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Sommario del 04/05/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: cristiani non si dividano su vita, matrimonio, sessualità

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Il cammino ecumenico è imprescindibile, ma non vanno sottaciute le tematiche sulla vita, la famiglia e la sessualità per il timore di ulteriori divisioni: lo ha detto Papa Francesco incontrando in Vaticano la signora Antje Jackelén, arcivescovo di Uppsala, della Chiesa Evangelica-Luterana di Svezia. Il servizio di Sergio Centofanti

Non si può prescindere dall’ecumenismo
“Ormai non si può prescindere dall’ecumenismo”, Papa Francesco lo ribadisce con forza invitando tutti i fedeli “a intraprendere, riconoscendo i segni dei tempi, la via dell’unità per superare la divisione tra i cristiani, che non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo a ogni creatura”.

Non avversari o concorrenti, ma fratelli nella fede
Il Papa parla di “profondo rispetto ed apprezzamento nei confronti di quei fratelli e sorelle separati a cui nella coesistenza quotidiana talvolta si rischia di rivolgere scarsa considerazione”:

“In realtà, essi non vanno percepiti come avversari o come concorrenti, ma riconosciuti per quello che sono: fratelli e sorelle nella fede. Cattolici e Luterani sono tenuti a ricercare e a promuovere l’unità nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle comunità in tutto il mondo. Sulla via verso la piena e visibile unità nella fede, nella vita sacramentale e nel mistero ecclesiale rimane ancora molto lavoro da fare; ma possiamo essere certi che lo Spirito Paraclito sarà sempre luce e forza per l’ecumenismo spirituale e per il dialogo teologico”.

Compiere ulteriori passi nel cammino dell’unità
Il Pontefice ricorda con piacere il recente documento intitolato ‘Dal conflitto alla comunione – la commemorazione comune luterano-cattolica della Riforma nel 2017’, pubblicato dalla Commissione luterano-cattolica per l’unità: “Ci auguriamo di cuore che tale iniziativa possa incoraggiare a compiere, con l’aiuto di Dio e la nostra collaborazione con Lui e tra di noi, ulteriori passi nel cammino dell’unità”.

Non dividersi su vita, matrimonio, famiglia, sessualità
“La chiamata all’unità nella sequela di Nostro Signore Gesù Cristo – osserva - comporta anche un’impellente esortazione all’impegno comune sul piano caritativo, in favore di tutti coloro che nel mondo soffrono a causa della miseria e della violenza, e hanno bisogno in modo particolare della nostra misericordia; specialmente la testimonianza dei nostri fratelli e sorelle perseguitati ci spinge a crescere nella comunione fraterna”. Quindi, aggiunge:

“Di urgente attualità è poi la questione della dignità della vita umana, sempre da rispettare, come pure lo sono le tematiche attinenti alla famiglia, al matrimonio e alla sessualità che non possono essere taciute o ignorate per timore di mettere a repentaglio il consenso ecumenico già raggiunto. Sarebbe un peccato se in queste importanti questioni si consolidassero nuove differenze confessionali”.

Il grazie del Papa alla Chiesa luterana svedese
Infine, il Papa ringrazia la Chiesa luterana svedese per l’accoglienza di tanti migranti sudamericani nei tempi delle dittature: “Accoglienza fraterna che ha fatto crescere le famiglie”.

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Papa Francesco a vescovi Congo: impegnatevi a riconciliare il vostro popolo

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La formazione dei sacerdoti e dei laici, l’aiuto ai rifugiati, la pastorale familiare. Sono alcuni dei temi forti del discorso di Papa Francesco ai vescovi della Repubblica del Congo ricevuti in udienza in occasione della “visita ad Limina”. Il Pontefice ha quindi esortato la Chiesa locale a impegnarsi per riconciliare i cuori di quanti sono ancora divisi per la violenza che ha travolto il Paese alla fine degli anni ’90. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“Cicatrici profonde”. Papa Francesco definisce così le conseguenze ancora presenti nel corpo della società del Congo, dopo le violenze che lo hanno scosso alla fine degli anni ’90.

Chiesa riconcili i cuori e riavvicini le comunità
Proprio in questo ambito, è l’esortazione del Papa rivolgendosi ai vescovi congolesi, la Chiesa è chiamata a impegnarsi nella “missione di riconciliare i cuori, di riavvicinare le comunità divise e di costruire una nuova fraternità ancorata sul perdono e la solidarietà”. Francesco sottolinea quanto la Chiesa locale stia facendo per i più bisognosi, in particolare i rifugiati dei Paesi vicini e chiede ai presuli di seguire il modello del Buon Samaritano, sviluppando una pastorale sociale - nell’educazione, nella sanità e nella promozione umana - che sia percepita come “un’opera di evangelizzazione e non come l’azione di una Ong”.

Ruolo dei laici e promozione della famiglia
Nel suo discorso, il Pontefice mette dunque l’accento sull’importanza della missione dei laici che devono essere “accompagnati e formati alla testimonianza del Vangelo nell’ambito socio-politico” e si sofferma poi sulla pastorale della famiglia. “Le reticenze dei fedeli davanti al matrimonio cristiano – avverte – rivelano la necessità di un’evangelizzazione in profondità che implica non solo l’inculturazione della fede ma anche l’evangelizzazione delle tradizioni e della cultura locale”.

I vescovi siano liberi di esercitare la propria missione
Papa Francesco rivolge così il pensiero alla formazione dei sacerdoti che, osserva, sono seguiti dal popolo quando edificano la propria testimonianza di vita sullo zelo apostolico, il celibato e lo spirito di povertà evangelica. E si rallegra per le numerose vocazioni sacerdotali che fioriscono nelle diocesi del Paese. Quindi, sottolinea che i vescovi devono essere vigili “affinché gli aiuti economici accordati alle Chiese particolari per sostenerli nelle loro missioni specifiche, non limitino la loro libertà di pastori né interferiscano sulla liberta della Chiesa” che deve poter annunciare il Vangelo “con credibilità”.

Rafforzare la comunione ecclesiale tra le Chiese particolari
Il Papa si dice consapevole che, in alcune diocesi del Congo, i pastori sono chiamati ad affrontare grandi difficoltà a causa dell’insufficienza delle risorse materiali. Per questo, esorta le Chiese particolari a rafforzare la solidarietà reciproca e la comunione ecclesiale. E’ importante, sottolinea Francesco, che possiate parlare con una sola voce ispirata dal Vangelo “per orientare e illuminare i vostri concittadini su ogni aspetto della vita comune”, specie nei momenti difficili. Rammentando infine che è stato recentemente inaugurato nella diocesi di Dolisie un Santuario dedicato alla Divina Misericordia, esprime l’auspicio che questo luogo diventi uno spazio dove rafforzare la fede durante il prossimo Giubileo straordinario sulla Divina Misericordia.

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Francesco alle Guardie Svizzere: siete un "manifesto" della Santa Sede

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Siete un “manifesto” della Santa Sede, trasmettete “con gentilezza e competenza” l’amore più grande che deriva dall’amicizia con Cristo. E’ quanto ha affermato stamani Papa Francesco incontrando le Guardie Svizzere e i loro familiari. In questi giorni si commemorano i 147 soldati elvetici morti, durante il Sacco di Roma nel 1527, per difendere Papa Clemente VII. Mercoledì prossimo, nel Cortile di San Damaso del Palazzo Apostolico, giureranno 32 nuove reclute. Il servizio di Amedeo Lomonaco

"Sentire" con Cristo e con la Chiesa
Il servizio delle Guardie Svizzere - ha detto il Papa - è animato da “un’amicizia particolare” basata sull’amore di Cristo: “Cristo è il vero Re. Egli stesso va avanti, e i suoi amici lo seguono. Un soldato di Cristo partecipa alla vita del suo Signore. Questa è anche la chiamata che tocca a voi: assumere le preoccupazioni di Cristo, essere suoi compagni". In questo modo si impara “giorno per giorno a sentire con Cristo e con la Chiesa”: “Una Guardia Svizzera è una persona che veramente cerca di seguire il Signore Gesù e che ama in modo particolare la Chiesa, è un cristiano con una fede genuina”.

Vivere la fede col Vangelo a portata di mano
Il Santo Padre ha esortato le Guardie Svizzere a vivere la fede nei Sacramenti e leggendo quotidianamente il Vangelo: “Quello che dico a tutti, lo dico anche a voi: tenete sempre a portata di mano un piccolo Vangelo, per leggerlo appena avete un momento tranquillo. Vi aiuta anche la vostra preghiera personale, specialmente il Rosario, durante i 'picchetti d’onore'. E vi aiuta il servizio ai più poveri, agli ammalati, a quelli che hanno bisogno di una buona parola”…

Guardie Svizzere, un manifesto della Santa Sede
Incontrando la gente, le Guardie Svizzere – ha ricordato il Papa - trasmettono con gentilezza e competenza “questo amore più grande che viene dall’amicizia di Cristo”: “In effetti voi Guardie Svizzere siete un ‘manifesto’ della Santa Sede! Vi ringrazio e vi incoraggio per questo”. 

Il grazie del Papa
Ricordando infine “l’impegnativo” servizio svolto dalle Guardie Svizzere, il Pontefice ha espresso il proprio “grande apprezzamento”: “Soprattutto vi ringrazio per le vostre preghiere. Non dimenticatevi! Anch’io prego per voi e per i vostri cari, e vi affido all’intercessione dei vostri Patroni San Martino, San Sebastiano e San Nicola di Flüe. Di cuore vi benedico tutti”.

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Papa: Dante, cantore del riscatto umano dalla "selva oscura"

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Un “profeta di speranza” e un “annunciatore” della liberazione per ogni uomo e donna. È quanto Papa Francesco scrive di Dante Alighieri, nel giorno in cui in Italia si celebrano solennemente i 750 anni dalla nascita del sommo poeta. In un messaggio inviato al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, Francesco ricorda l’ammirazione nutrita nei secoli dai Pontefici nei riguardi dell’Alighieri. Il servizio di Alessandro De Carolis

Dante Alighieri, ovvero il poeta della “possibilità di riscatto”, del “cambiamento profondo”, per il quale nessuna “natural burella” – nessuna umana debolezza – potrà risultare così impraticabile da impedire all’uomo che lo vuole di riuscire “a riveder le stelle”. C’è un’eco forte delle sue convinzioni nel ritratto che Francesco fa del celeberrimo autore della “Commedia”.

Pellegrinaggio in versi
Il Papa della misericordia ravvisa nei versi immortali di Dante un aspetto potente di quel rinnovamento che nasce in un cuore che si apre a una dimensione più grande. “Ci invita ancora una volta – scrive nel suo messaggio – a ritrovare il senso perduto o offuscato del nostro percorso umano e a sperare di rivedere l’orizzonte luminoso in cui brilla in pienezza la dignità della persona umana”. Del resto, osserva, tutta la Commedia può essere letta “come un grande itinerario, anzi come un vero pellegrinaggio, sia personale e interiore, sia comunitario, ecclesiale, sociale e storico”.  Come un “paradigma di ogni autentico viaggio in cui l’umanità è chiamata a lasciare quella che Dante definisce”,  in una strofa del Purgatorio, “l’aiuola che ci fa tanto feroci”.

Lettura non riduttiva
Il Messaggio del Papa è un compendio di quanto in passato i suoi predecessori abbiano detto, citato e attinto dal Vate fiorentino per conferire un tratto di bellezza a un aspetto del loro magistero e soprattutto per ammirare come la fede avesse potuto ispirare parole così intramontabili. Ad esempio Benedetto XV, che per il sesto centenario della morte di Dante, proprio indicando il “ben poderoso slancio d’ispirazione” che “egli trasse dalla fede divina", esortò a considerare “l’importanza di una corretta e non riduttiva lettura dell’opera di Dante soprattutto nella formazione scolastica ed universitaria”.

Paolo VI: “Nostro è Dante!”
O Paolo VI che 50 anni fa, chiudendo il Vaticano II impresse nella sua Lettera Apostolica Altissimi cantus quell’affermazione recisa: “Nostro è Dante! Nostro, vogliamo dire, della fede cattolica”, individuando  nella Commedia un fine “pratico e trasformante”, poiché – affermò – l’opera “non si propone solo di essere poeticamente bella e moralmente buona, ma in alto grado di cambiare radicalmente l’uomo e di portarlo dal disordine alla saggezza, dal peccato alla santità, dalla miseria alla felicità, dalla contemplazione terrificante dell’inferno a quella beatificante del paradiso”.

“Dilata in fiamma poi vivace”
Anche San Giovanni Paolo II – rammenta il Papa – ha fatto “spesso” riferimento alle opere dell’Alighieri e nella prima Enciclica, Lumen fidei, scrive Francesco, “ho scelto anch’io di attingere a quell’immenso patrimonio di immagini, di simboli, di valori costituito dall’opera dantesca” quando per “descrivere la luce della fede, luce da riscoprire e recuperare affinché illumini tutta l’esistenza umana, mi sono basato proprio sulle suggestive parole del Poeta, che la rappresenta come «favilla, / che si dilata in fiamma poi vivace / e come stella in cielo in me scintilla”.

Luce nella “selva oscura”
In definitiva, conclude Papa Francesco, “onorando Dante Alighieri come già ci invitava a fare Paolo VI, noi potremo arricchirci della sua esperienza per attraversare le tante selve oscure ancora disseminate nella nostra terra e compiere felicemente il nostro pellegrinaggio nella storia, per giungere alla méta sognata e desiderata da ogni uomo: ‘L’amor che move il sole e l’altre stelle’”.

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Celebrazioni al Senato per il 750.mo di Dante Alighieri

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A Roma, la Giornata evento per il 750.mo anniversario della nascita di Dante si è svolta presso l’Aula di Palazzo Madama, con la partecipazione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, Roberto Benigni e altre personalità del mondo della cultura. C’era per noi Antonella Palermo

Per introdurre il messaggio del Papa in occasione dell’anniversario della nascita del sommo poeta, il cardinale Gianfranco Ravasi è ricorso alle parole dello scrittore argentino Borges sulla grandezza di Dante: “Egli si colloca su un crinale caliente dove entrambi i versanti sono illuminati”. Per dire, ha ricordato il presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, della “sintesi mirabile compiuta dall’autore della Commedia tra poesia purissima e speculazione teologica, tra obbedienza alla rima e creatività libera, tra astrazione e parola dipinta, carnalità e spiritualità, contingenza e storia, cronaca e profezia, giustizia e salvezza”.  

Conoscenza, ansie e tormenti
Sul valore dell’opera dantesca, intrisa delle “debolezze, dell’anelito di conoscenza, delle ansie e dei tormenti” di cui era carica la stagione che dal Medio Evo avrebbe portato all’Età moderna e all’esaltazione dell’umanesimo, si è espresso il prof. Enrico Malato, presidente del Centro Pio Rajna, che ha collaborato all’organizzazione della Giornata.

Dante secondo Piovani
Alla presenza di numerosi liceali romani, l’omaggio del maestro Nicola Piovani che ha anticipato in prima assoluta – con il soprano Rosa Feola - una breve versione del “Canto dalla Vita Nuova”, sua composizione originale realizzata con il Ravenna Festival e il Festival dei Due mondi di Spoleto. Era solo il “la” raccolto poi da Roberto Benigni, che ha riproposto la sua “Lectura Dantis”, recitando a memoria il canto 33 del Paradiso che chiude la Commedia. “E' l'apice di tutte le letterature – ha precisato l’attore fiorentino – un caso unico per come è stata usata la lingua".

Nel mondo “c’è voglia d’Italia”
Da questo avvio delle celebrazioni dantesche – che si concluderà nel 2021, in occasione dei 700 anni dalla morte di Alighieri – l’auspicio del presidente del Senato, Pietro Grasso: “Riscoprire e attualizzare il valore della sua poesia, simbolo dell’identità culturale dell’Italia e degli italiani”. Perché – qui il monito del ministro per i Beni culturali, Franceschini – “nel mondo c’è una gran voglia di Italia. Che con Dante si promuova ancora di più la diffusione della lingua italiana all’estero e si faccia approfondimento, soprattutto nelle scuole”.

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Il Papa in parrocchia a Ostia: la fede si trasmette con la gioia

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“Rimanere in Gesù” per trasmettere la fede nella gioia: è quanto detto da Papa Francesco, in visita ieri pomeriggio alla Parrocchia “Santa Maria Regina Pacis” di Ostia, a Roma. Prima di celebrare la Messa, il Papa ha fatto sosta dalle Piccole Sorelle di Gesù di Charles de Foucauld, denominata Fraternità del Luna Park, che vivono nelle roulotte. Poi gli incontri con gli ammalati, gli anziani, i giovani e le famiglie che hanno battezzato quest'anno i propri figli. Il servizio di Giancarlo La Vella: 

E’ per i sofferenti e per coloro che sono più avanti nell’età il primo pensiero di Francesco alla comunità della parrocchia Regina Pacis, nel popoloso hinterland romano di Osta, a ridosso della costa laziale. La società ha bisogno della ricchezza e della profondità della loro esperienza e della sopportazione del dolore che li avvicina a Cristo:

"Gli anziani hanno l’esperienza della vita e ci danno anche la memoria, la memoria del nostro popolo, la memoria della famiglia. E’ tanto importante camminare con una memoria. E gli ammalati, ma assomigliano tanto a Gesù: soffrono come Gesù e portano la croce come Gesù. Voi siete privilegiati in questo senso. Ringraziamo il Signore che in questa comunità siano curati gli ammalati e gli anziani. Quando in una comunità non sono curati, quella comunità non va bene, manca qualcosa".

Rispondendo poi alle domande dei giovani scout il Pontefice ha esortato i ragazzi a vivere e a trasmettere la fede con gioia, una gioia sincera, dono del Signore, che viene dal cuore, non una gioia esteriore:

"La gioia non si compra al mercato; la gioia non te la danno, perché tu vinci in un gioco al Luna Park. No! La gioia è un dono, la gioia è un regalo dello Spirito Santo e dobbiamo chiederla: 'Signore dammi gioia'. Ma non avere la faccia della tristezza, della malinconia. Questo non fa bene, non fa bene. La gioia! La gioia di una persona che sa guardare sempre il positivo della vita e offre questo positivo agli altri. La gioia, che soltanto Dio può dare, è un dono. E dobbiamo chiedere la gioia. La gioia è un dono dello Spirito Santo". 

Poi, dopo l’incontro con le famiglie e i bimbi neobattezzati, nell’omelia, prendendo spunto dal passo evangelico dell’Ultima Cena e dalle parole di Cristo, “rimanete in me”, il Santo Padre ha sottolineato come l’essenza della vita cristiana sia proprio “rimanere in Gesù”, intimamente uniti a Lui, come i tralci alla vite:

"Ogni tralcio che non è unito alla vite finisce per morire, non dà frutto; ma rimanere in Gesù significa essere unito a Lui per ricevere la vita da Lui, l’amore da Lui, lo Spirito Santo da Lui. E’ vero, tutti noi siamo peccatori, ma se noi rimaniamo in Gesù, come i tralci con la vite, il Signore viene, ci pota un po’, perché noi possiamo dare più frutto. Lui sempre ha cura di noi. Ma se noi ci stacchiamo da lì, non rimaniamo nel Signore: siamo cristiani a parole soltanto, ma non di vita; siamo cristiani, ma morti, perché non diamo frutto, come i tralci staccati dalla vite". 

Un cammino, ricorda Francesco, in cui è essenziale la preghiera, la partecipazione ai sacramenti, rifuggendo dai difetti umani che ci portiamo dietro:

"Quando noi chiacchieriamo, non rimaniamo in Gesù: Gesù mai lo ha fatto questo. Quando noi siamo bugiardi, non rimaniamo in Gesù: mai lo ha fatto. Quando noi truffiamo gli altri con questi affari sporchi che sono alla mano di tutti, siamo tralci morti, non rimaniamo in Gesù. Rimanere in Gesù è fare lo stesso che faceva Lui: fare il bene, aiutare gli altri, pregare il Padre, curare gli ammalati, aiutare i poveri, avere la gioia dello Spirito Santo". 

Una fede, dunque, che sia costante vicinanza al Signore, sempre pronto a concederci il suo pedono, una fede sincera e non ipocrita:

"Gesù è buono, ci invita a rimanere in Lui. Lui ci dà la forza e se noi scivoliamo in peccati – ma tutti siamo peccatori – Lui ci perdona, perché Lui è misericordioso. Ma quello che Lui vuole sono queste due cose: che noi rimaniamo in Lui e che noi non siamo ipocriti. E con questo una vita cristiana va avanti. Pregare il Padre, curare gli ammalati, aiutare i poveri, avere la gioia dello Spirito Santo". 

E prima di rientrare in Vaticano, ancora un saluto del Papa ai parrocchiani, soprattutto quelli rimasti fuori della Chiesa affollata. "Grazie della vostra calorosa accoglienza... vi porto nel cuore!".

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Il Papa riceve il card. Koch e mons. Gómez, arcivescovo di Los Angeles

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Il Papa ha ricevuto stamani, in successive udienze, mons. José Horacio Gómez, arcivescovo di Los Angeles e il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.

In Canda, Francesco ha nominato arcivescovo metropolita di Rimouski mons. Denis Grondin, finora Vescovo titolare di Campli e ausiliare di Québec.

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Sandri tra i cristiani in Iraq: silenzio internazionale è tradimento

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Prosegue in Iraq la visita del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali. Stamani ha incontrato la comunità caldea di Duhoq, nel Kurdistan iracheno, nel Nord del Paese, incontrando in particolare tanti sfollati. Famiglie cristiane – sottolinea in un discorso consegnato al vescovo locale – che sono rimaste "fedeli attraversando la prova e la persecuzione”.

Il silenzio della comunità internazionale è tradimento
“Quando l'uomo smette di essere fedele al Dio dell'alleanza – afferma il porporato nell’omelia - finisce per non essere fedele neanche alla sua propria umanità e a quella dei suoi fratelli e sorelle, con i quali magari ha vissuto fino al giorno prima. So di trovarmi in mezzo a persone amate che più di ogni altro sanno cosa significa quanto ho detto, dal momento che sulla propria pelle hanno sperimentato il tradimento di altri: di coloro che hanno assalito e preso le case e i beni, che hanno profanato i templi ove si insegna la pace credendo di far trionfare una idea di violenza e di morte, che hanno violentato e preso la giovinezza di bambini e ragazze per le loro basse soddisfazioni. Ma tradimento – ha sottolineato - é percepito anche il silenzio durato troppo a lungo della comunità internazionale, o l'abbandono delle forze nazionali e regionali che inizialmente avevano offerto garanzie di protezione”.

Mettersi in ginocchio di fronte al dolore dei poveri
“In tutto questo dramma però – afferma il cardinale Sandri - non dimenticatelo, mentre l'uomo mentiva e tradiva, Dio é rimasto fedele. Vi ha resi vicini e conformi all'immagine stessa di Cristo suo Figlio: a voi si applica quanto detto pochi giorni fa da Papa Francesco, che mi ha chiesto di portarvi il suo saluto e la sua benedizione, a proposito dei poveri: ‘come mi piacerebbe che imparassimo ad inginocchiarci di fronte ai poveri!’. Ci mettiamo in ginocchio dinanzi alla vostra esperienza e dolore, di fronte ai vostri silenzi e alla vostra sopportazione, di fronte ai vostri rapiti e ai vostri morti”.

La coscienza intorpidita dell’Occidente
Siamo venuti qui – conclude – “per farci pellegrini verso il luogo ove Abramo partì lasciando la propria casa per ascoltare la voce del Signore. Voi lo avete fatto in senso reale, trovando qui ospitalità nel nome del Signore, noi lo facciamo in senso spirituale per scuotere le coscienze talora intorpidite del nostro Occidente. Innanzi a voi e insieme a voi diciamo al Signore: Misericordia, perdono, pietà!”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Per una nuova fraternità: il Papa chiede ai vescovi della Repubblica del Congo di farsi modello di riconciliazione.

Cristiani non solo a parole: il Pontefice alla parrocchia di Santa Maria Regina Pacis a Ostia lido.

Profeta di speranza: il messaggio di Papa Francesco in occasione dei 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri e l'articolo di Lucía López Alonso sull'autobiografia romanzata di Dante scritta dal poeta argentino Roberto Alifano.

Sul rapporto tra diritti umani e sviluppo sostenibile un articolo del ministro degli Affari esteri del Cile Heraldo Munoz dal titolo "Giustizia climatica".

Effimero ma non troppo: Manuela Grillo sulla storia attraverso il materiale a stampa destinato alla distruzione.

Problema di comunicazione: Emilio Ranzato recensisce "Se Dio vuole", film d'esordio di Edoardo Falcone.

Carità e riconciliazione: l'ambasciatore della Repubblica di Polonia presso la Santa Sede ricorda Wladyslaw Bartoszewski, prigioniero ad Auschwitz e "Giusto tra le Nazioni".

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Oggi in Primo Piano



Nepal: altri 2 sopravvissuti, difficoltà nel portare gli aiuti

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A dieci giorni dal terremoto, due persone, un uomo di 60 anni ed una suora di 23, sono stati estratti vivi dalle macerie di due edifici dai villaggi di Sirdibas e Chhekampar nel distretto di Gorkha. Intanto, il bilancio delle vittime accertate sale a oltre 7.300 morti ma i dispersi sono ancora migliaia. Intanto, ritardi alla dogana ostacolano le operazioni umanitarie in Nepal: lo denuncia il rappresentantedelle Nazioni Unite, Jamie McGoldrick, a proposito delle difficoltà con cui gli aiuti esteri arrivano nel Paese. Fausta Speranza ne ha parlato con Marco Rotelli, segretario generale dell’organizzazione umanitaria Intersos: 

R. – Stiamo aspettando anche noi il nostro cargo messo a disposizione dalla Farnesina che adesso è a Dubai e ha avuto dei rallentamenti. Il problema principale è il tonnellaggio degli aerei che atterrano a Kathmandu, che ha optato per aerei più piccoli con più rotazioni. Evidentemente questo ha creato molto più traffico, molta più congestione. Per i ritardi doganali sono state fatte richieste per accelerazioni date dall’urgenza della situazione.

D. – Gli aiuti non mancano ma non arrivano alla popolazione, è così? Perché ne sono arrivati tanti…

R. – Gli aiuti dovranno essere molti di più nelle prossime settimane. Questa è la fese iniziale della risposta ed è molto complicato, in una situazione come quella del Nepal, particolarmente montuosa, dove le strade sono state coperte dalle frane e quant’altro, raggiungere le aree chiamiamole non urbane e queste sono molte. Quindi c’è un fisiologico rallentamento dell’aiuto fuori dalle grandi città. Ci sono comunque gravi e urgenti bisogni. Questa è una cosa purtroppo che succede quasi fisiologicamente. E’ chiaro che all’aumentare delle capacità logistiche aumenta la capacità di risposta e le organizzazioni, a seconda di quante riserve finanziarie hanno a disposizione, hanno la possibilità di acquistare, noleggiare, disporre di mezzi per raggiungere aree particolarmente remote.

D. – A dieci giorni dal terremoto ancora vite umane salvate: due nelle ultimissime ore. I soccorsi anche su questo fronte vanno avanti?

R.  – I soccorsi vanno avanti. Purtroppo sappiamo che la probabilità di trovare persone vive, ancora vive o comunque in grado di riprendersi, dopo così tanto tempo diminuiscono drasticamente ogni ora, a questo punto, passati giorni e giorni dall’evento sismico. In ogni caso, i team di recupero, di ricerca, sono ancora attivi, sono però già partite le attività di supporto con la popolazione che si era salvata e che adesso ha bisogno di urgente assistenza medica. In particolare c’è bisogno considerando che fra qualche settimana cominceranno le stagioni monsoniche e quindi con un aggravio pesante di bisogni e di difficoltà per le popolazioni che hanno perso tutto e per chi come Intersos, nel contesto del sodalizio Agire, sta cercando di portare il supporto alle persone più vulnerabili.

D. – Ma è vero che ci sono polemiche sul fatto che le autorità nepalesi stanno facendo ripartire squadre di soccorsi straniere?

R. – Il governo nepalese ha ritenuto che ci fosse già sufficiente capacità di "rescue", di soccorso delle persone. E’ vero che ce n’erano in forze, sono partite da vari Paesi squadre molto efficienti e molto numerose… Noi non siamo in grado di giudicare la bontà o meno della polemica, di fatto c’è sul territorio dispiegato un consistente numero di persone per la ricerca e il salvataggio.

D. – Diciamo i bisogni della popolazione? Alcuni li immaginiamo…

R. – Si riescono a immaginare purtroppo e sono così gravi come uno se li immagina. Chi ha perso tutto, o comunque non è in grado di rientrare nelle abitazioni particolarmente danneggiate, si trova in questo momento in strada o in contesti rurali fuori dai villaggi senza disponibilità di cibo, che ha perso, senza disponibilità di denaro per poterlo acquistare, senza disponibilità di acqua potabile; in caso di assistenza medica, non ha accesso fisico ai centri che stanno andando in rapido esaurimento di scorte di medicinali, di capacità medica... Quindi, adesso tra le cose più urgenti c’è quella di soddisfare i bisogni elementari, acqua e cibo, e garantire questo per un periodo di tempo sufficiente a che le famiglie riprendano pian piano la loro capacità di resistere in una situazione del genere. Sapete che il Nepal non è una campagna facile e pianeggiante, ma è un Paese che si trova nel mezzo dell’Himalaya, quindi tutto questo è complicato anche dalle condizioni di altitudine, condizione di isolamento di questi villaggi… Noi come Intersos stiamo portando particolare aiuto per l’acqua potabile.

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Israele: dopo scontri, Netanyahu riceve ebrei di origine etiope

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Appelli alla calma sono giunti in Israele dal premier Benyamin Netanyahu e dal capo dello Stato Reuven Rivlin, dopo che ieri a Tel Aviv migliaia di ebrei di origine etiope hanno manifestato contro quello che hanno definito “il razzismo della polizia”. I feriti sono stati una settantina, perlopiù agenti; 40 gli arresti. Oggi Netanyahu ha ricevuto una delegazione di Falasha, gli ebrei di origine etiope, tra cui anche il militare Demas Pekada: la settimana scorsa il soldato è stato ripreso da una telecamera mentre veniva percosso, senza motivo apparente, da due agenti di polizia. Immediata l’ondata di indignazione sui social network e non solo. Il presidente Rivlin ha ammesso: “abbiamo sbagliato”, aggiungendo di non aver “ascoltato abbastanza”. A Gerusalemme la polizia è intanto in allerta per una ulteriore manifestazione di protesta. Della vicenda Giada Aquilino ha parlato col padre gesuita David Neuhaus, vicario patriarcale a Gerusalemme: 

R. – Questo atto di violenza, quando il giovane è stato fermato da un poliziotto, è stato filmato e diffuso in tutto il Paese e ricorda un poco le cose accadute anche nelle grandi città degli Stati Uniti. Credo che il fatto che ha influenzato molto la reazione della comunità etiopica è stato che questo ragazzo non è solo un giovane etiope, ebreo, israeliano, ma è un ragazzo in uniforme militare, quindi un soldato che presta servizio nello Stato. Ricordiamo anche che questa comunità da anni denuncia il razzismo nella società, non soltanto nella polizia, ma anche nello Stato. E’ uno Stato che dal 1977 ha deciso che coloro che vivono in Etiopia e dicono di essere ebrei e praticano qualcosa di molto simile alla religione ebraica hanno il diritto di venire in Israele, avere la cittadinanza e, quindi, diritti uguali a tutti gli altri ebrei. Dal 1984 arrivano in gran numero – ci sono decine di migliaia di loro in Israele oggi – ma dicono che la società non li accetta come tutti gli altri.

D. – Come vive la comunità degli ebrei di origine etiope in Israele?

R. – Tantissime di queste comunità vengono da villaggi etiopi e il trasferimento in Israele non è stato facile, perché Israele è una società molto moderna. Abbiamo subito visto una certa alienazione, quando sono arrivati. Dobbiamo anche dire però che, malgrado la decisione dello Sato di riconoscere queste persone, l’autorità religiosa non ha accettato molto tale decisione. Per l’integrazione piena nella società, l’autorità rabbinica ha quindi insistito su una certa cerimonia religiosa e in questo momento la comunità ha manifestato molto forte, parlando di discriminazioni. Non possiamo negare, però, che anche il colore qui gioca un ruolo. Ci sono poi certamente quelli che si sono bene integrati, che servono nell’esercito, nella polizia, ma anche medici, professori e membri della Knesset, ma la maggioranza della comunità rimane ai margini, vive nella povertà. E’, dunque, una comunità che soffre.

D. – Quindi non si può parlare di piena integrazione di queste comunità?

R. – No. E dobbiamo aggiungere che da ciò che si è visto, specialmente nella manifestazione di Tel Aviv, la polizia ha reagito come quando l’esercito reagisce di fronte ad arabi che manifestano, con metodi quindi molto, molto violenti. La comunità infatti ha detto: “Noi siamo ebrei e voi - la polizia - fate con noi come se fossimo palestinesi nei Territori occupati”.

D. – Il fatto che gli agenti implicati nella vicenda siano stati sospesi e rischino il licenziamento non calma gli animi?

R. – Credo che la cosa che può calmare la situazione è quella di ascoltare veramente queste grida. E’ il governo che ha portato questa gente qui, per avere ancora ebrei nello Stato. Quindi loro attendono di essere trattati come tutti i cittadini.

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Immigrazione: don Zambito, l'Europa recuperi la sua identità

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Sono sbarcati oggi sulle coste italiane 1.300 dei circa seimila migranti salvati nel fine settimana dalla Guardia costiera, nelle prossime ore ne sono attesi altri 1.500. Tra loro, per la maggior parte, eritrei e somali. Dieci purtroppo le vittime accertate finora, mentre 320 le persone sbarcate la notte scorsa a Lampedusa, accompagnate subito al Centro d’accoglienza dell’isola. Francesca Sabatinelli ha intervistato il parroco di Lampedusa, don Mimmo Zambito, che si trovava sul molo all’arrivo dei migranti: 

R. – Io mi trovavo proprio ieri sera, insieme con le suore e altre realtà presenti, all’arrivo di questi nostri amici, oltre 320 persone, tra le quali donne e anche qualche bambino. Le condizioni ci sono sembrate discrete. La provenienza è delle zone del Centrafrica, c’erano degli eritrei, come sta avvenendo sempre più spesso, delle famiglie siriane, molto composite e articolate, anche con anziani, e mi ha fatto molta, molta impressione. Si muovono a nuclei familiari, ma questa volta c’erano anche uomini abbastanza anziani e poi qualche persona che veniva dal Pakistan o comunque, ci è sembrato, da zone che abbiano a che fare con l’Oriente.

D. – Don Zambito, è cosa nota che la bella stagione e il mare in ottime condizioni portino le persone ad affidarsi agli scafisti, a barche che spesso diventano bare. E Lampedusa di nuovo è la porta per queste persone. Inizia la stagione turistica, sappiamo che gli abitanti di Lampedusa hanno sempre abbracciato le persone che arrivano dal mare, i migranti, sappiamo però che l’hanno anche pagata cara questa accoglienza. Che umore c’è, sull’isola?

R. – Di una grande amarezza, perché l’Europa sta mancando alla sua identità. Di fronte a questa migrazione di popoli, alla ricerca di libertà e di dignità da parte di intere popolazioni, mi faccio la domanda, e  la faccio ai cittadini europei che vengono a visitare la nostra Isola, a godere del suo ambiente naturale e del suo ambiente umano, compresa anche la presenza dei migranti, se pur saltuaria e occasionale, e la domanda è: che cosa unisce i Paesi europei, qual è l’identità di questa comunità europea? Io penso che la morte di ogni singolo bambino, o di donna o di madre, di giovane o di anziano che, sopravvivendo a tutto quello che hanno subito, si avventurano per il mare che  non hanno mai visto, alla ricerca di una landa di terra che neanche sanno essere Lampedusa, perché non hanno minimamente l’idea di dove stanno andando, se non da che cosa stanno fuggendo... Ecco, mancare a questa risposta, a chi sta cercando la vita, è la dichiarazione di morte, è l’ecatombe dell’Europa. Sopravviviamo su quest’isola perché c’è un’entità più grande di noi, che è l’Italia, che è l’Europa, che fanno sopravvivere un luogo così remoto e al limite della sussistenza e della sopravvivenza, ma non avere un’idea politica di che cosa significhi per noi e per questa gente che sta venendo condividere spazi e benessere e ricerca di felicità per me è una dichiarazione di chiusura dell’idea stessa di Europa.

D. – Tra le ultime cose che sono state dette anhe “attenzione a chi arriva: potrebbero anche esserci gruppi di terroristi”. Lei le incontra queste persone. Lei vede i loro occhi, spesso è sul molo per accoglierle. Ci sono i terroristi, tra di loro?

R. – E’ veramente un’arma di distrazione di massa questo infondere terrore nel cuore delle popolazioni nostre, europee e italiane. Il Papa a Lampedusa è venuto a fare delle domande al cuore di ogni persona, perché non c’è altra possibilità di salvezza che avere la capacità di saper leggere nella profondità del cuore e attivare processi di cambiamento che provino a integrare non solo i diritti dei singoli, ma anche i diritti dei popoli. Ci sarebbe da sghignazzare di fronte ad affermazioni superficiali, che vedono in questa realtà così povera, così schietta, così semplice, così ridotta a mal partito – per come li vediamo arrivare, per come la nostra Guardia costiera benedetta li salva – verrebbe da sghignazzare di fronte a chi mette in giro notizie di questo genere. Preoccupiamoci dei capitali finanziari e delle multinazionali, non piuttosto dei poveracci che scappano dalla persecuzione.

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Sciopero nazionale contro Ddl Scuola. Uciim: troppo autoritarismo

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Settimana calda per la scuola in Italia. Mentre la Camera accelera l’esame del Disegno di Legge cosidetto della “Buona Scuola”, si evidenzia la protesta di studenti, docenti, dirigenti scolastici. Alla vigilia dello sciopero nazionale indetto dai sindacati, sono in corso oggi cortei e contestazioni, oltre che a Roma in numerose città. Sulle ragioni del dissenso, Roberta Gisotti ha interpellato Rosalba Candela, presidente nazionale Uciim, l’Unione cattolica italiana di insegnanti, dirigenti, educatori e formatori: 

D. – Prof.ssa Candela, cosa non va in questa ennesima riforma della scuola, contestata da studenti e docenti? E perché la scuola, in Italia, resta un campo minato per i governi?

R. – Guardi, in questa riforma della scuola non va il centralismo autoritario che ne viene fuori: è veramente esagerato! Per esempio, le competenze e le funzioni che si danno ai dirigenti scolastici sono immani: i dirigenti stessi non le accettano. Si scardina la visione democratica della scuola, voluta anche dalla nostra Costituzione e soprattutto dai Decreti delegati.

D. – Ieri la Commissione al lavoro alla Camera ha però ridimensionato i poteri, che nel Disegno originale erano affidati ai dirigenti scolastici: questo non vi ha soddisfatto?

R. – No, guardi: hanno esaminato gli emendamenti dei primi quattro articoli. Il primo è sulle finalità, il secondo è l’autonomia scolastica, il terzo è il percorso formativo degli studenti e poi c’è lavoro, territorio, eccetera. In merito all’autonomia scolastica, quello che viene cambiato è un termine: al posto de “i dirigenti scolastici scelgono”, appare ora “individuano”: io vorrei sapere la grande differenza che c’è tra queste due parole… Dopodiché, ancora devono esaminare tutti gli altri articoli. Per esempio, c’è l’articolo 7 che individua le competenze del dirigente scolastico, e i successivi articoli che parlano di formazione, merito dei docenti … Quindi, no: non mi soddisfa quell’emendamento che cambia la parola “scegliere” con “individuare” …

D. – Quindi non sarebbe vero che il piano dell’offerta formativa non sarà elaborato dal dirigente scolastico, ma dal collegio dei docenti?

R. – Questo sì, è vero. Però, un articolo poi va a intersecarsi con i successivi, e bisogna vedere come viene  poi effettivamente regolamentato. Ma questo da solo non può soddisfare: non significa assicurare una gestione democratica della scuola, se continuiamo a lasciare determinati poteri ai dirigenti scolastici. E’ troppo poco, ancora, per dire che il Disegno di legge sia stato cambiato. E’ troppo poco!

D. – L’impressione che si ha, però, dal di fuori, è che ci sia davvero una forte diffidenza da parte di chi la scuola la vive in prima persona, rispetto all’autorità politica che legifera …

R. – Noi, da cattolici siamo per la prudenza e non bisogna mai dire come fa il premier: “Non saranno quattro fischi a fermarci!”. E’ vero: un progetto di riforma, per carità, deve andare avanti, perché altrimenti non ne facciamo mai, di riforme. Però, non basta ascoltare la base, semplicemente, se poi si va avanti lo stesso con le proprie idee. Io, se faccio così, esaspero di più la protesta. Bisogna essere più umili, anche nel dialogare con gli altri.

D. – Ieri la Camera ha dato via libera anche all’educazione alla parità di genere: su questa parola, lo sappiamo, ci sono molte divergenze. Ci si chiede se non sarà promossa la teoria di gender, che è cosa diversa da “pari opportunità uomo-donna”?

R. – Questo è un argomento delicatissimo. Noi siamo, sì, per la parità di genere, ma che non si ripeta più l’errore che era stato fatto – e poi era stato bloccato – di fare entrare nelle scuole l’Arcigay e via dicendo, per formare, per incontrare gli alunni!

D. – Però si parla di genere ma non si specifica uomo-donna, maschio-femmina …

R. – Il Buon Dio ci ha fatti maschio e femmina: questo è quello che dobbiamo promuovere con tutta la tolleranza e senza alcuna omofobia: ci mancherebbe altro!

D. – La Camera ha detto sì anche alla promozione dei cibi biologici e dei prodotti a km/0 nelle mense, alle scuole aperte per attività ricreative anche in estate, a più fondi per gli istituti di alta formazione artistica musicale e coreutica: su questi punti immagino siate d’accordo?

R. – Siamo pienamente d’accordo. Bisogna però coniugare le scuole aperte d’estate e decidere con quale personale? Bisogna andare a regolamentare questo aspetto. Senza proclami, ma bisogna calare le cose nella realtà e vedere come realizzarle. Non possiamo lasciare niente all’improvvisazione, nelle scuole.

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Anniversario Superga. Lombardi: amavo Grande Torino, tragedia per Italia

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Il 4 maggio del 1949, l’intera squadra di calcio del “Grande Torino” periva nella tragedia di Superga. L’aereo, che trasportava la compagine granata di ritorno da una partita amichevole in Portogallo, si schiantò ai piedi della Basilica della collina di Superga, vicino Torino. Il disastro causò clamore e dolore, non solo nel mondo sportivo, per la scomparsa di una squadra di "invincibili", emblema di un’Italia che usciva faticosamente dalla Seconda Guerra Mondiale. Giancarlo La Vella ne ha parlato con il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, sostenitore granata sin da bambino: 

R. - Io ero troppo piccolo per fare dei grandi ragionamenti su quell’evento. In realtà mi ricordo benissimo quel giorno e la notizia che arrivò. Io avevo sei o sette anni, ma tenevo già per il "Grande Torino" e, come gran parte dei ragazzini che abitavano a Torino in quegli anni, eravamo pieni di entusiasmo e orgogliosi di questa squadra che effettivamente rappresentava il vigore, l’impegno sportivo e anche la capacità di ottenere dei buoni risultati che gli sportivi sanno indicare quando sono dei grandi campioni anche ai giovani della loro epoca. Quindi ricordo che questa notizia quel giorno piombò su di noi e su tutta la città come una nuvola nera, un momento di grandissima emozione e di grandissimo turbamento; la città rimase attonita e sconvolta. Noi guardavamo verso la collina di Superga esterrefatti, senza riuscire a renderci conto che poteva essere accaduta una cosa di questo genere. Certamente fu una scossa molto grande e, come sempre, il dolore fu profondissimo per tutta la città, ma anche per l’Italia, che fu colpita da questa tragedia. Ma ricordo anche che, in tempi molto brevi, si manifestò una grande volontà di riprendere e di continuare a raccogliere un’eredità di natura sportiva, ma certamente dal valore anche umano, che avevamo ricevuto da questa squadra così ammirata giustamente da tutti. Quindi una tragedia che, però, fu anche occasione di impegno morale, non solo sportivo, per continuare a raggiungere i risultati, a riprendere la vita del Paese, che si stava rialzando e ricostruendo dopo le gravi tragedie della guerra. Quindi una notizia terribile, una grande tragedia, un dolore profondissimo e sconvolgente, ma anche un’occasione per riaffermare la continuità di un impegno.

D. - Il grande Torino di Valentino Mazzola, forse caso unico di una squadra apprezzata non solo dai suoi sostenitori, ma da tutta Italia e forse da tutta Europa, anche se all’epoca non c’erano le coppe internazionali. Una squadra che, nonostante all’epoca si giocasse molto in difesa, invece aveva fatto dell’attacco la sua tattica di gioco …

R. – Percepivo questo valore di una squadra con cui ci si identificava molto profondamente, sia da parte dei ragazzi, dei giovani, ma anche della città e in un certo senso della stessa società italiana. Il tempo della ricostruzione, dopo la guerra, è stato un periodo in cui abbiamo potuto apprezzare moltissimo l’impegno puro, non ancora contaminato da esperienze negative di corruzione o di altro e quindi un impegno estremamente positivo, che poteva indicare orizzonti e ideali alla società che si rialzava dopo la tragedia della guerra.

D. - Un periodo quello in cui forse anche l’antagonismo con gli juventini era molto affievolito vista la grandezza di questa squadra; una Juventus che poi continua a vincere anche oggi e quindi il nome della città di Torino viene comunque tenuto alto …

R. – Sì, effettivamente c’è una grande tradizione sportiva dovuta a tutte e due le squadre con una sana rivalità, ma diciamo che a volte si manifesta in termini piuttosto intensi, ma mi auguro sempre rispettosi ed onesti.

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In un libro le "interviste impossibili" a Santi e personaggi della Chiesa

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Tra le interviste impossibili della rubrica “Faccia a faccia” della Radio Vaticana, quelle dedicate ai Santi e ai consacrati sono state pubblicate in un libro della Lev in occasione dell’anno dedicato alla vita consacrata. Il volume, curato dalla nostra collega Laura De Luca e da padre Vito Magno, è stato presentato nei giorni scorsi presso la Sala Marconi della nostra emittente. C’era per noi  Elvira Ragosta

Domande e provocazioni a Santi e fondatori di congregazioni religiose. I “Faccia a faccia improbabili” della rubrica radiofonica curata da Laura De Luca per la nostra emittente, diventano un libro della Lev, che, attraverso il genere dell’intervista impossibile, attualizza gli insegnamenti di illustri personaggi di vita consacrata. “Grandi figure - scrive nella prefazione il cardinale João Braz de Aviz – che hanno avuto il coraggio di andare controcorrente, superare ostacoli, rinnovare la Chiesa e svegliare il mondo, come Papa Francesco ha chiesto ai religiosi nel messaggio di apertura dell’Anno di Vita Consacrata”. Venti le interviste impossibili ad altrettanti personaggi rappresentativi della storia cristiana a cominciare da Sant’Agostino, che, appena arrivato dallo stadio, si rammarica col suo intervistatore della violenza che le gare di lotta generano negli spettatori, soprattutto i giovani. Come d’attualità sono le parole di Santa Francesca Saverio Cabrini, la cui missione fu aiutare i migranti italiani a New York, “persone disperate e senza dignità”, bisognose di sostegno. Alla presentazione del libro anche il cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano:

“Oggi viviamo in un momento di grande sbandamento per la società e lo sbandamento è dovuto al fatto che la gente guarda a modelli di vita sbagliati. Queste interviste vengono fatte a persone che hanno realizzato una vita straordinaria e hanno attirato tantissimi giovani. Penso a San Francesco: è stato un fenomeno impressionante. Chi conosce la storia sa che ai tempi di San Francesco migliaia di giovani lo hanno seguito con l’ideale della povertà radicale. E così Madre Teresa: Madre Teresa, nel 1980, periodo della grande crisi vocazionale, aveva 800 novizie… Quindi è importante intervistare queste persone, farle parlare, per entrare nel segreto – possiamo dire – del loro fascino. Perché hanno attirato tanti giovani? E oggi questo è particolarmente importante perché abbiamo crisi di modelli. Ed è impressionante leggere – per esempio – anche l’intervista di San Francesco e vedere quanto risponde ai problemi di oggi”.

In coda al libro una vera intervista, fatta alla Beata Madre Teresa di Calcutta, nel 1997, due mesi prima che la religiosa spirasse, da padre Vito Magno, che di quel colloquio ricorda in particolare:

“Tutto quello che ha fatto nella sua vita, l’ha fatto tutto per Gesù. Questo me lo ha ripetuto in mille modi”.

Un genere impegnativo, quello dell’intervista impossibile, nato in Rai negli anni ’70, ma anche un gioco serio, spiega Laura De Luca, curatrice della rubrica radiofonica “Faccia a faccia improbabili alla Radio Vaticana”, che dal 2009 a oggi ha proposto oltre 150 colloqui immaginari con altrettanti personaggi reali e fantastici:

“Dopo una preparazione approfondita e accurata diventa quasi inevitabile entrare a colloquio con lui o con lei. Quando ci si immerge nella conoscenza di un personaggio storico viene da interloquire. Quindi direi che il meccanismo dell’intervista impossibile alla fine è molto naturale. E’ un genere che, negli anni, non ha mai perso la sua freschezza, la sua gioiosità, il suo divertimento, ma come in ogni divertimento e come in ogni gioco - c’è dentro grande serietà. Così come siamo sempre seri da bambini quando giochiamo, no?”.

E su quest’iniziativa culturale in occasione dell’anno dedicato alla vita consacrata, un pensiero di padre Federico Lombardi, direttore generale della Radio Vaticana:

“Queste interviste permettono di dare un senso di vivezza, di contemporaneità, di presenza alle nostre domande dell’oggi da parte di queste grandissime figure della vita cristiana e della vita spirituale”.

Oltre 50 gli autori, tra giornalisti e scrittori, che si cimentano dal 2009 nella redazione di questi dialoghi immaginari, in cui grandi artisti del teatro italiano prestano la loro voce nell’interpretazione degli intervistati.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria: ripartono a Ginevra colloqui di pace "separati"

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Si apriranno domani a Ginevra le “consultazioni separate” sulla Siria, guidate dall’inviato speciale Onu Staffan de Mistura. A quasi tre anni dalla cosiddetta Ginevra 1, la conferenza di pace conclusasi con il Comunicato di Ginevra del 30 giugno 2012, e a poco più di un anno da Ginevra 2, il rappresentante delle Nazioni Unite cerca di fare il punto della situazione. Saranno ascoltate le diverse parti: il governo siriano, l’opposizione, la società civile, ma anche gli attori regionali e internazionali.

Particolare rilievo ha la partecipazione dell’Iran ai colloqui. L’Iran è infatti il principale alleato del regime siriano e, secondo il New York Times, un esito positivo dei negoziati tra Teheran e il gruppo dei 5 + 1 (USA, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) per il programma nucleare iraniano potrebbe concorrere a una soluzione della crisi siriana, che, a oggi, ha determinato la morte di 220.000 persone e milioni di sfollati. Ad aprile, stando ai dati della Rete siriani per i diritti umani, 108 persone sarebbero state uccise sotto tortura nel Paese, la maggior parte, sostiene l’Ong, nelle carceri governative. Alle consultazioni non sono stati invitati l’autoproclamato Stato Islamico e Jabhat al-Nusra, classificati come “organizzazioni terroristiche”. Il portavoce Onu, Ahmad Fawzi, ha precisato che “non si tratta dell’inizio dei negoziati ‘Ginevra III’ sulla Siria”, evidenziando in questo modo il carattere interlocutorio delle consultazioni, sul cui andamento de Mistura riferirà al segretario Generale Ban Ki-moon. L’obiettivo è quello di verificare se vi siano le condizioni per un rilancio delle trattative, che sono da mesi in una fase di stallo.

Oggi, poi, al centro di Damasco, un attentato kamikaze ha provocato almeno sei feriti nei pressi del comando logistico dell’Esercito. Alcune fonti locali riferiscono, inoltre, di violenti scontri alla periferia nord-est di Damasco, dove le forze governative e i miliziani dell’opposizione si stanno affrontando. (A cura di Eugenio Murrali)

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Argentina, incontro di giovani contro violenza e schiavitù

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Sarà il campus dell’Università nazionale di Villa Maria, vicino Cordoba, in Argentina, a ospitare l’Incontro mondiale dei giovani contro la violenza e la schiavitù. L’evento, al quale si auspica la partecipazione di mons. Marcelo Sáncehz Sorondo, cancelliere delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, si terrà il 9 e 10 maggio e vedrà la partecipazioni di giovani provenienti da Africa, Asia ed Europa.

Sensibilizzare i giovani per trasformare la società
Organizzato dalla Rete mondiale giovanile e dall’ong “Collegamenti in rete”, l’incontro, informa l’agenzia Aica, “vuole avviare un processo comunitario di sensibilizzazione e di azione tra i giovani del mondo contro la schiavitù e la violenza, formando promotori dello sviluppo alla formazione, alla consapevolezza ed alla prevenzione nel settore, affinché i ragazzi abbiano gli strumenti cognitivi giusti per diventare protagonisti delle trasformazioni sociali, coinvolgendo, in un appello congiunto, anche gli Stati e le organizzazioni della società civile”.

Lotta a prostituzione e lavoro minorile tra i temi in agenda
“Dobbiamo fare chiasso, come ci ha chiesto Papa Francesco, afferma Alicia Peressutti, referente dell’ong “Collegamenti in rete”, ricordando poi come l’Incontro dei giovani nasca in seguito al Simposio contro la tratta svoltosi in Vaticano nel novembre 2014. Tra i temi che verranno esaminati durante i lavori, quello delle mutilazioni genitali femminili in Africa, il dramma della prostituzione infantile e la piaga del lavoro minorile, che verrà trattato da alcune ong del Brasile. (I.P.)

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In Burkina Faso progetto Caritas contro malattie infettive

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L’Organizzazione cattolica per lo sviluppo e la solidarietà (Ocades – Caritas), ente umanitario della Chiesa cattolica in Burkina Faso, lancia uno progetto di lotta contro le malattie infettive. Si tratta di una delle iniziative sanitarie più importanti nel Paese, flagellato da meningite, malaria, malnutrizione, mortalità materna ed infantile. Senza contare lo spettro dell’Ebola che, diffusosi in diversi Paesi dell’Africa occidentale, comincia ad essere una preoccupazione anche per il Burkina Faso. Fortunatamente, al momento non si registrano casi ufficiali di contagio.

Sottolineare l’importanza dell’igiene per prevenire la diffusione di malattie
Il programma di lotta contro le malattie infettive e l’ebola, spiega il sito www.egliseduburkina.org, è stato presentato a fine aprile a Ouagadougou, nel Centro medico “Paolo VI”. L’iniziativa ha per tema “Contributo al rafforzamento delle capacità delle strutture sanitarie e scolastiche, nella lotta contro le malattie infettive nel Burkina Faso”. Oltre, quindi, al consolidamento degli strumenti di sanità pubblica nel Paese, si vuole anche “fare dell’igiene personale una riflessione centrale per tutta la popolazione”, spiega mons. Justin Kinetega, vescovo di Ouagadougou e presidente della Commissione episcopale per la Pastorale sociale in Burkina Faso.

Scuole e strutture sanitarie cattoliche tra i destinatari del progetto
Con un costo di oltre 980 milioni di valuta locale, pari a 1,5 milioni di euro, il programma vedrà il coinvolgimento di 15 diocesi della Chiesa locale, attraverso i segretariati diocesani di Ocades. “I beneficiari – si legge ancora sul sito web – saranno 23 strutture sanitarie cattoliche del Paese che, aperte a tutte le fasce della popolazione senza distinzione di razza o religione, impiegheranno 345 operatori”. Il progetto raggiungerà, inoltre, 70 scuole e college cattolici. Durante la conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, è stata avviata anche una seduta dimostrativa di lavaggio delle mani, mentre un kit sanitario d’urgenza è stato consegnato, simbolicamente, ad alcuni rappresentanti delle strutture beneficiarie. (I.P.)

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Costa d’Avorio: incontro sulla nuova evangelizzazione

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“Nuova evangelizzazione: quale missione, quale formazione?”. E' stato questo il tema dell’Incontro internazionale svoltosi a fine aprile ad Abidjan, in Costa d’Avorio, organizzato dal Centro di formazione missionaria. “Il rapporto tra evangelizzazione e missione di Cristo – è emerso dai lavori – si pone oggi in un contesto di perdita della fede, nei Paesi del nord. Di conseguenza, nel Sud del mondo, emerge come primaria la questione del radicamento della fede, portata dall’Occidente”.

Formare missionari per testimoniare Gesù nella società moderna
“Il legame tra Vangelo, storia, cultura e vissuto di fede – è stato detto – deve essere in perpetuo e costante aggiornamento, sia dal punto di vista della formazione degli agenti pastorali, che da quello dei metodi missionari”. Questo perché, hanno sottolineato i partecipanti all’incontro, “la sfida della nuova evangelizzazione risiede nella riscoperta della missione di Cristo” e pone in evidenza pertanto “l’emergenza della formazione di ministri ordinati, battezzati, religiose e religiosi, affinché siano capaci di testimoniare, in maniera profetica, Gesù nelle società industriali e postmoderne o là dove si pongono le questioni principali dello sviluppo umano, della giustizia e della pace”.

Proclamazione del Vangelo sia al cuore della missione
Al convegno è intervenuto anche mons. Joseph Spiteri, nunzio apostolico in Costa d’Avorio, il quale ha ribadito che “la proclamazione della Buona Novella dell’amore e della misericordia infinita di Dio deve essere al cuore della missione e della formazione”. “La missione – ha insistito il presule – è davvero il frutto di una comunione ecclesiale” e quindi “la testimonianza di carità fraterna, umile e concreta, offerta con semplicità, favorisce l’accoglienza del Vangelo nella comunità cristiana”. La sfida della nuova evangelizzazione, ha concluso mons. Spiteri, è da porre quindi “nella fedeltà della Chiesa alla sua missione di testimone di Cristo nelle società attuali”. (I.P.)

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Filippine. Card. Tagle: crescita economica sia inclusiva per tutti

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La crescita economica delle Filippine deve essere inclusiva per tutti gli strati sociali: questo il monito lanciato dal cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, intervenuto il 2 maggio scorso in un Forum sulla lotta alla corruzione, organizzato dalla Confraternita degli economisti cristiani (Bcbp) del Paese. In particolare, in vista delle elezioni del 2016 il porporato ha ribadito l’importanza di lottare contro la compravendita dei voti in cambio di favori personali, poiché ciò “viola la dignità della persona”.

Dare priorità alla dignità umana
Quindi, il cardinale Tagle ha esortato i leader economici a “dare priorità alla dignità umana”, invitando i cristiani “verso una crescita che sia moralmente inclusiva”. I principi etici, ha aggiunto il porporato, devono portare a vedere nell’altro “un fratello, non un mero cliente o un mendicante che si aggrappa alla benevolenza altrui”. Di qui, il richiamo a includere le fasce più povere della popolazione filippina nello sviluppo del Paese, puntando anche a “incontri personali” con i settori emarginati della popolazione, poiché essi sono formati da “persone come tutte le altre, con sentimenti, sogni, paure, ma anche con molte buone qualità”.

Imparare dalla saggezza dei più bisognosi
“Non si tratta solo – ha continuato l’arcivescovo di Manila – di dare qualcosa ai più bisognosi, ma anche di imparare qualcosa da loro, poiché essi possiedono una saggezza che può far crescere il Paese e l’economia filippina”. Se tali persone “non vengono ascoltate – ha concluso il porporato – non sappiamo davvero che tipo di sviluppo si verificherà”. Di qui, l’esortazione finale ad un’economia socialmente inclusiva, che guardi all’uomo come persona. (I.P.)

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Canada: il 14 maggio Marcia per la vita a Ottawa

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“Marciamo nella luce di Dio!”: sarà questo lo slogan della Marcia per la vita che si terrà ad Ottawa, in Canada, il prossimo 14 maggio. Per l’occasione, l’Organismo cattolico per la vita e la famiglia (Ocvf), legato alla Conferenza episcopale canadese, ha diffuso un messaggio in cui si ribadisce che “ogni vita umana, dal concepimento e fino alla morte naturale, è un dono di Dio. Per difendere la vita, dunque, marciamo nella luce di Dio, sorgente di ogni esistenza”.

Lontana da Dio, la vita diventa un mero oggetto
“Si potrebbe obiettare, a ragione – continua il messaggio – che non serve essere credenti per riconoscere il valore unico della vita. Mentre le violenze del secolo scorso ci hanno insegnato che, rifiutando Dio e la sua legge, perdiamo inevitabilmente il rispetto per la creazione e, soprattutto, per la vita umana, la quale, lontana dalla luce di Dio, diventa un oggetto del quale disporre secondo la propria volontà”. “Escludendo, infatti, la luce di Dio – continua l’Organismo cattolico per la vita e la famiglia – la persona umana vive nelle tenebre, spazio in cui le decisioni di vita e di morte, fondate su mezze verità, sono spesso seguite da amari rimpianti che durano tutta la vita”.

Alla luce di Cristo, si percepiscono con chiarezza le scelte di vita
Quindi, l’Ocvf sottolinea che “alla luce di Cristo, noi percepiamo con chiarezza le scelte difficili che la vita, talvolta, ci presenta, e siamo capaci di prendere buone decisioni affinché la vita sia vincente”. “Insieme a Cristo – continua il messaggio – diventiamo uomini e donne donati agli altri: ai deboli, ai vulnerabili, ai nascituri, ai malati, agli emarginati ed ai moribondi”. E restando uniti a Gesù, ribadisce l’Organismo, l’uomo è in grado di “vivere la sua sessualità secondo il piano di Dio, cercando il bene degli altri e facendo dono di sé nella vocazione alla quale Dio chiama ciascuno di noi”.

Vita umana ha valore inestimabile
Il messaggio si conclude con il richiamo al “valore inestimabile che la vita umana possiede grazie alla sua origine”. “Marciamo nella luce di Dio – si legge infine – e che vinca la vita!”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 124

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.