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Sommario del 08/03/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: 8 marzo, grazie a tutte le donne! Lasciamo che Gesù faccia pulizia nei cuori e scacci gli idoli

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In tempo di Quaresima, l’invito del Papa all’Angelus a stare più vicini alle persone in difficoltà. Francesco ha poi rivolto, in occasione della festa dell’8 marzo, un saluto particolare a tutte le donne, che trasmettono la capacità di capire il mondo con occhi diversi, ringraziando fraternamente quelle che lavorano nella Chiesa. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Durante questa Quaresima – ha raccomandato il Papa rivolto alle migliaia di fedeli raccolti in piazza San Pietro – stiamo accanto a chi soffre:

“cerchiamo di stare più vicini alle persone che stanno vivendo momenti di difficoltà: vicini con l’affetto, con la preghiera e con la solidarietà”.

Quindi nella giornata dell’8 marzo, un pensiero speciale:

“un saluto a tutte le donne che ogni giorno cercano di costruire una società più umana e accogliente. E un grazie fraterno a quelle che in mille modi testimoniano il Vangelo e lavorano nella Chiesa.

Un’occasione questa Giornata – ha aggiunto Francesco – “per ribadire l’importanza e la necessità della loro presenza nella vita”

Un mondo dove le donne sono emarginate è un mondo sterile perché le donne non solo portano la vita ma ci trasmettono la capacità di vedere oltre – vedono oltre loro –, ci trasmettono la capacità di capire il mondo con occhi diversi, di sentire le cose con cuore più creativo, più paziente, più tenero.

Al centro della catechesi del Papa, l’episodio della cacciata dei venditori dal tempio, tratta dal Vangelo domenicale. Gesto che “suscito forte impressione, nella gente e nei discepoli”, che interrogarono Gesù sul significato di quel “gesto profetico”, che si capisce “alla luce della sua Pasqua”. Gesù rispose infatti: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”, riferendosi “al tempio vivo del suo corpo, che sarebbe stato distrutto nella morte in croce, ma sarebbe risorto il terzo giorno”.

E’ “il primo annuncio della morte e risurrezione di Cristo:

E Cristo Risorto è proprio il luogo dell’appuntamento universale - di tutti ! - fra Dio e gli uomini.

Da qui l’invito a camminare nel mondo come Gesù ad essere segno del suo amore per i “fratelli, specialmente i più deboli e i più poveri”. Se noi siamo testimoni di questo Cristo vivo, tante gente incontrerà Gesù in noi, nella nostra testimonianza. Ma – ci domandiamo – il Signore si sente veramente a casa nella nostra vita? Gli permettiamo di fare “pulizia” nel nostro cuore e di scacciare gli idoli quegli atteggiamenti di cupidigia, gelosia, mondanità, invidia, odio, quell’abitudine di chiacchierare e spellare gli altri?

“Ognuno – ha detto Francesco - può rispondere a se stesso, in silenzio nel suo cuore”, senza paura di essere bastonato.

“Ma Gesù non bastona mai. Gesù farà pulizia con tenerezza, con misericordia, con amore. La misericordia è il suo modo di fare pulizia”.

“Apriamogli la porta perché faccia un po’ di pulizia”, ha raccomandato ancora Francesco

“LasciamoLo entrare nella nostra vita, nella nostra famiglia, nei nostri cuori”.

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Il Papa chiede sintonia tra Liturgia e vita, a 50 anni da Messa in italiano

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Non possiamo sostituire con preghiere e pratiche di devozione comportamenti contrari a giustizia, onestà e carità. Così il Papa alla Messa nella parrocchia di Ognissanti, dove il 7 marzo 1965 Paolo VI celebrò per la prima volta la Messa secondo le norme stabilite dal Concilio Vaticano II. 50 anni dopo, Francesco chiede “sintonia tra ciò che la liturgia celebra e ciò che viviamo” e di “impegnarci per la purificazione della Chiesa edificio spirituale di cui - avverte - ognuno di noi è parte viva in forza del Battesimo”. Il Papa alla fine ha chiesto ai fedeli di ringraziare  "il Signore per quello che ha fatto nella sua Chiesa in questi cinquant’anni di riforma liturgica". "E’stato proprio un gesto coraggioso della Chiesa avvicinarsi al popolo di Dio - ha detto - perché possa capire bene quello che fa e questo è importante per noi, seguire la Messa così. E non si può andare indietro, dobbiamo andare sempre avanti, sempre avanti e chi va indietro sbaglia. Andiamo avanti su questa strada". Ma ascoltiamo il servizio di Fausta Speranza: 

La Liturgia è la prima e indispensabile fonte alla quale i fedeli possono attingere il vero spirito cristiano: sono parole della Costituzione conciliare Sacrosanctum concilium che Papa Francesco ricorda per parlare del “legame essenziale che unisce la vita del discepolo di Gesù e il culto liturgico”. Francesco chiarisce subito: quando in occasione della Pasqua ebraica, Gesù si reca al Tempio e trova gente che fa i propri affari, rovescia i banchi, butta a terra il denaro, allontana i mercanti, perché rifiuta i traffici nel tempio ma – sottolinea Francesco – anche perché vuole toccare un certo tipo di religiosità.

 

“Il gesto di Gesù è un gesto di ‘pulizia’, di purificazione, e l’atteggiamento che Lui sconfessa lo si può ricavare dai testi profetici, secondo i quali Dio non gradisce un culto esteriore fatto di sacrifici materiali e basato sull’interesse personale (cfr Is 1,11-17; Ger 7,2-11)”.

Francesco invita a comprendere bene il richiamo di Gesù:

“È il richiamo al culto autentico, alla corrispondenza tra liturgia e vita; un richiamo che vale per ogni epoca e anche oggi per noi.Quella corrispondenza tra liturgia e vita. La liturgia non è una cosa strana, là, lontana, e mentre si celebra io penso a tante cose, o prego il rosario. No, no. C’è una corrispondenza tra la celebrazione liturgica che poi io porto nella mia vita; e su questo si deve andare ancora più avanti, si deve fare ancora tanto cammino.”

E aggiunge a braccio:

“Cosa troviamo noi quando ci rechiamo, quando noi andiamo ai nostri templi? Lascio la domanda”.

Liturgia, dunque, “non come rito da compiere ma come sorgente di vita e di luce per il nostro cammino di fede”. E Francesco è chiarissimo su cosa tutto ciò comporti: andare in Chiesa – dice – non “solo per sentirsi a posto con Dio ma per e trovare nella sua grazia, operante nei Sacramenti, la forza di pensare e agire secondo il Vangelo”.

“Ma, io, Signore, vado tutte le domeniche, compio, tu non immischiarti nella mia vita, non disturbarmi”. Questo è l’atteggiamento di tanti cattolici, eh? Tanti! Il discepolo di Gesù va in chiesa per incontrare il Signore e trovare nella sua grazia, operante nei Sacramenti, la forza di pensare e agire secondo il Vangelo. Per cui non possiamo illuderci di entrare nella casa del Signore e “ricoprire”, con preghiere e pratiche di devozione, comportamenti contrari alle esigenze della giustizia, dell’onestà e della carità verso il prossimo. Non possiamo sostituire con ‘omaggi religiosi’ quello che è dovuto al prossimo, rimandando una vera conversione.”

Dunque, conversione. E il tempo della Quaresima è il tempo favorevole per riscoprire il Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, che  - ci dice Francesco – “ci fa crescere nell’unione con Dio, ci fa riacquistare la gioia perduta e sperimentare la consolazione di sentirci personalmente accolti dall’abbraccio misericordioso del Padre”.

E Francesco ricorda perché celebra nella Chiesa di Ognissanti, che definisce Tempio costruito grazie allo zelo apostolico di San Luigi Orione:

“Proprio qui, cinquant’anni fa, il beato Paolo VI inaugurò, in un certo senso, la riforma liturgica con la celebrazione della Messa nella lingua parlata dalla gente. Vi auguro che questa circostanza ravvivi in tutti voi l’amore per la casa di Dio.”

“Qui – dice - potete sperimentare, ogni volta che lo volete, la potenza rigeneratrice della preghiera personale e comunitaria. L’ascolto della Parola di Dio, proclamata nell’assemblea liturgica, vi sostiene nel cammino della vostra vita cristiana”. E Francesco sottolinea il valore della comunità: “Vi incontrate tra queste mura non come estranei, ma come fratelli, capaci di darsi volentieri la mano, perché accomunati dall’amore per Cristo, fondamento della speranza e dell’impegno di ogni credente”.

E Francesco chiede a tutti di “rinnovare il proposito di impegnarci per la purificazione e la pulizia interiore della Chiesa edificio spirituale".

E subito dopo la Messa il Papa ha saluto i fedeli, qualche migliaio, che hanno assistito alla celebrazione nel cortile della parrocchia. Alessandro Guarasci ha raccolto alcune testimonianze: 

R. - Mi ha riempito il cuore. Appena l’ho visto mi sono commossa! E’ una sensazione che penso non proverò mai più!

R. - E’ un momento storico perché ricorda momenti particolari della Messa dal latino in italiano, poi fatta in un complesso creato da don Orione ha un significato molto importante.

R. - E’ un piacere vedere Papa Francesco perché ti senti rinnovata dentro.

R. - Un privilegio, una cosa speciale. Un dono, un dono.

D. – Vedere il Papa così da vicino cosa vuol dire?

R. – E’ stata un’emozione soprattutto perché il Papa è venuto nella nostra parrocchia. Io sono qui a Roma e il primo contatto con Roma è stato con questa parrocchia. Sono 30 anni e dopo 30 anni vedere il Papa nella parrocchia per me è stata una tappa fondamentale, importante.

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Francesco a Tor Bella Monaca. Il parroco: toccherà i lontani

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Grande attesa nella parrocchia romana di “Santa Maria Madre del Redentore a Tor Bella Monaca", dove questo pomeriggio, giungerà intorno alle 16.15  il Papa. in visita pastorale. Francesco, che lascerà in auto la Casa di Santa Marta in Vaticano intorno alle 15.15, farà prima sosta nella chiesa di Santa Giovanna Antida, dove incontrerà gli ammalati e i poveri assistiti dalle Missionarie della Carità. Quindi raggiungerà la parrocchia,  dove prima sosterà nel campo sportivo con i bambini e i ragazzi, quindi si sposterà nel Teatro a colloquio con il Consiglio parrocchiale e gli animatori e a seguire celebrerà la Santa Messa. Federico Piana ha intervistato il parroco, don Francesco De Franco: 

R. - Sicuramente da parte nostra c’è l’attesa perché venga rafforzata la nostra fede per coloro che già credono e fanno un’esperienza quotidiana di comunità, ma ci auguriamo anche che le parole del Santo Padre, che sicuramente saranno parole profetiche, possano essere indirizzate al cuore di quelle persone che sono lontane da Dio e che con la venuta del Papa e attraverso le sue parole possano riprendere questo legame interrotto con il Signore e quindi anche di viverlo poi in una comunità in modo concreto.

D. – Che quartiere è Tor Bella Monaca?

R. – Nell’ambito della nostra parrocchia, oltre alla zona nuova di Tor Bella Monaca, abbiamo anche una parte che appartiene a Torre Angela. Sono due realtà completamente diverse tra loro. A Torre Angela, infatti, abbiamo tantissima gente che nel periodo del boom economico è venuta qui a Roma negli anni ’60-’70, prendendo un pezzetto di terra e costruendo la casa per se stesso e per i figli, e quello è un quartiere prettamente popolare dove la gente si conosce, dove ognuno conosce l’altro e tra loro vivono come se si fosse in un paese. Poi invece c’è la zona di Tor Bella Monaca nuova che purtroppo è la Tor Bella Monaca dove negli anni ’70-’80 hanno costruito tantissime case popolari, dove sono state destinate che avevano ricevuto lo sfratto, ma soprattutto gente che veniva già da quartieri dove c’erano grosse difficoltà. Questo naturalmente ha comportato che purtroppo, con il tempo, si è venuta a creare una sacca di delinquenza che ha preso in modo particolare due ambiti: quello della droga e quello dei furti. Però il quartiere di Tor Bella Monaca, per fortuna, non è solo questo ma a Tor Bella Monaca c’è tanta gente di buona volontà che vive giorno per giorno del proprio lavoro, sudando i soldi che guadagna e soprattutto cercando di dare ai propri figli e alla propria famiglia una struttura che possa essere una struttura di serenità.

D. – In tutto questo la parrocchia cosa fa?

R. – Il primo ambito è sicuramente quello caritativo. Poi c’è l’ambito catechetico, che è rivolto non solo alla catechesi di iniziazione cristiana, ma con il nostro oratorio, che è gestito dalle suore salesiane, abbiamo sia la parte propriamente culturale e in più abbiamo le attività ludico-ricreative. Infine poi c’è la componente scoutistica che è presente qui in parrocchia, senza contare poi che abbiamo cinque comunità neocatecumenali che vivono ben integrate all’interno della realtà parrocchiale e quindi c’è una grande varietà anche da un punto di vista catechetico. Questo è l’ambito caritativo e l’ambito catechetico in cui si muove la parrocchia nella normalità della sua vita ordinaria.

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Meditazioni per la Via Crucis. Mons. Corti: amore è custodire

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Papa Francesco ha chiesto a mons. Renato Corti, vescovo emerito di Novara, di preparare i testi delle meditazioni della Via Crucis al Colosseo, la sera del Venerdì Santo, il prossimo 3 aprile. Mons. Corti, 79 anni, nel febbraio 2005, ha guidato gli esercizi spirituali per la Curia Romana negli ultimi giorni del Pontificato di Giovanni Paolo II. Antonella Palermo gli ha chiesto da dove ha tratto ispirazione per le meditazioni di quest’anno: 

R. – Mi sono ispirato alle prime parole che Papa Francesco ha letto quando è diventato Papa, perché era il giorno di San Giuseppe e ha parlato di San Giuseppe come il custode di Maria e di Gesù. Ho preso in maniera particolare una frase nella quale afferma che la Croce è il vertice luminoso dell’amore di Dio che ci custodisce. Mi sembra che siamo chiamati ad essere anche noi custodi per amore nei confronti dell’uomo. Questo tema, tra l’altro, in partenza, è ricordato come un testo di Paolo agli e Efesini, quando parla delle dimensioni dell’amore di Dio: l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Dio per l’uomo. Queste dimensioni in qualche modo entrano nelle varie stazioni. E nello sviluppo mi riferisco anzitutto proprio alla custodia da parte di Dio: pensiamo alla parola di Dio come custodia, all’Eucaristia come custodia, al perdono come custodia, al dono della speranza. E ricordo anche qualche fatto grave, esiste, e che è la negazione del custodire, come, per esempio, il male che si può fare ai giovani, l’abbandono dei poveri, il dimenticare i pilastri della pace che già Papa Giovanni XXIII ricordava: la verità, la giustizia, la libertà, l’amore.

D. - Quali sono i temi dell’attualità che si ritrovano in queste meditazioni?

R. – Io parlo esplicitamente di punti caldi, per esempio, della pena di morte che va abolita, della tortura che va cancellata, della disumanità nei confronti degli innocenti, di gente che viene uccisa barbaramente, dei bambini soldato, della vendita delle persone. Ricordo, invece, esperienze bellissime di chi nel mondo porta speranza: penso alle suore missionarie che raccolgono i bambini abbandonati o i bambini che hanno fatto il soldato e li recuperano ridanno loro il senso della loro dignità. Questi sono proprio i segni del Regno di Dio che viene.

D. - Quanto e come sono presenti nei suoi testi le preoccupazioni per la sorte dei cristiani perseguitati nelle varie regioni del mondo?

R. - Io personalmente sto provando questa esperienza spirituale: cioè che questa situazione internazionale così difficile e oscura per il futuro conduce a comprendere con maggiore chiarezza - da parte di noi cristiani - che il Vangelo è il meglio per l’uomo e che non c’è nulla che lo difende così tanto e che l’avere incontrato il Signore Gesù Cristo è una grande fortuna.

D. – C’è una novità nella forma, nella struttura con cui queste meditazioni sono state concepite…

R. - Io ho deciso di mettermi a contemplare Gesù mentre fa il percorso e di cercare di indovinare cosa potrebbe pensare e quindi tento di esprimere Lui, dando a Lui la parola. E poi c’è l’altro aspetto complementare che è dare la parola alle persone che parteciperanno alla via Crucis e dunque a noi, quindi uso la prima persona singolare e la prima persona plurale. Non c’è niente di descrittivo, è tutto empatico, coinvolgente.

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P. Lombardi su documenti di Michelangelo sottratti in Vaticano

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In merito alla notizia, comparsa oggi su un quotidiano romano, circa il furto in Vaticano di una lettera di Michelangelo, il direttore della Sala Stampa Vaticana, p. Federico Lombardi, interpellato da giornalisti, ne ha chiarito le circostanze.  “Anni addietro – ha spiegato - era stata constatata la mancanza dall’Archivio della Fabbrica di San Pietro di alcuni documenti di Michelangelo (uno scritto da lui, un altro con la sua firma). “La cosa – ha detto p. Lombardi - era stata segnalata già nel 1997 dall’allora archivista, suor Teresa Todaro, al cardinale presidente della Fabbrica e arciprete della Basilica, Virgilio Noè. Più recentemente – ha informato ancora p. Lombardi - il cardinale Comastri, attuale presidente, ha ricevuto una proposta per riacquistare, ad un certo prezzo, tali documenti. Naturalmente ha rifiutato, trattandosi di documenti rubati”. Il portavoce vaticano ha infine dichiarato che “la Gendarmeria vaticana è in contatto con le competenti autorità di polizia italiane per gli approfondimenti opportuni”.

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Oggi in Primo Piano



Boko Haram giura fedeltà all'Is. Attacchi in Nigeria e Mali

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Nuova fiammata  di attacchi di matrice jihadista in Africa e Medio Oriente. In Nigeria 55 persone sono morte in cinque diversi attentati suicidi. Nel Mali, sono state uccise 5 persone in un ristorante della capitale Bamako, frequentato da occidentali. E in Iraq è ancora sdegno dopo che il califfato ha preso di mira i resti dell’antica città di Hatra, mentre in Siria si registrano nuovi attacchi a villaggi cristiani. Intanto le milizie africane di Boko Haram hanno giurato fedeltà al sedicente Stato Islamico. Il servizio di Marco Guerra: 

“Annunciamo la nostra fedeltà all’Is e al califfo al-Baghdadi, al quale obbediremo in tempi difficili e di prosperità”, a parlare in un video intercettato dagli analisti americani è Abu Bakr Shekau, leader del gruppo jihadista nigeriano Boko  Haram. Shekau chiede quindi a “tutti i musulmani di unirsi al califfato”. Il capo dei jihadisti africani lo scorso hanno aveva già sancito alleanze con i talebani afgani e al Qaeda. Intanto sul terreno, Boko Haram da prova di grande ferocia con cinque attacchi congiunti nella zona di Maiduguri, nel nord della Nigeria. Quattro all’interno della città, che hanno colpito un mercato, la stazione degli autobus e altri siti strategici; e uno fuori dal centro abitato contro un posto di blocco militare. Si contano almeno 55 vittime e 146 feriti. Scosso anche il Mali, dove ieri un commando di quattro uomini ha aperto il fuoco in un ristorante della capitale Bamako, uccidendo cinque persone. Tra le vittime un cittadino belga, dipendente della delegazione Ue, e un francese. L’azione è stata rivendicata dal gruppo islamista Al-Mourabitoun. Intanto nei territori siriani e iracheni controllati dal califfato non si fermano i raid della coalizione internazionale. Almeno 12 jihadisti sono stati uccisi in combattimenti in Siria, dove milizie dell’Is hanno attaccato una serie di villaggi cristiani nel nord-est. E continua a preoccupare poi il fenomeno dei Foreign Fighters. La stampa britannica riferisce di 320 combattenti integralisti rientrati in Regno Unito. Infine una donna marocchina è stata arrestata all'aeroporto di Madrid perché sospettata di reclutare donne europee per la jihad. 

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Allarme colera in Mozambico, il racconto di un medico di Msf

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In Mozambico è in corso una nuova epidemia di colera. Ad oggi almeno 3.500 i casi registrati. Preoccupa in particolare la situazione nella città di Tete dove il numero dei malati è in rapido aumento. A denunciare il pericolo di un ulteriore peggioramento della situazione è l’organizzazione “Medici senza Frontiere” che collabora con il governo e le autorità locali nel soccorso alla popolazione e nell’opera di prevenzione. A Tete lavora il dottor Ruggero Giuliani. Adriana Masotti lo ha intervistato: 

R. – E’ stata colpita prima la città di Moatize, che è una città a 20 km da Tete, e poi successivamente si è spostata a Tete, la capitale della provincia. Ad oggi abbiamo registrato 1.620 casi a Tete e circa 748 a Moatize. Abbiamo, a Tete, in media tra le 70 e le 80 ammissioni al giorno nei centri di trattamento.

D. – Perché questo ritorno del colera e perché proprio a Tete?

R. – In realtà, non è l’unico focolaio nel Paese; a Tete sicuramente le condizioni igienico-sanitarie di una parte della popolazione hanno avuto un ruolo chiave nella diffusione dell’epidemia: ci sono interi quartieri che hanno un difficile accesso all’acqua, hanno poche latrine … Tete è anche una città che ha avuto, negli ultimi anni, una grande esplosione demografica, dovuta proprio all’attività delle miniere. Quindi questo aumento della popolazione con condizioni di vita molto precarie in alcune zone, ha fatto un mix esplosivo.

D. – Che cosa è stato messo a disposizione dallo Stato per far fronte a questa epidemia?

R. – Le attività sono articolate su tre componenti principali. La prima è sicuramente quella dei centro di trattamento. Sono state montate da Medici senza frontiere, insieme al governo e alle autorità locali, questi due centri di trattamento: uno a Moatize, con circa 50 posti letto, e uno a Tete con 150 posti letto. Sono centri ai quali vengono inviati tutti i pazienti che sono affetti dalla malattia. Poi c’è la parte della promozione della salute: quindi dare informazioni alla comunità, per sapere cos’è il colera, come si trasmette, quali sono i sintomi e cosa bisogna fare per prevenire il colera. E la terza parte è quella che, invece, riguarda attività sull’acqua, quindi la potabilizzazione delle acque: in alcuni quartieri le persone non hanno accesso alla rete idrica della città e vanno a prendere l’acqua o al fiume o dai pozzi che hanno scavato, ma che sono poco profondi. Queste sono probabilmente fonti di acqua contaminata e quindi tutti quelli che vanno a prendere l’acqua in questi punti vengono informati sul problema e poi vengono consegnate alle persone soluzioni a base di cloro per potabilizzare l’acqua che viene da queste fonti di acqua contaminata.

D. – A suo parere si sta facendo abbastanza? Ci sarebbe bisogno di più personale, di più risorse?

R. – C’è sicuramente bisogno sia di aumentare le attività di ricerca dei pazienti, perché la città è molto grande e ci sono persone che hanno difficoltà ad accedere alle strutture sanitarie; sicuramente, fornire acqua pulita alle persone è un’attività che potrebbe aiutare a contenere l’epidemia molto più rapidamente, e in questo caso si potrebbe fare di più. Per questo noi ci appelliamo sia alle autorità locali, ma anche – ad esempio – alle compagnie che operano qui e che dispongono di diversi mezzi dal punto di vista logistico.

D. – Come sempre, la malattia è conseguenza di una situazione di povertà e di mancanza di sviluppo …

R. – Questo è chiaro: diciamo che il maggior numero di casi viene dai quartieri più poveri della città. Sono diversi anni che lavoro con Medici senza frontiere, ho lavorato soprattutto nell’area dell’Hiv. L’anno scorso ero in Liberia, a Monrovia, durante il picco dell’epidemia di Ebola: è questa è stata sicuramente un’altra esperienza molto difficile. E adesso sono qui in Mozambico da dicembre e mi trovo oggi ad affrontare l’ennesima epidemia e a cercare di fare il mio meglio, insieme a tutti i membri dell’organizzazione. Purtroppo sì, è amaro constatare che è sempre nelle zone più povere, più dimenticate da noi, dall’Occidente, che succedono queste cose e che molto spesso rimangono sconosciute alla maggior parte della popolazione europea occidentale.

D. – E le energie per andare avanti giorno per giorno, non le mancano: dove le trova?

R. – Le energie … abbiamo fatto di questo tipo di vita una missione e quindi è difficile, ma non sono solo; e diciamo che la nostra specialità è rispondere proprio a queste situazioni di emergenza …

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Il gesuita indiano rilasciato in Afghanistan pronto a tornare

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Il 23 febbraio scorso, è stato rilasciato, dopo otto mesi di prigionia, il padre gesuita indiano Alexis Prem Kumar, rapito in Afghanistan il 2 giugno 2014. Padre Prem, 47 anni, del Jesuit Refugee Service (Jrs), era stato rapito da un gruppo di uomini armati non identificati durante una visita in una scuola per rifugiati a circa 34 km da Herat. Nonostante la drammatica esperienza, padre Prem si è detto pronto a tornare in Afghanistan. Ascoltiamo la sua testimonianza al microfono di Robin Gomes

R. – If they ask me to go, I’m really happy to go. In fact, I really missed my people …

Se mi chiedessero di andare sarei felice di farlo. Sento la mancanza della mia gente, perché non li ho nemmeno salutati. Ne sarei felice, mi piacerebbe salutarli … Ma mi hanno detto che se torno mi sparano …

D. – Come si svolgeva la giornata con i suoi sequestratori?

R. – On the morning sometimes they used to stay with me …
La mattina a volte restavano con me e mi portavano il cibo; erano anche molto gentili e si intrattenevano con me. Ho pregato molto. A un certo punto mi hanno dato una radio. Ecco, la radio veramente è stata di grande aiuto e io ascoltavo la Radio Vaticana sia in lingua inglese sia in lingua tamil: e questo per me è stato veramente consolante. Infatti, ascoltavo molti bei programmi, pregavo, la domenica seguivo la Messa … Sono stati momenti di grande conforto quando ascoltavo. Avevo proprio desiderio di ascoltare le trasmissioni in lingua tamil, anche se a volte era molto difficile sintonizzarsi perché noi ci trovavamo in una zona piuttosto lontana … Ma ogni volta che avevo l’occasione di ascoltare la Radio Vaticana, ero così contento … ed era diventato così importante, perché in quella situazione terribile era per me veramente una consolazione. Sono riconoscente alla Radio Vaticana … Ho seguito anche la visita del Papa nelle Filippine e nello Sri Lanka … E’ stato così importante, per me, perché in quel periodo piangevo molto, ero molto preoccupato … E il nostro Papa ci ha dato una buona spiegazione per il pianto, quando è stato nelle Filippine e per me è stato di conforto. Veramente, sono molto grato a Papa Francesco: questo suo messaggio è stato veramente molto, molto importante per me. Ho vissuto meglio la mia prigionia e sono riuscito ad affrontare meglio tutte le privazioni grazie alla Radio Vaticana.

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Giornata Donna: Onu, parità lontana. Testimonianza dall'India

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Si celebra questa domenica, 8 marzo, la Giornata internazionale della donna, indetta dall’Onu. Il tema di quest’anno è: “Empowering Women-Empowering Humanity: Picture It!”. Il servizio di Giada Aquilino

Onu: non raggiunta parità dei sessi
Emancipazione delle donne significa anche emancipazione dell’umanità. Questo in sintesi l’indirizzo che l’Onu ha voluto dare all’8 marzo 2015. Eppure sono proprio le Nazioni Unite a sottolineare come nessun Paese al mondo abbia raggiunto oggi la parità dei sessi. La direttrice esecutiva dell'agenzia Onu per le donne (UN Women), Phumzile Mlambo-Ngcuka, ha sottolineato come alla Conferenza mondiale sulle donne - tenutasi a Pechino nel 1995 - 189 Paesi adottarono il piano per l'uguaglianza di genere, ma l’Onu ora mette in luce come “una bambina che nasce oggi dovrà aspettare 81 anni per avere le stesse opportunità di un maschio e dovrà compiere 50 anni per avere le stesse opportunità di condurre un Paese”. Secondo il responsabile dell'agenzia delle Nazioni Unite, nel mondo ci sono meno di 20 capi di Stato e di governo donne e il numero delle parlamentari è passato dall'11% ad appena il 22% negli ultimi due decenni.

Secondo Ban Ki-moon, corpi donne trasformati in campi di battaglia
A vent'anni dalla Conferenza di Pechino, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon presenta lunedì al Palazzo di Vetro un rapporto ad hoc, secondo cui i progressi verso la parità di genere sono stati “troppo lenti”. Nel suo messaggio per la Giornata, Ban evidenzia però anche i progressi compiuti: ad esempio è fortemente aumentato, come mai prima, il numero delle ragazze che hanno avuto accesso all’istruzione e la percentuale delle donne che muoiono di parto è stata quasi dimezzata. Ma pone l’attenzione su quello che definisce un “assalto totale” nei riguardi dei diritti umani delle donne, citando le bambine usate come kamikaze in Nigeria o quei casi in cui, come in Somalia, Siria o Iraq, “i corpi delle donne sono stati trasformati in campi di battaglia”: la comunità internazionale, esorta il numero uno del Palazzo di Vetro, deve allora “tradurre la propria indignazione in azioni significative: aiuti umanitari, servizi psico-sociali, supporto per la sussistenza e sforzi per consegnare i responsabili alla giustizia”.

Diseguaglianze nella retribuzione e violenza domestica non denunciata
Altro capitolo, quello della retribuzione. In Europa, secondo gli ultimi dati Eurostat, le donne sono pagate in media il 16,4% in meno degli uomini per svolgere le stesse funzioni. L'Italia, in particolare, è il peggiore tra i 28 Paesi Ue per la differenza tra uomini e donne occupate, con un tasso di occupazione maschile del 69,8% contro uno femminile del 49,9%. Un ulteriore dato preoccupante per l'Italia è quello relativo alla la violenza domestica: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si tratta di un crimine che nel Paese non viene denunciato in oltre il 90% dei casi e sono circa 100 ogni anno le donne che vengono uccise per mano di un uomo.

“Voices of Faith” in Vaticano
In alcuni Paesi del mondo è poi allarmante la situazione dell’assistenza sanitaria femminile. Se ne parla, tra l’altro, in queste ore in Vaticano, alla Casina Pio IV, per la seconda edizione di “Voices of Faith”, con la testimonianza di donne cattoliche che contribuiscono all’opera della Chiesa nell’accompagnamento dei poveri, nella difesa della dignità umana e nella promozione delle pari opportunità. Nell’occasione, l’associazione “Voices of Faith” e Caritas Internationalis consegnano il premio “Donne Germogli di Sviluppo” a Caritas Nicaragua e all’organizzazione non governativa “Basmeh and Zeitooneh”. Partecipa all’evento anche Mukti Bosco, cofondatrice di “Healing Fields”, fondazione indiana che si occupa di rendere l'assistenza sanitaria più abbordabile e accessibile ai poveri e agli emarginati:

R. - In India, 70 percent of people in rural areas …
In India, il 70 percento della popolazione vive in aree rurali – la nostra economia si fonda sull’agricoltura – e circa il 50 percento di queste persone vive in povertà. Questo significa che l’80 percento delle spese sanitarie è a loro carico e quindi che devono pagare di tasca loro l’accesso all’assistenza sanitaria. Considerando che un povero vive con meno di due dollari al giorno, è molto difficile per loro accedere a qualsiasi tipo di servizio sanitario o medicinali di qualità. Oltre a questo, un altro grande problema che riscontrano i poveri che vivono nelle aree rurali, ma anche nelle periferie delle città, è che non ci sono servizi igienici adeguati, non c’è accesso ad acqua potabile né ad acqua corrente. Quindi tutto diventa ancora più difficile perché non hanno le strutture di base, non hanno alcun tipo di educazione alimentare, né igienica.

D. – Qual è il vostro impegno in particolare per queste persone?

R. - Our vision of  the organization …
Lo scopo dell’organizzazione è fare in modo che i poveri, i meno privilegiati e gli emarginati abbiano accesso ad un’assistenza sanitaria di qualità e a costi ragionevoli. Uno dei maggiori lavori che facciamo è questo: scegliamo donne da ‘organizzazioni sorelle’ - una donna per villaggio - e le inseriamo in un programma di formazione della durata di un anno, molto intenso. E’ una formazione basata sul contatto; vengono da noi per quattro giorni e poi tornano alle loro comunità, ai loro villaggi e mettono in pratica, sotto supervisione, quello che hanno imparato. Gli argomenti che trattiamo sono: che cosa sono l’assistenza sanitaria, la nutrizione in persone di età differenti, l’igiene di base, sia personale sia ambientale. Poi ci chiediamo: quali sono le malattie più comuni e come prevenirle, quando è necessario recarsi in ospedale, quali sono le strade che posso essere utilizzate per accedere ai programmi del governo. E in ultimo, come ottenere micro-crediti per costruire bagni e mettere a disposizione della comunità, per esempio, assorbenti igienici e generi di primo soccorso. Queste donne a loro volta formano gruppi di tutela della salute, nell’ambito dei quali 15-20 donne si riuniscono e raccolgono una piccola cifra in denaro che rimane nel villaggio ed è disponibile 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Se qualcuno si ammala, può chiedere un prestito e con quello andare in un ospedale della nostra rete, nel quale ricevono un trattamento a prezzi più bassi, con il denaro sufficiente per acquistare tutte le medicine necessarie per guarire, non solo per un giorno o due.

D. – In India ci sono stati casi di stupri di gruppo su bambine e giovani donne. Quale aiuto offrire alle vittime e quale impegno assumere affinché queste tragedie non si ripetano?

R. – This one of gang-rape is a phenomenon which I think the government …
Quello dello stupro di gruppo è un fenomeno che mi sembra che il governo e molte organizzazioni no profit cercano di contrastare insieme. Una delle maggiori riforme nel sistema giudiziario che è stata recentemente introdotta riguarda un giudizio veloce sugli stupri. Infatti, si prevede un arresto immediato, le indagini devono essere condotte con urgenza e il giudizio deve essere espresso in tempi molto brevi in modo che questa procedura diventi un deterrente per gli stupratori. In secondo luogo, le forze di polizia sono state rinforzate e formate su come assistere le vittime di abusi. La terza cosa importante è che i medici sono stati sensibilizzati in modo che sappiamo come gestire i casi di pazienti che si rivolgessero loro dopo aver subito un abuso. Un altro aspetto importante, del quale molti di noi delle ong e molte persone della società civile stanno parlando, è l’importanza di cambiare l’assetto mentale degli uomini a iniziare dalla famiglia, educando i figli maschi e insegnando loro a rispettare e accettare le donne e le ragazze.

D. - Cosa significa per lei la Giornata internazionale della donna?

R. - The International women’s day from my work perspective…
Dal mio punto di vista professionale, la Giornata internazionale delle donne è estremamente importante perché con essa riportiamo la donna al centro dell’attenzione.

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Nella Chiesa e nel mondo



Selma, Obama: Ci sono ancora discriminazioni razziali

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“Ci sono altri ponti ancora da attraversare”, nella consapevolezza che “basta aprire gli occhi per sapere che la storia razziale di questo Paese getta ancora un'ombra lunga su di noi”. Così il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, nel discorso che ha tenuto ieri prendendo parte alle celebrazioni a Selma, in Alabama, per il cinquantesimo anniversario della storica Marcia per i diritti civili degli afroamericani, allora guidata da Martin Luther King. Davanti ad una folla di 40 mila persone Obama ha poi aggiunto: “Non c'è bisogno del rapporto di Ferguson per dire che ci sono ancora discriminazioni razziali”.

Ad ascoltarlo i genitori di Michael Brown, il teenager afroamericano ucciso a Ferguson da un agente di polizia. Un caso analogo a quello più recente in Wisconsin, dove un 19enne di colore disarmato è stato ucciso nelle ultime ore da un agente. E nel giorno dell’anniversario della marcia di Selma, la Cnn ha reso noto un sondaggio secondo cui per il 45% degli americani le relazioni razziali non sono migliorate sotto il presidente Obama. (M.G.)

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Paraguay: la Chiesa in difesa degli indigeni di Cerro León

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“Il vescovo del Vicariato apostolico del Chaco Paraguayo, i religiosi, le religiose, i seminaristi e gli operatori pastorali, riuniti nell’Assemblea missionaria ordinaria, manifestano la loro preoccupazione riguardo al Cerro León, situato nella regione nord-orientale di Alto Paraguay”: questo l’inizio di un comunicato diffuso in questi giorni dal Vicariato apostolico e ripreso dall’agenzia Ans.

Terre non pignorabili, “patrimonio dell’umanità”

La nota, firmata da mons. Gabriel Escobar Ayala, SDB, elenca tutti gli articoli e gli accordi, costituzionali e internazionali, che proteggono i territori appartenenti ai gruppi indigeni e che sono stati dichiarati dall’Unesco “patrimonio dell’umanità”. Oggi, attraverso un disegno di legge, si vuole dimenticare che quelle terre “saranno non pignorabili, indivisibili, non trasferibili, imprescrittibili, non suscettibili di garantire obblighi contrattuali, né di essere affittate”.

No a leggi contro diritto alla vita e biodiversità

“Esprimiamo, come Chiesa particolare e membri attivi della società civile – prosegue il comunicato - il nostro ripudio di qualsiasi abuso contro le leggi che garantiscono il diritto alla vita, la conservazione della biodiversità e dei suoi abitanti, i Totobiegosodes della foresta, padroni di questa terra. Ci uniamo a tutta la società paraguayana e alle popolazioni native nella denuncia di questo abuso e a difesa di queste terre dei popoli indigeni”. Quindi, il Vicariato apostolico ribadisce il proprio impegno, e quello di tutti i missionari e le missionarie impegnati, ad “accompagnare il processo di risveglio della coscienza critica, per la corretta comprensione della legge e dei progetti di legge che riguardano il diritto degli indigeni al possesso legittimo delle terre”.

Tutelare emblema ecologico del Paese

“Esortiamo le autorità dipartimentali e municipali – si legge ancora nel comunicato - a prendere posizioni chiare davanti a questo progetto di oltraggio alla natura, alla biodiversità e all’habitat delle popolazioni della foresta che vivono volontariamente in isolamento. Infine, la Chiesa di Chaco Paraguayo si dice solidale “con tutta la cittadinanza paraguaiana e nativa nella difesa e protezione del nostro Cerro León, come segno ed emblema ecologico della regione nordorientale di Alto Paraguay”.

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Grecia. Varoufakis: Referendum su euro se Ue boccia Atene

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“Se l’Europa non dice sì, siamo pronti ad un referendum sull'euro”. È il monito lanciato dal ministro delle Finanze  greco, Yanis Varoufakis, intervistato dal “Corriere della Sera” alla vigilia della riunione dell'Eurogruppo, domani a Bruxelles, in cui sarà valutato il programma di riforme in sette punti di Atene. Varoufakis ritiene inoltre che il governo ellenico non avrà bisogno di chiedere un nuovo prestito ma ha auspicato un approccio nuovo da parte dell'Ue ed ha avvertito che anche senza un accordo con Bruxelles il governo Tsipras “sopravviverebbe comunque”. Una fonte vicina alle trattative afferma che “all'Eurogruppo di lunedì non si discuterà dei contenuti, ma delle procedure”, l’esecutivo ellenico continua infatti ad insistere sul fatto di non voler trattare con la 'troika'. Mentre secondo quanto riporta l'agenzia Bloomberg, il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, avrebbe già risposto positivamente alle sette riforme delineate dalla lettera inviata del ministro delle Finanze greco Varoufakis. (M.G.)

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Russia. Omicidio Nemtsov, fermati quattro sospetti

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Sale a quattro il numero dei sospettati fermati dalla polizia russa per l’omicidio dell'ex vice premier ed oppositore, Boris Nemtsov, avvenuto lo scorso 27 febbraio. Due nuovi arresti sono stati eseguiti infatti nella Repubblica caucasica meridionale dell'Inguscezia. Secondo le autorità locali, i fermati (uno dei quali ex poliziotto in Cecenia) sarebbero collegati ai due uomini arrestati in precedenza, i cugini Gubashev  e Dadayev,anche loro ceceni. Un quinto sospetto si è fatto esplodere dopo aver lanciato una granata alla polizia, che ieri stava avvicinandosi al suo appartamento a Grozny per arrestarlo.

Anzor Gubashev e Dadaev compariranno oggi di fronte al tribunale distrettuale Basmanny di Mosca per la conferma della detenzione preventiva. Gubashev e Dadaev sarebbero secondo gli inquirenti gli esecutori materiali dell'omicidio: uno dei due ha sparato e l'altro era al volante dell'auto, una Lada Priorat di colore bianco con targa dell'Inguscezia, con cui sono fuggiti. Secondo alcune fonti, gli inquirenti di Mosca non escludono la loro appartenenza ad un movimento islamico radicale del Caucaso. Altre fonti vicine all'inchiesta riferiscono che le tracce di chi ha ordinato l'omicidio di Nemtsov potrebbero portare all'estero, ma non vi sono conferme. (M.G.)

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Spagna. Cresce il numero di aspiranti al sacerdozio

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In Spagna, il numero di seminaristi iscritti nel corso dell’anno 2014-2015 è aumentato del 2,7 per cento rispetto all’anno precedente. In totale, sono 1.357 gli iscritti ai seminari maggiori del Paese, 36 in più rispetto al 2013-2014. Secondo il rapporto annuale della Commissione episcopale iberica per i seminari e le università, il numero di aspiranti al sacerdozio è aumentato per il quarto anno consecutivo, il che dimostra una stabile tendenza alla crescita, iniziata nel 2011 con 1.278 seminaristi, seguita nel 2012 con 1.307 e nel 2013 con 1.321 iscritti. In questi ultimi anni, dunque, l’incremento è stato del 6 per cento. Nonostante ciò, la Commissione episcopale riconosce che il numero di ordinazioni sacerdotali è ancora in calo: nel 2014, infatti, sono stati ordinati 117 nuovi sacerdoti, rispetto ai 131 del 2013, ai 130 del 2012 e ai 122 del 2011.

19 marzo, Giornata del Seminario ispirata a Santa Teresa d’Avila

Come ogni anno, i dati sulle vocazioni sacerdotali in Spagna sono pubblicati alla vigilia della Giornata del Seminario, che si festeggia il 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, patrono dei seminaristi,  in tutte le diocesi del Paese.  “Signore, che vuoi fare di me?  è il tema di questa edizione, ispirato ad una celebre poesia di Santa Teresa d’Avila, di cui si celebra, proprio quest’anno, il quinto centenario della Nascita.  Infatti, sono stati scelti alcuni dei testi che la Santa ha dedicato alla vocazione e al ministero sacerdotale per accompagnare i sussidi liturgici, la riflessione teologico-pastorale e la catechesi che tradizionalmente vengono distribuite per la celebrazione. La Giornata del Seminario si celebra dal 1935 per suscitare vocazioni e sensibilizzare la società e comunità cristiane. (A.T.)

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Sondaggio dei vescovi asiatici sulla Pastorale familiare

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Un sondaggio sull’efficacia ed efficienza della Pastorale familiare in Asia, per riflettere sulle sue necessità più impellenti, anche in vista del prossimo Sinodo ordinario sulla famiglia, in programma in Vaticano ad ottobre: a realizzarlo, è stato l’Ufficio episcopale per i Laici e la famiglia della Fabc, la Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche. La consultazione è stata eseguita tra il 2013 ed il 2014 ed ha visto coinvolte le Commissioni per la Pastorale familiare in quattordici Chiese dell’Asia. Ora, quindi, la Fabc pubblica i risultati raggiunti, consultabili sul suo sito web.

Guardare a sfide e cambiamenti della famiglia

In generale, i vescovi asiatici ribadiscono la necessità di guardare alla famiglia come “ad un sistema complesso”, che ha davanti “sfide, cambiamenti e bisogni articolati”: è importante, quindi, prendersene cura tramite un Pastorale coordinata, che sappia davvero accompagnare tutti i nuclei familiari, soprattutto quelli “più vulnerabili e feriti” a causa di un divorzio o di un aborto. Di qui deriva anche il richiamo che la Fabc lancia riguardo al nuovo contesto in cui la Chiesa si trova ad operare oggi: “Il divorzio, i rapporti pre-matrimoniali, la convivenza – dicono i vescovi asiatici – dimostrano la mancanza di una trasposizione di molti programmi pastorali nella realtà attuale delle coppie contemporanee”. Lo stesso dicasi, ad esempio, per i dispositivi digitali: il loro errato utilizzo, dice la Fabc, può “bloccare la comunicazione all’interno della coppia” ed è quindi necessario che la Pastorale familiare affronti la questione attraverso corsi di “alfabetizzazione” digitale.

Tutela della vita e difesa dei poveri

Un altro tema su cui riflettere, ribadisce la Chiesa asiatica, riguarda la tutela della vita, “in particolare di fronte agli attacchi perpetrati contro i nascituri e le persone anziane”, ai quali è invece importante “dare dignità”. Essenziale, poi, la questione finanziaria, perché “la povertà dovuta all’improvvisa perdita del lavoro o ad una malattia – notano i presuli – può portare all’indebitamento e porre sulle spalle delle famiglie un peso insostenibile”. Ancora: la Fabc ricorda l’urgenza, per i giovani, di una preparazione adeguata al matrimonio e suggerisce che essa sia proposta tramite la testimonianza di coppie già sposate, così che i nubendi possano comprendere meglio la realtà della vita coniugale. Un accompagnamento specifico viene richiesto anche per dopo il matrimonio, affinché gli sposi non si sentano soli.

Attenzione speciale alle famiglie migranti

I vescovi asiatici non dimenticano, poi, il nodo della Pastorale familiare per i migranti e per le comunità rurali, evidenziando come essa debba mirare anche al miglioramento pratico della vita delle persone e debba essere strettamente legata all’educazione dei giovani. E una cura speciale viene invocata per le famiglie distrutte dalla guerra, per quelle in cui i genitori hanno orari lavorativi eccessivamente lunghi che li tengono lontani da casa o per chi è tossicodipendente. Allo stesso tempo, si suggerisce di dedicare maggiore attenzione alla trasmissione della fede in famiglia ed all’insegnamento della pianificazione familiare naturale, secondo la dottrina della Chiesa.

Occorre approccio sistematico ed organico

“Un approccio sistematico ed organico”, basato anche sul rafforzamento del legame tra Chiesa e laici, è quanto mai urgente, afferma la Fabc, suggerendo di valorizzare, ad esempio, i rapporti tra famiglie e servizi educativi cattolici, o di incrementare le visite pastorali dei vescovi nelle singole diocesi, così da “entrare in contatto con la realtà familiare locale”, oppure di pianificare “a lungo termine” la Pastorale familiare affinché non sia solo “reattiva”, quanto piuttosto “propositiva”, grazie ad un’azione più “concertata, integrata e collaborativa” tra tutti i suoi agenti. “Collaborare – infatti – non è un lusso, ma una necessità assoluta nel nostro mondo così complesso e globalizzato”, conclude la Fabc, evidenziando infine l’importanza, per la Chiesa, di ascoltare “le diverse voci di tutte le famiglie”. (I.P.)

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Vescovi del Ghana difendono identità delle scuole cattoliche

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È una nota molto chiara quella con cui la Conferenza episcopale del Ghana (Gcbc) risponde alla minaccia di provvedimenti contro le scuole cattoliche, lanciata dallo Stato. Il presidente John Mahama, infatti, ha puntato il dito contro i dirigenti degli istituti di formazione cattolici, ritenendoli responsabili di imporre il cattolicesimo a studenti di altri religioni e minacciandoli, per questo, di sanzioni.

Non lasciarsi intimidire dalle minacce

Si tratta di accuse che la Chiesa locale respinge decisamente, ritenendole oltremodo “ingiustificate”, e incoraggiando tutti i fedeli a “non lasciarsi abbattere da alcuna forma di intimidazione o minaccia di provvedimenti”. Allo stesso tempo, la Gcbc, guidata dall’arcivescovo Joseph Osei-Bonsu, esorta tutti i dirigenti scolastici cattolici “a rimanere fermi nelle loro posizioni, senza farsi intimidire, bensì continuando a gestire le loro scuole secondo i modi e le pratiche conformi alla loro identità ed alla missione cattolica”.

Aprirsi al dialogo, in cerca di una soluzione amichevole

Quindi, i vescovi di Accra manifestano la volontà di aprirsi al dialogo ed alla costruzione del consenso per risolvere la questione in modo “amichevole”. Insieme al Consiglio cristiano del Ghana, inoltre, i presuli si appellano al Consiglio nazionale per la pace, sicuri che esso abbia “la capacità di affrontare questo problema grazie ad un’ampia consultazione di tutte le parti interessate, specialmente i rappresentanti religiosi che gestiscono una scuola”.

Il dialogo, chiave del confronto con gli altri

“Fino a quando tutto ciò non sarà stato fatto”, chiariscono perciò i vescovi, “ci auguriamo che il governo e chiunque altro si astengano dal rilasciare dichiarazioni o pronunciare discorsi che potrebbero non aiutare la ricerca di una soluzione pacifica su questo tema”. “Il dialogo – conclude la nota episcopale – è la chiave per ragionare con gli altri, poiché tramite il dialogo si ottengono la pace e la giustizia”. (I.P.)

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Gabon. Appello vescovi: pace è compito di tutti

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È un accorato appello alla pace quello che la Conferenza episcopale del Gabon (Ceg) ha consegnato, nei giorni scorsi, al Capo dello Stato, Ali Ben Bongo Ondimba, al temine di una Messa solenne per la riconciliazione celebrata nella Cattedrale “Nostra Signora dell’Assunzione” a Libreville. Presieduta dall’arcivescovo della città, mons. Basile Mvé Engone, la celebrazione ha visto la partecipazione dei membri delle Commissioni episcopali Giustizia e pace, Famiglia ed educazione, uniti a religiosi, religiose, gruppi e movimenti ecclesiali.

Ledere dignità dell’uomo mette in pericolo la pace

Al termine della Messa, dunque, la Ceg ha consegnato al presidente del Paese il testo di un messaggio in cui si ribadisce che “la pace, verità essenziale e bene per eccellenza, è un dono di Dio, frutto e segno della giustizia, rispetto dell’equilibrio di tutte le dimensioni della persona umana e dell’intera società”. Tuttavia, “quando l’uomo si vede negare ciò che gli spetta in quanto uomo, quando la sua dignità non viene rispettata e la coesistenza con gli altri non è orientata al bene comune”, allora “la pace è davvero in pericolo”. Per questo, i vescovi del Gabon puntano il dito contro le tante piaghe del Paese: gli scioperi a ripetizione, i crimini rituali, legati alla stregoneria, la corruzione che “guadagna terreno”, “la povertà galoppante e la miseria radicata”.

Ascolto, perdono e dialogo nella verità portano alla riconciliazione

Di qui, l’esortazione della Ceg ad una “conversione profonda e sincera del cuore”, che permetta di raggiungere “una pace veritiera e duratura”. E tale conversione riguarda tutti, sottolineano i vescovi gabonesi, perché la riconciliazione “non è compito di una sola persona o di un solo gruppo, ma è l’opera di tutti e di ciascuno, piccoli e grandi, uomini e donne, malati e sani, ricchi e poveri, lavoratori e disoccupati”. “L’amore di Dio e del prossimo – conclude il messaggio – è il cammino che conduce alla pace e tale percorso passa dall’accoglienza reciproca, dal riconoscimento dell’altro, dall’ascolto, dal perdono e dal dialogo nella verità”. Infine, la Ceg invita a pregare ogni giorno, alle 12.00, per la pace nel Paese.

Accettare l’altro, nel rispetto reciproco

Sulla stessa linea anche l’omelia della Messa, pronunciata da mons. Mvé Engone, il quale ha esortato i fedeli ad “accettare le differenze ed a viverle non come giustificazioni per una violenza, bensì come un richiamo al rispetto reciproco ed alla pace”, “in un’ottica di fede sincera”. “Tutti i gabonesi devono imparare ad accogliersi reciprocamente – ha ribadito il presule – riconoscendo che l’altro è una ricchezza, un fratello, un amico e non un nemico”. “Accettare l’altro – ha concluso l’arcivescovo di Libreville – costituisce il punto di partenza del dialogo”. (I.P.)

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Perù. Messaggio dei vescovi per la Giornata internazionale della Donna

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“La donna, fin dal racconto biblico che plasma la storia sacra, si presenta come un’icona di tenerezza materna, di fedeltà sponsale, di coraggio, di generosità e di eroismo ammirevoli”. Con queste parole i vescovi della Conferenza episcopale peruviana rivolgono un saluto alle donne del Paese in occasione della Giornata internazionale della donna, che si celebra l’8 marzo. Nella lettera a firma del presidente della Conferenza episcopale locale, l’arcivescovo di Ayacucho, mons. Salvador Piñeiro García, i vescovi ricordano che la donna esprime la sua profonda vocazione nella maternità. “La maternità implica un’apertura speciale verso una nuova persona: è questo il suo ruolo, perché nel concepire e dare alla luce un figlio, la donna si realizza pienamente attraverso il dono sincero del sì”.

Un pensiero per le donne povere, malate o vittime di violenze

L’episcopato saluta, quindi, le donne lavoratrici - imprenditrici, impiegate, contadine, operaie - e tutte coloro che coltivano l’anima dei propri figli con amore e pazienza; le donne che hanno incarichi istituzionali con cui  contribuiscono allo sviluppo del Paese, e in particolare coloro che, in Chiesa ed in parrocchia, promuovono l’opera di evangelizzazione. Vicinanza e incoraggiamento vengono espressi anche per chi soffre a causa di povertà o malattie, per le donne vittime delle violenze o della tratta e per tutte quelle che hanno perso la libertà. (A.T.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 67

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.