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Sommario del 14/03/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco annuncia un Giubileo straordinario: Anno Santo della Misericordia

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Un Giubileo straordinario, un Anno Santo della Misericordia: è l’annuncio che Papa Francesco ha fatto ieri pomeriggio, nella Basilica Vaticana, durante l’omelia della celebrazione penitenziale con la quale il Papa ha aperto l’iniziativa “24 ore per il Signore”. Un annuncio accolto dall’applauso dei presenti. Durante l’omelia Francesco ha sottolineato la ricchezza della misericordia di Dio evidenziando “con quanto amore ci guarda Gesù, con quanto amore guarisce il nostro cuore peccatore”. Il servizio di Adriana Masotti

"Siate misericordiosi come il Padre"
“Ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della Misericordia. Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre. (…) Questo Anno Santo inizierà nella prossima solennità dell’Immacolata Concezione e si concluderà il 20 novembre del 2016, Domenica di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo e volto vivo della misericordia del Padre”.

E’ l’annuncio con cui Papa Francesco conclude la sua omelia per la liturgia penitenziale celebrata nella Basilica Vaticana, un Giubileo straordinario che Francesco vede come una opportunità attraverso cui “la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia”.

“Affido l’organizzazione di questo Giubileo al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, perché possa animarlo come una nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare ad ogni persona il Vangelo della misericordia, ha continuato, sono convinto che tutta la Chiesa, che ha tanto bisogno di ricevere misericordia, perchè siamo peccatori, potrà trovare in questo Giubileo la gioia per riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare consolazione ad ogni uomo e ogni donna del nostro tempo”.

Il Vangelo ci apre un cammino di speranza
E al tema della misericordia Papa Francesco ha dedicato dedica l’intera omelia: come ricorda l’apostolo Paolo, dice, riferendosi alla prima lettura, “Dio non cessa mai di mostrare la ricchezza della sua misericordia nel corso dei secoli”. Il Vangelo, continua, “ci apre un cammino di speranza e di conforto”. E del brano che racconta l’episodio della donna che lava i piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli, li bacia e li unge d’olio profumato, mentre Simone, il padrone di casa che ha invitato il Maestro alla sua tavola la giudica quale peccatrice, Francesco sottolinea due parole che ritornano con insistenza: amore e giudizio.

 “C’è l’amore della donna peccatrice che si umilia davanti al Signore; ma prima ancora c’è l’amore misericordioso di Gesù per lei, che la spinge ad avvicinarsi. (…) “Ogni gesto di questa donna parla di amore ed esprime il suo desiderio di avere una certezza incrollabile nella sua vita: quella di essere stata perdonata. E questa certezza è bellissima. E Gesù le dà questa certezza: accogliendola le dimostra l’amore di Dio per lei, proprio per lei! Dio le perdona molto, tutto, perché «ha molto amato».  “Questa donna ha veramente incontrato il Signore. (…) Per lei non ci sarà nessun giudizio se non quello che viene da Dio, e questo è il giudizio della misericordia. Il protagonista di questo incontro è certamente l’amore, la misericordia,  che va oltre la giustizia”.

Nessuno può essere escluso dalla misericordia di Dio
Simone il fariseo, al contrario, afferma il Papa, “non riesce a trovare la strada dell’amore”(…) “Nei suoi pensieri invoca solo la giustizia e facendo così sbaglia. Il suo giudizio sulla donna lo allontana dalla verità e non gli permette neppure di comprendere chi è il suo ospite. Si è fermato alla superficie, non è stato capace di guardare al cuore”.

“Il richiamo di Gesù spinge ognuno di noi a non fermarsi mai alla superficie delle cose, soprattutto quando siamo dinanzi a una persona. Siamo chiamati a guardare oltre, a puntare sul cuore per vedere di quanta generosità ognuno è capace. Nessuno può essere escluso dalla misericordia di Dio; tutti conoscono la strada per accedervi e la Chiesa è la casa che tutti accoglie e nessuno rifiuta. Le sue porte permangono spalancate, conclude il Papa, perché quanti sono toccati dalla grazia possano trovare la certezza del perdono”.

Un’accoglienza che trova la sua immagine simbolica proprio nel rito iniziale del Giubileo straordinario appena annunciato: l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, l’8 dicembre prossimo.

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Mons. Fisichella: misericordia è volto di Cristo che va incontro a tutti

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Sul significato dell’Anno Santo della Misericordia, Sergio Centofanti ha sentito mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, cui il Papa ha affidato l’organizzazione del Giubileo: 

R. - È un significato che trova riscontro nella simbologia che Papa Francesco ha voluto utilizzare. Innanzitutto, ha dato l’annuncio il 13 di marzo, cioè l’ingresso nel terzo anno del suo Pontificato; lo ha fatto durante una celebrazione penitenziale, ricordando ai confessori il compito che hanno di dover esprimere la misericordia; lo ha fatto confessandosi lui stesso, e diventando poi a sua volta confessore. Quindi penitente e confessore, a testimonianza del grande mistero della misericordia che ci avvolge … e non dimentichiamo che verrà aperta la Porta Santa proprio nel giorno del cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II. Tutti questi elementi - a mio avviso - indicano il percorso e danno significato a questo Giubileo straordinario.

D. – Oggi c’è un grande dibattito nella Chiesa sul rapporto tra verità e misericordia: ma cos’è la misericordia cristiana?

R. – La misericordia cristiana è la verità su Dio ed è la verità che Dio ci ha voluto far conoscere. La misericordia è la parola sintesi del Vangelo. La misericordia è il volto di Cristo: è quel volto che noi conosciamo in tutti gli aspetti della sua esistenza, quando va incontro a tutti, quando guarisce gli ammalati, quando siede a tavola con i peccatori pubblici e soprattutto quando, inchiodato sulla croce, perdona: lì noi abbiamo il volto della misericordia divina.

D. – Il Papa una volta ha ricordato l’etimologia di questa parola in latino: miseris cor dare, “dare il cuore ai miseri”…

R. – È vero, la misericordia è questo: è ricordarsi che, nel momento in cui noi siamo portatori di Cristo e testimoni del suo amore, dobbiamo guardare in primo luogo a quelli che sono i privilegiati agli occhi di Cristo. Sono quelli che lui stesso ci ha indicato: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete accolto, ero nudo e mi avete vestito, ero in carcere, ero malato e mi avete visitato”. E davanti alla meraviglia di questi per averlo o non averlo riconosciuto, Gesù ci ha anche detto: “Ogni volta che lo avete fatto a uno di questi più piccoli, lo avete fatto a me”.

D. – Il Papa ha affidato al vostro Pontificio Consiglio l’organizzazione del Giubileo. Può dirci già qualcosa su come si svolgerà?

R. – È ancora troppo presto. Il Papa ci ha sorpreso tutti e quindi adesso viviamo la gioia dell’annuncio. Per quanto riguarda l’organizzazione, le prossime settimane la macchina è già in moto, ma potrà certamente essere più precisa. In ogni caso, già nel suo discorso di annuncio il Papa ha dato il “la”, dicendoci che questo Giubileo inizia un cammino, ed è il cammino della conversione spirituale. Quindi, prima di tante altre preoccupazioni strutturali, rimane la più importante: quella della conversione del cuore.

D. – Roma deve aspettare l’arrivo di grandi masse di pellegrini?

R. – Roma ormai è abituata ad accogliere masse di pellegrini e ad accogliere dei turisti. Penso e sono sicuro che, come sempre, sarà capace di dare il meglio di sé.

D. – Quali sono i suoi auspici?

R. – Il mio auspicio è che l’invito di Papa Francesco sia veramente accolto dalla Chiesa e da quanti vivono la misericordia, come una dimensione di rinnovamento, come una capacità di poter fare un passo in avanti nel cammino di evangelizzazione, attraverso un’azione che si rinnova, un linguaggio che diventa sempre più nuovo, e soprattutto una testimonianza che non ha timore di essere sempre e ancora una volta, privilegiata testimone della misericordia di Dio.

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Tarquinio: Giubileo, evento non prevedibile che capovolge l'oggi

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All’inizio dell’anno Papa Francesco aveva detto “Questo è il tempo della misericordia”. Ieri l’annuncio del Giubileo. Nella memoria recente c’è il Giubileo del Duemila vissuto con Papa Giovanni Paolo II. Porte di misericordia e di fede che in continuità si spalancano per tutta la cristianità, anche in maniera imprevedibile. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire: 

R. – Un evento non prevedibile, perché è un capovolgimento di quello che vediamo oggi: un tempo spesso di disorientamento, un tempo di guerra, di fatica personale, capovolgimento del vivere dentro le nostre società ricche e complesse, di quelle povere, dimenticate e sfruttate.

D. – L’apertura della Porta Santa in San Pietro nella solennità dell’Immacolata Concezione 2015 avviene nel 50.mo anniversario della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II: come a dire che si raccoglie una sfida per continuarla…

R. – E’ un altro modo per comprendere l’idea della Chiesa in uscita di cui ci parla il Papa. Il Concilio è stato un dono della Chiesa al mondo e uno sguardo sull’umanità che aiuta, appunto, a vivere il tempo per portarci dentro qualcosa che lo supera. E noi dobbiamo superare i limiti del tempo nel quale ci troviamo, perché è un tempo segnato da grandi domande e bisogna trovare le risposte incominciando dal guardarci dentro. Accompagnati per mano da chi ci ama, la sposa di Cristo, la Chiesa, credo che possiamo fare un buon cammino.

D. – La cura di questo Giubileo è affidata al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione: anche in questo si vede la Chiesa che esce, che cerca e abbraccia?

R. – Credo che questo affidamento, un evento così grande e così planetario che non ha limiti di continente e non ha limiti di etnia né di cultura, ci dica che la nuova evangelizzazione è il dono e l’esempio che la Chiesa può dare a questo mondo senza pace aprendo le porte – come abbiamo titolato questa mattina con l’editoriale in prima pagina: a tutti "Nessuno escluso”. Questo ci ha detto il Papa, ieri.

D. – Oggi, tutti i quotidiani hanno aperto con la notizia del Giubileo: la speranza, il perdono sulle prime pagine…

R. – Credo che il Papa ci stia aiutando a capire che la Chiesa è là dove non vorrebbero, alcuni seguaci dell’idolo denaro, che la Chiesa fosse. Tra i poveri del mondo che sono poveri dentro o poveri nelle loro tasche, è tra coloro che cercano… Questo credo sia molto importante, perché è la verità sulla Chiesa ed è una verità a disposizione di tutti gli uomini e di tutte le donne. Il Papa continua a usare due parole che ritornano frequentemente – mi colpiscono molto e mi aiutano nel mio lavoro di cronista – amore e giustizia. Queste sono le due misure. E dobbiamo stare molto attenti a non perderle e a saperle illuminare, l’una e l’altra, perché non c’è giustizia senza amore. Il nostro mondo ha bisogno di questo. L’altro titolo che c’è sulle prime pagine dei giornali di oggi parla di una possibile guerra sull’altro lato del Mediterraneo, di fronte alle nostre coste. Una guerra che si sta già combattendo e che può diventare più cattiva e più dura. Ecco, credo che un tempo di misericordia sia un tempo esemplare, anche di fronte agli orrori che vediamo e a quelli che incombono.

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Anno Santo. Francesco: la misericordia rende il mondo meno freddo

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“Siate misericordiosi come il Padre”: sarà un versetto del Vangelo di Luca a fare da guida al Giubileo straordinario della misericordia, indetto ieri da Papa Francesco, nel secondo anniversario dall’inizio del suo Pontificato. L’Anno Santo si aprirà il prossimo 8 dicembre e si concluderà il 20 novembre 2016. L’iniziativa vuole invitare i fedeli di tutto il mondo a celebrare il sacramento della Riconciliazione. Il servizio di Isabella Piro

La misericordia rende il mondo più giusto
“Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto”: è il 17 marzo 2013 quando Papa Francesco pronuncia queste parole. È il suo primo Angelus da Pontefice, che traccia così una delle linee-guida del magistero: la misericordia. D’altronde, per il Papa il tema del perdono e della riconciliazione è essenziale:  sin da vescovo, infatti, Jorge Mario Bergoglio sceglie come motto “Miserando atque eligendo”. Da Papa, poi, conia il neologismo “misericordiando”, cita la misericordia ben 31 volte nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium e nel Messaggio di Quaresima 2015 esorta i fedeli a diventare “isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza”.

Terzo Giubileo straordinario dal secolo scorso
Indetto in occasione di un avvenimento di particolare importanza, il Giubileo voluto da Papa Bergoglio è il terzo, dal secolo scorso, a carattere “straordinario”, dopo quelli del 1933 e del 1983, indetti rispettivamente da Pio XI e da Giovanni Paolo II per celebrare i 1.900 ed i 1.950 anni dalla Redenzione. Ventisei, invece, gli Anni Santi ordinari celebrati fino ad ora, per lo più a distanza di un quarto di secolo l’uno dall’altro. L’ultimo è stato il Giubileo del 2000, voluto da Giovanni Paolo II.

L’8 dicembre, apertura della Porta Santa
Atto simbolico del prossimo Giubileo sarà l’apertura della Porta Santa della Basilica Vaticana, che avverrà l’8 dicembre, nella solennità dell’Immacolata Concezione. Murata per tutto il resto del tempo, la Porta Santa – che in San Pietro sembra risalire al 145 – viene aperta solo in occasione dell’Anno Santo, proprio per offrire ai fedeli un percorso straordinario verso la salvezza. Secondo il rito, Papa Francesco batterà tre volte con un martello sul muro di mattoni che chiude l'accesso, per poi varcare la soglia della Basilica.

Il Vangelo di Luca, evangelista della misericordia
Dopo quella in San Pietro, verranno aperte anche le altre tre Porte Sante di Roma, presenti nelle Basiliche maggiori: San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura. Durante l’Anno Santo, le letture per le domeniche del tempo ordinario saranno prese dal Vangelo di Luca, noto anche come “l’evangelista della misericordia”, colui che narra le parabole della pecorella smarrita e del figliol prodigo.

Sulla scia di Giovanni Paolo II
Nella successione di Pietro, Papa Francesco fa così memoria del magistero dei suoi predecessori: fu Giovanni Paolo II, infatti, a dare risalto al tema della misericordia, sia con l’Enciclica “Dives in Misericordia” del 1980, sia con l’istituzione della Domenica della Divina Misericordia, da celebrare otto giorni dopo la Pasqua. Non a caso, il Giubileo della misericordia verrà proclamato solennemente il prossimo 12 aprile, proprio nella Domenica della Divina Misericordia, con la lettura e la pubblicazione, presso la Porta Santa vaticana, della Bolla ufficiale giubilare.

Il richiamo a Benedetto XVI
Il richiamo a Benedetto XVI riguarda, invece, l’Anno della fede: indetto da Papa Ratzinger nel 2012, a cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II, l’Anno della fede si è concluso il 20 novembre 2013, nella solennità del Cristo Re. Tre anni dopo, nello stesso giorno del 2016, si chiuderà il Giubileo della Misericordia, a mezzo secolo di distanza dalla conclusione del Concilio.

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Francesco: Cristo sia cuore e linfa di ogni opera di carità

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Annunciare un “Vangelo senza sconti” nella vita di ogni giorno, con il coraggio e l’ottimismo tipici di un cristiano adulto nella fede. È ciò che il Papa ha augurato alla Comunità “Seguimi” – un’Associazione laicale presente in 11 Paesi – che ha voluto celebrare con Francesco in Vaticano i 50 anni di vita e di testimonianza. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Lo avevano desiderato all’alba del Concilio Vaticano II, che si preparava ad aprire ai laici nella Chiesa una nuova frontiera di protagonismo: la spinta a vivere un Vangelo “senza sconti” in famiglia, negli ambienti di lavoro, in quelli sociali. Cinquant’anni dopo, in 400 appartenenti alla Comunità “Seguimi” – circa la metà dei membri effettivi – si sono stretti attorno a Papa Francesco per celebrare il traguardo.

Cristo è il centro, non le opere
“È molto bello” il vostro programma di vita, ha riconosciuto il Papa. Un impegno imperniato sulla fedeltà personale ai consigli evangelici, che negli anni ha dato vita a numerose opere di carità e assistenza. Ma, come spesso accaduto in casi analoghi, Francesco ricorda che un cristiano porta Cristo, prima di ogni altra cosa.

“Tante volte, anche nella Chiesa, crediamo di essere buoni cristiani perché facciamo opere sociali e di carità bene organizzate. Va bene, sono cose buone. Ma non dobbiamo dimenticare che la linfa che porta la vita e trasforma i cuori è lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo. Lasciate che Lui, il Signore, occupi il centro del vostro cuore e del vostro operare. E proprio rimanendo saldamente uniti a Lui, come tralci alla vite potete andare verso le periferie del mondo”.

Cristiani creativi e ottimisti
Il Papa definisce l’esperienza della Comunità “Seguimi” un “modo originale di incarnare il Vangelo”, una “via efficace per camminare nel mondo”. Celibi e sposi, che si incontrano, ciascuno nel proprio stato di vita, e condividono “un’esperienza arricchente di complementarietà”:

“Conservate e sviluppate questa comunione fraterna e lo scambio dei doni, finalizzati alla crescita umana e cristiana di tutti, insieme alla creatività, all’ottimismo, alla gioia e al  coraggio di andare – quando è giusto – controcorrente. Siate vigilanti sul vostro cammino spirituale e aiutatevi a praticare sempre la  reciproca carità, che vuol dire difendersi dall’egoismo individualista per essere veri testimoni del Vangelo”.

Laici in prima linea
L’incoraggiamento finale di Francesco alla Comunità è a essere portatori di “valori cristiani”, dell’amore di Gesù in tutti i contesti della quotidianità:

“Vi incoraggio ad essere laici in prima linea, a sentirvi parte attiva nella missione della Chiesa, a vivere la vostra secolarità  dedicandovi alle realtà proprie della città terrena: la  famiglia, le professioni, la vita sociale nelle diverse espressioni. Così potete contribuire, a modo di fermento, a immettere lo spirito del Vangelo nelle pieghe della storia con la testimonianza della fede, della speranza e della carità”.

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Papa: insegnamento è lavoro bellissimo ma malpagato, amare studenti difficili

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Un lavoro bellissimo, malpagato, che non è solo trasmissione di nozioni, ma una relazione. Il Papa ha parlato così dell’insegnamento durante l’udienza in Aula Paolo VI a circa duemila membri dell’Uciim, l’Unione cattolica insegnanti, che quest’anno festeggia i 70 anni di attività. “In una società che fatica a trovare punti di riferimento, i giovani trovino nella scuola un riferimento positivo”, ha aggiunto Francesco esortando gli educatori ad andare nelle “periferie della scuola”, per non abbandonarle “all’emarginazione, all’ignoranza e alla malavita”. Paolo Ondarza: 

Insegnanti malpagati: è un'ingiustizia
Un incontro tra colleghi in Vaticano. Il Papa infatti si è rivolto così agli esponenti dell’Uciim ricevuti in udienza, ricordando le “belle giornate passate da insegnante in aula con gli studenti” in Argentina:

“Insegnare è un lavoro bellissimo. Peccato che gli insegnanti sono malpagati. Perché non è soltanto il tempo che spendono lì per fare scuola, poi devono prepararsi, poi devono pensare ad ognuno degli alunni: come aiutarli ad andare avanti. E’ vero, è un’ingiustizia (…) E’ un lavoro bellissimo, malpagato: è un po’ come essere genitori, almeno spiritualmente. E’ anche una grande responsabilità!”.

Insegnante può essere solo una personalità matura ed equilibrata
Un impegno serio l’insegnamento, che solo una personalità matura ed equilibrata può prendere: ma non si è soli: il lavoro – spiega il Papa – è condiviso con i colleghi e l’intera comunità educativa. Fondata da Gesualdo Nosengo nel 1944, quando l’Italia era ancora in guerra, l’Uciim – ricorda Francesco - ha fatto tanta strada: ha “contribuito a far crescere il Paese, a riformare la scuola, a educare generazioni di giovani” con “quell’entusiasmo e disponibilità che la fede nel Signore dona” rispondendo ai comandamenti: ama il Signore Dio tuo e ama il tuo prossimo:

“Ci possiamo domandare: chi è il prossimo per un insegnante? Il ‘prossimo’ sono i suoi studenti! È con loro che trascorre le sue giornate. Sono loro che da lui attendono una guida, un indirizzo, una risposta – e, prima ancora, delle buone domande!”.

Necessarie relazioni umane per una qualificata istruzione
Discussioni e posizioni riduttive spesso oscurano la “giusta idea di scuola” che invece – esorta il Santo Padre - l’Uciim è chiamata a illuminare: la scuola, statale o non, è fatta di “valida e qualificata istruzione”, ma anche di relazioni umane”:

“Dovete insegnare non solo i contenuti di una materia, ma anche i valori della vita e le abitudini della vita. Per imparare i contenuti è sufficiente il computer, ma per capire come si ama, per capire quali sono i valori e quali abitudini sono quelle che creano armonia nella società ci vuole un buon insegnante”.

Amare con maggiore intensità gli allievi più difficili e più deboli
La scuola non è solo trasmissione di conoscenze tecniche, sebbene sia importante aggiornare le competenze professionali, ma luogo di costruzione di relazioni educative in cui ogni studente “deve sentirsi amato e accolto con tutti i suoi limiti e potenzialità”. Di qui il duplice appello alla scuola a diventare riferimento positivo in una società che fatica a trovare punti di riferimento e agli insegnanti cristiani ad andare nelle periferie della scuola, “che non possono essere abbandonate all’emarginazione, all’ignoranza e alla malavita”:

“Il dovere di un buon insegnante – a maggior ragione di un insegnante cristiano – è quello di amare con maggiore intensità i suoi allievi più difficili, più deboli, più svantaggiati. Gesù direbbe: se amate solo quelli che studiano, che sono ben educati, che merito avete? E ce ne sono alcuni che fanno perdere la pazienza, ma quelli dobbiamo amare di più! Quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili e gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola”.

Educatori credibili
Servono educatori credibili, testimoni di un’umanità matura e completa, constata Francesco esortando gli insegnanti a guardare a grandi figure, come don Bosco e a rinnovare con speranza e fiducia nella vita la “passione per l’uomo nel suo processo di formazione”.

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Nomina episcopale a Maribor, in Slovenia

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e l’arcivescovo Orlando Antonini, nunzio apostolico in Serbia.

In Slovenia, il Papa ha nominato il padre gesuita, Alojzij Cvikl, arcivescovo Metropolita di Maribor. Mons. Cvikl è nato il 19 giugno 1955 a Celje. Dopo l’esame di maturità nel 1974 è entrato nella Compagnia di Gesù a Ljubljana. Ha compiuto gli studi filosofico-teologici dapprima presso la Facoltà di Teologia a Ljubljana e poi presso la Pontificia Università Gregoriana in Urbe. Ha quindi conseguito la Licenza in Pedagogia e Scienze Sociali presso l’Istituto “Lumen Vitae” a Bruxelles (1988-1990). Il 3 luglio 1983 è stato ordinato sacerdote. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: Viceparroco e Parroco nella parrocchia dell’Incarnazione di Gesù Cristo a Ljubljana – Dravlje, Rettore dell’Internato presso l’Istituto arcivescovile S. Stanislao a Ljubljana – Šentvid e Professore di religione al Liceo classico dello stesso Istituto. Dal 1995 al 2001 fu il Provinciale dei Gesuiti in Slovenia e nel 1996 divenne Presidente della Conferenza dei Superiori e Superiore Maggiori della Slovenia. Dal 2001 al 2010 fu Rettore del Pontificio Collegio Russo (Russicum) in Urbe. Dal 2010 è l’Economo dell’arcidiocesi di Maribor.

Francesco ha nominato consultori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi: Mons. Lluís Clavell, Membro Ordinario della Pontificia Accademia di S. Tommaso d'Aquino; Giuseppe Bonfrate, Docente presso la Facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana in Roma; Maurizio Gronchi, Professore Ordinario di Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma; Michele Giulio Masciarelli, Docente di Teologia Dogmatica presso la Facoltà Marianum in Roma e di Teologia Fondamentale presso l'Istituto Teologico Abruzzese‑Molisano in Chieti; Peter Paul Saldanha, Docente di Ecclesiologia presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma; Dario Vitali, Docente di Ecclesiologia presso la Pontificia Università Gregoriana in Roma; Aimable Musoni, S.D.B., Docente di Teologia Sistematica, Ecclesiologia ed Ecumenismo presso la Pontificia Università Salesiana in Roma; Reverendi Padri: François‑Xavier Dumortier, S.I., Rettore Magnifico della Pontificia Università Gregoriana in Roma; Georges Ruyssen, S.I., Docente di Diritto Canonico presso il Pontificio Istituto Orientale in Roma; Sabatino Majorano, C.SS.R., Docente di Teologia Morale Sistematica presso l'Accademia Alfonsiana in Roma; Manuel Jesús Arroba Conde, C.M.F., Preside dell'Istituto Utriusque Iuris presso la Pontificia Università Lateranense; José Granados, D.C.J.M., Vice Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, Docente presso la Pontificia Università Gregoriana.

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Nomine Sinodo dei Vescovi maroniti

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Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale Maronita, tenutosi in sessione straordinaria elettiva dal 10 al 14 marzo 2015, ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'Eparchia di Lattaquié, presentata da mons. Elias Sleiman, in conformità al can. 210 Codice Canonico delle Chiese Orientali, ha eletto presidente del Tribunale Patriarcale di Appello mons. Elias Sleiman, ha eletto vescovo di Zahlé, mons. Joseph Mouawad, finora vicario Patriarcale in Ehden-Zgorta, e infine ha eletto, previo assenso pontificio, vescovo di Lattaquié in Siria, il corepiscopo Antoine Chbeir, finora cancelliere nel Vicariato Patriarcale di Jounieh e parroco di Nostra Signora dei Doni in Adna.

Mons Chbeir è nato il 12 gennaio 1961 a Ghosta (Kesrouan). Ha compiuto i suoi studi primari e secondari al "College Central" di Jounieh ed ha poi conseguito un diploma in informatica all'Accademia BATC nel 1981. Entrato in seminario ha conseguito il baccalaureato in filosofia e teologia all'Università "Saint-Esprit" di Kaslik. È stato ordinato sacerdote il 13 giugno 1988 a Ghosta. Trasferitosi a Roma, ha conseguito il dottorato in Teologia biblica all'Università Gregoriana nel 1993, offrendo in quel periodo, durante l’estate, il suo servizio in diverse parrocchie in Italia, a New York, Londra e Dublino. Ritornato in Libano, ha svolto i seguenti incarichi: Segretario e Cancelliere diocesano (1993 ad oggi) e membro del Consiglio per gli Affari Economici (1993-2006); Parroco della Chiesa "Notre Dame des Dons" di Adma (1997 ad oggi). Ha pubblicato diversi articoli, curando la traduzione in lingua araba di alcune opere, tra le quali il libro del Santo Padre Benedetto XVI intitolato "Luce del mondo". Attualmente, è cancelliere e segretario nel Vicariato Patriarcale di Jounieh e responsabile della commissione delle vocazioni e della formazione biblica dei giovani. Parla oltre all'arabo, il francese, l'inglese e l'italiano; conosce il siriaco, il greco, il tedesco e l'ebraico.     

Mons. Joseph Mouawad è nato a Mayfouq il 26 marzo 1970. Dopo gli studi istituzionali all’USEK, è stato ordinato sacerdote il 13 agosto 1995 per l’Eparchia di Jbeil‑Byblos. Ha conseguito la licenza ed il dottorato in teologia dogmatica all’Università Gregoriana di Roma (2004). Ha ricoperto diversi incarichi: Parroco di Mastita (1995‑1997) e di “Mar Abda” di Blat (2003 ad oggi); Cancelliere della Curia (2003‑2008); Protosincello (2008‑2011); Amministratore Patriarcale dell’Eparchia (2011‑2012) e, infine, nuovamente Protosincello (2012). Cappellano della Caritas di Jbeil e del Movimento Apostolico Mariano sezione giovani (2003‑2008) dell’Eparchia. Insegna teologia all’Università “La Sagesse” di Beirut e all’Università “Saint‑Esprit” di Kaslik. Eletto Vescovo dal sinodo maronita il 16 giugno 2012 come Ausiliare e Vicario Generale Patriarcale. Conosce oltre all’arabo, il francese, l’inglese e l’italiano.

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Papa, tweet: Quaresima, vicini a Cristo con Parola e Sacramenti

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “La Quaresima è un tempo per avvicinarci a Cristo, per mezzo della Parola di Dio e dei Sacramenti”.

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Costa d'Avorio, card. Tauran: istruzione non sia privilegio

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“Il compito primario di qualsiasi istituzione accademica, ma soprattutto di un'università che si definisce cattolica è quella dell'ascolto e del dialogo, fondato su identità chiare”, così il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il cardinale Jean-Louis Tauran, nel discorso pronunciato questa mattina all'Università Cattolica dell'Africa dell'Ovest di Abdjan, durante la visita del porporato in Costa d’Avorio che si protrarrà fino al 17 marzo.

Il cardinale Tauran ha ricordato il contributo dell’ateneo nella “formazione di uomini e donne che si prendono cura del bene comune”, un impegno “che scaturisce dall'amore di Cristo”. Il porporato si è poi auspicato che l'Università Cattolica di Abdjan “diventi sempre più un punto di riferimento per la formazione dei cristiani che operano nel campo del dialogo interreligioso, il cui desiderio più grande - ha aggiunto - è quello di servire la nostra umanità come indicato dal Signore Gesù Cristo”. Il presidente del dicastero pontificio ha chiesto inoltre di non considerare l'educazione cattolica “come un privilegio necessario per mantenere una posizione di classe per  sviluppare un piano di carriera personale. “Nel mondo multiculturale e multi religioso – ha spiegato – la nostra cultura e istruzione sono di fondamentale importanza. È per questo che dobbiamo imparare a rispettare in ogni persona la vita, l'integrità fisica, la dignità e i diritti a prescindere dalla sua identità etnica e culturale”. Il cardinale ha concluso ricordando che un'università cattolica deve anche insegnare il coraggio di denunciare “ciò che riduce l'uomo a nulla più di un oggetto”, riferendosi in particolare alle questioni legate alla bioetica e la famiglia che spesso sono oggetto di “decisioni politiche che non sono giustificate né scientificamente né moralmente”.

Dopo la visita all’Università cattolica, il cardinale Tauran ha celebrato la messa nella Chiesa di Sant’Ambrogio. Nell’omelia il porporato ha esortato i fedeli a “essere testimonianza” nella società ivoriana e a “collaborare alla riconciliazione nazionale” e quindi ha evidenziato l’impegno delle comunità religiose nel campo della salute e dell’istruzione.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Ciò che cambia il mondo: in prima pagina, l'arcivescovo Rino Fisichella sull'annuncio dell'Anno santo della misericordia.

Una questione di giustizia: intervento della Santa Sede sull'ambiente sostenibile.

Dalla parte di Abele: il cardinale segretario di Stato in Bielorussia per la benedizione della prima pietra della nunziatura apostolica.

Erano meravigliati di vedere la regina accanto a me: Maria Barbagallo su Francesca Cabrini e l'Expo di ieri e di oggi.

Un articolo di Silvia Guidi dal titolo "Anche i fumetti mangiano": cibo disegnato a Cartoomics 2015.

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Oggi in Primo Piano



Delegazione vaticana in Siria. La Caritas: un dramma senza fine

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E’ in corso in Siria fino al 18 marzo la visita del segretario della Congregazione per le Chiese Orientali mons. Cyril Vasil’, accompagnato da padre Max Cappabianca, incaricato della Segreteria della Roaco. Un viaggio di solidarietà, voluto dal Papa, nel quarto anniversario dell’inizio della guerra civile siriana che ha lasciato sul terreno oltre 200 mila vittime e 3,8 milioni di rifugiati. Il servizio di Cecilia Seppia: 

Quattro anni di guerra che non accenna a finire, la più grave catastrofe umanitaria al mondo e il record assoluto in negativo per numero di vittime, sfollati, atrocità e distruzione, a cui da mesi si è aggiunta la furia omicida dei miliziani dello Stato islamico: questa è oggi la Siria. Lorenzo Cremonesi, inviato speciale del Corriere della Sera:

"E’ un Paese completamente disastrato, cantonizzato, diviso ormai… Non è neanche più un’unica entità: è un Paese che si è sfaldato sotto ogni punto di vista. Tra l’altro, quattro anni sono un anno in meno della Seconda Guerra mondiale, quindi è un tempo lungo. Pensiamo a tutto quello che è avvenuto allora e pensiamo a questa società totalmente brutalizzata, perché la gravità di questa guerra, di questa guerriglia fratricida sono le conseguenze di lungo periodo su una popolazione che ormai è abituata a relazionarsi e ad affrontare le varie differenze "solo" con la guerra. Un mondo dove la gente vive ormai con nulla, non c’è più neanche moneta, si è tornati al baratto allo stato primitivo… Un'altra cosa gravissima che è indimenticata è che fino ad oggi specialmente il regime di Bashar Assad – quando attacca aree controllate da milizie, non dico solo del Califfato, ma comunque da nemici – la prima cosa che fa è colpire gli ospedali, i medici, uccidere i paramedici, cioè eliminare qualsiasi tipo di assistenza medica. E questo è odioso. Senza parlare di tutto quello che è la struttura civile, inesistente, lacerata, la mancanza di energia elettrica per esempio – abbiamo visto le fotografie diffuse negli ultimi giorni su come la Siria si è ridotta… Nella notte, vista dai satelliti, al buio, la Siria oggi è il 20-30% di luminosità, quindi vuol dire che manca energia elettrica, non c’è più illuminazione, e illuminazione vuol dire civiltà. Quindi, la Siria è ritornata al Medioevo. Questo significa non aver di che far da mangiare, vuol dire non avere benzina, vuol dire non potersi muovere, non avere una casa … Davvero è un Paese ridotto allo stato primitivo”.

La comunità internazionale finora ha fallito, occorre un approccio completamente nuovo, che tolga combustibile all’incendio siriano dice la Caritas, che ha pubblicato un rapporto agghiacciante dal titolo  “Strage di innocenti”, mettendo in luce come le prime vittime di questa barbarie siano proprio i bimbi, uccisi, violati, usati. Ancora Cremonesi:

“Come sempre, le parti più fragili, più deboli della società, e quindi i bambini, gli anziani, sono i primi che soffrono. E’ una cosa che sembra minore rispetto al caos e al dramma, ma per esempio i minori non hanno più le scuole, quindi è una generazione che sta nascendo senza andare a scuola. Ma al di là delle scuole, manca il cibo, l’alimentazione, il muoversi, i vestiti... Poi, c'è il dramma degli orfani, il dramma dei bambini feriti, delle famiglie completamente abbandonate dove il papà magari è morto, è stato ucciso, o dei bambini che hanno visto torturare davanti ai loro occhi – questo l’abbiamo visto, nelle testimonianze – i propri genitori, i propri fratelli maggiori... O viceversa bambini che sono stati torturati e uccisi davanti ai genitori, con il semplice scopo di punire i nemici…”.

La Siria però continua ad essere nel cuore di Papa Francesco che non si stanca di condannare la violenza e implorare la solidarietà. Il suo impegno è arrivato concretamente nel Paese da ieri con la missione e la visita della Congregazione per le Chiese Orientali guidata da mons. Cyril Vasil’: l’intento è portare sostegno, far sentire meno sola la popolazione, esprimere l’attenzione costante della Santa Sede per l’amata e martoriata gente siriana. Nel corso della permanenza, il presule parteciperà alla riunione dell’Assemblea dei Gerarchi Cattolici e all’incontro dei responsabili della Caritas nazionale. Oggi sarà la volta di un momento di dialogo e preghiera con i giovani cristiani a Damasco: la volontà è quella di non soffocare sotto le ceneri anche la fede nella misericordia e nella giustizia di Dio.

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Voto martedì in Israele: secondo i sondaggi, perde Netanyahu

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A tre giorni dal voto in Israele, il centrosinistra di "Campo sionista" è il favorito nei sondaggi. Dunque, il 17 marzo Benyamin Netanyahu e il suo Likud potrebbero perdere la guida del Paese a favore di Isaac Herzog e della sua alleata, Tizpi Livni. Ad ammettere la possibilità che questi ultimi possano ottenere più voti è lo stesso Netanyahu, che vuole mettere in guardia sulla possibile alleanza, in questo caso, con la Lista araba. Alleanza che, secondo Netanyahu, metterebbe in pericolo la sicurezza. Questo il centro del dibattito in Israele, ma per una valutazione di questo appuntamento elettorale sul piano geopolitico, Fausta Speranza ha intervistato Daniele De Luca, docente di Relazioni internazionali all’Università del Salento: 

R. – Il significato è abbastanza importante, perché, forse mai come in questo periodo in Israele da un punto di vista politico c’è una discreta, diciamo così, confusione. I partiti storici sono deboli, o comunque non hanno delle linee comuni, e quindi diventa abbastanza complicato avere un quadro preciso della situazione, anche alla luce delle forti preoccupazioni che ci sono nel Paese nei confronti di minacce sia interne che esterne.

D. – Israele al voto in un Medio Oriente purtroppo, bisogna dire, in fiamme…

R. – Sì, questo è vero. Bisogna dire che Israele è l’unica certezza democratica nell’area. Qualsiasi governo che andrà al potere è comunque un governo democratico, assicurato da libere elezioni in cui partecipano tutti, tutti – e sottolineo tutti – i cittadini israeliani, di qualsiasi fede religiosa siano. Purtroppo, però, rimane un luogo ristretto, intorno ha rivoluzioni, pseudo-rivoluzioni, ma in ogni caso violenze di qualsiasi tipo.

R. – Vi sono alcuni focolai estremamente drammatici. Non voglio solo riferirmi all’Is, ma anche a ruoli non ancora chiari di alcuni Stati, come Arabia Saudita o Qatar. E non ci sono un’organizzazione internazionale o delle potenze esterne che possano avere una certa influenza sui governi dell’area.

D. – Stati Uniti e Iran sono i due termini chiave di queste elezioni?

R. – Probabilmente sì. Questo non è un grande momento nei rapporti tra Israele e Stati Uniti: non voglio dire che sia uno dei momenti più bassi della storia dei rapporti tra i due Paesi, ma ci avviciniamo molto. La questione iraniana è assolutamente centrale nei programmi di tutti i partiti, perché è vero che ci potrebbe essere una possibile minaccia interna, naturalmente causata da Hamas. Ma all’esterno, dal nord, c’è sicuramente Hezbollah e Hezbollah è chiaramente legato anche all’Iran e alla minaccia nucleare dell’Iran.

D. – Sul voto pesano tutte queste grandi questioni, ma potrebbe anche essere un voto pro o contro la persona di Netanyahu?

R. – Beh sì, potrebbe anche esserlo. Ma c’è da dire una cosa: Netanyahu nella sua storia politica si è sempre trincerato dietro la parola “sicurezza”; non ha mai intavolato seri colloqui di pace con la controparte – io intendo Fatah naturalmente – sempre teorizzando il forte pericolo nei confronti di Israele: pericolo che esiste sicuramente, ma il pericolo probabilmente non viene tanto da Fatah, quanto da Hamas, ed è necessario prima o poi sedersi a un tavolo delle trattative. Da un punto di vista economico, ha anche lì idee abbastanza confuse su un liberalismo un po’ sociale, perché naturalmente Israele non si può mai staccare da una politica sociale particolarmente forte. Ne viene fuori un leader abbastanza diverso dai grandi leader storici che lo Stato di Israele ha avuto: uno su tutti, David Ben Gurion.

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Grecia. Pavlopoulos: rispettare radici cristiane di Grecia e Roma

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“La situazione è seria, tutte le parti in causa devono fare progressi rapidi". E’ la conclusione dell’incontro a Bruxelles tra il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, e il premier greco, Alexis Tsipras. Il ministro delle Finanze greco, Varoufakis, ha auspicato flessibilità da parte della Bce dicendosi disponibile a ritardare alcune promesse fatte in campagna elettorale. Ieri, anche l'insediamento del nuovo presidente greco, Prokopis Pavlopoulos. Massimiliano Menichetti

"La politica economica dell'Unione Europea e dell'Eurozona deve essere applicata, ma deve anche essere coerente con i pilastri della Costruzione europea, che sono i valori dell'antica Grecia, dell’antica Roma e i valori cristiani". Così il nuovo presidente greco, Prokopis Pavlopoulos, 64 anni nel primo discorso dopo l'insediamento. Ieri è stato anche il giorno in cui la Commissione europea e Atene hanno rinsaldato il legame per rilanciare crescita e occupazione. La ricetta è quella di lavorare insieme per fare il "miglior uso dei fondi comunitari" come ribadito a Bruxelles dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, e il premier greco, Alexis Tsipras. I due hanno avuto una discussione definita "costruttiva" e "hanno concordato sul fatto che la situazione è seria e che tutte le parti in causa devono fare progressi rapidi” per “affrontare la crisi umanitaria" della Grecia. Per ora è dunque escluso il default, ovvero l‘insolvenza da parte di Atene che andrà sui mercati mercoledì 18 marzo, con un collocamento di titoli a tre mesi. Ieri è tornato a farsi sentire Berlino che attraverso il ministero delle Finanze ha ribadito che "la Grecia deve adempiere agli impegni concordati” in base al principio “aiuti in cambio di prestazioni". Gli ha fatto eco dal vertice economico italiano di Cernobbio il ministro delle Finanze ellenico Varoufakis:“non cerchiamo aiuti fuori dall’Europa”. Poi, ha auspicato flessibilità da parte della Banca Centrale Europea come accadde nel 2012, quindi ha ipotizzato anche la "sospensione o il ritardo di alcune promesse fatte in campagna elettorale in virtù del raggiungimento di un accordo con i partner europei".

Sulle parole del presidente greco, Pavlopoulos, che rimarcato la necessità di rispettare le "antiche radici cristiane di Grecia e Roma", abbiamo raccolto il commento dell'economista Luigi Campiglio, ordinario di Economia Politica alla Cattolica di Milano: 

R. – Credo che la riflessione del presidente sia molto profonda, pertinente e appropriata. L’economia senza un fondamento di valori non è nulla e il fondamento dell’Europa fu, e tuttora rimane, il bene comune della pace.

D. – Come a dire che il bene comune è un risultato della radice cristiana, della persona che lo realizza e solo a quel punto si può parlare di economia e sacrifici…

R. – Credo che il consenso valoriale di condivisione sia davvero la strada da perseguire. Mentre se – come è accaduto finora – i sacrifici diventano il risultato di una gestione molto verticistica, laddove invece si teorizza la sussidiarietà per i Paesi accade che interi Paesi come la Grecia, ma anche il Portogallo, l’Italia, si ritrovino a fare sacrifici molto forti ma non è chiaro per quale motivo. Ora, quello che ha richiamato il presidente greco a mio parare è davvero il fondamento del nostro vivere insieme in Europa.

D. – In che stato è ora Atene?

R. - La Grecia in questo momento è un Paese disastrato in cui l’elite politica ed economica ha responsabilità molto serie. Almeno un terzo della popolazione vive in condizioni di estrema durezza e precarietà, per colpe, fatti, di cui non è responsabile. Ora, l’"abc" di qualunque economia o rapporto civile dice che se uno sbaglia, paga. Ma che paghi chi non ha sbagliato, ovvero il popolo, credo sia il massimo dell’ingiustizia. L’Europa deve essere consapevole di questo bene comune di cui prima parlavamo. Da Bruxelles mi attenderei l’invio della “Croce Rossa” in Grecia per sanare le situazioni più delicate, insostenibili sul piano proprio della vita delle persone, perché di questo stiamo parlando.

D. – Il ministro delle Finanze greco, Varoufakis, ha anche detto: siamo disposti a sospendere o ritardare alcune promesse fatte in campagna elettorale. Però, continuano le sottolineature di Berlino che ribadisce: bisogna seguire il principio di aiuti in cambio di prestazioni. Una china pericolosa?

R. – Pericolosissima, per un fatto molto semplice. Se proprio vogliamo guardare l’economia e basta, bisogna dire con grande chiarezza che la politica dell’"austerity" è stata un disastro, perché non ha portato ad alcun miglioramento vero. Molti sacrifici sono stati indirizzati male. L’argomento che viene proposto dalla Germania in particolare è un argomento che letteralmente non sta in piedi, non si può applicare. Quello che la Germania vorrebbe e ritiene di imporre agli altri è un argomento di questo genere: fate come noi. Ma loro sono diversi. Ognuno fa come ritiene più opportuno fare: è il principio della sussidiarietà. Ma aggiungo: quegli impegni sono impegni che nel momento in cui dovessero essere davvero rispettati, letteralmente affonderebbero un Paese.

D. – Quindi, qual è la chiave per uscire da questo braccio di ferro?

R. – Un piano di aiuti e di sostegno, non diverso in linea di principio da quello che avvenne nel Dopoguerra, perché la situazione greca non è molto dissimile, e dare alla Grecia la possibilità di onorare i propri debiti, dando il tempo perché questo avvenga. Quello che potrebbero fare Bruxelles e anche i tedeschi non è tanto verificare che i soldi non vengano buttati via, ma aiutare perché le risorse che dovessero venire rese disponibili da questo allungamento del piano di rientro, e anche aiuto, vengano effettivamente utilizzate al meglio. Allora, se noi abbiamo davvero una famiglia europea, che condivide dei valori e vuole che tali rimangano nel tempo presente e futuro, è questo il momento di dimostrarlo.

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Sri Lanka: storica visita del premier indiano Modi

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Storica visita, la prima in 28 anni, del primo ministro indiano, Narendra Modi, in Sri Lanka. Principale obiettivo della missione, il riavvicinamento diplomatico fra New Delhi e Colombo, dopo anni in cui il governo cingalese dell’ex presidente Rajapaksa aveva privilegiato intense relazioni con la Cina. Oggi, il premier indiano Modi si è recato nelle aree del nord in segno di solidarietà con la minoranza Tamil per la quale ha chiesto un’autonomia regionale più forte. Ma sul significato di questo viaggio, Marco Guerra ha intervistato il prof. Guglielmo Torri, docente di Storia dell’Asia all’Università di Torino: 

R. – Il viaggio fa parte del grande gioco in corso in Asia e nell’Oceano Indiano, dove ci sono alcuni attori principali che stanno operando: India e Cina. Entrambi sono Paesi deficitari in quanto a risorse energetiche e quindi devono importarne una parte considerevole attraverso vie marittime. Il controllo dell’Oceano Indiano è diventato un elemento importante nella politica estera sia dell’India sia della Cina.

D. – L’ultima visita di un premier indiano in Sri Lanka è stata 28 anni fa. Cosa è successo in questo lasso di tempo che ha determinato l’allontanamento tra New Delhi e Colombo?

R. – Sono accadute moltissime cose. All’epoca, il premier indiano era Rajiv Gandhi, che si era inserito nella politica interna dello Sri Lanka, all’epoca sconvolto da una guerra civile in corso tra la maggioranza Sinhala, buddista, e la minoranza Tamil, indù. L’intervento di Rajiv Gandhi nello Sri Lanka portò a un inasprimento di questo conflitto e una delle conseguenze di questo tentativo di intervento indiano fu poi l’attentato terroristico che portò alla morte dello stesso Rajiv Gandhi. Da allora, il governo indiano si è sostanzialmente ritirato dalle vicende dello Sri Lanka, dove la guerra civile è finita con la vittoria totale della maggioranza Sinhala. A questo punto, il governo vittorioso si è reso responsabile di una serie di azioni negative nei confronti dei diritti civili della popolazione tamil dell’isola. Questo ha portato a un isolamento internazionale del governo dello Sri Lanka. In questa situazione, il governo si è appoggiato fortemente al governo cinese: quest’ultimo ha come direttiva della sua politica internazionale di non intromettersi nelle faccende interne dei Paesi con cui ha a che fare. L’avvicinamento alla Cina fu una svolta importante per il governo dello Sri Lanka.

D. – Infatti, l’ex presidente, uomo forte dello Sri Lanka, Rajapaksa, aveva intessuto densissime relazioni con Pechino. Ora che ne sarà degli investimenti economici della Cina?

R. – Io non credo che questo riorientamento della politica estera dello Sri Lanka comporterà necessariamente un venir meno dei legami con la Cina. Credo che il governo dello Sri Lanka abbia la necessità di rompere il proprio isolamento internazionale e di intrattenere rapporti diplomatici, economici e politici con il maggior numero possibile di giocatori importanti presenti nell’area. Questo significa che l’avvicinamento all’India è sicuramente un fattore positivo. Ci sono interessi reciproci che India e Sri Lanka possono tutelare. Io non credo necessariamente che questo comporterà un venir meno della presenza cinese nello Sri Lanka che rimane, in un certo senso, come un contrappeso a un’eccessiva influenza dell’India.

D. – Come sta conducendo la politica estera il primo ministro indiano Modi?

R. – La situazione internazionale in Asia, in questo momento, è dominata sostanzialmente dalla contrapposizione tra Cina e Stati Uniti. L’India è un Paese importante che deve trovare uno spazio in questo gioco. In questa situazione, la politica indiana non solo sotto Modi ma anche sotto i precedenti governi, è stata quella da un lato di avvicinarsi agli Stati Uniti, ma nello stesso tempo non prendendo un atteggiamento di rottura totale nei confronti della Cina.

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Anniversario Chiara Lubich: la ricorda una delle prime compagne

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"Portare l’amore di Dio dappertutto, secondo il comandamento di Gesù di amarsi l’un l’altro”. Era questo l’ideale di Chiara Lubich che ancora attira centinaia di persone in tutto il mondo. Oggi, nel settimo anniversario della morte della fondatrice del Movimento dei Focolari ,e a pochi giorni dall’apertura del suo processo di Beatificazione e Canonizzazione, a ricordarla è Palmira Frizzera, che la conobbe nel 1945 e colpita dall’ideale della “fraternità universale” decise di seguirla. Al microfono di Gabriella Ceraso, sentiamo la sua testimonianza: 

R. – Il concetto della fratellanza universale e di unità è proprio quello che io ho trovato quando sono entrata nel primo focolare, quasi 70 anni fa: noi eravamo sorelle con lei, ma con un "Maestro", una guida che era Gesù in mezzo a noi, Gesù che vive dove due o più sono uniti nel Suo nome.

D. – Con quale obiettivo siete andate avanti insieme per tanti anni?

R. – Siamo andate avanti non pensando in realtà a niente... avevamo scelto Dio come ideale della nostra vita, lo volevamo amare, coscienti che potevamo anche morire da un giorno all’altro sotto i bombardamenti. Quindi abbiamo cercato di realizzare il Testamento di Gesù, l’amore scambievole, fino all’unità tra di noi. Quello che io ho sentito nel mio incontro con Chiara – ed è generale per tutte le sue prime compagne – è che aveva, una luce e una novità tale – allora non la chiamavamo “il carisma” – con la quale veramente ci ha generate ad una vita totalmente nuova!

D. – È  stato quindi l’amore evangelico vissuto tra voi, incarnato e comunicato agli altri, a generare poi tutto il Movimento?

R. – Ma Chiara non ha mai pensato di fondare nulla! Adesso si dice che Chiara è la fondatrice del Movimento dei Focolari arrivato in tutto il mondo. Però, io non l’ho mai sentita come una persona che fondava qualcosa, ma come una persona che dava la vita a qualcosa di nuovo. Chiara ci diceva: “Ma noi non vogliamo fondare niente. Noi vogliamo fondare Dio nelle anime, con l’amore; portare l’amore dappertutto”. Ecco, proprio quel messaggio che Gesù ci ha lasciato: “Vi do un comandamento nuovo che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati”. Questo ha portato alla fratellanza universale.

D. – Da gennaio di quest’anno, Chiara è stata dichiarata Serva di Dio ed è iniziato un processo di Beatificazione e di Canonizzazione. Che effetto le fa?

R. – Sento che Chiara non è solo della Chiesa cattolica: Chiara è anche delle altre Chiese, delle altre religioni e, per via dei dialoghi aperti sin dai primissimi tempi, anche con persone che non hanno nessun credo religioso. Sotto questo aspetto, non mi piace restringerla solo alla Chiesa cattolica, però capisco che questa Beatificazione è un grande dono per la Chiesa e per tutti noi.

D. – Le nuove generazioni che lei incontra e che forma perché dopo tanto tempo, anche non avendola conosciuta, sono attratte da Chiara e dalla sua spiritualità?

R. – Chiara è partita, ma sua luce è rimasta, il suo carisma è rimasto. E a questo corrono dietro ai giovani, non alle persone.

D. – Questo settimo anniversario è improntato sulla tematica politica e su come la spiritualità di Chiara può essere vissuta in politica. In questo ambito cosa ci può insegnare?

R. – Ci può insegnare l’arte di amare, di capire, di ascoltare... E questo è un "trait d'union" con tutti: se non si fa così, come alternativa ci sono solo la violenza e la guerra.

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Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella quarta domenica di Quaresima la liturgia ci propone il Vangelo del colloquio tra Gesù e Nicodemo. Gesù dice:   

“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti: 

Se la Quaresima si fa lunga e ci siamo un po’ appesantiti nel combattimento penitenziale, la 4ª domenica “laetare”, cioè di gioia, di letizia, come la chiama la liturgia, viene a noi come una buona notizia: coraggio! Siamo giunti a metà del nostro cammino verso la Pasqua. Il dialogo tra Gesù e Nicodemo, che il Vangelo di oggi ci propone, ci rivela tutto l’amore che il Padre ha per noi e per il mondo. Nicodemo, un capo dei Giudei va da Gesù, di notte, a dirgli tutta la sua ammirazione, ma anche tutta la sua attesa per il Regno di Dio. Gesù lo investe con una parola grande che lo sconvolge: “Se uno non nasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio". Nicodemo è molto colpito dall’idea, ma chiede: “Come rinascere dall’acqua e dallo Spirito”? Si attende una risposta molto complessa. Gesù gli dice: Si tratta di “credere nel Figlio dell’uomo”, perché chiunque crede in lui ha la vita eterna. Così come Mosè ha innalzato il serpente di bronzo nel deserto, dando la vita a chi era morso dai serpenti, ora si tratta di alzare gli occhi e di fissarli nel Figlio dell’uomo, nella luce che il Padre ha mandato per l’uomo. Si tratta di credere! Ma cosa significa “credere”? Che cos’è la fede? La fede è un dono di Dio, un dono con cui aderiamo a Dio e a ciò che lui ha rivelato; è un atto con cui ci affidiamo interamente al suo amore, ci dice il Catechismo (cf CCC 150), con cui ci lasciamo guidare dalla sua luce. Risvegliamo oggi, giorno del Signore, la gioia della fede, la festa del nostro Battesimo, nella comunione dei fratelli, attorno alla mensa del Signore.

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovo Aleppo su Giubileo: solo la misericordia può salvarci

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L'indizione di un Giubileo straordinario della misericordia, preannunciato ieri da Papa Francesco nel corso della liturgia penitenziale da lui presieduta in Piazza san Pietro, suscita riflessioni singolari tra i cristiani della Siria, a partire dalla condizione di ansia e sofferenza da loro vissuta nel momento in cui si entra nel quinto anno del conflitto siriano. "Invochiamo e mendichiamo la misericordia di Dio per noi stessi, per la Chiesa di qui, per tutti i nostri amici e compagni di strada, e anche per tutti questi che commettono cose atroci tirando in ballo il nome di Dio: che Dio stesso abbia davvero misericordia di noi e di loro, e tocchi i cuori di tutti”. Così il vescovo Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, descrive all'agenzia Fides i sentimenti e le attese provocati in lui dalla notizia dell'indizione di un anno giubilare dedicato alla misericordia.

Solo il miracolo della misericordia può sanare le ferite
“Per tutti noi”, spiega il vescovo della martoriata metropoli siriana “fare esperienza della misericordia di Dio è una questione vitale, da mendicare come una cosa che ci è necessaria per vivere: solo chi fa esperienza della misericordia di Dio può essere poi misericordioso con gli altri, e farsi loro incontro per aiutarli”. “Il dolore e la sofferenza degli innocenti – aggiunge il vescovo Abou Khazen “ci appaiono assurdi, e di per sé possono indurire e spegnere anche i cuori più generosi, fino a farli incattivire. Solo il miracolo della misericordia può risanare le ferite altrimenti mortali della nostra anima, e produrre frutti di conversione e riconciliazione. Papa Francesco – conclude il vescovo – ripete che la misericordia non è un atteggiamento pastorale, ma è la stessa sostanza del Vangelo. E questo, nella condizione a Aleppo, lo percepiamo tutti i giorni, fin nelle pieghe più intime delle nostre vite”. (G.V.)

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Siria. Mons. Zenari: nessuna novità sui cristiani rapiti

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Sulla vicenda dei cristiani assiri rapiti in Siria "non vi sono novità sostanziali" negli ultimi giorni, ma resto "fiducioso" per un esito positivo della vicenda, auspicando che presto "potranno essere liberati". È quanto afferma all'agenzia AsiaNews il nunzio apostolico in Siria mons. Mario Zenari, aggiungendo che secondo le informazioni ricevute da "fonti locali" sono "circa 200 i fedeli tuttora nelle mani" delle milizie del sedicente Stato islamico. "Resta la fiducia e l'ottimismo sulla liberazione di tutti i cristiani - afferma il diplomatico vaticano - perché anche la scorsa volta si poteva concludere in modo positivo, ma l'imboscata ha purtroppo precluso le operazioni di rilascio".  

La liberazione fallita per un'imboscata
Lo scorso 23 febbraio centinaia di cristiani assiri dei villaggi del governatorato di Al-Hasakah, nel nord-est della Siria, sono stati rapiti dall'autoproclamato Stato Islamico (Is). A inizio mese i terroristi hanno liberato un primo gruppo di 19 cristiani, dopo il pagamento di un riscatto di circa 1.700 dollari a testa. La scorsa settimana si era giunti ad un accordo per la consegna di tutti i prigionieri, ma un'imboscata tesa - probabilmente da combattenti curdi - alla carovana jihadista che stava per liberare tutti i prigionieri ha fatto saltare l'operazione. 

5mila assiri hanno lasciato il Paese
Il rapimento delle famiglie cristiane - almeno 250 persone, ma sui numeri esatti ha sempre regnato l'incertezza, cui si sono aggiunte voci di esecuzioni poi smentite - è avvenuto durante l'offensiva lanciata dall'Is contro villaggi a maggioranza assira del governatorato di Al-Hasakah, nel nord-est. Un'area dall'importanza strategica, perché rappresenta una sorta di ponte fra le terre del Califfato in Siria e Iraq e permette l'apertura di un corridoio con la Turchia per armi, rifornimenti e combattenti. Testimoni locali riferiscono che, in seguito all'offensiva, oltre 5mila assiri - dei 30mila che componevano una delle più antiche comunità cristiane del Medio Oriente - hanno deciso di abbandonare il Paese, scegliendo la via dell'esodo in cerca di un riparo più sicuro.

Il nunzio Zenari fiducioso in una soluzione della vicenda
Interpellato da AsiaNews mons. Zenari riferisce che, secondo le sue fonti, la situazione resta "complicata, ma in evoluzione"; resta però la "speranza" per un esito "positivo" di una vicenda che poteva essere già conclusa. "L'imboscata ha precluso la liberazione degli ultimi - racconta - che si trovavano a bordo di 3 minibus e a 5 km dal punto concordato per il rilascio. Una imboscata ha però costretto i miliziani al dietro front e l'operazione è saltata. Nella ritirata hanno anche sequestrato altre famiglie, ora hanno nelle loro mani circa 200 persone". Resta il rammarico per quanto è avvenuto, ma secondo il nunzio apostolico vi è ancora la "buona volontà per trovare una soluzione". (D.S.)

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Haiti: instabilità e violenza sui religiosi

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Preoccupazione nella comunità cattolica di Haiti: secondo l'ultimo rapporto della Conferenza haitiana di Religiosi (Chr) sulla violenza scatenatasi contro gli istituti religiosi, sono 25 le Case e Centri di religiosi derubati con aggressioni e furti con violenza. Attualmente - riferisce l'agenzia Fides - una religiosa Morfortana è in coma nell'ospedale di St. Raphael.

I fedeli pregano anche per il futuro politico del Paese
La Conferenza episcopale di Haiti (Ceh) ha organizzato 24 ore di preghiera continua, ieri ed oggi. "E' un gesto di compassione, di profonda comunione e di solidarietà fattiva con i religiosi e le altre vittime di aggressioni e violenza”, ha detto il card. Chibly Langlois, vescovo di Les Cayes. I fedeli pregano anche per la delicata fase politica e sociale che attraversa il Paese: le votazioni per eleggere i due terzi del Senato e della Camera dei deputati si svolgeranno il 9 agosto, mentre il voto per le presidenziali e le amministrative sarà il 25 ottobre, come ha comunicato il governo di Haiti dopo ripetuti rinvii che hanno causato proteste dei cittadini per diversi mesi. L’instabilità politica e sociale ha causato un aumento del costo della vita, portando migliaia di cittadini a manifestare contro il governo.

L'opposizione accusa il Presidente di abuso di potere
Secondo la Costituzione, il Presidente Michel Martelly non potrà presentarsi per un nuovo mandato. L’opposizione continua ad accusarlo di abuso di potere per aver lasciato scadere il mandato del Parlamento, sciolto nel gennaio 2015, con l’intenzione di governare il Paese tramite decreti presidenziali. (C.E.)

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Pakistan: giovane cristiano innocente torturato a morte dalla polizia

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Un giovane cristiano è stato torturato a morte dalla polizia pakistana dopo che sua madre era stata accusata di aver rubato oro e denaro dal suo datore di lavoro musulmano. Zubair Masih, 25 anni, è stato preso in custodia dalla polizia, con altri membri della famiglia, dopo le accuse formulate contro sua madre, Ayesha Bibi. Il giovane non è stato rilasciato come gli altri. Il suo corpo è stato riportato alla famiglia, dopo essere stato torturato in una stazione di polizia per tutta la notte. Come appreso dall'agenzia Fides, Ayesha, vedova, era accusata di aver rubato alcuni gioielli e un importo di 2000 rupie dall’abitazione del suo datore di lavoro, Abdul Jabar, dove lavorava come domestica.

Il ruolo della polizia nell'uccisione del giovane
Jabbar e alcuni poliziotti hanno fatto irruzione in casa sua, accusandola di furto, ma la donna negava di aver commesso i crimini presunti. Una denuncia è stata registrata anche a suo carico. Gli agenti e Jabbar hanno iniziato a percuoterla, portandola a casa di suo fratello Arshad Masih, dove l’uomo vive con i suoi due figli. Dato che la donna si dichiarava ancora innocente, gli agenti hanno preso tutti i presenti conducendoli alla stazione di polizia dove sono stati pesantemente percossi. La donna ne è uscita con un braccio fratturato. Alla fine della giornata tutti, tranne Zubair, sono stati rilasciati. I familiari erano molto preoccupati per il giovane innocente, pensando alle torture che avrebbe subito. Il giorno dopo, il 7 marzo il suo corpo senza vita è stato scaricato dalla polizia davanti alla sua abitazione. Portato in ospedale, il medico non ha potuto far altro che constatarne il decesso, a causa di lesioni multiple.

La protesta dei cristiani contro la polizia
La notizia ha generato strazio nella famiglia e sconcerto nella comunità cristiana. I fedeli si sono assiepati davanti alla stazione di polizia chiedendo giustizia. Dopo due giorni di protesta, l’8 marzo una denuncia è stata registrata contro il vicecommissario Sarajul Haque, verso altri tre poliziotti e contro Abdul Jabbar. “Anche se la polizia ha assicurato la giustizia, è molto difficile che in questi casi si arrivi a condanne. Spesso alla famiglia viene proposto un risarcimento, chiedendo di ritirare le denunce”, nota a Fides Joseph Francis direttore di “Claas”, che ha offerto assistenza legale gratuita alla famiglia. (P.A.)

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India: violentata suora anziana, marcia per chiedere giustizia

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Un gruppo composto da circa otto persone ha rapinato il convento dedicato a Gesù e Maria a Ranagath, nello Stato del West Bengal, e ha violentato la superiora di 72 anni che cercava di fermare i criminali. Inoltre ha picchiato altre tre anziane consorelle. Ora sono tutte ricoverate in ospedale. La popolazione, sconvolta dall'accaduto  - riferisce l'agenzia AsiaNews - è scesa in piazza per chiedere giustizia. Il governo parla di "odioso crimine" che "potrebbe nascere dalla volontà di destabilizzare lo Stato".

La scuola delle suore è molto apprezzata dalla gente
I fatti sono avvenuti nella tarda serata di ieri. Un gruppo armato ha fatto irruzione nel convento, abitato dalle suore che gestiscono la scuola locale (molto rispettata dalla popolazione). Dopo aver immobilizzato la guardia di sicurezza, i malviventi hanno trovato una cassetta con del denaro. Intervenuta sul posto, la superiora ha cercato di fermarli ma è stata stuprata.

Fedeli marciano per chiedere giustizia
Il crimine è confermato dal capo del governo locale e dalla polizia. Il ministro per lo Sviluppo urbano ha dichiarato: "Si tratta di uno stupro contro l'umanità intera. Siamo accanto a queste sorelle e daremo loro ogni aiuto possibile". L'arcivescovo di Calcutta, mons. Thomas D'Souza, ha dichiarato: "Identificheremo i colpevoli, che devono essere puniti. Cose come questa non erano mai avvenute nello Stato". Poco tempo dopo il fatto, studenti e genitori della scuola sono scesi in piazza per protestare. A loro si è unita parte della popolazione civile: hanno bloccato strade e autostrade chiedendo al governo "giustizia immediata" per le suore violate. Al momento gli investigatori sono sul posto. (N.C.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 73

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