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Sommario del 19/03/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: ferma condanna della strage a Tunisi

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Papa Francesco esprime il suo profondo dolore per quanti hanno perso la vita nella strage di ieri a Tunisi: si contano finora 23 morti. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, inviato all'arcivescovo di Tunisi mons. Ilario Antoniazzi, Papa Francesco ribadisce la sua “ferma condanna di ogni atto contro la pace e la sacralità della vita umana” e “si unisce con la preghiera al dolore delle famiglie” delle vittime e “a tutte le persone colpite da questo dramma, così come all'intero popolo tunisino". Il Papa “chiede al Signore di accogliere nella pace le persone decedute e di confortare quanti sono gravemente feriti”. Per il momento ancora non ci sono rivendicazioni, anche se l’ipotesi principale punta al sedicente Stato Islamico. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

La Tunisia oggi vive la paura e l'incertezza. Tutte le prime pagine dei siti web locali e del mondo riportano la strage di ieri. Secondo le ricostruzioni un commando di terroristi ha tentato l’assalto al Parlamento, poi ha ripiegato sul Museo del Bardo a Tunisi. Vengono presi ostaggi, dopo il blitz delle forze di sicurezza si contano 23 morti, 20 sono stranieri, tra loro anche una guardia della sicurezza, 42 i feriti. Due italiani hanno perso la vita, due risultano dispersi. Due anche i terroristi uccisi. Molti turisti coninvolti nella sparatoria erano ospiti delle navi da crociera Costa Fascinosa e MsC Splendida, che questa mattina hanno ripreso la navigazione. Per ora nessuno ha rivendicato l’attacco, ma fonti di stampa locali rilanciano la notizia della paternità dei jihadisti dello Stato Islamico. L’ombra è anche quella di Ansar al-Sharia e dei salafiti. Mobilitato esercito e polizia: tre complici sarebbero stati arrestati, mentre un quarto uomo risulta ricercato. A Tunisi nella notte si sono tenute manifestazioni di protesta contro il terrorismo. Il presidente tunisino Essebsi ha ribadito che nei confronti del terrorismo non ci sarà alcuna pietà. "Di lunga guerra” ha parlato il premier Essid, che ha lanciato un appello all’unità e ha ordinato urgenti provvedimenti soprattutto per i siti turistici. Un "atto ripugnante e un grave crimine che non può essere tollerato". E' il commento di Rafiq al-Aouni, leader del consiglio consultivo del Fronte della Riforma, partito islamico tunisino di orientamento salafita.

 

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Vescovo di Tunisi: fermare terroristi, ma non chiudere dialogo

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“Dolore, sconcerto e umiliazione” Così mons. Ilario Antoniazzi, arcivescovo di Tripoli dopo l’attentato al museo del Bardo. Il presule si sta recando in vari ospedali della città per far visita ai feriti, colpiti - ha detto - da un "atto insensato di violenza”. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato: 

R. - Prima di tutto vorrei dire che siamo vicini a chi soffre, vicini alle famiglie di coloro che sono morti e a chi è rimasto ferito. Poi vorrei dire che questa non è l’espressione del popolo tunisino che non capisce in queste ore come sia possibile che siano state uccise e ferite delle persone. Il popolo tunisino è un popolo accogliente e buono.

D. – Il Paese sembrava vivere una nuova stagione dopo la “primavera araba”. Questo episodio mette a rischio questo percorso di democrazia?

R. – Il pericolo c’è sempre, perché ci sono molte cellule dell’Is anche qui, anche se non si sa dove siano; però non dobbiamo dimenticare che il popolo tunisino è un popolo di cultura che ama la pace e questo ci dà tanta speranza. La prima reazione è stata quella di manifestare il sostegno al governo e il rifiuto di ciò che è accaduto. La speranza, sempre grande, è  che - prendendo spunto dal passato e da come si sono comportati i tunisini - questa sia una “nuvola molto triste” che è passata e speriamo non ritorni più.

D. – Voi avete paura?

R. – Come Chiesa no, perché fino ad ora noi non abbiamo avuto nessun segno che sia un movimento contro la Chiesa o contro i cristiani. Abbiamo la paura che hanno tutti, quella di trovarci coinvolti perché al posto sbagliato, nel momento sbagliato, ma niente di più.

D. – La prima risposta è stata quella di dire: “La guerra al terrore verrà combattuta senza pietà”, altri hanno sottolineato: “La via da perseguire è quella del dialogo, del confronto. Non bisogna perdere il controllo dei nervi in questo momento”. Cosa ne pensa?

R. – La posizione da seguire è quella del Papa, quando dice che bisogna fermarli, però lasciare le porte aperte al dialogo. Qui è la stessa cosa: non possiamo permettere che facciano quello che vogliono, che terrorizzino la gente. Però credo sia necessario aiutare nella crescita. Per molti anni, al tempo delle dittature, soprattutto quella di Ben Ali, chi andava nelle moschee non era visto di buon occhio. Risultato: oggi c’è un vuoto di valori nei giovani, un vuoto di cultura perché non conoscono bene la storia del loro passato, che è gloriosa e bella, un vuoto religioso. Quando mancano i valori in una persona, il primo che arriva riempie la testa e si corre il rischio di seguire qualcosa di pericoloso e poi si arriva a situazioni che sono inspiegabili. Come adesso in cui ci si pone la domanda di come sia possibile che il popolo tunisino, che è credente, pieno di cultura sia invece quello che ha offerto più combattenti all’Is.

D. – Qual è il vostro impegno come Chiesa sul territorio?

R. – Il nostro impegno è quello di sempre: mostrare attraverso la testimonianza di Cristo i valori umani e sociali che non possono mancare in qualsiasi persona – che sia cristiana o non cristiana - attraverso le nostre scuole, i nostri incontri e le relazioni.

D. – In questo momento ancora di più …

R. – In questo momento di sofferenza la Chiesa deve prendere una posizione molto più forte e la convinzione che abbiamo da fare un lavoro in profondità più grande, iniziando dai nostri cristiani che hanno un contatto diretto con il popolo tunisino.

D. – Vuole lanciare un appello attraverso i microfoni della Radio Vaticana?

R. – Prima di tutto non fare di tutta un’erba un fascio: la Tunisia è un popolo islamico – è vero - un popolo musulmano, però non sono tutti terroristi. La Tunisia soffre moltissimo per questa situazione e farà di tutto per uscire. Le speranze che noi abbiamo, anche con un po’ di tremore, sono di pace e di un futuro che può essere ancora tranquillo per la Tunisia.

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Il Papa e S. Giuseppe: solo chi serve con amore sa custodire

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Il “custode” della Santa Famiglia, Giuseppe, è l’uomo cui Papa Francesco si ispira quotidianamente nel suo ministero di Pastore universale. Un modello di sapienza divina, che chiede a Dio cosa fare quando non comprende, e che nella Casa di Nazareth è a servizio di Gesù e di sua Madre. Nel secondo anniversario dell’inizio del Pontificato, Alessandro De Carolis ricorda alcune delle parole di Francesco sul Patrono che tutta la Chiesa oggi celebra: 

Quale uomo si offrirebbe di avere al suo fianco la donna che ama e che ha promesso di sposarlo, ma che poco prima del matrimonio si ritrova incinta di un figlio non suo? Quale uomo messo davanti alla prova di un tradimento così crudo non urlerebbe a caldo rabbia e veleno, e magari a freddo non cercherebbe una qualche rappresaglia per risarcire il proprio orgoglio calpestato? Nemmeno nella più fiction più “liberal” si oserebbe mettere in scena un personaggio del genere, in tempi in cui la figura maschile, mediaticamente narrata, è da anni un cliché balbettante di incertezze, nevrosi e patetica incapacità di sapere cosa debba fare un marito o un padre – e dove perfino questi due ultimi vocaboli si vorrebbero cancellati dal dizionario:

“Giuseppe era un uomo che dava sempre ascolto alla voce di Dio, profondamente sensibile al suo segreto volere, un uomo attento ai messaggi che gli giungevano dal profondo del cuore e dall’alto. Non si è ostinato a perseguire quel suo progetto di vita, non ha permesso che il rancore gli avvelenasse l’animo, ma è stato pronto a mettersi a disposizione della novità che, in modo sconcertante, gli veniva presentata. E’ così, era un uomo buono”. (Angelus, 22 dicembre 2013)

L'uomo che si lascia guidare da Dio
Sì, ha ricordato una volta Papa Francesco, c’è stato un uomo capace di dimostrare, già duemila anni fa, che l’amore umano può essere capace di gesti meravigliosi, se invece di ripiegarsi su di sé si apre a Dio e una magnanimità che solo il cielo può suggerire. Prima di ogni aiuto divino, Giuseppe ha avuto da sé cuore e comprensione per la donna amata, laddove altri solo un irrimediabile disprezzo, e si è offerto di volerle bene e di voler bene al figlio che portava in grembo. E così ha iniziato con loro un’avventura impensata. Non stupisce che Francesco, il Papa della tenerezza, si lasci ispirare da lui, “custode” del Dio Bambino, per imparare a essere un padre fedele e generoso della Chiesa, come ha raccontato il 19 marzo 2013, nel giorno d’inizio del suo Pontificato:

“Giuseppe è ‘custode’, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!”. (Omelia, 19 marzo 2013)

L'uomo che accoglie a braccia aperte
Dio spiegò ogni volta in sogno a Giuseppe il da farsi, o gli chiarì ciò che non aveva capito e che tuttavia aveva accettato. Ha girato la rete in pochi attimi la confidenza che Francesco ha fatto due mesi fa alle famiglie filippine incontrate a Manila, quando disse di avere sul suo tavolo “un’immagine di San Giuseppe che dorme”, sotto la quale è solito mettere di tanto in tanto un foglietto con su scritto il problema che lo angustia, perché Giuseppe “lo sogni” e preghi per la sua soluzione. Giuseppe, un artigiano dell’amore discreto, sempre affidabile per Gesù e Maria, con i calli alle mani perché chi ama davvero sa che spesso bisogna piegare in silenzio la schiena:

“Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere (…) deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di San Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli (…) Solo chi serve con amore sa custodire!”. (Manila, incontro con le famiglie, 16 gennaio 2015)

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Il grazie dei fedeli a Francesco: le sue parole sono semplici e vere

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Tanti i messaggi di auguri che sono arrivati da tutto il mondo a Papa Francesco per i due anni di Pontificato. Ascoltiamo le voci di alcuni fedeli, presenti ieri in Piazza San Pietro all’udienza generale. Le ha raccolte Elvira Ragosta

R. – Facciamo un grande augurio a Papa Francesco per questo anniversario. Il suo messaggio è quello di essere con la gente e per la gente. Le sue parole sono semplici, comprensibili da tutti, e il suo agire è proprio uguale alle parole. Molto spesso noi assistiamo a persone che dicono una cosa e ne fanno un’altra: lui, con la sua vita, sta testimoniando ciò che predica.

R. – Che il suo stile di povertà possa veramente raggiungere tutti e quello che ha detto all’udienza generale sui bambini diventi veramente qualcosa di concreto in tutto il mondo: che i bambini siano al primo posto in tutte le società moderne.

R. – Cosa possiamo augurargli … Un pontificato prospero, sereno come quello che – credo – ha vissuto fino ad oggi. Lunga vita a questo Pontefice meraviglioso!

D. – C’è qualcosa che, in questi due anni, l’ha colpita e che porta nel cuore?

R. – La grande umanità, la sensibilità e il fatto di essere un grande comunicatore e di sapere coinvolgere le folle, soprattutto i giovani.

D. – Lei da dove viene?

R. – Vengo da Novara, Piemonte.

D. – Cosa vuole augurare a Papa Francesco per i suoi due anni di Pontificato?

R. – Gli auguri sono per il lavoro che ha saputo svolgere e la scossa che ha saputo dare; gli auguriamo tantissimi anni come questi proseguendo nel suo stile.

D. – Che cosa vi piace di più di Papa Francesco?

R. – La sua apertura al mondo.

 (Bambini) – Auguri Papa Francesco!

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Scampia aspetta il Papa, il decano: non siamo la città di Gomorra

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Napoli attende l’arrivo, questo sabato, di Papa Francesco. L'atterraggio dell’elicottero sarà annunciato dal suono di centinaia di campane delle chiese di tutta la diocesi. Prima tappa, sarà il quartiere periferico di Scampia, che vive situazioni sociali difficili ma dove ci sono tanti cittadini che operano per il bene comune. Oggi le comunità parrocchiali della zona si riuniranno in preghiera. Federico Piana ha sentito il decano di Scampia don Francesco Minervino

R. – La gente, prima di tutto, è segnata dall’entusiasmo che porta Papa Francesco. Questo è l’augurio anche per la nostra città, ma soprattutto per questi territori: una vera e propria iniezione di speranza. Quando si parla di periferie s’intende soltanto periferie geografiche, periferie urbanistiche, invece Papa Francesco va ripetendo come intendere le periferie: quelle dimensioni, quelle realtà, luoghi, che ci fanno vedere in una maniera diversa il centro, cioè la vita.

D. – Secondo lei i frutti che porterà questa visita quali saranno?

R. – Il fatto che tutti si ritrovino ad accogliere Papa Francesco; il recuperare un impegno di unità contro la disgregazione, uno dei più grandi mali che segnano la vita sociale. Possiamo dire che Papa Francesco, come degno successore di Pietro, sia segno di unità.  

D. – Scampia è stata disegnata anche troppe volte e ne è stata fatta una caricatura …

R. – Scampia non è la città di Gomorra. Papa Francesco incontrerà la vera Scampia, che non è quella delle etichette.   

D. – Qual è la vera Scampia?

R. – Ci teniamo a dirlo, perché nel 2006, il cardinale Sepe, quando venne come arcivescovo di Napoli, volle iniziare il suo ministero episcopale proprio toccando il suolo di Scampia, continuando quella consegna che Giovanni Paolo II nel ’90 aveva dato. Tutti quelli sono luoghi comuni, che i media in qualche maniera rilevano, perché sono quelli che fanno notizia, e certamente in Scampia, come in tutte le grandi periferie delle grandi città, delle grandi metropoli nel mondo, sono sempre in qualche maniera segni di contraddizione. Papa Francesco incontrerà Scampia nella vita ordinaria, in ciò che non va sotto i riflettori: incontrerà la gente, i ragazzi, i bambini, gli anziani. Purtroppo, non abbiamo avuto spazio e luogo per i disabili, perché il tempo è poco e gli spazi sono abbastanza limitati.

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Videomessaggio del Papa per nuova Chiesa Università Cattolica Argentina

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L’università sia “orientata verso Dio, verso Gesù” e da Lui derivi “la sua forza, le sue idee, il suo insegnamento”: questo, in sintesi, quanto afferma il Papa in un videomessaggio per l’inaugurazione della Chiesa principale dell’Università Cattolica Argentina, nel Campus di Puerto Madero. Dedicato al Cuore di Gesù, il luogo di culto è stato inaugurato ieri, 18 marzo, con una Santa Messa presieduta dal cardinale Mario Poli, arcivescovo di Buenos Aires e Gran Cancelliere dell’Università. Nel suo videomessaggio, il Pontefice si congratula per l’iniziativa e ricorda che la nuova Chiesa “non è un tempio separato dall’Università”, ma ne è “il cuore ed il centro” e ne rappresenta una parte “molto importante”. Infine, Papa Francesco esprime l’auspicio che la Chiesa sia sempre affollata di fedeli.

Spiritualità è indispensabile per la vita accademica
“La nuova Chiesa – informa una nota dell’Uca – risponde alla richiesta di Papa Francesco di una maggiore spiritualità e di un incontro con Gesù Cristo anche nei centri accademici”. “Nell’Università – spiega il Rettore dell’Ateneo, mons. Victor Fernández – la vita spirituale non può intendersi come un’attività secondaria”, perché “lo spirito è indispensabile, essenziale, fondamentale”. Arricchita da un grande campanile che si vede da ogni punto del Campus, la Chiesa si appresta a diventare una sorta di “Santuario universitario”; cinque le Messe quotidiane che vengono celebrate nel luogo di culto, insieme all’Ora di Adorazione a cui possono prendere parte docenti, studenti, dirigenti ed impiegati dell’Ateneo. (I.P.)

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Francesco fa gli auguri di buon onomastico a Benedetto

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Papa Francesco ha telefonato, verso mezzogiorno, a Benedetto XVI per fargli gli auguri nel giorno in cui ricorre il suo onomastico e - a sua volta - ha ricevuto gli auguri del Papa emerito per il secondo anniversario dell'inizio del suo Pontificato, che ricorre proprio oggi. In Vaticano, il 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, è un giorno festivo.

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Papa crea in Messico la diocesi di Nogales

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In Messico, Papa Francesco ha eretto la diocesi di Nogales, con territorio dismembrato dall’arcidiocesi di Hermosillo, rendendola suffraganea della medesima arcidiocesi. Come primo vescovo il Pontefice ha nominato mons. José Leopoldo González González, finora ausiliare dell’arcidiocesi di Guadalajara. Il presule è nato il 7 febbraio 1955, a  Cañadas de Obregón, diocesi di San Juan de los Lagos. Fu ordinato sacerdote il 27 maggio 1984, incardinandosi nell’arcidiocesi di Guadalajara. Ha ottenuto la Licenza in Teologia Morale. Come sacerdote ha svolto incarichi pastorali in parrocchia, nell’ambito educativo universitario e nel seminario. È stato Segretario Esecutivo della Commissione Dottrinale della Conferenza Episcopale Messicana. Dal 1993 al 2000 è stato a Roma per collaborare come Addetto nel Pontificio Consiglio della Giustizia e Pace. Il 15 novembre 2005 è stato nominato Vescovo titolare di Tuburnica e Ausiliare di Guadalajara, ricevendo l’Ordinazione episcopale il 25 gennaio 2006. In seno della Conferenza Episcopale è stato eletto, per il triennio 2006-2009, Segretario Generale e, per l’attuale triennio 2012-2015, Presidente della Commissione per la Pastorale Sociale. Negli anni 2009-2011 è stato Segretario Generale del CELAM.

La nuova diocesi di Nogales sono i seguenti si estende per 44.243  kmq, con una popolazione di 483 mila persone. I cattolici sono 381 mila, distribuiti in 25 parrocchie, con 44 sacerdoti, 13 seminaristi e 62 suore.

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Nomina episcopale nella Repubblica Ceca

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Nella Repubblica Ceca, Papa Francesco ha nominato vescovo di České Budějovice mons. Vlastimil Kročil, docente di Patrologia e letteratura paleocristiana presso la Facoltà di Teologia e Amministratore della parrocchia a Veselí nad Lužnici. Il neo presule è nato il 10 maggio 1961 a Brno. Per tre volte ha tentato di iscriversi alla Facoltà Teologica a Litomĕřice, però, gli è stata sempre negata l’ammissione da parte del regime comunista. Perciò è emigrato in Italia, dove ha studiato Teologia presso la Pontificia Università Lateranense. È stato ordinato sacerdote il 16 luglio 1994 a České Budějovice ed incardinato nella stessa diocesi. Negli anni 1988-1996 ha proseguito gli studi teologici presso la Pontificia Università Gregoriana. Nel 2008 ha ottenuto la Laurea in Teologia e Filosofia all’Università Cattolica di Ružomberok in Slovacchia. È stato Cappellano a Jindřichův Hradec (1996-1997). Attualmente è Professore di Patrologia e di Letteratura paleocristiana nella Facoltà di Teologia a České Budějovice (dal 1996), Amministratore della parrocchia a Veselí nad Lužnici (dal 1997), Membro del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei consultori (dal 2005) e dal 2013 è Referente diocesano per la pastorale.

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Cardinale Parolin: strage in Tunisia inumana, corruzione male da curare

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Il drammatico attentato in Tunisia, l’Anno Santo della misericordia e il fenomeno della corruzione. Sono i temi su cui si è soffermato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, poco prima di partecipare a Roma, presso il Palazzo della Cancelleria, all’incontro per celebrare il 25.mo anniversario del ripristino delle relazioni diplomatiche tra Romania e Santa Sede. Queste le parole pronunciate al microfono di Amedeo Lomonaco dal porporato che condanna innanzitutto la strage in Tunisia: 

R - Una cosa crudelissima e inumana, veramente inconcepibile. Da condannare nei termini più assoluti. E si deve sperare che, in nome di Dio, non si commettano più violenze.

D - Quali frutti porterà l’Anno Santo della Misericordia?

R - Come diceva Giovanni Paolo II, la misericordia è la medicina di Dio per i mali dell’umanità. Io spero che, in questo Anno Santo, questa medicina venga usata in dosi particolarmente massicce e che quindi riesca a curare davvero tutti i mali e le ferite di cui questa società soffre.

D - E tra i mali della società c’è anche la corruzione che, vediamo, continua a colpire l’Italia…

R - C’è anche questo. Anche di questo bisogna essere guariti. La medicina funziona se c’è anche la disposizione del soggetto a riceverla e a lasciarla lavorare. Questo significa un impegno forte da parte di tutti e di ciascuno per combattere questo fenomeno e per vivere in maniera onesta, per essere onesti e integri in tutti gli ambiti della vita. 

25° anniversario ripristino relazioni tra Romania e Santa Sede
“La Santa Sede desidera collaborare con la Romania per il rafforzamento dei rapporti bilaterali e per la promozione della concordia e della pace nel mondo”. È l’auspicio espresso dal cardinale Parolin intervenendo all’incontro per celebrare il 25.mo anniversario del ripristino delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Romania. Il porporato ha sottolineato che la Chiesa predicando il Vangelo "contribuisce a rafforzare in ogni parte del mondo la pace". Quindi, ha ribadito che la pace si può raggiungere solo se sono tutelati i diritti umani, in particolare la libertà di coscienza e di religione. Nel corso dell’evento è stato inoltre presentato il libro “Romania-Santa Sede. Venticinque anni dal ripristino delle relazioni diplomatiche”, a cura di Bogdan Tătaru-Cazaban e Mihail-Constantin Banciu ed edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Oltre ad una rassegna fotografica, il libro propone i discorsi dei Pontefici e dei rappresentanti diplomatici in occasione della presentazione delle lettere credenziali e l’antologia “Romania ponte tra Oriente e Occidente” con discorsi e messaggi pronunciati o scritti dai Pontefici, dai presidenti romeni, dai patriarchi della Chiesa ortodossa di Romania e da altri rappresentanti della Chiesa cattolica.

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Coniugi Lisieux. Postulatore: una famiglia col cuore in Dio

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Una famiglia educata all’amore di Dio sopra ogni altra cosa. Questa era la vita domestica creata dai genitori di Santa Teresa del Bambino Gesù, i Beati Louis Martin e Zélie Guérin, che saranno presto canonizzati dopo il riconoscimento di un secondo miracolo a loro attribuito. Ma cosa questa Canonizzazione di coppia dice al mondo di oggi? Gabriella Ceraso lo ha chiesto al postulatore, padre Antonio Sangalli

R. – Io ho di esperienza del fatto che tantissime famiglie cristiane si identificano molto nella coppia Lugi e Zelia Martin, come anche in quella dei Quattrocchi: vedono una santità vivibile nella famiglia, fra le mura domestiche. Questa è la grande novità: trovare marito e moglie che insieme hanno raggiunto la perfezione evangelica, hanno vissuto con grado eroico le virtù coniugali con un’unica aureola, per tutti e due.

D. – Qual è stato il loro segreto, di marito e moglie, di genitori, di credenti?

R. – È stato quello di aver messo Dio al primo posto della loro vita. E hanno educato i figli nel valore della presenza di Dio e che Dio bisognava servirlo al primo posto. Mamma Zelia aveva inventato la preghierina: “Mio Dio, ti offro il mio cuore: prendilo se vuoi, fai in modo che nessuna creatura lo possa possedere, ma solo tu, mio buon Gesù”. Questa famiglia, questa mamma, insegnava ai figli e gli diceva: “Voi non siete miei. Il vostro cuore non appartiene al papà e alla mamma, il vostro cuore è di qualcun altro”. Loro erano i custodi di questa realtà e li hanno educati tutti. Anche le figlie maggiori, dopo la morte della mamma, prenderanno a cuore tutta l’educazione ricevuta ed educheranno insieme al papà, che era rimasto vedovo, le altre figlie, tra cui Teresa. Questa è un’altra caratteristica molto attuale e poco vissuta: cioè che tutta la famiglia è coinvolta nella vita di fede, di speranza e di carità.

D. – E anche la stessa Santa Teresa diceva di essere stata figlia di Santi…

R. – Diceva: “Mi basta guardare il volto del mio papà per capire come pregano i Santi”. Anche della mamma, fino a quattro anni e mezzo, ha avuto dei bellissimi ricordi, ma poi, fino all’entrata al Carmelo, il vero formatore di Teresa in casa, oltre alle sorelle maggiori, era stato il papà. C’era un rapporto di grande trasparenza tra i due, di grande affetto, ma distaccato, proprio perché la bambina, il papà, la mamma tra di loro, non si appartenevano: appartenevano a un altro, il cuore era di un altro. Il compimento non l’attendevano che da Dio.

D. – Quindi un ambiente del tutto speciale…

R. – Quello che Luigi e Zelia hanno saputo costruire in casa. Non bisogna pensare che fosse una chiesa, la loro casa. Vi erano le passeggiate, il papà amava il biliardo, andava a pesca, ha viaggiato fino a Costantinopoli: questo per dire che non era un bigotto… E’ un grosso atteggiamento di responsabilità che hanno avuto tutti e due nei confronti dei figli. Li hanno educati non a diventar monache, ma – che si sposassero o meno – a che il loro cuore non appartenesse a loro: era da offrire a Gesù.

D. – Il Decreto riconosce un miracolo, un miracolo attribuito alla loro intercessione: lei può dirci qual è questo miracolo?

R. – Si tratta della guarigione di una bambina prematura, affetta da una gravissima emorragia cerebrale, con altre complicazioni. I genitori disperati pensavano ormai di dover celebrare un funerale. E invece, a un certo punto, su suggerimento di alcune monache di clausura, incominciano una novena ai genitori di Santa Teresa, insieme ad altre persone. E avviene l’imprevedibile: questa emorragia non ha lasciato nessuna sequela, né lieve né grave. Ormai sono passati oltre cinque anni, i medici hanno dichiarato inspiegabile la guarigione di questa bambina. E l’intercessione, i teologi l’hanno attribuita esclusivamente ai coniugi Luigi e Zelia Martin.

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Oggi in Primo Piano



Attesa per governo in Israele: riflessione di P. Pizzaballa

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In Israele si attende il nuovo governo, dopo la vittoria schiacciante del Likud di Netanyahu:  30 seggi contro 24 del partito di Herzog, dato invece per favorito da sondaggi e exit poll. Si parla di una coalizione di destra: dai nazionalisti di Avigdor Lieberman a quelli religiosi di Naftali Bennett (vicino ai coloni) ai partiti religiosi. E qualcuno ipotizza anche la partecipazione della destra moderata del nuovo partito 'Kulanu' di Moshe' Kahlon (10 seggi).  Ma per una riflessione sulle prospettive, Fausta Speranza ha intervistato Padre Pierbattista Pizzaballa, custode francescano di Terra Santa: 

R. - A dire la verità, i sondaggi in Israele hanno sempre sbagliato abbastanza; ma ad ascoltare la voce della strada, molti già davano per scontato un ritorno o una continuazione di Netanyahu ... Insomma, non è stato così improvviso come si pensa.

D. – Ci sono delle incognite per il nuovo governo che si formerà?

R. – Bè, adesso ci vorrà sicuramente un po’ di tempo, ma dati i numeri credo che si vada verso un governo Netanyahu abbastanza compatto, con i partiti religiosi e di destra. È presto ancora per valutare; bisognerà vedere un po’ tutto, ma questo pare essere l’orientamento.

D. – Quali le speranze?

R. – Certamente ci sono tante incognite: bisognerà capire, al di là dei proclami che si fanno in campagna elettorale, quale sarà esattamente l’agenda di questo governo, sia per quanto riguarda gli aspetti sociali ed economici interni, che sono importanti e che forse sono stati anche determinanti sotto alcuni punti di vista, sia per quanto riguarda l’aspetto politico internazionale: il rapporto con i palestinesi e con la comunità internazionale. I proclami elettorali erano già abbastanza chiari: c’era, con chiarezza, una certa rigidità. Però, sappiamo anche che poi nella pratica, sul territorio, le cose non sono mai come si dicono. Quindi credo che sia saggio in questo momento attendere e vedere come si evolverà la situazione.

D. – I media danno per scontato che per altri quattro anni, almeno, sarà bloccato il processo di pace. Che ne pensa?

R. – Questo è quello che è stato detto, anche dal primo ministro uscente, Netanyahu, con molta chiarezza. Credo che sarà difficile mantenere un blocco di questo genere per altri quattro anni: qualcosa si dovrà fare… Bisognerà anche vedere quanto sarà evidente la pressione internazionale, e anche quella interna: perché, anche se i laburisti - uno dei partiti di opposizione - hanno perso, hanno comunque un blocco abbastanza consistente. Credo che si dovrà vedere nei prossimi mesi come si evolverà la situazione. Penso che una situazione di stallo prolungata per altri quattro anni, non sia facilmente immaginabile.

D. – Anche perchè la storia spesso ci ha riservato delle sorprese: a volte, quando ci sono tutte le condizioni non accade nulla e viceversa...    

R. – La storia del Medio Oriente in particolare ci insegna questo con molta chiarezza! Speriamo! Speriamo che, dopo le tensioni legate alle diverse campagne elettorali, il buon senso prevalga. Certamente è chiaro che questo governo, il nuovo governo che si verrà a formare, non sarà entusiasta nei confronti del negoziato israelo-palestinese; ma penso che comunque qualche passo si dovrà necessariamente fare.

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Grecia, nessun accordo Ue. Caritas Atene: non c'è denaro

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Non è in vista alcun accordo definitivo sulla Grecia al vertice Ue di stasera o al meeting bilaterale di lunedì prossimo tra Berlino e Atene. Lo hanno detto il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles, al termine del quale si terrà un incontro sulla Grecia. La riunione è stata richiesta del premier ellenico, Alexis Tsipras, che tenta di far uscire da un quadro tecnico le discussioni sullo sblocco degli aiuti finanziari al proprio Paese, per portarle su un piano politico. La Bce ha però fatto sapere che, nell’area euro, l’incertezza circa la possibilità per la Grecia di mantenere l'accesso all'assistenza finanziaria crea volatilità per lo "spread". In questo quadro, il parlamento di Atene ha dato il via libera al disegno di legge contro la “crisi umanitaria”, voluto dal governo Tsipras, nonostante le obiezioni dei vertici Ue che ritengono la misura un “atto unilaterale”. La legge, la prima del mandato, riguarda la fornitura gratuita di energia elettrica ai più poveri, aiuti per l'alloggio a 30 mila famiglie e assistenza alimentare a 300 mila persone. Prevede anche l'assistenza alle persone che hanno perso il lavoro negli ultimi mesi e sono rimaste senza assistenza sociale. Ma quali sono le condizioni di vita oggi in Grecia? Risponde padre Andreas Vuccinos, direttore di Caritas Atene, intervistato da Giada Aquilino

R. – La vita non è migliorata e anche dopo le elezioni, fino ad ora, c’è stata una forte crisi. Non circola denaro e quindi la gente ha problemi di liquidità. Oggi c’è una riunione a Bruxelles, con le diverse autorità dell’Unione Europea, come la Merkel, Hollande e altri, per discutere il problema della Grecia. Si discute ogni volta, ma non succede niente per ora. C’è, però, molta povertà.

D.  – Qual è poi l’effetto diretto di questa mancanza di denaro?

R. – Molta gente non ha la possibilità di andare a comprare i viveri e di avere una dignità. Lo vedo anche in parrocchia, quanta gente chiede di essere aiutata! Ci sono persone che chiedono viveri, chiedono che vengano pagate per loro l’elettricità, l’acqua e così via, perché non possono davvero pagare: non hanno lavoro, oppure lavorano poche ore durante la settimana o solo qualche giorno. I salari sono già stati abbassati abbastanza e un giovane guadagna 450 euro. Anche le famiglie sono in difficoltà. Molti ci chiedono di trovare loro un impiego, vogliono un aiuto. Ma dove si trova il lavoro? Che siano immigrati, rifugiati o greci.

D. – Non c’è distinzione…

R. – Tutti siamo uomini, persone, e dobbiamo vivere. La “politica” della Chiesa non è quella di fare distinzione, siamo tutti fratelli. In Grecia la maggior parte dei cattolici è rappresentata da rifugiati e profughi. Noi greci cattolici, infatti, siamo pochissimi, siamo una minoranza: circa lo 0,5% della popolazione greca. E poi ci sono quelli che vengono dai Paesi dell’Unione Europea e che lavorano qui.

D. – Il testo approvato dal parlamento contro la crisi umanitaria prevede buoni pasto, elettricità gratuita e alloggi per chi è in difficoltà…

R. – Sì, è tutto molto bello, è stato annunciato e si è votato: ma il denaro dove lo si trova? Questo è il grande problema. Tutti dicono: “Va bene, dobbiamo reagire, ma se non abbiamo denaro”? Lo ha dichiarato anche un ministro, ieri: il denaro non esiste. Queste sono le difficoltà e tutti sono molto scettici riguardo a quello che si farà e su come andare avanti.

D. – Lei ha detto che la Chiesa cattolica greca è una minoranza nel Paese, eppure aiuta chi è in difficoltà. Lo fa attraverso la Caritas? Come?

R. – Abbiamo una collaborazione adesso con la Caritas italiana e con i gemellaggi. C’è un aiuto. Fino adesso, c’è stato anche l’aiuto da parte di 3 o 4 Caritas d’Europa, che ci hanno aiutato con il denaro a comprare i viveri. Abbiamo aiutato 500 famiglie. Il problema però è che questo programma è finito. Cerchiamo allora di aiutare queste persone, queste povertà esistenti.

D. – Come Caritas, come siete organizzati ad Atene?

R. – Noi siamo organizzati con la mensa a mezzogiorno. Abbiamo anche un programma per aiutare i siriani: ce ne sono molti ad Atene. Distribuiamo un po’ di viveri, quello che abbiamo, quello che possiamo dare.

D. – Qual è l’appello della gente greca all’Unione Europea?

R. – Tutti aspettano, tutti stiamo aspettando che cosa succederà. Senza un aiuto da parte dell’Unione Europea, infatti, come andremo avanti? Sicuramente, dobbiamo cominciare a uscire da questa situazione. Il governo non vuole imporre altre restrizioni nei confronti della popolazione, perché nessuno comunque riuscirebbe a pagare alla fine. Se si abbassano i salari, le pensioni e si aumenta tutto il resto - il cibo, il costo della vita - le famiglie non ce la faranno più neanche a vivere. Noi invitiamo la gente a non perdere la speranza. Che Dio ci doni la forza per continuare.

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Chiesa latinoamericana: industrie estrattive violano diritti umani

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Oggi a Washington, alcuni organismi della Chiesa cattolica presentano alla Commissione interamericana dei diritti umani una denuncia sulla situazione delle popolazioni indigene e contadine, colpite dalle industrie estrattive in America Latina. Partecipano all’evento, il Dipartimento Giustizia e solidarietà del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam), il Segretariato latinoamericano della Caritas (Selacc), la Confederazione latinoamericana dei religiosi e delle religiose (Clar) e la Commissione amazzonica della Conferenza episcopale dei vescovi brasiliani (Cnbb). Cristiane Murray ha chiesto a mons. Alvaro Ramazzini Imeri, vescovo della diocesi guatemalteca di Huehuetenango, il perché di questa iniziativa: 

R. – Perché vengono lesi i diritti umani non soltanto delle popolazioni indigene, ma in tutto il Paese. Quindi, uno dei nostri interessi è rendere visibile questa problematica nel contesto più ampio di violazione dei diritti delle persone e dell’ambiente, nel senso di una vera e reale ecologia che non è soltanto ecologia nel senso della cura della natura, ma anche di una vera ecologia umana.

D. – Quali sono i diritti violati?

R. – Bè, nel caso delle popolazioni indigene, lei sa che è stata firmata la Convenzione numero 169 dell’Ufficio Internazionale del Lavoro nella quale si riconoscono i diritti del popoli indigeni a essere consultati prima di iniziare qualsiasi progetto che tocchi i loro territori e i loro ambienti. Nel caso del Guatemala, ad esempio, questo accordo non viene rispettato e questo fa nascere un conflitto molto aspro tra le popolazioni indigene, che non si sentono rispettate. Poi ci sono anche violazioni al diritto sull’acqua: noi sappiamo che l’industria estrattiva utilizza milioni di milioni di litri di acqua nei luoghi dove l’acqua manca perfino per le colture necessarie alla sopravvivenza. Quindi è un controsenso usare l’acqua per estrarre oro, argento e altri metalli e non per dare vita a queste popolazioni, che hanno bisogno di questa stessa acqua. E poi, in alcuni posti si usa anche il cianuro: sappiamo tutti che è un veleno che può danneggiare la vita delle persone. In Guatemala, ad esempio, ma anche in Honduras e in altri Paesi, l’uso di questo prodotto chimico è permesso! In molti Paesi abbiamo una legislazione molto molto debole che non richiede a queste grandi ditte che si dedicano all’industria estrattiva di rispondere agli standard più alti riguardo al rispetto dell’ambiente secondo gli studi di impatto ambientale: sono molto deboli, in definitiva, e questo favorisce le industrie estrattive. Infine, se parliamo del profilo del guadagno economico, quello che rimane per i nostri Paesi – per esempio, per il Guatemala – le royalties sono molto basse: l’uno per cento di tutti i guadagni di queste industrie. Niente, per noi!

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Nella Chiesa e nel mondo



India. Card. Cleemis: giustizia per violenze in un convento

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“Chiedo alle autorità di garantire che venga fatta giustizia”: questo l’accorato appello lanciato dal card. Baselios Cleemis, presidente della Conferenza episcopale indiana, dopo che, nei giorni scorsi, alcuni criminali hanno assalito il convento “Gesù e Maria” di Ranagath, nello Stato del West Bengal, violentando la superiora di 72 anni e picchiando tre anziane consorelle. Gli aggressori hanno anche profanato le ostie consacrate conservate nella Cappella del convento.

Le religiose hanno perdonato i criminali
Dopo aver visitato le vittime, ricoverate in ospedale, card. Cleemis ha ribadito: “Le suore hanno perdonato i criminali, ma giustizia deve essere fatta, affinché simili atti non accadano mai più”. Quindi, il porporato ha sottolineato che “il Paese ha una responsabilità verso tutti gli esseri umani e la priorità deve essere quella di proteggere i cittadini”, un principio che va “oltre la religiosità” delle persone.

Fermati numerosi sospetti
Intanto, proseguono le indagini della polizia, anche sulla base di alcune fotografie estrapolate dai filmati delle telecamere a circuito chiuso. Fino ad ora, sono stati fermati numerosi sospetti, ma al momento non è scattato alcun arresto.

Speciale pagina Facebook della polizia di Nuova Delhi
Da segnalare che il crimine contro le religiose ha evidenziato nuovamente il problema della violenza sessuale contro le donne in India, mentre proprio nei giorni scorsi il governo ha proibito la diffusione di un documentario sullo stupro collettivo, avvenuto nel 2012, ai danni di una studentessa di Nuova Delhi. Ma non mancano segnali positivi: recentemente, infatti, la polizia della capitale indiana ha attivato una pagina facebook per accogliere e prendere in considerazione denunce e rimostranze dei cittadini cristiani in materia di sicurezza e ordine pubblico. (A cura di Isabella Piro)

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Malawi: Chiesa soccorre 230.000 vittime delle inondazioni

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Vestiti, generi alimentari, denaro e altri aiuti, per un totale di 1 miliardo di kwachas (circa 191mila dollari americani), sono stati distribuiti dai vescovi del Malawi agli oltre 230.000 sfollati, vittime delle inondazioni di gennaio. Gli aiuti sono stati raccolti grazie alla colletta nazionale tenutasi l’8 febbraio in tutte le parrocchie del Malawi. Da ricordare che il Malawi è uno dei Paesi più poveri del mondo.

275 morti e 230mila sfollati per le inondazioni
Secondo le Nazioni Unite - riferisce l'agenzia Fides - le due settimane di piogge intense di gennaio hanno provocato 275 morti e costretto allo sfollamento più di 230.000 persone in 15 dei 28 distretti del Paese. Oltre 64.000 ettari di terra coltivabile sono stati devastati in un Paese dove l’agricoltura rappresenta il 30% del Prodotto Interno Lordo. (L.M.)

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Costa d'Avorio: messaggio dei vescovi per la Quaresima

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Prudenza e discernimento in ogni cosa, coraggio e vigilanza nella conversione del cuore: questi i suggerimenti che la Conferenza episcopale della Costa d’Avorio (Cecci) offre ai fedeli, nel suo tradizionale messaggio di Quaresima. In particolare, l’auspicio dei vescovi ivoriani è quello di “giungere rinnovati dalla grazia di Dio alle solennità pasquali che si avvicinano”.

Allarme per la diffusione di falsi “messaggi mariani”
Quindi, i presuli invitano i fedeli “alla prudenza ed al discernimento”, affinché “non si lascino turbare ed impaurire dal tempo quaresimale, che è un tempo di prove in cui si possono presentare tentazioni di ogni genere che allontanano da Dio”. Di qui, il richiamo della Cecci “alla serenità ed alla prudenza”, per seguire solo ciò che “proviene ufficialmente dalla Santa Madre Chiesa”, la cui “credibilità” è dovuta “al suo rispetto dell’uomo e dell’ambiente ed alla sua lotta in favore dello sviluppo integrale della persona umana”. “Forti di tutti questo – spiegano i presuli ivoriani – alziamo la voce per denunciare alcune pratiche sempre più ricorrenti nel Paese”, come la diffusione di pseudo “messaggi mariani” tramite e-mail o sms, perpetrata da sedicenti “missionari della Chiesa cattolica”.

Appello a non turbare l’ordine pubblico
Ma, mette in guardia la Cecci, “il contenuto della maggior parte di tali messaggi è contrario allo spirito del Vangelo ed all’insegnamento della Chiesa cattolica”. Non solo: alcuni di questi testi “possono turbare l’ordine pubblico, generare psicosi e paure nella popolazione”. Per questo, i vescovi ribadiscono che “la Chiesa cattolica in Costa d’Avorio non si riconosce nella diffusione di questi messaggi, la cui autenticità non è stata né provata, né approvata. La diffusione di tali testi ed il loro contenuto, dunque, riguarda soltanto i loro autori”.

Pregare per la pace e la riconciliazione nazionale
Quindi, i presuli esortano tutti i cattolici a vivere serenamente la Quaresima, “tempo di preghiera, digiuno e condivisione”, proseguendo il cammino verso la Pasqua “senza inquietudini, convinti dell’amore e della benevolenza del Signore, il quale desidera che tutti i suoi figli siano salvati”. Allo stesso tempo, la Cecci si appella a “tutti i cristiani, affinché proseguano senza sosta nella loro missione di pregare per la pace e la riconciliazione nel Paese”. Il messaggio si conclude, poi, con un’invocazione alla Vergine Maria, Signora della Pace e patrona della Costa d’Avorio, affinché sostenga gli sforzi dei fedeli alla conversione del cuore verso Dio. (I.P.)

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L’Acat denuncia violenze contro i detenuti in Congo

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Violenze, torture, trattamenti disumani o degradanti sarebbero in corso nelle carceri della Repubblica del Congo Brazzaville. A denunciarlo è l’Acat (Azione dei cristiani per l’abolizione della tortura) della Svizzera, che mette l’accento sulla diffusione della tortura, delle detenzioni arbitrarie e di condizioni di vita insostenibili che si riscontra sempre più nelle prigioni del Paese africano.

Appello per tutelare la dignità dei prigionieri
La denuncia dell’Acat rientra nella campagna del Venerdì Santo 2015 e mira a chiedere al governo di Brazzaville di attuare condizioni di vita dignitose per i detenuti, in particolare per coloro che sono ritenuti dissidenti politici. “Le torture inflitte – afferma l’Acat in un comunicato – talvolta si sono concluse con la morte del prigioniero, senza che i responsabili venissero perseguiti penalmente”. Più frequentemente, “gli arresti sono illegali, la detenzione provvisoria non viene quasi mai rispettata e solo una minoranza di detenuti ha accesso ad un consiglio giuridico”.

Allarme sovraffollamento, c’è rischio epidemie
L’Associazione, inoltre, denuncia il sovraffollamento delle celle, la cattiva manutenzione delle strutture carcerarie, le precarie condizioni igieniche in cui vivono i prigionieri, anche a causa di “un limitato accesso all’acqua”. Non solo: “I detenuti – sottolinea l’Acat – ricevono una frugale razione di riso solo una o due volte al giorno, dormono praticamente per terra, in celle prive di luce e di aria. E tali condizioni favoriscono il propagarsi delle malattie”.

Lanciata una petizione. Raccolta firme fino al 15 aprile
Per questo, l’Acat lancia una petizione da indirizzare alla presidenza della Repubblica del Congo. La raccolta di firme avrà luogo fino al 15 aprile 2015. “L’Associazione – informa una nota – invita tutti ad impegnarsi per un trattamento conforme alla dignità umana e per il rispetto dei diritti fondamentali delle persone private della libertà”. (I.P.)

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Siria: milioni di bambini privi di istruzione

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A quattro anni di distanza dall’inizio dei conflitti in Siria, si registrano attualmente oltre 5 milioni di bambini sfollati e altri 2 milioni che hanno cercato rifugio nei Paesi vicini. Secondo le stime del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia sono morti oltre 10 mila piccoli e molti altri sono rimasti orfani. Non frequentano la scuola in maniera regolare oltre 2 milioni di minori perché è pericoloso o perché gli edifici sono stati distrutti o perché sono stati adibiti ad alloggi per gli sfollati.

Dimezzate le iscrizioni alle elementari
La mancata scolarizzazione mette maggiormente a rischio i bambini che possono incorrere in bande criminali ed essere sfruttati. In un recente rapporto stilato da Save the Children insieme all’American Institutes for Research, ripreso dall'agenzia Fides, si legge che le iscrizioni alla scuola elementare in Siria sono passate dal 100% al 50%. Il numero delle persone che hanno bisogno di aiuti urgenti è raddoppiato in un anno, attualmente, quasi 4 milioni di siriani sono rifugiati in Paesi limitrofi e si prevede che alla fine del 2015 saranno oltre 4 milioni e mezzo. (A.P.)

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Slovacchia: iniziative dei vescovi per cristiani perseguitati

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“Siamo profondamente scioccati dalle brutalità cui sono sottoposti i cristiani da parte di estremisti islamici radicali. Ci appelliamo al Governo della Repubblica Slovacca affinché renda l’assistenza ai perseguitati una priorità di politica estera”, si legge in una dichiarazione rilasciata dalla Conferenza episcopale slovacca al termine della propria sessione plenaria di questa settimana. Secondo i prelati - riferisce l'agenzia Sir - “gli insufficienti sforzi” delle nazioni europee e delle istituzioni stanno portando a una “esacerbazione della catastrofe umanitaria” favorendo l’esodo dei cristiani dalle terre in cui hanno vissuto per duemila anni. 

Colletta per i cristiani perseguitati
La Conferenza episcopale, in cooperazione con Caritas Slovacchia, ha lanciato una colletta a sostegno dei cristiani per “alleviare le sofferenze dei nostri fratelli e sorelle nella fede”. La colletta si svolgerà la Domenica delle Palme (29 marzo) in tutte le chiese cattoliche del Paese. “Possano le nostre preghiere e il nostro aiuto concreto contribuire a porre fine alla spirale di violenza. Questi tragici eventi confermano che il rispetto della libertà religiosa rappresenta una condizione basilare per lo sviluppo di ogni società”, conclude la lettera. 

Preghiere per vittime della violenza in Medio Oriente e Ucraina
​Negli ultimi giorni il sito internet della Chiesa cattolica in Slovacchia (www.kbs.sk) ha pubblicato preghiere per le vittime della violenza in Medio Oriente e in Ucraina invitando i fedeli a pregare per “il dono della conversione dei cuori, il regno della giustizia e la riconciliazione”. (R.P.)

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Argentina: messaggio dei vescovi per le prossime elezioni

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È impegno e responsabilità di tutta la cittadinanza partecipare al processo elettorale: lo ribadisce la Conferenza episcopale argentina (Cea), in un messaggio diffuso ieri, nell’ambito della 170.ma riunione della Commissione permanente. Il 2015 si presenta, infatti, ricco di appuntamenti elettorali per il Paese, chiamato alle urne non solo per le votazioni presidenziali, in programma per il 25 ottobre, ma anche per le provinciali e le comunali. In vista di tali tornate elettorali, dunque, i presuli argentini auspicano che non si verifichino violenze, così che i cittadini possano praticare “il sano esercizio delle libertà politiche e civili”, tanto più che “le elezioni sono un elemento indispensabile della vita repubblicana” e “democratica”.

Rispetto, dialogo e promozione del bene comune
Rispetto, dialogo, promozione del bene comune sono, quindi, i valori necessari richiamati dalla Cea che sottolinea alcuni obiettivi da raggiungere: “il superamento dell’emarginazione e della povertà estrema; la malnutrizione infantile; la creazione di posti di lavoro; il rispetto dei diritti umani e la difesa della vita dal concepimento e fino alla morte naturale; il rafforzamento di una educazione inclusiva e di qualità; la lotta al narcotraffico ed alla tratta delle persone; il calo dell’inflazione che impedisce la crescita ed erode gravemente le entrate dei più poveri; la trasparenza dell’amministrazione pubblica e la lotta contro ogni forma di corruzione”. 

Valutare i candidati in base ad integrità ed onestà
Inoltre, la Chiesa argentina auspica che i funzionari pubblici siano assunti per merito, e non per il loro schieramento politico, insieme ad una capacità, nei governanti, di guardare le cose, come ad esempio le opere pubbliche, in un’ottica a lungo termine, e non in base “al tornaconto politico immediato”. Esercizio “responsabile” della cittadinanza e non “risultato di un marketing”, dunque, le votazioni dovranno servire a valutare i candidati in base alla loro “integrità ed onestà personale”, alle “capacità ed idoneità” che presentano per la funzione che dovranno assolvere, per le “proposte ed idee” che dovranno illustrare “con chiarezza”, nell’ambito di “dibattiti seri ed approfonditi”.

Rafforzare convivenza con verità, giustizia e libertà
Essenziale, continua la Cea, sarà anche “la volontà e la capacità di dialogo” dei candidati, perché “ascoltare gli altri non è segno di debolezza, ma di grandezza”. In questo senso, la Chiesa argentina auspica che le elezioni di quest’anno siano “un momento propizio per iniziare un esame di coscienza collettivo”, per “maturare” e “crescere nella cultura del dialogo e dell’incontro”. “La responsabilità è di tutti – concludono i vescovi di Buenos Aires – Nessuno si può esimere dal partecipare, secondo le proprie possibilità, al rafforzamento della convivenza all’interno del Paese”, guardando ai “valori di verità, giustizia, libertà, solidarietà e riconciliazione, così da far crescere l’amicizia sociale”. (I.P.)

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Card. Caffarra sulla "notte eretica": diabolica perfidia

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“Un insulto d’inarrivata bassezza e di diabolica perfidia a Cristo in Croce”, peraltro con un “tempismo” che “vede in contemporanea il teatrino del Cassero profanare il dramma del Calvario e sulle sponde del Mediterraneo la demolizione delle croci e di ogni simbolo cristiano dalle chiese assaltate dall’Isis”. Così l’arcivescovo di Bologna, cardinale Carlo Caffarra, in una nota condanna le immagini blasfeme della “notte eretica” organizzata la scorsa settimana dal circolo Arcigay del Cassero. Un’iniziativa - riferisce l'agenzia Sir - peraltro, stigmatizzata pure dal Comune (“il Cassero si assuma la responsabilità di una grave offesa, che ha molto più del volgare e provocatorio”, si legge in una nota di Palazzo D’Accursio) e da diverse forze politiche cittadine (dal Pd alla destra). 

La Chiesa non è nemica della libertà, della laicità e della democrazia
“Non si era ancora giunti a un tale disprezzo della religione cristiana - scrive Caffarra - e di chi la professa da irridere, tramite l’abominevole volgarità dell’immagine, persino la morte di Gesù sulla Croce”. “Addolora, ma non stupisce, constatare - prosegue l’arcivescovo - con che dispiegamento di forze si cerca di far passare l’idea che il cristianesimo e il cattolicesimo in particolare, siano i nemici della libertà, delle giuste rivendicazioni, del progresso scientifico, della laicità, della democrazia”. 

La libertà d'espressione non giustifica la libertà d'insulto
​“Ogni ideologia che non riesce a farsi alleata la Chiesa - osserva il cardinale - la perseguita ferocemente, sia uccidendo i cristiani sia insultando ciò che essi hanno di più caro. E vede giusto: in una Chiesa fedele al Vangelo non troverebbe mai l’appoggio incondizionato e cieco, di cui ogni menzogna ha bisogno per sopravvivere”. “Quando s’invoca la libertà di espressione - conclude - a giustificazione della libertà d’insulto, c’è da chiedersi se sia prossima la fine della democrazia. E ci si domanda a che titolo l’Istituzione comunale possa concedere in uso gratuito ambienti pubblici a gruppi che li utilizzano per farne luogo d’insulto e di dileggio”. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 78

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.