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Sommario del 15/03/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Attacchi contro chiese in Pakistan. Papa: mondo nasconde persecuzioni anticristiane

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Papa Francesco ha rivolto il suo grido di dolore all’Angelus per gli attacchi compiuti oggi a Lahore in Pakistan contro due chiese cristiane, una cattolica e l’altra protestante. Numerose le vittime, almeno 14 finora, tra cui anche bambini. Tanti i feriti che versano in gravi condizioni. Hanno rivendicato l’attacco i miliziani di Jamaat-ul-Ahrar, un gruppo scissionista dei talebani. Ma ascoltiamo le parole del Papa

“Con dolore, con molto dolore, ho appreso degli attentati terroristici di oggi contro due chiese nella città di Lahore in Pakistan, che hanno provocato numerosi morti e feriti. Sono chiese cristiane. I cristiani sono perseguitati. I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani. Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie, chiedo dal Signore, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della pace e la concordia per quel Paese, e che questa persecuzione contro i cristiani che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace”.

Sulle notizie che giungono dal Pakistan ascoltiamo padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, al microfono di Sergio Centofanti

R. – Le notizie sono terribili: sembra che siano due talebani che volevano entrare in chiesa. Hanno cercato di sparare per entrare in chiesa, ma delle guardie di sicurezza alla chiesa fortunatamente li hanno fermati, perché le due chiese erano stracolme di gente che pregava: almeno mille persone. Per cui, se fossero entrati in chiesa sarebbe stato un massacro enorme. E' stata una cosa terribile, perché la gente era in chiesa a pregare, perché è domenica! L’altra notizia che abbiamo è che cattolici e protestanti hanno fatto delle manifestazioni e continuano a farle perché criticano la mancanza di sicurezza da parte del governo – del governo del Punjab – che si trova sempre a dover combattere contro attacchi contro le chiese, contro moschee, violenze continue da parte – appunto – di talebani. Sembra poi – così dicono alcune testimonianze – che alcuni dei poliziotti che avrebbero dovuto essere a guardia di queste chiese, invece fossero in un bar a guardare una partita di cricket.

D. – Perché questi attentati, proprio adesso?

R. – Il governo pakistano è stato sempre ambiguo nei confronti dei talebani: da una parte li ha sempre protetti e ha dato loro ospitalità e rifugio, soprattutto nel Nord del Pakistan; nello stesso tempo, è alleato della comunità internazionale per combattere il terrorismo. E questo gioco continuo adesso è nel periodo in cui sta cercando di combattere il terrorismo. Purtroppo, i talebani sono diffusi ovunque nel Paese perché in tutti questi anni sono riusciti a fondare qualcosa come 20-25 mila scuole coraniche nelle quali si insegna l’islam fondamentalista e quindi ci sono fondamentalisti ovunque che combattono sia i cristiani, sia gli sciiti. Non dimentichiamo che – appunto – ci sono tantissimi attacchi anche a moschee sciite: praticamente, ogni settimana. E poi c’è anche un gruppo, dei cosiddetti “ahmadi” che sono un gruppo che si ispira un po’ a Maometto, un po’ all’islam, ma che è considerato eretico. Quindi, mi sembra che questi talebani pakistani, ormai – stiano emulando le azioni del sedicente Stato islamico.

D. – Quindi c’è un rischio di estensione di questo Stato islamico?

R. – Un rischio di estensione ma soprattutto di alleanze: infatti, lo Stato islamico è molto finanziato da alcuni Paesi del Golfo e quindi ha soldi a non finire, e questo porta tanti gruppi terroristi, tanti gruppi di fondamentalisti islamici a proclamare l’alleanza con loro per avere anche fondi, armi e così via.

D. – La situazione dei cristiani in Pakistan appare sempre più difficile: pensiamo anche i tanti che sono nelle carceri, accusati ingiustamente di blasfemia.

R. – Sì, perché questa ventata di fondamentalismo non permette mai una situazione tranquilla, per cui molti cristiani per una sciocchezza o con falsa testimonianza, vengono accusati di blasfemia contro il Corano, contro il Profeta, e subiscono il carcere. Non solo: spesso subiscono anche una esecuzione sommaria all’interno delle carceri, perché molte volte le stesse guardie carcerarie sono pagate per farli fuori.

D. – Il caso più noto è Asia Bibi: come sta?

R. – Di Asia Bibi si sa che per proteggerla da una possibile esecuzione extragiudiziaria è controllata giorno e notte. Sta in carcere: questa poverina prega, ogni tanto è visitata da parenti o da ong cristiane che la sostengono … Però non si trova un modo per risolvere il suo caso. Probabilmente, se si potesse fare questo processo di appello, la sua condanna a morte sarebbe cancellata. Il punto è che quando i giudici fissano l’appello, si formano subito manifestazioni di gruppi fondamentalisti che chiedono la sua morte. E spesso i giudici hanno paura e quindi aggiornano, rimandano continuamente questo processo d’appello.

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L’appello del Papa per le Isole Vanuatu colpite dal ciclone Pam

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Sempre all’Angelus Papa Francesco ha lanciato un altro appello per la popolazione di Vanuatu nell’Oceano Pacifico. L'arcipelago è stato devastato dal ciclone Pam, uno dei più violenti mai registrati nell’emisfero Sud. Non ci sono ancora stime ufficiali sulle vittime, ma si teme un'ecatombe. Secondo il presidente Lonsdale almeno la metà degli abitanti è rimasta senza casa e stando a quanto visto dalle squadre di soccorso appena arrivate sul posto, la situazione è "catastrofica". Ascoltiamo le parole di Papa Francesco nel servizio di Roberta Barbi: 

“Sono vicino alla popolazione di Vanuatu, nell’Oceano Pacifico, colpita da un forte ciclone. Prego per i defunti, per i feriti e i senza tetto. Ringrazio quanti si sono subito attivati per portare soccorsi e aiuti”.

Papa Francesco ha espresso così la propria solidarietà agli abitanti di Vanuatu, arcipelago di 83 isole dove vivono 260mila persone. “Il Paese più felice al mondo” era considerato da molti prima di questa tragedia, sulla cui entità ancora non si hanno stime ufficiali. Il governo locale, che ha dichiarato lo stato di emergenza, ha riferito di almeno 8 morti e 30 feriti nella capitale Port Vila, sull’isola di Efete, ma si teme l’ecatombe nelle isole più piccole che a due giorni dal passaggio della tempesta Pam, con la furia dei suoi venti che soffiavano a 270 km orari, restano completamente isolate. In molti si stanno mobilitando: oltre alle Nazioni Unite, l’Unione Europea ha promesso aiuti per un milione di euro; 700mila saranno stanziati, invece, dalla vicina Nuova Zelanda, mentre l’Australia si è detta pronta all’invio di tecnici specializzati. Un primo bilancio della situazione è azzardato dall’Unicef che parla di 54mila bambini coinvolti e lancia un appello per raccogliere due miliardi di dollari per far fronte alle loro necessità.

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Papa all'Angelus: amore di Dio è gratuito e sconfinato

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L'amore di Dio è gratuito e sconfinato e non dobbiamo mai dimenticare che è ricco di misericordia. E' quanto ha affermato Papa Francesco nella sua catechesi per l'Angelus domenicale rivolgendosi ai tanti pellegrini radunati in Piazza San Pietro nonostante la giornata piovosa. Il servizio di Sergio Centofanti

Dio ci ama davvero così tanto!
Al centro dell’Angelus, il Vangelo di questa domenica che ci ripropone le parole rivolte da Gesù a Nicodemo: «Dio ... ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito» (Gv 3,16):

“Ascoltando questa parola, rivolgiamo lo sguardo del nostro cuore a Gesù Crocifisso e sentiamo dentro di noi che Dio ci ama, ci ama davvero, e ci ama così tanto! Ecco l’espressione più semplice che riassume tutto il Vangelo, tutta la fede, tutta la teologia: Dio ci ama di amore gratuito e sconfinato”.

Dio sceglie il suo popolo non perché se lo meriti
Questo amore – afferma il Papa - Dio lo dimostra anzitutto nella creazione. E’ un amore gratuito che si manifesta in tutta la storia della salvezza:

“Il Signore sceglie il suo popolo non perché se lo meriti e gli dice così: 'Io ti ho scelto proprio perché sei il più piccolo tra tutti i popoli'. E quando venne 'la pienezza del tempo', nonostante gli uomini avessero più volte infranto l’alleanza, Dio, anziché abbandonarli, ha stretto con loro un vincolo nuovo, nel sangue di Gesù – il vincolo della nuova ed eterna alleanza – un vincolo che nulla potrà mai spezzare”.

Gesù ci ha amato fino all'estremo limite dell'amore
“La Croce di Cristo – ha proseguito Papa Francesco - è la prova suprema dell’amore di Dio per noi: Gesù ci ha amati «sino alla fine» (Gv 13,1), cioè non solo fino all’ultimo istante della sua vita terrena, ma fino all’estremo limite dell’amore":

"Se nella creazione il Padre ci ha dato la prova del suo immenso amore donandoci la vita, nella passione e la morte del Figlio ci ha dato la prova delle prove: è venuto a soffrire e morire per noi. E questo, per amore: così grande è la misericordia di Dio! Perché ci ama, ci perdona. Con la sua misericordia Dio perdona tutto, e Dio perdona sempre".

Maria ci ponga nel cuore la certezza che siamo amati da Dio
"Maria, che è Madre di misericordia - è stata al sua preghiera - ci ponga nel cuore la certezza che siamo amati da Dio. Ci stia vicino nei momenti di difficoltà e ci doni i sentimenti del suo Figlio, perché il nostro itinerario quaresimale sia esperienza di perdono, di accoglienza e di carità”.

Dopo l’Angelus, il Papa ha rivolto un particolare saluto ai diversi gruppi di volontariato che, uniti nell’impegno di solidarietà, partecipano alla manifestazione “Insieme per il bene comune”.

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Anno Santo della misericordia. Enzo Bianchi: umanità ferita ne ha bisogno

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“Riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio con la quale siamo chiamati a dare consolazione ad ogni uomo e donna del nostro tempo”: questo il senso dell’Anno Santo della Misericordia secondo Papa Francesco che, a sorpresa, ha annunciato venerdì scorso l’indizione di un Giubileo straordinario. Tanti i commenti seguiti alle sue parole. Adriana Masotti ha chiesto a Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, qual è stata la sua reazione: 

R. – E’ stata  una reazione non solo positiva, ma direi piena di gioia e con un sentimento di ringraziamento a Papa Francesco, perché fin dall’inizio del suo pontificato lui ha fatto capire a tutta la Chiesa che voleva una stagione di misericordia. Papa Giovanni XXIII aveva già insistito: “Bisogna usare la medicina della misericordia, piuttosto che imbracciare le armi del rigore”. Sono parole sue nella prolusione all’allocuzione di inizio del Concilio. Ecco, Papa Francesco ha ripreso questa eredità. Conosce bene la situazione del mondo: l’umanità è molto ferita, l’umanità non ha grandi orizzonti di speranza, l’umanità ha bisogno che qualcuno si pieghi come il samaritano sulle sue piaghe e soprattutto usi misericordia, pur sempre, certo, dicendo che il male c’è, sempre indicandolo come male, come peccato, ma facendo sempre la distinzione tra il male che c’è e chi lo commette, che può sempre avere un cammino di redenzione e può sempre chiedere perdono al Signore.

D. – Il Papa ha parlato soprattutto ai confessori, dicendo che loro dovranno essere misericordiosi…

R. – La misericordia certamente, come dice la Scrittura, ha bisogno di uomini e donne che oltre che conoscerla su di loro, da parte di Dio, sappiano poi annunciarla a tutti gli uomini. E i confessori certamente sono al primo punto. Fare il ministro della confessione è una cosa ardua, perché si tratta davvero di collocarsi in ginocchio accanto al peccatore per invocare da Dio l’assoluzione. Bisogna condividere le sofferenze del peccatore, la sua nostalgia di Dio, capire il suo desiderio di cambiare vita, quindi guardare più con gli occhi di Dio il peccatore, non guardarlo con i nostri occhi che lo farebbero soltanto condannare.

D. – Il Papa parla anche di una Chiesa che ha bisogno di misericordia, perché è peccatrice, e che in questo Giubileo potrà trovare la gioia del perdono…

R. – La Chiesa ha bisogno di riforma - Papa Francesco continua a dirlo - la Chiesa deve essere sempre riformata dal Signore. Vive nel mondo, è composta di uomini e donne, peccatori e peccatrici, e quindi c’è davvero in quest’anno la possibilità per la Chiesa di impegnarsi in questa conversione, di ottenere la misericordia di Dio, di invocarla, riconoscendo le proprie colpe, i propri limiti e mostrando anche una grande solidarietà con gli uomini. Noi non abbiamo steccati con l’umanità peccatrice, siamo loro fratelli. Semplicemente sui peccati siamo chiamati a mettere lo sguardo di Dio, rispetto a loro che magari non ci riescono, perché non conoscono Dio o non ce la fanno ad assumere questo sguardo.

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Vescovi Bosnia dal Papa. Mons. Vuksic: siamo Chiesa sofferente

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Domani i vescovi della Bosnia ed Erzegovina incontrano in Vaticano il Papa per la loro visita ad Limina. L’appuntamento si svolge a meno di 3 mesi dal viaggio di Francesco a Sarajevo, in programma per il 6 giugno. Sulle attese, Federico Piana ha intervistato mons. Tomo Vuksic, ordinario militare: 

R. – Le nostre aspettative sono veramente proprio quelle che ha detto lo stesso Papa nel giorno in cui ha annunciato la sua visita a Sarajevo, quando disse: “Vado a Sarajevo per incoraggiare i fedeli cattolici, per suscitare i fermenti del bene, contribuire al consolidamento della fraternità, della pace, del dialogo interreligioso e dell’amicizia”. Questo è un riassunto bellissimo che ha fatto lo stesso Papa e noi, che siamo lì, che viviamo lì, preghiamo e ci auguriamo una buona riuscita di queste intenzioni.

D. – Che Chiesa troverà il Papa, martoriata da anni di guerra? Prima della guerra c'erano 800 mila cattolici, dopo la guerra poco più di 400 mila …

R.- Troverà una Chiesa che lo ama, troverà una Chiesa che veramente è felice per la sua visita. Lei diceva “martoriata”: un termine che non userei, non perché non sarebbe vero – essere martiri porta con sé un po’ di più di quello che viviamo noi. Sì, noi siamo una Chiesa sofferente, forse andrebbe meglio questa espressione rispetto a “martoriata”: sofferente. Però, è una caratteristica della Chiesa da quelle parti, che l’accompagna da secoli. C’è stato il periodo ottomano, in cui si è sofferto molto. Poi è venuto il periodo delle due Jugoslavie, soprattutto del comunismo, quando la Chiesa di nuovo ha sofferto; poi è venuto il periodo di quest’ultima guerra, quando si è sofferto ancora di più. Poi, quello che è avvenuto dopo l’ultima guerra è un altro genere di sofferenza – grazie a Dio – rispetto alla sofferenza sperimentata durante la guerra … Così, siamo una Chiesa quaresimale, cioè è una situazione che la Provvidenza ci ha riservato e il nostro compito è testimoniare in questa situazione. Ci sentiamo missionari: siamo nati lì, siamo stati messi lì dalla Provvidenza e grazie a Dio si riesce anche a vivere e testimoniare in queste situazioni.

D. – Le sfide che ha la sua Chiesa lì, quali sono?

R. – Le sfide sono la questione demografica che sta nel fatto che molti profughi, vittime della guerra, non sono ritornati. Diverse forze politiche, sociali, locali, internazionali per le quali sarebbe stato d’obbligo creare una possibilità di rientro, purtroppo non l’hanno fatto e molti profughi non sono riusciti a tornare, e la conseguenza di questo è molto grande per la Chiesa cattolica, perché ha perso diverse centinaia di migliaia di fedeli nel periodo del dopoguerra, per mancanza di lavoro, per ragioni economiche e diverse altre ragioni. E’ in atto un processo di lenta ma nuova emigrazione verso l’Occidente, soprattutto di giovani. La sfida è pure la questione della denatalità, cioè l’aumento del numero delle morti rispetto a quello delle nascite e dei battesimi. E naturalmente la sfida, come in ogni parte della Chiesa, è il nostro lavoro pastorale.

D. – Il rapporto con le altre religioni – con i musulmani – e anche con l’ecumenismo … fate un lavoro prezioso … Che bilancio possiamo fare?

R. – Il dialogo tra le comunità religiose esiste: esiste veramente. Soprattutto quello quotidiano, a livello esistenziale, a livello di vita quotidiana. Il dialogo non soltanto con le istituzioni o con i leader religiosi, ma tra gli uomini, tra la gente, tra i fedeli di diverse comunità che si incontrano praticamente ogni giorno per strada, nei bus, nei mezzi di trasporto, nei luoghi di lavoro … E’ una convivenza quotidiana tra le persone di diverse religioni. Il dialogo … forse la cosa più importante è questa!

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Il Giappone celebra i 150 anni della scoperta dei "cristiani nascosti"

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La Chiesa giapponese ricorda il 150.mo anniversario della scoperta dei “cristiani nascosti” che, dopo una feroce e lunga persecuzione iniziata nel 1600, uscirono dalle catacombe riacquistando la libertà religiosa. Dopo l'espulsione di tutti i sacerdoti dal Paese, furono i laici a trasmettere in modo clandestino la fede, battezzando i propri figli a rischio della vita. Per l’occasione Papa Francesco ha inviato a Nagasaki, come suo inviato speciale alle celebrazioni, il cardinale filippino Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato. Sull'evento, ascoltiamo padre Mario Bianchin, missionario del "Pime" in Giappone, al microfono di Marina Tomarro

R. – E’ un appuntamento che si celebra soprattutto a Nagasaki, dove è avvenuta questa scoperta degli antichi cristiani. Il giorno esatto sarebbe il 17 marzo. La Chiesa in Giappone ricorda ogni anno questa scoperta. È un segno di come le radici della fede cristiane siano profonde in Giappone.

D. - Come vivono i giapponesi cristiani?

R. - I giapponesi prendono sul serio la fede. Qui in Giappone sono pochi quelli che provengono da famiglie cristiane e perciò i cristiani generalmente si sentono impegnati nella fede che hanno scelto. Le comunità si sentono impegnate con la loro identità di Chiesa cattolica. Ma c’è ancora un grande cammino da fare. Si tratta, comunque, di una popolazione cattolica di una certa qualità. Ci sono due tradizioni in Giappone per quanto riguarda la Chiesa cattolica: una tradizione che si rifà alla prima evangelizzazione del Paese ai tempi di San Francesco Saverio e fa riferimento alla scoperta degli antichi cristiani e l’altra, invece, che è successiva, risale al periodo della modernizzazione, quando il Paese iniziò e cercò di imitare i Paesi sviluppati dell’Europa e dell’America. In quel periodo iniziò la seconda evangelizzazione del Giappone, circa 150 anni fa. Queste due correnti sono ancora visibili e costruiscono un po’ la base dell’identità della Chiesa in Giappone.

D. - Quali sono i rapporti tra i giapponesi cristiani e quelli delle altre religioni attualmente?

R. - Buoni. I cattolici in Giappone non hanno difficoltà di nessun tipo nei confronti delle altre religioni. Forse non c’è ancora un grande entusiasmo nel far crescere queste relazioni, questo dialogo. Si sente che manca la preparazione per questo. Le varie comunità, soprattutto buddiste, sono coinvolte nel dialogo che la Chiesa auspica e promuove. Sono presenti delle attività della Chiesa durante tutto l’anno.

D. - Come arriva in Giappone il messaggio di Papa Francesco?

R. - Si sentono provocati dallo stile di Papa Francesco. Io penso che tutti desidererebbero vederlo. Speriamo che trovi il modo di venirci a trovare in Giappone.

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Parolin a Minsk: uomo senza Dio conosce gli abissi della crudeltà

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“Il villaggio dimenticato da Dio/Dio dimenticato dal villaggio”. Ha usato questa espressione del poeta locale Vladimir Niakliaev, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin per introdurre l’omelia della celebrazione da lui officiata oggi nell’arcicattedrale di Minsk, durante la sua visita in Bielorussia. L’intenzione era evocare la Via Crucis del popolo bielorusso, la cui storia ha conosciuto momenti davvero difficili: “In tempi ancora recenti – ha detto – i sacerdoti sono stati deportati, le chiese distrutte, le comunità disperse, mentre una propaganda molto organizzata e insistente intendeva cancellare dal cuore dei credenti l’immagine di Dio”. L’immagine di Dio, però, come ha ricordato il porporato, non si può cancellare, perché è impressa nel cuore dei fedeli da Dio stesso; nella sofferenza ha paragonato i credenti di questa terra martoriata a Maria, che resta in piedi sotto la Croce del Signore, portandone tutto il peso.

La “risurrezione” del popolo bielorusso dopo le persecuzioni
“La risurrezione, però, non poteva tardare – ha ricordato ancora il porporato – perché il cuore paterno di Dio non resiste al grido di quanti sono vittime, come parte dell’unica grande Vittima, suo figlio Gesù, fatto uomo per noi e per la nostra salvezza, fedele fino alla morte alla volontà del Padre che tutto sia salvato”.

L’uomo senza Dio sprofonda negli abissi della crudeltà
Il cardinale Parolin, riferendosi a quanto sta accadendo nella vicina Ucraina, avverte la comunità dai pericoli che corre l’uomo quando si allontana da Dio: “Conosce gli abissi della crudeltà – ha proseguito – la violenza esplode in una brutalità di cui a volte siamo testimoni diretti attraverso i mezzi di comunicazione: comunità distrutte, bambini e anziani sterminati senza pietà o costretti a vivere sotto terra per lungo tempo, mentre intorno si distrugge il loro mondo, le cose cui sono abituati e persino le persone che amano”. Questo, infatti, secondo il porporato, è il dramma della libertà dell’uomo: che può diventare rifiuto di Dio, perché Lui non costringe l’uomo ad amarlo.

L’esperienza di lottare per la fede contro gli idoli moderni
Da qui, l’esortazione a lottare per la propria fede – come ha fatto il popolo bielorusso – perché senza lotta non c’è fede. Oggi, però, la lotta non è più, almeno qui, contro chi vuole estirpare la fede dai cuori, ma contro “i piccoli idoli che vogliono prendere il posto di Dio: il miraggio della ricchezza facile, la perdita del senso del bene e del male, l’indifferenza, l’andare in chiesa solo per tradizione, sentirsi cattolici quasi per identità etnica, ma poi vivere senza senso, senza scopo, senza direzione. Vivere da egoisti, come se Dio non ci fosse. Onorarlo con le labbra, ma non con il cuore”. Pregare è sempre lo strumento migliore per avvicinarsi a Dio e alla Chiesa: “Non lasciatela anche se è piena di peccati e qualche volta vi delude – ha esortato – in essa batte il cuore di Cristo!”.

Il pensiero del Papa per i giovani e per i bambini
Qualche parola, il cardinale l’ha spesa anche per i giovani, che della comunità ecclesiale sono il futuro, richiamandoli a un impegno concreto e sincero in tutte le sfere della propria vita. Ha voluto, inoltre ricordare loro che Dio è la nostra forza quando siamo fragili, che è più forte dei nostri peccati e ci ha salvato per grazia, non per i nostri meriti: “Voi siete il tabernacolo vivo di Dio – ha aggiunto – non profanatelo mai”. Infine, il segretario di Stato ha riportato un pensiero di Papa Francesco per i bambini e la sua carezza, uno per uno: “Sentite l’amore di mamma e papà e pensate che Dio vi ama ancora più profondamente”. Ai genitori, invece, un’ammonizione: “Ricordatevi che i bambini vi guardano, che il vostro amore li fa vivere e li riempie di pace, mentre il cattivo esempio li rende tristi e può distruggere le loro vite. I bambini sono quanto di più delicato abbiamo”. (A cura di Roberta Barbi)

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Oggi in Primo Piano



"Africa in cammino", incontro dei Comboniani al Seraphicum

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Un continente che cambia, centocinquant’anni dopo l’intuizione di San Daniele Comboni, autore del “Piano per la rigenerazione dell’Africa” e fondatore della Congregazione dei missionari comboniani. Se ne è discusso nell’incontro di tre giorni al Seraphicum di Roma, dedicato all’ “Africa in cammino”. Per noi c’era Davide Maggiore

“Salvare l’Africa con l’Africa”, questa fu l’intuizione di Comboni e questo, centocinquant’anni dopo, è ancora il compito che i suoi eredi spirituali s’impegnano a portare a termine. Lo fanno, però, in un contesto che muta rapidamente, come sottolinea lo stesso titolo dell’incontro romano: “Africa in cammino”. Su questo elemento si sofferma il superiore generale dei missionari comboniani, padre Enrique Sánchez González:

“L’esperienza che noi, come missionari e missionarie, stiamo facendo nel Continente ci parla proprio di questo: è un continente con un dinamismo e una ricchezza di risorse – non soltanto materiali, ma soprattutto umane – che mostra che è un continente in crescita, che cambia enormemente, che cambia costantemente in questo momento della storia dell’Africa. Questa immagine ci mostra anche che, nella nostra esperienza come famiglia comboniana, abbiamo fatto il cammino insieme a tante persone continuando il sogno di Daniele Comboni”.

Uno dei motivi per cui il progetto di San Daniele Comboni conserva la sua attualità, ha spiegato a questo proposito la superiora delle suore missionarie comboniane, suor Luzìa Premoli, è il suo carattere inclusivo e partecipativo:

“Dall’inizio, Comboni aveva pensato una équipe di persone nella quali erano compresi gli uomini – sacerdoti, fratelli laici – e suore. Noi parlava di questa partecipazione di tutti per riuscire nella missione e includeva nel suo piano tutte le forze, sia gli uomini e le donne sia riguardo a consacrati e laici: europei e africani che, insieme, avrebbero potuto portare avanti quel sogno di salvare l’Africa con l’Africa”.

Un continente in movimento, ha ricordato il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, è anche quello auspicato dal secondo Sinodo per l’Africa, il cui messaggio finale esortava: “Africa, alzati e cammina!”. A chiarire la portata di questo invito è il prof. Martin Nkafu, titolare della cattedra ‘Cardinal Bernardin Gantin’ della Pontificia Università Lateranense:

“Adesso tu, africano, sei ormai cristiano e devi essere evangelizzatore: devi portare la Buona Novella anche tu, alzandoti e andando e camminando anche verso l’Europa, questa volta. L’Africa ha il dovere di mettere a frutto la sua missionarietà. Senza vivere l’aspetto missionario, la Chiesa africana non sarà matura”.

Un protagonismo rinnovato dell’Africa, stavolta in campo politico, economico e sociale, è anche l’obiettivo che emerge dalle parole di Samia Nkrumah, figlia del primo presidente del Ghana indipendente, intervenuta al convegno:

“La soluzione dei nostri problemi – economici e sociali – deve nascere da dentro. Sì, ascoltiamo il consiglio  di tutto il mondo, perché è un mondo globale; ma l’Africa deve compiere una scelta indipendente. E certo, adesso per cambiare velocemente è necessario l’apporto di un numero maggiore di donne e di giovani che entrino nell’ambito politico. Ogni cambiamento forte è stato accompagnato dalla partecipazione delle donne e dei giovani”.

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Nuovi lavori contro la disoccupazione: nasce il corriere in bici

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Per uscire dalla crisi e inventarsi un lavoro sono nati i corrieri in bici. A Roma ci sono i ragazzi di “E adesso pedala”, che consegnano con le loro due ruote pacchi e buste per tutta Roma. Roland Ruff, 38 anni, ungherese, è l’ideatore dell'iniziativa. Al microfono di Maria Cristina Montagnaro spiega come è nato questo progetto: 

R.  – Qua a Roma siamo i primi che abbiamo messo in piedi questo servizio. Io ero a Valencia con la mia famiglia quando un ragazzo che viveva qua a Roma voleva aprire un servizio così, perché ha visto che non c’era e con un paio di ragazzi abbiamo messo insieme l'iniziativa e abbiamo aperto subito una S.r.l. credendo nel futuro.

D. – Puoi fotografare qual è la situazione attuale dell’azienda?

R. – Facciamo circa 3000 consegne al mese. Siamo 22 ragazzi, universitari, neolaureati. Quasi tutti lavorano part-time.

D. – Non è pericoloso girare in bicicletta nel traffico di Roma?

R. – Questo è un lavoro, noi siamo professionisti. Il lavoro può essere pericoloso, come lo sono il lavoro del poliziotto o del pompiere, però quando fai questo lavoro non pensi al pericolo, pensi che questo è il tuo lavoro e devi cercare di non sbagliare e non succede niente. Ovviamente abbiamo l’assicurazione.

D.  – Quali mezzi utilizzate per la consegna?

R. – Noi utilizziamo solamente la bicicletta. Ogni corriere ha la sua bici. Abbiamo le cargo bike danesi che portano fino a 150 chili e sono veloci come le bici normali.

D. – Quali sono i vantaggi di una consegna in bicicletta?

R. – Ovviamente che non si inquina. Chi ci chiama e utilizza “E adesso pedala” si prende una parte della responsabilità di non inquinare più la città. E poi anche la velocità: noi siamo più veloci di tutti i corrieri, soprattutto in centro. Magari in periferia con i motorini possiamo fare una gara!

D. – Quali sono le cose che consegnate?

R. – Di solito si tratta di documenti per studi di avvocati, chiavi di casa dimenticate al lavoro… Qualsiasi cosa, chiami il ciclista che in breve tempo arriva. Abbiamo diviso Roma in tre zone: il centro è una zona, poi fuori l’anello ferroviario è un’altra zona, e poi fino al raccordo c’è la terza zona. Al centro costa 7 euro iva inclusa, un po’ più fuori 14 e per le zone in periferia, come Eur, Fidene, Magliana, costa 20 euro iva inclusa.

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Campagna per tutelare diritto di scrivere a mano

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Scrivere a mano è un diritto da tutelare anche per le nuove generazioni. Tuttavia in Finlandia e in altri Paesi questa pratica sta lasciando il posto a pc e tablet. Per questo, l’Istituto grafologico internazionale “Moretti” di Urbino, fondato da un padre francescano, sta organizzando una campagna per il diritto di scrivere a mano. Dell’importanza della scrittura liquida parla, ad Elisa Sartarelli, il grafologo e collaboratore dell’Istituto grafologico “Moretti” Claudio Garibaldi, che fa parte della squadra che si occupa di questa campagna: 

R. - Scrivere a mano è una delle manifestazioni più complesse del comportamento umano. La scrittura manuale è un’espressione integrale della persona ed è portatrice di una dimensione storico-antropologica universale, poiché la sua evoluzione ha segnato il cammino dell’umanità. L’attività grafica per il bambino è un esercizio spontaneo che concorre all’evoluzione psicomotoria, intellettiva, affettiva. La preparazione all’apprendimento è fatta sulla scrittura ed è la base per lo sviluppo della capacità di lettura. Da un’indagine dell’Ocse risulta che il nostro Paese, purtroppo, è agli ultimi posti per il grado di alfabetizzazione.

D. – La scrittura a mano è un bene che va difeso anche in epoca di pc e smartphone, tanto che c’è chi parla di demenza digitale. Che cos’è?

R. - Il termine trae origine da un libro di un neuropsichiatra tedesco, Manfred Spitzer, il quale afferma che l’esposizione del bambino ai mezzi digitali crea varie forme di scompenso. Scrivere a mano accende molte più aree cerebrali che digitare su una tastiera, perché scrivendo su carta, gli occhi e i movimenti della mano seguono la creazione della lettera; mentre, digitando su una tastiera, lo stesso movimento compiuto è meccanico attraverso uno schema binario di arresto e partenza. Scrivere a mano richiede concentrazione, per lo meno nella fase dell’apprendimento e anche molta creatività, perché per rendere automatica la scrittura, occorre un lungo processo di personalizzazione del gesto grafico che la tastiera invece non richiede.

D. - In Finlandia, presto la scrittura liquida cederà quasi completamente il posto a pc e tablet. La trova una scelta obbligata nel terzo millennio?

R. - Non solo in Finlandia, il corsivo verrà reso come materia opzionale ma in diversi Paesi del mondo, soprattutto nella maggior parte degli Stati Uniti, in India, in Australia. Non si comprende la motivazione reale di questa scelta. Soprattutto dagli Stati Uniti è partita una campagna a favore del corsivo, stanno nascendo diverse ricerche che dimostrano esattamente il contrario.

D. - Poi ci sono le industrie informatiche che spingono per vendere i loro prodotti …

R. - Questo è evidente a tutti. In effetti forse è la motivazione di base. Il problema, appunto, è che non c’è una riflessione su questo argomento. È comunque interessante sapere che i dirigenti delle aziende della Silicon Valley mandano i loro figli in scuole dove la scrittura a mano viene assolutamente insegnata.

D. - Lei fa parte del team che sta curando la campagna per il diritto di scrivere a mano. A cosa punta questo progetto?

R. - L’Istituto grafologico internazionale “Moretti” è stato creato dai confratelli di padre Moretti, fondatore della grafologia italiana, ed è gestito dalla provincia francescana conventuale delle Marche. L’istituto si occupa di formazione e trasmissione della disciplina grafologica ma, soprattutto in questo momento, desidera promuovere la scrittura e il suo valore storico e antropologico. Per questo sta elaborando un progetto a difesa della scrittura a mano. Lo scopo della campagna è quello di invitare a una riflessione sul ruolo che la scrittura a mano riveste per lo sviluppo della persona. Nessuno ha il diritto di privare le generazioni future dell’apprendimento di tale capacità. La campagna verrà attuata in collaborazione con l’Unicef e si colloca nell’ambito dell’Art. 29 della Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Non possiamo dimenticare che la scrittura a mano è un patrimonio dell’umanità.

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Nella Chiesa e nel mondo



Libia. L’Is avanza e si scontra con gli islamici moderati

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In Libia sono iniziati gli scontri tra i jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) e le milizie al potere nella capitale Tripoli. Teatro dei combattimenti la città di Sirte, da circa un mese in mano all’Is, che nel frattempo ha annunciato la sua “prima operazione” contro la coalizione filoislamica nota come Fajr Libya. Lo Stato Islamico, inoltre, si sarebbe anche impossessato di Harawa e sarebbe impegnato in una dura battaglia a Nawfaliyah, dove stanno affluendo miliziani da Misurata e Tripoli. Le forze islamiche moderate, infine, hanno ripreso il controllo di Harouam, a est di Sirte, e di Amiria, a sud di Tripoli.

Onu: nuovi colloqui giovedì in Marocco
L’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Bernardino Leon, ha convocato per giovedì in Marocco nuovi colloqui – che dovrebbero entrare nella fase decisiva - sulla situazione in Libia. L’obiettivo dell’Onu è quello di creare accordo tra l’esecutivo libico riconosciuto dalla comunità internazionale insediato a Tobruk, e quello che ha sede a Tripoli, affinché formino un governo di unità nazionale più forte per far fronte all’avanzata dell’Is nel Paese.

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Ucraina. Kiev: nella notte 14 violazioni alla tregua

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Attraverso un comunicato, l’esercito ucraino ha denunciato almeno 14 violazioni da parte separatista avvenute nella notte nel Donbas, nel sud-est ucraino devastato dal conflitto, mentre Mariupol sarebbe stata risparmiata. In particolare si fa riferimento a 11 bombardamenti che si sarebbero verificati tra le 20 e la mezzanotte e altri tre fra la mezzanotte e le sei del mattino, in violazione agli accordi in vigore sulla tregua.

Poroshenko e Biden ai separatisti: rispettare accordi Minsk
In seguito a un colloquio telefonico avuto ieri, il presidente ucraino Poroshenko e il vicepresidente Usa Biden hanno chiesto ufficialmente alla Russia e ai separatisti filorussi di realizzare per l’Ucraina gli accordi di Minsk. Soddisfazione dai due, inoltre, è stata espressa per la prima tranche di aiuti a Kiev erogata dal Fondo Monetario Internazionale.

Nato: Russia ancora presente nel sud-est ucraino
Un cessate il fuoco “fragile” ma che è “importante che sia mantenuto”, quello in vigore dallo scorso 15 febbraio nel sud-est dell’Ucraina: così lo ha definito il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in un’intervista al quotidiano spagnolo El Pais, nel corso della quale ha affermato anche che “la Russia utilizza ancora la forza all’interno di un Paese sovrano e indipendente”. In particolare Stoltenberg ha detto che la Russia nel sud-est ucraino “tiene forse equipaggiamenti e addestra i separatisti”. Infine, ha lanciato un appello affinché vengano ritirate le armi pesanti dall’area, consentendo così di lavorare all’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa (Ocse) e ha detto che “l’opportunità di dialogo politico resta aperta”. (R.B.)

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Filippine: gioia dei vescovi per trasferimento impianto petrolifero

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La Conferenza episcopale filippina (Cbcp) accoglie con gioia la decisione della Corte suprema (Sc), che ha imposto con sentenza definitiva il sequestro del centro di stoccaggio del petrolio nel distretto di Pandacan, a Manila. In precedenza i vescovi avevano definito la struttura una bomba ad orologeria, un "disastro annunciato". 

La Chiesa chiede che la sentenza abbia effetto immediato
In un'intervista all'emittente cattolica Radio Veritas ripresa dall'agenzia AsiaNews, il vescovo ausiliare di Manila Broderick S. Pabillo, presidente del Comitato permanente sugli affari pubblici (Pcpa) della Cbcp, ha espresso l'auspicio che la decisione dei giudici abbia effetto immediato. Il prelato spiega che "è nell'interesse della salute pubblica" che ciò avvenga il prima possibile. L'ausiliare della capitale aggiunge che una volta trasferiti i 33 ettari del polo industriale petrolifero, utilizzato dalle più importanti compagnie del settore, in una località in cui crei il minor danno possibile, esso "non costituirà più una minaccia per gli abitanti di Pandacan".

L'impianto ha un impatto devastante sulla salute pubblica
Il deposito di petrolio di Pandacan è un terminal per lo stoccaggio e lo smaltimento usato da tre giganti dell'industria petrolifera: Caltex (Chevron Corporation), Petron e Shell. Esso sorge in un'area della capitale ad alta densità abitativa e ha un impatto devastante sulla salute pubblica. Inoltre, negli anni si sono verificati numerosi incidenti, fra cui esplosioni e sversamenti di carburante nell'adiacente fiume Pasig, l'ultimo dei quali avvenuto lo scorso anno; in molti hanno dovuto ricorrere a ospedali e cure mediche, per gravi problemi respiratori. 

Il pericolo di un impianto petrolifero in pieno centro di Manila
Il prelato ricorda che la Chiesa filippina esercita da tempo pressioni sulle istituzioni, per il trasferimento di un impianto che è fonte di gravi danni per la salute dell'uomo e l'ambiente. Una potenziale bomba, in caso di danni derivanti da terremoti o incendi, oppure attacchi terroristi, in grado di causare un numero elevato di vittime. "Non aspettiamo che accada qualcosa di grave - avverte - prima di agire". Alle compagnie petrolifere e all'amministrazione della capitale, conclude l'ausiliare, non resta altro da fare che ottemperare alla decisione dei giudici. "È inaccettabile che vi sia un deposito di petrolio nel pieno centro di Manila".

La Chiesa filippina sempre molto attenta alle tematiche ambientali
L'attenzione della Chiesa per la vicenda non deve stupire, perché anche in passato i vertici cattolici filippini, e soprattutto l'arcidiocesi di Manila, hanno prestato molta attenzione ai temi inerenti l'ambiente. Nel febbraio dello scorso anno le parrocchie della capitale hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione per la raccolta e lo smaltimento di rifiuti elettronico. A Luzon vertici cattolici e Ong hanno promosso una battaglia comune pr la bonifica di terreni contaminati da scavi ed esplorazioni. (R.P.)

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Palermo: migranti protagonisti di una Via Crucis in 10 lingue

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Una Via Crucis multilingue e multietnica per dire basta alle guerre, alle oppressioni e alle nuove schiavitù. Si svolgerà a Palermo il 29 marzo – Domenica delle Palme – i protagonisti saranno i migranti e sarà proposta in dieci lingue. Il capoluogo siciliano, per secoli crocevia di culture e città dove hanno convissuto pacificamente diverse etnie – esemplare sotto Federico II – vuole manifestare che la pacifica convivenza è possibile. Le 14 stazioni che ricordano il percorso di Cristo verso il Calvario, si svilupperanno dall’Istituto Padre Messina al Foro Italico e culmiranno nella chiesa Santa Maria dei Miracoli, a piazza Marina.

Via Crucis multietnica per invocare la pace tra i popoli
La preghiera sarà focalizzata sulla pace tra gli uomini, i popoli e le nazioni. “Meditando l’ultimo tratto della vita terrena di Gesù pregheremo tutti insieme, nativi e migranti, in dieci differenti lingue perché finisca ogni guerra, perché finisca ogni forma di oppressione e riduzione in schiavitù. "Canteremo ed invocheremo la Vergine Maria – si legge in una nota stampa dell’Ufficio Migrantes dell’arcidiocesi di Palermo – con un solo cuore anche se le lingue ed i canti saranno diversi. La pace è un bene prezioso in mano a tutti gli uomini, ma bisogna avere un po’ di buona volontà per saperla custodire e renderla stabile. Solo riconoscendo la dignità di ogni persona umana si potrà superare ogni tipo di schiavitù e costruire una convivenza fraterna”.

Appello di Papa Francesco per una civiltà senza discriminazioni
L’iniziativa è anche una risposta all’invito di Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata mondiale della Pace di quest’anno: la costruzione di una civiltà fondata sulla pari dignità di tutti gli esseri umani, senza discriminazione alcuna, cosa che necessita anche dell’impegno dell’informazione, dell’educazione, della cultura per una società rinnovata e improntata alla libertà, alla giustizia e, quindi, alla pace. (T.C.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 74

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.