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Sommario del 03/05/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: cristiani veri fanno bene a prossimo e società

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Se un cristiano vive la propria fede restando unito a Cristo può fare “tanto bene” al prossimo e alla società. Lo ha affermato Papa Francesco al Regina Caeli in Piazza San Pietro, davanti a oltre 50 mila persone. Dopo la preghiera mariana, il Papa ha rivolto un saluto particolare all’Associazione “Meter”, in coincidenza con la Giornata dei bambini vittime della violenza. Il servizio di Alessandro De Carolis

Un cristiano, lo dice il nome, si riconosce nella massa perché ha pensieri e atteggiamenti diversi, improntati al bene comune mentre intorno si cerca il vantaggio di pochi, capace di attenzione ai bisogni dell’altro laddove si hanno occhi solo per i propri affari.

Senza vite non vive il tralcio
Ma un cristiano può essere tale solo a una condizione, quella affermata da Gesù durante l’Utima Cena: che resti unito a Cristo come un tralcio è attaccato alla vite. È questo, ricorda Papa Francesco al Regina Caeli, il “modo nuovo” indicato da Gesù e reso possibile dai Sacramenti, dal “mantenersi fedeli al Battesimo” – sottolinea Francesco – alla “preghiera tutti i giorni”, al “leggere il Vangelo”, in una parola al “crescere nell’amicizia con il Signore”:

“I tralci non sono autosufficienti, ma dipendono totalmente dalla vite, in cui si trova la sorgente della loro vita. Così è per noi cristiani. Innestati con il Battesimo in Cristo, abbiamo ricevuto da Lui gratuitamente il dono della vita nuova; e possiamo restare in comunione vitale con Cristo”.

Doni che fanno “tanto bene”
Da questa comunione, prosegue Francesco, scaturisce la novità cristiana che può incidere in qualsiasi rapporto personale, qualsiasi ambito sociale:

“Se uno è intimamente unito a Gesù, gode dei doni dello Spirito Santo, che – come ci dice san Paolo – sono ‘amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé’ e questi sono i doni che ci vengono se noi rimaniamo uniti a Gesù; e di conseguenza una persona che è così unita fa tanto bene al prossimo e alla società, è una persona cristiana. Da questi atteggiamenti, infatti, si riconosce se uno è un vero cristiano, come dai frutti si riconosce l’albero”.

Un nuovo modo di essere
Davvero tutto viene trasformato di un cristiano che resta unito a Gesù – “anima, intelligenza, volontà, affetti, e anche il corpo”, assicura Francesco. E i “frutti” che ne derivano definisce “meravigliosi:

“Riceviamo un nuovo modo di essere, la vita di Cristo diventa nostra: possiamo pensare come Lui, agire come Lui, vedere il mondo e le cose con gli occhi di Gesù. Di conseguenza, possiamo amare i nostri fratelli, a partire dai più poveri e sofferenti, come Lui lo ha fatto, e amarli con il suo cuore e portare così nel mondo frutti di bontà, di carità e di pace”.

Ogni persona sia protetta
Al momento dei saluti seguiti alla recita del “Regina Caeli”, il Papa ricorda la Beatificazione avvenuta ieri di Luigi Bordino, il laico consacrato della Congregazione del Cottolengo, che “si è speso senza sosta – evidenzia – in favore dei più poveri, medicando e lavando le loro piaghe”. Quindi, Francesco rivolge un saluto particolarmente grato all’Associazione Méter, nel giorno dedicato ai bambini vittime della violenza, “per l’impegno – afferma – con cui cercate di prevenire questi crimini”. E chiosa:

“Tutti dobbiamo impegnarci affinché ogni persona umana, e specialmente i bambini, sia sempre difesa e protetta”.

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Papa: difendere la vita umana. Di Noto: troppe violenze su minori

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“Ogni persona umana sia sempre difesa e protetta”. All’appello di Papa Francesco al Regina Caeli ha fatto eco quello del presidente italiano, Sergio Mattarella, che in un messaggio ha sottolineato il bisogno di uno “straordinario impegno culturale per contrastare – scrive – fenomeni di omertà, di passiva accettazione, di indifferenza”, che favoriscono le violenze contro i minori. Contro di esse da 20 anni si batte l’Associazione “Meter”, in particolare per estirpare il crimine aberrante della pedofilia e della pedopornografia, che arriva a mietere vittime anche tra i neonati. Il fondatore di “Meter”, don Fortunato Di Noto, ricorda al microfono di Luca Collodi il sostegno sempre ricevuto dagli ultimi Papi e descrive la situazione attuale delle violenze contro l’infanzia, specie in Europa: 

R. – Benedetto XVI, così come Papa Francesco, ogni anno hanno voluto dare un saluto speciale, un incoraggiamento. A  livello istituzionale, credo che queste forme così abiette di sfruttamento riguardo i bambini siano certamente una delle realtà che ci impongono non soltanto una riflessione, ma anche un’azione. Nel momento in cui mercifichiamo anche i bambini è certo che siamo di fronte ad una società che ha delle macchie, delle difficoltà nel crescere in maniera sana e coerente.

D. – La situazione degli abusi sull’infanzia purtroppo non è delle migliori in Italia ma anche in Europa …

R. – No, non è delle migliori, se pensiamo solo al report Meter del 2014 e ai 600 mila file di video e foto denunciati che corrisponderebbero a più di 400 mila vittime coinvolte di cui centinaia e centinaia di neonati. Questa è la dimostrazione che gli abusi sessuali sull’infanzia, ma anche il maltrattamento la trascuratezza l’abbandono, le situazioni di deprivazione affettiva, non avere i genitori, non avere punti di riferimento, siano problemi che riguardano l’Europa – che si trova al primo posto in base al nostro report – e con l’Italia che non è da meno. Si tenga presente che ogni anno normalmente, in linea generale, da statistiche sufficientemente veritiere si parla di 100 mila casi di maltrattamento sull’infanzia italiana. Se noi pensiamo alle nuove forme di schiavitù, alle periferie digitali che nascono per quanto riguarda la pedopornografia, al cyberbullismo, al modo con cui noi mercifichiamo il corpo dei bambini, ma anche delle persone vulnerabili e deboli, questo la dice lunga. Per questa ragione, la Giornata dei bambini vittime di violenza vuole essere veramente un momento di riflessione ma soprattutto una spinta ad agire. Non si tratta soltanto di una celebrazione, ma di una problema reale. Dobbiamo aiutare concretamente le vittime. Se penso alle oltre 1.250 vittime che abbiamo aiutato negli ultimi dieci anni… Questo significa che dobbiamo fare ancora di più.

D. – Internet, la rete, resta il luogo privilegiato per queste forme di schiavitù e per contatti anche tra adulti…

R. – Non vogliamo assolutamente demonizzare Internet, anzi è un grande dono che ci mette in rapporti di libertà, di economia, di sviluppo dei popoli. Però, è anche vero che la rete favorisce sempre di più l’aggregazione di criminalità, anche organizzata, la pedopornografia, la produzione ingentissima di materiale raffigurante bambini che vengono sfruttati sessualmente. Questa è anche legata al business economico che ogni anno arriva da avere una manovra quasi di uno Stato come l’Italia. E dall’altra parte, non dimentichiamo la questione degli adulti che vivono, naufragano in questa rete, con comportamenti che moralmente, ma anche a livello di sfruttamento del mondo dell’adulto, rasentano situazioni molto gravi.

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Visita del Papa alla parrocchia Regina Pacis di Ostia Lido

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Questa domenica, Papa Francesco si reca alle 16.00 in visita pastorale alla parrocchia romana di Santa Maria Regina Pacis di Ostia Lido. Il Pontefice, prima di celebrare la Santa Messa, incontrerà gli anziani, i giovani, gli ammalati e le famiglie. Per conoscere come la comunità si è preparata ad accogliere il Papa, Federico Piana ha intervistato il parroco, don Ludovico Barbangelo

R. - Da quando il cardinale ci ha annunciato che sarebbe venuto il Papa siamo andati un po’ in fibrillazione, perché il tempo era abbastanza breve; però ci siamo mossi. Abbiamo coinvolto tutte le persone della parrocchia, tutte le organizzazioni e associazioni per tentare, prima di tutto, di fare capire loro e ai bambini durante il catechismo chi era il Papa e cosa veniva a fare qui. Poi, ovviamente, in tutte le organizzazioni si è svolta una sorta di veglia di preghiera proprio perché la visita riesca al meglio possibile.

D. - Ci vuole raccontare che parrocchia è Regina Pacis?

R. - La parrocchia ha una storia ormai vecchia di 90 anni, molto lunga. È stata la prima chiesa costruita ad Ostia; una chiesa dall’architettura molto bella in stile neoclassico. Costituiva un po’ la cattedrale di Ostia voluta direttamente da Pio XI e dal cardinale Vannutelli. Ovviamente all’epoca -  si tratta degli anni 20, più precisamente intorno al 1926-1928 -  per la Messa di consacrazione della chiesa la popolazione era molto meno numerosa di quella che oggi è presente.  Quello della parrocchia è un territorio piuttosto vasto; comprende probabilmente 22-25mila abitanti.

D. - Che quartiere è Ostia?

R. - Ostia continua a conservare un ceto medio-borghese, costituito ormai dagli anziani. I nuovi sono molto frastagliati nelle loro formazioni, perché ci sono formazioni etniche di diverso livello: dai rumeni, ai polacchi agli egiziani – la prima comunità qui ad Ostia – e  da  tutte le persone che stanno iniziando a venire a seguito degli sbarchi. È diventata una città estremamente popolosa ma anche molto differenziata.

D. – Quali sono le difficoltà di fare il parroco in una situazione diversificata come questa?

R. - Mantenere la tradizione di quella che è la prima chiesa di Ostia e cominciare a capire i nuovi bisogni le nuove esigenze che stanno nascendo con i nuovi arrivi, con le nuove generazioni, e quindi questa multietnicità che si sviluppa costantemente.

D. - Quali sono questi bisogni che lei da parroco si vede magari tutti i giorni sotto gli occhi?

R. - I bisogni sono un po’ quelli che vedo in tutti gli italiani: la crisi che ha coinvolto l’Italia ha coinvolto anche Ostia; quindi l’imprenditoria che non va molto bene, la disoccupazione altissima, giovani che cercano lavoro e molti che se ne vanno … è un fenomeno comune anche qui. Poi ovviamente i bisogni delle persone che non hanno né casa né stipendi o modo di poter vivere quindi ovviamente si rivolgono sempre a noi.

D. - Tornando alla visita lei come parroco che frutti si aspetta?

R. - È un po’ difficile. Sull’onda dell’emotività potrei dire: “Speriamo”; più di questo non posso dire. Ma certamente mi aspetto che innanzi tutto la presenza del Papa che è amato – dobbiamo riconoscere che è una persona che sa parlare al cuore dell’uomo – possa lasciare un segno; poi mi aspetto una grande partecipazione, che già c’è, ma spero in qualcosa di più soprattutto per i giovani che vedono arrivare il pastore. La figura è importante per loro, vedono materializzarsi probabilmente colui che poi sta vicino alla gente, dà motivazioni … Quindi l’aspettativa è tanta, devo dire la verità.

 

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Iraq, violenze. Card. Sandri: porto la solidarietà del Papa

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Non si ferma la violenza in Iraq. Almeno 19 persone sono morte in due distinti attentati a Baghdad rivendicati dai jihadisti dello Stato Islamico. Si teme poi per la sorte di centinaia di yazidi prigionieri del califfato nel nord dell'Iraq. E oggi prosegue a Baghdad la visita del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, che ha incornato la comunità cristiana e referenti musulmani e portato la solidarietà del Papa alle massime autorità del Paese. Il servizio di Marco Guerra: 

Lo Stato islamico torna a colpire la capitale irachena. I jihadisti dell’Is hanno rivendicato le due autobomba esplose a dieci minuti di distanza l'una dall'altra nel distretto shiita di Karrada, noto per i suoi ristoranti e caffè. Almeno 19 le vittime accertate. Califfato che, secondo quanto riportato dalla Bbc e da alcuni media curdi, si sarebbe macchiato nei giorni scorsi di un nuovo orrendo massacro: l’esecuzione di centinaia di prigionieri yazidi nei pressi di Mosul. Trecento per la tv britannica, 600 secondo la stampa curda, che parla di corpi ammassati in un pozzo. Oggi, invece, i rappresentanti della comunità yazida confermano l’uccisione di 25 prigionieri yazidi tenuti in un capo dell’Is nei pressi del confine della Siria.

Il cardinale Sandri a Baghdad
Intanto, a Baghdad prosegue la visita del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali. Ieri la visita alla moschea Abu Hanifa, alla cattedrale latina e ad alcuni centri della Caritas irachena. Oggi è la volta dell’incontro il premier e il presidente iracheno. Sentiamo il porporato raggiunto telefonicamente:

 

R. – C’è una grande volontà di unità, di solidarietà, per superare tutte queste difficoltà. I cristiani, e i cattolici in particolare, sono tutti portati a collaborare nella costruzione di un Iraq del futuro, pieno di pace, di democrazia, di giustizia, di solidarietà. Veramente ho potuto apprezzare questa situazione in questi giorni benché sempre circondati da notizie così crudeli, come quella degli yazidi oppure qualche esplosione qui nella capitale, anche vicino alla nunziatura, dove stavamo.

D. – Lei sta incontrando anche le autorità, cosa chiede loro?

R. – Adesso trasmetterò al primo ministro – al presidente già l’ho fatto – il saluto del Papa, la vicinanza di tutta la Chiesa cattolica, con la preghiera, la solidarietà e con il desiderio di vedere questo grande Paese che superi queste difficoltà di oggi. E lo ringrazierò, come ho ringraziato il presidente, per tutta l’attenzione che hanno verso i cristiani, in particolare per i nostri cattolici. Devo dire che da parte loro c’è una grande ammirazione per il Santo Padre e un grande desiderio di poterlo vedere un giorno, quando sia possibile, qui in Iraq. E soprattutto anche una nostra vicinanza, della Chiesa cattolica, per la difesa di tutto il patrimonio culturale monumentale che hanno gli iracheni.

D. – I cristiani sono una presenza importante per l’Iraq e il Medio Oriente: immagino che si voglia fermare questo esodo degli ultimi anni per tenere una presenza molto importante e ricca per la società irachena.

R. – Certo, certo, è esattamente quello che si vuole fare e loro auspicano e fanno il possibile per arrivare a questo stop dell’esodo dei cristiani. Eventualmente, quello che sarebbe anche ideale, sarebbe il loro ritorno alle loro terre.

D. – Un’ultima domanda, il dialogo interreligioso come va in questo Iraq martoriato?

R.  – L’Iraq è veramente una realtà molto attiva. Io ho avuto occasione di incontrare sia musulmani sciiti, sunniti, e in tutti trovo questa volontà di proseguire il dialogo interreligioso come pure con tutte le altre religioni. Ma veramente c’è una grande volontà in questo senso e bisogna sempre lavorare così.

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Hélder Câmara: parte in Brasile la causa di Beatificazione

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Questa domenica, in Brasile, la Chiesa di Olinda e Recife apre la fase diocesana del processo di Beatificazione di mons. Hélder Câmara, che fu alla guida dell’arcidiocesi dal 1964 all’85 e dove morì nel 1999. Mons. Câmara fu un pastore di straordinaria sobrietà personale e totalmente dedito al sostegno e al riscatto dei poveri, tratti che richiamano molto da vicino lo stile di Papa Francesco. Silvonei Protz ha chiesto all’attuale arcivescovo di Olinda e Recife, mons. Fernando Saburido, di parlarci della Commissione storica che sta esaminando l’eredità spirituale e intellettuale di mons. Câmara: 

R. - Esta comissão já está trabalhando ...
Questa commissione sta già lavorando, in particolare sta studiando i tanti scritti di mons. Câmara. Soltanto parlando delle lettere che ha scritto dal Concilio durante la notte, abbiamo tre volumi. Ce ne sono altre che sono ora in attesa di pubblicazione. E’ veramente una grande ricchezza.

D. – Qual era la visione teologica di mons. Câmara:

R. - Dom Hélder era alguém que pensava muito na frente …
Dom Hélder era una persona che pensava molto avanti. Aveva idee molto chiare, rivolte ai più piccoli e ai poveri. Un bel messaggio per i tempi che viviamo ora in Brasile. Mons. Câmara era un uomo molto “visionario” con i piedi ben piantati in terra, che ha affrontato grandi sfide soprattutto durante il periodo della repressione militare, quando era arcivescovo di Olinda e Recife: una regione molto sofferente, dove lui si trovava in mezzo a molte difficoltà. Gli è stata tolta la voce: non poteva rilasciare interviste alla stampa. Ha sofferto sulla sua pelle le conseguenze del periodo della dittatura.

D. - Mons. Saburido, che ricordi ha di mons. Câmara? Lei è stato anche ordinato sacerdote da lui ...

R. - Dom Hélder era um homem de oração, de reflexão …
Dom Hélder era un uomo di preghiera e di riflessione, che si svegliava durante la notte per pregare e per scrivere. Era molto coinvolto dalla presenza dell’Eucaristia: quante volte ho visto mons. Hélder piangere celebrando l’Eucaristia... Era una persona di grande sensibilità e di una tenerezza veramente speciale verso i poveri. Basta pensare a quella famosa frase di Papa Giovanni Paolo II, quando a Recife nel 1980, abbracciando mons. Câmara disse: “Fratello dei poveri, fratello mio”.

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Oggi in Primo Piano



Colloqui in Qatar tra governo afghano e talebani

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Colloqui in Qatar tra governo afghano e talebani. Si tratta di una "Conferenza di ricerca" promossa sabato e domenica dall’organizzazione canadese "Pugwash International". Tra i partecipanti, L'ex presidente, Hamid Karzai, l'attuale "chief minister" afghano Abdullah,  vari parlamentari e, poi, otto rappresentanti del cosiddetto Emirato islamico dell'Afghanistan. Dell’incontro e delle prospettive dell’Afghanistan, Fausta Speranza ha parlato con Luigi Serra, docente dell’Università Orientale di Napoli: 

R. – Un ambito di ricerca dà per scontato che si possano trovare elementi interessanti. In questo caso, possibili elementi di pace, di conferma della stabilità che apparentemente l’Afghanistan dà la sensazione di avere trovato. E di prospettiva, nel senso che se questa ricerca veramente conferma gli elementi sperati di riappacificazione, di affermazione di un certo vettore di democrazia e di accortezza politica, tutto ciò possa riverberarsi come suggerimento utile, come indirizzo utile, all’intera area, che significa il Pakistan, l’India, soprattutto l’Iran, vicino per un altro verso, con riverberi sulla questione israelo-palestinese.

D.  – L’Afghanistan non è un Paese pacificato, quali sono le mosse da sperare?

R.  – Le mosse da sperare sono che a questo processo di pacificazione concorra moltissimo quella componente che noi definiamo “talebana”. Talebani che al momento sembrano disposti non dico ad un colloquio, a una dichiarazione di cancellazione del passato belligerato, ma quantomeno sembrano disposti ad avviare conversazioni e incontri, intese di miglioramento della situazione pregressa.

D.  – Ricordiamo che abbiamo avuto un emirato islamico in Afghanistan tra il ’96 e il 2001 proprio con i talebani. Oggi?

R. – Oggi, il rischio grave è che quell’emirato del ’96 possa trovare una riedificazione locale ad imitazione di quello iracheno, siriano. E’ la grossa fase di dubbio che circonda al momento l’Afghanistan. Nelle viscere profonde del Paese che quell’emirato alimentarono ci sarà una reazione a non riedificare un passato, a cancellare piuttosto, con una lotta dichiarata all’Isis, un passato che pure gli è appartenuto? Ecco un interrogativo. Mi auguro che questa Conferenza di ricerca, fra i temi da ricercare e da confermare, trovi anche questo: il coraggio di fare i conti con la storia e definire quel passato negativissimo, assolutamente incongruente per l’Afghanistan e di stimolazione negativa per le aree vicine.

D. – Da una parte, i talebani di cui abbiamo detto, dall’altra il governo: che dire del percorso fatto dalle istituzioni in questo periodo?

R. – Non è stato sempre trasparente, non è stato sempre coraggioso, non è stato sempre determinato nell’affermare una linea politica che porti verso orizzonti di cui parlavamo prima. Il governo dovrebbe essere più dichiaratamente vicino alle gerarchie internazionali. Dico “gerarchie” e non dico Stati, non dico nazioni, non dico politiche, ma voglio dire istituzioni capaci di determinare una scelta condivisa; in Afghanistan, come in Iraq, come in Siria, come altrove, come con i Boko Haram in Africa, per esempio.

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Progetto Arca. A Milano alloggi di design per i senza dimora

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Apre le porte il primo centro di accoglienza per persone senza fissa dimora, progettato secondo il social design. Architetti, creativi e antropologi hanno contribuito a costruire gli spazi del dormitorio che si trova a Milano. Fa parte del progetto Arca, Associazione che da più di 20 anni si dedica all’assistenza delle persone bisognose. Maria Cristina Montagnaro ha chiesto ad Alice Stefanizzi, di progetto Arca, in cosa consista il social design: 

R. – L’idea è che dei designer e degli architetti possano rendere degli spazi di accoglienza non soltanto belli, non soltanto interessanti dal punto di vista del design, ma utili per processi di reintegrazione sociale per persone bisognose, nel nostro caso – per esempio – per persone senza dimora. E questo, per esempio, riguardo ai colori: abbiamo chiesto alle persone che sarebbero andate a vivere in quei luoghi, agli operatori e ai volontari, quali potevano essere i colori che accompagnassero la persona verso processi di serenità e di ripensamento della propria vita.

D. – Quali sono questi colori?

R. – E’ stato scelto il verde: quindi, tutto è stato creato sulle linee verde. Abbiamo pitturato delle grandi foglie sulle pareti, abbiamo fatto una colonna verde con moltissime piante appese, anche i letti sono verdi… Il verde, nell’ottica dell’udienza, da una parte significa serenità e momento di riflessione e dall’altra significa: visto che sono in uno spazio chiuso e deve rimanerci per un determinato periodo di tempo, la possibilità di avere delle piante e qualcosa che rimandasse al mondo, alla natura, a tutto ciò che è c’è al di fuori e che all’interno delle mura non si può.

D. – Quali sono le storie che hanno gli ospiti?

R. – Sono persone che provengono da un passato in strada, un passato che è poi sfociato anche in problemi di alcoolismo o di dipendenza da sostanze. Sono persone che hanno perso tutto all’improvviso per i motivi più svariati – dalla mancanza del lavoro al divorzio, a problemi di salute – e che improvvisamente si sono trovati senza sostegno a vivere per strada, giorno dopo giorno, e che hanno finito anche per abusare anche di sostanze o alcool.

D. – Quante persone ospitate?

R. – Al momento 18.

D. – In che modo è stata utile la collaborazione con l’università e quindi con gli studenti?

R. – Essenziale dal punto di vista della ricerca, sia antropologica che architettonica, perché finalmente poniamo su basi scientifiche la nostra idea di ristrutturazione di spazi. D’altra parte, gli studenti sono stati molto utili perché ci hanno proprio aiutato a realizzare tutto. In particolare, gli studenti di design e di architettura sono stati, assieme agli ospiti, le persone che hanno materialmente colorato le pareti e costruiti gli spazi stessi.

D. – E’ un progetto estendibile in altre parti di Italia?

R. – E’ un progetto estendibile e infatti è già esteso in altre parti di Italia. E' nato a Torino ma è stato poi portato a Verona, ad Agrigento e infine qui a Milano. E’ sempre l’équipe torinese che, insieme con le realtà dei vari luoghi e delle città nelle quali va ad operare, si muove su questi centri di accoglienza. 

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La Chiesa italiana si prepara al prossimo Sinodo sulla famiglia

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La difficoltà a sposarsi e le crisi coniugali sempre più frequenti, ma anche la famiglia come risorsa e una nuova pastorale orientata alla misericordia. Questi alcuni tra i temi emersi dalle risposte al questionario inviato alle Chiese locali dalla Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, in preparazione all’Assemblea che si terrà ad ottobre sulla famiglia. Don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio per la pastorale familiare della Cei, sottolinea il contributo offerto non solo dalle diocesi, ma anche da aggregazioni e movimenti laicali, da singoli fedeli e famiglie. Adriana Masotti lo ha intervistato: 

R. - Se inizialmente c’è stato un certo timore sulla complessità e anche il numero delle domande – 46 domande - in realtà poi abbiamo avuto un fiume di risposte. Insomma, un grande entusiasmo perché finalmente si ha anche la percezione di sentirsi davvero ascoltati, con un Papa che ha questa particolare tenerezza averso il popolo e riconosce in esso anche il volto vivo di Dio Padre.

D. – Dalle risposte arrivate ai questionari emerge la constatazione di una difficoltà sempre maggiore nelle coppie a scegliere il matrimonio …

 R. - Purtroppo si avverte sempre di più questa “punta di iceberg”, ovvero la questione che si vive l’affetto sponsale senza giungere al matrimonio e si fanno figli senza aver fatto famiglia. Davanti a questa preoccupazione però emerge anche la bellezza di tante famiglie che, come molti hanno riconosciuto, sono come quelle fiammelle che portano la luce nei quartieri, nelle città. La Chiesa è un il faro che illumina anche chi naviga nella notte. Ma poi questa luce arriva attraverso queste piccole fiammelle che sono la presenza di tante belle famiglie in Italia.

D. - Quali altri punti, quali richieste o proposte sono emersi?

R. – Sicuramente è emerso anche un atteggiamento un po’ nuovo, per certi versi, di misericordia, di maggior rispetto per le situazione di diversità, di difficoltà, di sofferenza, anche la questione delle nuove unioni, dei conviventi, delle unioni omosessuali, ... Certo, la Chiesa annuncia la verità del sacramento del matrimonio e lo splendore che c’è nel principio della creazione, ma nello stesso tempo accompagna  anche chi vive il fallimento del matrimonio o cerca di accompagnare quei conviventi che, in qualche modo, intuiscono il desiderio di un “per sempre”, di dare spessore alla loro unione ma non ce la fanno ed hanno bisogno di tanto aiuto, di una nuova sapienza pastorale in grado di vivere “quest’arte dell’accompagnamento”, come la chiama Papa Francesco, che è sentire la tenerezza verso questi figli di Dio.

D. - Ci sono poi le tante separazioni, i divorzi …

R. - Spesso, dietro alle crisi di coppia, c’è tanta solitudine che si trasforma poi in separazione. Quello che molti dei questionari rilevano è che dove ci sono famiglie che adottano una famiglia, questo virus della solitudine viene vinto e si ritrova anche la possibilità di amarsi per sempre.

D. – Sulla questione delle separazioni, delle crisi coniugali emerge una disponibilità, forse nuova, al sostegno reciproco …

R. – Sicuramente. Per esempio, questo aspetto di una “famiglia che adotta una famiglia” viene sottolineato da molte diocesi che lo stanno vivendo in varie forme, per esempio prendendosi cura, da parte di una famiglia un po’ più matura, di una coppia di fidanzati, a volte anche di una coppia di giovani sposi che stanno iniziando a vivere il compito genitoriale e hanno bisogno di un vero sostegno o anche di situazioni di crisi di coppia, dove famiglie che magari hanno superato la crisi, diventano quindi dal basso, dei veri accompagnatori. Ecco, questa è una vera nuova modalità pastorale che sta emergendo. Quindi non si tratta tanto di un’organizzazione, ma di dare forza e luce a quel sacramento del matrimonio che diventa Vangelo vivo anche per chi non riesce a viverlo. Quello che noi abbiamo sperimentato è che in moltissimi casi - dove ci sono delle competenze, ma anche e soprattutto una tenerezza con la quale si può accompagnare chi si sta separando - si può tornare insieme, si può rivivere quel perdono. E lo annunciano le tante coppie che avrebbero potuto rompere quel rapporto, e invece, per grazia di Dio, non solo sono insieme, ma sono felicemente insieme.

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L'Italia celebra Dante Alighieri a 750 anni dalla nascita

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È uno dei più importanti appuntamenti previsti nel 2015: per i 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri, celebrazioni sono previste in tutta Italia. Verrà ricordato in città come Firenze, Ravenna,Verona e Roma con cerimonie e convegni internazionali per celebrare questo importante anniversario. Lunedì a Palazzo Madama Roberto Benigni darà voce al poeta fiorentino alla presenza del capo di Stato, Sergio Mattarella, il cardinale Gianfranco Ravasi, il compositore Nicola Piovani e altri esponenti del mondo della politica e della cultura. Federica Bertolucci ha intervistato il prof. Eugenio Giani, presidente dell’Associazione Dantesca Italiana di Firenze: 

R. - Quella di Dante Alighieri è una figura quanto mai attuale, perché nella Divina Commedia Dante esprime non solo quello che è l’aspetto da sempre considerato come più importante – quello linguistico - ma anche quello dei contenuti, ovvero le conoscenze astronomiche, filosofiche, storiche, l’indicazione geografica di quello che rappresentava il mondo di quel periodo. Quindi Dante è sì padre della lingua, ma è anche l’intellettuale che riesce ad offrirci uno spaccato con notizie, indicazioni di assoluto interesse che vengono studiate ancora oggi.

D. - In varie città italiane, tra cui Firenze e Roma, sono diverse le iniziative per ricordare questo anniversario. Qual è il comune denominatore che le lega?

R. - Indubbiamente è proprio il percorso che Dante sviluppò e fece nella seconda metà della sua vita. I festeggiamenti sono nelle città dantesche, prima di tutto a Firenze dove Dante visse fino all’età di 36 anni e le altre città in cui visse gli alti 20 anni. Dante si forma nella parte guelfa, ma poi, quando all’interno della parte guelfa  - che ha vinto lo scontro contro i ghibellini a Firenze alla fine del 1200 - le fazioni si dividono in bianchi e neri  - i primi guadati dai Cerchi, i secondi dai Donati - Dante diventa un tale punto di riferimento per la parte bianca che quando questa rimane soccombente è costretto pur avendo ruoli importanti – era stato priore dal 15 giugno del 1300 al 15 agosto del 1300 – a seguire la via dell’esilio che durerà venti anni fino alla sua morte, perché obbligato ad uscire da Firenze nel 1301 - e non ascoltato da Papa Bonifacio VIII - per Dante vi sarà il peregrinare prima in Toscana, poi naturalmente fuori, Padova, Verona e infine a Ravenna dove, ospitato da Guido da Polenta, morirà nella notte fra il 13 e il 14 settembre del 1321. In tutte le località dantesche sono previsti dei momenti di riflessione, di ricordo, delle vere e proprie occasioni ed eventi. A tutto questo si unisce Roma che Dante vivrà nell’epoca dei conflitti fra papato e impero. A Firenze gli eventi si concentrano durante questa primavera; ad aprile abbiamo aperto con un importantissimo convegno sui libri di Dante, ora stiamo vivendo dei bellissimi momenti, ovvero le conferenze in Battistero, quello che Dante definisce “Il bel San Giovanni”: la prima sarà il 5 maggio poi il 12, il 19, fino ad arrivare ad una bellissima occasione -  l’annuale di Dante  - durante la quale festeggeremo la sua nascita a Palazzo Vecchio.

D. - A dicembre si apre il Giubileo della misericordia voluto da Papa Francesco. Come viene affrontato il tema della Divina Provvidenza della Divina Commedia?

R. – Con questo Giubileo Papa Francesco ha voluto creare un’occasione, un riferimento di grande spessore, di grande importanza; un modo per esaltare lo stesso concetto della Divina Provvidenza che è così caro e vivo in Dante; un concetto intriso di una religiosità profonda in un’epoca in cui questo era tutt’altro che naturale. E proprio il concetto della Divina Provvidenza è vissuto in un trasporto nella Divina Commedia  grazie alla guida di Virgilio e alla figura di Beatrice -  che rappresenta un po’ la musa ispiratrice per Dante di valori e di concetti come l’amore, il senso del rapporto con gli altri attraverso la solidarietà, valori ideali, sentimenti più vicini a Dante -  che lo porteranno nella sua religiosità, ad esprimersi con una profonda laicità.

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Milano. Vigilia Festival cinema Africa, Asia, America Latina

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Si inaugura domani a Milano la 25.ma edizione del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina, l’unico Festival in Italia interamente dedicato alla conoscenza delle cinematografie, delle realtà e delle culture dei Paesi che appartengono a quei continenti. Identità, migrazione, integrazione, ma anche la vita quotidiana, sono i temi prevalenti affrontati nei 60 film in programma. Il servizio di Luca Pellegrini

Un Festival per la solidarietà, la comprensione, il dialogo e la tolleranza. Con questo spirito, e grazie alla lungimiranza di don Francesco Pedretti, è nata 25 anni fa la manifestazione milanese che ha portato un pubblico sempre attento e numeroso a conoscere le problematiche di continenti che ci sono lontani per culture e tradizioni, ma oggi, nell’era della globalizzazione e con le aree di criticità sociale e politica, sono al centro delle attenzioni dei governi, delle istituzioni e naturalmente della Chiesa. Con quale spirito, dunque, festeggiare questo quarto di secolo? Lo abbiamo chiesto ad Alessandra Speciale, che con Annamaria Gallone ha il compito di dirigere il Festival:

R. – Da un lato, con uno spirito di resistenza perché chiaramente 25 anni sono stati un lungo cammino, non sempre facile. Dall’altro, con uno spirito anche di gioia perché dopo 25 anni per noi ogni anno si rinnova immutata, anzi forse ogni anno di più, la voglia di portare questo cinema e di animare Milano.

D. – C’è uno spirito che contraddistingue nei film le tre diverse aree geografiche da cui provengono?

R. – Penso che ormai il cinema di Africa, Asia, America Latina sia un cinema sempre più internazionale, nel senso che questi film vengono presentati nei grandi Festival internazionali e i registi sono autori come tutti gli altri autori del mondo. La differenza sta solo nel fatto che nelle nostre sale la distribuzione è monopolizzata dalle major o dal cinema italiano, giustamente, che resiste almeno nelle sale italiane, e quindi c’è molto poco spazio per vedere queste cinematografie. Quindi, non trovo linee particolari che possano definire il cinema di Africa, Asia e America Latina se non nel fatto che ci portano sugli schermi magari storie, ambientazioni, racconti di vita, spesso di vita quotidiana, in questi mondi più lontani che in altro modo non avremmo occasione di vedere. Infatti, come ben sappiamo, questi continenti spesso appaiono sui nostri schermi soprattutto televisivi solo in occasione di catastrofi o di situazioni di gande emergenza e quindi le storie di tutti i giorni non le vediamo e non le conosciamo.

D. – Però, le criticità di cui veniamo a conoscenza e che gravano su questi continenti emergono talvolta nei titoli che avere selezionato...

R. – Sì, sicuramente sì, anche perché è chiaro che i registi, gli autori, gli artisti che vengono da questi Paesi sono spesso ispirati da storie che portano con sé tutte le problematiche di questi Paesi. Per esempio, abbiamo un film di uno dei più grandi registi palestinesi, Rashid Masharawi, che ci racconta della situazione a dir poco disumana del campo profughi di Al Yarmouk, dei palestinesi in Siria, preso d’assedio da due anni dove la gente in pratica ancora muore di fame. La differenza nell’approccio di questi registi a queste problematiche, rispetto ai media o l’informazione che ci arriva attraverso i media, è proprio l’attenzione e anche il tempo di produzione che l’artista ci dedica e la profondità quindi dell’approccio.

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Nella Chiesa e nel mondo



Nepal, oltre 7 mila morti. L’Onu: sbloccare subito gli aiuti

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Non accenna a fermarsi la drammatica conta delle vittime del terremoto in Nepal. A otto giorni dal sisma, il bilancio, ancora provvisorio, è salito a 7.240 morti e 14.123 feriti. Nelle ultime ore oltre 50 corpi, fra i quali quelli di almeno sei escursionisti stranieri, sono stati ritrovati dai soccorritori lungo un noto percorso di trekking, nel villaggio di Langtang. Almeno altri 200 tra alpinisti e sherpa locali mancano all'appello. E malgrado il passare dei giorni due uomini e una donna sono stati trovati ancora vivi sotto le macerie nell’est del Paese. Tuttavia, lascia poche speranze il ministro delle Finanze, Ram Sharan Mahat, secondo il quale “il bilancio terremoto sarà molto più pesante”. "Ci sono villaggi – ha spiegato l’esponente del governo – in cui sappiamo che tutte le case sono state distrutte, ma che non siamo ancora riusciti a raggiungere”. C'è dunque la possibilità che si possa raggiungere le 10 mila vittime come stimato alcuni giorni fa.

Per quanto riguarda la distribuzione degli aiuti umanitari internazionali, continuano a infuriare le polemiche. Le autorità nepalesi sono state accusate di applicare dei dazi doganali ad alcuni articoli. È intervenuto anche l’Onu che ha chiesto al governo del Nepal di sospendere i controlli di dogana che stanno bloccando le consegne degli aiuti ai superstiti. Sono infatti moltissimi gli abitanti del Nepal che ancora non hanno ricevuto beni di prima necessità che si stanno ammassando nell'aeroporto di Kathmandu. (M.G.)

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Soccorsi 3.400 migranti nel Mediterraneo in sole 24 ore

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Nuova massiccia ondata di viaggi dei migranti nel Canale di Sicilia. Nella sola giornata di sabato più di 3.400 migranti sono stati soccorsi in mare, un numero che si avvicina al record giornaliero.

Migranti verso Pozzallo
La Guardia costiera ha coordinato il salvataggio di sedici imbarcazioni, la gran parte al largo delle coste libiche. È intervenuta anche una nave militare francese, inviata circa una settimana fa per pattugliare la zona in rinforzo all’Operazione "Triton", la quale ha accolto a bordo 217 persone. Alcune operazioni di soccorso e trasporto dei migranti sulle coste italiane sono ancora in corso nella mattinata di domenica. Oltre 850 immigrati giungeranno stasera, verso le 19, a Pozzallo.

Peso dell'accoglienza sull'Italia
Dopo il naufragio che ha causato più di mille morti, i leader dell’Unione Europea hanno deciso di triplicare i fondi per l’operazione Triton. Collaborazione finanziaria e in parte collaborazione nel pattugliamento, ma non c‘è compartecipazione nell’ospitalità: tutti gli immigrati soccorsi, secondo quanto prevede la convenzione di Dublino, vengono affidati al Paese che ne effettua il riconoscimento, e quindi all’Italia. (M.G.)

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Vescovi Regno Unito invitano i cittadini al voto il 7 maggio

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Un invito della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles è stato rivolto a tutti i cittadini del Paese perché esercitino il diritto di voto e ai cristiani perché si riuniscano, in preghiera, alla vigilia delle elezioni più incerte della storia del Regno Unito. A una settimana dalla consultazione parlamentare del 7 maggio, che potrebbe cambiare per sempre la storia della Gran Bretagna con l’affermazione dei nazionalisti scozzesi o del partito "Ukip" che vuole il Regno Unito fuori dall’Europa, i vescovi invitano i cristiani a una veglia sul sagrato di Westminster, la sera prima delle elezioni.

Il 6 maggio, Veglia di preghiera a Westminster
Aperta a tutti i cristiani e organizzata dalla baronessa Berridge – riferisce l’agenzia Sir – la veglia riunirà, nella centralissima Parliament Square, cristiani da tutto il Regno Unito che pregheranno per chiunque sia coinvolto nelle elezioni, con meditazioni tratte dalla Bibbia. Si presenterà anche ai seggi elettorali, per la prima volta, il prossimo 7 maggio, un partito cristiano, il “Christian party”, che può contare su 9 candidati in tutto il Regno Unito. Tra i temi del manifesto di questo partito cristiano, la riforma del sistema bancario per ridurre il debito nazionale e la difesa della vita e del matrimonio.

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Appello vescovi del Quebec: conciliare famiglia e lavoro

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“Riconciliamo famiglia e lavoro”: su questo tema si svolgerà, dall’11 al 17 maggio, in Québec, la Settimana nazionale della famiglia. Per l’occasione, i vescovi locali (Ceq) hanno diffuso un messaggio in cui sottolineano l’importanza di “valorizzare e sostenere la famiglia per il suo contributo specifico e inestimabile alla società”. “Scuola di vita, del dono di sé, dell’amore e del perdono”, scrivono i presuli, la famiglia vive oggi molte difficoltà nel cercare di “coniugare le proprie responsabilità con quelle professionali”. E ciò, si legge nel messaggio, riguarda “specialmente le donne che hanno un lavoro precario, per le quali la conciliazione l’impiego e la famiglia non è una scelta, ma una prova dalle ripercussioni dolorose”.

Garantire alle famiglie l’esercizio dei loro diritti
Citando, quindi, le parole di Papa Francesco, la Chiesa del Québec sottolinea che “la famiglia ha una missione che le è propria, ovvero quella di essere a servizio dei suoi membri, del loro sviluppo, della vita; la famiglia ha dei diritti ed ha, dunque, bisogno di sostegno e di garanzie per poterli esercitare”. In quest’ottica, i vescovi evidenziano che “la conciliazione tra lavoro e famiglia non è un problema meramente individuale, ma dell’intera società, la quale deve fare tutto il possibile affinché le famiglie possano portare a compimento la loro missione”.

Missione della famiglia è inclusiva
Rivolgendosi, poi, direttamente ai nuclei familiari, la Ceq sottolinea: “La vostra missione non riguarda solo i bambini piccoli, ma include gli adolescenti, che hanno bisogno di una vigilanza più discreta, ma non meno attenta; i giovani adulti, che tardano sempre più a lasciare il nido familiare e che penano a trovare la loro strada; i parenti anziani, che perdono la loro autonomia e necessitano di cure”. Allo stesso tempo, i presuli ricordano anche “le donne che rivendicano la libertà di dedicarsi a tempo pieno ai loro figli e di impegnarsi in altro modo nella società”.

Tutelare la famiglia è una necessità sociale
Di qui, il richiamo della Ceq al fatto che “la ricerca di politiche e di soluzioni per la conciliazione famiglia-lavoro può aiutare la collettività a prendere coscienza dell’ampiezza di tale missione, ma anche della sua bellezze e della sua necessità sociale”. Infine, i vescovi ribadiscono che “Cristo sostiene tutti coloro che vogliono fare del Québec un paradiso per famiglie” e che “lo Spirito Santo esorta ogni giorno a spianare la strada ai nuclei familiari”. (I.P.)

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Etiopia, vescovi: alle politiche votare chi difende l'equità

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Compiere un gesto di speranza e dare voce ai senza voce: sono queste le motivazioni che devono spingere i cittadini dell’Etiopia ad andare a votare il 24 maggio, per le consultazioni politiche. A indicare tali obiettivi è la Conferenza episcopale locale, in un messaggio intitolato “Appello alla popolazione etiope per elezioni nazionali pacifiche”. Nel documento, si sottolinea innanzitutto che le votazioni sono uno dei tanti modi in cui si può esprimere “lo sviluppo integrale” della persona ed è quindi importante che “tutti i cittadini tengano ben a mente il diritto ed il dovere di usare il loro libero voto per promuovere il bene comune”.

Votare significa speranza in una società migliore
“Vogliamo incoraggiare – scrivono i presuli etiopi – la nostra gente a partecipare a tutte le fase elettorali per il bene dell’intera nazione”. Votare, spiegano quindi i vescovi di Addis Abeba, è “un atto di speranza”, è “parte dell’impegno delle persone di fede ad offrire una testimonianza” in questo senso. “Votare dà a ciascuno di noi – si legge nel documento – la possibilità di esprimere una speranza profonda in una società migliore e più giusta”. Ed è, infatti, proprio la speranza ad “orientare i cuori verso una partecipazione attiva nella società e nel mondo, poiché sappiamo che quando facciamo la nostra parte permettiamo poi a Dio di fare ancora di più”.

I politici diano voce ai senza voce e garantiscano tutele ai cittadini
Inoltre, poiché “votando ciascuno ha l’opportunità di formare il governo del Paese”, la Chiesa etiope ribadisce che le elezioni sono un modo per “dare voce ai senza voce”: “I leader politici – spiega la Conferenza episcopale – dovrebbero avere un’opzione preferenziale per i poveri”. Per questo, è importante scegliere candidati “con un alto senso morale, che dimostrino la loro solidarietà rispondendo alle richieste della comunità e guardando agli indigenti”. Infine, citando l’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco, i presuli etiopi auspicano politici che “lavorino per assicurare a tutti i cittadini lavoro dignitoso, educazione e tutele sanitarie”, capaci di aprirsi al trascendente per rompere “il muro di separazione tra economia e bene comune della società”.

Il sostegno del Consiglio interreligioso
Il messaggio si conclude con l’invito a valutare anche, nei candidati, “i valori di equità e di giustizia”. L’appello della Conferenza episcopale cattolica è stato condiviso dal Consiglio interreligioso di Etiopia, il quale ha esortato i futuri governanti a guardare al proprio ruolo come a un servizio per il Paese ed a condurre la sfida elettorale in modo pacifico. (I.P.)

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Nigeria. Seminario su famiglia, primo mezzo di comunicazione

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Rilanciare l’importanza della famiglia quale primo strumento della comunicazione, nell’apostolato della Chiesa: con questo obiettivo si è svolto nei giorni scorsi a Benin City, in Nigeria, un seminario formativo. Destinato ai direttori diocesani delle Comunicazioni sociali, l’evento ha visto la partecipazione di oltre 70 rappresentanti di tutto il Paese, che hanno preso spunto per la loro riflessione dal Messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, sul tema “Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell'incontro nella gratuità dell' amore”.

Mass media promuovano immagine positiva della famiglia
“Durante i lavori – informa il sito della Conferenza episcopale nigeriana – è stata ribadita la necessità di rilanciare la conoscenza della dottrina della Chiesa sulla vita e i valori della famiglia, così da poter aiutare anche i media laici nel loro compito di parlare ai fedeli, nella prospettiva del Magistero pontificio”. Un focus particolare del seminario è stato dedicato alla rappresentazione che i media nigeriani fanno della famiglia: in questo contesto, il convegno ha evidenziato l’urgenza di moltiplicare gli sforzi affinché “la vita familiare venga presentata in modo più positivo, così da promuovere l’etica ed i valori consoni alla Chiesa e al bene della società”.

Famiglia, agente evangelizzatore della società
Per questo, i partecipanti all’incontro hanno suggerito che i programmi radiotelevisivi vengano utilizzati non “per scoraggiare la famiglia”, ma per “promuoverne i valori educativi e culturali attraverso la diffusione di programmi cristiani come la preghiera, il dialogo interreligioso o le iniziative in favore della vita”. La carta stampata, dal suo canto, è stata invitata a “pubblicare articoli che esortino all’unità e all’amore tra le mura domestiche”, facendo uso, ad esempio, dei fumetti o dei personaggi di cartoni animati per rendere la famiglia “agente di evangelizzazione per il bene dell’umanità”.

Usare social network per condividere la solidarietà
Infine, riguardo ai social network, i lavori del convegno ne hanno evidenziato gli aspetti positivi, come, ad esempio, la possibilità di “rilanciare la solidarietà in famiglia”, grazie all’esperienza della condivisione. Di qui l’appello conclusivo del seminario affinché ogni nucleo familiare vegli a tutela della dignità e dell’integrità dei suoi membri. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 123

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.