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Sommario del 10/05/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Non solo precetto, ma amore vissuto: il Papa al Regina Coeli

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“L’amore di Dio si attua nell’amore del prossimo”: così Papa Francesco al Regina Coeli ricorda che il messaggio di Gesù è ciò che Lui ha fatto oltre a ciò che ha detto: Gesù ha dato la vita per i suoi amici. “Amici che – ricorda Francesco - non lo avevano capito, che nel momento cruciale lo hanno abbandonato, tradito e rinnegato”. Poi un lungo e affettuoso pensiero a tutte le mamme nel giorno della loro festa. E un saluto ai partecipanti alla Marcia per la vita.  Il servizio di Fausta Speranza

“Il comandamento d’amore di Gesù non è un semplice precetto”: lo sottolinea Papa Francesco spiegando che “il precetto rimane sempre qualcosa di astratto o esteriore alla vita”.  E dunque la distinzione importante: “La legge dell’amore – dice il Papa - è scritta una volta per sempre nel cuore dell’uomo”. Partendo dal racconto dell’Ultima Cena, Papa Francesco ricorda le parole di Gesù  “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. E il comandamento nuovo: “che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi”.

In questo modo, - spiega Francesco - Gesù ci mostra la strada per seguirlo, la strada dell’amore. E aggiunge: “Questo ci dice che egli ci ama pur non essendo meritevoli del suo amore: così ci ama Gesù!”

“E’ una strada concreta, una strada che ci porta ad uscire da noi stessi per andare verso gli altri. Gesù ci ha mostrato che l’amore di Dio si attua nell’amore del prossimo. Tutti e due vanno insieme. Le pagine del Vangelo sono piene di questo amore: adulti e bambini, colti e ignoranti, ricchi e poveri, giusti e peccatori hanno avuto accoglienza nel cuore di Cristo.”

Volersi bene gli uni gli altri  “anche se non sempre ci capiamo”:

“Non sempre andiamo d’accordo… ma è proprio lì che si vede l’amore cristiano. Un amore che si manifesta anche se ci siano differenze di opinione o di carattere, ma l’amore è più grande di queste differenze! E questo l’amore che ci ha insegnato Gesù.”

E Francesco fa esempi concreti:

“Gesti piccoli, di tutti i giorni, gesti di vicinanza a un anziano, a un bambino, a un ammalato, a una persona sola e in difficoltà, senza casa, senza lavoro, immigrata, rifugiata… Grazie alla forza di questa Parola di Cristo, ognuno di noi può farsi prossimo verso il fratello e la sorella che incontra. Gesti di vicinanza, di prossimità. In questi gesti si manifesta l’amore che Cristo ci ha insegnato.”

Nelle parole dopo il Regina Coeli, l’incoraggiamento del Papa a tutti: “siate cristiani coraggiosi e testimoni di speranza”! Ai partecipanti alla Marcia per la vita a Roma dice: “è importante collaborare insieme per difendere e promuovere la vita”. Poi il pensiero alla festa della mamma: Francesco sottolinea: “con gratitudine e affetto”:

“Ora mi rivolgo alle mamme che stanno qui, in Piazza: ce ne sono? Sì? Ce ne sono, mamme? Un applauso per loro, per le mamme che sono in Piazza … E questo applauso abbracci tutte le mamme, tutte le nostre care mamme: quelle che vivono con noi fisicamente, ma anche quelle che vivono con noi spiritualmente. Il Signore le benedica tutte e la Madonna, alla quale questo mese è dedicato, le custodisca.”

Poi l’invito rinnovato sempre:

“Per favore, non dimenticatevi di pregare per me”.

In particolare i saluti a: famiglie, gruppi parrocchiali, associazioni e pellegrini provenienti dall’Italia e da tante parti del mondo, in particolare da Madrid, da Portorico e dalla Croazia. I fedeli di Guidonia e di Portici; le scolaresche da Carrara, Bitonto e Lecco. Un pensiero speciale ai giovani della diocesi di Orvieto-Todi, accompagnati dal loro Pastore Mons. Tuzia. Poi il pensiero al Corpo Forestale dello Stato, che organizza la festa nazionale delle Riserve Naturali per la riscoperta e il rispetto delle bellezze del creato; ai partecipanti al convegno promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana a sostegno di una scuola di qualità e aperta alle famiglie; la delegazione di donne della “Komen Italia”, associazione per la lotta ai tumori del seno.

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Francesco e Raul Castro che dice: potrei tornare alla Chiesa cattolica

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Una lunga stretta di mano e scambi di doni significativi in relazione ai temi della povertà e dell’immigrazione. Questi i momenti forti dell’incontro di questa mattina in Vaticano tra Papa Francesco e il presidente della Repubblica di Cuba, Raùl Castro Ruz. Il colloquio è avvenuto a pochi mesi dal viaggio del Papa a Cuba, previsto per il prossimo settembre. Poi nelle dichiarazioni ai giornalisti, Castro ha avuto parole di particolare apprezzamento nei confronti di Francesco e ha promesso di partecipare a tutte le Messe che il Papa celebrerà a Cuba. Il servizio di Michele Raviart

Un’ora di colloquio strettamente privato, in cui il presidente cubano Raul Castro ha ringraziato Papa Francesco per il suo ruolo attivo nel miglioramento delle relazioni diplomatiche tra Cuba e gli Stati Uniti.  E’ stata una visita molto cordiale, che si è svolta nello studio papale dell’Aula Paolo VI, dove Raul Castro ha portato i sentimenti del popolo cubano in vista dell’imminente viaggio apostolico nell’isola caraibica.

Il presidente Castro ha poi donato a Francesco una medaglia commemorativa dei 200 anni della cattedrale di L'Avana e un quadro dell’artista cubano Kcho, ispirato alla tragedia dei migranti e al viaggio del Papa a Lampedusa nel 2013. Nel dipinto è infatti rappresentata una grande croce composta da relitti di barconi sovrapposti, davanti alla quale vi è un migrante in preghiera. Il Papa, da parte sua, ha regalato una copia dell'Evangelii Gaudium e un grande medaglione raffigurante San Martino nell’atto di coprire un povero col mantello. Un oggetto che Papa Francesco ha donato particolarmente volentieri, ha spiegato, “perchè ricorda non solo l'impegno per aiutare e proteggere i poveri, ma ne promuove attivamente la dignità”.

Raul Castro, dopo il successivo incontro con il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, ha poi elogiato Francesco:  “Sono rimasto molto colpito dalla saggezza e modestia del Papa. Leggo tutti i suoi discorsi. Se il Papa continuerà così, anche io che sono comunista tornerò alla Chiesa Cattolica e ricomincerò a pregare”. Inoltre, ha promesso: "Quando il Papa visiterà Cuba assisterò a tutte le messe che celebrerà”. Sempre parlando ai giornalisti, su Cuba e sui suoi rapporti con gli Stati Uniti, ha affermato: “Non avremmo mai dovuto essere inseriti nella lista dei Paesi terroristi”. L’auspicio del presidente è di uscire entro maggio dalla blacklist, in cui l’isola si trova dai tempi dall’ex presidente Usa Reagan.

Ad accogliere il presidente cubano in Vaticano c'erano mons. Gaenswein, prefetto della Casa Pontificia, mons. Becciu, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato e mons. Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati. Alla delegazione cubana hanno invece preso parte una decina di personalità, fra cui il vicepresidente del Consiglio dei ministri, il ministro degli Esteri e l’ambasciatore presso la Santa Sede.

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Messaggio di Francesco a Tawadros II in secondo anniversario incontro

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Nel secondo anniversario dell’incontro in Vaticano, Papa Francesco scrive a  Sua Santità Tawadros Papa di Alessandria e Patriarca della Sede di San Marco. Ricorda i legami spirituali, il lungo percorso di amicizia e “l’ecumenismo di sangue” che lega le chiese cristiane. Francesco assicura la sua costante preghiera per la Sede di San Marco, la comunità cristiana in Egitto e in tutto il Medio Oriente, con un pensiero particolare ai fedeli copti recentemente martirizzati per la loro fede. “Anche se la nostra comunione è ancora imperfetta – scrive Francesco - ciò che abbiamo in comune è più grande di ciò che ci divide. Possiamo noi perseverare nel nostro cammino verso la piena comunione, e crescere in amore e comprensione”. Francesco poi sottolinea come sia particolarmente incoraggiante che la Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese orientali ortodosse abbia recentemente messo a punto un documento su l'esercizio di comunione nella vita della Chiesa primitiva e le sue implicazioni per la ricerca di comunione oggi. Francesco si dice particolarmente grato per la disponibilità del Patriarcato della Sede di San Marco di tenere la prossima riunione della Commissione al Cairo. Papa Francesco ricorda che i cristiani di tutto il mondo si trovano ad affrontare sfide simili, che richiedono di lavorare insieme. E esprime apprezzamento per la nomina lo scorso anno da parte di Tawadros II di un delegato a partecipare al Sinodo straordinario dei Vescovi dedicato alla famiglia. Con la speranza che la cooperazione in questo settore possa continuare, in particolare per affrontare le questioni relative ai matrimoni misti. Dunque, nel giorno anniversario dell’incontro che – dice Papa Francesco - è giustamente diventato noto come il giorno di amicizia tra la Chiesa ortodossa copta e la Chiesa cattolica, il messaggio vuole essere un abbraccio fraterno in Cristo Signore. (F.S.)

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Oggi in Primo Piano



Yemen. Proseguono i raid, probabile tregua da martedì

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Entrerà in vigore martedì alle 23 la tregua di cinque giorni nello Yemen sconvolto dal conflitto tra i ribelli Houthi e il governo di Sanaa. Intanto, però, proseguono i raid sauditi in tutto il Paese: stamattina colpita la casa dell’ex presidente Saleh, ma sia lui che la sua famiglia sono rimasti illesi. Il servizio di Roberta Barbi

Promosso dall’Arabia Saudita e appoggiato dagli Stati Uniti affinché sia consentita la distribuzione di aiuti ai civili rimasti intrappolati all’interno del conflitto in Yemen, il cessate il fuoco di cinque giorni che scatterà martedì ha come unica condizione, l’accettazione da parte dei ribelli Houthi, anche se uno dei loro rappresentanti ha detto che nessuna tregua è stata ancora formalmente proposta. Intanto una nave iraniana carica di aiuti umanitari sta raggiungendo Hodeida, quarta città del Paese e roccaforte dei ribelli come lo è Saada, considerata “zona di guerra” dalla coalizione saudita che nei giorni scorsi ha lanciato volantini per avvertire la popolazione civile di fuggire. Il bombardamento indiscriminato su aree popolate è contro il diritto internazionale, ha frattanto ricordato il rappresentante Onu in Yemen, Johannes Van Der Klauuw, che si è detto “profondamente preoccupato” per i raid nel nord del Paese, 130 nella sola giornata di ieri contro edifici, depositi di armi e accampamenti. Le Nazioni Unite stimano che finora i bombardamenti nello Yemen hanno ucciso circa 1400 persone, più di metà delle quali civili.

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Presidenziali in Polonia: favorito Komorowski

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Polonia alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali. Gli osservatori danno per favorito il capo di Stato uscente Bronislaw Komorowski vicino al partito centrista Piattaforma Civica. Diversi gli sfidanti. Probabile il ricorso al ballottaggio, in programma il 24 maggio. Eugenio Bonanata ha parlato dell’appuntamento elettorale con Tadeusz Cieslak, della sezione polacca della Radio Vaticana: 

R. – Il Paese è molto diviso. C’è il presidente uscente, che è il candidato principale, che rappresenta piuttosto il governo che governa da otto anni. E poi ci sono 10 contro-candidati che rappresentano i vari partiti dell’opposizione, ma anche della coalizione. Il problema è se conservare questo sistema, che dura da otto anni, oppure raccogliere la sfida del cambiamento. Quelli che dicono che bisogna cambiare marcia, e anche cambiare il governo, lo fanno sottolineando le cose negative che succedono in Polonia, soprattutto a livello sociale: la fuga dei giovani, specialmente di quelli con una formazione superiore e con una professionalità qualificata, che vanno all’estero per fare carriera. Sottolineano i problemi della burocrazia, e anche sulle carenze  della politica internazionale del governo.

D. – Il presidente uscente ha puntato soprattutto sui problemi della sicurezza…

R. – Sì, però questo è un aspetto abbastanza nuovo: nei cinque anni del suo mandato, il suo cavallo di battaglia era la sicurezza che c’era. Adesso ha cambiato opinione, da un anno a questa parte, da quando cioè è successo quello che è successo in Ucraina, e si è visto che la Polonia non è poi così al sicuro come si pensava. Perciò adesso “la sicurezza” rappresenta la sfida per questo governo.

D. – Invece il candidato del partito per la Legge, Duda, si è concentrato maggiormente sullo stato sociale: ha scelto un tema più appetibile?

R. – Probabilmente sì. Sembra così specialmente per la nuova generazione, per i giovani che non si sentono sicuri. Molti di loro non vedono prospettive. Perciò queste argomentazioni sullo stato sociale e anche sulle possibilità di sviluppo del Paese, sono più appetibili, più scottanti, possiamo dire.

D. – Ma i giovani sono interessati alla politica?

R. – Dipende da chi sono i giovani: c’è diversità tra le generazioni. La nuova generazione, la generazione dei ventenni, sembra più pronta a partecipare. Invece i giovani trentenni sono piuttosto passivi. C’è poi un altro candidato che è emerso proprio negli ultimi giorni, Pavel Kukiz, che rappresenta una destra “nazionalista”, ma anche tradizionalista, che è appoggiato proprio dai più giovani.

D. – Il discorso dell’Europa è preponderante nel Paese?

R. – Non tanto. Penso che la maggior parte della gente sia favorevole alla presenza della Polonia nell’Unione Europea, una presenza attiva. Però, per esempio, si oppongono all’euro. Perciò la gente ha paura che possa ripetersi la stessa storia della Grecia. Per questo c’è un atteggiamento genericamente a favore dell’Europa, ma critico al tempo stesso.

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Camerun. P. Galimberti: Boko Haram ci ha colpito nel Nord

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Sono rimasti al fianco della popolazione i missionari nel nord del Camerun, nonostante il pericolo rappresentato da Boko Haram che negli ultimi due anni in questa regione ha sequestrato, ucciso e distrutto villaggi. Con circa 500 mila battezzati nelle quattro diocesi settentrionali, e una percentuale di cristiani che sorpassa il 70% se si considera l'intero territorio nazionale, il Camerun sta sperimentando numerose conversioni, a partire soprattutto dalla religione tradizionale. Di questa Chiesa giovane e vivace e dei rapporti con le altre religioni parla padre Sergio Galimberti, missionario saveriano da oltre 40 anni in Camerun, al microfono dell’inviata a Yagoua, nel nord del Camerun, Silvia Koch

R. – La religione tradizionale la vedi soprattutto nelle zone interne, ma la forma cattolica mantiene molto le distanze culturali della tradizione. Si mantiene la lingua ad esempio, i canti nella lingua, le danze… Uno degli ostacoli forti per il cristianesimo in generale è che il cristianesimo non accetta la poligamia. In queste etnie che avevano una forte poligamia, chi poteva aveva anche 8-9-10 mogli, l’islam ha una capacità di attenzione su questo aspetto qui.

D. – Parliamo invece di come è cambiata la vostra vita di missionari bianchi negli ultimi due anni: da quando si sono intensificati gli attacchi provenienti dalla Nigeria di Boko Haram, che si danno ancora una connotazione religiosa, oltre che contro i simboli dell’Occidente…

R. – La cosa è variabile secondo dove ti trovi: il personale della missione cattolica della diocesi di Maroua-Mokolo che è verso le montagne – e quindi verso il confine con la Nigeria – e la diocesi di Yagoua verso il confine hanno dovuto fare i conti duramente con questa cosa. Qualcuno è dovuto andar via, qualcuno ha dovuto essere spostato, qualcuno è rimasto ma ha cambiato missione. Guardando un po’ tutto l’insieme, in percentuale quelli che sono veramente partiti, che hanno lasciato il Paese, non sono stati tantissimi. Altri si sono spostati oppure hanno accettato la scorta armata, che adesso sta diminuendo. Lassù, verso il confine, c’è ancora, perché là Boko Haram c’è ancora. Qui ad esempio, a casa nostra a Yagoua, abbiamo i militari, però i militari intervengono solamente nei viaggi lunghi, se dobbiamo andare lontano. Le azioni di attacco sono contro tutti: hanno cercato più facilmente i non musulmani, i cristiani, ma hanno attaccato anche tanti villaggi di musulmani che sapevano che non erano favorevoli. Cioè, hanno attaccato tutti quelli che, idealmente nella loro mente, potevano essere dei nemici. Poi, con il rafforzamento della presenza dei militari, oggi come oggi i villaggi che sono veramente a rischio sono quelli nell’orbita di 10-15 km dal confine. Poi, c’è il fatto anche che la Nigeria ultimamente si è cominciata a stabilizzare: l’esercito interviene di più, è intervenuto anche l’esercito ciadiano, quello del Niger… C’è stata cioè una pressione contro Boko Haram che li rende più deboli, e, per l’altro aspetto, più pericolosi perché sono come degli animali in gabbia che si rendono conto di essere attaccati da tutte le parti.

D. – E per concludere: quali sono le preoccupazioni della Chiesa del Camerun oggi?

R. – Che la situazione si stabilizzi, che si ritorni alla pace a cui eravamo abituati da anni. Le problematiche sociali sono tante perché adesso il mondo sta cambiando, moltissimi dei nostri giovani fanno la scuola: è bello e da un’altra parte vogliono abbandonare i campi e questo crea un mondo nuovo. Si vogliono i nuovi mestieri che non ci sono ancora – fabbriche, nuovi posti di impiego se ne vedono pochi. E quindi questa è un po’ una bomba a orologeria che scoppierà. Cioè, lo Stato deve fare uno sforzo e dire: ecco, creiamo anche degli impieghi per la gente che fa queste scuole.

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Sud Sudan: una giornata di preghiera per promuovere la pace

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Giornata di preghiera per la pace in Sud Sudan, promossa dal Consiglio Mondiale delle Chiese. Secondo l’Onu, 100 mila persone sono in fuga dal Sud Sudan per la sanguinosa guerra civile che vede contrapporsi le forze governative e i ribelli legati all’ex vice presidente Riek Machar. Eugenio Murrali ha intervistato padre Efrem Tresoldi, direttore della rivista comboniana Nigrizia: 

R. – Questo Paese sta affrontando il 17.mo mese di guerra civile, che si è scatenata nel dicembre del 2013. Finora non si vede un esito a questa guerra intestina, che ha causato – dicono – la morte di circa 50 mila persone e 2 milioni di sfollati interni.

D. – La giornata di preghiera è anche un modo per cercare di riaprire il dialogo interno?

R. – Senz’altro. Direi che le chiese e gli esponenti religiosi di varie provenienze sono probabilmente l’unica istituzione credibile, a questo punto, che possa aiutare la gente a superare le divisioni interne, etniche e religiose. La popolazione è ormai sfibrata da questa guerra civile. Quello che preoccupa è che continua questa paura tra la gente: c’è un clima di insicurezza diffuso e questo radicamento della cultura della vendetta. Questa giornata di preghiera si inserisce nell’ambito di un programma più importante, portato avanti dal Comitato nazionale per la guarigione, la pace e la riconciliazione in Sud Sudan. Hanno già organizzato dei seminari e le prime 70 persone sono state formate con un corso di sei mesi per diventare, loro stessi, formatori di circa 500 ambasciatori di pace, che dovranno portare avanti questo processo di riconciliazione nel Paese.

D. – Lo scontro fra opposte fazioni, in atto dal 2013, che ferite sta producendo sulla popolazione civile?

R. – Delle ferite non soltanto fisiche… Pensiamo ai tanti villaggi e anche alle cittadine che sono state praticamente rase al suolo: chi è sopravvissuto è stato costretto a lasciare tutto e a vivere in aperta campagna o a trovare rifugio nelle sedi dell’Onu, nelle missioni cattoliche, nelle missioni delle varie chiese. Quindi non soltanto hanno subito queste violenze fisiche, ma direi che ci sono dei traumi psicologici molto forti, perché questa guerra civile, nata da una lotta per il potere tra Salva Kiir, l’attuale presidente, e l’ex vice presidente Riek Machar, si è poi trasformata in una guerra etnica: i gruppi, soprattutto i principali, Nuer e Dinka, si sono poi affrontati con azioni di rappresaglia, di vendette.

D. – La crisi umanitaria continua: il segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese, Olav Tveit, parla di “dolore insostenibile” per i sud sudanesi. Cosa sta facendo di concreto la Comunità internazionale?

R. – La Comunità internazionale ha fatto alcuni passi, ma forse dovrebbe essere ancora più forte la sua insistenza nei confronti di chi ha in mano le chiavi del Paese, quindi i principali oppositori: dovrebbe, per esempio, imporre delle sanzioni personali sui loro beni e possedimenti o impedire l’accesso da parte loro all’acquisizione di armi. Direi che, in questo senso, ci dovrebbe essere una maggiore serietà. E poi la Regione, l’Igad, e cioè gli Stati confinanti, dovrebbero continuare in questo senso, costringendo i leader contrapposti a deporre le armi e a fare veramente sul serio: non soltanto firmando degli accordi proforma per poi tornare alle armi, ma impegnandosi sinceramente per porre fine a questa insostenibile sofferenza del popolo sudanese e sud sudanese che – sappiamo bene – è uscito nel 2005 da oltre 20 anni di guerra civile, preceduti da altri 25 anni di guerra civile precedente. Quindi hanno una lunghissima storia di violenza e sopraffazione. E questo deve assolutamente finire.

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Amref:"In Africa aiutiamo le ostetriche a salvare le mamme"

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Ogni minuto, nel mondo, una donna muore per cause legate alla gravidanza o al parto. Circa 500.000 l'anno, il 99% delle quali vive in Paesi in via di sviluppo. Più di un milione di bambini rimane orfano di madre e per questo diviene estremamente vulnerabile. Le cause principali dei decessi sono: emorragia, setticemia, parto ostruito (spesso causato dalla mutilazione dei genitali delle donne), problemi ipertensivi legati alla gravidanza. Nel 21% dei casi (su 500.000 decessi per complicanze ostetriche) la morte sopraggiunge per emorragia. Secondo un rapporto dell'organizzazione sanitaria Amref, l’Africa è tra i continenti più colpiti. Federica Bertolucci ha intervistato Gugliemo Micucci, direttore della sezione italiana di Amref Health Africa: 

R. – Abbiamo stilato questo rapporto perché la situazione per quanto riguarda le madri, e soprattutto il momento del parto, è ancora particolarmente drammatica. Si pensi che a livello mondiale 800 donne ogni giorno muoiono per il parto, e, di queste 800, 400 ancora nel Continente africano. Quindi è evidente come l’impatto sia ancora molto alto.

D. – Ogni giorno in Africa restano orfani più di 400 neonati; le madri muoiono perché non assistite da un’ostetrica. Amref, dal 2013, ha formato 6000 ostetriche: per esempio a Maridi, in Sud Sudan, avete già fatto tantissimo. Ma quanto resta ancora da fare?

R. – Purtroppo resta da fare ancora tanto. Ha fatto l’esempio di Maridi in Sud Sudan: quella è una scuola di formazione che noi chiamiamo per “clinical officers”. Amref lavora in quella scuola ormai da quasi 30 anni e il contributo di Amref Italia è ormai di quasi 15 anni. Consideriamo che è l’unica scuola di formazione per personale sanitario di tutto il Paese. Quindi sicuramente è molto utile, e non solo per il Paese stesso – perché poi le persone arrivano anche da altri Paesi. Tuttavia ci rendiamo conto come questo sia un elemento che può contribuire al miglioramento, ma non è ancora sufficiente. Il lavoro da fare è ancora tantissimo: l’esempio del Sud Sudan è emblematico, ma non è l’unico Paese che ha ancora bisogno. Noi lavoriamo anche, per esempio in Mozambico, sulla formazione delle ostetriche, sulla problematica della trasmissione delle malattie, come l’Hiv, che è ancora molto presente in Sud Africa e in Mozambico.

D. – Ciò che colpisce è il legame che esiste tra tasso di mortalità materna e tasso di alfabetizzazione femminile. Perché avete voluto sottolineare questo dato?

R. – Abbiamo voluto sottolineare questo dato perché, prendendo ancora l’esempio del Sud Sudan, se pensiamo che il tasso di alfabetizzazione delle donne è bassissimo - raggiunge il 10% - ci si rende immediatamente conto del legame tra l’alfabetizzazione e quei miglioramenti della qualità della vita, che passano anche attraverso la sanità. Le donne, soprattutto in Africa, sono veramente un agente di cambiamento delle comunità. Lo spingere, attraverso l’alfabetizzazione e la successiva formazione, anche specialistica, è veramente l’elemento chiave, soprattutto con le donne. Noi in Sud Sudan, oltre ad avere la scuola di formazione per “clinical officers”, abbiamo anche una scuola secondaria ad hoc per donne, proprio per riuscire ad aumentare questa percentuale che è vergognosamente bassa. Quello che Amref prova a fare è far sì che possa migliorare la qualità della vita in tutti i Paesi dell’Africa, in particolare nella zona sub-sahariana, proprio perchè queste persone possano riconquistare la propria dignità nei loro Paesi. Le persone che fuggono non lo fanno semplicemente per trovare un altro lavoro, ma perché in quei Paesi c’è la disperazione. Il nostro lavoro nell’ambito sanitario va a puntare su questo: riuscire a permettere una gravidanza e un parto senza rischi o abbassare di molto quella percentuale di rischio è sicuramente un elemento chiave.

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A Roma, Marcia per la vita contro aborto e eutanasia

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Dapprima in Piazza San Pietro per partecipare al ““Regina Caeli” di Papa Francesco e poi in corteo da Via della Conciliazione fino a Piazza Bocca della Verità per riaffermare la difesa della vita umana, dal suo inizio fino agli ultimi giorni. Questo il programma dei partecipanti alla quinta edizione dell’odierna “Marcia per la Vita”. Una presa di posizione pubblica contro l’aborto e l’eutanasia, promossa da cattolici e condivisa anche da persone di vario credo, come racconta al microfono di Rosario Tronnolone, la portavoce dell’iniziativa, Virginia Coda Nunziante

R. – L’iniziativa è nata sull’esempio delle grandi marce che si svolgono in tutto il mondo. Direi che forse l’esempio per noi più importante è stata la marcia americana, quella di Washington, che ormai porta in piazza oltre 500 mila persone, ma anche l’esempio di Madrid, di Parigi, di Lima recentemente… Ecco, le grandi marce che si sono svolte in tutto il mondo per promuovere una cultura della vita contro una cultura della morte. Ed è nata sull’input di un discorso molto bello di Benedetto XVI, quando ha detto ai vescovi americani, nel corso di una visita “ad Limina”, che era importante che i cattolici si riappropriassero della piazza pubblica.

D. – Uno degli equivoci più grandi, o comunque uno degli alibi attraverso cui questa cultura della morte passa, è che la fede sia una cosa e invece la politica un’altra. Perché credete che invece così non sia?

R. – Perché invece noi dobbiamo portare il nostro impegno di cattolici nel mondo, nella società e poi anche nella politica. Per tutti questo vale, non solo per noi cattolici, perché in fondo la cultura della vita è una questione di diritto naturale. E infatti, assieme a noi in piazza sfilano anche rappresentanti di altre religioni, come gli ortodossi, gli evangelici… L’anno scorso abbiamo avuto anche dei buddisti e anche una piccola delegazione di islamici della moschea di Roma, ma anche degli atei.

D. – La Marcia per la vita vuole difendere la vita non soltanto al suo sorgere, ma anche al momento della sua fine…

R. – Esattamente. Direi che questo ancora di più oggi, perché la Legge 194 – contro la quale noi vogliamo dare un messaggio chiaro – è una legge varata in Italia nel 1978 e che ormai ha mietuto più di 5 milioni di vittime. Ma adesso, l’altro pericolo è l’eutanasia. Nel nostro ordinamento giuridico sta già discutendo in parlamento di approvare una legge del genere e per questo noi vogliamo dare un segnale chiaro, che noi non accetteremo che venga approvata una legge sull’eutanasia che lede il diritto alla vita delle persone più deboli, inferme, alla fine dei loro anni.

D. – Come nasce questo equivoco di trasformare – secondo l’espressione che ha usato anche Giovanni Paolo II – quello che alla fine è un delitto in un diritto?

R. – Nasce proprio da una cultura del relativismo che si è imposta nella nostra società. Si è messo al centro l’individualismo dell’uomo, per cui invece di aiutarlo anche nei momenti di difficoltà che possono essere momenti della donna in gravidanza o del malato grave al quale viene proposta la legge sull’eutanasia, in realtà gli si impone delle leggi che lo portano all’autodistruzione. Per cui, invece di creare una cultura che aiuti e soccorra – come hanno sempre fatto anche i nostri esempi dei Papi e dei Santi – invece viene imposta una cultura della morte che lo sopprime all’inizio, lo sopprime alla fine per evitare che questo crei dei problemi alla società.

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I giovani di Roma in cammino al Divino Amore per affidarsi a Maria

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I giovani della diocesi di Roma al Divino Amore: si è trattato del tradizionale pallegrinaggio notturno al santuario romano, che si ripete ogni sabato, da aprile ad ottobre.  Durante il cammino sono state fatte due tappe di riflessione: una al sacrario delle Fosse Ardeatine e l’altra all’ospedale per la riabilitazione neuromotoria Santa Lucia, con una preghiera dedicata ai perseguitati, ai malati, ai deboli e ai sofferenti. Il servizio di Marina Tomarro

In cammino nel silenzio della notte passando accanto alle case, attraversando strade e campagne della periferia per arrivare alle prime luci dell’alba al Divino Amore, lì dove c’è Maria, Stella del Mattino. Sono stati oltre 300 i giovani della diocesi di Roma che hanno partecipato al pellegrinaggio notturno al santuario mariano. Le loro emozioni:

R. – Io ho partecipato anche lo scorso anno, ed è stata una grande emozione. Quest’anno ero un po’ titubante, ma poi ho detto: ‘No, ci devo andare’, perché un’esperienza del genere è sempre significativa.

D. – Cosa ti lascia?

R. – Mi lascia tanta gioia, pace e serenità.

R. – Quando mi hanno invitato al pellegrinaggio da mezzanotte in poi, al quale avrebbero partecipato moltissime persone, mi sono ricordato di un pellegrinaggio nel mio Paese, l’Ecuador, che si fa a Quito, sempre da mezzanotte alle sei del mattino. E' un po' la stessa cosa e vedere una manifestazione religiosa così grande a Roma, è sempre bello!

R. – Per me è un’emozione molto, molto forte che mi accompagna sin dall’inizio del percorso e soprattutto mi fa sentire parte di una famiglia. E la forza del Signore nella preghiera di tutti quanti è un accompagnamento costante.

R. – Ho deciso di parteciparvi perché penso che sia un’occasione unica quella di fare molti chilometri a piedi insieme a dei fratelli e delle sorelle, tutti sotto un unico simbolo: quello della Croce.

D. – Cosa ti hanno detto i tuoi amici quando hai annunciato loro di partecipare a questa iniziativa?

R. – L’ho detto a poche persone: sono rimasti stupiti.

R. – Contenti, perché molti di loro sono qui, tra cui i ragazzi dell’università.

D. – In questo incontro andiamo incontro a Maria: la figura della Madonna, nella tua vita, quanto è importante?

R. – E’ importante perché è una figura materna che protegge e che dà amore, soprattutto una serenità, grande.

R. – La Madonna è la mamma di tutti. Quando c’è bisogno di un abbraccio ti affidi a lei e sotto al suo manto ti abbraccia.

R. – E’ una Madre nel momento in cui non c’è la madre sempre presente, quindi è una guida.

E questa iniziativa diventa anche un’occasione per ringraziare la Madonna per l’anno pastorale che sta per volgere al termine. Il vescovo ausiliare Lorenzo Leuzzi, che ha accompagnato i giovani lungo il cammino:

R. – Per i giovani il pellegrinaggio è sempre un’esperienza molto intensa, perché richiama loro il senso della fatica nel camminare, ma anche nel progettare. Ed è per questo che la diocesi di Roma vuole offrire, a conclusione di un anno pastorale e soprattutto per tanti giovani che si apprestano a vivere poi gli esami universitari, un’occasione per rivivere l’esperienza dell’incontro con il Signore, dopo un lungo percorso notturno, perché si possa ripartire e i giovani ritrovare nuovo slancio per motivare con sempre maggiore fiducia le scelte che in questo tempo sono sempre più compresse. Ecco perché il pellegrinaggio è una grande occasione per rimotivare il proprio impegno di studio, di ricerca e anche di progettualità.

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Nella Chiesa e nel mondo



Usa. Due agenti uccisi da due afroamericani in Mississippi

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Due afroamericani hanno ucciso due agenti, di 34 e 25 anni, in Mississippi, nella cittadina di Hattiesburg alle 20 ora locale. Ambedue i killer sono stati arretati a un paio d'ore di distanza l'uno dall'altro: si tratta dei fratelli Marvin e Curtis Banks, con diversi precedenti penali. Questa la dinamica dei fatti secondo le prime ricostruzioni: i poliziotti avrebbero fermato un veicolo per un controllo di routine, quando i killer avrebbero aperto il fuoco; poi, dopo aver sparato agli agenti, sono fuggiti con la macchina delle vittime, in seguito abbandonata nei pressi di un deposito dei treni. Il pensiero va alle recenti tensioni razziali e i gravi fatti di sangue a Ferguson e a Baltimora, ma non è chiaro se si sia trattato di un’imboscata.

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Svizzera. Sparatoria nella notte a Würenlingen, vittime

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Almeno cinque persone - sembra un'intera famiglia - sono rimaste uccise in una sparatoria avvenuta nella notte in un’area residenziale di Würenlingen, nel cantone svizzero di Argovia. Tra le vittime ci sarebbe anche l'omicida. Secondo quanto riferisce la Bbc, la polizia, immediatamente intervenuta, sta indagando per chiarire la dinamica, le motivazioni della sparatoria e l’identità delle vittime – il numero è ancora imprecisato – i cui corpi sono stati ritrovati in parte all’interno e in parte all’esterno dell’edificio. Secondo le prime ricostruzioni, gli inquirenti hanno escluso la pista del terrorismo: alla base del gesto, infatti, pare ci sia una disputa familiare. (R.B.)

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India. Arsa viva giovane 15enne stuprata per mesi

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Una ragazzina indiana di 15 anni, dopo essere stata stuprata per otto mesi da un vicino di casa, ieri è stata arsa viva per avergli rifiutato l’ennesimo rapporto. L’atroce vicenda si è consumata nel villaggio di Banwarivas, alla periferia orientale di New Dehli. L’uomo, di nome Lokendar, e alcuni complici, sono stati arrestati dalla polizia con l’accusa di omicidio.

Un incubo lungo 8 mesi
La storia era iniziata quattro mesi fa, quando il vicino di casa aveva attirato la ragazzina e l’aveva violentata una prima volta. Da allora erano cominciati i ricatti da parte dell’aguzzino che minacciava di diffondere un video della violenza, tanto che per impedirlo la ragazza aveva anche pagato cinquemila rupie (circa 70 euro) inutilmente. Ieri il tragico epilogo: secondo quanto ricostruito dalle forze dell’ordine in seguito alla denuncia dei genitori della vittima, la giovane era stata convocata per l’ennesima volta a casa dell’uomo che, in presenza della moglie, voleva costringerla a un nuovo rapporto, ma al rifiuto di lei l’ha cosparsa di kerosene e le ha dato fuoco. La ragazza, trasportata in ospedale con ustioni sul 90% del corpo, è deceduta poco dopo. (R.B.)

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47 morti in Pakistan: scontri al confine con Afghanistan

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Uno scontro a fuoco fra componenti di due tribu' pachistane del Waziristan settentrionale per il controllo di un territorio montagnoso vicino al confine con l'Afghanistan si e' concluso ieri con un bilancio di 47 morti e 25 feriti. Lo riferisce il quotidiano Pakistan Today. Una fonte della sicurezza che non si e' identificata ha indicato che da venerdi' membri delle tribu' Mada Khel e Paipali Kabul Khel si sono affrontate con armi automatiche per cercare di conquistare le terre contese. La battaglia nel villaggio di Laoaara non e' conclusa. Coinvolge due tribu' che appoggiano differenti gruppi di militanti antigovernativi che agiscono nel Waziristan settentrionale.

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I filippini con Papa Francesco contro la “cultura dell’indifferenza”

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Rifiutare la cultura dell’indifferenza uscendo dal proprio rifugio tranquillo per andare incontro alle persone in difficoltà, vedendo Cristo nel volto di ogni povero e tenendo Maria come fonte d’ispirazione. Per il mese di maggio i cattolici filippini, accogliendo le intenzioni di preghiera di Papa Francesco di rifiutare “la cultura dell’indifferenza” prendendosi cura “delle sofferenze del prossimo”, promuovono iniziative a favore dei più indigenti. “L’intenzione di preghiera del Santo Padre – spiega padre Joel Saballa, sacerdote della parrocchia dell’Immacolata Concezione di Novaliches, a Quezon - è ciò di cui ha bisogno il mondo oggi, soprattutto le Filippine dove molti soffrono per la corruzione e la cultura dell’indifferenza”.

Aiutare i giovani ad andare oltre le illusioni del consumismo facile
In un Paese dove cresce sempre di più il secolarismo e  il consumismo soprattutto da parte dei giovani, diventa necessario non chiudersi ma aprirsi verso i fratelli meno fortunati, in particolar modo quelli che sono ai margini della società. “La sfida di oggi - spiega il professor Nestor Limqueco, della Fraternità laica di San Domenico - è quella di evangelizzare la cultura locale”, e per farlo egli invita a trovare ispirazione nella Madonna, cui è dedicato il mese di maggio. “La Vergine Maria - afferma - è la prima discepola di suo Figlio, la prima a ricevere la sua Parola nel momento dell’Annunciazione e la prima a portare la Buona Novella durante la Visitazione a Elisabetta".

Negli ultimi il volto di Cristo
Anche fratel Martin Francisco, missionario filippino nelle comunità Dumagat nella Sierra Madre, punta il dito contro la cultura dell’indifferenza che spinge ad accumulare i beni per soddisfazione personale, a scapito della preghiera e del Signore. “Molti di noi  - spiega - dimenticano di vedere Cristo nel volto di un povero, di un malato, di un membro delle popolazioni indigene”. (M.T.)

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A Taiwan verrà prodotta la prima serie Tv su Papa Francesco

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A Taiwan verrà prodotta in autunno una serie tv  di 13 puntate su Papa Francesco, che sarà messa in onda su uno dei canali televisivi nazionali: la raccolta fondi per finanziare il progetto  è già iniziata lo scorso gennaio. “Papa Francesco è talmente famoso e unico - spiega  Dean Ferng, segretario del team di raccolta fondi del Kuangchi Program Service che produrrà la serie - che l’idea ha subito generato un grande entusiasmo a cominciare dall’arcivescovo John Hung Shan-chuan e dai giovani di tutte le parrocchie”. 

Questa serie tv potrà raggiungere tutti anche i più lontani
Proprio l’arcivescovo ha sottolineato il grande contributo di Papa Francesco in termini di missione verso i più emarginati e verso chi si ritiene distante dalla comunità cristiana. ”Questa iniziativa – ha sottolineato mons. Hung Shan-chuan - per noi è entusiasmante, perché ci permette di raggiungere un pubblico che sarebbe altrimenti fuori dal nostro raggio di contatti”.

Saranno i giovani a realizzare il programma
Il programma, come ha spiegato anche la presidente del Kuangchi Program Service, Jessica Chuang, sarà elaborato dai giovani e dagli adolescenti cattolici per raggiungere il più ampio numero di telespettatori tra i loro coetanei. “Ognuno merita di conoscere Papa Francesco in maniera più approfondita", ha commentato Ilary Wang, responsabile della pastorale giovanile cittadina. "Quando si parla di leader che riescono ad essere in contatto con la gente, Papa Francesco è un esempio tanto raro quanto formidabile. Non ci sorprende per nulla l’entusiasmo che riesce a suscitare!”. (M.T.)

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A Mosca raro incontro ad alto livello delle due Coree

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Un incontro piuttosto singolare, quello avvenuto oggi a Mosca, a margine della parata: un deputato sudcoreano ha avuto un colloquio con il capo del Parlamento nordcoreano, entrambi nella capitale russa per assistere all’evento. Si tratta di un incontro ad alto livello e molto importante perché i due Paesi in cui è divisa la piccola penisola nell’Estremo Oriente, restano in stato di guerra dalla fine della guerra di Corea, conclusasi nel 1953 con un semplice cessate-il-fuoco, ma senza accordi bilaterali.

L’incontro sullo sfondo di tensioni mai sopite
Secondo i media russi, i due si sarebbero scambiati cordialità, ma la tensione bilaterale tra le due Coree resta alta: solo ieri Pyongyang ha lanciato verso il sud un missile balistico sottomarino e tre missili mare-mare di breve gittata. (R.B.)  

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Filippine. Allerta per il tifone Noul, 1.400 evacuati

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Circa 1400 persone sono state evacuate nelle Filippine in vista del passaggio – previsto per oggi – del tifone Noul, che porta con sé venti che soffiano a 185 km orari. La violenta perturbazione dovrebbe colpire l’area di Cagayan per poi dirigersi in mare aperto, a sud del Giappone. Si temono frane, mareggiate straordinarie e inondazioni, mentre le autorità sono in allerta e potrebbero procedere con ulteriori evacuazioni per questioni di sicurezza.

I precedenti
Ogni anno l’arcipelago delle Filippine è flagellato da almeno una ventina di tifoni. Uno dei più terribili che si ricordi recentemente è Hayan, che colpì il Paese nel novembre del 2013 causando oltre 7.300 vittime nel centro del Paese. (R.B.)

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Cina. Dieci operai morti in crollo muro a Lanling

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Dieci operai sono morti nel crollo improvviso di un muro che stavano costruendo all’interno di un cantiere di una società di trasporto pubblico nella provincia dello Shandong, Cina orientale. Sei sarebbero morti sul colpo - riferisce il municipio di Lanling nel suo sito ufficiale - mentre altri quattro sarebbero deceduti in seguito in ospedale. (R.B.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 130

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.