L’Occidente, e il mondo in generale, sta facendo molto, ma non bene. Il problema, per conto mio, è che da una parte le Nazioni Unite stanno investendo molto in mezzi, soldi e così via, però poi concretamente sul terreno non c’è ancora quell’incidenza, quell’operatività che dovrebbero avere. Stiamo andando verso il Forum del dialogo nazionale, che è un momento aspettato, preparato anche con consultazioni, e questo dovrebbe permettere alle varie parti di dialogare. In qualche modo, si cerca di andare verso un futuro un pochino migliore. I dubbi, però, sono ancora molti, perché non si notano grandi cambiamenti. Questa guerra ha fatto disastri a molti livelli, soprattutto a livello politico, delle autorità. Sembra che non ci si renda conto che quello che è successo è il frutto di errori, di problemi mai risolti.

D. – Ma qual è la situazione delle popolazioni che vivono lì?

R. – Si varia molto da zona a zona. Il problema è che con la partenza di tanti musulmani, la situazione economica è peggiorata molto, perché avevano in mano il commercio e anche le liquidità. Quindi, l’accesso alla scuola, alle cure sono ancora molto difficili. Le autorità civili non hanno il coraggio di installarsi e di fare il loro dovere. La situazione quindi rimane molto fragile. La Chiesa rappresenta un po’ l’unica comunità che riesce poi, a lungo termine, ad essere sempre presente e a cercare di dare risposte immediate, ma anche ad aiutare la gente a riflettere e a cercare di andare verso un futuro con una possibilità di dialogo, di riconciliazione, anche con le comunità musulmane, ad esempio, con chi è stato l’autore di crimini e così via.

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Nella Chiesa e nel mondo



Irlanda: speciale Messa per i cristiani perseguitati

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Sulle persecuzioni subite dai cristiani in Medio Oriente e in Nord Africa c’è un silenzio “spaventoso”, dovuto alla secolarizzazione delle nostre società occidentali che oggi guardano con ostilità al cristianesimo, ma anche al timore diffuso di dare l’impressione di pensare solo alle vittime cristiane. A denunciarlo è l’arcivescovo irlandese di Tuam, mons. Michael Neary, che sabato pomeriggio nella Basilica di Knock presiederà una Messa speciale per commemorare i cristiani uccisi dalla furia omicida dei jihadisti. La sua denuncia fa eco alle dure parole pronunciate l’anno scorso alla Camera dei Lord dall’ex Rabbino Capo d’Inghilterra Jonathan Sachs che aveva paragonato le attuali persecuzioni ai pogrom anti-ebraici in Europa.

Il Governo irlandese prema per un intervento  dell’Europa

In una dichiarazione accompagnata da un articolo pubblicato ieri,  mons. Neary ha invocato l’urgenza di aiutare i perseguitati con la preghiera, ma anche con un’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica irlandese per ottenere un’iniziativa politica che fermi la mano dei carnefici. “L’Irlanda – ha detto - ha una lunga tradizione di peacekeeping e di opere caritative in Medio Oriente e in Africa di cui può andare orgogliosa. Il nostro Governo potrebbe esercitare la sua autorità morale per convincere l’Unione Europea ad occuparsi di questa questione”.

Accogliere i rifugiati vittime delle persecuzioni con cuore aperto

Ma mons. Neary chiama in causa anche le responsabilità dei cittadini e in particolare dei fedeli, con riferimento alle drammatiche conseguenze umanitarie di queste persecuzioni: “La persecuzione dei cristiani è diventata ormai parte di un problema più vasto che ha prodotto la più grave crisi di rifugiati dalla Seconda Guerra Mondiale. Il Mediterraneo si è trasformato nel più grande cimitero del mondo, con migliaia di uomini, donne e bambini che annegano nell’indifferenza dell’opinione pubblica e dei leader politici” . Di qui il pressante invito a cambiare atteggiamento verso gli immigrati e i rifugiati e a non volgere lo sguardo da un’altra parte: “Non possiamo indurire i nostri cuori di fronte alle loro sofferenze e alle morti nel Mediterraneo. Non ha senso chiedere l’intervento dei nostri leader politici se non siamo disposti a dimostrare l’accoglienza del cuore verso stranieri che cercano rifugio da noi”.

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Pakistan: 25 anni ai complici dell’attentato a Malala

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Sono stati condannati a 25 anni di carcere – la pena massima secondo l’ordinamento del Pakistan, in pratica equivalente a un ergastolo – dieci estremisti islamici ritenuti complici dei terroristi che nel 2012 attentarono alla vita di Malala Yousafzai, l’allora 14enne pakistana impegnata, con il suo blog, nella battaglia per i diritti delle donne – soprattutto nell’ambito della scolarizzazione – nel suo Paese. I fondamentalisti, originari dello Stato del Malakand, furono arrestati nel settembre scorso grazie a un delicato lavoro di intelligence, ma i mandanti e gli esecutori dell’attentato risultano ancora a piede libero.

L’attentato

Era il 19 ottobre 2012 quando Malala, studentessa di 14 anni, stava viaggiando su un piccolo autobus per tornare da scuola a casa sua a Mingora, nella Valle dello Swat. All’improvviso irruppero due killer che, dopo aver chiesto chi fosse Malala, le spararono dei colpi in faccia a distanza ravvicinata. Nell’attacco – rivendicato poi dai militanti del Tehreek-e-Taliban Pakistan - rimasero ferite anche altre due studentesse. Portata immediatamente in aereo in Gran Bretagna, la giovane subì diversi delicati interventi che oggi l’hanno riportata a essere quella che era.

Un punto di riferimento per tutti

Già pochi mesi dopo l’attentato, nel luglio del 2013, in occasione del suo 16.mo compleanno, Malala prese la parola nell’Assemblea generale dell’Onu, ribadendo il suo impegno affinché tutte le bambine pakistane potessero andare a scuola; impegno che le valse l’anno successivo il Premio Nobel per la Pace, rendendola finora tra le più giovani personalità insignite di tale prestigioso riconoscimento. Oggi Malala ha 17 anni, studia e scrive a Birmingham, in Gran Bretagna, dove vive con la sua famiglia. (R.B.)

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Nigeria. Liberati dall'esercito 160 ostaggi di Boko Haram

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Circa 100 tra ragazzi e ragazze e 60 donne ostaggio di Boko Haram sono state liberate ieri in Nigeria nel corso di un’offensiva da parte dell’esercito nigeriano nella foresta di Sambisa. Dal blitz è scaturito un conflitto a fuoco e nelle operazioni sarebbero stati distrutti ben 9 campi appartenenti ai ribelli islamisti. In un’altra azione, due giorni fa, erano state liberate circa 300 donne, sempre ostaggio del gruppo estremista Boko Haram.

I testimoni: “Donne sparavano contro i militari”

Secondo testimoni, inoltre, alcune delle donne che dovevano essere liberate, avrebbero sparato contro i militari dell’esercito, mentre altre sarebbero state usate come scudi umani. La notizia non è stata smentita dall’esercito. Il bilancio finale dello scontro è di 12 donne e 7 soldati uccisi, ma ci sarebbe anche un numero imprecisato di vittime tra i terroristi. Tra gli ostaggi, che sono poi stati trasferiti in un luogo sicuro, non ci sarebbero le studentesse rapite il 14 aprile dell'anno scorso a Chibok. (R.B.)

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Yemen. Oms: in oltre un mese già 2000 morti e 5000 feriti

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È di duemila morti e almeno cinquemila feriti il bilancio tracciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) del conflitto che insanguina lo Yemen dal 26 marzo scorso, quando sono iniziati i raid aerei in seguito all’intensificarsi degli attacchi dei miliziani Houthi, fedeli all’ex presidente yemenita Ali Abdallah Saleh, ora rifugiato a Riad, in Arabia Saudita. L’Oms riferisce anche di un deterioramento della situazione a Taez, terza città del Paese, e fornisce cifre impressionanti sui rifugiati interni, oltre 300mila, e sulle persone coinvolte nel conflitto, a quanto pare ben sette milioni e mezzo.

Sul terreno

Nella giornata di oggi ancora scontri al confine tra Yemen e Arabia Saudita, in cui tre soldati sauditi e decine di ribelli yemeniti sarebbero rimasti uccisi. I disordini sono il risultato dell’attacco lanciato la notte scorsa dagli Houthi contro i posti di frontiera nella provincia meridionale di Najiran. Infine, il sedicente Stato Islamico afferma di aver giustiziato 15 soldati nello Yemen, citando anche la diffusione di un video che lo dimostrerebbe. (R.B.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 121

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.