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Sommario del 12/03/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: non esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare

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La Confessione non sia una tortura o un pesante interrogatorio, ma un incontro liberante che manifesta l’infinita misericordia di Dio: lo ha detto Papa Francesco ai partecipanti al Corso sul foro interno promosso a Roma dal Tribunale della Penitenzieria per aiutare i nuovi sacerdoti ad amministrare in modo corretto il Sacramento della Riconciliazione. Il Pontefice ha ricordato tra gli applausi dei presenti che oggi ricorre il 57.mo anniversario del suo ingresso nella vita religiosa. Il servizio di Sergio Centofanti: 

La Confessione, luogo della tenerezza di Dio 
I Sacramenti – ricorda il Papa – sono il luogo della “tenerezza di Dio per gli uomini”, il modo concreto che Dio ha pensato “per abbracciarci, senza vergognarsi di noi e del nostro limite”. In particolare la Confessione “rende presente con speciale efficacia il volto misericordioso di Dio”:

“Non dimentichiamolo mai, sia come penitenti che come confessori: non esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare! Nessuno! Solo ciò che è sottratto alla divina misericordia non può essere perdonato, come chi si sottrae al sole non può essere illuminato né riscaldato”.

I fedeli dovrebbero uscire dal confessionale con la felicità nel cuore
Alla luce di questo “meraviglioso dono di Dio”, il Papa dà tre indicazioni ai confessori: innanzitutto, “vivere il Sacramento come mezzo per educare alla misericordia”, aiutando i fedeli a “fare esperienza di pace e di comprensione, umana e cristiana”:

“La Confessione non deve essere una ‘tortura’, ma tutti dovrebbero uscire dal confessionale con la felicità nel cuore, con il volto raggiante di speranza, anche se talvolta – lo sappiamo – bagnato dalle lacrime della conversione e della gioia che ne deriva (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 44). Il Sacramento, con tutti gli atti del penitente, non implica che esso diventi un pesante interrogatorio, fastidioso ed invadente”.

Al contrario – prosegue il Papa – la Confessione “dev’essere un incontro liberante e ricco di umanità”, che tuttavia “comprende anche il giusto impegno di riparare, per quanto possibile, il male commesso. Così il fedele si sentirà invitato a confessarsi frequentemente, e imparerà a farlo nel migliore dei modi, con quella delicatezza d’animo” che fa tanto bene “anche al cuore del confessore”.

Né confessore di maniche larghe, né confessore rigido sono misericordiosi
Tante volte – ha aggiunto a braccio – “si confonde misericordia con l’essere confessore dalle maniche larghe”:

“Ma, pensate questo: né confessore di maniche larghe, né confessore rigido sono misericordiosi. Nessuno dei due. Il primo, perché dice: ‘Ma vai avanti, questo non è peccato: vai, vai, vai!’. L’altro, perché dice: ‘No, la legge dice …’. Ma nessuno dei due si prende il penitente come fratello, lo prende per mano e lo accompagna nel suo percorso di conversione! …. Invece, il misericordioso lo ascolta, lo perdona, ma lo prende e lo accompagna, perché la conversione sì, incomincia – forse – oggi, ma deve continuare con la perseveranza … Lo prende su di sé, come il Buon Pastore che va a cercare la pecora smarrita e la prende su di sé”. 

Nel confessionale si assiste a miracoli di conversione
Il Papa invita poi i sacerdoti a lasciarsi educare dal Sacramento della Riconciliazione. “Quante volte – esclama - ci capita di ascoltare confessioni che ci edificano!”. “Anime semplici, anime di poveri in spirito, che si abbandonano totalmente al Signore, che si fidano della Chiesa e, perciò, anche del confessore”:

“Ci è dato anche, spesso, di assistere a veri e propri miracoli di conversione. Persone che da mesi, a volte da anni sono sotto il dominio del peccato e che, come il figliol prodigo, ritornano in sé stesse e decidono di rialzarsi e ritornare alla casa del Padre (cfr Lc 15,17), per implorarne il perdono. Com’è bello accogliere questi fratelli e sorelle pentiti con l’abbraccio benedicente del Padre misericordioso, che ci ama tanto e fa festa per ogni figlio che ritorna a Lui con tutto il cuore!”.

“Quanto possiamo imparare dalla conversione e dal pentimento dei nostri fratelli” – afferma ancora il Papa - che “ci spingono a fare anche noi un esame di coscienza: io, sacerdote, amo così il Signore, come questa vecchietta? Io sacerdote, che mi ha fatto ministro della sua misericordia, sono capace di avere la misericordia che ha il cuore di questo penitente? Io, confessore, sono disponibile al cambiamento, alla conversione, come questo penitente, del quale sono stato posto al servizio?”.

Togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell'altro
Come terza indicazione ai sacerdoti, il Papa sottolinea la necessità di “tenere sempre lo sguardo interiore rivolto al Cielo, al soprannaturale” quando si confessa, nella consapevolezza “che nessuno è posto in tale ministero per proprio merito”, ma “per pura grazia di Dio”. E parlando a braccio dell’esperienza della vergogna aggiunge: “Io a sentire questo peccato, quest’anima che si pente con tanto dolore o con tanta delicatezza d’animo, sono capace di vergognarmi dei miei peccati? E questa è una grazia”. E prosegue: “Siamo ministri della misericordia grazie alla misericordia di Dio”. E’ uno sguardo che rende “umili, accoglienti e misericordiosi” verso chi chiede di confessarsi. “Anche il modo di ascoltare l’accusa dei peccati dev’essere soprannaturale, rispettoso della dignità e delle storia personale di ciascuno, così che possa comprendere che cosa Dio vuole da lui o da lei”:

“Per questo la Chiesa è chiamata ad «iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – all’arte dell’accompagnamento, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro» (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium,169). Anche il più grande peccatore che viene davanti a Dio a chiedere perdono è terra sacra, e anche io che devo perdonarlo in nome di Dio posso fare cose più brutte di quelle che ha fatto lui. Ogni fedele penitente che si accosta al confessionale è 'terra sacra', 'terra sacra' da 'coltivare' con dedizione, cura e attenzione pastorale".

Dedicarsi generosamente all'ascolto delle Confessioni
Infine, Papa Francesco invita, soprattutto in questo tempo quaresimale, a dedicarsi generosamente all’ascolto delle Confessioni, “così che il popolo di Dio possa giungere purificato alla festa di Pasqua, che rappresenta la vittoria definitiva della Divina Misericordia su tutto il male del mondo”.

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Papa a vescovi coreani: compassione rende testimoni credibili di Gesù

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Fare esperienza della compassione di Gesù per diventare “testimoni sempre più credibili della sua potenza salvifica”: è quanto ha affermato Papa Francesco incontrando, in Vaticano, i vescovi della Corea in visita ad Limina. “Annunciare Cristo - ha aggiunto - significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella”. Il Santo Padre ha anche espresso il proprio apprezzamento per la comunità cattolica in Mongolia. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Il viaggio in Corea, incoraggiamento duraturo
Papa Francesco, ricordando il recente viaggio apostolico in Corea - dal 13 al 18 agosto del 2014 in occasione della VI Giornata della Gioventù asiatica – ha detto che quella visita rimarrà “un incoraggiamento duraturo” nel suo ministero alla Chiesa universale. Il Pontefice ha affermato che “la memoria, la gioventù e la missione di confermare i fratelli nella fede” sono stati tre aspetti rilevanti di quel viaggio. Il pensiero del Santo Padre è andato anche alla Chiesa in Mongolia, “una piccola comunità in un vasto territorio”, impegnata ad annunciare il Vangelo.

L’esempio dei martiri coreani è una scuola
Uno dei momenti più belli della visita in Corea – ha sottolineato il Papa – è stata la beatificazione di Paul Yun Yi-Chung e di 123 compagni martiri che si sono distinti per l’integrità nella ricerca della verità, per la fedeltà ai più alti principi e per la testimonianza di carità e di solidarietà. Il loro esempio – ha spiegato il Pontefice – è una scuola. Le lezioni che hanno insegnato sono applicabili nel nostro tempo in cui, nonostante i progressi compiuti nella tecnologia e nella comunicazione, le persone sono sempre più isolate e le comunità indebolite.

L’incontro con Gesù rende testimoni credibili
Quanto è importante allora – ha aggiunto il Papa – che le parrocchie, le scuole e i centri di apostolato “diventino autentici luoghi di incontro”. Quando incontriamo Gesù e sperimentiamo la sua compassione – ha detto il Santo Padre – diventiamo “testimoni sempre più credibili della sua potenza salvifica”. Quando parliamo con i giovani, la sfida è condividere la verità di Gesù Cristo con chiarezza e in modo che possano comprenderla. I giovani ci richiamano – ha osservato il Pontefice – a rispettare la missione “se le nostre vite non rispecchiano la fede”. La loro onestà, in questo senso, “può essere un aiuto per noi”.

Vicini ai giovani, servitori e veri padri
Siate vicini ai giovani, ha auspicato il Papa. Questa vicinanza non rafforzerà solo le istituzioni e le comunità della Chiesa, ma aiuterà anche a comprendere le loro difficoltà e delle loro famiglie. In questo modo il Vangelo penetrerà la vita della comunità cattolica come quella della società nel suo complesso.  Attraverso il vostro servizio ai giovani, “la Chiesa diventerà il lievito nel mondo che il Signore ci esorta ad essere”. Vi chiedo – ha detto infine Papa Francesco rivolgendosi ai vescovi coreani – di essere veri padri, “di essere servitori, come Cristo che è venuto per servire e non per essere servito”.

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Francesco: o siamo gente che ama o siamo degli ipocriti

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Un cristiano non ha vie di compromesso: se non si lascia toccare dalla misericordia di Dio e a sua volta ama il prossimo, come fanno i Santi, finisce per essere un ipocrita che rovina e disperde anziché fare del bene. È quanto ha affermato Papa Francesco durante l’omelia della Messa del mattino, celebrata nella cappella di Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

All’inizio furono i Profeti, poi toccò ai Santi. Con loro Dio ha costruito nel tempo la storia del suo rapporto con gli uomini. Eppure, nonostante l’eccellenza di questi prescelti – nonostante i loro insegnamenti e le loro azioni – la storia della salvezza è stata accidentata, lastricata di tante ipocrisie e infedeltà.

Dio piange per un cuore duro
È immenso l’orizzonte che Francesco abbraccia con la sua riflessione, da Abele ai nostri giorni. Nella voce di Geremia, proposta dalla Lettura del giorno, c’è la voce di Dio stesso, che constata con amarezza come il popolo eletto, pur avendo ricevuto molti benefici, non lo abbia ascoltato. Dio “ha dato tutto”, osserva Francesco, ma ha ricevuto di rimando soltanto “cose brutte”. “La fedeltà è sparita – ripete il Papa – voi non siete un popolo fedele":

“Questa è la Storia di Dio. Sembra che Dio piangesse, qui. Ti ho amato tanto, ti ho dato tanto e tu… Tutto contro di me. Anche Gesù guardando Gerusalemme pianse. Perché nel cuore di Gesù c’era tutta questa storia dove la fedeltà era sparita. Noi facciamo la nostra volontà, ma facendo questo nel cammino della vita seguiamo una strada di indurimento: il cuore si indurisce, si pietrifica. E la Parola del Signore non entra. E il popolo si allontana. Anche la nostra storia personale può diventare così. E oggi, in questo giorno quaresimale, possiamo domandarci: ‘Io ascolto la voce del Signore, o faccio quello che io voglio, quello che a me piace?’”.

Da eretici a Santi
Anche l’episodio del Vangelo mostra un esempio di “cuore indurito”, sordo alla voce di Dio. Gesù guarisce un indemoniato e in cambio – dice il Papa – ne riceve un’accusa: ”Tu cacci i demoni in nome del demonio. Tu sei uno stregone demoniaco”. È la tipica scusa dei “legalisti”, osserva Francesco, “che credono che la vita sia regolata dalle leggi che fanno loro”:

“Anche questo è accaduto nella Storia della Chiesa! Ma pensate alla povera Giovanna d’Arco: oggi è santa! Poverina: questi dottori l’hanno bruciata viva, perché dicevano che era eretica, accusata di eresia … Ma erano i dottori, quelli che sapevano la dottrina sicura, questi farisei: allontanati dall’amore di Dio. Vicino a noi, pensate al Beato Rosmini: tutti i suoi libri all’indice. Non si potevano leggere, era peccato leggerli. Oggi è Beato. Nella Storia di Dio con il suo popolo, il Signore mandava, per dirgli che amava il suo popolo, i Profeti. Nella Chiesa, il Signore manda i Santi. Sono i Santi che portano avanti la vita della Chiesa: sono i Santi. Non sono i potenti, non sono gli ipocriti: no. I Santi”.

Non c’è una via di mezzo
I Santi, soggiunge Francesco, “sono quelli che non hanno paura di lasciarsi accarezzare dalla misericordia di Dio. E per questo i Santi sono uomini e donne che capiscono tante miserie, tante miserie umane, e accompagnano il popolo da vicino. Non disprezzano il popolo”:

“Gesù dice: ‘Chi non è con me, è contro di me’. Ma non ci sarà una via di compromesso, un po’ di qua e un po’ di là? No. O tu sei sulla via dell’amore o tu sei sulla via dell’ipocrisia. O tu ti lasci amare dalla misericordia di Dio o tu fai quello che tu vuoi, secondo il tuo cuore, che si indurisce di più, ogni volta, su questa strada. Chi non è con me, è contro di me: non c’è una terza via di compromesso. O sei santo, o vai per l’altra via. Chi non raccoglie con me, lascia le cose… No, è peggio: disperde, rovina. E’ un corruttore. E’ un corrotto, che corrompe”.

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2 anni con Papa Francesco: intervista a Padre Lombardi

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Ricorre il secondo anno dell’elezione al soglio pontificio di Jorge Mario Bergoglio che il 13 marzo del 2013 venne eletto Papa al secondo giorno di Conclave prendendo il nome – per la prima volta nella storia della Chiesa - di Francesco. Su questo importante anniversario, Roberto Piermarini ha intervistato padre Federico Lombardi, direttore della Radio Vaticana e della Sala Stampa vaticana: 

D. Padre Lombardi, quali immagini rimangono di questo secondo anno di pontificato di Papa Francesco?

R. - In un flusso infinito di immagini è difficile sceglierne qualcuna. Io ne volevo però ricordare tre. La prima è l’abbraccio a tre davanti al Muro del Pianto a Gerusalemme con il Rabbino e con il leader musulmano. Quindi un momento simbolico fondamentale del dialogo e della pace nel viaggio del Papa in Terra Santa, in un punto assolutamente cruciale per la pace nel mondo. Una seconda immagine che è rimasta impressa a tutti è quando Papa Francesco, al termine della grande cerimonia nella cattedrale ortodossa a Istanbul, a Costantinopoli, chiede, in un certo senso, la benedizione del patriarca e si inchina davanti a lui. Quindi il momento della fraternità e del dialogo ecumenico, il grande desiderio dell’unità dei cristiani. E poi una terza immagine che non è una singola immagine ma una serie di immagini, che il Papa stesso ha evocato più volte, è durante il grande viaggio nelle Filippine: queste folle di persone piene di affetto, desiderose di vedere il Papa, di amarlo, di manifestare il loro entusiasmo che presentano i bambini. Quindi, questo senso di gioia, di speranza di fronte al Papa, di un popolo che guarda al suo futuro con speranza presentandogli i bimbi e le nuove generazioni dell’Asia e dell’umanità.

D.  – Proprio in relazione al viaggio nelle Filippine, anche poi in Corea, Sri Lanka, l’Asia è stato un po’ il continente privilegiato in questo ultimo anno da parte del Papa?

R. – Certamente. Quando è cominciato il pontificato non era chiaro se Papa Francesco avrebbe dato un grande posto ai viaggi nel suo ministero. Anzi, sembrava che avesse un po’ di diffidenza, un po’ di timore, perché non era un viaggiatore di per sé. Però, poi, vivendo il suo ministero, lui stesso ha intensificato questa dimensione del suo servizio pastorale cogliendone la grande importanza, cogliendo l’attesa dei popoli del mondo di vederlo, l’attesa delle parti della Chiesa di essere incoraggiate. E certamente in questi primi anni di pontificato, in particolare nel secondo, l’Asia ha avuto una parte estremamente importante ed era una parte attesa perché, effettivamente, da molto tempo un Papa non si era recato nell’Asia orientale. Allora, i due grandi viaggi della Corea e dello Sri Lanka-Filippine, in qualche modo,  manifestano il riaprirsi del fronte asiatico, dell’impegno della Chiesa universale che c’è sempre stato ma che naturalmente con il Papa che guida e che dà l’esempio diventa anche più vivo e più intenso. E trattandosi dell’Asia, del continente principale dal punto di vista demografico e delle prospettive di sviluppo dell’umanità intera, e del continente dove, in certo modo, il cristianesimo è meno conosciuto, è una minoranza piccola, piccola, allora, questo orizzonte di evangelizzazione, di annuncio della salvezza di Cristo, per il futuro dell’umanità è particolarmente importante. Quindi, credo che l’orizzonte asiatico sia stato caratteristico in particolare di questo secondo anno di pontificato.

D. – Poi ha segnato anche il cammino del dialogo interreligioso ed ecumenico?

R.  – Certamente. Queste sono dimensioni permanenti della Chiesa dal Concilio in poi, forse anche prima, però in particolare dal Concilio in poi. E Papa Francesco ha alimentato queste dimensioni. Per l’ecumenismo abbiamo avuto in particolare il rapporto con il patriarca di Costantinopoli, quindi il fronte verso gli ortodossi molto intenso, ma anche molto interessante e originale del modo in cui il Papa lo ha affrontato, quello del dialogo e dell’incontro con i pentecostali, con le comunità cristiane che non fanno parte delle Chiese classiche tradizionali. Su questo, che è uno degli impegni importanti dal punto di vista ecumenico, perché è una delle dimensioni più dinamiche del cristianesimo nel mondo di oggi, Papa Francesco, con il suo modo originale di incontro personale ha aperto orizzonti e avviato strade estremamente significative. Dal punto di vista del dialogo interreligioso sappiamo che c’è una grande tradizione di incontri, di amicizie personali del Papa Francesco con ebrei ma anche con leader musulmani. E quindi in un tempo in cui, come oggi, anche nell’equilibrio del mondo, le tensioni tra popoli, che sono anche connesse a problemi di carattere religioso , questo atteggiamento di dialogo, di dialogo pacifico, di incoraggiamento ad ogni forma di comprensione fra le religioni, è estremamente prezioso.

D. – A livello internazionale, quest’anno il Papa ha rilanciato il ruolo di mediazione della Chiesa. Quali i momenti principali di questa azione?

R. – Ma … il Papa ha lanciato un’infinità di appelli per la pace, in particolare nelle situazioni più critiche e drammatiche che ben conosciamo: quelle che riguardano il Medio Oriente, quelle che riguardano adesso l’Ucraina, sul teatro europeo … Dei momenti molto significativi che abbiamo visto e in cui in qualche modo si è anche colta la capacità di presenza personale di Papa Francesco, sono stati la “preghiera per la pace”, dopo il viaggio in Terra Santa, con l’invito personale a pregare insieme per il presidente di Israele e il presidente dell’Autorità palestinese, qui in Vaticano. Un momento originale e personale di preghiera che ha aperto una porta per cercare nuovi orizzonti di pace in una situazione pur molto difficile. E un altro momento che ha riscosso anche l’interesse internazionale con una certa sorpresa, è stato quando il presidente Obama e il presidente Raul Castro hanno ringraziato Papa Francesco per il suo contributo al rinnovamento delle relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba. Qui si è capito, anche se con molta discrezione, che Papa Francesco ha dato un suo contributo personale. Ora, io credo che sia molto bello il fatto che la Chiesa cattolica continui a svolgere, anche a livello internazionale, un grande ruolo di pace. Il cardinale segretario di Stato, Parolin, lo ha descritto in un grande discorso all’Università Gregoriana, proprio in questi ultimi giorni, nel grande quadro del servizio diplomatico della Santa Sede per la pace tra i popoli. Ma Papa Francesco, personalmente, direi che porta anche un suo contributo personale in base al suo carisma di incontro: lui parla sempre della cultura dell’incontro e la cultura dell’incontro lui la vive personalmente quando incontra i leader e cerca di stabilire con essi un rapporto di fiducia, un rapporto di condivisione personale che va al di là dello studio dei problemi oggettivi, nella loro complessità delle trattative e così via; e aiuta a fare quel passo avanti in cui si gioca anche un po’ la persona, anzi, si gioca molto la persona, con il suo coraggio, con la sua speranza … Sono poi questi i passi decisivi a cui il sistema dei rapporti diplomatici, delle trattative, eccetera, fa seguire la soluzione più duratura dei problemi. Ecco, io credo che Francesco abbia questo dono di poter dare degli impulsi anche proprio con la sua persona e con la sua capacità di rapporti con i capi dei popoli, con i capi religiosi, con i grandi leader che egli incontra e che riscontrano in lui la forza di una personalità che fa fare dei passi avanti in concreto, nella vita. Io di questo sono molto convinto: quindi, le due cose non si escludono: il carisma personale del Papa e il servizio diplomatico, anche, dei suoi collaboratori e della Santa Sede, più ampiamente. Speriamo che questo possa aiutare a fare ulteriori passi nella direzione della pace in tante parti del mondo, perché ne abbiamo un bisogno estremo.

D. – Ad intra c’è la riforma della Curia: che cammino si è fatto in questo ultimo anno?

R. – Come sappiamo il Papa già dall’inizio del pontificato ha messo in cammino questo Consiglio di cardinali per aiutarlo in tutti i grandi problemi della Chiesa, dandogli consiglio, ma anche nel campo della riforma della Curia che era stata desiderata dalle congregazioni pre-conclave dei cardinali. E c’è un cammino, in questo senso, un cammino che non è affrettato, che va avanti con un suo ritmo regolare di riflessione, di consultazione. Il Papa manifesta questo desiderio di allargare la consultazione. Quello che viene riflettuto nel consiglio dei cardinali viene poi rilanciato a livello, per esempio, degli incontri dei capi dicastero della Curia. Poi viene rilanciato nel concistoro insieme agli altri cardinali e così via. Il Papa manifesta di non avere fretta ma di voler fare un cammino che sia possibilmente condiviso. Ma quello che a me sembrerebbe più significativo notare è che l’idea di riforma che il Papa ha è un’idea di riforma che parte dal cuore, dallo spirito. E il grande discorso alla Curia - che è stato molto notato per esempio, proprio nei giorni prima di Natale - dice questo, in fondo: ogni riforma è una riforma di conversione personale. Il Papa allora invitava a confessarsi alla vigilia della grande festività del Natale, esaminandosi in coscienza e in profondità. Lo diceva ai membri della Curia che erano presenti, ma tutte le persone del mondo che fanno parte di qualche istituzione hanno capito che il discorso poteva valere benissimo anche per loro, in forma adattata e analoga. Quindi, al Papa quello che importa è che ogni riforma non sia di carattere logistico, organizzativo, ma che sia anzitutto di rinnovamento dell’atteggiamento, cosa che è continuamente richiesta dal Vangelo ad ognuno di noi. E vorrei notare che nel corso di questi due anni, il Papa in tutti e due gli anni ha chiesto ai suoi principali collaboratori della Curia di andare a fare gli esercizi spirituali, fuori della sede abituale del palazzo apostolico, in una casa di esercizi proprio per pregare per davvero insieme per una settimana. Quindi, il discorso di prima di Natale e gli esercizi spirituali della Curia sono, a mio avviso, gli indici del tipo di riforma o di rinnovamento che il Papa si attende, prima dei macchinismi di carattere organizzativo che poi, come sempre, possono funzionare bene o meno bene, sono sempre oggetto di discussione dal punto di vista pratico dell’opinabilità delle diverse soluzioni. Quello che conta è questo rinnovamento interiore.

D. – Il Sinodo sulla famiglia ha un po’ monopolizzato questo secondo anno di pontificato. Qual è il bilancio e le prospettive alla luce di quello che ha detto papa Francesco?

R. – Siamo in cammino. Io sono convinto che questo rinnovamento del Sinodo come metodo di messa in cammino della comunità della Chiesa più ampia, che poi giunge a maturare negli incontri dei vescovi, sia uno degli aspetti importanti con cui Francesco vede il suo servizio alla Chiesa. E’ un tentativo veramente di far vivere alla Chiesa l’esperienza di essere una comunità che cammina insieme, ascoltando insieme anche la voce dello Spirito che la accompagna nel cammino, senza paura, guardando con molta onestà i problemi del mondo che ci sta attorno, i segni dei tempi e senza paura, appunto, di andare in terre nuove perché sono nuove le terre verso cui l’umanità sta andando. Noi non le conosciamo ancora tutte nei loro particolari, però con la salda fede in Cristo e il saldo radicamento nel Vangelo, sentire che cosa lo Spirito dice oggi alla Chiesa, per affrontare in modo adeguato, rispondere in modo adeguato alle situazioni nuove che si pongono. Ora, Papa Francesco, come dice lui, non a tavolino, ma un po’ seguendo i suggerimenti dello Spirito, ha individuato nella famiglia una grande tematica. Effettivamente, la famiglia è collegata alla vita concreta della massima parte delle persone di questo mondo e quindi il fatto di riflettere alla luce del Vangelo come si vive questa dimensione, questi problemi fondamentali della vita personale e sociale, è un grande contributo anche al bene dell’umanità, è un modo di svolgere il servizio della Chiesa per l’umanità di oggi.

D. – Il Papa, anche in questo ultimo anno, ha posto i poveri e la dignità e la difesa della persona umana al centro della sua azione pastorale …

R. – Sì: questo lo abbiamo capito molto bene. Ha voluto chiamarsi Francesco perché i poveri erano al centro della sua attenzione. E sappiamo che sono i poveri in un senso molto ampio: sono tutte le persone violate nella loro dignità, non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista spirituale, della povertà di rapporti sociali e così via. E in questo, Francesco manifesta una grande attenzione e ha portato anche all’attenzione pubblica tanti aspetti significativi per la dignità della persona umana: i problemi dei migranti, dei rifugiati, i problemi delle nuove schiavitù, i problemi del traffico di organi e di persone umane, i problemi dell’emarginazione degli anziani o dei malati … Ecco, sono tutte cose che si vede che gli stanno a cuore e che lui richiama con grande spontaneità, con gesti e con parole. Io vorrei dire che anche il tema che ci ha occupato tantissimo in questi anni, quello degli abusi sessuali sui minori, si inserisce in questa attenzione di Francesco per i “poveri” e per le emarginazioni, e così via, in un contesto più ampio, con molta coerenza. Ecco, quindi i minori abusati sono tipicamente delle persone umane violate nella loro dignità e di cui quindi bisogna occuparsi. E il fatto di aver lanciato questa nuova Commissione per la tutela dei minori, in una prospettiva non tanto verso il passato e gli errori del passato, facendo certamente tesoro dell’esperienza del passato, ma guardando soprattutto a tutti i problemi della prevenzione e degli abusi, anche al di fuori della Chiesa, nel mondo di oggi, è una grande intuizione e quindi mi pare un passo avanti importante nella continuità con l’impegno di Papa Benedetto, ma con un suo allargamento di orizzonte e con un suo inserimento in questa lotta per la vera dignità delle persone umane.

D. – Lo chiedo al direttore della Sala Stampa vaticana: come vede il rapporto tra Papa Francesco e i media?

R. – Ma … a me sembra che sia un rapporto che continua ad essere in larghissima parte positivo. Io ricevo praticamente ogni giorno tre o quattro domande di interviste con il Papa da parte di testate anche piuttosto importanti, di tutte le diverse parti del mondo. Questo per dire che c’è un grandissimo desiderio, un grandissimo interesse, perché naturalmente i media interpretano in qualche modo l’attesa, l’interesse della gente. Ecco, per me questo è un indice del fatto che la gente guarda verso il Papa con molta attenzione, con molta attesa; desidera da lui una parola, è presa dalla credibilità e dalla efficacia della sua testimonianza come leader morale – religioso – per il mondo di oggi, con tanto desiderio di orientamento da parte di persone che si trovano nelle situazioni più disparate, nelle diverse parti del mondo. Quindi, questo interesse da parte dei media è sempre vivacissimo e in larghissima parte, positivo. Questo per me è una cosa bella, nel senso che io credo che i media possano avere – debbano avere – anche una funzione molto positiva nel mondo per la formazione dell’opinione pubblica, per l’informazione; e allora, che debbano essere aiutati per trovare le buone cause, le notizie positive, le vere preoccupazioni da presentare al mondo di oggi. E il fatto che si sentano stimolati e interessati da una figura come quella di Papa Francesco, che certamente ha a cuore di tutte le sue attenzioni il bene della persona umana e il bene dell’umanità nel suo rapporto con Dio e nei rapporti con tutte le persone e la convivenza tra i popoli, è qualcosa di molto bello. Io spero che duri e che continui. A volte, magari, ci sono delle parti un po’ marginali del mondo mediatico che sono colpite dalla libertà, dall’originalità con cui il Papa affronta certe situazioni, e ne rimangono un po’ disorientate, un po’ confuse e mettono in rilievo questo aspetto. Però, questo dipende dal fatto che magari non hanno quella positività di prospettiva dal punto di vista della fede o dal punto di vista, anche, del guardare in avanti, che è importante per comprendere e accompagnare un pontificato come quello di Francesco.

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Nomine episcopali negli Stati Uniti

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, l’arcivescovo Girolamo Prigione, nunzio apostolico, e l’arcivescovo Andrés Carrascosa Coso, nunzio apostolico in Panama.

Negli Stati Uniti, il Papa ha nominato vescovo di Spokane mons. Thomas A. Daly, finora ausiliare di San Jose in California. Il presule è nato a San Francisco, California, il 30 aprile 1960, nell’omonima arcidiocesi. Ha ottenuto il “B.A.” presso l’“University of San Francisco” a San Francisco (1982). Ha compiuto gli studi ecclesiastici presso il “Saint Patrick Seminary” a Menlo Park. Successivamente, ha ottenuto il “Masters” in Pedagogia presso il “Boston College”, Massachusetts (1996). È stato ordinato sacerdote il 9 maggio 1987 per l’arcidiocesi di San Francisco. Dopo l’ordinazione ha ricoperto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale dell’“Our Lady of Loretto Parish” a Novato (1987-1992); Insegnante e Cappellano del “Marin Catholic High School” a Kentfield (1992-2003); Vicario parrocchiale della “Saint Cecilia Parish” a Lagunitas e della “Saint Mary Parish” a Nicasio (1995-1999); Cappellano a mezzo tempo del “San Francisco Police Department” (1995-2003); Cappellano della “Saint Vincent School for Boys” e Direttore Associato della “Catholic Charities CYO” (1999-2002); Direttore delle vocazioni sacerdotali (2002-2011); Presidente del “Marin Catholic High School”, Consultore arcidiocesano e Membro del Consiglio Presbiterale (2003-2011). Nominato Vescovo titolare di Tabalta ed Ausiliare della diocesi di San Jose in California il 16 marzo 2011, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 25 maggio successivo. Come Vescovo Ausiliare è Vicario per il Clero, Membro della “Board of Directors” del “Saint Patrick Seminary” a Menlo Park e, dal 2014, Parroco della “Saint Nicholas Parish” a Los Altos. Dal 2013 al 2014 è stato Rettore ad interim del “Saint Patrick Seminary” a Menlo Park.

Sempre negli Stati Uniti, il Pontefice ha nominato vescovo di Lexington padre John Stowe, dei Francescani Minori Conventuali, finora vicario provinciale della Provincia francescana conventuale “Our Lady of Consolation” e rettore della “Basilica and National Shrine of Our Lady of Consolation” in Carey, nell’Ohio. Mons. Stowe è nato il 15 aprile 1966 ad Amherst (Ohio). Dopo aver frequentato la “Lorain Catholic High School” ha ottenuto il Baccalaureato in Filosofia e in Storia presso la “Saint Louis University” (1990). Poi, ha ottenuto il “Masters in Divinity” e la Licenza in Storia della Chiesa presso la “Jesuit School of Theology” a Berkeley (California). Ha emesso i voti solenni il 1° agosto 1992 ed ha ricevuto l’ordinazione presbiterale il 16 settembre 1995 per i Fratri Minori Conventuali. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: Vice Parroco (1995-1997), Amministratore (1997-2000) e, poi, Parroco (2000-2003) dell’“Our Lady of Mount Carmel Parish” ad El Paso (Texas); Vicario Generale della diocesi di El Paso (2003-2010); Amministratore dell’“Our Lady of the Valley Parish” ad El Paso (2006-2010); Cancelliere della diocesi di El Paso (2008-2010); Vicario Provinciale della Provincia Francescana Conventuale “Our Lady of Consolation” e Rettore della “Basilica and National Shrine of Our Lady of Consolation” a Carey (Ohio) (2010 al presente). Oltre all’inglese, parla lo spagnolo.

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Assenso del Papa a elezione di un vescovo ausiliare ucraino

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Papa Francesco ha concesso il suo assenso all’elezione canonicamente fatta dal Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina di padre Teodor (Taras) Martynyuk, dei Monaci Studiti, all’ufficio di ausiliare dell’Arcieparchia di Ternopiľ-Zboriv, assegnandogli la sede titolare di Mopta. Il presule - attualmente igumeno della Lavra della Dormizione a Univ, in Ucraina, è nato il primo febbraio 1974 a Yaremche, nella provincia ucraina di Ivano-Frankivsk. Dal 1989 al 1993 ha studiato presso l’Istituto pedagogico di Krements, nella provincia di Ternopil. Nel 1993 è entrato nell’Ordine dei Monaci Studiti, presso la Lavra di Univ. Da novizio, ha completato la formazione filosofico-teologica nel Seminario Maggiore di Lublino e presso l’Università cattolica nella medesima città. Nel 1997 ha emesso la professione solenne (piccola skhima) nel proprio Ordine. Il 20 gennaio 2000 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Dal 2001 al 2005 ha svolto vari incarichi presso la Lavra di Univ e il Monastero di San Michele a Lviv. Dal 2005 al 2010 ha perfezionato gli studi a Roma, conseguendo il Dottorato in Diritto Canonico Orientale presso il Pontificio Istituto Orientale. Nel 2010 è stato eletto per un quinquennio all’ufficio di Igumeno della Lavra della Dormizione a Univ. Dal 2011 è anche docente di Diritto Canonico Orientale presso il Pontificio Istituto Orientale a Roma. Oltre all’ucraino, parla il russo, il polacco, l’italiano e il francese.

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Papa, tweet: se siamo comodi spesso dimentichiamo gli altri

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Attenzione alle comodità! Quando ci sentiamo comodi, ci dimentichiamo facilmente degli altri”.

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Beatificazione di mons. Romero il 23 maggio a San Salvador

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La data della Beatificazione di Oscar Romero è stata fissata: la cerimonia si svolgerà a San Salvador il prossimo 23 maggio. Ieri, a dare l’annuncio nel corso della sua visita in Salvador, è stato mons. Vincenzo Paglia, postulatore della Causa dell’arcivescovo martire, assassinato in odio della fede il 24 marzo 1980. Quali le novità annunciate in conferenza stampa? Paolo Ondarza lo ha chiesto alla collega di Avvenire, Lucia Capuzzi, raggiunta telefonicamente a San Salvador: 

R. – Mons. Vincenzo Paglia ha confermato la data, 23 maggio, che sarà la memoria liturgica di Arnulfo Romero e ha annunciato che la Messa di beatificazione si svolgerà a San Salvador e sarà presieduta dal cardinale Amato. Ha voluto ringraziare Papa Francesco per aver firmato il decreto, il 3 febbraio, e ha voluto inoltre ringraziare Papa Benedetto, Papa Giovanni Paolo II e Paolo VI che hanno sempre sottoineato il valore di Romero.

D. – Come è stata accolta la notizia tra i salvadoregni?

R. – L’annuncio della data è stato accolto da un fragoroso applauso durante la conferenza stampa, segno di quanto la gente, quanto gli stessi salvadoregni attendessero questa giornata per poter celebrare il loro arcivescovo. Dopo la tappa della Beatificazione, ci sarà la tappa della Canonizzazione, ha anticipato mons. Vincenzo Paglia, sottolineando però come queste non servano tanto a Romero, che è già santo, ma a tutti noi. La sua testimonianza continua a generare vita e speranza nel popolo salvadoregno e soprattutto in quelle parti del popolo salvadoregno più povere, più emarginate, che hanno sempre trovato una forma di consolazione in mons. Romero.

D.  – ...che lo vedono ancora come un punto di riferimento importante, si rivolgono già a lui come a un santo...

R.  – E’ fondamentale. Già stamattina (ieri - ndr) la gente era in fermento per aspettare questo annuncio. Le persone più umili, i più poveri, aspettavano con ansia che si sapesse la data del loro “monseñor”, non c’è neanche bisogno di aggiungere Romero. E ancora la gente va al feretro di mons. Romero, nella cripta e lì parla con mons. Romero come se fosse vivo e gli racconta le sue pene. E tuttora mons. Romero è un punto di riferimento imprescindibile per i salvadoregni che sono afflitti oggi da nuovi problemi: non più la guerra civile ma la violenza dovuta al narcotraffico e ai “pandillas”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Una sfida importante: in prima pagina, l'arcivescovo Victor Manuel Fernandez, rettore della Pontificia universidad catolica Santa Maria de los Buenos Aires, su come leggere l'"Evangelii gaudium".

La festa dell'abbraccio: alla Penitenzeria apostolica il Papa ricorda che non c'è nessun peccato che Dio non possa perdonare.

Per una soluzione etica alla sfida climatica: intervento della Santa Sede a Ginevra.

Jean Vanier, vincitore del premio Templeton 2015, sulle qualità del cuore: dalla violenza alla tenerezza.

La lezione del profeta Amos: il rabbino Abraham Skorka sui primi due anni di Papa Francesco.

Un articolo di Silvia Guidi dal titolo "I miei nipoti sono i poveri": quattrocento anni fa nasceva il futuro Innocenzo XII.

Sette ultime parole: Alfredo Tradigo sui crocifissi di William Congdon in mostra a Milano.

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Oggi in Primo Piano



Sconfitta dell'Is in Iraq, avanzata invece in nordest Siria

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L’Is usa in Iraq bombe al cloro: la conferma arriva dopo mesi di denunce. Il rischio, nel respirare il cloro in grandi quantità, è di avere i polmoni bruciati. Intanto, sembra confermata la svolta per la città irachena di Tikrit. Soldati governativi e miliziani sciiti sono entrati nella città che da molte settimane costituisce la roccaforte del sedicente Stato islamico. Capitale della provincia di Salahuddin e città natale di Saddam Hussein, Tikrit si trova sulla strada che collega la capitale a Mosul. In Siria, invece, sono i jihadisti dell’Is a guidare l’avanzata nel nordest. Ma si può parlare di inversione di tendenza, dopo mesi e mesi di vittorie dell’Is? Fausta Speranza lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica: 

R.  – Quello che si può dire è che lo Stato islamico inizia a pagare per il suo stesso successo iniziale, travolgente, dello scorso anno. Avendo occupato un territorio molto vasto si è messo contro molti nemici e si è trovato in una situazione più difficile. E’ passato dalla flessibilità che gli permetteva la guerriglia, al dover difendere in modo fisso e in modo più rigido i territori conquistati. Nello stesso tempo, il fronte dei suoi anniversari si è allargato e ha iniziato a prendere misure contro le formazioni jihadiste e quindi abbiamo, sia in Iraq che in Siria, una serie di attori ostili allo Stato islamico che hanno raffinato le loro tattiche e le loro strategie, che stanno cercando adesso di sfruttare il fatto che lo Stato islamico sia preso fra troppi fronti.

D.  – Ricordiamo chi sia questa coalizione: in Iraq e in Siria, le componenti sono diverse…

R. – Sì. Diciamo che il fronte ostile allo Stato islamico è un fronte molto variopinto, è una delle coalizioni più improbabili che io abbia mai visto. In Iraq, oltre alle forze nazionali irachene, sostenute sia dagli americani sia dai loro arci-nemici iraniani, ci sono poi le milizie sciite, ci sono le forze dei peshmerga curdi, che hanno tutti obiettivi differenti ma che sono tutti ostili allo Stato islamico. Contro Is vi sono poi, anche se in modo molto svagato, bombardamenti delle monarchie arabe del Golfo che in realtà hanno enormi responsabilità nell’aver sostenuto e cresciuto il fondamentalismo più violento sunnita, ma che poi come tradizione gli è scappato di mano e oggi sono su un fronte anti-Stato islamico, anche se sono ancora più ferocemente ostili all’Iran e alle milizie sciite. In Siria, anche lì, il fronte è estremamente variopinto. Lo Stato islamico combatte contro i curdi, combatte contro le forze regolari, contro Hezbollah, subisce gli attacchi anche lì molto svagati della coalizione internazionale, ma allo stesso tempo combatte contro le altre opposizioni ad Assad e anche contro le altre milizie jihadiste, perché ha cercato di togliere lo spazio a tutte le altre opposizioni. Quindi, è una guerra molto più complicata in cui si intrecciano anche i traffici illeciti e gli interessi economici di bande criminali.

D. – Sappiamo di consiglieri militari iraniani. Che dire, professore?

R. – L’Iran ha avuto un ruolo fortissimo nel sostenere le Forze armate irachene, sia coordinandone l’attività, sia sostenendole con le milizie sciite. L’Iraq è stato consegnato in buona parte all’Iran, già da anni, per via di due decisioni catastrofiche: da un lato, c’è stato l’intervento angloamericano, nel 2003, che ha abbattuto Saddam Hussein e che poi non è stato in grado di gestire il dopoguerra. Dall’altro lato, il rifiuto delle monarchie arabe nel riconoscere il nuovo Iraq. Un Iraq in cui la maggioranza della popolazione è sciita e quindi era evidente che il governo fosse sciita, ma sono sciiti arabi: il non aver riconosciuto agli sciiti il loro ruolo guida ha spinto gli arabi sciiti dell’Iraq nelle braccia dell’Iran.

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Negoziato Ue-Grecia sulle riforme. Spread ai minimi dal 2008

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Borse europee poco mosse oggi, ma prosegue l’effetto del "Quantitative easing" (alleggerimento quantitativo) sul mercato dei titoli di Stato. Spread ai minimi dal 2008 tra i Btp italiani e i Bund tedeschi e giù anche quello tra i Buoni di Berlino e quelli di Madrid. Ma il piano di acquisto della Bce torna nel mirino della Germania, mentre ad Atene prosegue il negoziato tra il ‘Bruxelles group’ e il governo ellenico sul debito greco. Il servizio di Marco Guerra: 

Questa mattina lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi ha segnato 84 punti, il minimo da settembre 2008. In discesa, ad 82 punti, anche il differenziale anche tra Bonos spagnoli e i titoli di Berlino. L’euro, dopo il minimo sul dollaro da oltre 12 anni raggiunto ieri, ha parzialmente recuperato ritornando sopra quota 1,0603. Intanto la Bce continua a fare incetta di titoli di Stato. L'esponente del Comitato esecutivo, Bénoit Coeuré, ha riferito che nei primi tre giorni dall'avvio della manovra sono stati rilevati titoli per 9,8 miliardi di euro. E mentre negli Usa la Federal Reserve appare orientata verso un inasprimento della sua politica monetaria, motivo per cui il dollaro si rafforza sull’euro, il capo della Bundesbank Weidmann è tornato ad attaccare la manovra lanciata da Draghi affermando che l’acquisto dei titoli di Stato "mette a rischio l'indipendenza della Bce". Infine ad Atene prosegue il "negoziato tecnico" del 'Brussels group' con il governo ellenico sul debito e le riforme da applicare. Non trapelano informazioni sull’andamento dei colloqui ma un accodo sembra ancora lontano. Domani l’incontro tra il presidente della Commissione Ue Juncker e il premier Tsipras. Per un commento sugli effetti del Quantitative easing, sentiamo il prof. Gianfranco Viesti, ordinario di economia all’Università di Bari:

R. - Si sta creando un clima internazionale un po’ più positivo. Questo significa che abbiamo una finestra di opportunità, nel senso che questo potenzierà le esportazioni, riduce il costo del finanziamento per i titoli pubblici e l’impatto sull’economia italiana potrebbe essere di diversi decimi di punto di crescita nel 2015. Non dimentichiamo però due questioni di fondo: primo, che questa è una fortuna - per così dire - che ci arriva dall’esterno che, come tale, può manifestarsi, ma può anche andare indietro. E la seconda, che l’elemento chiave è come ripartire questi benefici tra tutti i cittadini europei.

D. – Quali sono i Paesi che beneficiano di più di questo in Europa? La Germania ha sempre paura dell’inflazione… Ecco, nel quadro europeo, che cosa comporta questo crollo dell’euro?

R. – La paura dell’inflazione in questo momento in Europa è totalmente priva di senso, perché siamo in una situazione molto difficile, opposta; abbiamo visto dal Giappone negli ultimi vent’anni come una situazione in cui i prezzi non aumentano, possa essere pericolosissima. Queste misure premiano l’intera Europa, ma comunque di più le economie più forti. Quindi, ci rimane tutto il grande tema distributivo, di come far arrivare questi benefici a tutti i Paesi europei e, all’interno dei Paesi europei, a tutti i cittadini. Da questo punto di vista, purtroppo, credo che non abbiamo fatto grandi passi avanti, perché questo è nelle mani della Commissione europea e dei governi.

D. – Il piano di acquisto di Draghi sancisce la definitiva uscita dalla recessione o produrrà solo una congiuntura positiva che l’economia europea dovrà saper sfruttare?

R. - Purtroppo non è una svolta, perché noi non siamo tecnicamente in una recessione, ma siamo in un lungo periodo di depressione, una cosa che non avevamo mai visto nei decenni scorsi. Questo è un elemento positivo - prendiamone tutti gli aspetti importanti; però non cambia strutturalmente il funzionamento dell’economia europea né dell’italiana, che è ancora vincolata dalle politiche macroeconomiche che essi seguono. E quindi gli effetti, per esempio, sui posti di lavoro, sulle disparità nella società, andranno attentamente valutati. Non aspettiamoci che questo faccia passare dal giorno alla notte, o dalla notte al giorno – meglio – la situazione dell’economia.

D. – Le debolezze strutturali di alcune economie del Vecchio Continente sono state superate o rimangono dei problemi che invece vanno affrontati?

R. – Ci sono delle debolezze strutturali: basti pensare alla Grecia, alla debolezza dell’economia greca. Ma soprattutto c’è una impostazione della politica economica europea che io trovo profondamente sbagliata: e cioè, si comprime l’attività economica finché non si fanno queste mitiche riforme. Ma se l’economia non riprende, è anche poi molto difficile cambiarla. L’Europa, per molti versi, è in un vicolo cieco: le iniziative di Draghi, la buona congiuntura internazionale, la caduta del prezzo del petrolio, ci danno un’opportunità, ma non mutano questi caratteri di fondo, purtroppo.

D. – Draghi ha detto che il programma della Bce serve anche a proteggere i Paesi dell’eurozona dal contagio greco. Insomma, con Atene la partita è ancora tutta aperta, e dall’esito incerto…

R. – La partita è molto aperta, anche perché la Grecia è un Paese con un’economia morta e le sue attuali classi dirigenti, che sono state democraticamente elette, si pongono giustamente questo problema: si tratta di conciliare una possibilità per la Grecia con il benessere degli altri Paesi europei. Un atteggiamento di eccessiva chiusura, come quello che stiamo vedendo, cioè quello di mettere la Grecia nell’angolo e di imporle di forza la continuazione di politiche che sono state devastanti per la società greca, non è – secondo me – molto lungimirante; perché con i Greci bisogna discutere, ma se li mettiamo nell’angolo e li costringiamo a misure estreme, poi le conseguenze le paghiamo tutti.

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Haiti. Violenze contro suore, marce silenziose di protesta

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Organizzare marce silenziose per protestare contro le violenze subite. È quanto ha deciso lunedì scorso la Conferenza dei religiosi di Haiti riunitasi per analizzare l’ondata di violenza che da mesi investe i consacrati che lavorano nel Paese. Dal novembre 2014 fino a oggi, circa 20 comunità, soprattutto femminili, sono state derubate e le religiose aggredite. Anche il cardinale Langlois, vescovo di Les Cayes, ha condannato tali brutalità. Una missionaria brasiliana, che preferisce mantenere l’anonimato, parla di quanto accaduto al microfono di Bianca Fraccalvieri:

R. – Em vista deste ato de violência…
Di fronte a questo atto di violenza contro la vita religiosa ad Haiti, soprattutto femminile, la Conferenza dei religiosi ha organizzato una manifestazione di solidarietà. C’è stato, dunque, un incontro con tutte le suore provinciali e noi eravamo presenti. E’ stato deciso che tutte le diocesi organizzeranno marce silenziose con la presenza di tutte le sorelle. Questa marcia silenziosa partirà da un punto centrale, arriverà alla chiesa madre della diocesi e quindi si celebrerà la Messa in protesta. Questo sarà un gesto di solidarietà da parte della Conferenza e delle Congregazioni, che ancora non hanno subito violenza, verso le altre. Poi, la Conferenza dei vescovi sta negoziando con il governo, sollecitando degli interventi, e anche con la società civile, perché entri a collaborare con la vita religiosa, essendo le religiose a servizio del popolo.

D. – Ci sono stati due giorni di sciopero e in questi due giorni non avete lavorato. Avete paura di lavorare in questo contesto di insicurezza?

R. – Claro que nós estamos…
Certamente abbiamo paura. In questa settimana, per due notti tutte noi ci siamo rinchiuse in casa, nonostante questa sia sorvegliata, solo di notte, da due o tre uomini armati. Questi gruppi, infatti, agiscono con violenza e quando entrano nelle case delle famiglie stuprano tutti, anche i ragazzi. Ma pure le sorelle hanno subito violenza e tante di loro sono sotto cure mediche, sono malate e non sono più in grado di tornare a lavorare. Loro, infatti, sono molto violenti: arrivano in bande – non sono solo uno o due – invadono le case e in genere lo fanno di notte, quando Haiti è al buio, non lo fanno di giorno. Le comunità religiose hanno il loro generatore ma non è così forte, hanno i pannelli solari ma non illuminano tutto. Ci sono state delle comunità che dopo questa mobilitazione della Conferenza dei vescovi – che sono sempre in radio a chiedere rispetto, rispetto, rispetto – sono intervenute quando una delle case stava per essere invasa, questa settimana. Hanno gridato e così hanno avuto tempo… La popolazione ha lanciato delle pietre, perché qua nessuno ha armi. E lo stesso è successo con noi questa settimana, in una casa nelle vicinanze: tutti sono scesi per strada, hanno gridato e hanno chiamato la polizia e così si è evitato che entrassero in casa. Quelle che sono più violate sono le case delle Congregazioni femminili. Ci sono sorelle che non possono più entrare nella zona.

D. – Tra le cause di questa ondata di violenza ci sono le possibili nuove elezioni presidenziali. E’ la possibilità di un cambiamento dello scenario politico a suscitare preoccupazione, tensioni nella popolazione, vittima da decenni dell’ingiustizia sociale? Perché la situazione è così degenerata? 

R. – É o ano que estão querendo…
Questo è l’anno in cui vogliono cambiare il presidente e dunque entrano in guerra con la popolazione. Questo è quello che noi vediamo. Poi la fame è tanto grande, la miseria… La situazione delle famiglie è molto degradante. Noi vediamo che ci sono stati dei cambiamenti, ma la vita reale delle persone non è cambiata. Noi che siamo qua, giorno dopo giorno, vediamo quante famiglie, uomini, ragazzi, giovani, bambini siano senza prospettive.

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Divorzio breve e adozione: 2 ddl all'esame delle Camere

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Al Senato, slitta alla prossima settimana il voto sul ddl che introduce il cosiddetto divorzio immediato, ovvero la possibilità di concedere, in caso di accordo tra i coniugi e in presenza di figli maggiorenni, il divorzio senza passare per la separazione. Ieri, inoltre, l’aula di Palazzo Madama  ha  dato l’ok al ddl sulle adozioni, che ora passa alla Camera. Il ritiro dell’emendamento che prevedeva l'ipotesi di adottare i minori anche per i "single" è salutato con soddisfazione da “Sì alla famiglia”, come conferma il segretario del Comitato, l'avvocato Giancarlo Cerrelli, al microfono di Paolo Ondarza: 

R. – Siamo soddisfatti perché questo provvedimento avrebbe aperto all’adozione anche da parte delle persone "single", quindi sarebbe stata in qualche modo la via all’adozione gay nel nostro ordinamento. L’affidamento attualmente è già previsto per i "single", ma ha una natura temporanea. Il bambino, il minore, è affidato a un soggetto o a una famiglia affidataria temporaneamente, nel periodo in cui la famiglia biologica non ha la capacità  e la possibilità di venire incontro alle esigenze del minore.

D. – C’è però chi ha parlato di occasione mancata con il ritiro di questo emendamento, facendo appello a quelle situazioni in cui il minore finisce per attaccarsi, affezionarsi alla persona a cui è stato affidato…

R. – Sì, però al minore bisogna assicurare non solo un rapporto affettivo, che ha una valenza importante. Bisogna aiutare anche il minore a tornare nella sua famiglia e, in ogni caso, dargli la possibilità di vivere in un contesto che assomigli sempre più – se non dovesse poter ritornare nella sua famiglia di origine – a una famiglia: cioè, ad avere una complementarietà di persone, un uomo e una donna, che lo aiutino a crescere.

D. – Tuttavia, il testo del provvedimento non appare soddisfacente per altri profili, voi dite…

R. – Sì, noi sappiamo che l’art. 6 della legge sull’adozione prevede che i genitori adottivi possano essere soltanto persone coniugate. Ma oggi una certa giurisprudenza "creativa" soprattutto nelle Corti di giustizia internazionali, in modo particolare della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha iniziato ad estendere il concetto di famiglia anche a persone dello stesso sesso. Non possiamo non rilevare che è facile immaginare come questo disegno possa diventare un "cavallo di Troia" per aprire più facilmente il nostro ordinamento all’affidamento di minori a persone omosessuali in coppia.

D. – Si configura come un possibile attacco alla famiglia fondata sul matrimonio…

R. – Sì, io credo che la svolta sarà determinata nel momento in cui saranno approvate le cosiddette unioni civili alla tedesca, che sono state annunciate due giorni fa di nuovo da Renzi, che prevedono tra l’altro la "step child adoction", cioè l’adozione del figlio del proprio partner omosessuale. Alle unioni civili sarà attribuito nella sostanza lo stesso status del matrimonio tra un uomo e una donna.

D. – E un indebolimento del matrimonio sembra configurarsi anche con il ddl che introduce il cosiddetto divorzio breve…

R. – Sì, perché il testo che oggi è all’esame dell’aula del Senato aggiunge una novità significativa: i coniugi, se sono d’accordo e se i figli sono maggiorenni, possono saltare il passaggio della separazione e giungere direttamente al divorzio. Paradossalmente, sarà più facile divorziare che cambiare gestore della propria utenza telefonica…

D. – Quindi, se da una parte chi lo difende parla di una semplificazione nelle pratiche burocratiche, dall’altra parte però c’è da mettere in risalto la banalizzazione del matrimonio che rischia di venire fuori da questo provvedimento…

R. – Certamente. Non solo si avrebbe una banalizzazione del matrimonio, ma anche un indebolimento della responsabilità di coloro i quali si accingeranno a sposarsi.

D.  – A vantaggio di chi?

R. – Sicuramente degli organizzatori di cerimonie, di chi da queste guadagna. Ma sarà veramente uno svantaggio per la nostra società, per la tenuta morale della nostra società, perché una società che diventa sempre più liquida, che non ha più riferimenti sociali – e la famiglia è uno di quei punti di riferimento che fondano la società – non ha un futuro roseo.

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Ogd: regole calpestate nel violare sacralità confessione

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Aspre polemiche dopo la pubblicazione sul Quotidiano Nazionale - che racchiude anche Il Giorno, Il Resto del Carlino e La Nazione - di alcuni servizi giornalistici sulla Confessione ottenuti con l’inganno, violando la sacralità del Sacramento. Una giornalista si è finta penitente per trascrivere le risposte del padre confessore, inventando ad esempio di essere una madre lesbica che chiede il battesimo per la figlia. L’Ordine dei giornalisti italiani parla di regole calpestate, mentre l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra in una nota ha denunciato la sacralità violata e grave mancanza verso i credenti. Sulla gravità di quanto commesso dalla giornalista del Quotidiano Nazionale, Massimiliano Menichetti ha intervistato il prof. Paolo Moneta, presidente dell’Associazione canonistica italiana: 

R.  – La Chiesa ha un tesoro spirituale costituito dai Sacramenti. Ora, andare a profanare questo ambito è certamente un attentato alla sensibilità della Chiesa, alla sensibilità dei cattolici.

D. – Che cosa rischia un fedele che compie un atto di questo tipo?

D.  – Si viola il Sacramento, la santità del Sacramento. Il fedele rischia una sanzione canonica che può andare da quella più grave della scomunica fino ad altri provvedimenti di minore gravità. Ovviamente, uno che è fuori della Chiesa rischia la pena, ma la pena non viene avvertita se non c’è alcuna sensibilità ecclesiale.

D. – Lei ha ribadito: la Confessione presuppone un’intima fiducia che servizi come quelli usciti sui giornali violano e tradiscono. Nel Sacramento stesso si colpisce anche la persona, è così?

R. – La persona che si affida al sacerdote per confidargli i suoi peccati certamente rimane ferita se sa che questo canale intimo e privilegiato viene violato in maniera riprovevole.

D. – A livello di diritto italiano, una tale violazione dove viene collocata?

R. – Noi avevamo i reati contro il sentimento religioso che sono stati depenalizzati, quindi ora sono contravvenzioni, però ci sono. Una volta erano gli articoli 402 e seguenti del Codice penale a regolare la materia, poi sono stati sostituiti, aggiornati. Però, rimane questa offesa alla religione mediante l’offesa a un suo ministro, come può essere questo caso in cui il sacerdote che ascolta la confessione viene in sostanza offeso da un comportamento ingannatorio del finto penitente.

D. – E per quanto riguarda il Diritto canonico come si colloca?

R. – Si colloca fra i diritti più gravi che sono di competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede. Però, come dicevo, non hanno praticamente rilevanza al di fuori della Chiesa.

D.  – Chi può attivare questo procedimento?

R. – Può essere attivato dallo stesso vescovo diocesano. La cosa poi va segnalata alla Congregazione per la Dottrina della Fede che decide se procedere o meno.

In questo quadro, il direttore del Quotidiano Nazionale, Andrea Cagini, intervistato da Avvenire ribadisce che “quando un giornalista è d’inchiesta quasi sempre viola la deontologia”. Massimiliano Menichetti ha intervistato Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Toscana, competente per eventuali sanzioni: 

R. – Credo sia un’iniziativa inopportuna, perché contrasta con le regole della nostra professione che impongono al giornalista di presentarsi come tale, a meno che non sia a rischio la propria incolumità personale. Lo dice la Carta dei doveri del giornalista, il decalogo a cui si dovrebbe sempre attenere il giornalista. E credo che dal punto di vista informativo non porti molto, non ci sia un requisito di interesse pubblico così importante. Probabilmente, se avesse scelto un altro parroco il messaggio non sarebbe stato esattamente lo stesso…

D. – Cioè, quindi anche la rappresentatività è relativa…

R. – A maggior ragione, allora, ci si chiede: c’era bisogno di compiere un atto così forte rispetto anche alla sensibilità e ai valori che si andavano a colpire? Era indispensabile?

D. – Il presidente nazionale dell’Ordine, Jacopino, ha ipotizzato la ricerca dello scandalo…

R. – Non so se si cercasse lo scandalo. Io la trovo un’iniziativa inopportuna che non fa del bene ai fedeli, non fa del bene nemmeno all’immagine dei giornalisti. Credo che il direttore Cangini avrebbe dovuto riflettere meglio prima di commissionare questa inchiesta.

D. – Il quotidiano Avvenire riporta le parole di Cangini che dice: “Quando un giornalista è d’inchiesta, quasi sempre viola la deontologia. Fa parte del nostro lavoro”. Una frase del genere praticamente significa che non esiste la deontologia…

R. – Direi che questa frase si può iscrivere nel manuale delle cose che non ha senso dire, che non sono vere. Se sono vere per chi le ha pronunciate, sono gravi. Sicuramente, non sono vere per le decine di migliaia di giornalisti che fanno il loro dovere con attenzione, con scrupolo, con correttezza, perché la deontologia non è un optional: è un elemento fondamentale della nostra professione. Nel momento in cui viene meno, viene meno la nostra professione. Certe frasi, veramente fa male sentirle.

D. – L’Ordine della Toscana sta valutando dei provvedimenti, oppure no?

R. – Distinguiamo due aspetti. La sanzione disciplinare che viene a seguito di un procedimento a mio avviso è sempre una sconfitta per tutti. Fondamentale è riuscire a far maturare tra tutti i colleghi, coinvolgendo anche i direttori, una etica dell’informazione che porti con sé il fatto che certi scivoloni non accadano. Poi, c’è anche l’aspetto disciplinare: su quello è competente il Consiglio territoriale di disciplina. Il Consiglio regionale dell’Ordine ha la facoltà di presentare un esposto come qualsiasi altro cittadino o lettore. Ovviamente, questo lo valuteremo nel corso della prossima riunione del Consiglio.

D. – Vi state confrontando, su questo caso?

R. – Certamente.

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Mons. Galantino: investire nel welfare è beneficio per il Paese

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"Avvenire ha preso una posizione coraggiosa che va sostenuta": così il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, sul commento del giornale dei vescovi sull'assoluzione di Berlusconi. Il quotidiano ha scritto che la sentenza non coincide con un’approvazione morale. "La legge arriva fino a un certo punto ma il discorso morale è un altro" ha detto Galantino, che ha parlato a Roma a margine di un convegno sul servizio civile. Secondo l’Istituto Toniolo il 91% dei giovani considera il volontariato un’esperienza formativa importante. Alessandro Guarasci

Il servizio civile piace alla stragrande maggioranza dei ragazzi, ma solo un giovane su dieci ha fatto un’esperienza concreta. Anche la proposta del governo che vuole varare un servizi civile universale, con 36 mila posti per i prossimi anni, è conosciuta nei dettagli solo dal 10% dei giovani. L’80% poi dei ragazzi del Centro-Sud e il 68% del Nord lo consiglierebbe a un coetaneo. Insomma per l’Istituto Toniolo in Italia c’è una vasta richiesta di partecipazione sociale che però ancora non è stata valorizzata. Per mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, lo Stato sociale va rafforzato:

“Penso che crescerà l’investimento sul welfare nella misura in cui noi saremo consapevoli del beneficio che viene al nostro Paese proprio dall’investimento sul welfare”.

E nel welfare rientra anche la scuola. Il provvedimento "La Buona Scuola", al vaglio del Consiglio dei Ministri, prevede sgravi per chi mandi i figli alle paritarie, ma solo fino alle medie. Ancora Galantino:

“Noi affrontiamo i problemi non dal punto di vista culturale, ma li affrontiamo e continuiamo ad affrontarli soltanto per ‘mettere le pezze’”.

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Premio Templeton. Jean Vanier: disabili ci rendono più umani

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Il “Premio Templeton”, uno dei massimi riconoscimenti mondiali che ogni anno viene attribuito a personalità del mondo religioso, è stato assegnato nel 2015 a Jean Venier, l’86.enne fondatore delle comunità dell'Arca e del movimento “Fede e Luce”, organismi che da 50 anni sono in prima linea nell'accoglienza ai disabili mentali. Le parole di Jean Vanier al microfono di Hélène Destombes:

R. – C’est super parce-que ça tire l’attention sur les personnes…
Ne sono felice, perché questo premio richiama l’attenzione sulle persone che hanno un handicap, e questo è importante. Infatti, l’aspetto particolare all’“Arche”, come a “Foi et Lumière” – Fede e Luce – è la rivelazione per cui le persone con handicap mentale sono persone super! Non hanno sviluppato la mente, ma hanno cuore! Ed è necessario ricordare – perché purtroppo lo dimentichiamo troppo velocemente – che le persone con handicap per tantissimo tempo sono state considerate più o meno come una punizione di Dio, come una vergogna, e molto presto venivano rinchiuse in grandi istituti. C’è stata quindi una specie di rivoluzione: noi diciamo che molto lontani dall’essere puniti da Dio, sono proprio loro che possono condurci da Dio, che ci possono portare ad essere più umani, più aperti, più affettuosi… Ora, il fatto che per questo ci sia un premio, aiuta le persone a riconoscere: “Ah, guarda, lì forse c’è qualcosa che mi può riguardare da vicino…”.

D. – Questa “ricompensa” è in un certo modo un incoraggiamento a continuare, attraverso l’“Arche”, la vostra opera di inserimento e di trasmissione dei valori della pace e della tolleranza…

R. – Ah, certainement. Aussi de continuer à ouvrer ensemble…
Sicuramente. E’ anche uno stimolo a continuare a lavorare insieme in termini interreligiosi ed ecumenici. Di continuare a incoraggiare le persone a incontrare quelle con handicap, non solamente per “fare” delle cose per loro, ma per entrare in relazione con loro e scoprire che possono aiutarci a diventare più liberi, a far cadere i nostri pregiudizi, a far cambiare quelle idee secondo cui le società e la Chiesa magari costruiscono delle scale… Quello che conta è che ciascuno scopra che entrando nel Corpo mistico e nel cuore della Chiesa bisogna diventare più affettuosi.

D. – Diverse personalità hanno ricevuto questo premio, come Madre Teresa o Desmond Tutu. Ci sono similitudini tra le lotte che loro hanno condotto e la sua?

R. – Oui: nous ouvrons pour la paix. Mère Térèse ouvrait…
Sì, noi lavoriamo per la pace. Madre Teresa lavorava per i reietti, Desmond Tutu ha ricevuto il Premio per la sua opera di riconciliazione, per il suo impegno nel riportare insieme le persone… “L’Arche” fa la stessa cosa: la finalità de “L’Arche” è quella di fare avvicinare quelle persone che di fatto, sul piano umano, si trovano agli antipodi. Le persone che si impegnano nell’“Arche” vengono da ambiti professionali diversi, da formazioni diverse e vengono a vivere insieme alle persone con handicap e tutti e due sono così trasformati, diventano più umani. Il pericolo insito nel nostro mondo è che non si incontri l’altro diverso: lo si giudica, lo si critica…

D. – La sua opera ha un impatto sociale e umano incontestabile; qual è invece l’impatto spirituale?

R. – Je crois beaucoup aujourd’hui qu’il faut créer des communautés qui…
Credo molto che oggi sia necessario creare delle comunità che vivano i valori del Vangelo: di vivere insieme, di vivere le Beatitudini e di scoprire che la vita delle Beatitudini, la vita del Vangelo può essere vissuta molto semplicemente vivendo insieme. Ecco, il messaggio del Vangelo è di diventare uomini e donne di compassione. Se tu diventi un uomo o una donna di compassione, sarai simile a Gesù.

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Libro-intervista sul cardinale Cottier, teologo di tre Papi

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Un dialogo a tutto campo sulla Chiesa degli ultimi 50 anni con il “teologo di tre Papi”. E’ quanto si legge nel volume “Selfie”, libro-intervista della giornalista Monica Mondo di Tv2000 con il cardinale George Cottier, teologo della Casa Pontificia dal 1989 al 2005. Il volume, edito da Cantagalli, è stato presentato ieri nella sede della nostra emittente. Il servizio di Michele Raviart

Che cosa hanno in comune San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco? Per il cardinale George Cottier, che ha lavorato con tutti e tre, non c’è dubbio: la continuità con il Concilio Vaticano II:

“Sono psicologicamente (tre Papi) molto differenti, ma la continuità è la fedeltà al Concilio: la fonte immediata della loro ispirazione e tutte le intuizioni sono del Concilio, e sono ancora da sviluppare. Per esempio, il tema attuale della povertà: mi ricordo che al Concilio c’è stato tutto un gruppo di lavoro sulla Chiesa dei poveri. Dunque, io ritrovo il Concilio in tutti”.

Tra le intuizione del Vaticano II - al quale Cottier ha partecipato, prima come teologo privato, poi al seguito del cardinale Journet - quella del dialogo tra le religioni attraverso il comune denominatore della pace. Un concetto alla base stessa del cristianesimo. Ancora il cardinale Cottier:

“La Chiesa è per natura evangelizzatrice e missionaria, e lo stile della missione è riassunto con questa parola che si chiama ‘dialogo’. Il vero dialogo è la trasmissione di un messaggio, un messaggio evangelico, che non è nostro ma che viene da Dio, tenendo conto del cammino personale della persona. Il cristianesimo non parla a dei gruppi, non parla a delle masse, parla a delle persone e questo vuol dire, mi sembra, ‘dialogo’”. 

La Chiesa è “santa per definizione, eppure composta da peccatori”, spiega Cottier. Per questo, tra i compiti del Papa c’è quello di cercare di purificarla:

“La semplicità è la questione della Chiesa che parla al mondo. E allora, dobbiamo essere attenti a tutti gli ostacoli che ci sono da parte nostra: abitudine, stile di vita, che non hanno niente a che fare con il Vangelo e con la Chiesa stessa, ma che sono come delle sedimentazioni che sono venute con la storia. Una progressiva purificazione è necessaria e questo si fa con l’intuizione, la grazia che ha ciascun Papa. Non possiamo dire: ‘C’è un programma da seguire’!”. 

Il porporato domenicano, che ora ha 92 anni, è stato scelto dall’autrice Monica Mondo per la sua esperienza e per rispondere alla domande sui grandi temi del nostro tempo: ateismo, bioetica, ecumenismo. Un libro-intervista realizzato dal punto di vista del semplice fedele, spiega l’autrice:

“Domande sulla mancanza di fede, su questo allontanamento dei giovani dalla Chiesa, sulle donne, su tante questioni che sono state affrontate nel Sinodo. E lui ha risposto, in maniera alle volte spiazzante, alle volte confortante. Sui valori non negoziabili mi ha risposto: ‘Ma perché, ci sono forse dei valori negoziabili? Perché, la povertà, la miseria, i migranti che arrivano nelle nostre coste, un’economia distorta: sono valori negoziabili?’. Ma, la frase che porto con me nel cuore è: ‘Dio non ama meno questo nostro tempo di quelli che ci hanno preceduto’”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Ordinari Terra Santa: appello per rifugiati siriani e iracheni

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Un invito alla comunità internazionale e alle Nazioni Unite ad intervenire a favore dei rifugiati siriani e iracheni in Giordania “per non lasciarli nella loro situazione di disperazione” e un appello per la ricostruzione di Gaza “per aiutare le migliaia di famiglie rimaste senza casa dopo l’ultimo conflitto”. È quanto chiedono gli Ordinari cattolici di Terra Santa al termine della loro Assemblea svoltasi il 10 e 11 marzo nel Salone della Custodia a Gerusalemme.

Problema della scuola in Israele
Durante i lavori gli Ordinari - riferisce l'agenzia Sir - hanno discusso anche della situazione della scuola che dovrebbe, a loro avvivo, “continuare ad offrire, oltre ad eccellente formazione accademica e umana, la formazione religiosa a tutti gli studenti”. In particolare, per le scuole in Israele i vescovi invitano “a proseguire il dialogo con il Ministero dell’Istruzione per risolvere la questione delle sovvenzioni e della partecipazione dei genitori al sostegno finanziario delle scuole, con la convinzione che lo scopo delle nostre scuole non è il profitto ma l’educazione per eccellenza”.  

Gioia per la canonizzazione delle due beate arabe palestinesi 
Durante l’Assemblea svoltasi a Gerusalemme i vescovi cattolici di Terra Santa hanno affrontato anche il tema del prossimo Sinodo sulla famiglia che si terrà a Roma ad ottobre. Nella nota diffusa al termine dei lavori i vescovi sottolineano “la necessità di migliorare la preparazione al matrimonio e la formazione continua delle coppie di fede”. Augurando che il Sinodo “porti molti frutti” i vescovi sperano in un “approfondimento relativo alla nullità del matrimonio rendendola più flessibile senza toccare il principio dell’unità e indissolubilità del matrimonio”. “Immensa gioia” viene infine espressa dall’Assemblea per la prossima canonizzazione delle due beate arabe palestinesi Marie Alphonsine Ghattas, fondatrice della Congregazione del Rosario, e Maria di Gesù Crocifisso Bawardi, fondatrice del monastero carmelitano di Betlemme. (R.P.)

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Iraq: danneggiato il monastero di San Giorgio a Mosul

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I jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) che dallo scorso giugno hanno in mano Mosul, hanno devastato la facciata dell'antico monastero di San Giorgio appartenente all'Ordine antoniano di sant'Ormista dei caldei. Ma la chiesa – riferiscono fonti irachene all'agenzia Fides - al momento risulta essere ancora in piedi, contrariamente alle voci circolate sui media che parlavano di una sua totale demolizione tramite esplosivo. Una foto pubblicata in esclusiva sul sito ankawa.com mostra la chiesa con la facciata sventrata.

Devastato il cimimtero adiacente alla chiesa
La furia distruttiva dei jihadisti si è concentrata sulla facciata del luogo di culto per la sua particolare configurazione architettonica, con i mattoni e le aperture disposti in modo da disegnare una grande croce. Le croci che spiccavano sulla cupola e sul tetto del monastero erano state divelte dai jihadisti già a dicembre, analogamente a quanto è accaduto alle altre chiese sparse nei territori controllati dallo Stato Islamico. Le fonti locali e la foto pubblicata dal sito iracheno confermano che a subire devastazione è stato soprattutto il cimitero adiacente alla chiesa, dove riposavano anche i corpi di molti soldati iracheni cristiani caduti durante il conflitto Iraq-Iran.

Monastero già trasformato in prigione
In tempi recenti, secondo notizie confermate da più fonti, il monastero di San Giorgio era stato usato dai jihadisti anche come luogo di detenzione. A dicembre vi erano stati trasferiti almeno 150 prigionieri bendati e ammanettati, compresi alcuni capi tribù sunniti oppositori dello Stato Islamico ed ex membri degli apparati di sicurezza, detenuti in precedenza presso la prigione di Badush (evacuata nella previsione di un possibile attacco da parte della coalizione anti-Califfato). 

L'affidamento alla protezione di San Giorgio
In precedenza, fonti locali avevano riferito alla Fides che presso il medesimo monastero erano stati portati gruppi di donne. “Siamo addolorati per quello che succede al monastero - dice a Fides suor Luigina, superiora delle suore caldee a Roma, nata e cresciuta a Mosul - ma confidiamo che alla fine ci penserà San Giorgio, che è molto potente, come sanno bene gli abitanti di Mosul, cristiani e musulmani, che gli sono tutti molto devoti” . (G.V.)

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Siria e Iraq: 14 milioni i bambini in condizioni disperate

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Circa 14 milioni di bambini soffrono a causa del conflitto in Siria e in Iraq. E' quanto denuncia l'Unicef, che segnala come con l'inizio del quinto anno di conflitto in Siria, la situazione di piu' di 5,6 milioni di bambini all'interno del Paese rimane ancora piu' disperata. 2 milioni di bambini vivono nelle aree del Paese maggiormente tagliate fuori dall'assistenza umanitaria a causa dei combattimenti o di altri fattori. Circa 2,6 milioni di bambini siriani non vanno a scuola. Almeno 2 milioni di minori vivono come rifugiati in Libano, Turchia, Giordania e altri Paesi in campi in difficoltà a causa di servizi sanitari e scolastici gia' al collasso. Intanto, la crisi sempre piu' grave in Iraq ha costretto piu' di 2,8 milioni di bambini a lasciare le proprie case, molti altri sono intrappolati in aree controllate da gruppi armati. 

Le violenze cambiano il futuro degli adolescenti
"Per i bambini piu' piccoli, questa crisi e' l'unica realta' che abbiano mai conosciuto. Per gli adolescenti, le violenze e le sofferenze non hanno solamente rovinato la fanciullezza, ma anche cambiato profondamente il loro futuro - dichiara Anthony Lake, direttore generale dell'Unicef - spiegando che si tratta di una generazione di giovani ancora in pericolo di perdersi nel ciclo delle violenze e di far pagare poi alla prossima generazione quello che loro hanno sofferto". Giacomo Guerrera, presidente dell'Unicef Italia, sottolinea che, grazie ai donatori italiani, sono stati raccolti oltre 3.619.000 euro per i bambini siriani. (F.S.)

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Vescovi Australia: per gli aborigeni più servizi dignitosi

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“Quale scelta?”: questa la domanda retorica posta da mons. Christopher Saunders, presidente della Commissione episcopale per le relazioni con gli aborigeni della Chiesa in Australia, di fronte alle dichiarazioni del premier, Tony Abbott, che ha definito come “una scelta di stile di vita” il fatto che i nativi vivano in comunità remote del Paese.

Scegliere dove vivere è un diritto umano fondamentale
“Ma dov’è la scelta di vita? – sottolinea mons. Saunders – Le comunità aborigene hanno servizi scandenti e soffrono perché le loro voci non vengono sufficientemente ascoltate”. Attualmente, continua il presule, “i nativi sono costretti a lasciare le loro terre ancestrali per vivere in città. E la realtà è che le persone non sanno dove andare e per questo finiscono per strada, lontane dalle loro terre, dalle loro tradizioni, famiglie, culture e spiritualità”. “È un diritto umano fondamentale – ribadisce il vescovo australiano – scegliere dove vivere, ma sembra che il governo locale stia dando alle comunità aborigene la ‘scelta’ di vivere in comunità con servizi e risorse limitate”.

Occorre parità di diritti tra aborigeni ed altri australiani
Di qui, il richiamo del presule al fatto che “dopo 200 anni di colonizzazione ed esproprio, sicuramente qualcosa è dovuto ai nativi australiani in segno di rispetto e di risarcimento”, tanto più che “studi recenti hanno dimostrato che, quando le comunità aborigene sono supportate nel fornire modelli di gestione delle terre o nel creare nuovi fonti di sostentamento, si sono avuti risultati di gran lunga migliori nell’ambito della sanità e dell’educazione”. Per questo, mons. Saunders conclude: “Come tutti gli altri australiani, i nativi hanno il diritto di accedere ai servizi comunali di base”.

Espropriare altri nativi, un duro colpo per le comunità
Dal suo canto, il Consiglio cattolico per i nativi aborigeni ha definito “un insulto” la definizione del premier Tabbot, evidenziando come “l’esproprio di altre generazioni aborigene impartirà un duro colpo agli standard sanitari ed educativi dei nativi”, mentre “il peso sulle altre comunità cresce quando le popolazioni sono costrette a spostarsi”. (I.P.)

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Perù: bocciato progetto di legge su unioni omosessuali

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Il vero matrimonio è solo quello tra uomo e donna: lo ribadisce mons. José Antonio Eguren, vescovo di Piura e presidente della Commissione episcopale per la Famiglia, l’infanzia e la vita della Chiesa in Perù. Le parole del presule arrivano dopo che la Commissione Giustizia e diritti umani del Parlamento locale ha respinto il progetto di legge sulle unioni civili omosessuali. La boccatura della proposta normativa si è avuta con sette voti contrari, quattro favorevoli e due astensioni.

Progetto di legge contrario all’ordine naturale ed alla Costituzione
In un messaggio inviato all’agenzia Aciprensa, mons. Eguren appoggia la decisione parlamentare di “archiviare il progetto di legge, in quanto ritenuto contrario all’ordine naturale, distorcente la vera identità della famiglia ed in contraddizione con la finalità del matrimonio, tutelata dalla Costituzione peruviana”. Non solo: il presule evidenzia che i promotori del progetto di legge miravano ad “introdurre in Perù un nuovo concetto di famiglia e di adozione di figli, privando questi ultimi del diritto naturale di avere un padre ed una madre”.

No a strumentalizzazioni del linguaggio
Quindi, mons. Eguren esprime rammarico in relazione al fatto che “diverse persone e mass-media hanno mostrato pregiudizi contro chi si è schierato contro questo progetto normativo”, definendo le opinioni contrarie come “omofobiche”. Ma questa è una “strumentalizzazione aggressiva del linguaggio”, sottolinea il presule, anzi: “paradossalmente, tali espressioni rappresentano una forma di intolleranza di coloro che si dicono tolleranti”.

La famiglia va tutelata, non trasformata
Inoltre, presidente della Commissione episcopale per la Famiglia ricorda che “la famiglia, patrimonio dell’umanità, fondata sul matrimonio tra uomo e donna, comunità di amore aperta alla vita, è una società naturale precedente alla legge ed allo Stato e, per tanto, non è una costruzione sociale, bensì un’istituzione di diritto naturale iscritta nella stessa natura umana e quindi deve essere rispettata, protetta e promossa, non trasformata”.

Rispettare le persone omosessuali
“Il vero matrimonio è solo quello tra uomo e donna, dal cui amore nasce un figlio”, aggiunge il presule, ribadendo poi che “i cattolici sono consapevoli che tutte le persone umane hanno uguali diritti e che, quindi, ogni forma di discriminazione va respinta”. Pertanto, “il maltrattamento degli omosessuali va condannato, poiché significa dimenticare la loro dignità umana ed il loro diritto ad essere amati, perché Dio li ama”. “Le persone omosessuali – conclude mons. Eguren – sono il nostro prossimo che va amato, ovvero rispettato e compreso” perché, come afferma il Catechismo della Chiesa cattolica, “ciò che è moralmente sbagliato non è avere un’inclinazione omosessuale, bensì agire conformemente ad essa”. (I.P.)

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Pakistan: nozze forzate per ragazze cristiane ed indù

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Sono almeno 500 i casi accertati, in un anno e mezzo, di ragazze delle minoranze religiose, cristiane e indù, rapite da musulmani e costrette alle nozze islamiche: lo afferma un forum composto dalle Ong pakistane “Human Rights Focus Pakistan” (Hrfp), “Global Human Rights Defense” e “Coalition for the Rights of Minorities, Pakistan”.

Molti casi non denunciati per paura di vendette o ritorsioni
Come riferisce all'agenzia Fides Naveed Walter, presidente di Hrfp, la maggior parte dei casi censiti a partire dal 2014 e nei primi mesi del 2015 si sono verificati, per il 70%, nella provincia del Punjab. Restano da considerare molti casi non denunciati per paura di vendette o ritorsioni. Le Ong hanno chiesto al governo provinciale del Punjab e a quello federale di intraprendere azioni concrete per controllare e fermare il fenomeno, che è un grave abuso dei diritti individuali. Naveed Walter stigmatizza “la reticenza delle autorità governative di limitare questa forma di violenza contro le minoranze religiose”.

Chiesto un pool speciale di magistrati, polizia e funzionari pubblici
Il forum ricorda i casi di Rinkle Kumari nella provincia del Sindh, di Poonam Kumari e Payal Kumari in quella del Baluchistan, di Saba Waris, Hina e molti altri in Punjab. “Troppo spesso prevale la cultura dell'impunità nei riguardi dei responsabili di rapimenti, conversioni forzate e matrimoni forzati” si afferma. Il forum chiede di creare un pool speciale di magistrati, polizia e funzionari pubblici per monitorare, segnalare e intervenire tempestivamente quando si verificano casi come questi. (P.A.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 71

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.